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venerdì 29 aprile 2016

Oh, quanto grande e venerando il ministero dei Sacerdoti!


IL CORPO DI CRISTO E LA SACRA SCRITTURA SOMMAMENTE NECESSARI ALL'ANIMA FEDELE 

PAROLE DEL DISCEPOLO 


1 O soavissimo Signore Gesù, quant'è grande la dolcezza dell'anima devota che siede al tuo banchetto, nel quale le viene imbandito nessun altro cibo all'infuori di Te stesso, unico suo Amato, desiderabile sopra tutti i desideri del suo cuore! 
2 Ed anche a me sarebbe dolce, alla tua presenza, versare lacrime per l'intima tenerezza del cuore e, con la pia Maddalena, bagnare di pianto i tuoi piedi. 

3 Ma dov'è questa devozione? Dove, una tale profusione di lacrime sante? 

4 Certo, al cospetto tuo e dei tuoi santi Angeli, io dovrei avvampare tutto quanto nell'intimo e piangere di gioia. 
5 Ho, infatti, nel Sacramento, Te realmente presente, benché nascosto sotto specie non tue. 
6 I miei occhi non potrebbero sostenere di vederTi nel tuo proprio e divino splendore; anzi, neppure l'universo intero potrebbe sussistere davanti al glorioso splendore della tua Maestà. 
7 Per questo, dunque, Tu vieni incontro alla mia insufficienza, nascondendoTi sotto le specie del Sacramento. 
8 Io possiedo realmente ed adoro Colui che gli Angeli adorano in Cielo; finora, però, Lo adoro soltanto nella Fede, mentre gli Angeli Lo adorano faccia a faccia e senza veli. 

9 Io devo accontentarmi della luce della vera Fede e camminare in essa, finché sorga il giorno dello splendore eterno e tramontino, dileguandosi, le ombre delle figure. 
10 "Ma quando verrà ciò che è perfetto" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei Sacramenti, perché i Beati nella gloria celeste non hanno bisogno di medicina sacramentale. 
11 Essi, infatti, godono senza fine la presenza di Dio, contemplando faccia a faccia la sua gloria. Passano di luce in luce fino all'abisso della Divinità ed assaporano il Verbo di Dio fatto carne, quale era in principio e quale permane ineterno. 
12 Quando il pensiero mi riporta a codeste meraviglie, qualsiasi consolazione, anche spirituale, mi si trasforma in noia gravosa, perché, fino a quando io non veda manifestamente il mio Signore nella sua gloria, stimo un nulla tutto ciò che vedo e sento quaggiù. 

13 Tu mi sei testimonio, o Dio, che nessuna cosa mi può dare conforto, che nessuna creatura può darmi pace, se non Tu, mio Dio, che desidero contemplare in eterno. 

14 Ma ciò non è possibile, mentre vivo in questa vita mortale. 
15 Quindi, occorre ch'io mi disponga a grande pazienza e mi sottometta a Te in ogni mio desiderio. 

16 Anche i tuoi Santi, o Signore, che ormai esultano con Te nel Regno dei Cieli, mentre erano in questa vita attendevano con grande fede e pazienza l'avvento della tua gloria. 
17 Ciò che essi hanno creduto, lo credo anch'io; ciò che essi hanno sperato, lo spero anch'io; dove essi sono giunti, 103 confido di giungere anch'io, con la grazia tua. 
18 lntanto, camminerò nella Fede, attingendo forza dagli esempi dei Santi. 
19 Terrò pure, come mia consolazione e come mio specchio di vita, i Sacri Libri e, soprattutto, come speciale mio rimedio e come rifugio, il tuo sacratissimo Corpo.  

20 Due cose, infatti, sento che mi sono sommamente necessarie in questa vita; senza di esse, mi riuscirebbe insopportabile codesta vita di miserie.

21 Imprigionato nel carcere di questo mio corpo, confesso d'avere bisogno di due cose: di nutrimento e di luce. 
22 Per questo, a me che sono così debole, Tu hai dato il tuo sacro Corpo quale ristoro dell'anima e del corpo, e hai posto "davanti ai miei piedi come lucerna la tua Parola" (Sal 118,105). 
23 senza questi due doni non potrei vivere bene, perché la Parola di Dio è la luce dell'anima mia e il tuo Sacramento è pane di vita. 
24 Questi due doni si possono anche chiamare due mense, poste di qua e di là nel gazofilacio, cioè nel tesoro della Santa Chiesa. 

25 L’una è la mensa del Sacro Altare, sulla quale è il Pane Santo, cioè il prezioso Corpo di Cristo. 
26 L’altra è la mensa della Legge di Dio, che contiene la Santa dottrina, che insegna la retta fede, che guida con sicurezza fin oltre il velo più interno, dove sta il Santo dei Santi. 

27 Siano rese grazie a Te, o Signore Gesù, luce della luce eterna, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai imbandito per mezzo dei tuoi servi, i Profeti, gli Apostoli e gli altri dottori. 
28 Siano rese grazie a Te, Creatore e Redentore degli uomini, che, per manifestare al mondo intero il tuo amore, hai preparato quella grande cena nella quale ci hai offerto da mangiare non l'agnello simbolico, ma il tuo Corpo santissimo ed il tuo Sangue, 
29 Riempiendo di letizia tutti i tuoi fedeli con il tuo sacro convito ed inebriandoli con il calice della salvezza, nel quale sono contenute tutte le delizie del Paradiso; convito, nel quale banchettano insieme con noi, sebbene con più felice soavità, gli Angeli Santi. 
  
30 Oh, quanto grande e venerando il ministero dei Sacerdoti! Ad essi è stato comandato di consacrare con la santa formula il Signore Altissimo, di benedirLo con le labbra, di tenerLo tra le mani, di nutrirsene con la propria bocca e di dispensarLo agli altri. 

31 Oh, quanto pure devono essere quelle mani, quanto pure le labbra, quanto santo il corpo e quanto immacolato il cuore del Sacerdote, nel quale tante volte entra l'Autore della purezza! 

32 Dalla bocca del Sacerdote, che tante volte riceve il Sacramento di Cristo, nessuna parola deve uscire, che non sia santa, onesta e fruttuosa. 33 I suoi occhi, che abitualmente si posano sul Corpo di Cristo, devono essere modesti e pudichi; 
34 Pure ed elevate al cielo devono essere le sue mani, che sono solite stringere il Creatore del cielo e della terra. 

35 Ai Sacerdoti, in modo speciale, è detto nella Legge: "Siate santi, perché Io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). 

36 Dio onnipotente, ci aiuti la tua grazia, perché noi, che abbiamo assunto il ministero sacerdotale, sappiamo essere a tuo servizio degnamente e devotamente, con ogni purezza e con buona coscienza. 

