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lunedì 26 febbraio 2018

Apprendessimo anche noi

Gerardo Majella, il santo che andava a giocare ogni giorno con il Bambino Gesù

Nashastudiya | CC BY SA 4.0

Se amate e proteggete la vita nascente, siate amici di questo santo!

Venerdì 19 gennaio si è svolta a Washington, D.C., la Marcia Annuale per la Vita, in cui decine di migliaia di persone hanno marciato in difesa dei bambini non nati. Un santo dal cielo li protegge sicuramente con una cura speciale.
San Gerardo Majella è patrono dei bambini non ancora nati e delle mamme in attesa, e molti miracoli sono stati attribuiti alla sua intercessione.
Gerardo era il figlio minore di Domenico e Benedetta Majella [Machiella], che avevano già tre figlie. L’unico maschio nacque il 6 aprile 1726 a Muro Lucano (Potenza). I Majella lavoravano sodo, e Benedetta portava i figli a Messa al santuario di Nostra Signora delle Grazie ogni volta che poteva. Ad appena tre anni, Gerardo già amava la statua della “bella signora con il bambino”.
Quando Gerardo crebbe un po’ andava al santuario da solo. La prima volta che lo fece tornò a casa gridando “Mamma, mamma, guarda cosa mi ha dato il bambino!” Nella mano teneva un pezzetto di pane. Nessuno ci fece molto caso, ma molti giorni dopo quell’episodio la madre decise di seguire il bambino per vedere cosa succedeva.
Quello che vide la lasciò senza parole, perché la statua di Nostra Signora delle Grazie apparentemente prendeva vita, e il Bambino che teneva tra le braccia scendeva giù per giocare con Gerardo. Benedetta si allontanò rapidamente, e quando Gerardo tornò a casa portava con sé un altro pezzetto di pane. Benedetta lo conservò.
Il padre di Gerardo morì quando il bambino aveva 12 anni, e la famiglia cadde in povertà. Il padre di Gerardo era sarto, e quindi la madre mandò il figlio a imparare a cucire perché seguisse le orme paterne. Dopo un apprendistato di quattro anni, però, a Gerardo venne offerto un impiego di servizio presso il vescovo locale di Lacedonia. Avendo bisogno di denaro accettò.
Il vescovo aveva sentito varie storie su Gerardo e sulla sua gentilezza, e su come si fermava sempre a far visita ai poveri, aiutava gli altri e portava perfino alla povera gente i resti che trovava sulla tavola del presule. Il ragazzo si stava facendo un’ottima reputazione essendo semplicemente se stesso.
Quando il vescovo morì, Gerardo tornò al mestiere di sarto. Divideva i suoi guadagni tra la madre, i poveri e le offerte per le anime del Purgatorio. A 21 anni aveva messo su un’attività solida. La madre, però, era piuttosto preoccupata per lui, perché sembrava magro e fragile visto che digiunava e faceva penitenze in continuazione. Lo pregava di mangiare, ma lui le rispose “Mamma, Dio provvederà. Quanto a me, voglio essere santo”.
Gerardo cercò di unirsi ai cappuccini, ma questi lo ritenevano di salute troppo fragile per affrontare la vita richiesta dall’Ordine. Alla fine, dopo molte preghiere e insistenze, venne accettato come fratello laico nella Congregazione del Santissimo Redentore, nota anche come Redentoristi.

Come fratello laico 
non sarebbe mai diventato sacerdote, non avrebbe mai celebrato la Messa o ascoltato confessioni, ma avrebbe vissuto sotto lo stesso tetto, indossato lo stesso abito e condiviso le preghiere. Avrebbe anche preso i voti di povertà, castità e obbedienza. Sarebbe stato custode del monastero.
Gerardo abbracciò questo ruolo e servì la comunità al meglio, fungendo da giardiniere, sagrestano, portiere, cuoco, falegname e ovviamente sarto.
I bambini accorrevano da lui per ascoltare le sue splendide storie e imparare come pregare. Una volta, mentre un folto gruppo di loro era seduto accanto a lui ad ascoltarlo, un ragazzino cadde da un precipizio. Quando arrivarono dal bambino pensarono che fosse morto. Gerardo disse al padre del piccolo “Non è niente”, poi tracciò la croce sulla fronte del bimbo e questi si risvegliò. Fu solo uno dei tanti miracoli di Gerardo testimoniati dalla gente.
Gerardo contrasse la tubercolosi e morì il 16 ottobre 1755, ad appena 29 anni. Molti miracoli sono stati attribuiti alla sua intercessione. Uno spicca come motivo per il quale è diventato noto come patrono delle mamme. Qualche mese prima della sua morte fece visita a una famiglia; gli cadde il fazzoletto e una delle bambine lo prese per restituirglielo, ma lui le disse di tenerlo perché un giorno ne avrebbe avuto bisogno.
Anni dopo, ormai sposata, stava per partorire e il medico era sicuro che il bambino non sarebbe sopravvissuto. Ricordò allora il fazzoletto e chiese di portarglielo. Quando se lo poggiò sul grembo il dolore scomparve e partorì un bambino sano, senza alcuna spiegazione.
Gerardo Majella è stato beatificato nel 1893 da Papa Leone XIII e canonizzato l’11 dicembre 1904 da Papa San Pio X.
San Gerardo Majella, prega per tutti i bambini ancora non nati che rischiano di morire, e per tutte le mamme incinte, ovunque siano.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

AMDG et DVM

giovedì 22 settembre 2016

Vangelo di Tomaso / Racconti sull'infanzia del Signore di Tomaso, filosofo israelita

Vangelo di Tomaso 
Racconti sull'infanzia del Signore 
di Tomaso, filosofo israelita 

(Recensione greca "A") 

[1,1] Io, Tomaso israelita, ho ritenuto necessario fare conoscere a tutti i fratelli venuti dal gentilesimo i fatti dell'infanzia e le gesta del Signore nostro Gesù compiute in questa nostra regione ove è nato. Il principio è come segue. 

