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mercoledì 11 febbraio 2015

L'Immacolata Concezione



Dalla «Lettera» di santa Maria Bernadette Soubirous, vergine

(Lettera a P. Gondrand, a. 1861; cfr. A. Ravier, 
Le scrits de sante Bernardette, Paris, 1961, pp. 53-59)

Una Signora mi ha parlato



Un giorno, recatami sulla riva del fiume Gave per raccogliere legna insieme con due fanciulle, sentii un rumore. Mi volsi verso il prato ma vidi che gli alberi non si muovevano affatto, per cui levai la testa e guardai la grotta.

Vidi una Signora rivestita di vesti candide. Indossava un abito bianco ed era cinta da una fascia azzurra

Su ognuno dei piedi aveva una rosa d'oro, che era dello stesso colore della corona del rosario

A quella vista mi stropicciai gli occhi, credendo a un abbaglio. 

Misi le mani in grembo, dove trovai la  mia corona del rosario. Volli anche farmi il segno della croce sulla fronte, ma non riuscii ad alzare la mano, che mi cadde. Avendo quella Signora fatto il segno della croce, anch'io, pur con mano tremante, mi sforzai e finalmente vi riuscii. 

Cominciai al tempo stesso a recitare il rosario, mentre anche la stessa Signora faceva scorrere i grani del suo rosario, senza tuttavia muovere le labbra. Terminato il rosario, la visione subito scomparve.


Domandai alle due fanciulle se avessero visto qualcosa, ma quelle dissero di no; anzi mi interrogarono cosa avessi da rivelare loro. Allora risposi di aver visto una Signora in bianche vesti, ma non sapevo chi fosse. Le avvertii però di non farne parola. Allora anch'esse mi esortarono a non tornare più in quel luogo, ma io mi rifiutai.

Vi ritornai pertanto la domenica, sentendo di esservi interiormente chiamata.

Quella Signora mi parlò soltanto la terza  volta e mi chiese se volessi recarmi da lei per quindici giorni. Io le risposi di sì. 

Ella aggiunse che dovevo esortare i sacerdoti perché facessero costruire là una cappella; 

poi mi comandò di bere alla fontana. Siccome non ne vedevo alcuna, andavo verso il fiume Gave, ma ella mi fece cenno che non parlava del fiume e mi mostrò col dito una fontana. Recatami là, non trovai se non poca acqua fangosa. Accostai la mano, ma non potei prender niente; perciò cominciai a scavare e finalmente potei attingere un po' d'acqua; la buttai via per tre volte, alla quarta invece potei  berla. 

La visione allora scomparve ed io me ne tornai verso casa. 

Per  quindici  giorni però  ritornai colà e  la Signora mi apparve tutti i giorni tranne un lunedì e un venerdì, dicendomi di nuovo di avvertire i  sacerdoti che facessero costruire là una cappella, di andare a lavarmi alla fontana e di pregare per la conversione dei peccatori

Le domandai più volte chi fosse, ma sorrideva dolcemente. Alla fine, tenendo le braccia levate ed alzando gli occhi al cielo, mi disse di essere l'Immacolata Concezione.

Nello spazio di quei quindici giorni mi svelò anche tre segreti, che mi proibì assolutamente di rivelare ad alcuno; cosa che io ho fedelmente  osservato fino ad oggi.


Responsorio  Lc 1, 46. 49. 48
R. L'anima mia magnifica il Signore: * grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo è il suo nome.
V. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata;
R. grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo
è il suo nome. 

Orazione

O Dio, Padre misericordioso, soccorri la nostra debolezza, e per intercessione di Maria, Madre immacolata del tuo Figlio, fa' che risorgiamo dal peccato alla vita nuova. Per il nostro Signore.
R. Amen.

Benediciamo il Signore.
R. Rendiamo grazie a Dio.  


Tuus totus ego sum, et omnia mea tua sunt, 


Virgo super omnia benedicta.


