giovedì 6 febbraio 2020

Santa Brigida

Biografia di Brigida Di Svezia


Santa

Brigida Di Svezia
Brigida nacque il 14 giugno 1302 nel Castello di Finsta, sulle sponde di un lago nella provincia di Up­pland di cui il padre era siniscalco. Era la figlia maggio­re nata dal secondo matrimonio fra Birger Persson, uno dei personaggi più importanti della Svezia, e Ingeborg Bengsdotter, imparentata con i re goti attraverso la fa­miglia regnante dei Folkung. Sebbene il nome Brigi­da significhi «altissima» in celtico e «brillante» in sasso­ne, nei primi tre anni di vita la bambina non brillò affat­to; era ritenuta muta, ma quando la lingua le si sciolse, la piccola parlò come un'adulta, segno di un carattere riflessivo e molto temprato. 

Leggere, scrivere, filare, ri­camare, assistere alla messa mattutina nella cappella si­gnorile, ascoltare i racconti della madre sui santi evan­gelizzatori della Svezia - in particolare Sant'Anskar di Piccardia -, correre nei boschi e sui prati, e raccogliersi fra le rocce di Finsta, nella «grotta della preghiera di Santa Brigida»: fu questa la vita della bambina fino alla morte della madre, avvenuta nel 1314. Ma Brigida non aveva ancora compiuto dieci anni quando, una notte, la Vergine le apparve tenendo in mano una corona e le chiese: «La vuoi?» Poi giunse la promessa celeste. La mamma di Brigida, venuta a cono­scenza della cosa, favorì la devozione della bambina la­sciando che ascoltasse delle belle prediche. 

Alla morte della madre, Brigida ha dodici anni e vie­ne affidata alla zia Caterina, castellana d'Aspenas, la quale una notte trova la nipote inginocchiata ai piedi del letto. Disobbedienza? Capriccio? La verga sollevata per punire la giovane si spezza. Allora, la donna spaven­tata domanda: «Cosa fai lì?». Brigida risponde: «Rin­graziavo colui che mi aiuta sempre». «Chi è?». «L'uo­mo che ho visto in croce». La zia resta perplessa. Poco tempo dopo, Brigida, intenta a ricamare un disegno dif­ficile nel salone del castello, invoca addolorata l'aiuto della Vergine Maria. Allora donna Caterina vede, china sul lavoro, una giovane donna dalla bellezza straordina­ria, che scompare lasciando meravigliosi fiori e frutti di­segnati e adorni di colori. Brigida non ha visto nessuno, ma questa volta la zia custodisce la reliquia. Sempre a quel tempo, una visione del diavolo, crea­tura informe con un numero infinito di piedi e di mani, terrorizza la bambina. Brigida cerca rifugio nella sua ca­mera, ai piedi del crocifisso, ed è confortata dalla cer­tezza che sotto la protezione della croce non avrà mai nulla da temere. Così giovane, ha già il riflesso dei gran­di combattenti spirituali.

Brigida è ormai un'adolescente: bellezza nordica, in­telligente, straordinariamente istruita per l'epoca, vivace, intraprendente, gentile con tutti e molto generosa. Per­fetta? No: orgogliosa, indipendente, amante di un'esi­stenza piena di lussi, difetti di una natura piena di ener­gia e di vita che Brigida, cosciente, combatte soprattutto con l'obbedienza. Nel 1316, il padre la dà in moglie a Ulf Gudmarson d'Ulfasa che ha cinque anni più di lei ed è figlio di un lagman della Vatergotland. Brigida, che preferirebbe cento volte la morte ma non desidera neppure il conven­to, si piega alla decisione paterna. Il matrimonio sarà be­nedetto e i due coniugi avranno quattro figli e quattro fi­glie: Màrta, la maggiore, si sposerà giovane e avrà una vi­ta mondana e orgogliosa che preoccuperà la madre; Karl, un ragazzo bravo ma leggèro; Birger, che morirà durante una Crociata; Gudmar e Bengt, morti in tenera età; Caterina, la gioia di Brigida, che diventerà santa; In­geborg, entrata nell'ordine cistercense e scomparsa gio­vane; e, infine, la piccola Cecilia, la quinta su otto a rag­giungere l'età adulta. 

Ulf insegna alla sua Brigida l'obbe­dienza verso il marito e il senso di responsabilità. È mol­to cristiano ed è stato cresciuto presso i cistercensi d'Al­vastra; Brigida è ancora più ardente di lui ed è animata da una devozione contemplativa, è ancora più attenta a tutti i suoi doveri ufficiali. Insieme pregano tre volte al giorno, si confessano e fanno la comunione ogni settima­na. Prima di ogni pasto, Brigida serve dodici poveri, lava loro i piedi il giovedì e dà prova di una splendida ospita­lità, mai rifiutata a nessun viandante, ricco o povero. 
La giovane castellana è allegra e incantevole: il tempo trascorre fra la caccia e la pesca e fra i canti e i balli al suo­no del liuto la sera. Questa felicità dura due anni. Quan­do Ulf parte per la guerra, la devozione di Brigida ha li­bero corso: un duro pagliericcio, digiuni, penitenze, co­me ai tempi dell'infanzia, scandiscono le giornate, e tor­nano le estasi in una profonda unione con Dio. Al rientro di Ulf, la vita attiva e caritatevole ripren­de più vigorosa che mai: i coniugi vanno insieme a ca­vallo o in barca, si occupano del dissodamento delle fo­reste, dello sfruttamento minerario, della coltivazione delle terre. Strada facendo, rendono giustizia e fanno l'elemosina. 