37 E, se non possiamo conservarci in tanta innocenza di vita come dovremmo, concedici almeno di piangere come si conviene il male che abbiamo fatto, e di servirTi per il futuro con più fervore, in ispirito d'umiltà e nel fermo proponimento d'una volontà sincera. 

+SANCTUS DEUS
+SANCTUS FORTIS
+SANCTUS IMMORTALIS
+MISERERE NOBIS

domenica 25 gennaio 2015

INVITO ALLA BIBBIA: CON SAN GIROLAMO PONIAMO AL CENTRO DELLA NOSTRA VITA LA SACRA BIBBIA

          

Breve profilo biografico di San Girolamo


Breve profilo biografico di
Sa n Girolamo (o Gerolamo)
Sacerdote e dottore della Chiesa
Autore: Papa Benedetto XVI (Udienza generale 14 Novembre 2007)


San Girolamo è un Padre della Chiesa che ha posto al centro della sua vita la Bibbia: l’ha tradotta nella lingua latina, l’ha commentata nelle sue opere, e soprattutto si è impegnato a viverla concretamente nella sua lunga esistenza terrena, nonostante il ben noto carattere difficile e focoso ricevuto dalla natura.


Girolamo nacque a Stridone verso il 347 da una famiglia cristiana, che gli assicurò un’accurata formazione, inviandolo anche a Roma a perfezionare i suoi studi. Da giovane sentì l'attrattiva della vita mondana (cfr Ep. 22,7), ma prevalse in lui il desiderio e l'interesse per la religione cristiana. Ricevuto il battesimo verso il 366, si orientò alla vita ascetica e, recatosi ad Aquileia, si inserì in un gruppo di ferventi cristiani, da lui definito quasi «un coro di beati» (Chron. Ad ann. 374) riunito attorno al Vescovo Valeriano. Partì poi per l'Oriente e visse da eremita nel deserto di Calcide, a sud di Aleppo (cfr Ep. 14,10), dedicandosi seriamente agli studi. 
Perfezionò la sua conoscenza del greco, iniziò lo studio dell'ebraico (cfr Ep. 125,12), trascrisse codici e opere patristiche (cfr Ep. 5,2). La meditazione, la solitudine, il contatto con la Parola di Dio fecero maturare la sua sensibilità cristiana. Sentì più pungente il peso dei trascorsi giovanili (cfr Ep. 22,7), e avvertì vivamente il contrasto tra mentalità pagana e vita cristiana: un contrasto reso celebre dalla drammatica e vivace "visione", della quale egli ci ha lasciato il racconto. In essa gli sembrò di essere flagellato al cospetto di Dio, perché «ciceroniano e non cristiano» (cfr Ep. 22,30).

Nel 382 si trasferì a Roma: qui il Papa Damaso, conoscendo la sua fama di asceta e la sua competenza di studioso, lo assunse come segretario e consigliere; lo incoraggiò a intraprendere una nuova traduzione latina dei testi biblici per motivi pastorali e culturali. 

Alcune persone dell’aristocrazia romana, soprattutto nobildonne come Paola, Marcella, Asella, Lea ed altre, desiderose di impegnarsi sulla via della perfezione cristiana e di approfondire la loro conoscenza della Parola di Dio, lo scelsero come loro guida spirituale e maestro nell’approccio metodico ai testi sacri. Queste nobildonne impararono anche il greco e l’ebraico.

Dopo la morte di Papa Damaso, Girolamo lasciò Roma nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa, silenziosa testimone della vita terrena di Cristo, poi in Egitto, terra di elezione di molti monaci (cfr Contra Rufinum 3,22; Ep. 108,6-14). Nel 386 si fermò a Betlemme, dove, per la generosità della nobildonna Paola, furono costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i pellegrini che si recavano in Terra Santa, «pensando che Maria e Giuseppe non avevano trovato dove sostare» (Ep. 108,14). A Betlemme restò fino alla morte, continuando a svolgere un'intensa attività: commentò la Parola di Dio; difese la fede, opponendosi vigorosamente a varie eresie; esortò i monaci alla perfezione; insegnò la cultura classica e cristiana a giovani allievi; accolse con animo pastorale i pellegrini che visitavano la Terra Santa. Si spense nella sua cella, vicino alla grotta della Natività, il 30 settembre 419/420.

La preparazione letteraria e la vasta erudizione consentirono a Girolamo la revisione e la traduzione di molti testi biblici: un prezioso lavoro per la Chiesa latina e per la cultura occidentale. Sulla base dei testi originali in greco e in ebraico e grazie al confronto con precedenti versioni, egli attuò la revisione dei quattro Vangeli in lingua latina, poi del Salterio e di gran parte dell'Antico Testamento. Tenendo conto dell'originale ebraico e greco, dei Settanta, la classica versione greca dell’Antico Testamento risalente al tempo precristiano, e delle precedenti versioni latine, Girolamo, affiancato poi da altri collaboratori, poté offrire una traduzione migliore: essa costituisce la cosiddetta "Vulgata", il testo "ufficiale" della Chiesa latina, che è stato riconosciuto come tale dal Concilio di Trento e che, dopo la recente revisione, rimane il testo "ufficiale" della Chiesa di lingua latina. 

E’ interessante rilevare i criteri a cui il grande biblista si attenne nella sua opera di traduttore. Li rivela egli stesso quando afferma di rispettare perfino l’ordine delle parole delle Sacre Scritture, perché in esse, dice, "anche l’ordine delle parole è un mistero" (Ep. 57,5), cioè una rivelazione.            Ribadisce inoltre la necessità di ricorrere ai testi originali: «Qualora sorgesse una discussione tra i Latini sul Nuovo Testamento, per le lezioni discordanti dei manoscritti, ricorriamo all'originale, cioè al testo greco, in cui è stato scritto il Nuovo Patto. Allo stesso modo per l'Antico Testamento, se vi sono divergenze tra i testi greci e latini, ci appelliamo al testo originale, l'ebraico; così tutto quello che scaturisce dalla sorgente, lo possiamo ritrovare nei ruscelli» (Ep. 106,2). 

Girolamo, inoltre, commentò anche parecchi testi biblici. Per lui i commentari devono offrire molteplici opinioni, «in modo che il lettore avveduto, dopo aver letto le diverse spiegazioni e dopo aver conosciuto molteplici pareri – da accettare o da respingere –, giudichi quale sia il più attendibile e, come un esperto cambiavalute, rifiuti la moneta falsa» (Contra Rufinum 1,16).

Confutò con energia e vivacità gli eretici che contestavano la tradizione e la fede della Chiesa. Dimostrò anche l'importanza e la validità della letteratura cristiana, divenuta una vera cultura ormai degna di essere messa a confronto con quella classica: lo fece componendo il De viris illustribus, un'opera in cui Girolamo presenta le biografie di oltre un centinaio di autori cristiani. Scrisse pure biografie di monaci, illustrando accanto ad altri itinerari spirituali anche l'ideale monastico; inoltre tradusse varie opere di autori greci. Infine nell'importante Epistolario, un capolavoro della letteratura latina, Girolamo emerge con le sue caratteristiche di uomo colto, di asceta e di guida delle anime.

