venerdì 28 febbraio 2020

Vita nei romitori


Collazione III - Della religiosa abitazione nei romitorj. 

Quelli che vogliono stare religiosamente nei romitorj, sieno tre o quattro al più. 

Due di essi facciano da madri, ed abbiano due figliuoli o almeno uno. 
Quei due tengano la vita di Marta, e gli altri due la vita di Maria Maddalena. 

Ma quelli che fanno la vita di Maria, abbiano un chiostro, e ciascuno abbia il suo luogo in guisa, che né dimorino, né dormano insieme. 

Dicano sempre Compietà di giorno, quando il sole tramonta. 
Abbian cura di osservare il silenzio e dicano le Ore loro. 

Si alzino a Mattutino, e cerchino in primo luogo il regno di Dio, e la sua giustizia (Mt 6,33)

Ad ora conveniente dicano Prima e Terza; e dopo Terza cessino il silenzio, e possano parlare, e andare alle loro madri, e quando lor piacerà, possano chiedere ad esse la limosina per amore del Signore Iddio, come poveri più bisognosi. 

Di poi dicano Sesta, Nona e Vespro al dovuto tempo. 

Nel chiostro, dove dimorano, non permettano che persona alcuna v'entri, neppure che alcuno vi mangi. 
Quei Frati, che fanno da madri, procurino di star lontani da ogni persona, affinchè niuno possa loro parlare. 
E cotesti figliuoli non parlino, con persona veruna, eccetto  che colle loro madri, e col lor Custode, quando a lui piacerà di visitargli colla benedizione di Dio. 

I figliuoli poi assumano talvolta l'officio di madri, come giudicheranno di dover disporre vicendevolmente secondo il tempo. Eglino pure si studino di osservare con diligenza e sollecitudine tutte le cose sopraddette.



MENTRE ABBIAMO TEMPO
OPERIAMO IL BENE
Dum tempus habemus operemur bonum 
(Galati 6, 10)

Cantico dei cantici - 7


Cantico dei cantici - 7

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Ct 7
1Che è quello, che tu vedrai nella Sulamitide se non cori militari? Quanto belli sono i tuoi passi ne' (tuoi) calzari, o figlia di Principe! Le punture de' tuoi fianchi (son) come monili lavorati per mano d'artefice. 
2Le tue viscere (sono) un nappo fatto al torno, che non manca mai di bevanda. Il tuo ventre come un monte di frumento circondato da' gigli. 
3Le due tue mammelle come due teneri cavrioli gemelli. 
4Il tuo collo come torre d'avorio. Gli occhi tuoi come le peschiere di Hesebon, che sono alla porta di questa figlia popolosa. Il tuo naso come la torre del Libano, che guarda contro Damasco. 
5Il tuo capo come il Carmelo, e le chiome del tuo capo come la porpora del re legata nei canali. 
6Quanto bella se' tu, e quanto splendida nelle (tue) delizie, o carissima! 
7La tua statura è somigliante alla palma; e le tue mammelle ai grappoli. 
8Io dissi: Salirò sopra la palma, e coglierò i suoi frutti, e le tue mammelle saranno come grappoli della vite, e l'odore della tua bocca come l'odore di mele. 
9Le tue fauci come ottimo vino degno di esser bevuto dal mio Diletto, e delle labbra, e dei denti di lui per ruminarlo. 
10Io (sono) del mio Diletto, ed egli verso di me è rivolto. 
11Vieni, o mio Diletto, andiammo fuora alla campagna: facciam nostra dimora per le ville. 
12Al mattino alziamoci (per andare) alle vigne: veggiamo se la vigna è fiorita; se i fiori van partorendo i frutti: se i melagrani sono in fiore: ivi darò a te le mie mammelle. 
13Le mandragore spirano odore: nelle nostre porte (son) tutti i pomi: e i nuovi, e i vecchi a te, o mio Diletto, gli ho serbati.

Note:
7,1:Che è quello, che tu vedrai nella Sulamitide, se non cori militari? Queste parole nell'Ebreo vanno unite al capo precedente, onde continuano, e finiscono il ragionamento ivi incominciato; e contengono un elogio della convertita Sinagoga, nella quale dice lo Sposo, che non si vedranno se non cori di lieta gente, ma armata, cori di uomini, e di donne, che canteranno le lodi di Cristo, e sarannopreparati a combattere per lui. Questa Sulamitide, la quale prima odiava, e bestemmiava il nome di Gesù Cristo, odiava, e bestemmiava la sua Fede, amerà talmente il Cristo, amerà talmente la Fede abbracciata, che non saprà saziarsi di celebrare la carità di Cristo, e di tutto cuore bramerà di dare il sangue, e la vita per lui, e per la Fede.

Ma seguendo ancora la unione fatta nella nostra Volgata col nuovo ragionamento di questo capitolo, noi possiam dire, che Sulamitide sia chiamata quella non piccola porzione del Giudaismo, la quale fin da principio alla predicazione degli Apostoli si convertì, e formò la Chiesa di Gerusalemme madre di tutte le altre, e molte altre ancora nella Samaria, nella Galilea ec. Che era ella questa Sulamitide poco tempo innanzi? Serraglio di lioni, di tori, di unicorni, che circondarono il Cristo per isbranarlo, come dice egli stesso, Psalm. XXI. 13. ec. Ma abbracciata la Fede, uniti questi Ebrei cogli Apostoli, e coi discepoli del Salvatore, formarono tanti cori di gente, che altro quasi non facea, se non cantare inni di lode, e di ringraziamento al Salvatore, e combattere per la sua Fede, e patire le persecuzioni, ed ogni sorta di mali trattamenti dagl'increduli, e furiosi loro fratelli, come e dagli atti degli Apostoli, e dalla lettera agli Ebrei apparisce. Vedi Atti VIII. I., XXIII. 50. ec. Heb. X. e 32. ec., I. Thessal. II. 14. 15.

Quanto belli sono i tuoi passi ec. Per li passi intendonsi i piedi, ovver l'andatura della Sposa: perocchè secondo la parola dello Spirito santo la maniera di camminare annunzia l'essere dell'uomo, Eccl. XIX. 27. Onde ella è qui detta figlia di principe, cui si conviene colla modestia il decoro, e la gravità. Queste parole pertanto da' Padri generalmente s'intendono della Chiesa degli Apostoli, e de' Discepoli di Cristo, de' quali disse già Isaia secondo la versione dell'Apostolo; quanto sono belli i piedi di quelli, che evangelizzano novella di pace, novella di felicità! Rom. X. 15., Isai. LII. 7. 

Nahum, I. 15. Di questi profeticamente è qui pur celebrata dallo Spirito Santo la bella andatura, e i piedi ornati di bei cal zari. Figlia di Re è detta la Chiesa di Cristo anche in quel salmo, che è, come già dicemmo, quasi lo sbozzo del quadro, e il modello dell'edificio finito, e compiuto da Salomone in questo suo libro: perocchè ivi pure furon celebrate da Davidde le nozze di questa medesima Sposa detta figlia di Re e di Principe, perchè del Re dei Regi ella è non solamente sposa, ma anche figlia. Vedi Psalm. XLIV. 13. 

L'andatura, e i passi di questa sposa sono qui lodati altamente, perchè per essi sono significati i movimenti della carità, e dello zelo per la gloria di Cristo, e per la salute delle anime, zelo dimostrato dagli Apostoli, e da' Discepoli del Signore nel correre per ogni parte a istruire, a esortare, a correggere, a convertire le anime. Questi passi adunque, e questa costante andatura della Sposa piacciono grandemente allo Sposo, amante sì tenero delle anime, e perciò dicesi, che i piedi, strumento di questi passi sono adorni di be' calzari. 
Di questi calzari fa menzione anche Paolo, Ephes. VI. 15., dove dice: calzati i piedi in preparazione al Vangelo di pace, e, vuol significare, che ottima preparazione a predicare il vangelo si è l'avere ben composti gli affetti, e ornati, e difesi mediante la umiltà, e la povertà di spirito, per cui quelli, che annunziano agli uomini la pace di Dio, pace abbiano in loro stessi, avendo mortificata la carne, e resa obbediente allo spirito, come lo spirito a Dio. Tali sono i calzari di questa figlia di Re.

Le giunture de' tuoi fianchi (son) come monili ec. Con vien osservare, che si ha in queste parole una tacita allusione alla lotta di Giacobbe coll'Angelo, allorchè questi vedendo, che non potea superare Giacobbe, toccò il nerbo del fianco di lui, ed egli zoppicava del piede, Gen. XXXII. 25..31 Fu questo un fatto profetico significante quello, che dovea avvenire ai posteri di Giacobbe, i quali avrebbono zoppicato nel culto del vero Dio, e doveano meritare perciò l'aspro rimprovero di Elia: fino a quando zoppicate voi da due lati? Se il Signore è Dio tenete da lui. Se poi lo è Baal, seguite lui, 3. Reg. XVIII. 21. Vedi anche S. Agostino Serm. LXXX. de Temp. Ma qui della Chiesa si dice: non solo i tuoi passi sono belli, o figlia di principe, ma anche i nervi che servono a camminare sono forti, e le giunture dei nervi, e delle ossa de' tuoi fianchi sono talmente stabili, che non è timore, che tu venghi giammai a zoppicare nella buona dottrina, e nelle purissime regole de' costumi. Conciossiachè queste giunture dei fianchi tuoi sono come bel monile di vari pezzi formato, uniti, e connessi con molta arte per mano di peritissimo artefice. Per la qual cosa è qui encomiata la robustezza de' fianchi, come quella, che serve alla Sposa per camminare dirittamente, serbando intiera la fede, e immacolata la vita. S. Girolamo nella lettera XXII. ad Eustoch. accenna un'altra sposizione tenuta anche da alcuni de' nostri Interpreti, secondo la quale verrebbe qui indicata la mirabile fecondità della Chiesa di Cristo, fecondità, ond'ella è ornata quasi di prezioso monile fatto per mano d'insigne artefice, perchè questa fecondità è dono di lui, il quale alla sterile diè moltissimi figli, e la sterile fa, che abiti nella casa, lieta madre di figli, Psalmn. CXII. 8.

7,2:Le tue viscere (sono) un nappo ec. La voce latina umbilicus è usata nel senso, secondo il quale l'abbiam tradotta, Proverb. III. 8., e la voce Ebrea corrispondente ha lo stesso preciso significato. La fecondità della Sposa accennata forse (come dicemmo) qui innanzi, è adombrata adesso colla similitudine del nappo, che non manca mai di bevanda; perocchè con simil figura la propagazione de' figliuoli anche in altri luoghi delle Scritture è significata, Prov. v. 15. 16., IX. 17., Eccl. XXVI. 5. 

