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mercoledì 15 febbraio 2017

Fra arcobaleni e tempeste




205° visione: Il sole usciva dal SS.mo Sacramento.

“Oggi ho visto che i sacri misteri venivano celebrati senza paramenti liturgici e nelle case private, per una tempesta temporanea; ed ho visto il sole che usciva dal SS.mo Sacramento e si sono spente, cioè sono rimaste offuscate, le altre luci e tutti avevano gli occhi rivolti a quella luce. 
Ma in questo momento non ne comprendo il significato. 

Vado attraverso la vita fra arcobaleni e tempeste, ma con la fronte fieramente alta, perché sono figlia del Re, perché sento che il sangue di Gesù circola nelle mie vene, ed ho posto la mia fiducia nella grande misericordia del Signore” (p. 350).


Meditazione:

E’ il momento per suor Faustina di conoscere la luce dell’Eucarestia. Il SS.mo Sacramento illumina tutte le nostre azioni e dona il Sangue di Gesù alle nostre arterie. La meditazione deve durare 15 minuti e deve essere fatta ad occhi chiusi dopo aver fissato per alcuni momenti la 205° visione. Gli effetti di questa meditazione saranno i seguenti: 
1° Conoscere la luce del SS.mo Sacramento. 
2° Credere che Dio illuminerà la nostra vita e darà il sangue divino alle nostre arterie per essere simili a Gesù nella lode e nella evangelizzazione. 
3° Contemplare la comunione eucaristica di Maria.



Preghiera: 
Preghiamo come suor Faustina per unirsi a Gesù eucaristico:

“O Gesù Ostia, che ho ricevuto in questo momento nel mio cuore, in unione con Te mi offro al Padre celeste come vittima sacrificale, rimettendomi totalmente e nel modo più assoluto alla misericordiosissima e santa volontà del mio Dio. Da oggi la Tua volontà, o Signore, è il mio nutrimento. Hai tutto il mio essere, disponi di me secondo i Tuoi divini intendimenti” (p. 424)

AMDG et BVM

lunedì 17 giugno 2013

... Eucaristia, Sacramento nel quale il Signore rimane presente anche al di là del tempo della celebrazione, per stare sempre con noi, lungo il trascorrere delle ore e delle giornate

La festa del Corpus Domini è un grande atto di culto pubblico dell’Eucaristia, Sacramento nel quale il Signore rimane presente anche al di là del tempo della celebrazione, per stare sempre con noi, lungo il trascorrere delle ore e delle giornate

ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 10 giugno 2012

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, in Italia e in molti altri Paesi, si celebra il Corpus Domini, cioè la festa solenne del Corpo e Sangue del Signore, l’Eucaristia. È tradizione sempre viva, in questo giorno, tenere solenni processioni con il Santissimo Sacramento, per le strade e nelle piazze. A Roma questa processione si è già svolta a livello diocesano giovedì scorso, giorno preciso di questa ricorrenza, che ogni anno rinnova nei cristiani la gioia e la gratitudine per la presenza eucaristica di Gesù in mezzo a noi.

La festa del Corpus Domini è un grande atto di culto pubblico dell’Eucaristia, Sacramento nel quale il Signore rimane presente anche al di là del tempo della celebrazione, per stare sempre con noi, lungo il trascorrere delle ore e delle giornate.


Già san Giustino, che ci ha lasciato una delle testimonianze più antiche sulla liturgia eucaristica, afferma che, dopo la distribuzione della comunione ai presenti, il pane consacrato veniva portato dai diaconi anche agli assenti (cfr Apologia, 1, 65). Perciò nelle chiese il luogo più sacro è proprio quello in cui si custodisce l’Eucaristia. Non posso a questo proposito non pensare con commozione alle numerose chiese che sono state gravemente danneggiate dal recente terremoto in Emilia Romagna, al fatto che anche il Corpo eucaristico di Cristo, nel tabernacolo, è rimasto in alcuni casi sotto le macerie. Con affetto prego per le comunità, che con i loro sacerdoti devono riunirsi per la Santa Messa all’aperto o in grandi tende; le ringrazio per la loro testimonianza e per quanto stanno facendo a favore dell’intera popolazione. È una situazione che fa risaltare ancora di più l’importanza di essere uniti nel nome del Signore, e la forza che viene dal Pane eucaristico, chiamato anche «pane dei pellegrini». Dalla condivisione di questo Pane nasce e si rinnova la capacità di condividere anche la vita e i beni, di portare i pesi gli uni degli altri, di essere ospitali e accoglienti.