Che cosa possiamo imparare noi da San Girolamo? Mi sembra soprattutto questo: amare la Parola di Dio nella Sacra Scrittura. Dice San Girolamo: "Ignorare le Scritture è ignorare Cristo". Perciò è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Sacra Scrittura. Questo nostro dialogo con essa deve sempre avere due dimensioni: da una parte, dev'essere un dialogo realmente personale, perché Dio parla con ognuno di noi tramite la Sacra Scrittura e ha un messaggio ciascuno. Dobbiamo leggere la Sacra Scrittura non come parola del passato, ma come Parola di Dio che si rivolge anche a noi e cercare di capire che cosa il Signore voglia dire a noi. Ma per non cadere nell'individualismo dobbiamo tener presente che la Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione, per unirci nella verità nel nostro cammino verso Dio. 

Quindi essa, pur essendo sempre una Parola personale, è anche una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa. Perciò dobbiamo leggerla in comunione con la Chiesa viva. Il luogo privilegiato della lettura e dell'ascolto della Parola di Dio è la liturgia, nella quale, celebrando la Parola e rendendo presente nel Sacramento il Corpo di Cristo, attualizziamo la Parola nella nostra vita e la rendiamo presente tra noi. Non dobbiamo mai dimenticare che la Parola di Dio trascende i tempi. Le opinioni umane vengono e vanno. Quanto è oggi modernissimo, domani sarà vecchissimo. La Parola di Dio, invece, è Parola di vita eterna, porta in sé l'eternità, ciò che vale per sempre. Portando in noi la Parola di Dio, portiamo dunque in noi l'eterno, la vita eterna.

E così concludo con una parola di San Girolamo a San Paolino di Nola. In essa il grande Esegeta esprime proprio questa realtà, che cioè nella Parola di Dio riceviamo l'eternità, la vita eterna. Dice San Girolamo: «Cerchiamo di imparare sulla terra quelle verità la cui consistenza persisterà anche nel cielo» (Ep. 53,10).


Autore: Papa Benedetto XVI (Udienza generale 14 Novembre 2007)









Con quest’uomo intrattabile hanno un debito enorme la cultura e i cristiani di tutti i tempi. Ha litigato con sprovveduti, dotti, santi e peccatori; fu ammirato e detestato. Ma rimane un benefattore delle intelligenze e la Chiesa lo venera come uno dei suoi padri più grandi. Nato da famiglia ricca, riceve il battesimo a Roma, dove va a studiare. Studierà per tutta la vita, viaggiando dall’Europa all’Oriente con la sua biblioteca di classici antichi, sui quali si è formato. 

Nel 375, dopo una malattia, Gerolamo passa alla Bibbia, con passione crescente. Studia il greco ad Antiochia; poi, nella solitudine della Calcide (confini della Siria), si dedica all’ebraico. Riceve il sacerdozio ad Antiochia nel 379 e nel 382 è a Roma. Qui, papa Damaso I lo incarica di rivedere il testo di una diffusa versione latina della Scrittura, detta Itala, realizzata non sull’originale ebraico, bensì sulla versione greca detta dei Settanta. A Roma fa anche da guida spirituale a un gruppo di donne della nobiltà. E intanto scaglia attacchi durissimi a ecclesiastici indegni (un avido prelato riceve da lui il nome “Grasso Cappone”).

Alla morte di Damaso I (384), va in Palestina con la famiglia della nobile Paola. Vive in un monastero a Betlemme, scrivendo testi storici, dottrinali, educativi e corrispondendo con gli amici di Roma con immutata veemenza. Perché così è fatto. E poi perché, francamente, troppi ipocriti e furbi inquinano ora la Chiesa, dopo che l’imperatore Teodosio (ca. 346-395) ha fatto del cristianesimo la religione di Stato, penalizzando gli altri culti.

Intanto prosegue il lavoro sulla Bibbia secondo l’incarico di Damaso I. Ma, strada facendo, lo trasforma in un’impresa mai tentata. Sente che per avvicinare l’uomo alla Parola di Dio bisogna andare alla fonte. E così, per la prima volta, traduce direttamente in latino dall’originale ebraico i testi protocanonici dell’Antico Testamento. Lavora sulla pagina e anche sul terreno, come dirà: "Mi sono studiato di percorrere questa provincia (la Giudea) in compagnia di dotti ebrei". Rivede poi il testo dei Vangeli sui manoscritti greci più antichi e altri libri del Nuovo Testamento. Gli ci vorrebbe più tempo per rifinire e perfezionare l’enorme lavoro. Ma, così come egli lo consegna ai cristiani, esso sarà accolto e usato da tutta la Chiesa: nella Bibbia di tutti, Vulgata, di cui le sue versioni e revisioni sono parte preponderante, la fede è presentata come nessuno aveva fatto prima dell’impetuoso Gerolamo.

E impetuoso rimane, continuando nelle polemiche dottrinali con l’irruenza di sempre, perfino con sant’Agostino, che invece gli risponde con grande amabilità. I suoi difetti restano, e la grandezza della sua opera pure. Gli ultimi suoi anni sono rattristati dalla morte di molti amici, e dal sacco di Roma compiuto da Alarico nel 410: un evento che angoscia la sua vecchiaia.

domenica 14 dicembre 2014

Divagazioni evangeliche su dottrina e pastorale


Abbiamo già accennato altrove [qui] alla presunta divisione fra dottrina e pastorale in nome della quale si sono giustificati ovunque i peggiori abusi. L’occasione di parlare di questo argomento ci è stata fornita dal recente sinodo dei Vescovi, in cui alcuni “pastori”, in nome di questo mantra post conciliare, pretendevano introdurre novità pratiche di una certa rilevanza, a loro dire “senza mutare la dottrina”.

La cosa, grazie a Dio, almeno per ora, s’è infranta sugli scogli di una opposizione trasversale di numerosi altri pastori più attenti dei primi al dettato evangelico. Tuttavia, il pericolo non è affatto scampato, ma solo rimandato di un anno, al prossimo sinodo. Per questo crediamo importante continuare l’approfondimento del tema, onde offrire a tutti i fedeli alcuni sicuri punti fermi cui aggrapparsi in giorni di grande confusione come quelli che stiamo vivendo, punti fermi oseremmo dire “irremovibili” perché posti sullo stesso fondamento che è Cristo e, come ci ricorda san Paolo, nessuno può porre un fondamento diverso (Cf 1Cor 3, 11).