Poiché il numero dei figli cresce, viene ri­costruita la dimora di Ulfase. Brigida studia i piani e dirige i lavori: ama comandare. Il castello viene arredato riccamente e una sera, davanti al suo letto sontuoso, Brigida sente la frase: «Sulla croce, la mia testa non ave­va dove riposare». Da allora, commossa, la donna dor­mirà per terra ogni volta che potrà. Divenuta terziaria francescana con il marito, impara, non senza difficoltà per una donna indipendente e audace come lei, il costo dell'obbedienza, sottomettendosi con umiltà alle istru­zioni dei superiori. I due sposi amano Dio, lo servono, si amano l'un l'altra, fanno del bene. Ulf è diventato siniscalco e principe di Nericie. Il re ha regalato loro il bel castello di Vadstena; qui Brigi­da avrà la visione dell'Ordine che dovrà fondare, tra­sformando il palazzo in un monastero, affinché, secon­do le parole stesse di Cristo «questa casa, costruita con il sudore dei poveri e per l'orgoglio dei ricchi, divenga l'abitazione degli indigenti che si serviranno degli og­getti, dei frutti dell'abbondanza e dell'orgoglio, unica­mente per ricondurre gioiosamente i ricchi all'umiltà»; proprio come accadrà all'orgogliosa Brigida che dovrà rinunciare a tutti i suoi impegni. Vanitosa e attaccata al­la ricchezza, lascerà il castello e i suoi beni. 
Nel 1335, il giovane re Magnus, sposatosi di recente con Bianca di Namur, invita a corte la siniscalca di Ne­ricie, affinché diventi la gran dama di Palazzo. Dopo aver sistemato i figli, Brigida parte per Stoccolma, dove l'attendono due giovani sovrani frivoli. Affascina e stu­pisce la giovane regina e si guadagna l'amore e il rispet­to di quanti la circondano... ma non ne ascoltano i saggi consigli. Su richiesta di Magnus, Brigida dà al re delle regole precise per regnare bene. Ma è una fatica inutile: il sovrano si imbarca in una guerra ingiusta e disastrosa, che lo obbliga a imporre pesanti tasse ai sudditi. 

Brigi­da, stanca, chiede di potersi allontanare per qualche tempo dalla corte e nel 1341 si reca in pellegrinaggio a Compostela con Ulf. Durante il viaggio attraverso l'Eu­ropa, i due visitano tutti i luoghi santi del tempo: Colo­nia, Aquisgrana, Tarascona, Sainte-Beaume. A Marsi­glia si imbarcano per le coste spagnole dove, con l'aiuto di un bastone da viandanti, giungono a piedi a Compo­stela. Al ritorno attraversano la Francia messa a ferro e fuoco dalla guerra. Ad Arras, Ulf, gravemente ammala­to, guarisce grazie alle preghiere della moglie e dopo aver fatto il voto di entrare in un ordine religioso qualo­ra riveda la sua terra. Egli trascorre gli ultimi tre anni di vita ad Alvastra, presso i monaci cistercensi, dove muo­re nel 1344 in odore di santità. È menzionato nel meno­logio di Citeaux del 12 febbraio.

Nel 1339, cinque anni prima della morte del marito, Brigida visita la tomba di San Botvid, uno degli evange­lizzatori della Svezia, che le appare in visione e le dice: «Io ed altri santi abbiamo ottenuto da Dio la grazia che tu possa udire, vedere e conoscere le cose dello spirito, e lo Spirito di Dio avvamperà nella tua anima». Pare sia giunto il tempo della profezia. Dolente, dopo la morte di Ulf, ma decisamente distaccata (si era tolta l'anello ri­cevuto dal marito sul letto di morte perché la legava co­me «una catena» al mondo), Brigida distribuisce i suoi beni agli eredi e ai poveri, e si trasferisce ad Alvastra dove conduce una vita austera e semplicissima, in una piccola casa a nord della cinta del monastero. 