   

lunedì 16 giugno 2014

San Francesco Antonio Fasani


Carissimo Amico/Amica,

Il 25 marzo 1858, verso le quattro del mattino, Bernadette Soubirous lascia la «segreta», la catapecchia in cui abita la sua famiglia, per recarsi alla grotta di Massabielle, dove, dall'11 febbraio, le appare una misteriosa Signora. L'adolescente di quattordici anni attraversa Lourdes addormentata, accompagnata da alcune persone cui sua zia ha rivelato il segreto. Ha appena recitato una posta del rosario davanti alla grotta, quando la Signora le si manifesta. Sorridente, le fa segno di avvicinarsi. Bernadette si trova allora vicinissima alla Visitatrice cui trasmette, nel suo dialetto regionale, la richiesta pressante del suo Curato: «Signora, vuol avere la bontà di dirmi chi è?» L'Apparizione sorride e non risponde. Per due volte, la ragazza ripete la domanda. La terza volta, la Signora, che tiene le mani aperte, le congiunge all'altezza del cuore e dice: «Que soy era Immaculada Councepciou... (cioè: Sono l'Immacolata Concezione). Desidero che qui sorga una cappella...» Poi, sempre sorridendo, si dilegua.

Sulla via del ritorno, Bernadette non smette di ripetere, per paura di dimenticarle, quelle parole incomprensibili per lei: «Que soy era Immaculada Councepciou». Corre dal Signor Curato e gli dichiara, senza nemmeno salutarlo: «Que soy era Immaculada Councepciou. – Cosa dici mai, piccola presuntuosa? – È la Signora che mi ha detto queste parole... – La tua Signora non può avere questo nome! Ti sbagli! Sai cosa vuol dire l'Immacolata Concezione? – Non lo so; per questo ho ripetuto le parole continuamente, fin qui, per non dimenticarle».

Come potrebbe sapere cosa significa «l'Immacolata Concezione», lei che non ha ancora imparato a leggere e che si è appena iscritta al Catechismo? Ma il sacerdote lo sa benissimo: meno di quattro anni prima, papa Pio IX ha proclamato la Santa Vergine immacolata nella Concezione. Nella Bolla Ineffabilis, dell'8 dicembre 1854, ha detto: «Noi determiniamo che la dottrina che considera che la Beata Vergine Maria è stata, fin dal primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, preservata intatta da ogni macchia del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio, e pertanto essa deve essere fermamente e costantemente creduta da tutti i fedeli». Più di diciotto secoli dopo Gesù Cristo, attraverso tale atto solenne, il Papa ha definito un nuovo dogma. Certi si chiedono: come è possibile? La Chiesa ha un simile potere? La Rivelazione non è finita con Gesù Cristo?

Effettivamente, nella Lettera agli Ebrei, si legge: Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb. 1, 1-2). San Giovanni della Croce commenta questo passo nei seguenti termini: «Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, Dio non ha da dirci altre parole. Ci ha detto tutto in una sola volta con questa sola Parola... infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l'ha detto tutto in suo Figlio, dandoci questo tutto che è suo Figlio». Il Concilio Vaticano II ricorda anch'esso: «L'economia cristiana, in quanto è Alleanza Nuova e definitiva, non passerà mai e non c'è da aspettarsi alcuna nuova Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa di nostro Signore Gesù Cristo» (Dei Verbum, n. 4).

Progredire nell'intelligenza della fede

«Tuttavia, insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli» (CCC, n. 66). La Rivelazione è stata affidata da Dio alla Chiesa, perchè essa la trasmetta e la interpreti. «L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo... Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell'autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un'irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella Rivelazione divina... Così, grazie all'assistenza dello Spirito Santo, l'intelligenza tanto delle realtà quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita della Chiesa» (CCC, nn. 85-88-94); cosa che si è realizzata in particolare con la definizione del dogma dell'Immacolata Concezione.

Questo dogma si basa, nella Sacra Scrittura, sul saluto dell'Angelo Gabriele alla Vergine Maria: Ti saluto, o piena di grazia (Luca 1, 27); tale pienezza di grazia è veramente completa solo se si estende, nel tempo, al primo istante della vita della Santa Vergine, quello della sua concezione. Tuttavia, questo passo del Vangelo, pur fornendo una preziosa indicazione, non basta, da solo, a dimostrare la verità dell'Immacolata Concezione della Santissima Vergine; perchè la luce che contiene sia afferrata pienamente, bisogna ricorrere alla testimonianza della Tradizione. Infatti, la Chiesa «non trae la certezza su tutti i punti della Rivelazione dalla sola Sacra Scrittura. Per questo la Scrittura e la Tradizione devono esser ricevute e venerate con pari sentimento di pietà e di rispetto» (Concilio Vaticano II, Dei Verbum, n. 9).