Onde dove la nostra Volgata dice, che questo nappo non manca mai di bevanda, una versione Latina assai celebre porta: non è mai senza fecondità. E la stessa fecondità congiunta colla candidissima purità è significata nel monte di frumento circondato da' gigli. Il nappo adunque fatto al tornio, nel quale perciò nulla di superfluo, nulla che sia fuor di regola può osservarsi, dinota la parola di verità, la parola dell'Evangelio, alla quale nulla può aggiungersi, nè levarsi, per la quale la Sposa generò e genererà sino alla fine de' secoli de' figli spirituali al suo sposo: donde quelle parole di Paolo: in Cristo Gesù per mezzo dell'Evangelio io vi generai, 1. Cor. IV. 15.; e altrove: ci generò per la parola di verità, affinchè siamo quai primizie delle sue creature, Jacob, 1. 18. Ad esprimere questa grande fecondità della Sposa si aggiunge che il seno di lei è un monte di frumento, d'innumerabili granelli composto, i quali formano insieme un tutto assai grande. 

Quindi nelle Scritture la stessa Chiesa è rappresentata talora come madre di moltitudine grande di figli, talora poi si dice, che partorisce un solo figlio ma schio (Isai. LXVI. 7., Apocal. XII. 2. 5.), e con questo è significata la unione di tutti i figli della Chiesa in un medesimo corpo. Ma questo nonte di frumento è circondato dai gigli, e con ciò ogni idea di carnale generazio ne si esclude, e il candore, e la fragranza di questo fiore preso dallo Sposo per suo proprio simbolo (Cant. II. I.) ci dipinge ancora la perfetta continenza de' ministri evangelici, degli amici, e cooperatori dello Sposo, i quali quanto più da ogni pensiero, e da ogni cura terrena son liberi, tanto più sono idonei a propagare il regno di Cristo. 
Questa prodigiosa fecondità della Chiesa, specialmente della Chiesa de' primi tempi fu con sensi di altissimo stupore predetta ne' Profeti che venner dappoi, come è profetizzata in questo luogo da Salomone; ed è la Chiesa delle nazioni, ella è la nuova Sionne quella, di cui si annunzia la incredibile, e quasi istantanea propa gazione. Non sarà egli detto riguardo a Sionne: uomini, e uomini in lei sono nati, e lo stesso Altissimo è quegli, che l'ha fondata? Psalm. LXXXVI. 5. 

Ecco come dopo Davidde ne parla Isaia: rallegrati, o sterile, che non partorisci, canta inni di laude, e di gioia tu, che non eri feconda: perocchè molti più sono i figliuoli dell'abban donata, che di colei, che avea marito. Prendi più am pio sito per le tue tende, e dilata senza risparmio le pelli de' tuoi padiglioni; perocchè tu ti farai largo a destra e a sinistra, Isai. Liv. 1. 2. 3. E con quanta celerità moltiplicassero i figli di lei, ecco come lo esprime con vivissimi colori lo stesso Profeta: prima d'aver le doglie ella ha partorito, prima del tempo di partorire ella ha partorito un maschio. 

Chi udi mai cosa tale? E chi vide cosa simile a questa o La terra partorisce ella in un giorno ovvero è egli partorito un popolo tutto insieme? Ma Sionne si senti gravida, e partori i suoi figli, Isai. LXV.7.8. Quindi la Chiesa delle nazioni non sarà più detta la ripudiata, e la terra di lei non sarà detta la desolata, ma ella sara detta l'amata da Dio, e la sua terra sarà detta la popolata, e come il gaudio dello Sposo e della Sposa, così ella sarà il gaudio del suo Dio, Isai. LXII. 4.5 

Ho voluto riunire almeno in parte i grandiosi oracoli d'Isaia su tal proposito, affinchè veggasi come lo spirito del Signore unico insieme, e multiforme (Sap. VII. 22), gli stessi misteri in diverse guise per le diverse bocche annunzia, e conferma. Questa fecondità della Sposa non fu un dono passeggero, ma stabile, e permanente, e sino alla fine de' secoli ella non cesserà giammai di ampliare il regno di Cristo. La Sinagoga cadde nella sterilità, le sette, che si divisero dalla vera Chiesa, crebbero un tempo, e periron di poi, e appena ne resta il nome; e lo stesso avverrà di quelle, le quali negli ultimi tempi strapparon dal seno di lei molti e molti figli. Ella però non solamente sussiste, ma le perdite fatte in una parte del mondo ripara cogli acquisti continui, che fa in altre parti, dove per lei il nome di Cristo risuona, e trionfa la Fede.

7,3:Le due tue mammelle come due teneri caprioli gemelli. Vedi cap. IV. 5.

7,4:Il tuo collo come torre d'avorio. Vedi cap. IV. 4.

Gli occhi tuoi come le peschiere di Hesebon, che sono alla porta di questa figlia popolosa. Quelle parole della Volgata filiae multitudinis ho creduto doversi riferire piuttosto alla città di Hesebon, che alla porta di essa città. Ella è poi cosa frequente nel linguaggio degli Ebrei il dare il none di figlie alle città; così figlia di Gerusalemme vale Gerusalemme, e figlia popolosa di Hesebon vale Hesebon la popolosa, piena di gente: che tale dovea essere in que' tempi. Non abbiam verun lume nelle Scritture intorno a queste peschiere di Hesebon, e solamente leggiamo nell'Ecclesiaste, che Salomone dice di sè: mi formai delle peschiere di acque per annaffiare la selva de' giovani arboscelli, Eccl. II. 6. Ma non possiam dire, se ne facesse in Hesebon, città una volta dei Moabiti, parecchie miglia di là dal Giordano. Ma da questo luogo sufficientemente s'intende, che doveano essere molto celebri queste peschiere. 

Dice adunque lo Sposo: io paragono la chiarezza, e vivacità degli occhi tuoi, o mia Diletta, alle cristalline limpidissime acque delle peschiere, che sono in Hesebon presso alla porta di quella popolosa città. Si è altrove accennato come nell'Ebreo una stessa voce significa l'occhio, e la fonte; le acque poi nelle scritture sono sovente simbolo della vera sapienza, di quella sapienza, che viene da Dio, e della scienza speculativa e pratica della salute. Sono adunque lodati gli occhi della Sposa, come quelli, a' quali è stata data perspicacia, e acutezza grande per penetrare nella cognizione de' misteri divini, e nella cognizione della celeste dottrina, di cui ella è piena, come le peschiere di Hesebon sono ripiene delle loro salubri chiarissime acque. Per la qual cosa come queste servivano a dissetare, e refocillare il numeroso popolo di quella città; così le mistiche acque, delle quali per dono del suo Sposo è ricca la Chiesa, saranno per l'immenso stuolo de' figli di lei come fonte di acqua viva, che in essi zampillerà fino alla vita eterna, Joan. IV. 14. 
     La perspicacia degli occhi, e la chiara, e distinta intelligenza di tutto quello che è vero, di tutto quello che è santo, di tutto quello, che è utile per la salute, rende sicura da ogni errore la Chiesa ne' suoi giudizi qualunque volta si tratti o de' principi della Fede, ovver delle regole de' costumi cristiani. Perocchè gli occhi di lei nè da nebbia d'ignoranza, nè da torbida, e caliginosa passione potranno essere appannati giammai, e le sue determinazioni avranno sempre il sigillo di quello spirito di sapienza, e di verità, il quale secondo la promessa di Cristo con lei si sta, la unzione del quale di tutte le cose la istruisce, Joan. II. 27.
     Il Caldeo, e molti ancora de' nostri interpreti applicano queste parole a' Prelati, e Pastori della Chiesa, i quali sono come gli occhi di lei, ed i quali a somiglianza delle peschiere di Hesebon, debbono essere ripieni delle acque pure della scienza di Dio attinta dalla fonte inesausta delle divine Scritture, affinchè possano abbeverarne le pecorelle, e come eletti da Dio a essere luce degli altri, colla dottrina glorifichino il Signore, Isai. XXIV. 15.
Il tuo naso come la torre del Libano, ec. Questa torre dovea essere stata fabbricata (forse da Salomone) in quelluogo, per quindi scoprire i movimenti de' Soriani soliti a fare delle scorrerie nella Giudea per bottinare: perocchè il Libano, monte altissimo, era confine della Giudea dalla parte di Damasco. Ciò supposto vedesi quello, che voglia significarsi quando a questa torre paragonasi il naso della Sposa: vuole cioè esaltarsi l'altissima sua prudenza, e discrezione. A questa virtù tralle cardinali si dà il primato, come quella, che alle altre prescrive i mezzi, e i confini, fuori de' quali non sarebbon virtù. Così adunque la Sposa per mezzo della prudenza quasi da luogo elevato mira tutte le cose, che sono da farsi, e da fuggirsi, e veglia a discoprire le trame, e le insidie dei suoi nemici; perocchè, come notò s. Gregorio, alla prudenza de' giusti si applica quello, che del cavallo sta scritto in Giobbe: sente da lungi l'odore della battaglia, Job, XXXIX.25 
Due parti principalissime della prudenza sono qui specialmente indicate, voglio dire la previdenza, con cui gl'imminenti mali da lungi prevedonsi per ischivarli, e la discrezione, per cui la virtù dal vizio, la ispirazione di Dio dalle suggestioni del demonio, lo spirito di carità dallo spirito di amor proprio distinguesi. 
Per ragione di questi doni conferiti alla Sposa da Cristo, il naso, cioè la prudenza di lei è paragonata a quella torre, che guardava dal Libano contro Damasco, ed era la quiete e la sicurezza della Giudea. Questa virtù è necessarissima a tutti quelli, i quali sono posti come sentinelle a custodia della casa di Dio, e del popolo del Signore, a' quali si appartiene di vegliare, e avvertire, e alzar la voce ne' pericoli, affinchè non abbiano essi a render conto de' mali, che soffrir potrebbe lo stesso popolo per la loro disattenzione e negligenza. Vedi Ezech. XXIII. 2. 3. 4. ec.

7,5:Il tuo capo come il Carmelo. Il capo della Chiesa è Cristo, come si è detto altre volte secondo la parola di Paolo, che dice, che il padre costitui lui capo sopra tutta la Chiesa, che è il corpo di lui, e il complemento di lui, Ephes. I. 22. Questo capo è molto bene paragonato al Carmelo, monte eccelso, amenissimo, feracissimo, onde una terra ripiena di ogni bene è significata nelle Scritture col dire, ch'ella è un Carmelo. V'introdussi nella terra del Carmelo, affinchè mangiaste i frutti di essa, e le sue delizie, Jerem. II. 7.; e in Isaia: il Carmelo diventerà un bosco: per dire, che la Giudea, paese tanto privilegiato da Dio pell'avanti, diverrebbe un paese orrido, secco, e privo d'ogni buon frutto, XXIX. 27. 