Qui il Signore inizia le sue conversazioni con Brigi­da, sempre più precise e profonde, sulla sua missione di profetessa e predicatrice. Il sottopriore Petrus Olavi, che dubita di queste visioni, riceve una severa ramanzina divina che lo lascia paralizzato fin quando non decide di seguire l'appello divino, che lo vuole segretario, confessore e amico della Santa. E lui che, quando non lo fa Brigida, redige le Ri­velazioni celesti e le traduce in latino. Brigida trascorre diversi anni fra Alva­stra, la corte svedese e Vadstena, che poco a poco si tra­sforma in convento. La regola che vige a Vadstena, det­tata da Cristo stesso, inizia così: «Voglio istituire quest'Ordine in onore di mia Madre...»; seguono trenta capitoli sui tre voti di povertà, castità, obbedienza, sui precetti e sulle regole, la cui originalità ricorda quella dell'Abbazia di Fontevreau: la badessa ha autorità sulle monache di clausura, sessanta al massimo, tredici sacer­doti, quattro diaconi (come gli evangelisti) e otto laici, che aiuteranno i preti nelle attività quotidiane. 
Questo numero corrisponde ai dodici apostoli e ai settantadue discepoli. Monaci e monache di clausura hanno un loro recinto su entrambi i lati della chiesa dove si raccolgono a pregare. I compiti dei monaci sono unicamente di ca­rattere spirituale. La badessa presenta il monastero di cui è sovrana alla Vergine Maria, Regina degli apostoli e dei discepoli dopo l'Ascensione. Tuttavia la Regola deve es­sere approvata da Roma e nel corso di un viaggio a caval­lo fra Alvastra e Vadnesta, Brigida avrà una lunga visione raccontata nel Libro delle domande (cinquantotto rivela­zioni) che la spingerà a partire. In un primo tempo infatti la sua benefica influenza a corte si traduce in diverse ini­ziative politiche per la pace fra i re di Francia e d'Inghil­terra, e l'arbitrato in questa vicenda di papa Clemente VI, che a quei tempi risiede ad Avignone; ma in seguito Brigida diventa oggetto di critiche e scherno ogni giorno più palesi; nel 1348, inoltre, il Papa annuncia un «giubi­leo» per il 1350, affinché la preghiera fermi la guerra e la peste che sconvolge l'Europa. 

Tutto, dunque, sembra spingere Brigida a compiere il pellegrinaggio, tanto più che ella ha messo ordine nelle proprie faccende e si ren­de conto, non senza dover lottare, che la preghiera è la migliore protezione che ella possa dare ai suoi. La confortano le parole di Cristo: «Poiché dimentichi tutto per cercarmi, grazie anche alla tua carità, avrò cura di te e dei tuoi figli». Così Brigida lascia la Svezia che non ri­vedrà più, e giunge a Roma nel 1349, nella speranza di incontrarvi il Papa. Ma l'aspetta una grande delusione: né Clemente VI né il successore Innocenzo VI risponde­ranno ai suoi pressanti appelli e moriranno ad Avignone. Nel 1350, la raggiunge a Roma la figlia Caterina. Brigida, che all'età di quarantasette anni si è messa a studiare il latino, in modo da farsi capire e soccorrere gli infelici, fonda un ricovero per i poveri cui si dedi­cherà assieme alla figlia, moltiplicando i miracoli con la carità. A quest'epoca, sotto la dettatura di un angelo, compone L'inno dell'angelo o Sermo angelicus, per il fu­turo convento di Vadstena; si tratta di ventun Lettere, da leggere ogni giorno della settimana durante le messe mattutine, in onore della Vergine Maria. 

Quando Brigida non scrive le Lettere e le Rivelazio­ni, o non studia, visita con Caterina le catacombe e le chiese di Roma per pregare. Presso la chiesa di San Paolo fuori le mura va in estasi davanti a uno stupendo crocifisso, che si può ancora ammirare e venerare, e ha un dialogo appassionato, raccolto nelle quindici Orazio­ni della Passione, la cui devozione avrà grande diffusio­ne. La sua sete di Dio la spinge negli altri santuari italia­ni e per due anni la Santa gira per la penisola, da Assisi a Napoli, passando per Montecassino. Vive con i pove­ri, pellegrina fra i pellegrini, senza disdegnare di fare la questua con loro. Di ritorno a Roma, dove l'ha preceduta la fama dei suoi scritti e dei suoi miracoli, Brigida si prodiga per la conversione dei principi con le sue lettere severe e le sue predizioni intimidatorie, che purtroppo si riveleran­no fondate, e attende il ritorno del Papa a Roma, attesa che durerà diciotto anni. È solo nel 1367 infatti che si avvera la profezia, e Brigida vede entrare nella città eterna papa Urbano V, il quale, però, vi resta solo tre anni. 
Un decennio dopo, nel 1377, Santa Caterina da Siena riprenderà la lotta e riporterà definitivamente a Roma Gregorio XI successore di Urbano V. Tuttavia, prima di questo trionfo, Brigida, sull'orlo dello scorag­giamento e del dubbio, riceve dalla Vergine l'approva­zione degli sforzi che sta compiendo: chi lavora al­l'evangelizzazione e alla conversione degli altri «anche se converte pochi o nessuno, riceverà una ricompensa pari alla conversione di tutti». La figlia Caterina, divenuta a sua volta vedova in se­guito alla morte del giovane marito rimasto in Svezia, de­ve alla tenerezza e alla fermezza materna la forza di non cadere nella disperazione, e di continuare la sua opera. All'ombra di Brigida, cresce e matura in santità che, gra­zie all'umile abnegazione della ragazza e alla sua purezza, ne fanno una delle sante più affascinanti della Svezia. 