[2,1] Gesù e i passeri. All'età di cinque anni questo ragazzo stava giocando sul greto di un torrente: raccoglieva in fosse le acque che scorrevano e subito le rendeva limpide comandandole con la sola sua parola. Impastando argilla molle, fece dodici passeri. Quando fece questo era un giorno di sabato. C'erano pure tanti ragazzi che giocavano con lui. 

[2] Un ebreo vedendo quanto faceva Gesù giocando di sabato, andò subito a riferirlo a suo padre Giuseppe: "Ecco, tuo figlio è al ruscello; ha preso dell'argilla e ne ha formato dodici uccellini, profanando il sabato". 

[3] Giuseppe, recatosi sul posto, vide e lo sgridò dicendo: "Perché di sabato hai fatto queste cose che non è lecito fare?". Ma Gesù, battendo le mani, gridò ai passeri dicendo loro: "Andate!". E i passeri se ne volarono via cinguettando. 

[4] A questa vista, gli ebrei, presi da stupore, andarono a raccontare ai loro capi quanto avevano visto fare da Gesù. 

[3,1] Gesù e il figlio di Anna. Ma il figlio dello scriba Anna se ne stava là con Giuseppe e, preso un ramo di salice, faceva scorrere via le acque raccolte da Gesù. 

[2] Quando Gesù vide ciò che accadeva, sdegnato gli disse: "O cattivo, empio, insensato! Che male ti hanno fatto le fosse e le acque? Tu pure, ecco che ti seccherai come un albero; non metterai né foglie, né radici, né frutto". 

[3] Subito quel ragazzo si seccò tutto. Mentre Gesù partì e andò a casa di Giuseppe. I genitori del (ragazzo) rimasto secco lo tolsero via, piangendo la sua tenera età; lo portarono da Giuseppe e lo rimproveravano: "Perché hai un figlio che fa tali cose?". 

[4,1] Gesù urtato da un ragazzo. Dopo di ciò camminava per il villaggio, quando un ragazzo, correndo, andò a urtare contro la sua spalla. Gesù, irritato, gli disse: "Non percorrerai tutta la tua strada!". E subito cadde morto. 

[2] Ma alcuni, vedendo ciò che accadeva, dissero: "Dov'è nato questo ragazzo, che ogni sua parola è un fatto compiuto?". I genitori del morto, andati da Giuseppe, lo biasimavano dicendo: "Tu che hai un simile ragazzo, non puoi abitare nel villaggio con noi; a meno che tu gli insegni a benedire e a non maledire. Egli, infatti, fa morire i nostri ragazzi". 

[5,1] Giuseppe, chiamato il ragazzo in disparte, lo ammoniva dicendo: "Perché fai tali cose? Costoro ne soffrono, ci odiano e perseguitano". Gesù rispose: "Io so che queste tue parole non sono tue. Tuttavia starò zitto per te; ma quelli porteranno la loro punizione". E subito gli accusatori divennero ciechi. 

[2] Quanti videro questo, si spaventarono molto, restarono perplessi, e dicevano a proposito di lui, che ogni parola che pronunciava, buona o cattiva che fosse, era un fatto compiuto. E divenne una meraviglia. Vedendo che Gesù aveva fatto una tale cosa, Giuseppe si alzò, gli prese l'orecchio e glielo tirò forte. Il ragazzo allora si sdegnò e gli disse: "A te basti cercare e non trovare! Veramente non hai agito in modo sensato. Non sai che sono tuo? Non mi molestare!". 

[6,1] Gesù e il primo maestro. Un precettore di nome Zaccheo, trovandosi da quelle parti, udì Gesù che diceva queste parole a suo padre e si meravigliò grandemente che un ragazzo parlasse in tal modo. 
E, pochi giorni dopo, si avvicinò a Giuseppe e gli disse: "Tu hai un ragazzo saggio, dotato di intelligenza. Su, affidalo a me, affinché impari le lettere. Con le lettere, gli insegnerò ogni conoscenza, anche a salutare i vecchi e a riverirli come gli antenati e i padri, e ad amare i suoi coetanei". 

[2] E gli disse con grande cura e chiarezza tutte le lettere, dall'Alfa fino all'Omega. Ma, fissando lo sguardo sul precettore Zaccheo, gli disse: "Tu che non sai la natura dell'Alfa, come puoi insegnare agli altri la Beta? Ipocrita! Se la sai, insegna prima l'Alfa, poi ti crederemo quanto alla Beta". Incominciò poi a interrogare il maestro sulla prima lettera, ma non gli seppe rispondere. 

[3] Alla presenza di molti, il ragazzo disse allora a Zaccheo: "Ascolta, maestro, la disposizione della prima lettera, bada come abbia linee e tratti mediani, vedi le comuni, le trasversali, le congiunte, le ascendenti, le divergenti... Le linee dell'Alfa sono di tre segni: omogenei, equilibrati, proporzionati". 

[7,1] Quando il maestro udì il ragazzo esporre tante e tali allegorie sulla prima lettera, restò sconcertato davanti alla profondità della risposta e dell'insegnamento di lui, e disse ai presenti: "Povero me! Io sfortunato, non so più che fare. Io stesso mi sono procurato la vergogna, attirando a me questo ragazzo. 

[2] Ripigliatelo, dunque, te ne prego, fratello Giuseppe. Non posso sopportare l'austerità del suo sguardo, non so proprio spiegarmi il suo parlare. Questo ragazzo non è nato terrestre: può domare persino il fuoco! Forse è nato prima della creazione del mondo. Quale ventre l'ha portato e quale seno l'ha nutrito? Io non lo so. Povero me, amico mio. Mi fa andare fuori senno. Non posso più tenere dietro alla sua intelligenza. Mi sono ingannato: Me tre volte infelice! Cercavo di avere un discepolo e ho scoperto che avevo un maestro! 

