lunedì 30 dicembre 2019

Vergine dell'Eucarestia - Meditazioni per l'oggi

Meditazioni per l’oggi _ Il tempo del laicato


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 La Madonna ha parlato con il Sangue del Figlio e le lacrime di Olio per invocare l’effusione di questa Seconda Pentecoste che deve venire perché è stata promessa e la Chiesa aspetta la sua “primavera”. I giovani, i laici e le famiglie attendono a mani aperte questo dono perché sarà il tempo del “laicato” vissuto con una consacrazione speciale.

La prima condizione che permette alla Madonna di guarirci è il nostro stato di “come” noi andiamo verso di Lei. Se non abbiamo voglia, possiamo restare nella nostra tomba. Dio non è che ci vuol resuscitare per forza. Se ci piace stare nella cloaca di impurità, dove stiamo, possiamo restarci. Ma la Madonna essendo Madre…  e no, Lei si muove, perché chi va in alto (come chi sale le montagne) meglio vede cosa c’è in basso. E più ti allontani, più le cose che sono giù sembrano piccole, piccole, talvolta insignificanti. Bene, per la Madonna non siamo insignificanti e neppure le cose che facciamo! A Fatima la Madonna si prenderà cura anche delle pecore e chiederà ai bambini se quel giorno il pascolo fosse stato felice. È una madre…la loro Mammala nostra Mamma (che ci è stata donata) ed è rimasta con noi….a patto che noi non La cacciamo come abbiamo fatto con il Figlio Suo Gesù, una volta nella Sua Santissima umanità e oggi nella Sua SS. Signoria e Divinità. Come? Rifiutando di amare il SS. Sacramento e semplicemente di accoglierLo. Di accoglierLo? Ma è Lui il Padrone! Siamo noi gli ospiti. Ecco come abbiamo ridotto in cenci il Signore!… A chiederci in punta di piedi, con la Sua immensa Misericordia: “Posso entrare nella Mia Reggia?” È possibile che la Madonna debba continuamente venire con una moltitudine di lacrime per ricordarci che Cristo è, era e sarà sempre?

Siamo noi quelli che a volte siamo un di più e con la nostra umana presunzione pensiamo di gestire la storia, di cambiarla. Come è successo purtroppo dopo il Concilio Vaticano II con questo “modernismo” a cui abbiamo aperto le porte e che ci ha convinti di spogliare la nostra fede di tutte le cose che facevano parte della pietà popolare, come l’Adorazione Eucaristica, che è pietà della Chiesa ma che è pietà del popolo. Lentamente si è perso il senso di Cristo, perché abbiamo cominciato ad allontanare da noi le immagini….Chi se le dimentica, a seguito del giansenismo, tutte quelle statue gettate dalle chiese della Francia che ancor oggi è possibile comprare nei mercatini vicino a Parigi? Causa questa dell’Apparizione a Lourdes, un periodo tristissimo che in Italia è stato conosciuto dopo il Concilio Vaticano II con “l’essenzialismo” pensando che aprendoci a tutto…  Invece ci ha ridotti ad essere scheletri, privi dello spirito interiore. Perché? Perché lentamente abbiamo incentrato tutto sulle pastorali… sulle pastorali sociali e ci siamo dimenticati che a patto di metterci in ginocchio non siamo esauditi dal Padrone perché è Lui che manda gli operai.

La Madonna dice che l’Italia sarà prostrata talmente a terra che questa bandiera tricolore si sarebbe trasformata in bandiera “rossa”…” Così è stato per tutto “questo” tempo, in cui siamo stati dominati da una perversa politica che, diciamo, non è “finita”, perché la politica che è entrata, è quella istrionica. Purtroppo la nostra Italia ha meritato tanti di questi castighi, perché ha scacciato l’Amore dal Trono. Guardate che di avere abbandonato il SS. Sacramento siamo “tutti” responsabili : preti, suore, laici. Non è da tanto che è iniziato qualche spiraglio di “ripresa”, in cui piccoli gruppi sono costretti, quasi elemosinando, a chiedere di tenere aperte cappelle e chiese per passare una sola ora insieme a Gesù. Tutto quello che compiamo nel corso della nostra giornata non vale quanto un attimo davanti al Signore. Prima don Stefano (che è anche molto malato ma che è venuto ad accompagnarmi) diceva: “Ciò che Dio vuole, può”. E quello che Dio vuole in quel momento di Adorazione ce lo fa ottenere, perché con Lui lo chiediamo al Padre. Diceva S. Teresa del Bambino Gesù: “Nel momento in cui noi parliamo a Dio, abbiamo maggiore certezza di essere esauditi che se parliamo “di Dio”. Parlare “a Dio” è più efficace.

Allegati: Bellissima conferenza:




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SAN VINCENZO DE' PAOLI: TUTTO CARITA'