La credenza nell'immacolata concezione di Maria risale ai primi secoli della storia della Chiesa. I Padri della Chiesa che ne hanno parlato sono unanimi nel riconoscere che la Madre di Gesù Cristo è la sposa tutta bella e senza macchia di cui è questione nel Cantico dei Cantici (4, 7). Sant'Efrem († 373) scrive che la Madre di Dio è «piena di grazia..., tutta pura, tutta immacolata, tutta senza peccato..., assolutamente estranea a qualsiasi lordura ed a qualsiasi macchia del peccato» (Oratio ad Deiparam). La festa liturgica della Concezione di Maria (8 dicembre) esiste almeno dal settimo secolo nella Chiesa greca. Grandi teologi, nel Medioevo, hanno, è vero, formulato obiezioni contro la credenza nell'Immacolata Concezione, che sembrava loro costituire una minaccia per l'universalità della Redenzione di Cristo. Il beato Giovanni Duns Scoto (1266-1308), e, come lui, i teologi della scuola francescana, hanno risposto che Maria è rimasta immune da ogni macchia del peccato originale, in previsione dei meriti futuri di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano; la Santa Vergine è stata dunque effettivamente riscattata dal Sangue di Gesù Cristo, ma in un modo affatto sublime, quello della preservazione dal peccato.

San Massimiliano Maria Kolbe, morto quale martire della carità ad Auschwitz nel 1941, figura fra i Francescani che hanno parlato meglio dell'Immacolata Concezione. San Francesco Antonio Fasani, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986, è meno noto: molto tempo prima della proclamazione del dogma, questo frate  ha avuto il merito di far conoscere ed amare l'Immacolata.

Il «peccatore dell'Immacolata»

Antonio Giovanni Fasani è nato il 6 agosto 1681 a Lucera (Foggia), nelle Puglie (sud-est dell'Italia). I suoi genitori sono di umile condizione; il padre si guadagna la vita quale bracciante agricolo. Nella famiglia Fasani, povera di beni materiali, si è ricchi di fede. Tutte le sere, si recita il rosario davanti ad un'immagine di Maria Immacolata. Antonio trova presso la madre le radici della sua profonda devozione alla Santa Vergine. Fin dal 1695, a quattordici anni, il ragazzo è accolto dai Frati Minori Conventuali. L'anno seguente, pronuncia i voti con il nome di Fra Francesco Antonio, nel convento di Monte Sant'Angelo. Il giovane monaco ha un temperamento vivace e ardente, temperato da un'umile riserva. Si è fatto Monaco per diventare perfetto.

Dal 1696 al 1709, Fra Francesco Antonio continua gli studi di teologia, che conclude ad Assisi, conseguendo il grado di Maestro, il che fa che venga chiamato «Padre Maestro». Il suo affetto e la sua venerazione per l'Immacolata non cessano di crescere e, nella sua umiltà, egli definisce spesso se stesso come «il peccatore dell'Immacolata», vale a dire un povero peccatore riscattato dall'intercessione di Maria Immacolata.

Per la Quaresima del 1707, Padre Fasani viene mandato improvvisamente a predicare a Palazzo, non lontano da Assisi. La sua giovane età, la sicurezza del suo sapere teologico, il calore della sua voce, l'ascetismo del viso da cui traspare una vita interiore profonda, come pure la convinzione che lo anima, provocano nel popolo entusiasmo ed edificazione. Un testimone riferisce: «Predicava con un fervore sensibile, in modo che imprimeva nell'anima degli ascoltatori le verità che annunciava... Parlava della Santa Madre di Dio con un tal trasporto di devozione, una tale tenerezza ed un'espressione del volto talmente affettuosa, che sembrava aver avuto un colloquio faccia a faccia con Lei».