[3] Penso alla mia vergogna, amici miei, poiché vecchio come sono, fui superato da un ragazzo. Non mi resta proprio altro che disperarmi e morire, a causa di questo ragazzo, perché in questo momento non posso guardarlo in faccia. E quando tutti diranno che sono stato superato da un ragazzino, che cosa potrò replicare? E che cosa potrò dire in merito a quanto mi ha detto sulle linee della prima lettera? Non so, amici, perché, di lui, non comprendo né l'inizio né la fine. 

[4] Ti supplico, dunque, fratello Giuseppe, di ricondurlo a casa tua. Costui, infatti, è qualcosa di Grande: o un dio o un angelo o non so cosa dire". 

[8,1] Siccome alcuni Ebrei davano consigli a Zaccheo, il ragazzo rise grandemente, e disse: "Ora portino frutto le cose tue e vedano i ciechi di cuore. Io sono venuto dall'alto per maledirli, e a chiamarli alle cose dell'alto, come mi ha ordinato colui che mi ha mandato a voi". 

[2] Quando il ragazzo cessò di parlare, tutti coloro che erano caduti sotto la sua maledizione furono subito risanati. Da allora, più nessuno osava provocarlo, per non essere da lui maledetto e rimanere cieco. 

[9, 1] Gesù gioca sulla terrazza. Alcuni giorni dopo, mentre Gesù giocava sulla terrazza di un tetto, uno dei bambini che giocavano con lui cadde dalla terrazza e morì. 

[2] Venuti i genitori del morto, l'accusavano di averlo gettato giù... Ma quelli lo maltrattavano. Gesù allora discese in fretta giù dal tetto, si fermò vicino al cadavere del ragazzo e disse a gran voce: "Zenone, - questo era il suo nome - alzati e dimmi: sono io che ti ho gettato giù?". E subito, alzatosi, rispose: "No Signore, tu non mi hai gettato giù, ma mi hai risuscitato". I presenti rimasero attoniti, mentre i genitori del ragazzo glorificarono Dio per il segno avvenuto, e adorarono Gesù. 

[10,1] Gesù e il giovane ferito. Pochi giorni dopo, un giovane stava spaccando legna nelle vicinanze, quando gli cadde la scure e gli spaccò la pianta del piede; perdeva molto sangue ed era sul punto di morire. 

[2] Essendo sorto un subbuglio e un accorrere di gente, corse là anche il ragazzo Gesù. Si aprì di forza un passaggio attraverso la folla, afferrò il piede del giovane colpito e subito fu risanato; e disse al giovane: "Ora alzati, spacca la legna e ricordati di me". Alla vista dell'accaduto, la folla adorò il ragazzo e disse: "In questo ragazzo dimora veramente lo Spirito di Dio". 

[11,1] Gesù porta l'acqua nel mantello. Quando aveva sei anni, sua madre gli diede un'anfora e lo mandò ad attingere acqua e portarla a casa. Ma urtò tra la folla e spezzò l'anfora. 

[2] Gesù allora spiegò il mantello che aveva addosso, lo riempì d'acqua e lo portò a sua madre. 

[3] Alla vista del segno che era avvenuto, la madre lo baciò e conservava dentro di sé i misteri che gli vedeva compiere. 

[12,1] Gesù semina. Un'altra volta, al tempo delle semine, il ragazzo uscì con suo padre a seminare il grano nella terra. Mentre suo padre seminava, anche il ragazzo Gesù seminò un chicco di grano

[2] Quando andarono a mietere e battere sull'aia, quel chicco fece cento cori; chiamò allora sull'aia tutti i poveri del villaggio e regalò loro del grano. Il resto del grano fu portato via da Giuseppe. Quando fece questo segno aveva otto anni. 

[13,1] Gesù aiuta il padre. Suo padre era falegname, e, in quel tempo, faceva aratri e gioghi. Una persona ricca gli ordinò di fare un letto. Ma una delle assi, quella detta trasversale, era troppo corta e Giuseppe non sapeva che fare. 

[2] Il ragazzo Gesù disse allora a suo padre Giuseppe: "Metti per terra le due assi e pareggiale da una delle parti". Giuseppe fece come gli aveva detto il ragazzo: Gesù si pose dall'altra parte, afferrò l'asse più corta e la tirò a sé rendendola uguale all'altra. A tale vista, suo padre Giuseppe rimase stupito: abbracciò il ragazzo e lo baciò esclamando: "Me felice, perché Dio mi ha dato questo ragazzo!". 

[14,1] Gesù e il secondo maestro. Ora, Giuseppe vedendo che il senno e l'età del ragazzo maturavano, decise nuovamente che non dovesse restare ignorante delle lettere e, condottolo da un altro maestro, glielo affidò. 

[2] Il maestro disse a Giuseppe: "Gli insegnerò prima le lettere greche e poi quelle ebraiche". Il maestro, infatti, conosceva la bravura del ragazzo e aveva paura di lui. Ciononostante scrisse l'alfabeto e si occupava a lungo di lui con cura; ma lui non rispondeva. 

[3] Gesù gli disse: "Se veramente sei un maestro e sai bene le lettere, dimmi il valore dell'Alfa e io ti dirò quello della Beta". Ma il maestro si sdegnò e lo picchiò sulla testa: il ragazzo si sentì male e lo maledisse. Subito quello svenne e cadde bocconi a terra. 

[4] E il ragazzo se ne tornò a casa da Giuseppe. Ma Giuseppe ne fu rattristato e ordinò a sua madre: "Non lasciarlo uscire fuori della porta, perché tutti quelli che lo irritano, muoiono". 