Nel 1370, la Regola del Santo Salvatore, assimilata a quella di Sant'Agostino, viene riconosciuta dalla Santa Sede, con l'esclusione però della presenza dei monaci nel monastero. Brigida è ormai settantenne. Spossata dai pellegri­naggi e dalle penitenze, continua a obbedire agli ordini di Cristo: «Preparati al viaggio in Palestina». Al mo­mento di levare l'ancora a Ostia con tre dei suoi figli, Karl, Caterina e Birger, mormora: «Torneremo tutti tranne uno di voi che io amo moltissimo». 
In effetti, du­rante lo scalo a Napoli, la bella regina Giovanna si inva­ghisce di Karl, la cui moglie è rimasta in Svezia e, decisa a fare annullare il suo primo matrimonio, prepara nuo­ve nozze. Brigida, straziata, prega e digiuna, come la Re­gina Bianca che dice a San Luigi: «Figlio mio, ti preferi­rei morto ai miei piedi piuttosto che vederti commettere anche un solo peccato mortale». Ed è quello che succe­de, poiché Karl si ammala gravemente e muore penten­dosi dei propri peccati fra le braccia della madre e della sorella. 
Brigida riprende il mare e, dopo essersi fermata in Sicilia e a Cipro, dove compie molte opere di bene, sbarca in Terra Santa, non senza perdere l'imbarcazione con tutto il suo carico in prossimità delle coste palesti­nesi. «Rendo grazie a Dio», dice, «per essere giunta po­vera sulla terra dove il Salvatore ha vissuto in povertà». Percorrendo tutta la Terra Santa, ad ogni tappa Bri­gida riceve grazie straordinarie, e nelle sue visioni rive­de tutta la vita della Vergine e del Salvatore. Il fedele Petrus ne annota i racconti in latino, portando avanti il Libro delle Rivelazioni. Un giorno Brigida, inginocchia­ta davanti alla tomba di Gesù, ha la rivelazione dell'in­gresso in cielo di Karl. Una voce le dice: «Si chiamerà per tutta l'eternità figlio delle tue lacrime». 
Brigida riprende il mare in uno stato di grande debo­lezza e di malattia. Sbarca a Napoli, dove imperversa la peste, e qui viene supplicata affinché ponga fine all'epi­demia. Così, dopo avere pregato, ella chiede nel nome del Signore che la gente faccia penitenza. La regina Gio­vanna, di cui ha toccato il cuore, non vuole più lasciarla partire, ma Brigida, sfinita, viene riportata a Roma, dove deperisce, soffrendo molto nell'anima e nel corpo. 

Il 23 luglio del 1373, durante la messa mattutina cele­brata nella camera di Brigida, quando il sacerdote solleva l'ostia per la consacrazione, Brigida si protende in avanti e dice: «Fra le tue mani, Signore, rimetto il mio spirito», e cade inerte. Tutta la città si reca a venerare il suo corpo rivestito con l'abito dei terziari francescani e in quell'oc­casione si compiono miracoli. 
   Bella come le principesse delle saghe nordiche, que­sta bionda donna svedese fu una bambina felice, una ra­gazza brillante e una padrona di casa oculata. Crebbe otto figli, tra cui una femmina che fu canonizzata; fondò un ordine monastico oggi diffuso in tre continenti; viag­giò moltissimo e, in particolare, fu «il Portavoce, l'Aral­do di Dio» in una Chiesa ferita, in un secolo tormentato come il nostro, quello della Guerra dei Cent'anni. Colei che venne chiamata «la mistica del Nord», oggi cono­sciuta soprattutto grazie alle Quindici orazioni di Nostro Signore, fu celebre a suo tempo per le Rivelazioni celesti e per il ruolo di primo piano svolto presso papi e diri­genti politici svedesi ed europei in genere.


L'infanzia: 1302
Brigida nacque il 14 giugno 1302 nel Castello di Finsta, sulle sponde di un lago nella provincia di Up­pland di cui il padre era siniscalco. Era la figlia maggio­re nata dal secondo matrimonio fra Birger Persson, uno dei personaggi più importanti della Svezia, e Ingeborg Bengsdotter, imparentata con i re goti attraverso la fa­miglia regnante dei Folkung. 

