sabato 31 agosto 2019

Pensiero ruminativo...

Overthinkig: autodistruggersi pensando

Ecco perché la scienza mette in guardia da un eccesso di riflessione

MARCO MANAGÒ
L'
overthinking (o pensiero ruminativo) è una patologia mentale tipica del mondo attuale e coinvolge, con forme di stress e depressione, moltissimi individui. Il pensare troppo, il rimuginare su eventi trascorsi o il riflettere eccessivamente su questioni delicate, limitandosi soltanto all’individuazione delle cause, infatti, è deleterio e può produrre effetti devastanti sulla psiche. La patologia conduce a un aumento del cortisolo (l’ormone dello stress) senza dar modo di risolvere e uscire dall’ansia generante.

Da riflessione a ossessione

Gli studi effettuati, in particolare dalla dottoressa Susan Nolen-Hoeksema (psicologa presso l’Università statunitense di Yale, nel Connecticut), che ha dedicato l’intera vita (fino alla morte, avvenuta nel 2013) al pensiero ruminativo, dimostrano come ne siano più soggette le donne. Un certo grado di riflessione e di valutazione dei propri trascorsi, specie se infelici, è salutare e può avviare verso comportamenti diversi in modo di non ripetere l’errore. Quando la riflessione, però, diventa ossessione e si punta esclusivamente alla propria colpevolezza o al mito della perfezione, si giunge a uno stato patologico. La presenza fissa di un pensiero, inoltre, finisce per rubare tempo e spazio agli altri temi che, per esigenze contingenti, si trovano in uno stato di priorità. Questosquilibrio di “importanza” potrebbe lasciare “scoperti” alcuni argomenti o alcuni impegni sui quali, invece, c’è bisogno di una riflessione almeno essenziale.

L'influenza sulle relazioni

Le relazioni più interessate da questa patologia sono, ovviamente, quelle interne alla famiglia, in cui i diversi ruoli di genitore, figlio, fratello, nonno, zio, generano un’infinità di casistiche e di problematiche alle quali non sempre si è convinti di aver dato la risposta migliore o di aver agito nel modo più corretto; da qui il rimuginare. Altro aspetto in cui si sviluppa maggiormente l’overthinking è quello sentimentale, in cui è difficile, a volte, trovare un equilibrio e intorno al quale si concentrano pensieri assillanti e ingiustificati. In questo caso, il rischio di alimentare problemi inesistenti o marginali, di innescare sospetti e fraintendimenti è notevole. Occorre, quindi, la massima chiarezza reciproca, una notevole serenità interiore, il consiglio di una persona fidata e positiva, cercare di distrarsi mentalmente e fisicamente per non pensare troppo allo stesso elemento. A volte, la pretesa di immedesimarsi completamente nell’altro e di interpretare alla perfezione ogni gesto, ogni parola e ogni pausa altrui, può lasciare spazio a incomprensioni o esagerazioni di negatività che non sussistono. La ripetitività del pensiero nasce anche da frustrazione interna, da insoddisfazione, da un senso di inferiorità o per ingiustizie patite; molte volte sorge per il rammarico di non aver saputo rispondere per bene al momento adatto dinanzi ad accuse o affermazioni non gradite. Non vi sono, infatti, solo la razionalità e il senso di responsabilità a far scattare tali rimuginazioni; in alcuni casi è presente un’esigenza insaziabile di vendetta.

Le conseguenze

Occorre smantellare la convinzione per la quale più si spremono le meningi, più ci si sofferma sulle cause del problema maggiormente sarà possibile capirle e sanarle. Tutto questo è sbagliato, infruttifero e, addirittura, patologico. Gli effetti sfociano in uno stato di cefalea e ansia fino ad arrivare, nei casi più gravi, a forti forme di stress, insonnia, depressione e uso di farmaci. Il fenomeno non deve essere sottovalutato: la depressione può determinare atti gravissimi, il tutto in un clima ostile sia per se stessi sia per il prossimo. Si può guarire da tale male opprimente attraverso lo svolgimento di attività diverse, cambiando il proprio stile e le abitudini di vita, rinunciando al mito della perfezione e cercando di stimolare endorfine attraverso l’attività fisica. La società moderna è molto ingannevole: riduce sensibilmente i periodi di riflessione, li spezzetta in modo sistematico e continuativo. L’individuo finisce, così, per rimuginare un po’ per tante volte al giorno senza avere la lucidità e il tempo necessario per riflettere, consapevolmente, una volta per tutte. La frammentazione della riflessione conduce a un nulla di fatto e a un ristagno su concetti in cui il rammarico e l’immobilismo regnano incontrastati e per nulla forieri di soluzioni. La società moderna è allergica ai pensatori ma è ben disposta nei confronti di iper-pensatori, specie se fossilizzati sempre sugli stessi temi personali.