San Vincenzo de' Paoli aiutò i poveri e i nobili impoveriti, fu consigliere
di sovrani e difese la Chiesa dalle eresie dell'epoca.
» Chi era Vincenzo
» Iniziano gli studi
» Studente e professore
» Missione segreta presso Enrico IV
» Predecessor dos filhos do Conde de Joigni
» Una parrocchia abbandonata
» Missioni in campagna
» Imitando Nostro Signore Gesù Cristo
» Istigatore del Compimento delle Regole
Dopo gli apostoli, forse non vi è uomo che abbia reso più servizi alla Chiesa cattolica e all'intera umanità. Per contribuire alla santificazione del clero e del popolo cristiano, istituì una congregazione di missionari che fu degna dell'autore, e che continua a propagare la fede in tutto il mondo.
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Per la santificazione dei sacerdoti e dei fedeli stabilì ritiri spirituali, la cui pratica si diffuse ovunque. Per la formazione di giovani ecclesiastici, per perfezionare loro la santità ed esaltare la loro vocazione, creò seminari che si sparsero in tutto il mondo cristiano.
Per i poveri malati istituì la congregazione delle Figlie della Carità, la cui ammirevole devozione ispirò la creazione di molte altre congregazioni simili.
Fondò un ospedale per preservare i bambini abbandonati per le strade dalla morte. Da questo suo esempio, oggi ospedali e altre case del genere sono disseminate in tutta la cristianità.
Fece ancora di più: ospedali per gli anziani, insani, incarcerati e mendicanti. Inviava missionari con l'obiettivo esclusivo di confortare gli schiavi cristiani. Provvedeva a volte per lunghi anni a intere province che erano state devastate dalle guerre, dalla fame o dalla peste, come la Lorena, la Champagne e la Picardia.
E chi era quest'uomo, questo Vincenzo de' Paoli, questo benemerito? Figlio di un contadino, pascolava il gregge del padre. Fattosi sacerdote fu catturato da corsari turchi e venduto come schiavo sulle coste africane.
Chi era Vincenzo
Vincenzo de' Paoli nacque un martedì di Pasqua, il 24 aprile 1575, nel paesino di Pouy, vicino a Dax, ai confini di Bordeaux, nei pressi dei Perinei. Il padre si chiamava Guglielmo de' Paoli, la madre Bertranda de Moras. Avevano una piccola cascina dove lavoravano e con cui provvedevano al pane di ogni giorno, per sé e per i sei figli, due bambine e quattro bambini.
Vincenzo, che era il terzo, lavorava come gli altri figli: pascolava il gregge come abbiamo già detto.
Fin da piccolo nutriva la compassione per i poveri. Quando tornava dal mulino con il sacco di farina sulle spalle, ne regalava loro un po' quando non aveva altro da dare.
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Iniziano gli studi
Con questa bontà di cuore, mostrava una grande vivacità di spirito. Il padre allora decise di farlo studiare. Il costo sarebbe stato enorme, ma sperava un giorno di essere ricompensato. Così lo affidò ai francescani di Dax, con la spesa di sessanta libre all'anno, secondo l'usanza dell'epoca e del paese.
Vigeva allora l'anno di 1558. Il giovane Vincenzo conseguì così grandi successi che al termine di quattro anni, elogiato dal superiore del convento, il Signor de Commet, l'avvocato di Dax, finì per portarlo a casa sua affinché curasse l'istruzione dei suoi due figli.
Fu questo Signor de Commet che toccato dalla virtù di Vincenzo ed edificato, lo consigliò di abbracciare lo stato ecclesiastico. Vincenzo, che lo rispettava tantissimo, considerandolo un secondo padre, ricevette il consiglio con ardore.
Il padre per aiutarlo dovette vendere un paio di buoi, e Vincenzo partì per Tolosa, per iniziare gli studi di Teologia che lo impegnarono per sette anni. Durante il suo soggiorno a Tolosa il giovane si recava qualche volta a Saragozza per studiare.
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Studente e professore
Per non essere di peso alla famiglia, nonostante il padre avesse ordinato che alla sua morte gli dessero il necessario da vivere, si ritirò nel paesino di Buset durante le vacanze e lì si incaricò dell'istruzione di un numero considerevole di bambini, i cui genitori avevano soldi ed erano soddisfatti di poter affidare i figli ad un uomo le cui virtù e capacità erano pubblicamente note e diffuse. Persino a Tolosa gli mandavano bambini e bambine, come si può leggere in una lettera scritta alla madre.
Il Duca di Épernon, governatore della Guyana, parente prossimo di due bambini, desiderò fortemente conoscere Vincenzo, Monsieur Vincenzo come diceva rispettosamente, e finì per nutrire per lui una stima tutta particolare.
Vincenzo tornò a Tolosa da Buset con i pensionisti, finendo allora gli studi di teologia. Baccelliere, dicono di lui gli autori della Gallia Christiana: Era dottore in teologia. Tuttavia, la prova autentica di quella affermazione non fu trovata.
Durante gli studi di teologia a Tolosa Vincenzo ricevette il sottodiaconato il 19 settembre 1598, il diaconato tre mesi più tardi e, infine, l'ordinazione il 23 settembre 1600.
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Missione segreta presso Enrico IV
(...) A Roma,grazie all'aiuto che ricevette dal Vicelegato che lo ospitò e gli diede da fare, Vincenzo potè rimanere nella città fino al 1608.
Quando non si dava alla devozione, impiegava il tempo a ripassare gli studi di teologia fatti a Tolosa. Il Vicelegato lo presentò all'ambasciatore della Francia, il Cardinale d'Ossat e questi lo incaricò di un'importante missione, ma segreta, presso Enrico IV.