E dove lo troviamo Cristo? Lo troviamo nella Sacra Scrittura: l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo (san Girolamo). Ma la Scrittura, come dice san Pietro, «non è soggetta a privata interpretazione» (2Pt 1, 20), bensì deve essere letta nello Spirito in cui è stata scritta. Dunque, la Scrittura va letta nel modo in cui è stata letta dai Santi e dal costante Magistero della Chiesa in 2000 anni di storia. Impariamo dai Santi: in ogni tempo essi hanno accolto la Scrittura con semplicità e Fede, come i bambini che semplicemente credono a quel che viene detto loro dai genitori. Il dubbio metodico e il metodo storico-critico saranno anche “scientifici”, ma fanno perdere lo spirito evangelico e spesso la fede stessa. Lo stesso Gesù sembra metterci in guardia da troppa “scientificità” quando dice: «chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino non entrerà in esso» (Mc 10, 15). 

Per comprendere quanto sia realmente importante rimanere ancorati fedelmente al dettato evangelico è utile meditare quei famosi versi del Vangelo di Giovanni in cui Gesù dice: «se rimanete fedeli alla mia parola sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32). 

Siamo qui in presenza di un interessante collegamento posto da Gesù stesso tra la “verità”, che è su un livello speculativo, e “libertà”, che è su un livello pratico. È la “verità” che ci rende liberi: non può esserci vera libertà senza verità e san Paolo specifica che bisogna vivere «secondo la verità, nella carità» (Ef 4, 15). Un agire al di fuori della verità, non è un agire libero, bensì costretto: vuoi dal peccato, vuoi dalle convenzioni sociali, vuoi dalle pressioni ambientali.

Dobbiamo quindi acquisire la “libertà dei figli di Dio”, e per farlo Gesù stesso ci dice che dobbiamo rimanere fedeli alla sua parola, per conoscere la verità che ci renderà liberi. L’effetto pratico che ricerchiamo, la libertà, ha una causa speculativa, ossia la conoscenza della verità. A sua volta, la conoscenza della verità è originata dalla fedeltà alla parola di Gesù. Lineare e semplice, forse troppo per alcuni che «sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina» (Ef 4, 14) preferiscono seguire le idee contorte dei falsi dottori dei nostri tempi, piuttosto che le parole semplici del Salvatore.
Questa citazione paolina ci offre lo spunto per approfondire un poco il concetto di "dottrina", che secondo alcuni [qui] potrebbe addirittura essere percepita come "una clava che giudica".

Il termine dottrina è in sé neutro, ossia può essere caricato di significato sia negativo che positivo. Infatti, tale termine indica genericamente un insegnamento organico, un insieme di principi e/o nozioni tra loro collegate, senza per questo darne un giudizio di valore. In tal senso, quando parliamo di dottrina cattolica, ci riferiamo all’insegnamento che Cristo ha trasmesso ai suoi apostoli e consegnato alla sua Chiesa nei Vangeli, creduto dai Santi Padri e trasmesso sino a noi dalla Santa Chiesa: insegnamento che dobbiamo seguire fedelmente se vogliamo conoscere la verità e se vogliamo essere liberi e salvi. Infatti, la verità donataci da Cristo è una verità salvifica, presupposto della libertà e della vita eterna: «chi crederà sarà salvo» (Mc 16, 16). Dunque, si può ben capire come la fedele trasmissione di questo insegnamento, di questa dottrina, sia letteralmente di “vitale” importanza. Per gli appassionati del Concilio Vaticano II, esso insegna autorevolmente nella Costituzione DogmaticaDei Verbum, che «i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture» (n. 11).

Quanto sopra premesso, dobbiamo affermare che è semplicemente falso e capzioso creare una presunta contrapposizione o separazione fra dottrina e pastorale, pretendendo di operare una prassi dissociata dalla verità: in nome di una finta misericordia si finisce per mettere tra parentesi o accantonare l’insegnamento di Cristo. Dico che è finta misericordia perché quelle verità che vengono taciute o accantonate, in nome della misericordia stessa, sono verità liberatorie e salvifiche, verità da cui dipende la libertà e la salvezza delle anime che hanno tutto il diritto di sentirsele predicare, così come d'altro canto i pastori hanno il dovere di predicarle. Tutto ciò è semplicemente diabolico.

Una pastorale che non sia ancorata saldamente nella verità rivelata non conduce alla libertà e non porta alla salvezza. 
Inoltre, un’azione umana, proprio in quanto umana, è per ciò stesso razionale. Tanto più un “piano pastorale” non può non avere a monte idee e dei principi che, se non sono quelli della dottrina cattolica divinamente rivelata, saranno inevitabilmente altri.
Per comprender meglio quanto l’agire umano dipenda effettivamente da una dottrina che lo precede, ricorriamo ancora una volta al Vangelo.

Poco dopo la seconda moltiplicazione dei pani, Gesù ammonisce i suoi apostoli dicendo loro: «fate bene attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei» (Mt 16, 6). Questi non capirono subito cosa volesse dire il Maestro, ma infine compresero che il lievito dai farisei, da cui si dovevano guardare era la loro dottrina. (Mt 16, 12).
Questo passo è particolarmente importante perché Gesù parla di una dottrina come di un lievito. Il lievito è il principio attivo della fermentazione della pasta. L’azione della fermentazione dipende dal lievito che, in un certo senso, "anima" la pasta.

Inoltre, quando il lievito è amalgamato alla pasta e questa è fermentata, umanamente è impossibile separarlo. Per questo Gesù dice di “fare bene attenzione e di guardarsi” da dalla dottrina farisaica, che è un insegnamento umano e che, se accolto senza discernimento, diviene principio di un agire non secondo Dio, ma secondo gli uomini. Questa ammonizione di Gesù, deve farci ancora di più comprendere, quanto sia vitale non lasciarsi inquinare l’anima da ogni vento di dottrina umana. 

San Paolo dice che «verrà il giorno – e dico io che sembra che sia arrivato – in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» (2Tm 4, 4-5). 

E ancora altrove, in modo altrettanto profetico quanto categorico scrive che: «lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza. Costoro vieteranno il matrimonio» (1Tm 4, 1-3). 

Io non so se adesso sono gli ultimi tempi, quello che so è che questo brano della prima lettera a Timoteo mette i brividi per quanto è attuale: parla di ipocriti “impostori” che come prima cosa attaccheranno il matrimonio vietandolo. Non siamo arrivati a tanto, grazie a Dio, ma ciascuno può giudicare da sé quanto queste parole di san Paolo risultino drammaticamente vere soprattutto in questi giorni in cui il matrimonio è attaccato come mai prima d’ora.
Chi ha orecchi per intendere.