E non è necessario certamente dopo quello, che in altri luoghi si è veduto, di dimostrare come in questo mistico Carmelo, in questo capo divino più eccelso de' cieli istessi si riuniscono tutte le grandezze, tutte le grazie, e tutti i doni, de' quali egli è fonte perenne, e de' quali con gran liberalità arricchisce egli la Sposa. Le chiome del tuo capo come la porpora del Re legata nei canali. Nella traduzione di questo luogo ho seguito il senso, che mi è paruto il più naturale secondo la nostra Volgata, il qual senso è stato ancora tenuto in una versione Latina rammentata altre volte. 

La porpora era il colore dei re, come è notissimo. Ma dicendosi come la porpora legata ne' canali (de' tintori), sembra volersi in tendere un color porporino vivissimo, quale è quel della porpora non ancor portata, ma tenuta per del tempo ne' canali de' tintori, dove se le davano fino a due tinte, e allora chiamavasi dibapha. Si è detto altrove (iv. 1.), che i capelli, e le chiome del capo della Sposa sono i fedeli, i quali cingono questo capo divino, e questi sono tinti del Sangue di Cristo loro Re, del qual sangue la virtù è ad essi comunicata ne' Sacramenti della Chiesa, e particolarmente nel santo battesimo, dov' ei gli stessi fedeli lava, e monda da' loro peccati nel sangue suo, come dice l'Apostolo. Alcuni Interpreti per questi capelli rassomigliati alla porpora reale più bella, e splendida, e di vivacissimo colore, inteser significati gli Apostoli, i Discepoli di Cristo, e i cristiani della primitiva Chiesa, ne' quali fugran demente acceso il fervore della carità; e di poi tutti quegli uomini perfetti, i quali imitando gli Apostoli sì nel distaccamento dalle cose terrene, e sì ancora nel procurare con vero zelo la salute delle anime, una strettissima, e fortissima unione conservano con questo loro capo, onde più da vicino lo seguono, e a lui si assomigliano.

7,6:Quanto bella se' tu, ec. Quanto bella se' tu, o mia Sposa diletta, e quanto splendida nelle virtù, e nelle operazioni sante, le quali sono la tua delizia! Con questa esclamazione concludesi l'elogio tessuto fin qui delle membra della Sposa; ed è veramente questo un nuovo grandioso elogio di lei quando si dice, che ella non solo è bella, e splendida grandemente per le virtù, di cui è ripiena, ma che queste virtù ancora sono sua delizia, e suo gaudio, come sono la sua gloria. Egli è certamente vero che non si dà, nè può aversi sopra la terra delizia, e dilettazione maggiore, nè più soave di quella della buona coscienza, e di avere cercato in tutte le cose di piacere allo Sposo delle anime; dilettazione, la quale altrove da Salomone istesso fu paragonata alla letizia di perpetuo convito, Prov. XV.15 in questa sola poneva il suo vanto l'Apostolo dicendo: Questo è il nostro vanto, la testimonianza della nostra coscienza, dell'esserci noi diportati con semplicità di cuore, e colla sincerità di Dio, e non colla saviezza della carne, ma colla grazia di Dio in questo mondo, II. Cor. I. 12. Nè queste delizie sono tolte alla Sposa dalle afflizioni, e tribolazioni, per cui dee passare nel tempo di questa vita; che anzi delle tribolazioni stesse si gloria, e lungi dal contristarsene conformandosi alla volontà, e agli esempi dello Sposo, e sa pendo quali sieno i preziosi frutti della pazienza, ha come argomento di vero gaudio le varie tentazioni, colle quali è provata, ed esercitata a suo gran pro; e dall'altro canto ella conosce, come sa lo Sposo e temperare il fervore della tentazione, e aspergere colle spirituali con solazioni i patimenti sofferti per amore di lui.

7,7:La tua statura è somigliante alla palma. È proprietà della palma il crescere a grande altezza, dirittamente, e di dilatarsi nella cima quanto più si alza, senza però ingrossarsi nel tronco, o fusto, più di quello, che era da principio. Rassomigliandosi adunque la statura della Sposa alla palma, viene a indicarsi il suo progresso nella virtù fino alla più sublime perfezione. Possiamo perciò con s. Gregorio Nisseno intendere predetto in queste parole il meraviglioso avanzamento di lei dopo la venuta dello Spirito santo sopra gli Apostoli, e sopra tutta la schiera de' Discepoli del Salvatore, nel qual tempo la Chiesa ricevette la pienezza delle grazie celesti, e giunse al supremo grado della perfezione Evangelica, perfezione, di cui abbiamo il bel ritratto negli atti Apostolici. 

Da indi in poi questa bellissima palma non crebbe nella grossezza del tronco, perocchè nissuna santità fu in appresso maggiore di quella degli Apostoli, e degli uomini apostolici, ma crebbe nella estensione, e ampliazione de' suoi rami, e de' suoi frutti; conciossiachè dilatata con progressi continui, e grandi tralle nazioni, ebbe in ogni parte grandissimo numero di uomini insigni per la loro virtù, che imitarono, ma non sorpassarono gli Apostoli.

E le tue mammelle a' grappoli. Qualche Rabbino segui tato da alcuni de' nostri Interpreti credette, che questi grappoli fossero le picce de' dattili, o sia quegl'involti, ne' quali sono contenuti i dattili, ed i quali hanno somiglianza co'grappoli dell'uva. Ma la opinione più comune, e più vera si è d'intendere veri grappoli della vite, e parmi, che il versetto seguente ne sia una prova indubitata; e si arroge, che come tra noi agli olmi, a' pioppi, ec., così nella Palestina alle palme si legano, e (secondo l'usata maniera di favellare) si maritano le viti, don de viene a intendersi per qual motivo e relazione si uni scano in questo luogo alla palma i grappoli dell'uva. Ma venendo al nostro testo la particella congiuntiva può qui pure prendersi per causale, e siccome dicemmo altrove, che le mammelle della Sposa sono la doppia carità, quindi è, che il senso viene ad esser questo: la tua statura è simile a quella di una bellissima, e altissima palma; tu se' pervenuta all'altezza somma della perfezione, perchè il tuo petto simile a' grappoli della vite è pieno del vino di soavissima, e perfettissima carità. Imperocchè, come fu detto più volte da s. Agostino, la misura della virtù ella è la misura della carità.

7,8:Io dissi: salirò sopra la palma, ec. Due sensi ponno avere queste parole, prese sempre come parole dello Sposo. In primo luogo nella stessa guisa, che vedemmo lo Sposo (cap. v. 2.) scendere nel suo orto a raccoglierne i frutti, e di questi pascersi, e deliziarsi, perchè egli de' beni, e delle virtùdi delle anime grandemente dilettasi; così in questo luogo dice, che sopra la palma (cui paragonò la Diletta) ascenderà egli, portandole colla sua visita nuovo augumento di grazia, e di virtù, e ne coglierà i frutti, e ne farà crescere de' nuovi; perocchè tale è il fine delle visite di lui. 

Quindi ne avverrà, che la doppia carità sia nel petto di lei, come il sugo dolce, ed esilarante dell'uve, e il suo parlare sarà odoroso, cioè edificante, salubre ai prossimi, e di gloria a Dio, perchè il cuore avendo pieno d'amore, dell'abbondanza di esso parlerà la sua lingua, come chi avendo mangiato mele odorose, spira col fiato lo stesso odore. Ma secondo il comune sentimento de' Padri la palma in questo versetto è figura della croce di Cristo: e vaglia per tutti s. Cipriano, che dice: Salisti tu, o Signore, sopra la palma, perchè quel legno della tua Croce presagiva, che tu avresti trionfato del demonio, e de' principati, e delle potestà, e delle spirituali nequizie. 

Dove adunque nel precedente versetto la palma figurava la somma perfezione della Sposa, in questo luogo ella viene a significare il principio, e la sorgente della stessa perfezione di lei, e di ogni suo bene, cioè la croce di Cristo. Con molta grazia lo Sposo dopo aver celebrata la statura della sua Diletta, comparandola a un'altissima palma, la invita a ricordarsi di quell'altra palma, sulla quale egli salì per gran bene della medesima Sposa: io dissi: io mi determinai secondo li eterni decreti del Padre mio di salire sopra la Croce per cogliere i frutti di essa. Di questi il primo si fu la vittoria contro il comune nemico,vittoria predetta da lui quando disse: Adesso si fa giudizio del mondo, adesso il principe di questo mondo sarà cacciato fuora, Jo. XII. 30. il secondo fu pur predetto da lui medesimo, allorchè disse: quand' io sarò levato da terra trarrò tutto a me, Joan. XII. 32.; e più apertamente era stato già annunziato da Isaia, che disse: se egli darà l'anima sua ostia per lo peccato, vedrà una discendenza di lunga durata...,, darò a lui per sua porzione una gran moltitudine, Isai. LIII.10.12. 

Finalmente questi frutti sono tutti i beni spirituali, de' quali è debitrice a Gesù crocifisso la Sposa, quali sono la remissione de' peccati, le benedizioni celesti, e particolarmente la carità di Dio difusa ne' cuori de' Fedeli per lo Spirito santo, che ad essi fu dato. Questi frutti egli colse, e ne arricchì la sua sposa, onde il petto di lei fu come i grappoli della vite ripieno di soavissimo liquore, cioè di zelo della gloria dello Sposo, e della salute delle anime, e soave fragranza spirò la bocca di lei nelle parole di vita per l'edificazio ne della Fede, e per confortare le anime nella vera pietà. Vedi Ephes. v. 29.

7,9:Le tue fauci come ottimo vino ec. La voce guttur è posta più volte nelle Scritture come strumento dell'orazione, che a Dio si fa colla voce, Ps. CXLIX. 6. Pro. VIII. 7. Ma la orazione, che si fa colla voce non è per fetta, se non è accompagnata dalla orazione della mente, e del cuore; e tale qui si dimostra essere la orazione della Sposa. Imperocchè di essa dicesi, che è ottimo vino, il quale colla sua gagliardia, odore, e sapore esilara, conforta, nutrisce tutto l'uomo interiore, lo conferma nel bene, e accende in lui sempre più il desiderio delle cose celesti.