Vincenzo IV aveva visto e aveva parlato con Vincenzo de' Paoli, ma sembrava non conoscerlo. È che il Santo evitava, accuratamente, tutto ciò che potesse dargli aria di grandezza. Lo chiamavano Monsieur Paoli - nome di famiglia, e ciò gli suonava come se lui fosse di stirpe illustre, di modo che, arrivando a Parigi, si presentò e si fece semplicemente trattare per Monsieur Vincenzo, suo nome di battesimo.
Invece di usare il titolo di licenziato in teologia, lasciava capire che lui era soltanto un povero professore delle superiori. Tuttavia, quanto più si preoccupava di nascondere le sue virtù, tanto più esse finivano per essere scoperte. Un giorno fu presentato alla regina Margherita, prima moglie di Enrico IV, la quale allora faceva professione di pietà. Questa principessa voleva vederlo. E lo fece diventare il capo di una casa pia, con il titolo di cappellano ordinario.
Vincenzo si ritirò successivamente dai Preti dell'Oratorio, che il Padre de Bérulle aveva fondato, non per aggregarsi alla compagnia, ma per vivere in ritiro sotto la direzione del pio istitutore. Vi rimase per due anni. (...)
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Predecessor dos filhos do Conde de Joigni
(...) Dopo qualche tempo, correva l'anno 1613, ed egli lasciò il curato: è che il Padre de Bérulle lo aveva consigliato di accettare l'incarico di precettore dei figli di Filippo Emanuele de Gondi, conte di Joigny, Generale dei galeotti di Francia e di Francesca Margherita de Silly, moglie di eccellenti virtù.
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Il generale e sua moglie avevano tre figli: il più piccolo morì con dieci o dodici anni; il più grande fu duca e paria; il secondo diventò il famoso cardinale di Retz.
Vincenzo de' Paoli visse dodici anni presso il conte di Joigny. Quando la coppia si recava in campagna con i figli e lo portavano con loro, il più piacere maggiore del Santo era quello di percorrere i dintorni e catechizzare i poveretti istruendoli. Predicando alla gente, esortava tutti, amministrava i sacramenti, soprattutto quello della penitenza, confermava tutti nella fede con l'approvazione dei vescovi e il piacere dei curati. (...)
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Una parrocchia abbandonata
(...) Il Santo lasciò la casa de Gondi nel 1617, ritirandosi a Bresse, a Chatillon-les- Dombes. Lì c'era una parrocchia abbandonata.
Il luogo da circa quarant'anni si trovava in uno stato pietoso, senza niente; certi benficiari di Lione vi trafugavano i magri profitti. Così, dopo quasi mezzo secolo, quel paese sfortunato, composto da duemila anime, non aveva né un curato, né un pastore, neanche direttive spirituali. (...)
San Vincenzo de' Paoli arrivò a Chatillon-les-Dombes nel mese di agosto del 1617 in compagnia di un bravo prete che si chiamava Luigi Girard. Siccome la casa parrocchiale era in rovina, si ospitarono nella casa di un tale Beynier. Questo Beynier, calvinista, con il passare del tempo si convertì.
Il programma proposto da Vincenzo era rigido: si alvaza alle cinque; mezz'ora di preghiera; l'ufficio e la santa messa erano recitate in orari precisi, in modo che non si sprecava il tempo senza necessità.
Entrambi, Vincenzo e Luigi, curavano ognuno la parte della casa che gli era toccata: da soli mettevano a posto le stanze, facevano il letto. Vincenzo non voleva che la figliastra del padrone di casa avesse del lavoro in più rispetto a quello che già faceva nel resto della casa.
Il nuovo pastore visitava regolarmente, due volte al giorno, una parte del suo gregge. Il resto del tempo era impiegato nello studio e nel confessionale.
Il desiderio di essere utile sia ai piccoli sia agli adulti, gli fece studiare con perseveranza il dialetto usato in famiglia. Lo imparò in poco tempo e cominciò a parlarlo correttamente, con grande beneficio per il catechismo. L'ufficio era celebrato con la maggiore decenza possibile. Le danze furono abolite, così come certi scandalosi eccessi che disonoravano le feste, soprattutto quella dell'Ascensione di Nostro Signore.
C'erano sei vecchi preti nella parrocchia, che erano la negazione del buon esempio: Vincenzo si impegnò e riuscì ad esortarli a vivere in comunità, obbedendo alla regola.
Tutta la città, sorpresa ed edificata, seguiva i cambiamenti che si operavano lentamente, ma con efficacia. Tutto si trasformava, camminando verso la perfezione. I più saggi credevano che quell'uomo, che riusciva a riformare un clero come quello che avevano lì, in quel modo, senza difficoltà, era assai competente e sarebbe riuscito ad ottenere per Dio tutta la parrocchia in poco tempo.
Infatti quattro mesi più tardi chiunque vedesse Chatillon-les-Dombes, sarebbe rimasto sbalordito, tale era la differenza. I maggiori peccatori, in fila, contriti, comparivano al tribunale della penitenza, così che il santo era obbligato a passare un tempo enorme nel confessionale. Era così assorto nelle cose spirituali che si dimenticava delle più urgenti necessità della natura. (...)
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Missioni in campagna
(...) Dopo le missioni San Vincenzo de' Paoli stabilì confraternite di carità per il soccorso ai malati poveri. Ebbe immediatamente bisogno di qualcuno che fosse capace, che visitasse ogni tanto le diverse confraternite e ne assicurasse lo zelo della carità e dell'amore di Dio.