 [15,1] Gesù e il terzo maestro. Di lì a qualche tempo, un altro precettore che era amico intimo di Giuseppe, gli disse: "Conduci il ragazzo alla mia scuola; forse con molta delicatezza mi riuscirà di insegnargli le lettere". Giuseppe gli rispose: "Se non hai alcuna paura, fratello, prendilo con te". E lo prese con timore grande e preoccupazione, ma il ragazzo lo seguì volentieri. 

[2] Entrò deciso nella scuola, trovò un libro posto sul leggio: lo prese e non lesse le lettere che c'erano, ma aprì la bocca e parlava nello Spirito Santo insegnando la Legge a quelli che gli stavano attorno e l'ascoltavano. Accorse una grande moltitudine e lo circondava ascoltandolo meravigliata dalla grazia del suo insegnamento, e dalla prontezza delle sue parole, per il fatto che, ragazzo com'era, parlasse in tal modo. 

[3] Saputolo, Giuseppe ebbe paura e corse alla scuola temendo che anche quel precettore fosse inetto. Ma il precettore disse a Giuseppe: "Sappi, fratello, che io ho ricevuto questo ragazzo come uno scolaro, ma egli è pieno di grazia e di sapienza. Ed ora ti supplico, fratello, di prenderlo a casa tua". 

[4] All'udire questo, il ragazzo sorrise e gli disse: "Siccome hai parlato rettamente e hai reso una giusta testimonianza, per amore tuo, anche quello che è stato colpito, sarà risanato". E subito l'altro precettore fu risanato. E Giuseppe prese il ragazzo e tornò a casa sua. 

[16,1] Gesù e Giacomo. Giuseppe inviò poi suo figlio Giacomo a raccogliere legna e portarla a casa; e lo seguì il ragazzo Gesù. Ora mentre Giacomo raccoglieva legna, una vipera gli morse la mano; dolorante, era in procinto di morire, quando gli si accostò Gesù: soffiò sulla morsicatura, e il dolore subito cessò. La vipera crepò, e Giacomo fu guarito istantaneamente. 

[17,1] Gesù risuscita un bambino. Dopo queste cose, nelle vicinanze di Giuseppe, un bambino cadde ammalato e morì: sua madre piangeva disperata. Sentito che c'era gran pianto e confusione, Gesù corse presto: trovò il bambino morto, gli toccò il petto e disse: "Dico a te, bambino, non morire, ma vivi e resta con tua madre". Subito alzò lo sguardo e sorrise. Disse poi alla donna: "Prendilo, dagli il latte, e ricordati di me"

[2] A tale vista, la folla circostante rimase stupita, e disse: "Davvero! Questo ragazzo è un Dio o un angelo di Dio, poiché ogni sua parola è un fatto compiuto". Gesù poi uscì di lì e si mise a giocare con gli altri ragazzi. 

[18,1] Gesù risuscita un operaio. Dopo un certo tempo, si stava costruendo una casa, quando nacque un tumulto; e Gesù, alzatosi, andò là. Vide un uomo che giaceva morto, gli prese la mano e disse: "Dico a te, uomo, alzati e fai il tuo lavoro". E immediatamente s'alzò e l'adorò. 

[2] A questa vista, la folla si stupì e disse: "Questo ragazzo è del cielo! Poiché ha salvato molte anime dalla morte, e può salvarne per tutta la vita". 

[19,1] Gesù nel tempio. Quando ebbe dodici anni, i suoi genitori andavano, secondo l'usanza, a Gerusalemme per la festa di Pasqua insieme alla loro carovana; e dopo la Pasqua se ne tornavano a casa. Ma quando loro ritornarono, il ragazzo Gesù tornò indietro a Gerusalemme, mentre i suoi genitori pensavano che egli fosse nella carovana. 

[2] Dopo avere percorso la strada di un giorno, lo ricercarono tra i loro parenti e, non avendolo trovato, ne furono afflitti e tornarono di nuovo in città in cerca di lui. Dopo tre giorni, lo ritrovarono nel tempio seduto in mezzo ai dottori mentre li ascoltava e li interrogava. Tutti ascoltavano e si stupivano che, ragazzo com'era, chiudesse la bocca agli anziani e ai dottori del popolo, esponendo i punti principali della legge e le parabole dei profeti. 

[3] Sua madre Maria gli si accostò e gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco che noi, addolorati, ti cercavamo". Gesù rispose loro: "Perché mi cercate? Non sapete che devo essere nella casa di mio Padre?". 

[4] Ma gli scribi e i farisei le domandarono: "Tu sei la madre di questo ragazzo?". "Lo sono", lei rispose. Le dissero allora: "Beata tu tra le donne, poiché Dio ha benedetto il frutto del tuo seno. Noi, infatti, non abbiamo mai visto né udito una tale gloria, virtù e sapienza"

[5] E Gesù, levatosi, seguì sua madre ed era sottomesso ai suoi genitori. Ma sua madre custodiva tutti questi avvenimenti. Gesù poi cresceva in sapienza, in statura e grazia. A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.


"Beata tu tra le donne, 
poiché Dio ha benedetto il frutto del tuo seno. 
Noi, infatti, non abbiamo mai visto né udito 
una tale gloria, virtù e sapienza" 

domenica 2 febbraio 2014

Sulla via delle beatitudini.

ECCO A VOI TUTTI , in questo giorno mariano, LA MAGISTRALE 
RIFLESSIONE-MEDITAZIONE DELLA MAMMA CELESTE





Vacallo (Svizzera), 2 febbraio 1997. Presentazione di Gesù Bambino al Tempio, 
e vigilia del mio viaggio in sud America.


Sulla via delle beatitudini.