La solennità del Corpo e Sangue del Signore ci ripropone anche il valore dell’adorazione eucaristica. Il Servo di Dio Paolo VI ricordava che la Chiesa cattolica professa il culto dell’Eucaristia «non solo durante la Messa, ma anche fuori della sua celebrazione, conservando con la massima diligenza le ostie consacrate, presentandole alla solenne venerazione dei fedeli cristiani, portandole in processione con gaudio della folla cristiana»(Enc. Mysterium fidei, 57).

La preghiera di adorazione si può compiere sia personalmente, sostando in raccoglimento davanti al tabernacolo, sia in forma comunitaria, anche con salmi e canti, ma sempre privilegiando il silenzio, in cui ascoltare interiormente il Signore vivo e presente nel Sacramento. La Vergine Maria è maestra anche di questa preghiera, perché nessuno più e meglio di lei ha saputo contemplare Gesù con sguardo di fede e accogliere nel cuore le intime risonanze della sua presenza umana e divina. Per sua intercessione si diffonda e cresca in ogni comunità ecclesiale un’autentica e profonda fede nel Mistero eucaristico.

Fonte:  http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2012/documents/hf_ben-xvi_ang_20120610_it.html

venerdì 21 settembre 2012

L’OTTAVA SPINA



L’OTTAVA SPINA
Ho otto spine conficcate nel cuore immacolato; sette mi sono state trafitte in vita; ora misticamente ne ho un’altra che, più che una spina, è un pugnale che mi lacera il petto e mi provoca dolore; la causa della mia sofferenza è l’ingratitudine, l’oblio e l’indifferenza che vedo nei confronti di Gesù Eucaristia.

Nel corso delle Scritture si dice come si deve adorare il Signore e si parla del santo “timore di Dio, principio della scienza” (cfr Prv 1, 7).  …  Ma pochi uomini accettano questi insegnamenti, e molti si impegnano ad eliminare il culto di adorazione a Gesù Eucaristia, Uomo-Dio.

Molte cose fanno gli uomini in presenza di Dio che a loro possono sembrare prive di importanza; ma davanti al Signore niente può essere considerato piccolo.  
…  “Evita le chiacchiere profane, perché esse  tendono a far crescere sempre più nell’empietà” (2 Tim 2, 16).




BISOGNA  “riconoscere il corpo del Signore” (1 Cor 11,29).  …   Io ricevevo dalle mani degli Apostoli il Pane consacrato e, prima di avvicinarmi alla mensa, preparavo la mia anima con atti di fede, speranza e carità. 

Poi mi avvicinavo a riceverlo, non come Madre, ma come schiava; infatti mi consideravo meno che schiava in presenza del mio Signore. Essendo una vile creatura, non potevo trovare un luogo più idoneo del pavimento; lì rimanevo prostrata dopo essermi inginocchiata tre volte, in segno di adorazione alle tre divine Persone: quella del Figlio fatto uomo, veramente presente nel pane e nel vino eucaristico, e quelle del Padre e dello Spirito Santo, inseparabilmente unite a quella del Figlio nel mistero della santissima Trinità.

Il Signore mi aveva dato intelligenza e una sapiente conoscenza della dignità sacerdotale; per questo ogni volta che uno degli apostoli mi benediceva in nome di Dio uno e trino, mi prostravo in ginocchio. 

Questa posizione, simbolo del rispetto e della riverenza, non era affatto nuova nella Chiesa, dato che Gesù, il divino Maestro, fin dalla più tenera età, pregava prostrato e molte volte con le braccia incrociate.  …   Impara questa scienza sublime: l’uomo è tanto più grande quanto più si rimpicciolisce, è tanto più alto quanto più si umilia ed è tanto più santo quanto più si riconosce peccatore.