La Provvidenza gli fece comparire una vedova, una santa donna - Luisa de Marillac. (...)
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Vincenzo, ogni tanto, si riposava dal lavoro delle missioni in campagna visitando la capitale. Allora approfittava dell'occasione e percorreva le carceri. Parlava con i detenuti, li consolava, li esortava ad una vita futura onesta e costruttiva, li ascoltava in confessione. E lì trovava i più infelici, i carcerati che erano condennati alle galee. Generalmente li trovava in uno stato penoso. Erano rinchiusi in celle nelle quali rimanevano per molto tempo, mangiando schifezze, abbandonati, trattati con indifferenza, assolutamente trascurati nel corpo e nell'anima. (...)
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Imitando Nostro Signore Gesù Cristo
Quando il Conte de Gondi, Filippo Emanuele de Gondi, seppe della dedizione del santo nei confronti dei carcerati, di come instancabilmente lavorava per la loro salvezza, soprattutto dei più abbandonati e scoraggiati, pensò a tutti i galeotti del regno. Andò dal re e gli raccontò tutto ciò che faceva Vincenzo de' Paoli e come era grandiosa la sua opera.
Il Re Luigi XIII, in seguito ad una proposta del Generale dei galeotti, nominò il Santo Cappellano-Generale o Maggiore di tutti i galeotti del paese. Il diploma fu rilasciato l'8 febbraio 1619.
Monsieur Vincenzo de' Paoli accettò l'incarico con soddisfazione: ciò lo faceva somigliare di più al Salvatore del mondo, quel mondo che era un'immensa prigione piena di delinquenti e condannati alle galee veramente perenni. A lui, al mondo atroce, era venuto il Figlio di Dio. Si fece uguale a chiunque, prese tutti i crimini e tutte le pene per sé e liberò gli uomini. Vincenzo, padre dei poveri, nell'accezione più pura, desiderava imitare il Salvatore.
Nel 1622 visitò i galeotti di Marsiglia. Voleva vedere in quale stato si trovavano e se poteva fare lo stesso che aveva fatto con quelli della capitale. Arrivò senza far conoscere il suo titolo di Cappellano-Maggiore, sia per evitare gli onori che immancabilmente gli avrebbero reso, sia per poter agire meglio.
Andando per tutto il carcere, trovò un galeotto più infelice che colpevole, che si disperava per la condizione in cui si trovava, pensando alla sua povera moglie e ai suoi figli, certamente ridotti alla miseria.
Vincenzo si commosse così tanto, fu talmente grande la sua compassione che fece per il disgraziato ciò che Paolino di Nola aveva fatto per riscattare dalla schiavitù il figlio di una povera vedova: si offrì per soffrire per lui la sua pena per il resto della sua vita.
L'offerta fu accettata e Vincenzo portò per alcune settimane le catene di ferro dei galeotti finché si scoprì che si trattava del Cappellano-Maggiore della Francia. (...)
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Istigatore del Compimento delle Regole
Una delle ultime azioni di San Vincezo de' Paoli fu quella di distribuire esemplari della regola ai membri della propria comunità. Ricorda in modo succinto in quale maniera aveva cominciato l'opera delle missioni, il ritiro degli ordinati, le confraternite di carità, l'opera dei bambini trovatelli. E aggiunse:
San Vincenzo de' Paoli
Non so come si fece tutto ciò. Non riesco a dire come tutto ciò comparve, affermava Monsieur Portail.
Gli esercizi della comunità, come sorsero? Non avrei saputo dirlo. Le conferenze, per esempio (Oh! Ancora altre ne faremo insieme!) non le sognavamo neanche. La ripetizione della preghiera che una volta era disprezzata, e che ora si pratica con benedizioni in moltissime comunità, ci è mai venuta in mente? Non so nulla! Si fece poco a poco, senza che ce ne rendessimo conto. Le cose vennero così, diremmo, pian piano, una dopo l'altra. Fu Dio, unicamente Dio, chi ispirò tutto.
Quindi chiedeva soprattutto a Portail e Almerás che venissero a ricevere le regole da lui, perché gli era impossibile recarsi da loro, così come desiderava.
Vennero, e in ginocchio umilmente ricevettero le regole, baciando il libro, le mani di Monsieur Vincenzo. E Vincenzo, a ognuno di loro, diceva:
- Vieni, affinché Dio ti benedica.
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Preghiamo...
Finita la distribuzione, Almerás si inginocchiò e chiese al santo di benedire tutti, ugualmente in ginocchio. Vincenzo, anch'esso prostrato, pregò Dio:
O Signore, voi che siete la legge eterna e la ragione immutabile, voi che governate tutto l'universo attraverso la vostra infinita saggezza; voi da cui emana, come da una sorgente, tutta la condotta e le regole del vivere bene, benedite, per misericordia, coloro che qui ricevono le regole, come se fossero emanate da voi. Date loro, Signore, le grazie necessarie affinché le osservino sempre con inviolabile fedeltà fino alla morte. È con fiducia, pensando alla vostra infinita bontà, che io peccatore miserabile, pronuncio le parole di benedizione: "Che la benedizione di Nostro Signore Gesù Cristo scenda su di voi e in voi rimanga per sempre! In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia!
Il sant'uomo fece ancora circa trenta conferenze ai missionari sullo spirito e sulla pratica delle sue regole. Era per lui il testamento, il testamento di Elia alla Chiesa.
San Vincenzo de' Paoli morì il 27 settembre 1660.
(Vida dos Santos, Padre Rohrbacher, Volume XVII, p. 60 a 99)
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San Giovanni Nepomuceno Neumann: Anima di missionario e pastore