Degno di esser bevuto dal mio Diletto, ec. Diletto, e amico dello Sposo è ogni giusto; perocchè suppongo col la massima parte degl'Interpreti, che queste ancora sieno parole dello Sposo, quantunque siavi chi ha voluto darle alla Sposa, e (per quanto mi sembra) con poca ragione. Ma amici carissimi dello Sposo sono i giusti, i quali a lui, e al suo mistico Corpo stanno uniti, mediante la fede viva operante per la carità. Per questi è fatto il vino ottimo della buona e perfetta orazione, onde ad essi ure fu detto: bevete, e inebriatevi, o carissimi, cap. V.1. erocchè essi sanno in qual maniera debba beversi questo vino, affin di gustarne la meravigliosa soavità, e goderne i grandissimi effetti: sanno che questo vino è fatto non tanto per beversi, quanto per gustarsi, e assaporarsi col le labbra, e per ruminarsi eziandio, e quasi masticarsi co' denti. Imperocchè se è vero che è necessario di orar sempre, egli è anche vero esser necessario, che sia sempre nel cospetto di Dio la meditazione del nostro cuore, Ps. XVIII. 15. 
Vuole adunque insegnare lo Sposo e quale sia per l'anima la virtù e la forza della orazione, e come perchè ella sia veramente utile fa di mestieri, che e nell'orazione medesima, e dopo di essa posatamente si considerino le verità, che alla mente si presentarono, affine di ben ruminarle, e trarne nuovo gusto, e nuovo sapore, e nuovi lumi per avanzare nelle vie dello spirito. Tale sia la maniera di orare di tutti i fedeli: sia tale particolarmente la pratica di que' ministri della Chiesa, i quali per la condizione, e obbligazione dello stato loro son destinati ad essere quasi le fauci, e la bocca di lei nella pubblica orazione; sia la loro orazione ottimo vino degno dell'approvazione dello Sposo, e utile a confortare e nudrirè la loro pietà, e quella ancora del popolo.

7,10:Io (sono) del mio Diletto, ed egli ec. Anche in questo luogo la particella di congiunzione si suppone posta per la causale, onde può tradursi: io sono del mio Diletto, perchè egli verso di me è rivolto. Imperocchè la Sposa umile, e riconoscente a tutte le lodi datele dal suo Diletto risponde col protestare, che ella è tutta del suo Sposo, opera di lui, fattura di lui, creatura di lui, perchè egli a lei rivolse benignamente i suoi sguardi, e la fece quello, che ella è. Si rivolse il Diletto verso questa sua Sposa, allorchè assunta l'umana carne per lei diede tutto se stesso: e che non diede egli a lei quando diede tutto se stesso?
Si rivolse ancora a lei quando prima d'andare alla morte, istituì il Sacramento del Corpo, e del Sangue suo, nel qual Sacramento si dette, per così dire, in potesta della Sposa, talmente che obbedendo egli alla voce di lei, dal cielo venga a nascondersi sotto le specie del pane, e del vino, in qualunque parte della terra da' legittimi Ministri della Chiesa si celebrino i Sacrosanti Misteri: la sciando alla stessa Chiesa l'autorita di offerire ogni giorno al Padre lui stesso in sacrifizio di espiazione, e di rendi mento di grazie.
Rivolgesi continuamente verso la stessa Sposa ad esaudire le sue preghiere, a consolarla nelle afflizioni, a soccorrerla ne' pericoli; perocchè l'amore, che egli ha per lei fa sì, che non solo alle voci di lei prontamente risponda, ma i desiderii stessi di lei prevenga, aiutatore fedele nelle opportunità, nelle tribolazioni.

7,11-12:Vieni, o mio Diletto, ec. Avea detto la Sposa, che ella è tutta del suo Diletto. Or ella dà quiuna bella prova dell'amore, che ha per lui, dice Teodoreto, mentre non vuole essere ella sola a godere di sì gran bene, e per questo gli dice: Vieni... andianne ec. Ma osservisi, che quest' invito fa ella allo Sposo dopo che dallo Sposo stesso fu invitata: Sorgi, affrettati amica mia ec. cap. II.10 Imperocchè l'onore di servire Dio nella santificazione dell'anime nissuno da se stesso sel prende, ma chi è chiamato da Dio, Heb. v. 4. Tu (dice la Sposa) mi ordinasti di venire, e di uscir fuora; ma vieni tu meco, perchè quegli se' tu, che dai la parola a coloro, che annunziano con virtù grande la buona novella, Ps. LXVII. 12. 
Vieni adunque, andianne fuora alla campagna, perocchè quantunque difficile, pericoloso, terribile sia il ministero, io non temerò di mia debolezza mentre sii tu con me, tu che allo stanco dai gagliardia, e a que' che non sono dai fortezza, e valore, Isai. XL. 29. La campagna dove ella brama di andare collo Sposo elta è il mondo, Matt. XXIII. 32; ed ella sa come è volere dello Sposo, che in tutta questa campagna la divina parola sia seminata. Andate pel mondo tutto predicando il Vangelo, Marc. XVI. 16.: vale a dire, andate per la incolta steril campagna piena di bronchi, e di spine, e di fiere piena ancora, e di dragoni, anzi che di uomini. 
Ma lo Sposo promise, e disse per Isaia: Daranno gloria a me le be stie salvatiche, i dragoni, e gli struzzoli, perchè ho fatto scaturire acqua nel deserto, e fiumi nella terra disabitata. Isai. XLIII.20. Brama adunque la Sposa, che tutti gli uomini in qualunque parte della terra odano la voce della predicazione, obbediscano alla Fede ed abbiano salute: Facciamo nostra dimora per le ville. A questo parlare della Sposa ben riconoscesi lo spirito del suo Sposo e maestro, il quale ebbe per segno caratteristico di sua missione la predilezione verso de' poveri, e la cura particolare d'istruirli: Mandommi lo Spirito del Signore, ad annunziare il Vangelo a' poveri, Isai. LXI. 1. A' poveri si annunzia il Vangelo, Matt. X. 15. 
Vuole adunque la Sposa a imitazione di lui occuparsi a istruire per le ville la gente rozza, e incolta, ignorante insieme e semplice. Esempio grande pe' ministri di Cristo,e della Sposa, affinchè dovunque la divina vocazione li guidi, distinzione non facciano tra anima, ed anima; ma sapendo, che il piccolo e il grande sono fattura di Dio, e che ciascuna di queste anime lo stesso prezzo costò a Cristo, con sincerità, come nel cospetto di Dio, cerchino il bene di tutte, e non la propria loro gloria.

Al mattino alziamoci (per andare) ec. Al mattino, alla punta del giorno noi visiteremo le vigne, cioè le anime, ovver le Chiese particolari coltivate da noi, e vedremo se questa e quella vigna fiorisce, per ajutarla al bisogno a fiorire. Or egli è qui dimostrato come la sollecitudine del pastore delle anime non è ristretta al solo fine di ridurle dallo stato del peccato allo stato di grazia, ma si estende ancora a procurare, che fioriscano nelle virtù; e molto bene dice la Sposa: Se la vigna nostra fiorisce, quantunque veramente la vigna sia dello Sposo, perchè i veri ministri di Cristo fanno proprio loro bene il bene delle anime, e la gloria dello Sposo. Egli è pur da notare come sono con molta grazia, ed eleganza notati li tra gradi, o ordini di persone, delle quali ad ogni vignaiuolo spirituale è commessa la cura. Perocchè dicendo: se la vigna è in fiore, indicò lo stato di quelli, che a battere le vie di Dio incominciano, onde in essi i fiori appariscono, che sono i buoni desideri, e i piccoli atti di virtù, i quali e danno buono odore, e speranza di frutto migliore. I fiori, che allegano, e partoriscono frutti rappresentano le anime, che si avanzano nella virtù, e non senza stento, e fatica portano sodi frutti, riducendo ad effetto i buoni desideri; e finalmente quando del fiorire de' melagrani si parla, vuolsi additare lo stato de' perfetti: perocchè pel fiore delle melagrane intendesi quella quasi corona, che hanno in cima a guisa di fiore; per la qual cosa un'antica versione Greca traduce: Se le melagrane si sono aperte, lo che succede quando sono mature, e nella loro pienezza. Abbiam poi veduto altre volte come la melagrana è simbolo de' frutti della vita perfetta, nella quale tutte le virtù con bell'ordine sono disposte, e sotto dura corteccia una dolcezza nascondesi sommamente grata allo Sposo. La vigna, e i melagrani, che son già in fiore, tolta qualche esterna cagion contra ria, danno costantemente i loro frutti; ma la mistica vigna, cioè l'uomo, benchè prevenuta dalla grazia e colti vata con ogni attenzione dalla carità del vignaiuolo, per effetto del proprio libero arbitrio inclinato al male, puo non sol rimanere senza buon frutto, ma ancora produr delle spine in vece di fiori, e lambrusche in vece di buo ne uve; e questo timore tien sospeso, e in pena il vignaiuolo, e questo timore è ben dipinto con questa maniera di parlare: vediamo se la vigna è fiorita, se i for van partorendo i frutti ec.
Ivi darò a te le mie mammelle. Ivi le mie mammelle piene di tua celeste dottrina porgerò a' tuoi piccoli, servendo te in essi, perchè tu hai detto: Ogni volta che avete fatto qualche cosa per uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatta per me, Matth. XXV. 40. Così la Sposa il tenero materno suo affetto dimostra verso le anime, e invita i ministri suoi e dello Sposo, e quasi al loro cuore fa forza, perchè imitino la sua carità.

7,13:Le mandragore respirano odore: ec. Ho ritenuto la interpunzione della nostra Volgata, nella quale questo versetto ha tre membri. Vari antichi Padri ne fanno due soli, leggendo in tal guisa: Le mandrago respirano odore alle nostre porte: Tutti i pomi nuovi, e vecchi ho serbati a te, o mio Diletto. Di queste mandragore è parlato nella Genesi cap. XXX. 14., dal qual luogo apparisce, che questo frutto dovea essere piuttosto raro nella Mesopotamia, perocchè se fosse stato comune, e facile a ritrovarsi, non avrebbe Rachele domandato con tanta pre mura alla sorella Lia, che le facesse parte delle mandragore trovate da Ruben. Da questo luogo però possiamo argomentare, che ne avesse copia la Palestina. 

Questo frutto per testimonianza di s. Agostino (Cont. Faust. XXII. 36.) è bello, e di odore soave: dicesi buono a conciliare il sonno fino a togliere il senso di ogni percossa, o ferita, come narra Teodoreto, e finalmente che sia utile a dare fecondità: ciò viene attestato da vari scrittori antichi, e moderni. Per tutte queste ragioni le mandragore sono qui poste per segno di perfetta virtù; onde queste parole legano colle precedenti, nelle quali fu parlato dell'opera di esimia carità, quale è quella di occuparsi nella conversione, e santificazione delle anime. Viene adunque a dire la Sposa: Io porgerò a'tuoi piccoli le miemammelle, tua mercè, già ripiene della tua celestiale sapienza, perchè tu mi hai ornata di salda virtù, la cui fragranza si farà sentire, per ogni parte; perchè tu mi hai dato di essere quasi stupida a tutti gli affetti carnali, e quasi morta a tutto il sensibile, onde le tribolazioni stesse, che io dovrò soffrire per la giustizia, non sentirò, od anzi le riputerò mia gloria, e mio gaudio: perchè finalmente tu dandomi tutto questo, mi hai renduta capace di partorirti continuamente nuovi figli secondo lo spirito. La Sposa ben sa, come il suo Diletto ami una tal carità, ed ella perciò si esibisce pronta a secondare i suoi desideri, e col Profeta a lui dice: Eccomi, manda me.