AMDG

sabato 30 agosto 2014

Leggiamo il Vangelo o Scrittura Sacra

 
Vangelo o Scrittura Sacra
1. Che cosa è la Sacra Scrittura?
2. Differenza tra l'antica e la nuova Legge. ­
3. Necessità della Scrittura o della Rivelazione.
4. I quattro Evangelisti. ­
5. Diversi sensi della Scrittura.
6. Antichità del Vangelo.
7. Eccellenza della Sacra Scrittura.
8. La Sacra Scrittura contiene la vera scienza.
9. Il Vangelo dà la vera libertà.
10. Santità del Vangelo.
11.Vantaggi della Sacra Scrittura.
12. Come bisogna leggere e studiare la Sacra Scrittura. ­
13. Mezzi per profittare della Sacra Scrittura.

1. CHE COSA È LA SACRA SCRITTURA? - Ci dicono S. Atanasio e S. Agostino, che S. Antonio chiamava la Sacra Scrittura «una lettera in­viata dal cielo agli uomini (August. in Psalm. XC)». Non altrimenti si esprime S. Gregorio Magno, che la chiama «un'epistola dell'Onnipotente alla sua creatura (Lib. IV, epist. LXXXIV)». 
E infatti, dice S. Cipriano, «lo Spirito Santo è colui che dettò e scrisse la Sacra Scrittura; i Profeti (gli Evangelisti, gli Apostoli) non erano che la mano, o meglio, la penna che vergava quello che lo Spirito Santo dettava (Serm. de Eleem)». Che cosa è il Vangelo? È il libro di Gesù Cristo; la filosofia di Gesù Cristo; la teologia di Gesù Cristo; è la preziosa, la buona novella della redenzione; è la grazia, la salute eterna del genere umano, arrecata al mondo da Gesù e concessa ai credenti.


2. DIFFERENZA TRA L'ANTICA E LA NUOVA LEGGE. - 


L'Antico Testamento è il Nuovo Testamento nascosto sotto figura; il Nuovo è l'Antico svelato e dichiarato. «Il Nuovo Testamento, dice S. Wilibaldo, è in confronto all'Antico, quello che è la luce in confronto dell'ombra, quello che è la verità in confronto della figura, l'anima in confronto del corpo, la vita in confronto di ciò che essa vivifica. Infatti, come il corpo riceve vita dall'anima, così le promesse dell'antico Testamento ricevettero la loro dichiarazione e il loro avveramento dalla verità manifestataci da Gesù Cristo nel Nuovo (in eius vita a Philipp. Episc.)».

La differenza fra l'antica e la nuova legge, consiste, 
1° nel loro autore; quella fu promulgata da Mosè e poi dai Profeti; questa fu dettata da Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo... 2° L'antica è meno perfetta della nuova... 3° L'antica non è che un'ombra della nuova; il Vangelo è la verità nel suo chiarore...4° La prima era legge di timore, la seconda è legge di amore... 5° La legge prometteva beni terreni e perituri; il Vangelo promette la grazia, il cielo e vi ci conduce... 6° La legge era giogo pesante e grave; il Vangelo è giogo dolce e leggero... 7° La legge era la via verso Gesù e il Vangelo; il Vangelo e Gesù Cristo sono il termine della legge (Rom. X, 4)... 8° La legge fu data ai soli Giudei; il Vangelo, a tutte le nazioni... 9° La legge era temporanea; il Vangelo durerà in eterno... 10° Quella era imperfetta; questo è perfetto, sia in ordine al dogma, sia in ordine alla morale... 11° L'antica legge era come una legge di schiavitù; la nuova è legge di libertà, di beneficenza universale, di carità... 12° La legge imponeva solamente dei comandi e non oltrepassava ciò che è conforme alla natura; il Vangelo dà precetti e consigli, insegna e insinua cose soprannaturali e divine... 13° La legge propone all'intelligenza il precetto puro e semplice; il Vangelo offre la grazia insieme con i precetti e i consigli, affinché si adempiano e gli uni e gli altri... 14° La legge non ha fatto nessun apostolo; il Vangelo ne ha prodotto moltissimi...


3. NECESSITÀ DELLA SCRITTURA o DELLA RIVELAZIONE. - 


«Oltre gli insegnamenti della filosofia è necessaria, dice S. Tommaso, alla sa­lute del genere umano, una certa dottrina insegnata da Dio (1.a l.ae q. art. 1)». Quest'insegnamento o rivelazione è necessaria per conoscere le cose che superano l'intelletto umano e le forze della natura. La rivelazione è anche necessaria, dice lo stesso Dottore, nelle cose stesse che la filosofia può scoprire con la luce naturale; poiché queste verità intravvedute dalla filosofia non si manifestano che ad un piccolo numero di uomini e solo dopo lunghi studi, e non mai scevre affatto di errori. Ci bisogna dunque una verità rivelata che diriga la filosofia, corregga gli errori e sia facilmente conosciuta da tutti, in modo positivo e certo. Ora, per questo, non è sufficiente la luce naturale.


4. I QUATTRO EVANGELISTI. - 


Con diversi simboli sono raffigurati i quattro Evangelisti, secondo la diversa indole della loro narrazione. 
S. Matteo viene rappresentato con accanto una testa d'uomo, perché racconta in modo speciale la vita di Gesù Cristo come uomo. 
Vicino a S. Marco si dipinge un leone, perché quest’Evangelista mette particolarmente in mostra la potenza e la sovranità di Gesù Cristo. 
S. Luca si appoggia a un bue, perché nel suo Vangelo Gesù ci compare sotto lo speciale titolo di vittima destinata a surrogare tutte le vittime antiche. 
S. Giovanni finalmente ha per emblema l'aquila, per dinotare che carattere suo speciale fu di penetrare fino nel seno del Padre, e di qui svelarci la divina origine di Gesù Cristo. S. Matteo dunque ci espone l'umanità del Salvatore; S. Marco, la sua sovranità; S. Luca, il suo sacerdozio; S. Giovanni, la divinità.


5. DIVERSI SENSI DELLA SCRITTURA. - 


Quattro sono i principali sensi contenuti nella Bibbia; il senso letterale che narra i fatti; l'allegorico che indica quello che si deve credere; il tropologico, o morale; che indica quello che si deve fare; l'anagogico che accenna quel che s'ha da sperare (*).

[ * Il Lirano ha compreso questi sensi nel seguente distico: - Littera gesta docet; quid credas, allegoria; - Moralis, quid agas; quid speres, anagogia]


La città di Gerusalemme, per esempio, nel significato letterale mostra la capitale della Giudea; nell'allegorico, figura la Chiesa di Gesù Cristo; nel morale, rappresenta l'anima fedele; nell’anagogico simboleggia la patria celeste. Si aggiunge comunemente un quinto senso che è l'accomodatizio o interpretativo. Si è liberi di servirsi di tutti questi sensi, purché non si offenda né il dogma, né la morale, né il culto approvati dalla Chiesa. Gravissimo delitto è poi sempre torcere a sensi nefandi o peggio, falsificare le Sacre Scritture. «Conserva, o Timoteo, scriveva S. Paolo, il buon deposito, per mezzo dello Spirito Santo che abita in noi, schivando la profana novità dei vocaboli, e i cavilli di una scienza che non merita questo nome» (II, I, 14 - I, VI, 20).