Cosa fare?

Il contributo alla comunità dovrebbe essere quello, costruttivo, di pensare e agire (il “pensiero e azione” di mazziniana memoria), senza soffermarsi a vita su un problema. Essere immobili su una questione inibisce l’azione, l’idea e l’inventiva. Un mondo che pensa troppo è poco creativo, ristagna e non offre contributi di soluzione, di progresso spirituale e materiale. Si tratta di un mondo ripetitivo che, in una sorta di moviola, torna sempre sugli stessi passi, per giunta senza risolvere.

https://www.interris.it/benessere/overthinkig--autodistruggersi-pensando

Buon umore.


Buon umore. 6 modi per aumentare il livello di endorfine in modo naturale

In questo articolo scoprirai 6 modi per aumentare il livello di endorfine in modo naturale e diventare subito di buon umore
Il piacere è infatti una leva biologica molto forte.  Ahimè  insieme al  dolore.
Per questo motivo tutta la vita diventa un inseguire continuo di persone, situazioni ed esperienze capaci di farci sentire bene  e sperimentare sensazioni positive. Purtroppo spesso cercandole anche in sostanze nocive che provocano dipendenza come alcool, droga oppure nel gioco d’azzardo.
Eppure dentro di noi abbiamo già  disponibile una droga naturale capace di farci provare  sensazioni positive e benessere in modo sano.
Senza avvelenarsi con alcool, sigarette  e sostanze  tossiche varie. Ed inoltre  è gratuita!
Continuando la lettura di questo  articolo scoprirai come:
  •   Provare sensazioni di euforia in modo naturale
  •  Sperimentare sensazioni di piacere e benessere.
  •  Creare buonumore e spensieratezza
Endorfine: le sostanze del piacere e buon umore
All’inizio degli anni ’70 alcuni ricercatori stavano studiando come il cervello fosse influenzato dagli oppiacei come eroina e morfina. Durante queste ricerche trovarono che gli oppiacei interagiscono con dei recettori specializzati che sono principalmente localizzati nel cervello e nel midollo spinale.
Quando gli oppiacei si “connettono” con questi recettori essi bloccano la trasmissione dei segnali di dolore. Allora gli scienziati si chiesero come mai esistessero dei recettori specializzati per queste sostanze e la risposta più plausibile fu che la loro esistenza era dovuta alla presenza di una sostanza simile a quella degli oppiacei che era prodotta naturalmente dal corpo.
Le endorfine sono un gruppo di ormoni peptidi che si presentano naturalmente nel cervello che, quando le rilascia, aumenta la soglia del corpo al dolore e influenza il modo in cui ti senti emotivamente. Le endorfine sono la nostra morfina naturale.
6 modi per aumentare il livello di endorfine in modo naturale
Il miglioramento costante delle tecnologie può aiutarci a raggiungere conclusioni migliori su cosa influenzii livelli di endorfine nel cervello. Oggi conosciamo alcune strategie per innalzare in modo naturale i livelli delle sostanze del buon umore, eccone 6:
1) Esercizio fisico.
L’attività fisica fa esplodere il rilascio di endorfine, il neurotrasmettitore del buonumore. Sonja Lyubomirsky autrice di “The How Happiness” dice che l’esercizio aiuta a sentirsi come il capitano della propria nave. Sebbene ogni tipo di attività fisica abbia benefici essi aumentano se la pratica è svolta all’aperto.
Una meta-analisi di 11 studi pubblicati su Environmental Science e Technology ha trovato che le persone che fanno esercizio fisico all’aperto si sentono più energiche e più inclini a conservare questa energia. Questa è una buona notizia perché significa che i benefici del praticare attività fisica sono cumulativi.
2) Mangia cioccolato nero.