SIA LODATO IL SANTISSIMO SACRAMENTO

lunedì 25 giugno 2012

HERMOSA REFLEXION SOBRE LA SAGRADA COMUNION....POR FAVOR LEEDLA, DIOS OS COLMARA DE GRACIAS y BENDICIONES....







    Ven Espíritu Santo, ven por medio de la poderosa intercesión del Corazón Inmaculado de María, tu amadísima Esposa

Lectura espiritual. CONSIDERACIÓN 34

De la Sagrada Comunión
Tomad y comed; éste es mi Cuerpo.
Mt. 26, 26.
PUNTO 1
Consideremos la grandeza de este Santísimo Sacramento de la Eucaristía, el amor inmenso que Jesucristo nos manifestó con tan precioso don y el vivo deseo que tiene de que le recibamos sacramentado.
Veamos, en primer lugar, la gran merced que nos hizo el Señor al darse a nosotros como alimento en la santa Comunión. Dice San Agustín que con ser Jesucristo Dios omnipotente, nada mejor pudo darnos, pues ¿qué mayor tesoro puede recibir o desear un alma que el sacrosanto Cuerpo de Cristo? Exclamaba el profeta Isaías (12, 4): Publicad las amorosas invenciones de Dios.
Y, en verdad, si nuestro Redentor no nos hubiese favorecido con tan alta dádiva, ¿quién hubiera podido pedírsela? ¿Quién se hubiera atrevido a decirle: “Señor, si deseáis demostrar vuestro amor, ocultaos bajo las especies de pan y permitid que por manjar os recibamos?...”. El pensarlo nomás se hubiera reputado por locura. “¿No parece locura el decir: comed mi carne, bebed mi sangre?”, exclamaba San Agustín.
Cuando Jesucristo anunció a los discípulos que este don del Santísimo Sacramento que pensaba dejarles, no podían creerle, y se apartaron del Señor, diciendo (Jn. 6, 61): “¿Cómo puede éste darnos a comer su carne?... Dura es esta doctrina; ¿y quién lo puede oír?” Mas lo que al hombre no le es dado ni imaginar, lo pensó y realizó el gran amor de Cristo.
San Bernardino dice que el Señor nos dejó este Sacramento en memoria del amor que nos manifestó en su Pasión, según lo que Él mismo nos dijo (Lc. 22, 19): “Haced esto en memoria mía”. No satisfizo Cristo su divino amor –añade aquel Santo (t. 2, serm. 54)– con sacrificar la vida por nosotros, sino que ese mismo soberano amor le obligó a que antes de morir nos hiciera el don más grande de cuantos nos hizo, dándose Él mismo para manjar nuestro.
Así, en este Sacramento llevó a cabo el más generoso esfuerzo de amor, pues como dice con elocuentes palabras el Concilio de Trento (ses. 13, c. 2), Jesucristo en la Eucaristía prodigó todas las riquezas de su amor a los hombres.
¿No se estimaría por muy amorosa fineza –dice San Francisco de Sales– el que un príncipe regalase a un pobre algún exquisito manjar de su mesa? ¿Y si le enviase toda su comida? ¿Y, finalmente, si el obsequio consistiera en un trozo de la propia carne del príncipe, para que sirviese al pobre de alimento?... Pues Jesús en la sagrada Comunión nos alimenta, no ya con una parte de su comida ni un trozo de su Cuerpo, sino con todo Él: “Tomad y comed; éste es mi Cuerpo” (Mt. 26, 26); y con su Cuerpo nos da su Sangre, alma y divinidad.
De suerte que –como dice San Juan Crisóstomo–, dándosenos Jesucristo mismo en la Comunión, nos da todo lo que tiene y nada se reserva para Sí; o bien, según se expresa Santo Tomás: “Dios en la Eucaristía se entrega todo Él, cuanto es y cuanto tiene”. Ved, pues, cómo ese Altísimo Señor, que no cabe en el mundo –exclama San Buenaventura–, se hace en la Eucaristía nuestro prisionero... Y dándose a nosotros real y verdaderamente en el Sacramento, ¿cómo podremos temer que nos niegue las gracias que le pidamos? (Ro. 8, 32).