Il male più grave

Tornato a Lucera, dove rimarrà per tutta la vita, predica ivi e in tutta la regione delle Puglie. La sua predicazione, basata sulla Parola di Dio, non lascia nessun posto alla fioritura retorica, tanto in onore all'epoca. Padre Fasani manifesta un orrore e un disappunto indicibile quando vede Dio offeso o quando gli si riferiscono azioni peccaminose. Quest'orrore del peccato, condiviso da tutti i Santi, non è per nulla esagerato. Sant'Ignazio di Loyola, negli Esercizi Spirituali, tante volte raccomandati dalla Chiesa, invita colui che partecipa ad un ritiro spirituale a chiedere alla Santa Vergine la grazia di conoscere intimamente i propri peccati e di concepirne orrore (n. 63). 
Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: «Agli occhi della fede, nessun male è più grave del peccato, e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero» (n. 1488). Infatti, per il peccatore, la conseguenza del peccato mortale (cioè del peccato commesso in materia grave, con piena coscienza e pieno consenso) significa la perdita della grazia santificante; e, se muore in tale stato, la privazione della vita eterna. San Paolo avverte di ciò i Corinti:  “O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: nè immorali, nè idolatri, nè adulteri, nè effeminati, nè sodomiti, nè ladri, nè avari, nè ubriaconi, nè maldicenti, nè rapaci erediteranno il regno di Dio” (1 Cor. 6, 9-10).

Ed a colui che si avvale della bontà di Dio per rimanere nel peccato e rassicurarsi sulla sua sorte eterna, san Paolo risponde: “O ti prendi gioco della ricchezza della bontà di Dio, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia (Rom. 2, 4-8).

Dal pulpito, san Francesco Antonio si infiamma contro i vizi e gli scandali pubblici. Allora, fioccano contro di lui reazioni di sdegno e ingiurie: lo si taccia di isterico e di rozzo; ma, in fin dei conti, si va comunque a confessarsi da lui. Ogni giorno, rimane per parecchie ore nel confessionale, accogliendo persone di tutte le specie con la massima pazienza e con il volto gioioso. Le sue parole tendono ad ispirare il pentimento e la volontà di correggersi. Questo ministero finisce coll'assorbire la maggior parte del suo tempo. Grande è la sua gioia quando riesce a portare alla conversione gente dai costumi dissoluti o scandalosi, peccatori inveterati.

Maria, rifugio dei peccatori

Nella sua lotta contro il peccato, il santo ricorre a Maria Immacolata. Sottolinea che se la Madre di Dio è immacolata, è per essere il rifugio dei peccatori. La sua purezza cancella le nostre macchie e ci rende puri; il suo splendore allontana le nostre tenebre. Dopo il peccato di Adamo e Eva, Dio dice al serpente (cioè al demonio): Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno (Gen. 3, 15 [Vulgata]). I Padri della Chiesa hanno visto questa profezia compiersi nella Vergine Immacolata, nuova Eva, che ha assecondato in modo unico il divino Figlio, nuovo Adamo, nella sua lotta contro il male.

Ai peccatori che vogliono convertirsi, Padre Fasani ripete instancabilmente che Maria, nemica del peccato, è in pari tempo la Madre della misericordia e la «porta del Cielo» perchè ci invita a pregare, a frequentare i sacramenti della penitenza e dell'Eucaristia, ad ascoltare il suo divino Figlio ed a seguirLo. San Massimiliano Maria Kolbe, due secoli più tardi, giungerà fino a dire che l'Immacolata è la personificazione della misericordia divina: non aggiunge nulla alla misericordia di Dio, che passa attraverso il Sacro Cuore di Gesù; ma, conformemente alla volontà di suo Padre, Gesù vuole che la misericordia sia dispensata dalle mani di Maria.

Nell'Immacolata Concezione, san Francesco Antonio vede in primo luogo la realtà positiva, la sublimità della grazia che innalza fin dal primo istante la persona di Maria, perfettamente santificata in vista della sua missione di Madre di Dio. Mette in luce, come in contrasto con la grandezza del dono divino, l'umiltà della Vergine in quanto creatura; la sublimità le viene esclusivamente da Dio: non è una conquista della natura umana. Padre Fasani sottolinea anche che dopo quell'inizio straordinario, la vita di Nostra Signora è stata segnata da una crescita spirituale costante, in una libera corrispondenza con le grazie di Dio.

In occasione delle prediche, il santo distribuisce ampiamente, soprattutto ai bambini, immaginette della Vergine Immacolata, sul retro delle quali è iscritta una pia raccomandazione, una breve preghiera o un pensiero elevato. I frutti spirituali di tale pratica semplicissima sono numerosi. La Santa Vergine si degna di compiere guarigioni miracolose, che si producono quando i malati toccano dette immagini.


