sabato 11 febbraio 2017

ATTI DEI BEATI APOSTOLI PIETRO E PAOLO


ATTI DEI 

BEATI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

[1] Paolo in viaggio per Roma. 

Quando san Paolo uscì dall'isola di Gaudomelete si diresse in Italia. Gli Ebrei che si trovavano nella metropoli romana vennero a sapere che Paolo aveva chiesto udienza a Cesare.



[2] Colpiti da grande dolore e da profondo dispiacere, dissero tra di loro: "Non gli basta l'avere afflitto tutti i fratelli ed anche i nostri parenti nella Giudea, nella Samaria e in tutta la Palestina; tutto questo non gli basta, ed ecco che viene anche qui, dopo aver chiesto a Cesare il permesso di mandarci in rovina".




[3] Tutti gli Ebrei dunque si unirono in consiglio contro Paolo e, dopo molte discussioni, giudicarono opportuno presentarsi al re Nerone, allora regnante, per supplicarlo di non permettere che Paolo venisse a Roma. Prepararono non pochi doni che portarono con sé con la supplica seguente: "Ti supplichiamo, re buono, di inviare ordini in tutte le province soggette alla tua pietà affinché sia impedito che Paolo si avvicini a questi luoghi. Questo Paolo, infatti, dopo aver afflitto la nostra patria, ha chiesto di venire qui per rovinare anche noi. A noi basta, piissimo re, l'afflizione causataci da Pietro".




[4] Udito ciò, il re Nerone rispose loro: "Sia fatto secondo la vostra volontà! Scriveremo a tutte le nostre province affinché gli sia assolutamente vietato di approdare alle regioni italiane". Sobillarono anche Simone Mago, pregandolo di ostacolargli in ogni modo l'approdo nelle regioni italiane.




[5] Mentre le cose stavano così, alcuni gentili che si erano convertiti ed erano stati battezzati durante la predicazione di Pietro, inviarono a Paolo una lettera di questo tenore: "Paolo, vero servo del nostro padrone Gesù Cristo e fratello di Pietro, primo degli apostoli! Abbiamo udito dai maestri ebrei, abitanti in questa grandissima città di Roma, che hanno pregato Cesare di inviare messaggi in tutte le sue province, affinché ovunque tu sia trovato sia ucciso. Noi tuttavia abbiamo creduto e crediamo che come Dio non separa i due grandi luminari da lui creati, così non vi dividerà l'uno dall'altro, cioè né Pietro da Paolo, né Paolo da Pietro. Bensì, nel Signore nostro Gesù Cristo, nel quale siamo stati battezzati, crediamo che saremo degni anche del tuo insegnamento".




[6] Paolo, il venti del mese di maggio, ricevette i due uomini inviati con la lettera e, pieno di coraggio, ringraziò il Signore e padrone nostro Gesù Cristo. Salpato da Gaudomelete per approdare alla costa italiana, non toccò più l'Africa, ma si diresse alla volta della Sicilia, e giunse nella città di Siracusa con i due uomini che gli erano stati mandati da Roma.




[7] Di là salpò per Reggio Calabria e da Reggio passò a Messina, ove ordinò vescovo una persona di nome Bacchilo; da Messina salpò per Didimo, dove rimase una notte, donde salpò per Pozzuoli ove giunse il giorno dopo.




[8] Dioscoro, il padrone della nave che lo aveva trasportato fino a Siracusa, simpatizzando per Paolo, che gli aveva liberato il figlio dalla morte, lasciata la propria nave a Siracusa, lo aveva seguito fino a Pozzuoli. Qui si trovavano alcuni discepoli di Pietro, che accolsero Paolo e lo pregarono di restare da loro; vi rimase una settimana, nascosto a causa degli ordini di Cesare.




[9] Tutti i prefetti vigilavano per arrestarlo e ucciderlo. Ma Dioscoro, il padrone della nave, che era calvo sul davanti, uscì pubblicamente per la città di Pozzuoli fin dal primo giorno, indossando la tunica di capitano di mare; credendo che fosse Paolo, lo presero, lo decapitarono e ne mandarono la testa a Cesare.




[10] Convocati dunque i capi degli Ebrei, Cesare comunicò loro la notizia, dicendo: "Rallegratevi grandemente, giacché Paolo, il vostro nemico, è morto!". E mostrò loro la sua testa. In quel giorno essi fecero una grande festa: era il quattordici di giugno, ed ogni Ebreo fu pienamente soddisfatto.




[11] Paolo, a Pozzuoli, udito che Dioscoro era stato decapitato, ne fu grandemente rattristato; alzati gli occhi al cielo, disse: "Signore onnipotente e celeste, che mi sei apparso ovunque sono andato per mezzo del tuo Verbo unigenito, Signore nostro Gesù Cristo, punisci questa città, dopo avere fatto uscire tutti coloro che hanno creduto in Dio e hanno seguito la sua parola".




[12] Disse dunque loro: "Seguitemi". E uscì da Pozzuoli insieme a quelli che avevano creduto nella parola di Dio. Giunto nel luogo detto Baia, tutti alzarono gli occhi e videro la città detta Pozzuoli sprofondarsi per circa due braccia sulla via del mare; e ancor oggi si trova là sotto il mare a memoria di questo fatto.




