“I Santi sono santi non perché abbiano fatto dei miracoli,
ma perché bene omnia fecerunt”
“Il bene fa poco rumore:
il molto rumore fa poco bene.
Il bene va fatto bene e senza rumore”
Beato Giuseppe Allamano Sacerdote, Fondatore
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Castelnuovo Don Bosco, Asti, 21 gennaio 1851 - Torino, 16 febbraio 1926
Ebbe san Giovanni Bosco come insegnante e san Giuseppe Cafasso per zio. Ordinato prete a Torino a 22 anni - era nato nel 1851 a Castelnuovo d'Asti - Giuseppe Allamano fu rettore del santuario più caro ai torinesi, la Consolata. Volle fondare un istituto dedicato all'annuncio «ad gentes». Nacquero così nel 1901 i Missionari della Consolata e nel 1909 le suore. Prima prova: il Kenya. Denunciò a Pio X l'insensibilità di fedeli e pastori sulla missione e chiese l'istituzione di una giornata. Lo fece Pio XI nel 1927, un anno dopo la morte di Allamano. E' beato dal 1990. Etimologia: Giuseppe = aggiunto (in famiglia), dall'ebraico Martirologio Romano: A Torino, beato Giuseppe Allamano, sacerdote, che, animato da instancabile zelo, fondò due Congregazioni delle Missioni della Consolata, l’una maschile e l’altra femminile, per la diffusione della fede. |
E’ concittadino di due santi: San Giovanni Bosco, che l’ha avuto studente a Torino, e San Giuseppe Cafasso, che è anche suo zio materno.
Ordinato sacerdote in Torino a 22 anni, laureato in teologia a 23, direttore spirituale del seminario a 25, a 29 diventa rettore del santuario più caro ai torinesi (la “Consolata”) e del Convitto ecclesiastico per i neosacerdoti. Però il santuario è da riorganizzare e restaurare, il Convitto è in crisi gravissima. Con fatiche che non cesseranno mai, lui rivitalizza il santuario e fa rifiorire il Convitto, come quando vi insegnava il Cafasso.
Come il Cafasso, è un eccezionale formatore di caratteri, maestro di dottrina e di vita. Vede uscire dai seminari molti preti entusiasti di farsi missionari, ma ostacolati dalle diocesi, che danno volentieri alle missioni l’offerta, ma non gli uomini. E decide: i missionari se li farà lui. Fonderà un istituto apposito, ci ha già lavorato molto. Il suo progetto è apprezzato a Roma, ma poi ostacoli e contrattempi lo bloccano, per dieci anni. Pazientissimo, lui aspetta e lavora. Arriva poi il primo “sì” vescovile per il suo Istituto dei Missionari della Consolata nel 1901, e l’anno dopo parte per il Kenya la prima spedizione. Otto anni dopo nascono le Suore Missionarie della Consolata.
Lui sente però che sull’evangelizzazione bisogna scuotere l’intera Chiesa. E nel 1912, con l’adesione di altri capi di istituti missionari, denuncia a Pio X l’ignoranza dei fedeli sulla missione, per l’insensibilità diffusa nella gerarchia.
Chiede al Papa di intervenire contro questo stato di cose e in particolare propone di istituire una giornata missionaria annuale, "con obbligo d’una predicazione intorno al dovere e ai modi di propagare la fede".
Declinano le forze di Pio X, scoppia la guerra nei Balcani... L’audace proposta cade.
Ma non per sempre: Pio XI Ratti realizzerà l’idea di Giuseppe Allamano, istituendo nel 1927 la Giornata missionaria mondiale. Lui è già morto, l’idea ha camminato. E altre cammineranno dopo, come i suoi missionari e missionarie (oltre duemila a fine XX secolo, in 25 Paesi di quattro Continenti). Da vivo, rimproverano a lui (e al suo preziosissimo vice, il teologo Giacomo Camisassa) di pensare troppo al lavoro “materiale”, di curare più l’insegnamento dei mestieri che le statistiche trionfali dei battesimi.
Lui è così, infatti: Vangelo e promozione umana, perseguiti con passione e con capacità. "Fare bene il bene": ecco un altro suo motto. I suoi li vuole esperti anche in scienze “profane”. E anche quest’idea camminerà fino al Vaticano II, che ai teologi dirà di "collaborare con gli uomini che eccellono in altre scienze, mettendo in comune le loro forze e i loro punti di vista" (Gaudium et spes). E lui, Giuseppe Allamano, che dal 7 ottobre 1990 sarà beato, ripete biblicamente ai suoi: "Il sacerdote ignorante è idolo di tristezza e di amarezza per l’ira di Dio e la desolazione del popolo".