Nelle nostre porte....tutti i pomi. La voce porta vale qui lo stesso, che casa, come in moltissimi luoghi delle Scritture; e la voce pomi significa ogni specie di buone frutta, per le quali in questo luogo (come anche qui in nanzi 1v. 13.) sono indicate le virtù, e qui specialmente quelle, che al ministero sono più utili, e più necessarie. Queste dice la sposa che le ha nella casa spirituale, cioè nell'animo, pronte, e preparate a servire lo Sposo nel guadagnare le anime a lui. Perocchè non è ella simile a quelle vergini stolte, le quali aspettano a cercare l'olio per le loro lampane quando sarebbe tempo di accenderle per andare incontro allo Sposo, onde mentre vanno a provvederne, lo Sposo viene, ed elle dalla sala delle nozze restano fuora.


I nuovi, e i vecchi a te, o mio Diletto, gli ho serbati. Pe' vecchi frutti sono significati i doni naturali, per li nuovi sono intesi i doni di grazia; e questi di grazia come senza paragone più nobili, ed anche come più direttamente utili pel ministero sono nominati i primi, preferendosi l'ordine di dignità all'ordine di tempo. Ecco adunque la Sposa simile al buon Padre di famiglia, il quale mette fuora dalla sua dispensa robe nuove, e vecchie, Matth. XXIII. 52.; e tutto offerisce al servigio dello Sposo, perchè tutto ebbe da lui, e tutto serba per lui, nè per altri vuole impiegarlo. Tutto quello, che nella mia casa può trovarsi di buono, di utile, di pregevole, io lo serbo per te, o mio Diletto: nulla io ritengo per me stessa: non la mia satisfazione io cerco, ma la tua volontà, non la mia gloria, ma la tua; e se io desidero di andar teco alla campagna, di esercitarmi nel servigio delle anime, ella è la tua carità quella che mi muove, e mi pressa, perch'io so fino a qual segno tu ami che sieno amate le anime. Del rimanente secondo il tuo beneplacito io farò uso de' doni tuoi; secondo il tuo beneplacito farò parte agli altri di quello, che hai dato a me: così predicherò non me stessa, ma te, o mio Diletto: Noi non predichiamo noi stessi, ma Gesù Cristo Signor nostro; noi poi servi vostri per Gesù, 2 Cor. IV. 5.



AMDG et DVM

giovedì 27 febbraio 2020

Dall’età fanciulla ad età più completa




"Ti ho già detto che quanto è detto negli antichi libri ha un riferimento nel presente. È come se una serie di specchi ripetesse, portandolo sempre più avanti, uno spettacolo visto più addietro. Il mondo ripete se stesso negli errori e nei ravvedimenti, con questa differenza però: che gli errori si sono sempre più perfezionati con l’evoluzione della razza verso la cosiddetta civiltà, mentre i ravvedimenti sono divenuti sempre più embrionali. Perché?

Perché, col passare del mondo dall’età fanciulla ad età più completa, sono cresciute la malizia e la superbia del mondo. Ora siete nel culmine dell’età del mondo e avete raggiunto anche il culmine della malizia e della superbia. Non pensare però che avete ancora tanto da vivere quanto siete vissuti. Siete al culmine, e ciò dovrebbe dire: avete altrettanto da vivere. Ma non sarà.


La parabola discendente del mondo verso la fine non sarà lunga come quella ascendente. Sarà un precipitare nella fine. [La fine dei tempi, la fine del tempo delle nazioni; poi verrà il Regno di Dio sulla Terra, un’unica Nazione, un unico popolo, un’ unica Fede]. 


Vi fanno precipitare appunto malizia e superbia. Due pesi che vi trascinano nel baratro della fine, al tremendo giudizio. 

Superbia e malizia, oltreché trascinarvi nella parabola discendente, vi ottundono talmente lo spirito da rendervi sempre più incapaci di fermare, col ravvedimento sincero, la discesa".

"I Quaderni del 1943", pagg. 226 - 227


AMDG et DVM

San Gabriele dell'Addolorata

Risultato immagini per casa paterna di san gabriele dell'addolorata - assisi

San Gabriele nacque ad Assisi. Fu battezzato con il nome di Francesco, a ricordo del suo santo concittadino. 

Era di indole molto buona. Fin da giovane cominciò a sentirsi a disagio nella vita borghese, perché dalla generosità di Dio era stato invitato a una vita irreprensibile. 


Entrò nell'istituto dei padri Passionisti e assunse il nome di Gabriele dell'Addolorata, quasi per ricordarsi continuamente delle gioie e delle sofferenze della Madonna. 


Soleva venerare la Vergine in tutti i modi, soprattutto rammentando la sua sofferenza a causa dei dolori di Gesù e questa meditazione lo commuoveva fino alle lacrime. 


Si mantenne vergine, e visse dedicato soltanto a Dio, praticando le penitenze che si esercitavano nel suo istituto, come fosse crocifisso al mondo. 


Confortato dall'aiuto di Maria, morì nel 1862, ancora giovane e già ricco di virtù, e consumato più dall'amore di Dio che dalla violenza della malattia. 


Il papa Pio X lo inserì nel catalogo dei beati, e Benedetto XV in quello dei santi. Pio XI decretò che il suo culto venisse esteso a tutta la Chiesa.


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


Risultato immagini per casa paterna di san gabriele dell'addolorata - assisi




P
reghiamo
O Dio che a S. Gabriele insegnasti a meditare assiduamente i dolori della tua dolcissima Madre e l'hai onorato per mezzo di Lei con la gloria della santità e dei miracoli, concedi a noi, per la sua intercessione ed il suo esempio, di unirci al pianto della Madre tua così da essere salvati dalla sua materna protezione:
Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen

mercoledì 26 febbraio 2020

Io ti sono stato Catechista e Maestro per saziare la tua sete spirituale, che nessuno saziava, di "conoscere Dio".



QUADERNETTI CAPITOLO 719


7 marzo 1948

   Mi dice il Divinissimo Autore: «Non chiamarmi così. Chiamami "il Dolce Ospite". Perché veramente Io sono il Dolce Ospite dell'anima tua e trovo in essa dolce ospitalità».
   Il mio pensiero gli dice: «Non so come possa avvenire. Sono misera e peccatrice, e Tu sei la Perfezione di Dio, Tu, Spirito dello Spirito di Dio».
   Mi risponde:
   «La trovo perché tu mi ami. Mi hai sempre amato. Sono, dei Tre, Colui che tu hai amato per primo e senza interruzione. Più tardi hai compreso sapientemente il Verbo. Più tardi ancora il Padre. Ma lo Spirito Santo lo amasti col primo raggio della tua intelligenza e Io ti amai. Per questo così precocemente ti ho fatto capace di amare appassionatamente l'Appassionato Gesù. E tu credesti di amare Lui. Ma Me amavi in Lui. E da Me traevi luce e fiamma ad amare Lui.
   Avresti potuto, tu, nelle tue condizioni famigliari, ascendere così presto alla mistica pura e da te sola, se Io non ti avessi abitato perché mi amavi con tutte le forze del tuo spirito? Io ti sono stato      Catechista e Maestro per saziare la tua sete spirituale, che nessuno saziava, di "conoscere Dio". E nel giorno delle nostre nozze, la tua Cresima, ti ho visibilmente indicata con il mio segno di fuoco.
Nessuno ha capito. Gli uomini sono superficiali sempre. Ma nel tuo piccolo leggendario andrebbe ricordato quell'inspiegabile fuoco che arse tutte le vanità delle tue1 compagne al rito e lasciando te immune in un cerchio di fiamme, assorta nella tua attesa di Me tanto da non vedere quanto accadeva né averne timore.
   L'anima tua sentiva che chi è Sposa del Fuoco Divino non può essere arsa che da Esso e che Fiamma celeste respinge ogni altra fiamma. E in questa verità è la spiegazione di tutta la tua vita spirituale e del fervore di essa in mezzo a tutte le più violente prove. Per questo ora Io sono venuto a completare il Maestro Gesù e a completare il tuo io spirituale così come all'inizio dei tuoi giorni sono venuto ad iniziarlo. 
   Chiamami dunque "il Dolce Ospite" perché tale Io sono per mia e tua gioia. "Divinissimo Autore" è troppo distanziante fra l'Uno e l'altro che si amano. Ospite. E Ospite dolce. Questo sì. Non altro. Perché Io trovo il mio riposo in chi mi ama e ospita e tu trovi il tuo riposo in Me che t'amo e in te ospito».
AMDG et DVM

Cantico de' cantici - 6

Cantico dei cantici - 6

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1Il mio Diletto è disceso nel suo orto all'arcola degli aromati per pascolare negli orti, e cogliere de' gigli. 2Io al mio Diletto, e a me il Diletto mio, il quale tra' gigli pascola. 3Bella se' tu, o amica mia, soave,e splendida come Gerusalemme, terribile come un esercito messo in ordine di battaglia. 4Volgi da me gli occhi tuoi, perch'ei mi fecero sorvolare: i tuoi capelli come un gregge di capre, che spuntano dal Galaad. 5I tuoi denti come un gregge di pecorelle, che tornano dal lavatoio, tutte con parti gemelli, e sterile tra queste non è. 6Come la scorza di melagrana, così le tue guance senza quello, che in te si nasconde. 7Sessanta sono le regine, e ottanta le spose di secondo ordine, e le fanciulle sono senza numero. 8Una è la mia colomba, la mia perfetta, ella è unica della sua madre, eletta alla sua genitrice: la videro le donzelle, e beatissima la chiamarono; le regine, e le spose di secondo ordine, e la lodarono. 9Chi è costei, che esce fuora come aurora sorgente, bella come la luna, eletta come il sole, terribile come un esercito messo in ordine di battaglia? 10Io discesi nell'orto delle noci per vedere i pomi delle valli, ed osservare se la vigna fosse fiorita, e se germogliassero i melagrani. 11Io fui nell'ignoranza: l'anima mia mi conturbò per ragione dei cocchi di Aminadab. 12Ritorna, ritorna, o Sulamitide ritorna, ritorna, affinchè non ti veggiamo.