«Contemplatemi nel momento in cui presento Gesù Bambino al Tempio di 
Gerusalemme.
È così piccolo, tenue, fragile: sono solo quaranta giorni che è nato. Lo porto 
fra le mie braccia; lo stringo con amore al mio cuore; contemplo estasiata i suoi 
occhi, che mi guardano e mi avvolgono della sua luce divina. Così vengo io 
stessa portata  da Lui sulla via delle Beatitudini.


Beati i poveri di spirito.

Il Signore, Dio onnipotente e onnisciente, è tutto presente, quasi annientato, sotto le
sembianze di questo mio piccolo Figlio.
Nasce, fra tanta povertà, in una Grotta; viene deposto in una mangiatoia; vive i 
suoi primi giorni di vita in una dimora povera e disadorna.
Ora lo conduco al Tempio del Signore, sostenuta dal mio castissimo sposo 
Giuseppe ed offriamo, per il suo riscatto, due piccole colombe, che è il prezzo 
stabilito per la povera gente.


Beati gli afflitti.

Quando il mio Bambino mi viene ridato dal Sacerdote e deposto fra le mie 
braccia, il vecchio Simeone, illuminato dallo Spirito del Signore, svela alla mia 
anima che il suo disegno è soprattutto quello di un grande patire: "Ecco, Egli 
è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, 
perché siano svelati i pensieri di molti cuori. Ed anche a te una spada 
trapasserà l'anima." (Lc. 2,33).
Come Mamma vengo così a Lui associata sul cammino della afflizione.


Beati i miti.

Contemplate in questo mio Bambino il riflesso della mansuetudine e 
della bontà.
Le sue mani si aprono come divina carezza su ogni umano patire; 
i suoi occhi fanno scendere la Luce su ogni ombra di peccato e di male; 
i suoi piedi si formano per percorrere strade aride ed insicure a cercare i 
lontani, a trovare gli smarriti, a soccorrere i bisognosi, a guarire gli
ammalati, ad accogliere i peccatori, a donare a tutti speranza e salvezza. 
Il suo Cuore batte con palpiti di divino amore, per formare i cuori di tutti alla 
mitezza ed alla compassione.


Beati i misericordiosi.

Vedete nel Bambino che porto al Tempio della sua gloria l'Amore 
misericordioso del Padre fatto Uomo.
Il Padre ha tanto amato il mondo da donargli il suo Figlio Unigenito, 
perché fosse salvato per mezzo di Lui.
Allora nella fragile sembianza di questo Bambino contemplate la vittima scelta 
e preparata, che dovrà essere immolata per la vostra salvezza.
È Lui che porta nel mondo l'Amore misericordioso del Padre.
È Lui l'Amore Misericordioso che rinnova i cuori di tutti.


Beati i puri di cuore.

Dio è presente nel mio Bambino Gesù. 
Il suo cuore è un cuore di un Dio. 
Ha assunto da Me la natura umana, ma la sua Persona è divina. 
Così il cuore che batte in questo Bambino è il cuore stesso di Dio.
Vedete Dio nel Figlio che porto fra le mie braccia materne.
Sentite il battito del cuore di Dio nel suo che pulsa ed imparate ad amare.
La purezza del cuore nasce dalla perfezione dell'amore. 
Per questo solo chi ama può giungere alla purezza del cuore, e solo chi è puro di 
cuore può vedere Dio.


Beati i pacifici.

Ecco a voi il Bambino che è la stessa Pace. 
Il suo nome è Pace. 
La sua missione è di portare la pace fra Dio e la umanità. 
Il suo disegno è di pacificare tutto il mondo.
Lui solo può portare la pace e può rendere pacifico il cuore di tutti, chiamati a 
formare parte di una sola famiglia dei figli di Dio. 
Se lo rifiuta, il mondo non conoscerà mai la pace.

Beati i perseguitati a causa della giustizia.

Vedete in questo Bambino la vittima, chiamata a percorrere la strada del rifiuto e della
persecuzione.
Da piccolo deve fuggire in esilio, perché Erode ordina che venga ucciso; 
da giovane vive in una povera casa ed è sottoposto ad umile e pesante lavoro; 
durante la sua pubblica missione è ostacolato, emarginato e minacciato, fino ad 
essere catturato, giudicato e condannato a morte. 
È Lui il perseguitato ed il percosso che porta la guarigione a tutti.
Per questo oggi, mentre lo porto fra le mie braccia al Tempio della sua gloria, 
guardo i suoi occhi, da cui traspare la luce di una beatitudine immensa. 
È Lui la sola beatitudine per voi. 
È Lui che vi indica la via delle beatitudini, che ciascuno deve percorrere per 
giungere alla salvezza ed alla pace.
È il Verbo eterno del Padre, sotto le sembianze di questo piccolo Bambino, 
che vi traccia la via della Verità e della Vita.
È il Figlio Unigenito in cui il Padre dall'eterno si compiace.
È il Figlio della vergine Madre, che oggi porto al Tempio della sua gloria e a 
tutti vi ripeto: ascoltatelo.

Sei ancora alla vigilia di un lungo e faticoso viaggio, che devi fare per Me 
in alcune Nazioni dell'America Latina, mio piccolo figlio.
Non temere del programma così pesante che ti hanno preparato.
I miei Angeli di Luce ti sono accanto in ogni momento e, nella tua stessa debolezza, 
si renderà più manifesta la potenza della tua Mamma Celeste.
Porta tutti nel rifugio del mio Cuore Immacolato, perché vi possa aiutare a 
percorrere il difficile cammino delle vostre beatitudini».
(Mov. Sac. Mariano)


GESU', MARIA, AMORE: VENITE
INSIEME NEL MIO CUORE

venerdì 27 dicembre 2013

Eccolo il pargolo in mezzo a noi.


Ven Espíritu Santo, ven por medio de la poderosa intercesión del Corazón Inmaculado de María, tu amadísima Esposa!



Anche da noi piccoli sia magnificato il grande Signore, che per farci grandi, ha fatto se stesso piccolo. 