AFECTOS Y SÚPLICAS
¡Oh Jesús mío! ¿Qué es lo que os pudo mover a daros Vos mismo a nosotros para alimento nuestro? ¿Y qué más podéis concedernos después de este don para obligarnos a amaros? ¡Ah, Señor! Iluminadme y descubridme ese exceso de amor, por el cual os hacéis manjar divino a fin de uniros a estos pobres pecadores... Mas si os dais todo a nosotros, justo es que nos entreguemos a Vos enteramente...
¡Oh, Redentor mío! ¿Cómo he podido ofenderos a Vos, que tanto me amáis y que nada omitisteis para conquistar mi amor? ¡Por mí os hicisteis hombre; por mí habéis muerto; por amor a mí os habéis hecho alimento mío!... ¿Qué os queda por hacer? Os amo, Bondad infinita; os amo, infinito amor. Venid, Señor, con frecuencia a mi alma e inflamadla en vuestro amor santísimo, y haced que de todo me olvide y sólo piense en Vos y a Vos sólo ame...
¡María, Madre nuestra, orad por mí y hacedme digno por vuestra intercesión de recibir a menudo a vuestro Hijo Sacramentado!

PUNTO 2
Consideremos en segundo lugar el gran amor que nos mostró Jesucristo al otorgarnos este altísimo don... Hija solamente del amor es la preciosa dádiva del Santísimo Sacramento. Necesario fue para salvarnos, según el decreto de Dios, que el Redentor muriese.
Mas ¿qué necesidad vemos en Jesucristo, después de su muerte, permanezca con nosotros para ser manjar de nuestras almas?... Así lo quiso el amor.
No más que para manifestarnos el inmenso amor que nos tiene instituyó el Señor la Eucaristía, dice San Lorenzo Justiniano, expresando lo mismo que San Juan escribió en su Evangelio (Jn. 13, 1): “Sabiendo Jesús que era llegada su hora del tránsito de este mundo al Padre, como hubiese amado a los suyos que vivían en este mundo, los amó hasta el fin”.
Es decir, cuando el Señor vio que llegaba el tiempo de apartarse de este mundo, quiso dejarnos maravillosa muestra de su amor, dándonos este Santísimo Sacramento, que no otra cosa significan las citadas palabras: “los amó hasta el fin”, o sea, “los amó extremadamente, con sumo e ilimitado amor”, según lo explican Teofilacto y San Juan Crisóstomo.
Y notemos, como observa el Apóstol (1 Co. 11, 23-24), que el tiempo escogido por el Señor para hacernos este inestimable beneficio fue el de su muerte. En aquella noche en que fue entregado, tomó el pan, y dando gracias, le partió y dijo: “Tomad y comed; éste es mi Cuerpo”.
Cuando los hombres le preparaban azotes, espinas y la cruz para darle muerte cruelísima, entonces quiso nuestro amante Jesús regalarle la más excelsa prenda de amor.
¿Y por qué en aquella hora tan próxima a la de su muerte, y no antes, instituyó este Sacramento? Hízolo así, dice San Bernardino, porque las pruebas de amor dadas en el trance de la muerte por quien nos ama, más fácilmente duran en la memoria y las conservamos con más vivo afecto.
Jesucristo, dice el Santo, se había dado a nosotros de varias maneras; habíasenos dado por Maestro, Padre y compañero por luz, ejemplo y víctima. Faltábale el postrer grado de amor, que era darse por alimento nuestro, para unirse todo a nosotros, como se une e incorpora el manjar con quien le recibe, y esto lo llevó a cabo entregándose a nosotros en el Sacramento.
De suerte que no se satisfizo nuestro Redentor con haberse unido solamente a nuestra naturaleza humana, sino que además quiso, por medio de este Sacramento, unirse también a cada uno de nosotros particular e íntimamente.
“Es imposible –dice San Francisco de Sales– considerar a nuestro Salvador en acción más amorosa ni más tierna que ésta, en la cual, por decirlo así, se anonada y se hace alimento para penetrar en nuestras almas y unirse íntimamente con los corazones y cuerpos de sus fieles”.
Así dice San Juan Crisóstomo a ese mismo Señor a quien los ángeles ni a mirar se atreven: “Nos unimos nosotros y nos convertimos con Él en un solo cuerpo y una sola carne”. ¿Qué pastor –añade el Santo– alimenta con su propia sangre a las ovejas? Aun las madres, a veces, procuran que a sus hijos los alimenten las nodrizas. Mas Jesús en el Sacramento nos mantiene con su mismo Cuerpo y Sangre, y a nosotros se une (Hom. 60).
¿Y con qué fin se hace manjar nuestro? Porque ardentísimamente nos ama y desea ser con nosotros una misma cosa por medio de esa inefable unión (Hom. 51).
Hace, pues, Jesucristo en la Eucaristía el mayor de todos los milagros. “Dejó memoria de sus maravillas, dio sustento a los que le temen” (Sal. 110, 4), para satisfacer su deseo de permanecer con nosotros y unir con los nuestros su Sacratísimo Corazón.
“¡Oh admirable milagro de tu amor –exclama San Lorenzo Justiniano–, Señor mío Jesucristo, que quisiste de tal modo unirnos a tu Cuerpo, que tuviésemos un solo corazón y un alma sola inseparablemente unidos contigo!”.