6. ANTICHITÀ DEL VANGELO. - 


S. Paolo scrive: «Paolo, servo di Gesù Cristo, chiamato all'apostolato, eletto ad annunziare il Vangelo, già prima promesso da Dio per mezzo dei profeti nelle Sacre Scritture» (Rom. I, 1-2). Queste parole vogliono dire: Il Vangelo che io vi annunzio non è cosa nuova, né trovata da poco tempo, né inven­tata da me o da altri, ma è l'opera decretata da Dio fin dall'eternità. Perciò esso fu altre volte promesso da tutti i santi profeti, come cosa preziosa, salutare, certa, verissima, divina, annunziata, confermata e consolidata nel corso dei secoli; e in questo senso si deve intendere il detto di Cicerone: «La verità è figlia del tempo» - Temporis mia veritas (Offic.). E poi non è forse vero che l'antica legge conteneva in germe la nuova?...


7. ECCELLENZA DELLA SACRA SCRITTURA. - 


S. Paolo dice che il nostro Salvatore Gesù Cristo distrusse la morte e fece splendere la vita e l'incorruttibilità per mezzo del Vangelo... Infatti ogni scrittura inspi­rata da Dio è utile a insegnare, a riprendere, a correggere, ad istruir nella giustizia; affinché l'uomo di Di,o sia perfetto, e atto ad ogni opera buona (II Tim. I, 10), (Ibid. III, 16-17)... La Sacra Scrittura è un largo fiume, su le cui sponde verdeggiano alberi vigorosi ed altissimi, che sono i Santi.

Di lei, e particolarmente del Vangelo, Dio dice: «Ascolta, o po­polo, la legge uscirà dalla mia bocca; la mia giustizia illuminerà i popoli e si poserà in mezzo a loro» (ISAI. XLI, 4). La legge evangelica è chiamata giustizia, perché offre agli uomini la giustificazione, affinché vivano nella giustizia, nella pietà, nella santità. E chiamata giustizia, perché chi la riceve è giudicato degno del cielo e chi la ri­getta è da lei condannato all'inferno... Così ricca, così preziosa, così ben diretta è dallo Spirito Santo la Sacra Scrittura, che si confà a tutti i luoghi, a tutti i tempi, a tutte le persone; aiuta a superare le difficoltà, i pericoli, le malattie; a scacciare i mali, a procacciare i beni, a spegnere gli errori, a distruggere i vizi, a far fiorire ogni sorta di virtù.


Perciò non vi è da stupire se S. Giovanni Crisostomo scriveva: «La Sacra Scrittura è il regno dei cieli, ossia la beatitudine alla quale conduce; Gesù Cristo, nostra ragione e nostro verbo, ne è la porta; i sacerdoti ne sono i portinai; la chiave è parola della scienza; l'a­pertura è l'interpretazione fedele della medesima (In Catena)». Ugo da S. Vit­tore la celebra come il libro della vita, la cui origine viene dall'es­senza eterna e spirituale; scrittura indelebile, vista desiderabile, dot­trina facile, scienza dolce, profondità incommensurabile, unione di tutte le verità, le quali però ne formano fra tutte una sola (Tract. de Arca Noe). Anche l'abate Ruperto osserva che questo libro della Sacra Scrittura è uno solo, ed è per ciò che porta tal nome; è un solo ed unico libro, perché scritto da un solo Spirito; perché è il tesoro, il tabernacolo della parola di Dio che è una (In Etich.)».


8. LA SACRA SCRITTURA CONTIENE LA VERA SCIENZA. -


La Sacra Scrittura è di tutti i libri il più perfetto, di tutte le scienze la più certa, la più augusta, la più efficace, la più saggia, la più utile, la pIù solida, 1a più necessaria, la più estesa, la più sublime. È la sola necessaria, perché è la parola di Dio. Non è Mosè che parla, ma Dio: non sono i patriarchi e i profeti che parlano, ma è Dio. Non sono gli Evangelisti, gli Apostoli che parlano, ma è Dio. Ora Dio possiede ogni scienza e la possiede immune da ogni errore... 
La verità del Vangelo consiste principalmente in tre cose: 1° nella sincera conoscenza di Dio; 2° nella conoscenza della incarnazione e della redenzione; 3° nella conoscenza della vera felicità.

Il grande Apostolo, dopo di aver detto che Dio ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo (I Timoth. I, 10), esorta Timoteo a stare saldo nelle cose che aveva appreso e che gli erano state confidate, ben sapendo da chi le avesse imparate; e gli ricorda come fin da ragazzo avesse conosciuto le sacre lettere che possono istruirlo a sa­lute, per mezzo della fede che è in Cristo Gesù (II Id. III, 14-15). «Il giudizio di Dio illuminerà i popoli», pro­fetava Isaia (LI, 4). La legge evangelica, a cui alludono queste parole, è chiamata giudizio, perché ci insegna quali siano i pensieri e i giudizi di Dio; ci manifesta quello che piace o dispiace a Dio, quello che approva o che condanna.


«Come bambini neonati, cercate il latte spirituale, dice S. Pietro, affinché vi faccia crescere a salute» (1 PETR. II, 2). L'Apo­stolo ci ordina di succhiare del continuo, dalle mammelle della Chiesa nostra santa madre, il latte della dottrina evangelica per istruirei e nutrirci e crescere nella sapienza e nella sanità spirituale. E sapete voi perché questa dottrina è chiamata tale? 1° per indicarne la soavità e la dolcezza...; 2° perché nutre e ingrassa l'anima, come il latte materiale nutre e ingrassa il corpo...; 3° perché purifica l'anima e la rende candida come il latte...; 4° perché è schietta, semplice e naturale come il latte...; 5° il latte è il cibo più appetitoso per i bambini; toglie loro la voglia di altri cibi e procura un dolce sonno; cosi la dottrina di Gesù Cristo forma le delizie dell'anima, la, calma, l'acquieta, e la rende felice nella verità... Sapere e conoscere la Sacra Scrittura, è dunque lo stesso che possedere la scienza della verità e della felicità, la scienza delle scienze.


