2 dicembre 2019
In cerca dei miei amori
mi spingerò tra i monti e le riviere,
non coglierò fiori
né temerò le fiere,
ma passerò i forti e le frontiere.
SPIEGAZIONE
1. All’anima non bastano i gemiti e le preghiere né l’aiuto d’intermediari per conversare
con l’Amato, come ha fatto nelle precedenti strofe, ma insieme a questo ella stessa deve
mettersi a cercarlo. Questo è il pensiero che esprime nella presente strofa: cercare
l’Amato, esercitandosi nelle virtù e nelle mortificazioni della vita contemplativa e
attiva. A tale scopo, non ammetterà alcun piacere o comodità, né basteranno a fermarla
o ad ostacolarle il cammino tutte le forze e le insidie dei tre nemici dell’anima: il
mondo, il demonio e la carne. Perciò dice: In cerca dei miei amori,
cioè del mio Amato, mi spingerò tra i monti e le riviere.
3. Essa chiama le virtù monti, anzitutto per la loro altezza e poi per le difficoltà e la
fatica che si affrontano nel salirvi, quando si esercita nella vita contemplativa. Chiama,
inoltre, riviere le mortificazioni, gli atti di umiltà e il disprezzo di sé, quando esercita
queste cose nella vita attiva; infatti, per acquisire le virtù, sono necessarie l’una e l’altra
vita. Il che, dunque, equivale a dire: per cercare il mio Amato metterò in opera le alte
virtù e mi umilierò nelle mortificazioni e negli esercizi più modesti. Dice questo perché
la ricerca di Dio consiste nel fare il bene in lui e mortificare il male in sé, come si dice
dopo: non coglierò fiori.
4. Poiché per cercare Dio si richiede un cuore spoglio e forte, libero da tutti i mali e da
tutti i beni che non siano esclusivamente Dio, nel verso presente e nei seguenti l’anima
parla della libertà e della forza necessarie per cercarlo.
Sostiene, quindi, che non si
fermerà a cogliere i fiori che troverà lungo il cammino e che rappresentano tutte le
voglie, le soddisfazioni e i piaceri che le si possono offrire in questa vita: tutto questo
potrebbe ostacolare il cammino, se volesse coglierli e goderli.
Gli ostacoli sono di tre
tipi: terreni, sensibili e spirituali. Sia gli uni che gli altri occupano il cuore e
impediscono lo spogliamento spirituale richiesto per camminare direttamente nella via
di Cristo, se l’anima dovesse soffermarvisi od occuparsene. Per cercare Cristo, afferma
che non si attarderà a cogliere cose del genere. È come se dicesse: non riporrò il mio
cuore nelle ricchezze e nei beni offerti dal mondo, né accoglierò le consolazioni e i
piaceri della mia carne, né indugerò nei gusti e nei conforti del mio spirito, per non
essere trattenuta nella ricerca dei miei amori per i monti delle virtù e delle fatiche.
Dicendo così, segue il consiglio che dà il profeta Davide a coloro che percorrono questo
cammino: Divitiae si affluant, nolite cor apponete: Anche se abbondano le ricchezze,
non attaccatevi il cuore (Sal 61,11). Questo vale sia per le soddisfazioni sensibili che
per gli altri beni terreni e le consolazioni spirituali. Ne segue che non solo i beni terreni
e i piaceri corporali impediscono e ostacolano il cammino verso Dio, ma anche le
consolazioni e i conforti spirituali, se posseduti o cercati con attaccamento, impediscono
di seguire la via della croce dello Sposo Cristo. Chi vuole progredire, quindi, non deve
attardarsi a cogliere questi fiori. Non solo, ma deve avere anche il coraggio e la forza
per dire: né temerò le fiere, ma passerò i forti e le frontiere.
5. In questi versi l’anima cita i suoi tre nemici – il mondo, il demonio e la carne – che le
fanno guerra e rendono difficile il cammino spirituale. Per fiere intende il mondo, per
forti il demonio e per frontiere la carne.