[13] Partiti da Baia, giunsero a Gaeta, ove insegnò la parola di Dio: rimase infatti per tre giorni in casa di Erasmo, che Pietro aveva mandato da Roma a insegnare il vangelo di Dio. Partito da Gaeta, arrivò in una borgata, detta Terracina, ove rimase sette giorni in casa del diacono Cesario, sul quale Pietro aveva imposto le mani; di qui navigò lungo il fiume fino a un luogo detto Tre Taverne.




[14] Quelli che si erano salvati dal cataclisma della città di Pozzuoli annunziarono a Cesare, in Roma, che Pozzuoli si era sprofondata con tutta la sua gente. Profondamente addolorato a causa della città, il re convocò i capi degli Ebrei e disse loro: "Ecco, vi ho dato ascolto facendo decapitare Paolo. Per questo la città si è sprofondata".




[15] I capi degli Ebrei risposero a Cesare: "Piissimo re, non ti abbiamo detto, forse, che egli ha sconvolto tutta la regione dell'Oriente e rovinato i nostri padri? E' meglio, piissimo re, che perisca una città che tutto il tuo regno. Questo, infatti, è quanto doveva capitare a Roma". All'udire queste parole, il re si fece animo.




[16] Fermatosi quattro giorni a Tre Taverne, Paolo proseguì per il Foro Appio, detto Vicusarape. E quivi, durante la notte, mentre riposava, vide una persona seduta su di un sedile d'oro circondato da una folla di neri che dicevano: "Oggi io ho istigato un figlio a uccidere suo padre". Un altro diceva "Io ho fatto cadere una casa provocando la morte dei genitori e dei figli". E si raccontavano gli uni agli altri molte altre malefatte. Giunse poi un altro che annunziò: "Io ho istigato il vescovo Giovenale, sul quale aveva imposto le mani Pietro, a dormire con la superiora Giuliana".




[17] Udito tutto ciò mentre dormiva nel Foro Appio, presso Vicusarape, mandò subito a Roma dal vescovo Giovenale uno di quelli che l'avevano seguito da Pozzuoli per dirgli ciò che aveva appena compiuto.




[18] Il giorno appresso, Giovenale corse a gettarsi ai piedi di Pietro e, gemendo e piangendo, gli disse quanto era appena accaduto. Aggiunse poi: "Credo che questo è proprio il luminare che tu aspettavi". Pietro gli rispose: "Come può essere lui, dato che egli è morto?".




[19] Allora il vescovo Giovenale condusse da Pietro colui che era stato mandato da Paolo, il quale gli annunziò che era vivo, in viaggio e si trovava al Foro Appio. Pietro ringraziò e glorificò Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.




[20] Convocati poi i credenti suoi discepoli, li mandò a Tre Taverne, da Paolo. Tra Tre Taverne e Roma v'è la distanza di trentotto miglia. Paolo appena li vide ringraziò il Signore nostro Gesù Cristo e prese coraggio. Poi si mossero di là per pernottare nella città di Ariccia.




[21] Intanto, a Roma si sparse la notizia che stava arrivando Paolo, il fratello di Pietro, e i credenti in Dio ne furono oltremodo lieti. Ma tra gli Ebrei vi fu un grande subbuglio e mandarono a dire a Simone Mago: "Comunica al re che Paolo non è morto, bensì vive ed è arrivato!". Simone rispose agli Ebrei: "Di chi era dunque la testa giunta a Cesare da Pozzuoli? Non era anch'essa calva?".




[22] Pietro e Paolo a Roma. 


Quando Paolo giunse a Roma, gli Ebrei furono assaliti da un grande timore; si radunarono presso di lui e lo pregarono dicendo: "E' la fede nella quale sei nato, che tu devi vendicare! Non è giusto, infatti, che tu, Ebreo e figlio di Ebrei, ti chiami maestro dei gentili e vindice degli incirconcisi: tu, circonciso, annienti la fede della circoncisione. Or dunque, quando vedrai Pietro, lotta contro la sua dottrina; egli, infatti, ha rovinato tutta la difesa della nostra legge".




[23] Paolo rispose loro: "Se la sua dottrina è veritiera, convalidata dalla testimonianza dei libri degli Ebrei, è giusto che noi tutti siamo ossequienti".




[24] Mentre Paolo esponeva loro queste e altre simili cose, fu notificato a Pietro l'arrivo di Paolo a Roma: subito egli s'alzò e andò da lui. Quando si videro piansero dalla gioia e, abbracciatisi a lungo, si bagnarono reciprocamente di lacrime.




[25] Paolo raccontò a Pietro la trama di tutte le sue vicissitudini e le fatiche subite nel viaggio marittimo; Pietro gli raccontò quanto aveva sofferto a causa di Simone Mago e di tutte le sue insidie; così parlando, giunse la sera ed egli si ritirò.




[26] Il giorno appresso quando (Pietro) arrivò trovò una moltitudine di Ebrei davanti alla porta di Paolo. Tra i cristiani ebrei e quelli provenienti dai gentili era sorto un grande turbamento. Gli Ebrei dicevano: "Noi siamo una gente eletta, un sacerdozio regale, della stirpe di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di tutti i profeti con i quali parlò Dio, ai quali svelò i suoi misteri e le sue grandi meraviglie. Mentre voi, provenienti dai gentili, non avete nulla di grande nella vostra stirpe, salvo l'essere divenuti impuri e abominevoli a causa degli idoli e delle sculture".