Brigida crebbe in questo paese dove gli inverni sono lunghi, le primavere rapide e le notti estive miti, un paese molto poetico che risuo­na di leggende di foreste e laghi. Sebbene il nome Brigi­da significhi «altissima» in celtico e «brillante» in sasso­ne, nei primi tre anni di vita la bambina non brillò affat­to; era ritenuta muta, ma quando la lingua le si sciolse, la piccola parlò come un'adulta, segno di un carattere riflessivo e molto temprato. 
Leggere, scrivere, filare, ri­camare, assistere alla messa mattutina nella cappella si­gnorile, ascoltare i racconti della madre sui santi evan­gelizzatori della Svezia - in particolare Sant'Anskar di Piccardia -, correre nei boschi e sui prati, e raccogliersi fra le rocce di Finsta, nella «grotta della preghiera di Santa Brigida»: fu questa la vita della bambina fino alla morte della madre, avvenuta nel 1314. Ma Brigida non aveva ancora compiuto dieci anni quando, una notte, la Vergine le apparve tenendo in mano una corona e le chiese: «La vuoi?» Poi giunse la promessa celeste. 

La mamma di Brigida, venuta a cono­scenza della cosa, favorì la devozione della bambina la­sciando che ascoltasse delle belle prediche. Una di que­ste diede alla piccola una tale idea delle sofferenze di Cristo, che una sera Brigida non riuscì a prendere son­no; all'improvviso, Brigida ebbe una visione così vivida della croce su cui Gesù sembrava essere stato inchioda­to da poco, avvolta da un immensa luce, che la bambina gridò: «Signore, chi ti ha fatto questo?». La risposta di­vina fu: «Chi disprezza e dimentica il mio amore!». Da allora la Passione di Gesù alimentò in Brigida un amore così profondo, che ella non poteva ricordarsene senza piangere. 
Non a caso la Croce sarà l'elemento centrale di tutte le sue meditazioni, e il giorno in cui Brigida ma­nifesterà la grande vocazione che c'è in lei, seguirà le tracce del suo Salvatore. Alla morte della madre, Brigida ha dodici anni e vie­ne affidata alla zia Caterina, castellana d'Aspenas, la quale una notte trova la nipote inginocchiata ai piedi del letto. Disobbedienza? Capriccio? La verga sollevata per punire la giovane si spezza. Allora, la donna spaven­tata domanda: «Cosa fai lì?». Brigida risponde: «Rin­graziavo colui che mi aiuta sempre». «Chi è?». «L'uo­mo che ho visto in croce». 
La zia resta perplessa. Poco tempo dopo, Brigida, intenta a ricamare un disegno dif­ficile nel salone del castello, invoca addolorata l'aiuto della Vergine Maria. Allora donna Caterina vede, china sul lavoro, una giovane donna dalla bellezza straordina­ria, che scompare lasciando meravigliosi fiori e frutti di­segnati e adorni di colori. Domande e stupore! Brigida non ha visto nessuno, ma questa volta la zia custodisce la reliquia. Dei miracoli per questa bambina!... Sempre a quel tempo, una visione del diavolo, crea­tura informe con un numero infinito di piedi e di mani, terrorizza la bambina. Brigida cerca rifugio nella sua ca­mera, ai piedi del crocifisso, ed è confortata dalla cer­tezza che sotto la protezione della croce non avrà mai nulla da temere. Così giovane, ha già il riflesso dei gran­di combattenti spirituali.







Moglie, madre e consigliera di Corte: 131

(Brigida è ormai un'adolescente: bellezza nordica, in­telligente, straordinariamente istruita per l'epoca, vivace, intraprendente, gentile con tutti e molto generosa. Per­fetta? No: orgogliosa, indipendente, amante di un'esi­stenza piena di lussi, difetti di una natura piena di ener­gia e di vita che Brigida, cosciente, combatte soprattutto con l'obbedienza. Nel 1316, il padre la dà in moglie a Ulf Gudmarson d'Ulfasa che ha cinque anni più di lei ed è figlio di un lagman della Vatergotland. Brigida, che preferirebbe cento volte la morte ma non desidera neppure il conven­to, si piega alla decisione paterna. Il matrimonio sarà be­nedetto e i due coniugi avranno quattro figli e quattro fi­glie: Màrta, la maggiore, si sposerà giovane e avrà una vi­ta mondana e orgogliosa che preoccuperà la madre; Karl, un ragazzo bravo ma leggèro; Birger, che morirà durante una Crociata; Gudmar e Bengt, morti in tenera età; Caterina, la gioia di Brigida, che diventerà santa; In­geborg, entrata nell'ordine cistercense e scomparsa gio­vane; e, infine, la piccola Cecilia, la quinta su otto a rag­giungere l'età adulta. 
Ulf insegna alla sua Brigida l'obbe­dienza verso il marito e il senso di responsabilità. È mol­to cristiano ed è stato cresciuto presso i cistercensi d'Al­vastra; Brigida è ancora più ardente di lui ed è animata da una devozione contemplativa, è ancora più attenta a tutti i suoi doveri ufficiali. Insieme pregano tre volte al giorno, si confessano e fanno la comunione ogni settima­na. Prima di ogni pasto, Brigida serve dodici poveri, lava loro i piedi il giovedì e dà prova di una splendida ospita­lità, mai rifiutata a nessun viandante, ricco o povero. 