Giuseppe Allamano si spegne a Torino il 16 febbraio 1926; la sua salma ora è venerata nella Casa Madre dei Missionari della Consolata.
Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) lo beatificò il 7 ottobre 1990, in Piazza S. Pietro a Roma.
Approfondimenti: vedi qui. Molto interessante: Il Fondatore narra la sua vita
Autore: Domenico Agasso
AMDG et BVM
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“Se si considera l’eucarestia come un pasto da condividere, da cui nessuno può essere escluso, allora si perde il senso del Mistero”. Così ha detto il cardinale Robert Sarah, da pochi mesi prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, intervenuto al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia in occasione della presentazione della collana “Famiglia, lavori in corso”, una raccolta di saggi editi dalla casa editrice Cantagalli, in vista del prossimo Sinodo ordinario di ottobre. ..........
“L’Occidente – ha detto Sarah rispondendo a braccio ad alcune domande che gli sono state poste dall'uditorio – si sta adeguando sulle proprie illusioni”. Il problema di tutto, ha rimarcato più volte il porporato di cui Il Foglio ha anticipato per l’Italia lo scorso 13 marzo un lungo estratto del libro “Dieu ou rien” uscito in Francia presso Fayard, è nella fede. “Se si pensa che anche nel rito del Battesimo non si menziona più la parola ‘fede’, quando ai genitori viene domandato cosa si chiede per il bambino alla Chiesa di Dio, si comprende l’entità del problema”, ha aggiunto il cardinale guineano, che ha anche biasimato il senso che viene dato oggi al Catechismo: "I bambini fanno disegni e non imparano nulla, non vanno a messa".
Quanto al Sinodo prossimo venturo, l’invito è a non farsi illusioni su cambiamenti epocali: “La gente crede che ci sarà una rivoluzione, ma non potrà essere così. Perché la dottrina non appartiene a qualcuno, ma è di Cristo”. Dopo l'appuntamento dello scorso ottobre, ha osservato Sarah presentando i tre volumi, "fu chiaro che il vero fulcro non era e non è solo la questione dei divorziati risposati", bensì "se la dottrina della Chiesa sia da considerare un ideale irraggiungibile, irrealizzabile e necessitante quindi di un adattamento al ribasso per essere proposta alla società odierna. Se così stanno le cose, si impone necessariamente una chiarificazione se il Vangelo sia una buona notizia per l'uomo o un fardello inutile e non più proponibile". La ricchezza del cattolicesimo – ha aggiunto – "non può essere svelata da considerazioni dettate da un certo pragmatismo e dal sentire comune. La Rivelazione indica all'umanità la via della pienezza e la felicità. Disconoscere questo dato significherebbe affermare la necessità di ripensare i fondamenti stessi dell'azione salvifica della Chiesa che si attua attraverso i sacramenti".
Il problema è anche di quei “sacerdoti e vescovi” che contribuiscono con le loro parole a “contraddire la parola di Cristo”. E questo, ha detto Sarah, “è gravissimo”. Permettere a livello di diocesi particolari quel che ancora non è stato autorizzato dal Sinodo (il riferimento era alla prassi seguita in molte realtà dell’Europa centro-settentrionale) significa “profanare Cristo”.
Poco vale invocare la misericordia: “Inganniamo la gente parlando di misericordia senza sapere quel che vuol dire la parola. Il Signore perdona i peccati, ma se ci pentiamo”. Le divisioni che si sono viste lo scorso ottobre, “sono tutte occidentali. In Africa siamo fermi, perché in quel continente c’è tanta gente che per la fede ha perso la vita”. Un appello, il cardinale, l’ha anche lanciato contro chi – membro del clero – usa un linguaggio non corretto: “E’ sbagliato per la Chiesa usare il vocabolario delle Nazioni Unite. Noi abbiamo un nostro vocabolario”.
Una puntualizzazione, poi, l’ha voluta fare su una delle massime che vanno per la maggiore dal 2013, e cioè l’uscita in periferia. Proposito corretto, naturalmente, ma a una condizione: “E’ facile andare nelle periferie, ma dipende se lì portiamo Cristo. Oggi è più coraggioso stare con Cristo sulla croce, il martirio. Il nostro dovere è quello di andare controcorrente” rispetto alle mode del tempo, a “quel che dice il mondo”. E poi, "se la Chiesa smette di dire il Vangelo, essa è finita. Può farlo con i modi d'oggi, ma con fermezza". Infine, un appunto sul calo delle vocazioni sacerdotali nel mondo: "Il problema non è che ci sono pochi preti, quanto capire se quei preti sono davvero sacerdoti di Cristo".
di Matteo Matzuzzi | 21 Maggio 2015 ore 12:41
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