Ma se a tutti i fedeli importa essere ammaestrati delle sacre carte, è debito tutto speciale di coloro che hanno l'ufficio di dispensarla, l'esserne istruiti a fondo. A loro dice il Signore: «Amate la luce della sapienza, voi tutti che presiedete ai popoli» (Sap. VI, 23). Scorrete i campi deliziosi della Scrittura e come l'ape, cogliete e riponete nell'alveare della vostra memoria i vari odorosissimi fiori del Vecchio e Nuovo Testamento; il giglio della castità, l'oliva della carità, la rosa della pazienza, i grappoli della perfezione spirituale... Tutta la teologia è fondata su la Santa Scrittura; poiché la teologia non è altro che la scienza delle conclusioni ricavate dai principi certi della fede. Da ciò si vede chiaramente che la Sacra Scrittura getta le basi della teo­logia; basi e principi sui quali il teologo forma e dispone le sue dimostrazioni per mezzo del ragionamento.


La Sacra Scrittura contiene in certo qual senso tutto lo scibile umano; abbraccia le scienze naturali e soprannaturali; fa conoscere l'essenza divina medesima con i suoi attributi... La Sacra Scrittura parla del principio delle cose, dell'ordine della natura, di Dio e dei suoi attributi, dell'immortalità dell'anima, della vera uguaglianza, della fraternità, delle pene, delle ricompense, di tutto ciò che esiste; e ne discorre in modo più esatto, più solido, più sublime di quello che non saprebbero fare tutti gli scienziati uniti insieme. S. Basilio dà per regola, che qualunque cosa facciamo o diciamo, procuriamo di appoggiarla su la testimonianza delle divine Scritture, a confor­mazione della fede dei buoni e a confusione dei malvagi (In Etich. Reg. XXVI, c. I).


S. Vincenzo Ferreri, che tante strepitose conversioni ottenne in Francia, in Italia, in Ispagna, in Germania, con le sublimi e commoventi sue prediche, non portava con sé altro libro che la Bibbia, e nient'altro predicava che la Bibbia (In Vita). S. Antonio da Padova citava così spesso e spiegava così bene la Sacra Scrittura, la insegnava e predicava con tanta eloquenza e forza, che il Sommo Pontefice lo chiamò col nome di Arca del Testamento (In Vita).


La Sacra Scrittura è l'arca del Testamento; in essa stanno chiuse tutte le meraviglie, tutte le scienze, tutte le perfezioni. Dobbiamo portare questo libro con gran rispetto, cioè leggerlo, studiarlo, ascol­tarlo con molto desiderio e profonda riverenza. «La continua medita­zione della Sacra Scrittura, fa dell'anima l'arca del Testamento ­», dice Cassiano (Collat.); e S. Gerolamo ci esorta ad avere in noi l’arca del Testamento; ad essere i custodi della legge di Dio, i cherubini della scienza; cosicché il nostro spirito meriti il nome di oracolo (Epist.).


9. IL VANGELO DÀ LA VERA LIBERTÀ. - «Chi mirerà addentro nella legge perfetta della libertà, scrive S. Giacomo, e in essa persevererà, non essendo uditore smemorato, ma fattore di opere, questi nel suo fare sarà beato » (IAC. I, 25). 

1° La legge evangelica è la legge perfetta, la legge di libertà e non di servitù qual era la legge antica. La libertà della legge evangelica dataci da Cristo ci libera dai precetti legali e cerimoniali, ma non dai morali, cioè dal Deca­logo; poiché questa legge non obbliga in quanto è legge promulgata da Mosè, ma in quanto è legge di natura, sanzionata da Dio e rinno­vata da Gesù Cristo... 
2° Essa libera dal peccato e dalla potestà del demonio e dell'inferno... «La sola vera libertà agli occhi di Dio, è la libertà dal peccato», dice S. Gerolamo (Lib. sup. Matth.). 3° Questa legge libera dalla corruzione e dal timore; di modo che possiamo adempire la legge evangelica, non per timore della vendetta, ma per amore della giu­stizia. I Cristiani non sono schiavi come i Giudei, ma sono figli di Dio..


10. SANTITÀ DEL VANGELO. -

La santità del Vangelo consiste: 1° nell'esenzione da ogni errore...; 2° nel culto del vero Dio...; 3° nell’amore e non nel timore servile...; 4° nella dottrina di salute che contiene...; 5° il Vangelo conduce egli medesimo alla santità ed alla perfezione... Nessuno diventa e nessuno è veramente santo, se non a proporzione dell'esattezza con cui osserva il Vangelo; più si osserva, e più si cresce in santità.


11. VANTAGGI DELLA SACRA SCRITTURA. - 


Secondo la bella osservazione di S. Agostino, quando preghiamo, noi parliamo a Dio; ma quando leggiamo le divine Scritture, Iddio medesimo parla con noi (Serm. XCII, de Temp.); per­ ciò il medesimo Santo diceva: «Le tue sacre pagine, o Signore, for­mano le mie caste delizie; seguendo loro, né posso ingannarmi, né
ingannare (Confess. lib. II, c. II)». Che prezioso vantaggio non è quello di aver sem­pre tra le mani i Libri sacri, di leggere e rileggere a nostro piaci­mento quelle lettere divine che Dio medesimo ci ha consegnato e che sono i testimoni incorruttibili e certi della volontà divina! O dolce e salutare cosa è mai quella di consultare Dio, e consultarlo sovente!... Per la pratica del Vangelo, gli uomini diventano re; acquistare una sovranità non effimera, non terrena, non faticosa, ma durevole, ce­leste, piena di soavità e di consolazioni.


S. Agostino ci assicura che ogni malattia dell'anima trova nella Sacra Scrittura il farmaco conveniente (Epistad Votusian.); S. Basilio la chiama una farmacia aperta a tutti e provvista di ogni genere di rimedi effica­cissimi per qualunque sorta di mali (Homil. in Psalm. I). 
Si, la Bibbia è un tesoro immenso, una farmacia fornitissima di tutto ciò che conviene ai vari tempi, e luoghi, e bisogni, e malori della gente. Essa infuse il coraggio e diede la costanza ai martiri; essa formò i dottori istruendoli e ren­dendoli atti ad istruire gli altri. Essa è la luce della sapienza, il fiume dell'eloquenza, il martello dell'eresia; essa insegna a stare bassi e umili nella prosperità, grandi nell'avversità, laboriosi e vigilanti nelle tentazioni; essa riforma i costumi e li conserva intatti; dà vita e nu­trimento alle virtù; arresta, sradica, distrugge, ogni radice di vizio; essa è, in una parola, via, verità e vita.


12. COME BISOGNA LEGGERE E STUDIARE LA SACRA SCRITTURA. - 


S. Giovanni Evangelista racconta che vide nella destra di colui che stava assiso sul trono, un libro scritto dentro e fuori, e chiuso con sette sigilli (Apoc. V, l). Qual è questo libro chiuso da sette sigilli? Moltissimi Dottori insegnano che esso è la Sa­cra Scrittura; e nel primo sigillo vedono la profondità della Scrittura in se stessa; nel secondo, la molteplicità dei sensi che racchiude; nel terzo, la varietà delle figure; nel quarto, la sublimità della dottrina; nel quinto, l'oscurità dei misteri; nel sesto, la soavità del senso tropologico; nel settimo, l'ineffabile e trasparente verità mescolata alle cose misteriose... Gesù Cristo ha aperto questo libro suggellato, quan­do, prima di salire al cielo, diede ai suoi Apostoli l'intelligenza delle Scritture (Luc. XXIV, 45). Li confermò in quest'intelligenza e l'accrebbe in loro quan­do mandò sopra di loro lo Spirito Santo.