Note:
6,1:  Il mio Diletto è disceso, ec. Alla interrogazione delle figlie di Gerusalemme risponde la Sposa indicando il luogo dove è lo Sposo, e dove potranno trovarlo. Il mio Diletto, dice ella, non è andato lontano: egli è andato nel suo orto: se volete cercarlo, venite voi con me, e lo troverete. Vedemmo già come orto di Cristo ella è la Chiesa cattolica, e in questa Chiesa egli sta sempre per la fede vera, e per la sua grazia, e in questo solo luogo si hanno gli aiuti, e i mezzi per trovar Cristo, la schietta, e pura dottrina, i sacramenti, il sacrifizio, il sincero culto di Dio. 
Fuori di questa Chiesa tutto è arida terra, e deserta, onde egli stesso avvertì i suoi Discepoli a non fidarsi di chi volesse insegnar loro altro luogo dove trovarlo:se vi diranno: Ecco che egli è nel deserto, non vogliate muovervi: eccolo in fondo della casa, non date retta, Matt. XXIV. 26. Perocchè (soggiunge s. Girolamo) Cristo non trovasi nel deserto de' gentili filosofi, non nella casa de' falsi sapienti, non ne' nascondigli degli Eretici, ma solamente nel suo orto. In questo orto la Sposa nomina in primo luogo l'Areola degli Aromati, vale a dire una parte dell'orto istesso piantata di arboscelli aromatici, e ciò sembra indicare tutte le anime, le quali in qualunque stato distinguonsi per esimia perfezione di virtù, onde sono il buono odore di Cristo a Dio, e queste anime visita con particolar cura, ed affetto lo Sposo. In secondo luogo ella nomina gli orti, cioè li scompartimenti dell'orto assai vasto in altri orti particolari, che sono le Chiese diverse, nelle quali tutte fa egli l'ufficio di buon Pastore verso le sue pecorelle, e dove egli stesso pascola, deliziandosi delle virtù, delle buone opere, de' santi affetti, che ivi ritrova: e questi sono i gigli, che egli raccoglie, e de' quali dilettasi sommamente per l'incredibile amore, che egli ha al bene delle anime. 
Queste virtù, e queste buone opere dicesi ancora, ch'ei le raccoglie come per riporle nel suo seno, e serbarle alla ricompensa, ed al premio, con cui vuol coronarle, d'onde apparisce ancora di qual pregio sieno le stesse opere dei giusti negli occhi dello Sposo, considerate da lui come frutti degni della vita eterna, perchè sono frutti principalmente della grazia del Salvatore.

6,2: Io al mio Diletto, ec. Il senso di queste parole si è spiegato cap. II. 16: Aggiungo solamente, che di qui apparisce, come lo Sposo si è fatto nuovamente vedere alla Sposa, la quale in tali proteste di amore prorompe, e quasi lo addita, dicendo: Ecco là il mio Diletto, io lo veggo pascolare tra' gigli. E le stesse proteste di costantissimo, e ferventissimo affetto sono un nuovo invito alle figlie di Gerusalemme, perchè allo Sposo si dieno senza riserbo a imitazione di lei, che è tutta del suo diletto, il quale è sua porzione, sua eredità, e tutto il suo bene. 
Notò il Nisseno, che l'impegno della Sposa si è di conformarsi in tutto allo Sposo, talmente che chiunque la vegga, creda di vedere lo Sposo, come a chi vede un buono, e fedele ritratto pare di vedere la persona stessa, ch' ei rappresenta, e chi l'immagine di un altro nello specchio rimira dice subito, egli è quel desso: Così (segue a dire il Nisseno) quando l'anima sarà ben disposta, e di tutte le macchie, e imperfezioni di questa vita sarà purificata, imprimerà in se stessa di quella eterna bellezza l'immagine. Questo sentimento del Nisseno è molto simile a quello di Paolo là dove avendo descritto l'induramento, e la cecità, in cui cadde Israelle, riguardo a'veri Fedeli pronunzia: Noi tutti però a faccia svelata, mirando come in uno specchio la gloria del Signore, nella stessa immagine siam trasformati di gloria in gloria come dallo spirito del Signore, II. Cor. III. 18.


6,3: Bella se' tu, o amica mia, soave, ec. L'Ebreo in vece di soave, ha una voce, che significa soavità, speciosità, e può essere anche nome proprio di una città, cioè di Thirsa, ovver Thersa, la qual città fu dipoi residenza de' Re di Samaria; questa città, come vedesi da vari luoghi delle Scritture, dovea essere in sito di grande amenità, e da questo ebbe il nome. Così la Sposa sarebbe rassomigliata a due bellissime città reali, e direbbesi: Tu se' bella, o amica mia, come Thersa, splendida come Gerusalemme.
     Piacque talmente allo Sposo lo zelo, con cui la Sposa cercò di trarre all'amore di lui le figlie di Gerusalemme, che repentinamente si rivolge a lodarla più di quello, che avesse mai fatto finora: bella se'tu, e soave, ovvero la stessa soavità, tanto tu se' grata, ed amabile a chiunque ti mira. Splendida come Gerusalemme: questa fu detta da Geremia: città di perfetta bellezza, gaudio di tutta quanta la terra, Tren. II. 15., e tale ella fu specialmente a' tempi di Davidde, e di Salomone, da'quali fu nobilitata con molti grandi edifici, e particolarmente col famoso Tempio miracolo di grandezza, e magnificenza, cui il simile non vide il mondo; ed anche nei tempi posteriori dopo essere stata soggetta a durissime vicende fu la più illustre città di tutto l'Oriente, come dice Plinio lib. v. 14. 
A Gerusalemme adunque, il cui nome significa visione della pace, è paragonata la Chiesa, nella quale lo Sposo adunò, e ripose tutte le virtù, e le grazie, e i doni celesti, nella quale abita egli stesso, che è sua pace, e sua felicità. Quindi di lei fu scritto: Esulta, e canta inni di laude, casa di Sion, perocchè grande è in mezzo a te il santo d'Israele, Isai. XII. 6.; e altrove: Nostra città forte è Sionne: sua muraglia, e suo parapetto sarà il Salvatore, Isai. XXVI. 2. Vedi anche Isai. Liv. II., e Apocal. XXI. I 10.12.13. ec., dove è descritta la meravigliosa varietà, e preziosità delle vive pietre, onde si edifica la mistica nostra Gerusalemme. Queste vive pietre sono i fedeli ricchi di virtù, e di merito, de' quali ancora sta scritto, ch'ei saranno il manto, di cui ella sarà rivestita, e se ne abbiglierà come Sposa, Isai. XLIX. 18.
Terribile come un esercito ec. Quando lo Sposo parago na la sua Diletta ad un esercito messo in ordine per com battere, ovvero (come porta l'Ebreo) a un esercito unito sotto le sue insegne, egli suppone, che la stessa Diletta ha dei nemici, i quali continuamente le fanno guerra implacabile, onde ella ha da essere sempre in ordine per combattere nella buona milizia. I nemici di lei son nemici ancor dello Sposo, e contro di questi riunita sotto il suo condottiere celeste ella ha da combattere fino alla piena, e perfetta vittoria: e tale è pure la condizione di ogni anima giusta, la cui vita sopra la tera è milizia, come dice Giobbe, VII. I.
L'arme più valida in questa pugna ella è l'orazione, e la istanza, o perseveranza nell'orazione. Perocchè questa (dice il Grisostomo) è un'arme celeste, per cui con uguale facilità si respinge un nemico solo, e mille nemici. Ha però singolare efficacia, e virtù la orazione comune, nella quale la cospirazione, e unione de' fedeli, e i clamori dei sacerdoti hanno incredibil forza per atterrire, e conqui dere i nemici della salute; e per essa principalmente apparisce la Chiesa come un esercito messo in ordine di battaglia.