San Claudio de la Colombière, gran siervo de Dios, decía: “Si algo pudiese conmover mi fe en el misterio de la Eucaristía, nunca dudaría del poder, sino más bien del amor, manifestados por Dios en este soberano Sacramento. ¿Cómo el pan se convierte en Cuerpo de Cristo? ¿Cómo el Señor se halla en varios lugares a la vez? Respondo que Dios todo lo puede. Pero si me preguntan cómo Dios ama tanto a los hombres que se les da por manjar, no sé qué responder, digo que no lo entiendo, que ese amor de Jesús es para nosotros incomprensible”.
Dirá alguno: Señor, ese exceso de amor por el cual os hacéis alimento nuestro, no conviene a vuestra majestad divina... Mas San Bernardo nos dice que por el amor se olvida el amante de la propia dignidad. Y San Juan Crisóstomo (Serm. 145) añade que el amor no busca razón de conveniencia cuando trata de manifestarse al ser amado; no va a donde es conveniente, sino a donde le guían sus deseos.
Muy acertadamente llamaba Santo Tomás (Op. 68) a la Eucaristía Sacramento de amor. Y San Bernardo, amor de los amores. Y con verdad Santa María Magdalena de Pazzi denominaba el día del Jueves Santo, en que el Sacramento fue instituido, el día del Amor.

AFECTOS Y SÚPLICAS

¡Oh amor infinito de Jesús, digno de infinito amor! ¿Cuándo, Señor, os amaré como Vos me amáis?... Nada más pudisteis hacer para que yo os amase, y yo me atreví a dejaros a Vos, sumo e infinito Bien, para entregarme a bienes viles y miserables...
Alumbrad, ¡oh Dios mío!, mis ignorancias; descubridme siempre más y más la grandeza de vuestra bondad, para que me enamore de Vos, amor mío y mi todo. A Vos, Señor, deseo unirme a menudo en este Sacramento, a fin de apartarme de todas las cosas, y a Vos sólo consagrar mi vida... Ayudadme, Redentor mío, por los merecimientos de vuestra Pasión.
Socorredme también, ¡oh Madre de Jesús y Madre mía! Rogadle que me inflame en su santo amor.