Modello dell'anima d'orazione

Le predicazioni mariali di Padre Francesco Antonio si concludono sempre con una lezione pratica: i cristiani possono e devono imitare Maria, perfettissimo modello di fedeltà al Vangelo, per giungere in sua compagnia all'intimità d'amore con Gesù e appartenerGli interamente.
Gli piace contemplare nella Madre di Dio il modello dell'anima d'orazione. La vita della Vergine Immacolata è stata un colloquio permanente con Dio. Chi più di Essa, dopo il suo divino Figlio, può insegnarci a pregare? Il santo fa notare ai suoi monaci: «Si studia Dio, si predica Dio, si discute di Dio, ma lo spirito rimane arido, senza devozione: molto sapere, e nessuna orazione».

Ma che cos'è l'orazione? A questa domanda, il Catechismo della Chiesa Cattolica risponde citando santa Teresa d'Avila: «L'orazione mentale, a mio parere, non è che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si intrattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati». L'orazione cerca l'Amore dell'anima mia (Cantico dei Cantici 1, 7), Gesù, e, in Lui, il Padre. È anche ascolto della Parola di Dio. Lungi dall'esser passivo, questo ascolto s'identifica con l'obbedienza della fede, incondizionata accoglienza del servo e adesione piena d'amore del figlio (ved. CCC, nn. 2709-2716).

La scelta del tempo e della durata dell'orazione dipende da una volontà determinata, rivelatrice dei segreti del cuore. Non si fa orazione quando si ha tempo: si prende il tempo di essere per il Signore, con la ferma decisione di non riprenderglielo lungo il cammino, qualsiasi siano le prove e l'aridità dell'incontro. L'orazione può farsi «contemplazione», cioè sguardo di fede fissato su Gesù. «Io lo guardo ed Egli mi guarda», diceva al suo santo curato il contadino d'Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. La luce dello sguardo di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore che purifica; ci insegna a vedere tutto nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini. La contemplazione porta il suo sguardo anche sui misteri della vita di Cristo. In questo modo conduce alla conoscenza intima del Signore, per amarLo e seguirLo di più (cfr. sant'Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n. 104).

Difensore dei poveri

Padre Francesco Antonio pratica la virtù della povertà dormendo su un pagliericcio nella sua angusta cella, accontentandosi di poco e portando vestiti usati. La vista degli indigenti lo affligge, e nelle sue prediche insiste sulla carità nei riguardi dei poveri. Per essi, mendica denaro e vestiti. Un giorno, un mendicante seminudo gli chiede qualche vestito per coprirsi. Padre Francesco si spoglia dei suoi vestiti principali e torna in convento coperto del solo saio.

Gestisce saggiamente la «banca di credito» che ha sede nel convento ed il cui scopo è quello di proteggere i poveri contro le speculazioni degli usurai. Grazie a detto ente, può organizzare una mensa aperta quotidianamente ai bisognosi. Tutti i giorni si vede accostarcisi un'umile donna del popolo, Isabella Occhiaperti, la madre stessa di Padre Fasani. Nel paese rovinato dalle guerre, in cui i latifondisti gravano i contadini di tasse enormi, il Francescano ricorda ai ricchi il dovere di condividere i beni di questo mondo e di dare un giusto salario ai loro operai.
Oggi come ieri, la pratica della giustizia sociale è un grave obbligo per i cristiani, specialmente i più abbienti. «San Giovanni Crisostomo lo ricordava con forza ai suoi contemporanei: «Non condividere con i poveri i propri beni, è defraudarli e toglier loro la vita. Non sono nostri i beni che possediamo, sono dei poveri».

Bisogna adempiere innanzitutto gli obblighi di giustizia, perchè non venga offerto come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia. «Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia» (San Gregorio Magno)» (CCC, n. 2446). Tale dovere di giustizia è particolarmente grave all'epoca presente, segnata dallo «scandalo delle società opulente attuali, in cui i ricchi diventano sempre più ricchi, perchè la ricchezza produce la ricchezza, ed i poveri diventano sempre più poveri, perché la povertà tende a creare altre povertà. Questo scandalo non esiste solamente all'interno delle varie nazioni; ha dimensioni che superano ampiamente le frontiere... In realtà, è lo spirito di solidarietà che deve crescere nel mondo, per vincere l'egoismo delle persone e delle nazioni» (Giovanni Paolo II, 4 novembre 2000).