La Sacra Scrittura è un oceano senza fondo; sublimi, profondi, impenetrabili all'ingegno umano sono i suoi molteplici sensi; di ma­niera che S. Agostino esclamava: Mirabile è la profondità delle vostre Scritture, o Signore; esse non si possono considerare senza timore: timore di rispetto e timore di amore. Altrove confessava essere nella Sacra Scrittura molte più le cose ch'egli ignorava, che non quelle che sapeva (Epist. CXIX). Perciò con grande diffidenza di noi medesimi, e non senza la scorta di eruditi e provati interpreti, dobbiamo imprendere la lettura e lo studio dei libri divini. «Nella Sacra Scrittura, l'umile agnello, secondo la frase di S, Gregorio, nuota; il superbo elefante si annega (Praefat. in lib. mor., c. VI)». 

S. Gerolamo attesta di se medesimo che fin da fan­ciullo non aveva mai cessato dal leggere e dal consultare i dotti, e non si era mai fidato ai suoi lumi. E' alla fine si era recato in Ales­sandria a trovare Didimo, perché lo illuminasse e gli sciogliesse tutte le difficoltà che trovava nelle Sacre Scritture (praefat. in Epl, ad Eph.). Altrove, cioè nella lettera a Paolino, il medesimo santo Dottore ricorda come Paolo Apo­stolo si riteneva onorato di avere imparato la legge di Mosè e i Pro­feti ai piedi di Gamaliele.

Ruffino cosi parla dei santi Basilio e Gregorio Nazianzeno: Questi due nobili giovani, i più eruditi di Atene, e stretti in amicizia da tre­dici anni, messi da parte tutti i libri profani dei Greci, fecero loro unica occupazione lo studio delle Sacre Scritture, e ne cercavano l'intelligenza non nel loro ingegno, ma negli autori più dotti e più accreditati, e da quelli che discendevano dagli Apostoli (Histor. 1. II, c. IX). Dimostravano così in se medesimi il contegno del vero saggio il quale, come dice l'Ecclesiastico, interroga la sapienza di tutti gli antichi, studia continuamente nei Profeti; fa tesoro dei detti degli uomini; cerca di penetrare il senso delle parabole e di scoprire il senso occulto dei Proverbi (Eccli. XXXIX, 1-3). Fra gli interpreti poi della Sacra Scrittura si devono preferire quelli che alla dottrina accoppiano la santità, perché, come dice S. Gerolamo, «la vita dei Santi è interpreta­zione vivente della Scrittura» (Ep. ad Paulin.). L'esempio degli eretici ci sta dinanzi a mostrarci in quali scogli rompe e in quali errori precipita chi, non secondo l'interpretazione approvata dalla Chiesa, ma a proprio talento, si mette a studiare i Sacri Libri.


La Sacra Scrittura si deve leggere con profondo rispetto: vi erano anticamente nelle chiese due tabernacoli, l'uno dirimpetto all'altro: in uno si conservava la santissima Eucaristia, nell'altro la Bibbia. Prova palpabile ed evidente della riverenza grandissima ed infinita in cui la Chiesa ha sempre tenuto e l'Eucaristia e i Libri Sacri. San Carlo Borromeo non leggeva mai la Sacra Scrittura se non in ginoc­chio e a capo scoperto (In Vita).


13. MEZZI PER PROFITTARE DELLA SACRA SCRITTURA. - l° Bisogna leggere la Sacra Scrittura spessissimo...; 2° leggerla con umiltà...; 3° con purità di cuore...; 4° accompagnare la lettura con la preghiera...; 5° consultare uomini di scienza e di pratica, svolgere buoni commentari. Ecco i mezzi necessari per raccogliere abbondanti frutti dalla lettura e dalla meditazione dei Libri Sacri... Senza la scienza della Bibbia, acquistata per questa via, non si possono dare buoni e zelanti predicatori, veri apostoli.


Lo studio, l'amore al lavoro, il ricorso a Dio sono mezzi indispen­sabili a chi vuol trarre dalla lettura della Sacra Scrittura il profitto che se ne deve aspettare. «Se piacerà al Signore, dice l'Ecclesiastico, egli lo riempirà dello spirito d'intelligenza; e allora questi ti spargerà come pioggia le parole della sua sapienza e confesserà il Signore con la preghiera. Iddio ne dirigerà i consigli e le determinazioni, ed esso indagherà i segreti del Signore. Pubblicherà le lezioni che ha rice­vuto, ed avrà gloria nella legge dell'alleanza di Dio. Il popolo encomierà la sua sapienza; e questa sua sapienza non cadrà mai in oblio (Eccli. XXXIII, 8-9). Quindi la meditazione, la preghiera, la lettura, il lavoro, l'umiltà, la purità, lo studio dei Padri, una condotta pia, sono le chiavi della Sacra Scrittura. Queste chiavi sono un dono del cielo; esse ci vengono da Dio, e a Dio ci conducono aprendoci il cielo (CHRYS. In Psalm.).


Non dimentichiamo poi quella massima di S. Gerolamo, che male si confanno alla spiegazione dei testi sacri le ricercatezze dell'elo­quenza mondana e i fiori di una rettorica tutta profana, ma a loro conviene soltanto l'erudizione e la semplicità del vero (proem. in lib. IIIComment. in Amos.), In questo argomento più che mai convengono quelle parole di Manilio: «Il tema non chiede, anzi sdegna ogni ornamento; di altro non ha bisogno che di essere messo in luce»; e quelle altre di Fabio: «Le grandi cose sono di lustro a se stesse; non si devono imbellettare per renderle amabili» (De Philos.).

martedì 29 ottobre 2013

In tutto, Dio al primo posto.



Cari figli, qualunque cosa accada, restate con Gesù. Amate e difendete la verità. 

Verranno giorni difficili, ma voi mettetevi nelle mani del Signore. Egli si prenderà cura di voi e vi porterà tra le braccia. Siete il Suo gregge, i suoi eletti. 

Non tiratevi indietro. Il demonio seminerà confusione nella casa di Dio, ma la vittoria sarà sempre del Signore. Inginocchiatevi in preghiera. Sono vostra Madre Addolorata e soffro per quello che vi aspetta. 

Confessione, Eucarestia, Sacra Scrittura e Santo Rosario: ecco le armi che vi offro per il grande combattimento spirituale. Ripeto: amate e difendete la verità. In tutto, Dio al primo posto. 

Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.