[27] Agli Ebrei che asserivano queste e altre simili cose, i provenienti dai gentili rispondevano dicendo: "Non appena udimmo la verità, noi subito l'abbiamo seguita abbandonando il nostro errore. Mentre voi, pur conoscendo i prodigi in favore dei vostri padri, pur vedendo i segni profetici, pur avendo accolto la legge, pur avendo passato il mare a piedi asciutti e pur avendo visto immersi i vostri nemici, pur avendo avuto una colonna di fuoco, di notte, e una nube di giorno, la manna dal cielo e l'acqua che sgorgava dalla roccia, vi siete fatto un vitello idolatrico e avete adorato una scultura. Noi, invece, senza aver visto alcun prodigio crediamo nel Dio salvatore, colui che, nella vostra disobbedienza, avete abbandonato".




[28] Queste e altre simili erano le loro discussioni, quando l'apostolo Paolo disse loro che non era conveniente che sorgessero tra loro alterchi del genere, e che invece ciò che conta è il fatto che Dio abbia adempiuto le sue promesse giurate ad Abramo, nostro padre, che cioè nella sua discendenza sarebbero state benedette tutte le genti, non essendovi, davanti a Dio, eccezione di persona.




[29] Dopo che Paolo disse queste cose, tanto gli Ebrei quanto gli oriundi pagani si quietarono. Ma i capi degli Ebrei attaccarono Pietro. A quelli che lo rimproveravano per il fatto che interdiva le loro sinagoghe, Pietro disse: "Ascoltate, fratelli, lo Spirito santo che promise al patriarca David: "Tra la tua discendenza, uno si siederà sul tuo trono". Orbene colui al quale il Padre disse: "Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato" fu crocifisso, per invidia, dai pontefici. Per compiere la salvezza del mondo, egli acconsentì di soffrire tutte queste cose. Come dunque dal costato di Adamo fu formata Eva, così dal costato di Cristo fu formata la Chiesa senza macchia e immacolata.




[30] In tal modo Dio aprì a tutti i figli di Abramo, di Isacco e di Giacobbe l'ingresso alla fede della Chiesa, non all'infedeltà per mezzo della sinagoga. Convertitevi perciò ed entrate nella gioia del padre vostro Abramo, giacché Dio ha mantenuto quanto gli aveva promesso. Perciò anche il profeta dice: "Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec". Egli, infatti, divenne sacerdote sulla croce, quando offrì l'olocausto del proprio corpo e del proprio sangue quale vittima per tutto il mondo".




[31] Mentre Pietro diceva queste e altre simili cose, una grandissima parte del popolo credette. Accadde così che credettero anche Livia, moglie di Nerone, e la moglie del prefetto Agrippa, tanto che si separarono dal fianco dei loro mariti. E a motivo dell'insegnamento di Paolo, molti disprezzavano la vita militare e si davano a Dio; andarono da lui persino alcuni addetti al servizio personale del re, e divenuti cristiani, si rifiutarono tanto di ritornare nell'esercito quanto al palazzo.




[32] Simone Mago da Nerone. Allora Simone, spinto dall'invidia, prese a parlare molto male di Pietro presentandolo come mago e impostore. Quanti ammiravano i suoi segni, gli credevano. Egli faceva muovere un serpente di bronzo, faceva ridere statue di pietra e le metteva in movimento; mentre egli stesso riusciva a correre e a sollevarsi improvvisamente in aria.




[33] Pietro invece curava gli infermi, con la preghiera faceva vedere i ciechi, ordinava ai demoni di fuggire e risuscitava i morti. Esortava il popolo sia a guardarsi dall'inganno di Simone, sia a smascherarlo per sfuggire ogni forma di servitù demoniaca.




[34] Fu così che tutte le persone per bene abominarono Simone e lo descrivevano come mago ed empio. D'altra parte i seguaci di Simone affermavano che Pietro era mago, come erano loro stessi con Simone. E così la parola giunse al Cesare Nerone il quale ordinò di condurre da lui Simone Mago.




[35] Entrato si pose davanti a lui e, essendogli complice il diavolo, cominciò a cambiare forma tanto che divenne improvvisamente un bambino, poi, dopo un poco un vecchio, e quindi un giovane. A tal vista Nerone ritenne che fosse davvero figlio di Dio. Ma l'apostolo Pietro insegnava che era bugiardo, un mago turpe, un empio apostata e in tutto contrario alla volontà di Dio.




[36] Allora Simone si presentò a Nerone e gli disse: "Ascolta, re! Se tu non scaccerai subito questi uomini, il tuo regno non potrà più sussistere"




[37] Pietro, Paolo e Simone da Nerone. Nerone, preoccupato, ordinò subito che gli fossero condotti davanti. Il giorno appresso entrarono da Nerone Pietro e Paolo, apostoli di Cristo e Simone disse: "Questi sono i discepoli del Nazareno i quali non ritengono decoroso appartenere al popolo degli Ebrei". Nerone domandò: "Chi è il Nazareno?". Simone rispose: "Nella Giudea c'è una città, che è sempre stata vostra nemica, detta Nazaret; il loro maestro viene di là".