L'umiltà che fa i miracoli

Indotto a difendere la virtù di una ragazza quindicenne, senza mezzi, su cui un gentiluomo ha messo gli occhi, san Francesco Antonio la porta in un orfanatrofio, dove essa sarà educata gratuitamente. Cosa che gli procura le minacce e l'odio del gentiluomo che lo denuncia a Roma, dove deve recarsi per discolparsi. Introdotto alla presenza del Papa, non dice nulla per difendersi; ma, mentre bacia umilmente i piedi del Pontefice, questi, che soffre di gotta, si ritrova, a tale contatto, istantaneamente liberato dal suo male; è così convinto dell'innocenza del Francescano. La sua obbedienza produce anch'essa prodigi meravigliosi. Un giorno in cui predica dal pulpito, il suo vescovo, entrando nella chiesa, gli chiede, davanti a tutti, di tacere; tace immediatamente. Qualche giorno dopo, il segretario del vescovo viene a prenderlo: il Prelato, colpito da un violento malessere, reclama Padre Francesco Antonio al suo capezzale. «Inutile, risponde il santo; ha già ricevuto la guarigione da Maria Immacolata».

Il 29 novembre 1742, all'inizio di una novena preparatoria alla festa dell'Immacolata Concezione, Padre Francesco Antonio Fasani muore di spossatezza. Il 16 aprile 1986, canonizzandolo, Giovanni Paolo II sottolineava: «Predicatore instancabile, san Fasani non attenuò mai le esigenze del Messaggio evangelico nel desiderio di compiacere agli uomini». Possa egli, dall'alto del Cielo, aiutarci a ricorrere instancabilmente a Colei che, per sempre immune da ogni macchia, può liberarci da tutto il male che è in noi.
«O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te».

Dom Antoine Marie osb

AMDG et BVM

venerdì 7 dicembre 2012

Solennità dell'MMACOLATA. Vangelo: L'Annunciazione. Lc 1,26-38





Ciò che vedo. Maria, fanciulla giovanissima, quindici anni al massimo all'aspetto, è in una piccola stanza rettangolare. Una vera stanza di fanciulla. Contro una delle due pareti più lunghe è il giaciglio: un basso lettuccio senza sponde, coperto di alte stuoie o tappeti. Si direbbe che sono stesi o su una tavola o su un traliccio di canne, perché stanno molto rigidi e senza curve come avviene nei nostri letti. Contro l'altra
parete, una scansìa con una lucerna ad olio, dei rotoli di pergamena, un lavoro di cucito piegato con cura, pare un ricamo.

Di fianco a questa, verso la porta che è aperta sull'orto ma velata da una tenda che palpita ad un leggero vento, è seduta su uno sgabello basso la Vergine. Fila del lino candidissimo e morbido come una seta. Le sue piccole mani, solo di poco più scure del lino, prillano sveltamente il fuso. Il visetto giovanile, e tanto tanto bello, è lievemente curvo e lievemente sorridente, come se accarezzasse o seguisse qualche dolce pensiero.

Vi è molto silenzio nella casetta e nell'orto. Vi è molta pace tanto sul viso di Maria quanto nell'ambiente che la circonda. Pace e ordine. Tutto è lindo e ordinato, e l'ambiente, umilissimo nel suo aspetto e nelle suppellettili, quasi nudo come una cella, ha un che di austero e regale per il grande nitore e la cura con cui
sono disposte le stoffe sul lettuccio, i rotoli, il lume, la piccola brocca di rame presso al lume, con entro un fascio di rami fioriti, rami di pesco o di pero. Non so. Sono certo di alberi da frutto di un bianco lievemente rosato.




Maria si mette a cantare sottovoce e poi alza lievemente la voce. Non va al gran canto. Ma è già una voce che vibra nella stanzetta e nella quale si sente una vibrazione d'anima. Non capisco le parole, dette certo in ebraico. Ma, dato che ripete ogni tanto: «Jehovà», intuisco che sia qualche canto sacro, forse un salmo. Forse
Maria ricorda i canti del Tempio. E deve essere un dolce ricordo, perché posa sul grembo le mani sorreggenti il filo e il fuso e alza il capo appoggiandolo indietro alla parete, accesa da un bel rossore nel viso, con gli occhi persi dietro a chissà quale soave pensiero, fatti lucidi da un'onda di pianto che non trabocca ma che li fa più grandi. Eppure quegli occhi ridono, sorridono al pensiero che vedono e che l'astrae dal sensibile. 