La giovane castellana è allegra e incantevole: il tempo trascorre fra la caccia e la pesca e fra i canti e i balli al suo­no del liuto la sera. Questa felicità dura due anni. Quan­do Ulf parte per la guerra, la devozione di Brigida ha li­bero corso: un duro pagliericcio, digiuni, penitenze, co­me ai tempi dell'infanzia, scandiscono le giornate, e tor­nano le estasi in una profonda unione con Dio. Al rientro di Ulf, la vita attiva e caritatevole ripren­de più vigorosa che mai: i coniugi vanno insieme a ca­vallo o in barca, si occupano del dissodamento delle fo­reste, dello sfruttamento minerario, della coltivazione delle terre. Strada facendo, rendono giustizia e fanno l'elemosina. Poiché il numero dei figli cresce, viene ri­costruita la dimora di Ulfase. 
Brigida studia i piani e dirige i lavori: ama comandare. Il castello viene arredato riccamente e una sera, davanti al suo letto sontuoso, Brigida sente la frase: «Sulla croce, la mia testa non ave­va dove riposare». Da allora, commossa, la donna dor­mirà per terra ogni volta che potrà. Divenuta terziaria francescana con il marito, impara, non senza difficoltà per una donna indipendente e audace come lei, il costo dell'obbedienza, sottomettendosi con umiltà alle istru­zioni dei superiori. I due sposi amano Dio, lo servono, si amano l'un l'altra, fanno del bene. Ma Dio chiede di più ai suoi amici. Ulf è diventato siniscalco e principe di Nericie. Il re ha regalato loro il bel castello di Vadstena; qui Brigi­da avrà la visione dell'Ordine che dovrà fondare, tra­sformando il palazzo in un monastero, affinché, secon­do le parole stesse di Cristo «questa casa, costruita con il sudore dei poveri e per l'orgoglio dei ricchi, divenga l'abitazione degli indigenti che si serviranno degli og­getti, dei frutti dell'abbondanza e dell'orgoglio, unica­mente per ricondurre gioiosamente i ricchi all'umiltà»; proprio come accadrà all'orgogliosa Brigida che dovrà rinunciare a tutti i suoi impegni. Vanitosa e attaccata al­la ricchezza, lascerà il castello e i suoi beni. 

Nel 1335, il giovane re Magnus, sposatosi di recente con Bianca di Namur, invita a corte la siniscalca di Ne­ricie, affinché diventi la gran dama di Palazzo. Dopo aver sistemato i figli, Brigida parte per Stoccolma, dove l'attendono due giovani sovrani frivoli. Affascina e stu­pisce la giovane regina e si guadagna l'amore e il rispet­to di quanti la circondano... ma non ne ascoltano i saggi consigli. Su richiesta di Magnus, Brigida dà al re delle regole precise per regnare bene. Ma è una fatica inutile: il sovrano si imbarca in una guerra ingiusta e disastrosa, che lo obbliga a imporre pesanti tasse ai sudditi. 

Brigi­da, stanca, chiede di potersi allontanare per qualche tempo dalla corte e nel 1341 si reca in pellegrinaggio a Compostela con Ulf. Durante il viaggio attraverso l'Eu­ropa, i due visitano tutti i luoghi santi del tempo: Colo­nia, Aquisgrana, Tarascona, Sainte-Beaume. A Marsi­glia si imbarcano per le coste spagnole dove, con l'aiuto di un bastone da viandanti, giungono a piedi a Compo­stela. Al ritorno attraversano la Francia messa a ferro e fuoco dalla guerra. Ad Arras, Ulf, gravemente ammala­to, guarisce grazie alle preghiere della moglie e dopo aver fatto il voto di entrare in un ordine religioso qualo­ra riveda la sua terra. Egli trascorre gli ultimi tre anni di vita ad Alvastra, presso i monaci cistercensi, dove muo­re nel 1344 in odore di santità. È menzionato nel meno­logio di Citeaux del 12 febbraio.



Sposa di Cristo
Nel 1339, cinque anni prima della morte del marito, Brigida visita la tomba di San Botvid, uno degli evange­lizzatori della Svezia, che le appare in visione e le dice: «Io ed altri santi abbiamo ottenuto da Dio la grazia che tu possa udire, vedere e conoscere le cose dello spirito, e lo Spirito di Dio avvamperà nella tua anima». Pare sia giunto il tempo della profezia. Dolente, dopo la morte di Ulf, ma decisamente distaccata (si era tolta l'anello ri­cevuto dal marito sul letto di morte perché la legava co­me «una catena» al mondo), Brigida distribuisce i suoi beni agli eredi e ai poveri, e si trasferisce ad Alvastra dove conduce una vita austera e semplicissima, in una piccola casa a nord della cinta del monastero. 