San Giovanni Nepomuceno Neumann: Anima di missionario e pastore


Autore : Francisco de Assis Silveira Leite Esmeraldo
Venuto a conoscenza dell’urgente necessità di missionari per evangelizzare l’America, il giovane seminarista decise di partire per gli Stati Uniti. Era lì che la Provvidenza lo chiamava a svolgere il suo fecondo ministero.
 Poco prima del Natale del 1859, forse presentendo che era vicino il momento della sua dipartita da questa vita, il Vescovo di Filadelfia andò a far visita al superiore del convento redentorista di San Pietro, dove lui stesso aveva vissuto. Mentre attendeva il suo arrivo, intavolò una conversazione con un frate laico. All’improvviso, fece una pausa e gli chiese:
   — Fra Cristoforo, lei cosa sceglierebbe: una morte repentina o morire di una lunga malattia?
   — Preferirei morire a causa di una malattia, per prepararmi meglio per l’eternità – rispose quello.
   Gentilmente, rifletté il santo Vescovo: “Un cristiano, soprattutto un religioso, deve essere sempre preparato a una buona morte, e se viene improvvisamente, questo non mancherà di avere i suoi vantaggi: eviterà per noi e per coloro che ci assistono molte tentazioni di impazienza e, inoltre, lascerà molto meno tempo al diavolo per infastidirci. In ogni caso, comunque, la forma di morte che Dio ci manda sarà la migliore per noi”.1

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“Chiunque voglia servire Dio, troverà molto lavoro
in America”, scrisse il Santo a suo fratello, che
viveva in Boemia, per attirarlo a sé
   Pochi giorni dopo, il 4 gennaio 1860, ricevette Don Sourin, un suo antico segretario, che era venuto per fargli gli auguri di un santo e felice Anno Nuovo. Il suo brutto aspetto durante il colloquio portò il sacerdote a offrirsi di andare in cerca di un dottore. Il prelato, tuttavia, lo rassicurò: “Non si preoccupi, domani starò bene!”2
   Infatti, la mattina successiva sembrava più animato. Tuttavia, subito dopo la colazione non fu in grado di riconoscere un confratello, Don Urbanczek, che era venuto a fargli visita. Costui espresse la sua sorpresa nel vedere i suoi occhi quasi vitrei, ma egli replicò che sarebbe stato sufficiente uscire e camminare un po’ per strada per sentirsi meglio. Il suo temperamento indomito parlava più forte del terribile malessere che sentiva!
   A metà pomeriggio uscì per prendere provvedimenti su una questione diocesana. Furono i suoi ultimi passi in questa valle di lacrime: percorsi pochi isolati, stramazzava in mezzo alla strada. Solleciti passanti lo condussero rapidamente nella casa più vicina, mentre ancora respirava. Chiamata urgentemente la cattedrale, Don Quinn le portò gli olii santi. Tuttavia, la sua ora era suonata nell’orologio divino: a quarantotto anni, consegnava la sua anima a Dio.
   Questo fu San Giovanni Nepomuceno Neumann, di cui Mons. Francis Kenrick, suo predecessore nella Diocesi di Filadelfia, scrisse: “Un tale vescovo doveva davvero morire camminando per strada, con l’anima aperta in ogni ora e in ogni momento, per il suo Signore e Dio”.3

Purezza e serietà fin dall’infanzia
   Le sue origini sono molto lontane dagli Stati Uniti, dove condusse una vita missionaria. Era nato a Prachatits, nelle fertili vallate della Boemia sud-occidentale, ora Repubblica Ceca, il 28 marzo 1811. Era un Venerdì Santo, che preannunciava forse il suo motto episcopale: “Passio Christi conforta me – Passione di Cristo, confortami”.4
   Nel fonte battesimale ricevette il nome del patrono del paese: Giovanni Nepomuceno. Filippo Neumann, suo padre, tedesco di Obemburg, in Baviera, e sua madre, Agnese Lebisch, diedero a lui e ai suoi cinque fratelli un’accurata educazione cristiana. Quattro dei figli della coppia si consacrarono a Dio nella vita religiosa. 
   A dodici anni Giovanni andò a studiare a Budweis, distinguendosi per la sua serietà e risoluzione a diventare sempre più gradito a Dio. Così preservò la sua innocenza battesimale, senza lasciarsi influenzare dalle cattive influenze esercitate da certi compagni.
   In così tenera età già si sforzava di mortificare i sensi, vincendo la sua fragile costituzione. Desideroso di avanzare nella pratica della virtù, trattava i compagni con bontà fraterna e approfittava di tutte le occasioni per prestare loro piccoli servizi. Sebbene partecipasse a momenti di divertimento con gli amici, non frequentò mai balli o teatri, né giocò per denaro.

Ingresso al seminario
   Dotato di enorme facilità nell’apprendimento delle lingue, studiò in questo periodo l’italiano e il francese, il suo preferito, aggiungendoli al tedesco e al ceco, lingue paterna e materna e al latino appreso a scuola. Terminate le lettere classiche, frequentò Filosofia con i padri cistercensi, ottenendo eccellenti risultati e distinguendosi per la sua esemplare applicazione e condotta irreprensibile.
   Nutriva un’enorme venerazione per il sacerdozio, nonostante se ne considerasse indegno: “L’idea di essere sacerdote mi sembrava allora molto sublime; io la ritenevo molto superiore alle mie forze”.5 Nell’Eucaristia, tuttavia, trovò la forza per chiedere la sua ammissione nel seminario di Budweis, essendo uno dei classificati per i venti posti vacanti esistenti, disputato da ottanta candidati.
   Quando conobbe la Fondazione Leopoldinese, che aveva lo scopo di promuovere l’attività missionaria in America e di aiutare gli emigranti che partivano in massa per il Nuovo Mondo decise di partire per gli Stati Uniti una volta ordinato sacerdote, sapendo dell’urgente bisogno di ministri per evangelizzare quelle terre. Per questo, si impegnò nella sua preparazione imparando l’inglese, che praticava nelle conversazioni con operai anglofoni di una fabbrica.