6,4: Volgi da me gli occhi tuoi, ec. Avea detto, (Cap. IV. 9.) che ella lo avea ferito con uno degli occhi suoi; adesso poi esaltando sempre più la bellezza degli occhi di lei con forte, e graziosa iperbole le dice, che altrove li volga, perchè fuori di se lo rapiscono. Tutto ciò veracemente esprime un eccesso di amore, che parrebbe non solamente straordinario, ma quasi incredibile se non fosse giustificato dalle dimostrazioni di carità, che egli diede col fatto alla Sposa, e nelle quali parve che egli per amore, di lei abbandonasse il pensiero della sua gloria riducendosi a dare tutto se stesso per lei, e a soffrire ogni specie di umiliazioni, e di patimenti.         Ma tanto tempo prima, che adempisse lo Sposo gli eterni consigli di sua misericordia e bontà formati a favore di lei, volendo lo Spirito santo anticipatamente annunziarli, poteva egli servirsi di espressioni più moderate quando la carità di questo Sposo dovea passare ogni termine, ed ogni misura? Ciò sia detto per quelli, i quali a prima vista restando colpiti da tal maniera di parlare, ardissero di dubitare, se questa veramente a un tale Sposo convenga. 
Imperocchè debbono essi considerare, che molto meno secondo le idee della corta umana ragione convenir potrebbe, che il Verbo di Dio, l'unico figlio del Padre, vestita la carne dell'uomo peccatore, benchè senza peccato, in essa patisse e morisse, come patì e morì per amore dell'uomo, e non per alcuna attrattiva ch'ei vedesse allora nell'uomo, ma perchè di beltà, e di virtù, e di ogni bene voleva arricchirlo. 
Ma tornando alla sposizione di queste parole, non è già, che lo Sposo si annoi, o si disgusti, perchè la Sposa a lui tenga rivolti continuamente i suoi sguardi, e lui rimiri e la sua volontà, e a lui s'indirizzi colla viva fede, e col fermo desiderio di piacergli, ma ha voluto anzi con frase sì forte, e con termini sì espressivi dichiarare quanto un tale amore egli ami, e come per ottenerlo stimi bene impiegati tutti gli eccessi di carità, e tutto quello che ha fatto per lei.
I tuoi capelli come un gregge ec. Intorno a questa parte del versetto, e intorno a' due seguenti vedi quello, che si è detto capo I. 2. 3.
6,7: Sessanta sono le Regine, e ottanta le Spose di secondo ordine, ec. Ho voluto esprimere nella versione il vero senso, che ha qui, come in molti luoghi delle Scritture la voce Concubinae. Vedi quello, che si è detto Gen. XXV. 6. 
Queste spose di secondo ordine erano di condizione inferiore alle mogli primarie. I figli di queste entravano a parte della eredità del padre, laddove i figli delle mogli secondarie ricevevano dal padre solamente de' donativi, e, come oggi diremo, de' legati. Non istò qui a dire, che queste Regine, e mogli di secondo ordine, e fanciulle non hanno nulla che fare colle donne raunate da Salomone, perocchè per vederlo basta leggere la Storia sacra dove di Regine, e di mogli si nota un numero assai maggiore, di fanciulle poi che fosser da lui mantenute non si fa parola. Vedi 3. Reg. XI. 
Non me scoliamo adunque, e non confondiamo i fatti di un Re, cui la vergognosa passione delle donne precipitò in un abisso di mali, co' sacrati misteri del vero Salomone, il quale non ha se non una Sposa, e questa amata con perpetua purissima carità, come qui pure si dice. Una sola fu, e sarà sempre la vera religione, ed una per conseguenza fu, e sarà sempre la vera Chiesa depositaria di questa religione: ma perchè questa Chiesa è un corpo grande, ella perciò è composta di molte parti: I molti siamo un sol corpo, diceva Paolo, 1. Cor. X. 3. 17., e un solo è l'ovile, come un solo è il pastore, ma le pecorelle sono molte, e queste in molti branchi divise, Jo. x. 16. E veggiamo ancora con lo stesso Paolo, come tutto all'unità si riduca: Un solo corpo, un solo spirito, come siete ancora stati chiamati ad una sola speranza della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, e un solo Dio, Ephes. IV. 4. 5. 6. questo corpo, perchè è un corpo visibile dovette avere eziandio un capo visibile, che fosse come il centro della unità, e questo capo fu dato alla Chiesa da Cristo nella persona di Pietro, e de' suoi successori i romani Pontefici: Tu se' Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, Matt. XVI. 18. 
Nè debbo lasciar di osservare, che siccome di questa unità, secondo l'Apostolo, è una prova quell'unico battesimo, per cui in questo ovile si entra, ed in questa famiglia, così ne è ancora argomento, secondo lo stesso Apostolo, quel solo pane, di cui tutti i fedeli partecipano: Un solo pane, un solo corpo siamo noi molti, i quali tutti dello stesso pane siamo partecipi, 1. Cor. X. 17., e finalmente ne è argomento quell'unica oblazione monda, la quale in tutta la cattolica Chiesa si offerisce, Malach. 1. Ii. Ed ecco quella unità sì essenziale alla vera Chiesa, e al bene di essa, eccola, dico, preco nizzata tanto tempo avanti dallo Spirito santo, e dallo Sposo di lei, che dice: Una è la mia colomba; e di piu Unica della sua Madre, eletta alla sua Genitrice. 
Questa madre della nostra spirituale Gerusalemme ella è la Gerusalemme celeste, come c'insegna l'Apostolo: Quella, che è lassuso Gerusalemme, che è nostra madre, Gal. IV.26 Perocchè dal cielo venne il capo di lei, dal cielo la nuova legge, che ella professa ed insegna, legge impressa ne' cuori degli uomini dallo Spirito santo, e dal cielo vide scendere questa Sposa l'Apostolo s. Giovanni Apocal. XXI. 10., al cielo aspirano tutti i desideri di lei e tutte le sue speranze sono nel cielo. 
La Gerusalemme del cielo ha questa unica figlia sopra la terra, figlia eletta e cara sopra tutte le cose alla unica madre; e questa figlia ell'è l'unica colomba, l'unica Sposa dello Sposo celeste. Questa unica figlia, e Sposa riceve, e accoglie nella sua società un grandissimo numero di anime, e queste di condizion differenti, e di merito. Quelle le quali in questa famiglia grande hanno il primo posto di onore si chiamano regine, perchè sono le anime perfette sublimi in virtù fatte degne non solo di essere nel numero delle spose, ma di avere tra queste la suprema dignità. Quelle, che hanno il secondo luogo, sono le spose secondarie o questa classe ella è di que' giusti, i quali sono veramente uniti a Cristo mediante la grazia di lui, nella quale vivono, ma a molte imperfezioni essendo soggetti tuttora, formano perciò il secondo ordine delle spose meno privi legiate, e onorate delle prime. 
Le fanciulle poi, le quali nella casa grande non sono nè padrone, nè spose Inna ancelle, sono tutte le anime, le quali mediante la fede, e il battesimo furono incorporate alla Chiesa, ma si rendettero indegne dell'onore dispose per lo peccato con cui e la grazia santificante perdettero, e macchiarono la veste nuziale. Possono però ricuperare la grazia per mezzo della penitenza, e sono sopportate dallo Sposo e perchè si convertano, e perchè al bene, e alla santificazione ser vano delle anime elette. Di queste ultime il numero è maggiore di quello delle prime, e di quello delle seconde, e non è qui fissato, quasi sdegnando lo Sposo di nume rarle perchè troppo a lui sono spiacenti. Similmente più piccolo, che delle secondarie è il delle Spose numero perfette, le quali tutto si meritano l'amore, e la prediezione dello Sposo. 
Vedi August. in 1. epist. Jo. Tract. v. il numero poi di sessanta, e di ottanta sono numeri fissi e determinati, posti in vece di numeri indeterminati secondo il frequente uso delle Scritture; ma si pone il numero fisso per indicare la certezza della Previsione divina, perocchè Conosce il Signore quelli, che sono suoi di tutti questi tre ordini di fedeli si forma l'unica Sposa, l'unica colomba, la perfetta, l'unica della sua Madre, l'eletta della sua Genitrice. 
Veggano gli Eretici, veggano gli Scismatici, veggano tutte le società divise dalla Figlia se sperar possano di aver giammai società, e comunione colla Madre.
La videro le donzelle, ec. È gloria grande di questa sposa, che tutti coloro, che la veggono l'ammirino, e la celebrino con affetto sì grande; e di ogni anima fedele è debito certamente di onorare questa Madre, e di ripetere quest'inno di laude, e chiamarla, com'ella è, beatissima per l'amore eterno del suo Dio, e suo Sposo, il quale d'immensi doni l'arricchì, e beatissima ancora per parte degli Apostoli, che sono suoi fondamenti; per parte dell'immenso stuolo di Martiri, che la sostennero, e la illustrarono: per parte finalmente dell'infinito numero di santi, che ella diede al suo Sposo. 
Quello, che è però di massima importanza per noi si è di apprendere il rispetto dovuto da noi a questa Madre nostra, la quale, come dice l'Apostolo 1. Tim, 15., è colonna, e base di verità, e la docilità, e sommissione con cui dobbiamo ascoltarla, e ricevere i suoi oracoli venerando in essi i dettami dello Spirito Santo, il quale per bocca di lei parla. Per questo imparammo da Cristo, che chiunque non ascolta la Chiesa dee tenersi come un Gentile, ed un Pubblicano. Tutti quelli, che più conobbero lo Sposo, e più degli altri amarono lo Sposo furono sempre i primi nell'amore, e nella venerazione verso la Sposa.
6,9: Chi è costei, che esce fuora ec. Sono mirabilmente dipinti, anzi che annunziati in questo versetto i progressi della Sposa di Cristo. Ella fu come aurora sorgente per tutto quel tempo, nel quale gli Apostoli, e i Discepoli del Salvatore ascoltavano la sua dottrina, ed erano a poco a poco illuminati dal Sole di giustizia, il quale discacciava le tenebre della loro ignoranza, e le deboli e timide loro menti svegliava allo studio, e all'amore della verità, e della virtù. 
Quindi egli diceva loro: Molte cose ho ancora da dirvi, ma non potete adesso portarle; temperando egli la luce delle sue istruzioni per adattarle alla capacità di uomini rozzi ancora, ed imperfetti. Ma venuto il giorno grande, nel quale lo Spirito santo secondo la promessa di Cristo venne sopra i credenti, l'aurora diventò una pie nissima luna, anzi un vero sole. 
Divenne bella la Chiesa come la luna, perchè nel mezzo di un mondo pravo, e perverso, ed accecato dalla idolatria, nella tetra notte di una generale infedeltà cominciò a risplendere per la insigne purezza de' costumi, per la innocenza, e santità della vita, e per la copia di tutte le buone opere; divenne bella, ed eletta come il sole per la non più udita sapienza, e per l'ardentissima carità, con cui tutta si diede a illuminare ogni parte della terra, e ad accendere dapper tutto il fuoco celeste ond' era ripiena. 
Divenne ella finalmente terribile a' Demoni, a' falsi sapienti, e a' tiranni nemici della Fede per la invitta fortezza, e costanza di cui fu rivestita dall'alto. Ed ecco quel gran prodigio, il quale con manifesta allusione a questo luogo, fu descritto da s. Giovanni: Un gran prodigio apparve nel cielo. Una donna vestita di sole, e la luna sotto i suoi piedi, Apocal. XII. 1.: intorno alle quali parole non ripeterò adesso quello, che si è notato qui avanti cap. II. 6.
Aggiungerò solamente, che la luna è figura della umanità di Cristo, il sole figura della divinità. Si avanza adunque la Chiesa bella come la luna per la imitazione, e somiglianza con Cristo, eletta come il sole per la similitudine, e unione con Dio, la qual'unione è il termine della vera virtù. Ella è ancora terribile come un esercito messo in ordine di battaglia, perchè l'ordine, la subor dinazione, la concordia, che è nella Chiesa la rendono formidabile anche all'inferno. Quindi il gran martire s. Ignazio diceva a' cristiani: Quando voi continuamente vi adunate insieme, sono distrutte le forze di Satana, e le infuocate saette di lui, che stimolano al male, cadono a vuoto: perocchè la vostra concordia, e la consonante fede è ruina di lui, e a'satelliti, e amici di lui è tormento, Niente v'ha di meglio della pace di Cristo, per cui si tolgono tutte le guerre degli spiriti dell'aria, e de terrestri, Ep. ad Eph.
6,10: Io discesi nell'orto delle noci per vedere ec. Queste parole per sentimento quasi comune degl'Interpreti sono dello Sposo. Vedi s. Girolamo sopra il capo XII. di Zaccaria. Alcuni per l'orto delle noci intendono un luogo piantato non tanto di noci, ma ancora di tutti quegli arbori, il frutto dei quali sotto dura corteccia è rinchiuso. Quando lo Sposo dice: Io discesi,viene a rammemorare la sua incarnazione, nella quale discese dal cielo, Jo. VI. 38., come disse egli stesso, e si annichilò presa la forma di servo, Philip. II. 7. Quando poi egli aggiunge, che discese nell'orto delle noci, volle dire, che discese nel suo orto, in un orto, che era figura di lui medesimo. Imperocchè al frutto del noce è egli paragonato, perchè in lui la divinità era coperta dalla carne, che egli assunse; e di piu questa carne, benchè senza peccato volle ancor soggettare a tutte le amarezze di una vita povera, e travagliata, e a tutte le asprezze della passione; onde quasi da doppia scorza, e da doppio velame l'essere divino di lui rimaneva coperto, e nascosto.
La Chiesa ancora, e l'antica e la nuova, sono paragonate all'orto delle noci, ma in diversa maniera. L'antica sotto la scorza de' riti, e de' sacrifizi carnali, sotto il velo eziandio degli avvenimenti di quel popolo nascondeva il Messia. Così per esempio, (come notò l'Apostolo) Cristo era la pietra, la quale percossa da Mosè colla verga diede acqua nel deserto al popolo sitibondo; la pietra, dico, era Cristo, perchè figura di Cristo, il quale percosso nella passione dovea diventare fonte perenne di grazia, e di vita per le anime.              Venne adunque il Cristo alla Sinagoga, e ruppe la scorza della noce, e tolse il velame della lettera, e si manifestò come vero Messia adempiendo tutte le figure, tutte le profezie, che parlavano di lui. Ma i Giudei, e principalmente i loro Maestri, li Scribi, i Farisei, e i Sacerdoti stessi seguendo i pregiudizi del cor rotto loro cuore, piuttosto che gli oracoli delle Scritture, e volendo un Messia a modo loro, restarono nell'accecamento, e anzi della propria loro opinione, e delle vane loro tradizioni si fecero (per così dire) un nuovo denso velo, per cui nulla più intesero de' misteri nascosti sotto la lettera della legge, i quali sotto de' loro occhi si adempivano, senza che ei vi riflettessero, e senza che si prendesser pensiero d'intenderli. 
Così nella superba loro ignoranza non vollero, che potesse essere il Cristo un uomo, che nascondeva la sua grandezza sotto la scorza di una gran poverta, e di una umiltà profondissima. Mentre però la massima, e più riputata parte della nazione Ebrea rinunziava al Messia, egli andava a poco a poco piantando il suo nuovo orto delle noci, la nuova Chiesa, nella quale sotto l'amara ed aspra scorza della penitenza, e nella propria annegazione si nascondevano i preziosi frutti della grazia; la qual grazia predetta, e figurata nell'antica legge, effettivamente non si ha se non nella nuova.
      Scese adunque il Cristo nell'orto delle noci, venne a visitare la Sinagoga, e a visitare specialmente le piante fruttifere poste nelle valli, per le quali piante sono significate le anime umili, delle quali non era totalmente priva la Sinagoga, e queste con grande ansietà aspettavano la venuta di lui. Discese ancora per osservare se la vigna tutta del Signore degli eserciti fosse fiorita, e questa secondo la interpretazione d'Isaia (cap. v. 7.) ella è la casa d'Israele. 
Questa vigna quanto alla porzione più grande non era fiorita; ed anzi, dopo che il Signore con molta mansuetudine, e pazienza, e carità l'ebbe coltivata assai lungo tempo, in vece di uve non diede se non lambrusche. Ma nei poveri, negli umili di quel popolo fiorì la vigna, e massimamente negli Apostoli, e ne' Discepoli, che diedero speranze di ottimo frutto. 
Questi sono ancora figurati nelle piante di melagrani, i quali lo Sposo visita per vedere se abbiano germogliato, ovvero (come leggono i LXX) se abbiano gettati i fiori. In questi veramente lo Sposo trovò i fiori, trovò ottimi desideri, li trovò pronti a bere il calice, che dovea bere egli stesso, ed uno di essi ancor più fervente gli disse: Sono pronto a ire con te alla carcere, e alla morte. Vero è, che la tentazione dissipò questi primi fiori; ma poco dopo e fiori, e frutti copiosi di carità, di pazienza, di fortezza trovò egli in queste sue elette piante, negli Apostoli e ne' Discepoli, i quali alla cognizione, e all'amore di lui condussero infinito numero di credenti.