Qui il Signore inizia le sue conversazioni con Brigi­da che desidera avere tutta per sé; inizialmente si tratta di incontri di formazione, poi arrivano le rivelazioni, sempre più precise e profonde, sulla sua missione di profetessa e predicatrice: «Sei mia, e per questo farò di te ciò che voglio. Non amare niente nel modo in cui ami me». Il sottopriore Petrus Olavi, che dubita di queste visioni, riceve una severa ramanzina divina che lo lascia paralizzato fin quando non decide di seguire l'appello divino, che lo vuole segretario, confessore e amico della Santa. E lui che, quando non lo fa Brigida, redige le Ri­velazioni celesti e le traduce in latino. La Vergine Maria conduce Brigida da suo Figlio per­ché egli la riempia di grazie. 

Una notte di Natale, la don­na avverte una gioia sublime e intensa, ed ha un sussulto al cuore, strano e diverso dai normali battiti, come se in lei vivesse un bambino. Maria le rivela che è stato così l'arrivo del Figlio nel suo seno, e Gesù le confermerà che lo Spirito Santo abita nel suo cuore e lo anima. In que­st'occasione, la Vergine le insegna che ci sono due modi per raggiungere il cuore di Dio - l'umiltà e la vera contri­zione e la contemplazione delle sofferenze del Figlio -' e che questo non significa ripiegarsi su di sé, né comporta pietismo, bensì il superamento di se stessi all'ascolto di colui che le insegna: «Contempla la mia bellezza attra­verso la bellezza degli elementi... Guardami. Sono il più bello sul Tabor, ma il più insultato sulla Croce, dove non avevo né forma né bellezza. Guardami e medita... Cor­reggi i tuoi errori! Ascolta la voce con cui ti ho gridato 'Ho sete di te!'». 

Brigida trascorre questi anni fra Alva­stra, la corte svedese e Vadstena, che poco a poco si tra­sforma in convento. La regola che vige a Vadstena, det­tata da Cristo stesso, inizia così: «Voglio istituire quest'Ordine in onore di mia Madre...»; seguono trenta capitoli sui tre voti di povertà, castità, obbedienza, sui precetti e sulle regole, la cui originalità ricorda quella dell'Abbazia di Fontevreau: la badessa ha autorità sulle monache di clausura, sessanta al massimo, tredici sacer­doti, quattro diaconi (come gli evangelisti) e otto laici, che aiuteranno i preti nelle attività quotidiane. 
Questo numero corrisponde ai dodici apostoli e ai settantadue discepoli. Monaci e monache di clausura hanno un loro recinto su entrambi i lati della chiesa dove si raccolgono a pregare. I compiti dei monaci sono unicamente di ca­rattere spirituale. La badessa presenta il monastero di cui è sovrana alla Vergine Maria, Regina degli apostoli e dei discepoli dopo l'Ascensione. Tuttavia la Regola deve es­sere approvata da Roma e nel corso di un viaggio a caval­lo fra Alvastra e Vadnesta, Brigida avrà una lunga visione raccontata nel Libro delle domande (cinquantotto rivela­zioni) che la spingerà a partire. In un primo tempo infatti la sua benefica influenza a corte si traduce in diverse ini­ziative politiche per la pace fra i re di Francia e d'Inghil­terra, e l'arbitrato in questa vicenda di papa Clemente VI, che a quei tempi risiede ad Avignone; ma in seguito Brigida diventa oggetto di critiche e scherno ogni giorno più palesi; nel 1348, inoltre, il Papa annuncia un «giubi­leo» per il 1350, affinché la preghiera fermi la guerra e la peste che sconvolge l'Europa. 

Tutto, dunque, sembra spingere Brigida a compiere il pellegrinaggio, tanto più che ella ha messo ordine nelle proprie faccende e si ren­de conto, non senza dover lottare, che la preghiera è la migliore protezione che ella possa dare ai suoi. La confortano le parole di Cristo: «Poiché dimentichi tutto per cercarmi, grazie anche alla tua carità, avrò cura di te e dei tuoi figli». 

Così Brigida lascia la Svezia che non ri­vedrà più, e giunge a Roma nel 1349, nella speranza di incontrarvi il Papa. Ma l'aspetta una grande delusione: né Clemente VI né il successore Innocenzo VI risponde­ranno ai suoi pressanti appelli e moriranno ad Avignone. Nel 1350, la raggiunge a Roma la figlia Caterina. Brigida, che all'età di quarantasette anni si è messa a studiare il latino, in modo da farsi capire e soccorrere gli infelici, fonda un ricovero per i poveri cui si dedi­cherà assieme alla figlia, moltiplicando i miracoli con la carità. 