Il viso di Maria, emergente dalla veste bianca e semplicissima, così rosato e cinto dalle trecce che porta avvolte come corona intorno al capo, pare un bel fiore.
Il canto si muta in preghiera: «Signore Iddio Altissimo, non tardare oltre a mandare il tuo Servo per portare la pace sulla terra. Suscita il tempo propizio e la vergine pura e feconda per l'avvento del tuo Cristo. Padre, Padre santo, concedi alla tua serva di offrire la sua vita a questo scopo. Concedimi di morire dopo aver visto la tua Luce e la tua Giustizia sulla terra e di aver conosciuto che la Redenzione è compiuta. O Padre santo, manda alla terra il Sospiro dei Profeti. Manda alla tua serva il Redentore. Che nell'ora in cui cessi il mio giorno, si apra per me la tua Dimora, perché le sue porte sono state già aperte dal tuo Cristo per tutti coloro che hanno sperato in Te. Vieni, vieni, o Spirito del Signore. Vieni ai tuoi fedeli che ti attendono. Vieni, Principe della Pace!.. ». Maria resta assorta così...

La tenda palpita più forte, come se qualcuno dietro ad essa ventilasse con qualcosa o la scuotesse per scostarla. E una luce bianca di perla fusa ad argento puro fa più chiare le pareti lievemente gialline, più vivi i colori delle stoffe, più spirituale il volto sollevato di Maria. Nella luce, e senza che la tenda sia scostata sul mistero che si compie - anzi non palpita più, pende ben rigida contro gli stipiti, come fosse parete che isola l'interno dall'esterno - si prosterna l'Arcangelo.

Deve necessariamente assumere aspetto umano. Ma è un aspetto trasumanato. Di quale carne è composta questa figura bellissima e folgorante? Di quale sostanza l'ha materializzata Iddio per renderla sensibile ai sensi della Vergine? Solo Dio può possedere queste sostanze e usarle in tal maniera perfetta. È un volto, è un corpo, sono occhi, bocca, capelli e mani come le nostre. Ma non sono la nostra opaca materia. È una luce che ha preso colore di carne, di occhi, di chioma, di labbra, una luce che si muove e sorride e guarda e parla.



«Ave, Maria, piena di Grazia, ave!». La voce è un dolce arpeggio come di perle gettate su un metallo
prezioso.

Maria trasale e abbassa lo sguardo. E più trasale quando vede la fulgida creatura inginocchiata ad un metro circa di distanza da Lei e che, con le mani incrociate sul petto, la guarda con una venerazione infinita.
Maria balza in piedi e si stringe alla parete. Diviene pallida e rossa alternativamente. Il suo viso esprime stupore e sgomento. Si stringe inconsciamente le mani sul seno nascondendole sotto le larghe maniche, si curva quasi per nascondere il più possibile il suo corpo. Un atto di pudore soave.

«No. Non temere. Il Signore è teco! Tu sei benedetta fra tutte le donne»



Ma Maria continua a temere. Da dove è venuto quell'essere straordinario? 
È un messo di Dio o dell'Ingannatore?

«Non temere, Maria!» ripete l'Arcangelo. «Io sono Gabriele, l'Angelo di Dio. Il mio Signore mi ha mandato a te. Non temere, perché tu hai trovato grazia presso Dio. Ed ora tu concepirai nel seno e partorirai un Figlio e gli porrai nome "Gesù". Questi sarà grande, sarà chiamato Figlio dell'Altissimo (e tale sarà in vero) e il
Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo Regno non avrà mai fine. Comprendi, o santa Vergine amata dal Signore, Figlia benedetta di Lui, chiamata ad esser Madre del suo Figlio, quale Figlio tu genererai».

«Come può avvenire questo se io non conosco uomo? Forse che il Signore Iddio più non accoglie l'offerta della sua serva e non mi vuole vergine per amor di Lui?».

«Non per opera di uomo sarai Madre, o Maria. Tu sei l'eterna Vergine, la Santa di Dio. Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà. Perciò Santo si chiamerà Colui che nascerà da te, e Figlio di Dio. Tutto può il Signore Iddio nostro. Elisabetta, la sterile, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio che sarà il Profeta del tuo Figlio, colui che ne prepara le vie. Il Signore ha levato a questa il suo obbrobrio, e la sua memoria resterà nelle genti congiunta al nome tuo, come il nome della sua creatura a quello del tuo Santo, e fino alla fine dei secoli le genti vi chiameranno beate per la Grazia del Signore venuta a voi ed a te specialmente; venuta alle genti per mezzo tuo. Elisabetta è nel suo sesto mese ed il suo peso la solleva al gaudio, e più la solleverà quando conoscerà la tua gioia. Nulla è impossibile a Dio, Maria, piena di Grazia. 