PUNTO 3

Consideremos, por último, el gran deseo que tiene Jesucristo de que le recibamos en la santa Comunión... Sabiendo Jesús que era llegada su hora... (Jn. 13, 1); mas, ¿por qué Jesucristo llama su hora a aquella noche en que había de comenzarse su dolorosa Pasión?... Llamábala así porque en aquella noche iba a dejarnos este divino Sacramento, con el fin de unirse al mismo Jesús con las almas amadísimas de sus fieles.
Ese excelso designio movible a decir entonces (Lc. 22, 15): “Ardientemente he deseado celebrar esta Pascua con vosotros”; palabras con que denota el Redentor el vehemente deseo que tenía de esa unión, con nosotros en la Eucaristía... Ardientemente he deseado... Así le hace hablar el amor inmenso que nos tiene, dice San Lorenzo Justiniano.
Quiso quedarse bajo las especies de pan, a fin de que cualquiera pudiese recibirle; porque si hubiese elegido para este portento algún manjar exquisito y costoso, los pobres no hubiesen podido recibirle a menudo. Otra clase de alimento, aunque no fuese selecto y precioso, acaso no se hallaría en todas partes. De suerte que el Señor prefirió quedarse bajo las especies de pan, porque el pan fácilmente se halla dondequiera y todos los hombres pueden procurársele.
El vivo deseo que el Redentor tiene de que con frecuencia le recibamos sacramentado movíale no sólo a exhortarnos muchas veces o invitarnos a que lo recibiésemos: “Venid, comed mi Pan, y bebed mi Vino que os he mezclado. Comed, amigos, y bebed; embriagaos los muy amados” (Pr. 9, 5; Cant. 5, 1); vino a imponérnoslo como precepto: “Tomad y comed; éste es mi Cuerpo” (Mt. 26, 26).
Y a fin de que acudamos a recibirle, nos estimula con la promesa de la vida eterna. “Quien come mi Carne, tiene vida eterna. Quien come este Pan, vivirá eternamente” (Jn. 6, 55-56). Y de no obedecerle, nos amenaza con excluirnos de la gloria: “Si no comiereis la Carne del Hijo del Hombre no tendréis vida en vosotros” (Jn. 6, 54).
Tales invitaciones, promesas y amenazas nacen del deseo de Cristo de unirse a nosotros en la Eucaristía; y ese deseo procede del amor que Jesús nos profesa, porque –como dice San Francisco de Sales– el fin del amor no es otro que el de unirse al objeto amado, puesto que en este Sacramento Jesús mismo se une a nuestras almas (el que come mi Carne y bebe mi Sangre, en Mí mora y Yo en él) (Jn. 6, 57); por eso desea tanto que le recibamos. “El amoroso ímpetu con que la abeja acude a las flores para extraer la miel –dijo el Señor a Santa Matilde no puede compararse al amor con que Yo me uno a las almas que me aman”.
¡Oh, si los fieles comprendiesen el gran bien que trae a las almas la santa Comunión!... Cristo es el dueño de toda riqueza, y el Eterno Padre le hizo Señor de todas las cosas (Jn. 13, 3).
De suerte que, cuando Jesús penetra en el alma por la sagrada Eucaristía, lleva consigo riquísimo tesoro de gracias. “Vinieron a mí todos los bienes juntamente con ella” dice Salomón (Sb. 7, 11) hablando de la eterna Sabiduría.
Dice San Dionisio que el Santísimo Sacramento tiene suma virtud para santificar las almas. Y San Vicente Ferrer dejó escrito que más aprovecha a los fieles una comunión que ayunar a pan y agua una semana entera.
La Comunión, como enseña el Concilio de Trento (sec. 13, c. 2), es el gran remedio que nos libra de las culpas veniales y nos preserva de las mortales; por lo cual, San Ignacio, mártir, llama a la Eucaristía “medicina de la inmortalidad”. Inocencio III dice que Jesucristo con su Pasión y muerte nos libró de la pena del pecado, y con la Eucaristía nos libra del pecado mismo.
Este Sacramento nos inflama en el amor de Dios. “Me introdujo en la cámara del vino; ordenó en mí la caridad. Sostenedme con flores, cercadme de manzanas, porque desfallezco de amor” (Cant. 2, 4-5). San Gregorio Niceno dice que esa cámara del vino es la santa Comunión, en la cual de tal modo se embriaga el alma en el amor divino, que olvida las cosas de la tierra y todo lo creado; desfallece, en fin, de caridad vivísima.