A quest'epoca, sotto la dettatura di un angelo, compone L'inno dell'angelo o Sermo angelicus, per il fu­turo convento di Vadstena; si tratta di ventun Lettere, da leggere ogni giorno della settimana durante le messe mattutine, in onore della Vergine Maria. Quando Brigida non scrive le Lettere e le Rivelazio­ni, o non studia, visita con Caterina le catacombe e le chiese di Roma per pregare. Presso la chiesa di San Paolo fuori le mura va in estasi davanti a uno stupendo crocifisso, che si può ancora ammirare e venerare, e ha un dialogo appassionato, raccolto nelle quindici Orazio­ni della Passione, la cui devozione avrà grande diffusio­ne. 
La sua sete di Dio la spinge negli altri santuari italia­ni e per due anni la Santa gira per la penisola, da Assisi a Napoli, passando per Montecassino. Vive con i pove­ri, pellegrina fra i pellegrini, senza disdegnare di fare la questua con loro. Di ritorno a Roma, dove l'ha preceduta la fama dei suoi scritti e dei suoi miracoli, Brigida si prodiga per la conversione dei principi con le sue lettere severe e le sue predizioni intimidatorie, che purtroppo si riveleran­no fondate, e attende il ritorno del Papa a Roma, attesa che durerà diciotto anni. È solo nel 1367 infatti che si avvera la profezia, e Brigida vede entrare nella città eterna papa Urbano V, il quale, però, vi resta solo tre anni. 

Un decennio dopo, nel 1377, Santa Caterina da Siena riprenderà la lotta e riporterà definitivamente a Roma Gregorio XI successore di Urbano V. Tuttavia, prima di questo trionfo, Brigida, sull'orlo dello scorag­giamento e del dubbio, riceve dalla Vergine l'approva­zione degli sforzi che sta compiendo: chi lavora al­l'evangelizzazione e alla conversione degli altri «anche se converte pochi o nessuno, riceverà una ricompensa pari alla conversione di tutti». La figlia Caterina, divenuta a sua volta vedova in se­guito alla morte del giovane marito rimasto in Svezia, de­ve alla tenerezza e alla fermezza materna la forza di non cadere nella disperazione, e di continuare la sua opera. 

All'ombra di Brigida, cresce e matura in santità che, gra­zie all'umile abnegazione della ragazza e alla sua purezza, ne fanno una delle sante più affascinanti della Svezia. Nel 1370, la Regola del Santo Salvatore, assimilata a quella di Sant'Agostino, viene riconosciuta dalla Santa Sede, con l'esclusione però della presenza dei monaci nel monastero. Brigida è ormai settantenne. Spossata dai pellegri­naggi e dalle penitenze, continua a obbedire agli ordini di Cristo: «Preparati al viaggio in Palestina». 

Al mo­mento di levare l'ancora a Ostia con tre dei suoi figli, Karl, Caterina e Birger, mormora: «Torneremo tutti tranne uno di voi che io amo moltissimo». In effetti, du­rante lo scalo a Napoli, la bella regina Giovanna si inva­ghisce di Karl, la cui moglie è rimasta in Svezia e, decisa a fare annullare il suo primo matrimonio, prepara nuo­ve nozze. Brigida, straziata, prega e digiuna, come la Re­gina Bianca che dice a San Luigi: «Figlio mio, ti preferi­rei morto ai miei piedi piuttosto che vederti commettere anche un solo peccato mortale». Ed è quello che succe­de, poiché Karl si ammala gravemente e muore penten­dosi dei propri peccati fra le braccia della madre e della sorella. 

Brigida riprende il mare e, dopo essersi fermata in Sicilia e a Cipro, dove compie molte opere di bene, sbarca in Terra Santa, non senza perdere l'imbarcazione con tutto il suo carico in prossimità delle coste palesti­nesi. «Rendo grazie a Dio», dice, «per essere giunta po­vera sulla terra dove il Salvatore ha vissuto in povertà». Percorrendo tutta la Terra Santa, ad ogni tappa Bri­gida riceve grazie straordinarie, e nelle sue visioni rive­de tutta la vita della Vergine e del Salvatore. Il fedele Petrus ne annota i racconti in latino, portando avanti il Libro delle Rivelazioni. Un giorno Brigida, inginocchia­ta davanti alla tomba di Gesù, ha la rivelazione dell'in­gresso in cielo di Karl. Una voce le dice: «Si chiamerà per tutta l'eternità figlio delle tue lacrime». 

Brigida riprende il mare in uno stato di grande debo­lezza e di malattia. Sbarca a Napoli, dove imperversa la peste, e qui viene supplicata affinché ponga fine all'epi­demia. Così, dopo avere pregato, ella chiede nel nome del Signore che la gente faccia penitenza. La regina Gio­vanna, di cui ha toccato il cuore, non vuole più lasciarla partire, ma Brigida, sfinita, viene riportata a Roma, dove deperisce, soffrendo molto nell'anima e nel corpo. Ma, alla fine, viene a consolarla Cristo stesso, e i suoi ultimi giorni di vita si trasformano in un'estasi continua. Il 23 luglio del 1373, durante la messa mattutina cele­brata nella camera di Brigida, quando il sacerdote solleva l'ostia per la consacrazione, Brigida si protende in avanti e dice: «Fra le tue mani, Signore, rimetto il mio spirito», e cade inerte. Tutta la città si reca a venerare il suo corpo rivestito con l'abito dei terziari francescani e in quell'oc­casione si compiono miracoli. Brigida venne inizialmente inumata nella basilica di San Lorenzo, poi Caterina la sposta a Vadstena, dove la madre aveva desiderato vivere e morire.


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