[38] Allora Pietro disse a Simone: "Mi meraviglio come mai davanti al re ti vanti in modo così sfacciato e affermi di poter stravincere i discepoli di Cristo con la tua arte magica"




[39] Nerone domandò: "Chi è Cristo?". Pietro gli rispose: "Se vuoi conoscere, o re, chi è Cristo e i fatti avvenuti nella Giudea a proposito di Cristo, prendi le lettere di Ponzio Pilato inviate a Claudio e saprai tutto". Nerone allora ordinò che gli fossero portate e lette davanti a loro. Eccone il contenuto:




[40] "Ponzio Pilato a Claudio, salute! Poco fa è accaduto quanto ho potuto mettere in chiaro. Che cioè gli Ebrei per invidia si sono preparata una terribile rovina per sé e per i loro discendenti. I loro padri avevano la promessa che Dio dal cielo avrebbe mandato loro il suo Santo che sarebbe stato giustamente chiamato loro re: costui, che era stato promesso, fu inviato sulla terra per mezzo di una vergine. Egli pertanto venne nella Giudea mentre io ero governatore.




[41] Lo videro illuminare i ciechi, purificare i lebbrosi, guarire i paralitici, scacciare i demoni dagli uomini, risuscitare i morti, comandare ai venti, camminare sulle onde del mare e compiere molti altri prodigi, mentre tutto il popolo dei Giudei lo chiamava figlio di Dio. Mossi da invidia contro di lui, i pontefici me lo consegnarono con accuse: con ogni sorta di false testimonianze, asserivano che era un mago e che agiva contro la loro legge.




[42] Io credetti che fosse così. Perciò lo feci flagellare e lo consegnai alla loro volontà. Essi lo crocifissero e posero delle guardie là ove fu sepolto. Ma il terzo giorno, mentre i miei soldati facevano la guardia, egli risuscitò. La malizia degli Ebrei si accese al punto da offrire ai soldati del denaro affinché asserissero che i suoi discepoli ne avevano rapito il corpo. Ma essi, pur avendo ricevuto il denaro, non furono capaci di tacere l'accaduto e testimoniarono di averlo visto risorto e di aver ricevuto del denaro dagli Ebrei. Ho voluto riferirti quanto sopra, affinché nessuno asserisca diversamente o ritenga di dover credere alle parole menzognere degli Ebrei".




[43] Letta la lettera, Nerone domandò: "Dimmi, Pietro, stanno proprio così le cose?". Pietro rispose: "Sì, proprio così, o re. Questo Simone infatti è pieno di menzogne e di inganno anche se crede di essere ciò che non è, vale a dire Dio. Nel Signore mio Gesù Cristo, si trova invece tutta quella somma vittoria che egli, in virtù dell'economia divina per la salvezza degli uomini, volle benevolmente comunicare all'umanità".




[44] Simone rispose: "Non ti tollero più, Pietro! Ora comanderò ai miei angeli che vengano a vendicarmi di te". Pietro rispose: "Non temo i tuoi angeli, essi avranno piuttosto paura di me, in forza del mio Signore Gesù Cristo".




[45] Nerone disse: "Pietro, non temi Simone, il quale comprova la sua divinità con le opere?". Pietro rispose: "La divinità, o re, è in colui che scruta i segreti del cuore. Or dunque mi dica che cosa penso. Prima che costui mentisca io manifesterò il mio pensiero alle tue orecchie, affinché egli non osi poi asserire il falso circa la mia mente". Nerone gli disse: "Vieni qui e dimmi che cosa pensi". Pietro rispose: "Ordina che mi sia portato un pane d'orzo e mi sia dato di nascosto". Disse poi nuovamente Pietro: "Dì, Simone, qual è il mio pensiero, che cosa è stato detto, che cosa è accaduto?".




[46] Mancante.


[47] Simone disse: "Sappi, o re, che nessuno all'infuori di Dio conosce i pensieri degli uomini". Pietro gli rispose: "Tu dunque, che dici di essere figlio di Dio, dimmi che cosa penso, manifesta che cosa ho fatto or ora di nascosto?". Pietro aveva benedetto il pane d'orzo ricevuto e, spezzatolo con la destra e con la sinistra, lo aveva raccolto nelle maniche.

[48] Allora Simone, adirato di non sapere rispondere all'occulta domanda dell'apostolo, si mise a gridare dicendo: "Escano grandi cani e lo divorino alla presenza di Cesare". E all'istante apparvero dei cani grandi che si gettarono su Pietro. Ma Pietro stese le mani in preghiera e mostrò ai cani il pane che aveva benedetto. A quella vista i cani fuggirono e da quel momento non si fecero più vedere. Allora Pietro disse a Nerone "Ecco, o re, che ti ho fatto conoscere non con parole, ma con opere, come Simone sia un mago e un ingannatore. Dopo avere promesso infatti che contro di me si sarebbero gettati degli angeli, ha fatto venire invece dei cani, mostrando così di non disporre di angeli celesti, ma di cagnetti demoniaci".

[49] Allora Nerone disse a Simone: "Che ne dici, Simone; Penso che siamo sconfitti". Simone rispose: "Costui si è comportato con me allo stesso modo nella Giudea, in tutta la Palestina e a Cesarea".