Che devo dire al mio Signore? Non ti turbi pensiero di sorta. Egli tutelerà gli interessi tuoi se a Lui ti affidi. Il mondo, il Cielo, l'Eterno attendono la tua parola!».




Maria, incrociando a sua volta le mani sul petto e curvandosi in un profondo inchino, dice: «Ecco l'ancella di Dio. Si faccia di me secondo la sua parola».

L'Angelo sfavilla nella gioia. Adora, poiché certo egli vede lo Spirito di Dio abbassarsi sulla Vergine curva nell'adesione, e poi scompare senza smuover tenda, ma lasciandola ben tirata sul Mistero santo.


S. Bernadette guardando quest'immagine disse:
"La Vergine che ho visto le assomiglia molto"

GAUDETE IN DOMINO SEMPER:
ITERUM DICO, GAUDETE.
DOMINUS PROPE EST.


sabato 4 febbraio 2012

Icona di Notre-Dame-de-Grâce di Cambrai (Francia)-‘Ecco - disse Bernadette – ciò che trovo di più somigliante’


L’ICONA DI NOTRE-DAME-DE-GRÂCE
E LE APPARIZIONI A BERNADETTE


A sconvolgere le certezze sull’iconografia tradizionale dell’immagine vista da Bernadette Soubirous nelle Apparizioni della Vergine a Lourdes, è venuta fuori una originale ‘storia’ che vorrebbe identificare nella icona di Notre-Dame-de-Grâce di Cambrai (Francia), di Scuola bizantina, la rappresentazione più somigliante alla figura apparsa alla veggente. Si tratta di una "Vergine della tenerezza", del tipo "odigítria".

Ebbene, questa suggestiva icona avrebbe un legame intimo con le Apparizioni a Santa Bernadette Soubirous. A suo dire, sarebbe l’immagine che più somiglia alla "bella Signora" apparsale. Bernadette, del resto, non ha mai amato le diverse statue o immagini realizzate per celebrare le Apparizioni della Madonna alla Grotta di Massabielle.

Mons. Delanoy, Vescovo di Aire e Dax, affermò nel luglio 1905: "Bernadette non volle mai riconoscere la fisionomia di Maria nell’aspetto che gli artisti diedero alle statue di Nostra Signora di Lourdes. Un giorno, un religioso che possedeva un album di Madonne tra le più conosciute, lo mostrò a Bernadette. Ella sfogliò l’album e si fermò, emozionata, davanti ad un’immagine bizantina dai tratti regolari. ‘Ecco - disse – ciò che trovo di più somigliante’ ".
***
Si trattava, per l’appunto, dell’icona di Notre-Dame-de-Grâce di Cambrai. La rivelazione fece scalpore, in quanto sconvolgeva i canoni estetici allora in corso. In seguito, saranno André Malraux e Picasso a rendere giustizia. Discutendo delle opere più importanti che avrebbero potuto essere inserite in un Museo immaginario, essi ricordano l’apparizione di Lourdes, riferendosi però all’icona Notre-Dame-de-Grâce di Cambrai. Malraux riprende quanto detto nel 1905 dal Vescovo di Dax, e rievoca con entusiasmo: "Bernadette, emozionata, si alza, si inginocchia ed esclama: è lei!".

Anche Mons. Théas, Vescovo di Tarbes e Lourdes, nel 1952, a Cambrai per il 500° anniversario dell’arrivo dell’icona nella sua Cattedrale, durante la Messa solenne dichiara: "Sono felice di aver lasciato la riva del Gave per venire a venerare, con voi, l’Immagine di Notre-Dame-de-Grâce che Santa Bernadette ha detto rassomigliare di più alla Santa Vergine che le è apparsa 18 volte…".

In epoca più recente, la domenica 4 dicembre 1994, L’Osservatore Romano ha dedicato la prima pagina del suo supplemento domenicale all’icona di Notre-Dame-de-Grâce, ricordandone l’attribuzione del legame con Bernadette Soubirous.

Tratto dalla rivista:"Madre di Dio", febbraio 2004


AVE MARIA!
AMDG