También el venerable Padre Francisco de Olimpio, teatino, decía que nada nos inflama tanto en el amor de Dios como la sagrada Eucaristía. Dios es caridad; es fuego consumidor (1 Jn. 4, 8; Dt. 4, 24). Y el Verbo Eterno vino a encender en la tierra ese fuego de amor (Lucas. 12, 49).
Y, en verdad, ¡qué ardentísimas llamas de amor divino enciende Jesucristo en el alma de quien con vivo deseo lo recibe Sacramentado!
Santa Catalina de Siena vio un día a Jesús Sacramentado en manos de un sacerdote, y la Sagrada Forma le parecía brillantísima hoguera de amor, quedando la Santa maravillada de cómo los corazones de los hombres no estaban del todo abrasados y reducidos a cenizas por tan grande incendio.
Santa Rosa de Lima aseguraba que, al comulgar, parecíale que recibía al sol. El rostro de la Santa resplandecía con tan clara luz, que deslumbraba a los que la veían, y la boca exhalaba vivísimo calor, de tal modo, que la persona que daba de beber a Santa Rosa después de la Comunión sentía que la mano se le quemaba como si la acercase a un horno.
El rey San Wenceslao solamente con ir a visitar al Santísimo Sacramento se inflamaba aun exteriormente de tan intenso ardor, que a un criado suyo, que le acompañaba, caminando una noche por la nieve detrás del rey, le bastó poner los pies en las huellas del Santo para no sentir frío alguno.
San Juan Crisóstomo decía que, siendo el Santísimo Sacramento fuego abrasador, debiéramos, al retirarnos del altar, sentir tales llamas de amor que el demonio no se atreviese a tentarnos.
Diréis, quizá, que nos os atrevéis a comulgar con frecuencia porque no sentís en vosotros ese fuego del divino amor. Pero esa excusa, como observa Gerson, sería lo mismo que decir que no queréis acercaros a las llamas porque tenéis frío. Cuanta mayor tibieza sintamos, tanto más a menudo debemos recibir el Santísimo Sacramento, con tal que tengamos deseos de amar a Dios.
“Si acaso te preguntan los mundanos –escribe San Francisco de Sales en su Introducción a la vida devota– por qué comulgas tan a menudo..., diles que dos clases de gente deben comulgar con frecuencia: los perfectos, porque, como están bien dispuestos, quedarían muy perjudicados en no llegar al manantial y fuente de la perfección, y los imperfectos, para tener justo derecho de aspirar a ella...”.
Y San Buenaventura dice análogamente: “Aunque seas tibio, acércate, sin embargo, a la Eucaristía, confiando en la misericordia de Dios. Cuanto más enfermos estamos, tanto más necesitamos del médico”. Y, finalmente, el mismo Cristo dijo a Santa Matilde: “Cuando vayas a comulgar, desea tener todo el amor que me haya tenido el más fervoroso corazón, y Yo acogeré tu deseo como si tuvieses ese amor a que aspiras”.
AFECTOS Y SÚPLICAS
¡Oh amantísimo Señor de las almas! Jesús mío, no podéis ya darnos prueba mayor para demostrarnos el amor que nos tenéis. ¿Qué más pudierais inventar para que os amásemos?...
Haced, ¡oh Bondad infinita!, que yo os ame desde hoy viva y tiernamente. ¿A quién debe amar mi corazón con más profundo afecto que a Vos, Redentor mío, que después de haber dado la vida por mí os dais a mí Vos mismo en este Sacramento?... ¡Ah Señor! ¡Ojalá recuerde yo siempre vuestro excelso amor y me olvide de todo y os ame sin intermisión y sin reserva!...
Os amo, Dios mío, sobre todas las cosas, y a Vos sólo deseo amar. Desasid mi corazón de todo afecto que para Vos no sea... Gracias os doy por haberme concedido tiempo de amaros y de llorar las ofensas que os hice. Deseo, Jesús mío, que seáis único objeto de mis amores. Socorredme y salvadme, y sea mi salvación el amaros con toda mi alma en ésta y en la futura vida...
María, Madre nuestra, ayudadme a amar a Cristo y rogad por mí.
(“Preparación para la muerte” – San Alfonso María de Ligorio)

AVE MARIA!
IMMACOLATA MIA E MIO TUTTO!