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Scene della vita del Santo rappresentate sulle
vetrate del Santuario Nazionale di San
Giovanni Neumann a Filadelfia (USA)
Visione sublime del sacerdozio

   Da Budweis Giovanni si diresse a Praga al fine di completare gli studi nel seminario arciepiscopale, pentendosi del trasferimento… Il professore di Teologia Dogmatica “era più contro il Papa, che a suo favore”, scrive il Santo nel suo diario; quello di Teologia Morale “era troppo filosofico per essere compreso da chi lo ascoltava”; e su quello di Teologia Pastorale commenta: “Dovevo farmi violenza anche per ascoltarlo, per l’assurdo modo in cui trattava i temi che riuscivo a capire; e meno ancora potevo accettare le sue opinioni che consideravo eterodosse”.6
   In materia di Teologia Morale, preferì orientarsi con le opere di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, nei cui insegnamenti precisi e sicuri trovò tranquillità per la sua delicata coscienza. 
   Il giovane Giovanni Nepomuceno desiderava essere un sacerdote tutto votato alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime, e desiderava che anche tutti i suoi compagni di seminario lo fossero. Tuttavia, in una nota fatta nel suo diario, alcuni anni dopo, si vide obbligato a deplorare l’atteggiamento di questi: “Molti hanno poca fede, ad altri manca lo zelo con cui Cristo ha vivificato e stimolato gli Apostoli a passare per ogni tipo di prove e difficoltà”.7

Vincendo ostacoli insuperabili
   Nel 1835 Neumann era pronto a ricevere il sacramento dell’Ordine, ma… accadde qualcosa di incomprensibile ai nostri giorni: siccome c’erano troppi sacerdoti nella diocesi, il Vescovo aveva deciso di rinviare le ordinazioni a tempo indeterminato!
   Desideroso di percorrere quanto prima le vie del sacerdozio, scrisse a numerosi prelati e fece visita personalmente ad alcuni, esponendo loro la sua situazione. Nessuno di loro aveva bisogno di sacerdoti nelle rispettive diocesi… Solo dopo aver molto pregato e offerto sacrifici riuscì a procurarsi una buona lettera di raccomandazione per Mons. Giovanni Dubois, Vescovo di New York. Allora, pur senza mezzi finanziari e con notevoli lacune nella sua documentazione, si abbandonò alla Divina Provvidenza e nel 1836 partì per gli Stati Uniti.
   In terre americane, Don Giovanni Raffeiner, vicario-generale per gli emigranti tedeschi, lo presentò a Mons. Dubois. Questi lo ricevette come un dono del Cielo, poiché non disponeva di sufficienti sacerdoti che si dedicassero a una diocesi di enorme estensione.
   Dopo un breve periodo di preparazione, Giovanni Neumann fu ordinato nella Cattedrale di San Patrizio, il 25 giugno 1836. Dal suo giovane cuore traboccò questa preghiera, anch’essa registrata nel suo diario: “O mio Gesù, ecco che mi hai dato il potere di offrirTi al mio Dio. È molto per me. Tutto è opera tua, Signore!”8

Missionario negli Stati Uniti

   Trascorsi soltanto quattro giorni fu destinato a una parrocchia a Buffalo. Sulla strada, si fermò a Rochester per incontrare migliaia di tedeschi cattolici che vivevano lì come pecore senza pastore. Arrivato a destinazione, incontrò Don Giovanni Prost, un sacerdote redentorista la cui amicizia sarà decisiva quando stabilirà il corso della sua vita.
   Con la disinvoltura di chi parla fluentemente sei lingue, iniziò il suo proficuo ministero sacerdotale negli Stati Uniti, rivolto soprattutto alle aree di forte immigrazione tedesca, nelle quali affrontò numerose ostilità di persone contrarie alla Religione. 
   Per alcuni anni svolse un’intensa attività nelle vastità del territorio americano. A un certo punto, però, Don Prost lo avvertì del pericolo di lavorare da solo, ricordandogli le sagge parole dell’Ecclesiaste: “Væ soli! – Guai all’uomo solo!” (4, 10). Per questo ricevette con enorme gioia la compagnia di suo fratello Venceslao, venuto dalla Boemia per rispondere all’appello che gli aveva fatto in una lettera: “Chi vuole servire Dio, troverà molto lavoro in America”.9

Figlio di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

   L’ardente impegno missionario di Don Neumann erose la sua salute, costringendolo a prendere alcuni giorni di riposo. In questo periodo rifletté sulla possibilità di chiedere di essere ammesso con i Redentoristi, che gli avrebbe permesso di partecipare al carisma di S. Alfonso Maria de’ Liguori e gli avrebbe portato l’immenso vantaggio di vivere sotto l’obbedienza di un superiore. 
   Deciso, infatti, ad abbracciare la vita religiosa, fece la richiesta attraverso Don Prost, ricevendo una risposta immediata e positiva. Le ragioni della sua tardiva vocazione sono così descritte da lui: “Per quattro anni mi sono sforzato di portare le mie comunità al fervore che ho osservato nella comunità redentorista di Rochester, e non ci sono riuscito. Questo fu il motivo, insieme al desiderio naturale, o meglio, soprannaturale di vivere in una congregazione di sacerdoti, per non procedere abbandonato a me stesso fra i tanti pericoli del mondo”.10
   Nella Congregazione del Santissimo Redentore, che a quel tempo contava pochissimi membri in America, Don Neumann trovò nello spirito del fondatore la via verso la tanto desiderata santità. Raccomandava di rifiutare le vocazioni mediocri o semplicemente discutibili: “‘Pochi e santi’, diceva ai suoi missionari”.11 Suo fratello Venceslao lo seguì, facendosi frate laico redentorista.