Gli amanti del cioccolato saranno felici di sentire che la cioccolata nera fornisce protezione contro gli attacchi cardiaci e gli infarti. Grazie all’alto contenuto di polifenoli e altri antiossidanti, la cioccolata nera riduce infiammazioni, abbassa la pressione sanguigna, riduce il colesterolo LDL, aumenta il colesterolo HDL (quello buono) e protegge la salute delle tue arterie. Contiene anche sostanze chimiche che promuovono il rilascio di endorfine.
In una delle principali meta-analisi su 139 studi condotti in circa 40 anni, i ricercatori hanno concluso che il consumo di cioccolato abbassa il rischio di morte cardiovascolare di circa il 19%. Questa è la buona notizia. La cattiva notizia è che, per avere buoni risultati non puoi strafogarti in quanto per avere un effetto benefico se ne  dovrebbe mangiare al massimo 5 gr al giorno, l’equivalente di un piccolo scacchetto 2 o 3 volte a settimana, i benefici tendono infatti a scomparire con il consumo di grandi quantità.
Un piccolo pezzetto di cioccolata nera può anche aiutare a frenare il tuo appetito per cibi poco salutari, come dimostrato da una ricerca dell’università di Copenhagen che rivela che il cioccolato nero è più saziante di quello al latte e riduce il desiderio di snack salati o dolcetti.
La chiave per mangiare cioccolata è sapere quando fermarsi. Smile
3) Ridere
Così come non c’è bisogno della scienza per spiegare come le persone si sentano meglio dopo una bella barretta di cioccolato lo stesso vale per la risata di pancia.
I bambini ridono circa 400 volte al giorno mentre alcuni adulti anche solo 5 volte in un giorno. Più ridiamo migliore sarà la nostra prospettiva, aumenterà la nostra energia e risolveremo problemi più facilmente. Ormai da secoli è stato riconosciuto che la risata è una delle migliori medicine.
La risata è una specie di “jogging interno”, infatti le ricerche hanno mostrato che può aiutare a:
  • abbassare i livelli di pressione sanguigna
  • ridurre gli ormoni dello stress
  • aumentare le funzioni immunitarie aumentando i livelli di cellule anticorpi
  • scatenare il rilascio di endorfine
  • produrre un senso di benessere generale
La terapia dell’umorismo (o clownterapia) nata negli anni ’30, quando i clown andavano negli ospedali americani per tirare su di morale i bambini ospedalizzati, è una testimonianza del potere della risata sull’umore e sulla salute. Un caso esemplare di ciò è quello del professore Norman Cousins (autore di Anatomy of an illness).
Nel 1979 dopo che gli fu diagnosticata una grave forma di spondilite anchilosante (una tremenda malattia dei tessuti connettivi delle articolazioni che lo costrinse immobilizzato in un letto d’ospedale tra atroci dolori e con una prognosi di pochi mesi di vita) Cousins seguì una terapia alternativa basata sulla risata.
Cousins soffriva di reazioni avverse alla maggior parte dei farmaci che gli venivano prescritti così decise, con la collaborazione del suo dottore, di interromperne l’assunzione. Dopo aver interrotto le cure classiche iniziò a prendere superdosi di vitamina C e a passare le sue giornate bombardandosi di film comici dei fratelli Marx, guardando gli episodi di Candid Camera e leggendo libri divertenti.
Affermò che 10 minuti di risate gli davano 2 ore di sollievo dal dolore senza assumere nessun farmaco.  Nel tempo Cousins riuscì a riprendersi quasi del tutto dalla malattia che l’aveva costretto a letto per alcuni mesi e riacquistò la maggior parte dei suoi movimenti perduti. Egli sottolineò infine che atteggiamenti e stati emotivi positivi possono influire profondamente sull’attività biochimica dell’organismo.
4) Abbracci.
Tutti sappiamo che gli abbracci fanno sentire meglio e trasmettono buonumore, infatti quando ci abbracciamo il nostro organismo rilascia endorfine, serotonina e ossitocina nel flusso sanguigno. Un abbraccio può anche aiutare a rilassare e distendere i muscoli, specialmente quelli del viso rallentando così il processo di invecchiamento.