Un pargolo, dice il Profeta, ci è nato, ci fu dato un figlio (Is 9, 6). 

È nato per noi, non per sé, che nato in modo molto più mirabile del Padre prima dei tempi, non aveva bisogno di nascere nel tempo della madre. 

Non è nato per gli Angeli, i quali possedendolo grande, non lo cercavano piccolo. Per noi dunque è nato, a noi fu dato perché a noi era necessario.



15. Profittiamo di questo pargolo nato e dato a noi, realizzando quello per cui ci è nato e ci fu donato. Si è fatto nostro, usiamone a nostro vantaggio, si è fatto nostro Salvatore, usiamone per la nostra salvezza. Eccolo il pargolo in mezzo a noi. 

O Pargolo desiderato dai piccoli! O veramente pargolo, ma per la malizia, non per la sapienza! Sforziamoci di diventare come questo pargolo; impariamo da lui che è mite e umile di cuore, affinché non sia senza ragione che il grande Dio si è fatto piccolo uomo, perché non sia morto invano, invano sia stato crocifisso. 
Impariamo la sua umiltà, imitiamo la sua mansuetudine, abbracciamo la sua dilezione, partecipiamo ai suoi dolori, laviamoci nel suo sangue. 

Offriamolo come propiziazione per i nostri peccati, perché per questo egli è nato ed è stato a noi dato. Offriamolo agli occhi del Padre, offriamolo anche agli occhi suoi, perché da una parte il Padre non risparmiò il proprio Figlio, ma per noi tutti lo ha sacrificato, e dall’altra il Figlio stesso annientò se stesso, prendendo la forma di servo. Egli ha consacrato se stesso alla morte, ed è stato annoverato tra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori (Is 53, 12) perché non perissero. 

Non possono perdersi coloro per i quali il Figlio prega che non periscano, e per i quali il Padre consegnò alla morte il Figlio perché vivano. Dobbiamo dunque sperare il perdono ugualmente da entrambi tutti e due uguali per la pietà e misericordia, che hanno pari potenza nella volontà, un’unica sostanza nella divinità, nella quale un solo Spirito Santo vive e regna con loro Dio per tutti i secoli dei secoli. (San Bernardo, Omelia III)

GESU' MARIA AMORE
VENITE INSIEME NEL MIO CUORE!

martedì 18 giugno 2013

Apparuit

Riprendo su questo blog - circa sei mesi prima del prossimo Natale! - la bellissima omelia di Papa Benedetto XVI del Natale 2011 nella quale si colgono stupende affermazioni teologiche, intuite e vissute alla perfezione, dal Serafico d'Assisi.



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SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana
Sabato, 24 dicembre 2011

Cari fratelli e sorelle,

La lettura tratta dalla Lettera di san Paolo Apostolo a Tito, che abbiamo appena ascoltato, inizia solennemente con la parola “apparuit”, che ritorna poi di nuovo anche nella lettura della Messa dell’aurora: apparuit – “è apparso”. È questa una parola programmatica con cui la Chiesa, in modo riassuntivo, vuole esprimere l’essenza del Natale. 

Prima, gli uomini avevano parlato e creato immagini umane di Dio in molteplici modi. Dio stesso aveva parlato in diversi modi agli uomini (cfr Eb 1,1: lettura nella Messa del giorno). Ma ora è avvenuto qualcosa di più: Egli è apparso. Si è mostrato. È uscito dalla luce inaccessibile in cui dimora. Egli stesso è venuto in mezzo a noi. 

Questa era per la Chiesa antica la grande gioia del Natale: Dio è apparso. Non è più soltanto un’idea, non soltanto qualcosa da intuire a partire dalle parole. Egli è “apparso”. 

Ma ora ci domandiamo: Come è apparso? Chi è Lui veramente? La lettura della Messa dell’aurora dice al riguardo: “apparvero la bontà di Dio … e il suo amore per gli uomini” (Tt3,4). Per gli uomini del tempo precristiano, che di fronte agli orrori e alle contraddizioni del mondo temevano che anche Dio non fosse del tutto buono, ma potesse senz’altro essere anche crudele ed arbitrario, questa era una vera “epifania”, la grande luce che ci è apparsa: Dio è pura bontà. 

Anche oggi, persone che non riescono più a riconoscere Dio nella fede si domandano se l’ultima potenza che fonda e sorregge il mondo sia veramente buona, o se il male non sia altrettanto potente ed originario quanto il bene e il bello, che in attimi luminosi incontriamo nel nostro cosmo. “Apparvero la bontà di Dio … e il suo amore per gli uomini”: questa è una nuova e consolante certezza che ci viene donata a Natale.


In tutte e tre le Messe del Natale la liturgia cita un brano tratto dal Libro del Profeta Isaia, che descrive ancora più concretamente l’epifania avvenuta a Natale: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine” (Is 9,5s). Non sappiamo se il profeta con questa parola abbia pensato a un qualche bambino nato nel suo periodo storico. Sembra però impossibile. 

Questo è l’unico testo nell’Antico Testamento in cui di un bambino, di un essere umano si dice: il suo nome sarà Dio potente, Padre per sempre. Siamo di fronte ad una visione che va di gran lunga al di là del momento storico verso ciò che è misterioso, collocato nel futuro. Un bambino, in tutta la sua debolezza, è Dio potente. Un bambino, in tutta la sua indigenza e dipendenza, è Padre per sempre. “E la pace non avrà fine”. Il profeta ne aveva prima parlato come di “una grande luce” e a proposito della pace proveniente da Lui aveva affermato che il bastone dell’aguzzino, ogni calzatura di soldato che marcia rimbombando, ogni mantello intriso di sangue sarebbero stati bruciati (cfr Is 9,1.3-4).