Nel governo dei redentoristi

   Non passò molto tempo e fu nominato superiore dei Redentoristi di Pittsburgh. Persuaso che i religiosi attirano a sé la grazia divina attraverso l’osservanza radicale delle regole del loro istituto, riflesso dello spirito del fondatore, cercava di essere eccellente in questa materia e lo esigeva anche dai suoi subordinati. 
   Non si sbagliava, infatti, come osserva il celebre P. Philipon, “l’osservanza – assolutamente fedele– di una regola religiosa, approvata dalla sapienza della Chiesa, basterebbe per indirizzare le anime alle vette più elevate della santità. Di qui dirà Papa Giovanni XXII: ‘Datemi un domenicano che osservi fedelmente la sua regola e le sue costituzioni e, anche senza miracoli, lo canonizzerò’”.12
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Mentre riceve la vocazione di andare a
evangelizzare in America, mentre fa visita
a famiglie povere, con le prime Suore
della Misericordia che sono arrivate nella
sua diocesi
   Come superiore, non richiedeva ai suoi sottoposti nulla che egli stesso non fosse pronto a praticare. Se c’era qualcosa di spiacevole o difficile da fare, era affar suo; se fosse stato facile o onorevole, lo lasciava ai suoi compagni.
   Nominato superiore provinciale della congregazione negli Stati Uniti, si impegnò con enorme dedizione, sebbene la sua salute cominciasse a mostrare preoccupanti segnali di declino. La congregazione aveva allora solo trenta membri, pochissimi per coprire un così vasto campo di missione. Tuttavia, durante il periodo che rimase in carica, furono fondate nel paese dieci nuove case.

Elevato alla sede episcopale di Filadelfia
   Avendo trascorso alcuni anni come provinciale, la Santa Sede decise di affidargli il governo della diocesi di Filadelfia. Per evitare che la sua umiltà lo inducesse a rifiutare la pienezza del sacerdozio, il Beato Pio IX gli ordinò di sottomettersi senza esitazione alla volontà divina.
   Gli otto anni di dedizione di Mons. Giovanni Neumann nell’esercizio dei doveri episcopali furono una costante testimonianza del suo zelo per la gloria di Dio, così come del suo spirito di preghiera, umiltà e disinteresse.
   Le continue visite agli angoli più diversi della diocesi lo fanno ricordare come un buon pastore e un sollecito missionario. Trascorreva di solito tre giorni in ogni posto. Predicava, ascoltava le Confessioni, iscriveva candidati nelle confraternite religiose e s’impegnava a rendere permanenti i frutti della sua visita pastorale. La sua anima pia e virtuosa illuminava così tutti gli angoli del territorio diocesano.
   Pieno di tenerezza e di paterna benevolenza verso i membri del clero diocesano, dimostrava un grande impegno per la santificazione di tutti e riceveva da loro un sincero affetto. Le conferenze e i sinodi che promosse nella diocesi rivelano il grande valore delle sue conoscenze dottrinali. Scrisse numerosi articoli su riviste, pubblicò due catechismi e una Storia della Bibbia per gli studenti.
   È anche considerato il fondatore delle scuole cattoliche negli Stati Uniti, destinate ad assicurare la perseveranza delle nuove generazioni nella Fede e nella virtù. Consigliato dal Papa stesso, fondò l’Istituto delle Suore del Terzo Ordine di San Francesco per prendersi cura di queste scuole. Costruì più di ottanta chiese, fondò numerose istituzioni religiose e introdusse la devozione delle Quaranta Ore di Adorazione Eucaristica, per incoraggiare la fede e la pietà del popolo.
   Profondamente devoto della Madonna, ricevette un invito formale da Pio IX alla solenne promulgazione del dogma dell’Immacolata Concezione, e con grande giubilo si diresse a Roma. Prima di partire, rese pubblica una lettera pastorale, nella quale ogni parola, piena di unzione, manifestava i suoi filiali sentimenti riguardo alla Madre di Dio.

Combatté la buona battaglia

   Il fatto che un così fedele pastore sia stato strappato prematuramente e repentinamente da questa vita, come abbiamo visto all’inizio di queste righe, può sembrare una tragedia agli occhi degli uomini. Dio, tuttavia, nei suoi insondabili disegni sa qual è il momento in cui ognuno di noi deve comparire davanti a Lui, come Supremo Giudice.
   Mons. Giovanni Neumann aveva combattuto la buona battaglia nel corso di tutta la sua vita. Era pronto per ricevere “la corona della giustizia” (II Tim 4, 8) di cui parla San Paolo, la “ricompensa troppo grande” (Gen 15, 1) promessa da Dio ad Abramo. Si presentò, dunque, davanti all’Altissimo con una gioia comparabile a quella dei servi buoni e fedeli della parabola dei talenti (cfr. Mt 25, 14-23).
   Sentendo che il Signore li chiama, “vanno veloci incontro a lui, perché si rendono conto che è giunta la fine delle pene, fatiche e sforzi. Accorrono subito e senza alcun timore. Che cosa avrebbero da temere da un signore che hanno sempre amato e per il quale hanno sempre lavorato?”13 (Rivista Araldi del Vangelo, Gennaio/2018, n. 176, p. 32- 35)