[50] Nerone allora domandò, rivolto a Paolo: "Tu, perché non parli, Paolo?". Paolo rispose e disse: "Sappi, o re, che se tu mandi libero questo mago, lasciandolo compiere simili azioni, causerà un gravissimo male alla tua patria e sconvolgerà il regno con una guerra intestina". Nerone domandò a Simone "Tu, Simone, che rispondi a queste cose?". Simone rispose "Se io non mi manifesto chiaramente facendo vedere che sono un dio, nessuno mi presterà il culto dovuto". Nerone gli domandò: "E ora che aspetti, per dimostrare che sei un dio e far così punire costoro?".

[51] Simone disse: "Ordina di farmi costruire un'alta torre di legno. Salirò su di essa, chiamerò i miei angeli e, sotto gli occhi di tutti, ordinerò loro di trasportarmi in cielo da mio padre. Costoro non potranno fare questo, e apparirà come siano semplici uomini". Nerone domandò a Pietro: "Hai udito, Pietro, ciò che ha detto Simone? Da ciò apparirà chi ha più forza, se lui o il vostro Dio". Pietro rispose: "Eccellentissimo re, se vuoi, puoi ben comprendere come non sia altro che impasto demoniaco". Nerone rispose: "Che cosa intendi con questo giro di parole? Il domani vi metterà alla prova".

[52] Simone disse: "O buon re, se credi che io sono un mago, fammi decapitare in un luogo oscuro e lasciami là ucciso; se nel terzo giorno io non risorgerò, saprai che io sono un mago, ma se risorgerò, sappi che io sono figlio di Dio".

[53] Così avvenne. Nerone comandò, ed egli, con la sua arte magica, fece in modo che al buio venisse decapitato un ariete, che, nel buio fino al momento della decapitazione, era apparso come Simone. Dopo averlo decapitato ne cercò la testa, la portò alla luce e si accorse che era quella di un ariete. Non volle però dire nulla al re, per non essere fustigato, dato che gli aveva comandato di agire all'oscuro. Il terzo giorno, dopo avere rimosso, con la sua magia, le membra e la testa dell'ariete, Simone andava dicendo di essere risorto. Intanto il sangue si era coagulato sul posto. Nel terzo giorno si presentò a Nerone e gli disse: "Fa' pulire il mio sangue che è stato sparso! Ecco infatti che, io, decollato, nel terzo giorno sono risorto, come avevo promesso".

[54] Dottrina di Pietro e Paolo.

Siccome Nerone aveva detto: "Il domani vi metterà alla prova", rivolto a Paolo, disse: "Tu, Paolo, perché non fiati?".

[55] Paolo rispose e disse: "Non ascoltare le parole di costui, o re. Egli infatti è un ingannatore e un mago e vuol portare alla rovina la tua anima e il tuo regno. Come i maghi egiziani Ianne e Iambre sedussero il faraone e il suo esercito fino a farli sprofondare in mare, così costui a causa della formazione ricevuta da suo padre, il diavolo, induce gli uomini a procurarsi molti mali. Tanti ingenui vengono così adescati ed è messo alla prova il tuo regno.

[56] Io confido nella potenza del mio Signore Gesù Cristo che presto manifesterà chi egli è. Quanto crede di innalzarsi fino in cielo, altrettanto sarà sprofondato nell'abisso infernale, dov'è pianto e stridore di denti".

[57] Nerone domandò: "Qual è la dottrina di Cristo, tuo maestro?". Paolo rispose: "Circa la dottrina del mio maestro, sulla quale mi interroghi, essa non è compresa se non da quelli che si rivolgono alla fede con cuore puro. Ciò che egli ha insegnato, non è altro che pace e amore. E anch'io, da Gerusalemme fino all'Illirio ho diffuso la parola della pace, come avevo da lui imparato.

[58] Ho insegnato infatti a prevenirsi reciprocamente con il rispetto; ho insegnato alle persone eminenti e ai ricchi a non insuperbirsi e non riporre la loro fiducia nell'incertezza delle ricchezze, ma a porre la loro speranza in Dio; ho insegnato ai poveri a godere della loro povertà; ho insegnato ai padri a educare i loro figli nel timore di Dio; ho insegnato ai figli a obbedire a genitori con comprensione salvifica; ho insegnato alle chiese dei credenti a credere in un solo Dio, padre onnipotente, invisibile e imperscrutabile, e nel suo Figlio unigenito, mio Signore Gesù Cristo.

[59] Questa è la mia dottrina, che non ricevetti da uomo, né per mezzo di un uomo, ma mi fu data da Gesù Cristo, che mi ha parlato dal cielo e mi ha mandato (affidandomi) il kerigma, dicendomi: "Va'! Io infatti sarò con te e giustificherò tutto ciò che farai e dirai!"".

[60] All'udire ciò, Nerone fu fuori di sé e, rivolto a Pietro domandò: "Tu che dici?". Pietro rispose: "Tutto ciò che ha detto Paolo è vero. E da molte lettere che abbiamo ricevuto dai nostri episcopi che si trovano in tutta l'ecumene, siamo venuti a conoscenza di quanto è accaduto e di quanto si diceva di lui. Essendo infatti egli difensore della legge, una voce di Cristo lo chiamò dal cielo e gli insegnò la verità. Egli non perseguitava la nostra fede per invidia, ma per ignoranza. Prima di noi c'erano stati infatti degli pseudocristi, come Simone, degli pseudoapostoli e degli pseudoprofeti i quali, agendo contro le Scritture, avevano tentato di annientare la verità. A causa di questi fu necessaria la scelta di quest'uomo che, fin da fanciullo, altro non aveva fatto che scrutare i misteri della legge divina: fondandosi su di essi sarebbe diventato vindice della verità e persecutore della menzogna. Non essendo la sua lotta mossa dall'invidia, ma dalla difesa della legge, la stessa verità parlò con lui dal cielo, dicendogli: "Io sono Gesù che tu perseguiti! Cessa dunque dal perseguitarmi, perché io sono la verità per la quale tu ti accanisci nella lotta contro i nemici della verità". Quando dunque egli conobbe che le cose stavano così, abbandonò la causa che vendicava e cominciò a patrocinare il sentiero di Cristo, che è la via della verità per tutti coloro che in essa camminano con semplicità".