Dio è apparso – come bambino. Proprio così Egli si contrappone ad ogni violenza e porta un messaggio che è pace. In questo momento, in cui il mondo è continuamente minacciato dalla violenza in molti luoghi e in molteplici modi; in cui ci sono sempre di nuovo bastoni dell’aguzzino e mantelli intrisi di sangue, gridiamo al Signore: Tu, il Dio potente, sei apparso come bambino e ti sei mostrato a noi come Colui che ci ama e mediante il quale l’amore vincerà. E ci hai fatto capire che, insieme con Te, dobbiamo essere operatori di pace. 

Amiamo il Tuo essere bambino, la Tua non violenza, ma soffriamo per il fatto che la violenza perdura nel mondo, e così Ti preghiamo anche: dimostra la Tua potenza, o Dio. In questo nostro tempo, in questo nostro mondo, fa’ che i bastoni dell’aguzzino, i mantelli intrisi di sangue e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati, così che la Tua pace vinca in questo nostro mondo.


Natale è epifania – il manifestarsi di Dio e della sua grande luce in un bambino che è nato per noi. Nato nella stalla di Betlemme, non nei palazzi dei re. Quando, nel 1223, San Francesco di Assisi celebrò a Greccio il Natale con un bue e un asino e una mangiatoia piena di fieno, si rese visibile una nuova dimensione del mistero del Natale. Francesco di Assisi ha chiamato il Natale “la festa delle feste” – più di tutte le altre solennità – e l’ha celebrato con “ineffabile premura” (2 Celano, 199: Fonti Francescane, 787). 

Baciava con grande devozione le immagini del bambinello e balbettava parole di dolcezza alla maniera dei bambini, ci racconta Tommaso da Celano (ivi). Per la Chiesa antica, la festa delle feste era la Pasqua: nella risurrezione, Cristo aveva sfondato le porte della morte e così aveva radicalmente cambiato il mondo: aveva creato per l’uomo un posto in Dio stesso. Ebbene, Francesco non ha cambiato, non ha voluto cambiare questa gerarchia oggettiva delle feste, l’interna struttura della fede con il suo centro nel mistero pasquale. Tuttavia, attraverso di lui e mediante il suo modo di credere è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova l’umanità di Gesù. Questo essere uomo da parte di Dio gli si rese evidente al massimo nel momento in cui il Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria, fu avvolto in fasce e venne posto in una mangiatoia. 

La risurrezione presuppone l’incarnazione. Il Figlio di Dio come bambino, come vero figlio di uomo – questo toccò profondamente il cuore del Santo di Assisi, trasformando la fede in amore. “Apparvero la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini”: questa frase di san Paolo acquistava così una profondità tutta nuova. Nel bambino nella stalla di Betlemme, si può, per così dire, toccare Dio e accarezzarlo. Così l’anno liturgico ha ricevuto un secondo centro in una festa che è, anzitutto, una festa del cuore.


Tutto ciò non ha niente di sentimentalismo. Proprio nella nuova esperienza della realtà dell’umanità di Gesù si rivela il grande mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino gli si rese chiara l’umiltà di Dio. Dio è diventato povero. Il suo Figlio è nato nella povertà della stalla. Nel bambino Gesù, Dio si è fatto dipendente, bisognoso dell’amore di persone umane, in condizione di chiedere il loro – il nostro – amore. Oggi il Natale è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde il mistero dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità. Preghiamo il Signore di aiutarci ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo tempo fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire così la vera gioia e la vera luce.


Sulla mangiatoia, che stava tra il bue e l’asino, Francesco faceva celebrare la santissima Eucaristia (cfr 1 Celano, 85: Fonti, 469). Successivamente, sopra questa mangiatoia venne costruito un altare, affinché là dove un tempo gli animali avevano mangiato il fieno, ora gli uomini potessero ricevere, per la salvezza dell’anima e del corpo, la carne dell’Agnello immacolato Gesù Cristo, come racconta il Celano (cfr 1 Celano, 87: Fonti, 471). 


Nella Notte santa di Greccio, Francesco quale diacono aveva personalmente cantato con voce sonora il Vangelo del Natale. Grazie agli splendidi canti natalizi dei frati, la celebrazione sembrava tutta un sussulto di gioia (cfr 1 Celano, 85 e 86: Fonti, 469 e 470). Proprio l’incontro con l’umiltà di Dio si trasformava in gioia: la sua bontà crea la vera festa.


Chi oggi vuole entrare nella chiesa della Natività di Gesù a Betlemme, scopre che il portale, che un tempo era alto cinque metri e mezzo e attraverso il quale gli imperatori e i califfi entravano nell’edificio, è stato in gran parte murato. È rimasta soltanto una bassa apertura di un metro e mezzo. L’intenzione era probabilmente di proteggere meglio la chiesa contro eventuali assalti, ma soprattutto di evitare che si entrasse a cavallo nella casa di Dio. Chi desidera entrare nel luogo della nascita di Gesù, deve chinarsi. 

Mi sembra che in ciò si manifesti una verità più profonda, dalla quale vogliamo lasciarci toccare in questa Notte santa: se vogliamo trovare il Dio apparso quale bambino, allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra ragione “illuminata”. Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere. 


Dobbiamo chinarci, andare spiritualmente, per così dire, a piedi, per poter entrare attraverso il portale della fede ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato. Celebriamo così la liturgia di questa Notte santa e rinunciamo a fissarci su ciò che è materiale, misurabile e toccabile. Lasciamoci rendere semplici da quel Dio che si manifesta al cuore diventato semplice. E preghiamo in quest’ora anzitutto anche per tutti coloro che devono vivere il Natale in povertà, nel dolore, nella condizione di migranti, affinché appaia loro un raggio della bontà di Dio; affinché tocchi loro e noi quella bontà che Dio, con la nascita del suo Figlio nella stalla, ha voluto portare nel mondo. Amen.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

PUER NATUS EST NOBIS!
APPARUIT!

sabato 15 dicembre 2012

“I. N. R. I.”