Pubblicato 2018/01/26

1 BERGER, CSsR, John A. Life of Right Rev. John N. Neumann, D.D., of the Congregation of the Most Holy Redeemer. Fourth Bishop of Philadelphia. New YorkCincinnati-St. Louis: Benziger Brothers, 1884, p.429. 2 SOUZA, CSsR, Aloísio Teixeira de. Vida de São João Neumann. Um migrante a caminho do Céu. Aparecida: Santuário, 1987, p.109. 3 Idem, p.110. 4 BERGER, op. cit., p.432. 5 SOUZA, op. cit., p.17. 6 BERGER, op. cit., p.45. 7 Idem, p.85. 8 SOUZA, op. cit., p.43. 9 Idem, p.55. 10 Idem, p.59-60. 11 TELLERÍA, CSsR, Raimundo. San Afonso María de Ligorio. Fundador, Obispo y Doctor. Madrid: El Perpetuo Socorro, 1950, t.I, p.486. 12 PHILIPON, OP, Marie-Michel. Doutrina espiritual de Elisabete da Trindade, c.VIII, n.3. 2.ed. São Paulo: Paulus, 1988, p.203. 13 CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Una via sicura per la salvezza eterna. In: L’inedito sui Vangeli. Città del Vaticano-São Paulo: LEV; Lumen Sapientiæ, 2013, vol.II, p.462.

AMDG et DVM

sabato 28 dicembre 2019

Salve dolcissimo Apostolo San Giovanni...

<<1.  Salve, dolcissimo Apostolo San Giovanni. Salve, il più elevato di tutti gli Evangelisti. Salve, fedelissimo custode di Santa Maria, Madre di Gesù.
  1. L’anima mia ti saluta con devota effusione. Ti rendo i miei omaggi dal più intimo del mio cuore, invocandoti con affettuose preghiere e sospiri.
  2. O beatissimo Apostolo Giovanni! Quando Gesù fu condannato alla morte di croce e coperto di piaghe, lo seguisti con l’anima angustiatae il volto bagnato di lacrime, fin sul luogo della crocifissione.
  3. E accompagnasti anche l’addoloratissima Madre sua, la Vergine Maria, insieme alla pietosa Maddalena, che per l’eccesso del dolore stava sul punto di tramortire.
  4. La grandezza del tuo amore per il Figlio e il cordiale affetto che ti unì al dolore della Madre si  manifestò nella fermezza e coraggio con cui rimanesti presso Gesù fino al momento in cui L’inchiodarono sulla croce, e presso la Vergine Madre fin quando la spada del dolore si infisse del tutto nel Suo Cuore Immacolato.
  5. Per ciò, Gesù, entrato in agonia, ti affidò in modo speciale Sua Madre.
  6. Te L’affidò perché tu, che rimanesti vergine, custodissi la Vergine; ed altresì ti prendessi cura di Lei nelle sue necessità, e con premurose attenzioni di carità La servissi filialmente come propria madre.
  7. O fedelissimo e castissimo custode della santissima Madre di Dio, la Vergine Maria! O, Tu, l’amico dello Sposo della Chiesa, il tesoriere dell’eterno Re!
  8. Tu Giovanni, alla morte di Cristo, passasti a occupare il suo posto di figlio della Vergine; così a te fu affidata l’Arca di Dio che conteneva la manna celeste.
  9. Ti venne affidato il compito di vigilare sulla luminosa Porta del cielo, per cui entrò il Re della Gloria, quando Egli stesso morendo sulla croce disse: “Ecco tua Madre!”.
  10. O, quale tesoro!, la Madre tua e Madre di Dio, la Madre eccelsa, la Madre benedetta per tutta l’eternità, che ti fu affidata, consegnata, associata!
  11. Oh! Chi mi darà poter tenere una tale Madre, e con Lei un tale custode!
  12. Ad Essi voglio raccomandare con tutta sicurezza la mia povera anima, perché la ricevano sotto la loro protezione, e nell’ora tremenda di partire da questo mondo non mi terrorizzi quell’infernale nemico.
  13. O clementissimo e buon Gesù, ricordaTi di me nella mia ultima ora!
  14. E spegnendosi la mia voce corporale, venendo meno i miei sensi, mi venga in aiuto la pietosa orazione della Tua amatissima Madre, e mi circondino strettamente le leali attenzioni dell’Apostolo San Giovanni.
  15. Orsù, dunque, Mamma pietosa e compassionevole Vergine Maria! Ti supplico per l’amabile Tuo Figlio, e per l’Apostolo cui Ti affidò dalla Croce, assistermi in ogni luogo e in ogni momento.
  16. Però prego –in modo speciale- Te, che con San Giovanni e Maria Maddalena mai Ti separasti dal lato del moribondo Tuo Figlio Gesù, di non abbandonarmi nella mia ultima agonia.
  17. O dolcissimo Apostolo San Giovanni, sollecito custode e amico sempre fedele, proteggimi con le armi della milizia celeste e col segno della Santa Croce!
  18. Allontana dalla mia presenza il nemico del nome cristiano, e, al sopraggiungere del supremo istante della morte, liberami nel nome santissimo di Gesù!
  19. Oh! i due begli ulivi che effondono somma pietà e misericordia! Devotissimamente mi raccomando alla Vostra intercessione e perpetua protezione, affinché, superati tutti gli ostacoli, mi accompagniate tutti insieme e felicemente nel beato Regno di Cristo Gesù. Amen.>>

Manduria 2500 anni fa