[61] Mentre Pietro così parlava, Simone disse a Nerone: "Comprendi, o buon re, che questi due si sono messi d'accordo contro di me. Io, infatti, sono la verità e costoro mi sono contrari". Pietro disse: "In te non c'è alcuna verità! Non fai che proferire menzogne".

[62-66] Mancanti.

[67] Simone disse: "Buon re, questi uomini si giocano della tua bontà e ti hanno ingannato". Nerone rispose: "Ma anche tu non mi hai ancora totalmente rassicurato a tuo riguardo". Simone rispose: "Dopo tante belle azioni e prodigi che ti ho mostrato, mi meraviglio che tu dubiti". Nerone rispose: "Io non concordo con alcuno di voi! Rispondi piuttosto a quello che ti domando".

[68] Simone rispose: "D'ora in poi non ti risponderò più!". Nerone rispose: "Parli così perché sei menzognero. D'ora in poi non ti parlerò più, avendo constatato che sei bugiardo in tutto. Ma perché seguito a dire tante cose? Tutti e tre mi siete apparsi dubbi in tutto, tanto che non so più a che cosa credere".

[69] Pietro disse: "Noi predichiamo un unico Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto si trova in essi: egli è vero re e il suo regno non avrà fine!". Nerone domandò: "Chi è questo re?". Paolo rispose: "Il Signore e salvatore di tutte le genti". Simone disse: "Quello di cui parlate sono io e voi lo sapete, Paolo e Pietro, non vi è nascosto. Fate così solo perché io vi giudichi degni del martirio". Pietro e Paolo risposero: "Non ti accada mai nulla di bene, Simone mago, impasto di amarezza!".

[70] Simone disse: "Ascolta, Cesare Nerone! Affinché tu conosca ch'io sono stato mandato dal cielo, domani salirò nei cieli e renderò beati coloro che credono in me, ma mostrerò la mia ira contro tutti coloro che mi hanno rinnegato". Pietro e Paolo risposero: "Da molto tempo Dio ci ha chiamato nella sua gloria. Tu invece sei stato chiamato dal diavolo e ti affretti verso il castigo".

[71] Simone disse: "Buon re, ascoltami! Manda via da te questi pazzi, affinché, andato in cielo dal padre mio, io ti sia propizio". Nerone rispose: "Come sapremo che te ne vai in cielo?". Simone rispose: "Ordina di costruirmi una alta torre di legno, con travi lunghi, affinché, quand'io salirò su di essa, i miei angeli vengano a raggiungermi nell'aria; non possono infatti venire da me, sulla terra, tra i peccatori".

[72] Volo di Simone.
Allora Nerone ordinò che fosse costruita una torre alta nel Campo Marzio. Qui doveva convenire tutto il popolo e le autorità militari per contemplare lo spettacolo. Nerone ordinò che anche Pietro e Paolo fossero presenti a questa adunanza, dicendo loro: "Ora deve manifestarsi la verità". Pietro e Paolo risposero: "Non saremo noi a svergognarlo, ma il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, quello che egli asserisce falsamente di essere".

[73] Paolo allora disse a Pietro: "A me spetta piegare le ginocchia e pregare Dio. A te, invece, intervenire se vedrai che pone mano a qualcosa. Tu infatti sei stato scelto per primo dal Signore". Paolo piegò le ginocchia e pregava, mentre Pietro disse a Simone: "Porta a compimento quanto hai iniziato! E' giunto, infatti, il tempo della tua infamia e della nostra chiamata: vedo infatti il mio Cristo che chiama me e Paolo".

[74] Nerone disse: "E dove andrete senza la mia volontà?". Pietro rispose: "Dove ci chiamerà il Signore nostro". Nerone domandò: "Chi è il vostro Signore?". Pietro rispose: "Gesù Cristo che io ho visto chiamarci". Nerone disse: "Anche voi dunque siete in procinto di salire in cielo?". Pietro rispose: "Se piace a colui che ci chiama". Simone disse: "Affinché tu sappia, o re, che questi sono impostori, non appena sarò salito in cielo, ti manderò i miei angeli e ti farò venire da me". Nerone rispose: "Fa' presto! Voglio infatti vedere se adempi ciò che dici".

[75] Allora, dinanzi a tutti, Simone salì sulla torre con la testa incoronata di alloro, stese le mani e cominciò a volare. Vedendolo volare, Nerone disse a Pietro: "Simone è un uomo veritiero, mentre tu e Paolo siete ingannatori". Pietro gli rispose: "Presto saprai, o re, che noi siamo veri discepoli di Cristo, e che costui non è Cristo, ma mago e malfattore". Nerone disse: "E ancora insistete? Ecco, contemplatelo, mentre sta salendo in cielo".