6. Chiama fiere il mondo perché, all’anima che inizia il cammino di Dio, il mondo si
presenta nell’immaginazione come una fiera che minaccia e spaventa, soprattutto
secondo tre maniere. La prima le fa pensare che perderà il favore del mondo, gli amici,
la stima, il prestigio e persino il patrimonio. La seconda – una fiera non meno terribile –
le fa vedere quanto dovrà soffrire non avendo più le gioie e i piaceri del mondo e non
provando più le sue lusinghe. La terza, ancora più grande, le fa pensare che le si
solleveranno contro le male lingue, deridendola e beffeggiandola con motteggi e burle, e
sarà stimata pochissimo. Simili minacce di solito si presentano ad alcune anime tanto da
rendere loro difficilissima non solo la perseveranza contro queste fiere, ma anche la
possibilità d’intraprendere il cammino.
7. Ad alcune anime più generose, però, spesso si presentano altre fiere più interiori e
spirituali: difficoltà e tentazioni, tribolazioni e prove di vario genere che esse dovranno
affrontare. Dio invia tali fiere a coloro che vuole elevare a una perfezione maggiore,
provandoli ed purificandoli come l’oro sul fuoco, secondo quanto afferma Davide:
Multae tribulationes iustorum, cioè: Molte sono le sventure dei giusti, ma li libera da
tutte il Signore (Sal 33,20). Tuttavia l’anima profondamente innamorata, che stima il
suo Amato più di ogni altra cosa, fidandosi del suo amore e del suo favore non teme di
dire: né temerò le fiere, ma passerò i forti e le frontiere.
8. Chiama forti il secondo nemico, i demoni, perché essi cercano con grande forza di
sbarrare il passo di questo cammino e anche perché le loro tentazioni e astuzie sono più
forti e dure da superare e più difficili da riconoscere rispetto a quelle del mondo e della
carne. Inoltre i demoni si rafforzano con gli altri due nemici, il mondo e la carne, per
muovere un’aspra guerra all’anima. Per questo Davide, parlando di essi, li chiama forti:
Fortes quaesierunt animam meam: I forti insidiano la mia vita (Sal 53,5).
A questa forza si riferisce anche il profeta Giobbe quando dice che non c’è sulla terra potere
paragonabile a quello del demonio e tale che di nessuno debba aver paura (Gb 41,24
Volg.), cioè nessun potere umano può essere paragonato al suo. Solo il potere divino,
quindi, può vincerlo e solo la luce divina può scoprire i suoi inganni. Ecco perché
l’anima che deve vincere la sua forza non potrà riuscirvi senza la preghiera, né potrà
scoprire i suoi inganni senza l’umiltà e la mortificazione. Per questo san Paolo, volendo
mettere in guardia i fedeli, usa queste espressioni: Induite vos armaturam Dei, ut
possitis stare adversus insidias diaboli, quoniam non est vobis colluctatio adversus
carnem et sanguinem: Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie
del diavolo; la nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne
(Ef 6,11-12). Per sangue intende il mondo e per armatura di Dio la preghiera e la croce
di Cristo, ove risiedono l’umiltà e la mortificazione di cui ho parlato.
9. L’anima aggiunge che passerà oltre le frontiere, con le quali – ripeto – indica le
ripugnanze e le ribellioni che la carne solleva naturalmente contro lo spirito. Come dice
san Paolo: Caro enim concupiscit adversus spiritum: La carne ha desideri contrari allo
Spirito(Gal 5,17), e si pone quasi sul confine ostacolando il cammino spirituale.
L’anima deve andare oltre queste frontiere, superando le difficoltà e abbattendo con la
forza e la determinazione dello spirito tutti gli appetiti sensuali e le affezioni naturali.
Difatti, finché questi persisteranno nell’anima, lo spirito sarà talmente soggiogato da
non poter andare avanti verso la vera vita e il diletto spirituale. Tutto questo ci fa ben
comprendere san Paolo quando afferma: Si spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis:
Se con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere della carne, vivrete (Rm 8,13).
Questo dunque è l’atteggiamento che, secondo la presente strofa, l’anima ritiene
opportuno adottare lungo il cammino di ricerca del suo Amato. Vale a dire: costanza e
arditezza per non abbassarsi a cogliere i fiori, coraggio per non temere le fiere e forza
per superare i forti e le frontiere, con l’unico scopo di andare sui monti e lungo le riviere
delle virtù, come ho spiegato sopra.
AMDG et DVM
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