6,11: Io fui nell'ignoranza: l'anima mia ec. A quel che disse lo Sposo nel precedente versetto rispondesi in questo versetto, nel quale per comunissimo parere de' Padri e degl'Interpreti quella che parla ella è la Sinagoga
Ed è da notare per la intelligenza di queste parole, che dove la nostra Volgata legge in una sola parola Aminadab, nell'Ebreo sono due voci Ammi-Nadab, ovvero Nadib, che vuol dire popolo spontaneo, e le difficoltà di grammatica, che potrebbono opporsi a ravvisar qui piuttosto un nome appellativo, che un nome proprio sono tolte dagli stessi Rabbini, coi quali si accordano ancora varie antiche versioni greche.   -   Posto ciò la Sinagoga convertita (come lo sarà un giorno secondo gli oracoli de' Profeti, e di Paolo) confessa qui la miserabile sua funestissima ignoranza, e questa stessa confessione è già indizio di molta sapienza. Questa ignoranza ella è quel velo, che al dire di Paolo anche al dì d'oggi quando si legge Mosè, è posto sul cuore degli Ebrei, e sarà tolto allorchè siasi Israele rivolto al Signore, II. Cor. III. 15. 16. 
Allora la Sinagoga compunta dirà: Lo Sposo venne nell'orto delle noci, visitò la sua vigna, ma io fui nell'ignoranza, non conobbi lo Sposo, non conobbi il Messia, non conobbi il tempo diella visita, che ei mi faceva, e si adempie per mia sciagura quel terribile oracolo: Acceca il cuore di questo popolo, e istupidisci le sue orecchie, e chiudi i suoi occhi, Isai. VI. 10. 
Così la Sinagoga un giorno confesserà contro se stessa la sua ingiustizia al Signore, ed egli le per donerà l'empietà del suo peccato, vale a dire del gran rifiuto, Ps. XXXI. 5. Questa ignoranza, e questa deplorabile cecita fu addotta da Cristo al Padre nella sua orazione pei medesimi Ebrei, affin di muoverlo a misericordia: Padre perdona loro, perocchè non sanno quel, ch'ei fanno, Luc. XXIII. 34. 
Perocchè se conosciuto l'avessero, avrebbon eglino mai crocifisso il Signore della gloria? Erano adunque ciechi gli Ebrei, e guidati da ciechi, che tali erano gli Scribi, i sacerdoti, i capi del popolo. 
E anche quando gli eletti uomini di questa infelice nazione ebber portata per una gran parte di mondo la parola dell'Evangelio rigettata da Israelle, e colla efficacia della predicazione, e cogl'infiniti miracoli ebber condotto ad obbedire alla Fede le turbe dei Gentili, la Sinagoga non solo non credette, non solo non riconobbe il Messia, ma anzi nella incredulità si ostinò sempre più, ma anzi fu maggiormente turbata, e disgustata, com'ella dice, dal vedere i cocchi del popolo gentile, del popolo spontaneo, il quale con gran voga correva ad abbracciare la Fede, e unirsi alla nuova Chiesa. 
Questo popolo spontaneo è quello, di cui lo Sposo disse per Isaia: Sono stato trovato da quelli che uon mi cercavano ec., Rom. VIII. 19.20., Isai. LXV. I. Questo popolo correrà con allegrezza, e festa, e solennità alla Chiesa a confessare, e adorare Gesù Cristo. Ed ecco la nuova cagione di turbamento, e di scandalo per la Sinagoga. 
Gli Ebrei o non credevano, che dovesse essere giammai aperta a' Gentili la porta della salute, o non credevano che a salute potesser quelli pervenire senza passare pel Giudaismo, e sottoporsi alle cerimonie legali. L'ebreo superbo disprezzava i Gentili, i quali per la corruzione somma de' loro costumi sono più volte ne' Profeti rassomigliati alle bestie, ed alle fiere selvagge. 
Ma Cristo, come dice l'Apostolo, fu ministro dei circoncisi per adempiere le promesse fatte a' Padri; le genti poi onorino Dio per la sua misericordia; perocchè egli al domestico ulivo innestò la marza dell'ulivo salvatico, come dice lo stesso Paolo Rom. XI. 24. Innestati in tal guisa a Cristo i Gentili, non solo divennero una sola cosa in Cristo Gesù; non solo divenner membri di Cristo, ma divennero ancora per conseguenza seme di Abramo, quel seme, a cui furono fatte da Dio le promesse, come ragiona l'Apostolo: Se voi siete di Cristo, dunque siete il seme di Abramo, eredi secondo la promessa, Gal. III. 29. 
La Sinagoga però da questo ancora prese motivo di disprezzare la Chiesa istessa, e di alienarsi da lei sempre più, come osservò l'Apostolo dicendo a' Gentili, che per cagion loro gli Ebrei erano nemici della Chiesa di Cristo: nemici per causa vostra. Ed ecco quello, che la Sinagoga pentita, e genente esprime con queste parole: L'anima mia mi conturbò per ragione de' cocchi di Aminadab, Rom. XI. 28.


6,12: Ritorna, ritorna, ec. Ma la nazione de' Patriarchi, e Profeti, gli Ebrei, da' padri de' quali venne anche il Cristo, hann'eglino inciampato sol per cadere? No, dice l'Apostolo; ma il loro delitto è salute alle genti, ond'essi prendano ad emularle, e uscendo dalla loro incredulita al naturale ulivo sieno nuovamente innestati. Perocchè l'induramento è avvenuto in una parte a Israele, perfino a tanto che sia entrata la pienezza delle genti, e così si salvi tutto Israele, Rom. XI. II. 23. 
Questa conversione d'Israele è aspettata dalla Sposa di Cristo, la quale ardentemente bramando di veder riunita seco, e collo Sposo la ripudiata, la chiama, la esorta, e con affetto grande la pressa a tornare. Quindi è che col nome di Sulamitide l'appella, che vuol dire una, che appartiene al pacifico. Perocchè secondo la più plausibile interpretazione dalla voce Salomon è derivato questo nome di Sulamitide Ed è come se volesse dire la Sposa: O tu, che al Re di pace appartieni, e a lui se' promessa come suo retaggio insieme colle altre genti: O tu, che più di qualunque altra gente dovevi essere porzione nobilissima del suo regno, e da lui ti separasti per ignoranza, ritorna, ritorna alla tua pace, ritorna al tuo Sposo, ritorna, ritorna affinchè noi ti veggiamo, affinchè noi godiamo di sì bello, e giocondo spettacolo, qual sarà quello della tua riunione con noi. 
Questo grande spettacolo, il ricevimento degli Ebrei nella Chiesa, sarà per la Chiesa stessa una risurrezione da morte, come dice l'Apostolo XI. 15. Ed egli vuol dire, che la conversione piena del Giudaismo, non solo consolera incredibilmente la Chiesa, ma servirà grandemente a ravvivare la carità, e lo spirito di religione in tiepidito, o raffreddato ne' cuori delle nazioni. Quand'ei saran ricevuti, il fervore della loro carità, e il nuovo spirito, onde saranno animati, e gli esempi della viva loro fede faranno rossore a' vecchi cristiani, e gl'indurranno a migliorare i loro costumi. 
Con ragione adunque la cattolica Chiesa, e tutti i veri figli di lei sospirano questo ritorno, e a Dio lo domandano,e nella espettazione del tempo stabilito negli eterni decreti peravvenimento si grande, con ogni dimostrazione di carità procurano in tutte le occasioni di far conoscere agli stessi Ebrei la compassione sincera del misero stato loro, e il desiderio della loro riunione.
SANCTA MARIA, 
DULCIS VIRGO ET SPECIOSA
ora pro nobis.