[76] Allora Pietro si rivolse a Paolo e disse: "Paolo, alza gli occhi e guarda". Paolo alzò gli occhi pieni di lacrime alla vista di Simone che volava, e disse: "Pietro, che aspetti? Compi l'opera intrapresa! Il Signore nostro Gesù Cristo, infatti, ci chiama". Udendoli, Nerone sorrise e disse: "Costoro ormai si vedono vinti e delirano!". Pietro rispose: "Ora saprai che noi non deliriamo". Paolo disse a Pietro: "Fai pure ciò che vuoi fare!".

[77] Allora Pietro guardò verso Simone e disse: "Angeli di Satana che lo portate nell'aria, per sedurre il cuore degli uomini increduli, vi scongiuro per il Dio che ha creato tutto e per Gesù Cristo, che egli ha risuscitato da morte nel terzo giorno! Da questo momento non trasportatelo più, ma lasciatelo cadere!". All'istante, abbandonato, precipitò in un luogo detto via Sacra, si divise in quattro parti, unì insieme quattro selci rimaste unite fino a oggi, a testimonianza della vittoria degli apostoli.

[78] Martirio di Pietro e Paolo.

Nerone, pieno d'ira, fece catturare Pietro e Paolo e li mise ai ceppi. Ordinò di conservare con cura per tre giorni il corpo di Simone, ritenendo che nel terzo giorno sarebbe risorto. Ma Pietro gli disse: "Costui non risorgerà più, essendo veramente morto e condannato al supplizio eterno". Nerone gli domandò: "Chi ti ha permesso di compiere un tale misfatto?". Pietro rispose: "La sua contenzione, la sua mentalità malvagia e le sue bestemmie lo hanno condotto alla rovina". Nerone disse: "Mi siete persone sospette, perciò vi farò perire malamente". Pietro rispose: "Ciò che avviene non è quanto tu desideri, bensì è necessario che si adempia quanto ci ha promesso Cristo".

[79] Nerone, allora, chiamò il prefetto Agrippa e gli disse: "Bisogna far morire malamente gli uomini irreligiosi. Ordino dunque di fustigarli con cardi di ferro, di farli perire nella naumachia e di eliminare malamente tutti quelli dello stesso genere". Il prefetto Agrippa disse: "Non sembra conveniente, re buono, quanto comandi a proposito di questi irreligiosi". Nerone domandò: "E perché?". Agrippa rispose: "Perché Paolo pare innocente, mentre Pietro è reo di omicidio e di irreligiosità". Nerone domandò: "Come li faremo perire allora?". Il prefetto Agrippa rispose: "A quanto mi pare, ritengo giusto che a Paolo sia recisa la testa come irreligioso, mentre Pietro, che è anche reo di omicidio, sia innalzato in croce". Nerone rispose: "Hai giudicato egregiamente".

[80] Udita la sentenza, Pietro e Paolo furono allontanati dal cospetto di Nerone. Paolo fu condotto incatenato sul luogo della decapitazione, a tre miglia dalla città, sotto la scorta di tre soldati, di nobile stirpe. Allontanatisi dalla porta lo spazio del tiro di una freccia, andò loro incontro una pia donna, la quale, vedendo Paolo in catene, si sentì commuovere e scoppiò in lacrime. Il nome della donna era Perpetua e aveva un occhio solo. Vedendola piangere, Paolo le disse: "Dammi il tuo sudario; al mio ritorno, te lo restituirò". Lei prese il sudario, e subito glielo diede. I soldati si avvicinarono alla donna e le dissero: "Perché vuoi perdere il tuo fazzoletto, donna? Non sai che va alla decapitazione?". Ma Perpetua rispose loro: "Vi scongiuro per la salvezza di Cesare, quando lo decapiterete coprite i suoi occhi con quel fazzoletto". E così fu fatto. Lo decapitarono presso il fondo delle Acque Salvie, vicino all'albero di pino. Secondo il volere di Dio, prima che i soldati ritornassero, il fazzoletto intriso di sangue fu restituito alla donna; e non appena lo portò, subito le si aprì l'occhio.

[81] I soldati presero poi san Pietro, e quando giunsero al luogo della crocifissione, il beato disse loro: "Il mio Signore Gesù Cristo, discese dal cielo in terra, fu crocifisso su di una croce diritta; siccome adesso si degna di chiamare in cielo me che provengo dalla terra, la mia croce deve essere piantata con la testa in giù, affinché io diriga i miei piedi verso il cielo. Non sono degno, infatti, di venire crocifisso come il mio Signore". Essi voltarono subito la croce e gli inchiodarono i piedi in alto.

[82] Si radunò una folla che sparlava di Cesare e di come farlo fuori. Ma Pietro li dissuadeva, dicendo: "Non adiratevi contro di lui, egli infatti è servo di suo padre, il diavolo. Io devo portare a compimento l'ordine del mio Signore. Alcuni giorni fa Agrippa si era sollevato contro di me: invitato dai fratelli sono uscito dalla città; ma mi venne incontro il Signore mio Gesù Cristo. Io lo adorai e gli dissi: "Signore, dove vai?". Mi rispose: "Seguimi, poiché a Roma debbo essere nuovamente crocifisso". E, seguendolo, ritornai a Roma. Ed egli mi disse: "Non temere, poiché io sono con te fino a quando ti avrò introdotto in casa del Padre mio".