Veni, Redemptor gentium,
excita potentiam tuam...

Domani 16 dicembre inizia la Novena al Santo Natale di N.S.Gesù Cristo. Mi piace invitare tutti a visitare questo sito.


Esempi di Gesù Bambino 

di S. Alfonso Maria de' Liguori


Si narra nello Specchio degli esempi (Distinz. 8) [9] d'un certo divoto giovinotto per nome Edmondo, inglese, che stando un giorno in campagna con altri fanciulli, egli ch'era amante dell'orazione e della solitudine, soletto si pose a passeggiare per un prato trattenendosi in affetti verso Gesù Cristo. 
Ecco gli apparve un vago bambino che lo salutò: Dio ti salvi, o Edmondo mio caro. E poi l'interrogò se sapea chi era? Rispose Edmondo che no. Ma che no - riprese a dire il celeste fanciullo - quando io vi sto sempre a fianco? Or se volete conoscermi, guardatemi in fronte.Guardò Edmondo e gli lesse in fronte le parole: Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum. 
Ed allora gli soggiunse: Questo è il mio nome, e voglio che in memoria dell'amore che ti porto ogni notte ti segni la fronte con quello, ed esso ti libererà dalla morte improvvisa; come anche libererà ognuno che farà lo stesso. Edmondo seguitò a segnarsi sempre poi col nome di Gesù. 
Il demonio una volta l'afferrò le mani, acciocché non si segnasse, ma egli lo vinse coll'orazione, e poi lo costrinse a dire qual fosse l'arme di cui egli più temesse; rispose il demonio ch'erano quelle parole colle quali esso si segnava la fronte.

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Has Quator Sacras Litteras
“I. N. R. I.”
Pollice in fronte scribe, simul, et nomina significata dic: quæ plurimum
valent contra subitaneam, et improvisam mortem. Teste S. Edmundo.

“Iesus Nazarenus Rex Iudeorum: Hic titulus triumphalisJESU CHRISTI Salvatoris mei, præservet me a subitanea, improvisa, et mala morte. Amen.”
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ESEMPIO X.

Si riferisce nel Diario Domenicano a' 7 d'ottobre (12) che predicando S. Domenico in Roma, vi era una peccatrice chiamata Caterina la bella. Ricevé ella un rosario dalle mani del santo e cominciò a recitarlo; ma non lasciava la sua mala vita. Un giorno le apparve Gesù in forma prima di giovine, e poi si mutò in figura d'un grazioso bambino, ma con una corona di spine sulla testa e colla croce sulle spalle, e che mandava lagrime dagli occhi e sangue dal capo, e poi le disse: Basta; non più, Caterina; basta, lascia di più offendermi: vedi quanto mi sei costata, mentre io cominciai da bambino a patire per te, e non lasciai di patire fino alla morte. Caterina andò subito a trovar S. Domenico, si confessò da lui, e da lui ammaestrata dopo aver dispensato tutto quello che aveva a' poveri ed essersi chiusa in una stretta cella murata, si ridusse a vita così fervorosa ed ebbe tali favori dal Signore, che il santo ne restò ammirato. Ed in fine visitata da Maria SS. ebbe una felicissima morte.
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Note
(12) Domenico Maria MARCHESE, O. P., Sagro Diario Domenicano: 7 di ottobre, Dell'origine e progressi della divozione e solennità del SS. Rosario. - Cf. Commentarius de S. Dominico, inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 4 augusti, n. 570, 571.
Ad maiorem Dei gloriam 
et Beatae Virginis Mariae!

giovedì 15 novembre 2012

Donna divota desiderava sapere quali anime fossero a Gesù più care

ESEMPIO I.

Si narra nel Prato Fiorito, cap. 40/1, che una donna divota desiderava sapere quali anime fossero a Gesù più care; un giorno stando a sentire la Messa, nell'elevarsi la sacra ostia, vide Gesù bambino sull'altare ed insieme con lui tre verginelle. 

Gesù prese la prima e le fece molte carezze. 
Andò alla seconda, e toltole dalla faccia il velo, le diè una gran guanciata e voltò le spalle; ma tra poco vedendola rattristata, il Fanciullo con finezze d'affetto la consolò. 
Si accostò in fine alla terza, la prese quasi adirato per un braccio, la percosse e la cacciò da sé; ma la verginella quanto più vedevasi straziata e discacciata, tanto più si umiliava e gli andava appresso; e cosi finì la visione. 

Essendo poi rimasta quella divota con gran desiderio di sapere il significato di ciò, le apparve di nuovo Gesù e le disse ch'egli tiene in terra tre sorte d'anime che l'amano. Alcune l'amano, ma il loro amore è così debole, che se non sono accarezzate con gusti spirituali, s'inquietano e stanno in pericolo di voltargli le spalle: e di ciò era stata figura la prima verginella. Nella seconda poi le avea figurate quell'anime che l'amano con amore men debole, ma che han bisogno di essere da quando in quando consolate. La terza poi era figura di quell'anime più forti, che benché sempre desolate e prive di consolazioni spirituali, non lasciano di far quanto possono per compiacerlo; e queste disse ch'erano le anime a lui più dilette.


(fatto storico riportato da Sant' Alfonso Maria De' Liguori)

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Note:
1 Prato fiorito di vari esempi, lib. 3, cap. 40. Opera di Fra Valerio, cappuccino veneto, dice il Melzi, nel suo Dizionario di opere anonime e pseudonime di Scrittori italiani, v. Ballardini. - Nel Prato fiorito, il racconto comincia così: «Leggesi nello Specchio Historiale..», cioè Speculum historiale Fr. VINCENTII BELLOVACENSIS, O. P.




AVE MARIA PURISSIMA!