[83] Perciò, figli miei, non impeditemi di seguire la mia via! I miei piedi sono già sulla via del cielo. Non affliggetevi, anzi rallegratevi, poiché oggi riceverò il premio delle mie fatiche". Ciò detto, proseguì così: "Ti ringrazio, buon pastore, poiché mi hai giudicato degno di questa ora. Ti supplico però, per le pecore che mi hai affidato e partecipano al mio dolore. Ti prego affinché abbiano parte con me nel tuo regno e non si accorgano di essere senza di me, avendo te come pastore per mezzo del quale io ho potuto pascere questo gregge". E così dicendo, spirò.

[84] Sepoltura e custodia dei corpi. Apparvero improvvisamente persone illustri, dall'aspetto forestiero che dicevano fra loro: "Siamo venuti da Gerusalemme per i santi prìncipi degli apostoli". Insieme a Marcello, persona distinta che aveva creduto a Pietro dopo aver abbandonato Simone, di nascosto ne presero il corpo e lo deposero sotto il terebinto, accanto al luogo della naumachia in Vaticano. Intanto i tre soldati che avevano decapitato san Paolo, nello stesso giorno, dopo tre ore, stavano recando il decreto a Nerone allorché incontrarono Perpetua. Le dissero: "Che c'è, signora? Ti sei lasciata sottrarre il sudario". Ma lei rispose: "Me lo hanno restituito e il mio occhio si è riaperto. Quant'è vero che vive il Signore Dio di Paolo! L'ho supplicato anch'io, affinché mi sia concesso di diventare serva del Signore". Allora i soldati che avevano il decreto riconobbero il sudario e, constatando che il suo occhio si era riaperto, gridarono tutti insieme ad alta voce dicendo: "Anche noi siamo servi del Signore di Paolo!". Perpetua allora andò a riferire al palazzo del re Nerone che i soldati che avevano decapitato Paolo dicevano: "Noi non entriamo più in città! Crediamo in Cristo e siamo cristiani!". Allora Nerone, molto adirato, ordinò di incatenare e di imprigionare Perpetua, la quale aveva riferito a proposito dei soldati. Uno di questi egli lo fece decapitare, l'altro lo fece segare in due, il terzo lo fece lapidare ad un miglio circa dalla città, fuori della porta. Perpetua si trovava in prigione; nella stessa prigione si trovava pure Potenziana, fanciulla timorata di Dio, perché aveva detto: "Abbandono i miei genitori e tutta la sostanza di mio padre e voglio diventare cristiana!". Unita a Perpetua, le narrò le cose riguardanti Paolo, e lei, all'udire ciò, lottò con ancora maggiore decisione per la fede di Cristo. La moglie di Nerone era sorella di Potenziana la quale l'istruì segretamente su Cristo; sul fatto che chi crede in lui è reso partecipe di una gioia eterna, e che tutte le cose di quaggiù sono transitorie, mentre quelle di là sono eterne. E così anche lei fuggì dal palazzo insieme ad alcune mogli di senatori. Allora Nerone punì Perpetua con molti tormenti; infine le legò un macigno al collo e la fece gettare giù da un precipizio. Il suo corpo si trova alla porta Nomentana. Potenziana passò poi molti supplizi; alla fine le prepararono una graticola e fecero fuoco per un intero giorno.

[85] Gli uomini che avevano detto di venire da Gerusalemme, dissero al popolo: "Gioite ed esultate giacché vi è concesso di avere grandi protettori, i santi apostoli e amici del Signore Gesù Cristo. Sappiate che il pessimo Nerone, dopo l'uccisione dei santi apostoli, non riuscirà più a mantenere il regno". [86] Dopo di ciò, per odio contro Nerone, si sollevò l'esercito e il popolo dei Romani. Nerone, appena se ne accorse, ebbe paura e fuggì in luoghi solitari e non fu più visto. Alcuni dissero che morì di fame e di freddo, e che il suo corpo fu sbranato dai lupi.

[87] Persone pie vennero dall'Oriente con l'intenzione di rapire i corpi dei santi apostoli e trasportarli in Oriente. Ma in città ci fu un grande terremoto; allora il popolo romano scappò e li pose in un luogo detto Catacomba, sulla via Appia, al terzo miglio. Quivi furono custoditi i corpi dei santi per un anno e sei mesi, fino a quando costruirono per loro i luoghi ove deporli. Il corpo del beato Pietro fu posto, con gloria e inni, in Vaticano, luogo vicino alla naumachia, quello invece del beato Paolo fu posto sulla via Ostiense, al secondo miglio della città. Per le preghiere dei fedeli, avvengono in quei luoghi molti favori a quanti credono nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

[88] Il cammino dei santi apostoli e martiri di Cristo Pietro e Paolo ebbe fine il 29 giugno, quello dei tre soldati il 2 luglio, e quello di Perpetua e Potenziana il giorno 8 dello stesso mese di luglio. Per la grazia e l'amore verso gli uomini del Signore nostro Gesù Cristo al quale con il Padre e lo Spirito santo, sia gloria, potenza e onore adesso e in eterno, nei secoli dei secoli. Amen.


AMDG et BVM

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