Alcune ricerche mostrano infatti come gli abbracci aiutino a rallentare il processo di invecchiamento, aumentare il rilassamento, far vivere più a lungo, contrastare tristezza e malumore. Il contatto umano infatti è un importante componente della salute fisica, tenere in braccio un bambino piccolo ad esempio offre benefici fisiologici ed emotivi.
La Dr Christine Carter, una sociologa e esperta della felicità che lavora al Greater Good Science Center di Berkeley, afferma che una ragione per cui gli abbracci innalzano il nostro quoziente di benessere emotivo è che stimolano la produzione di ossitocina, il neurotrasmettitore noto come l’ormone dei “legami”. L’ossitocina contribuisce a creare e rafforzare un senso di connessione con le altre persone e genera la felicità.
Gli studi e le ricerche della Dr Carter hanno suggerito che dare 8 abbracci al giorno consente di riprodurre tutti i benefici della produzione di ossitocina.
Per integrare 8 abbracci nella tua quotidianità Carter suggerisce di decidere precedentemente dove e quando dare questi abbracci. Per esempio, abbraccia i tuoi bambini ogni notte prima di metterli a letto, abbraccia il tuo partner tutti i giorni prima che vada al lavoro, abbraccia un amico durante la giornata.
5) Completa la frase: “Mi sento bene quando…”
Ognuno ha  qualche attività che più di altre lo fa sorridere, divertire e stare bene.
Ad esempio per me giocare con il mio cane, rivedere una puntata di Friends, guardare video divertenti e leggere sono attività che mi fanno sentire immediatamente più felice.
Fai questo piccolo esercizio, scrivi su un foglio “Mi sento bene quando…” e completa la frase con tutte le attività che ti vengono in mente che solitamente ti aiutano a stare bene mentre le fai.
6) Mangia qualcosa di piccante.
Il sapore piccante di alcuni cibi in realtà non provoca una sensazione di piacere ma di dolore. Quando la capsaicina, il composto chimico che rende piccante il peperoncino e che causa la sensazione di bruciore, viene in contatto con la lingua il nostro organismo crede che si tratti di una sensazione di dolore e rilascia gli ormoni contro il dolore, le endorfine.
Questa potrebbe essere la ragione per cui i cibi piccanti possono dare dipendenza. Le persone iniziano a desiderarli e aumentano livelli di tolleranza verso di essi così che alcuni cibi che una volta sembravano stra piccanti iniziano a sembrarlo meno.
Un altro effetto positivo dei cibi piccanti è che uccidono gli agenti patogeni e promuovono la sudorazione,ciò può essere particolarmente utile per raffreddare la temperatura del corpo nei climi caldi.
Senza emozioni il tempo è solo un orologio che fa tic-tac…(dal film “Equilibrium) 

endorfine

Per concludere.

Le endorfine sono le tue  sostanze del piacere interno, diffondono gioia nella tua  vita e colorano le tue giornate. Quando il tuo cervello produce endorfine il mondo è una giostra entusiasmante da vivere.
P.S. Se vuoi  fare schizzare alle stelle il livello di endorfine nella tua vita in modo veloce e automatico  utilizzando i processi più avanzati nel campo della crescita personale, non esiste niente di più potente ed efficace di questo sistema. Scoprilo qui.

MAGNIFICAT (10): Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles!


Ecco a voi, di san Giovanni Eudes, l'eccellente commento/Spiegazione del settimo versetto del Magnificat:

Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles

Essendo giunto il tempo, in cui piacque al Padre delle misericordie  di compiere il disegno che aveva da tutta l’eternità di salvare il genere umano, la sua Divina Sapienza - i cui consigli sono imperscrutabili -, volle impiega­re, a questo fine, i mezzi che apparentemente non avevano alcuna attitudine né conformità con l’altezza di questa grande opera. 

Quali sono questi mezzi? Manda il suo unico Figlio in questo mondo, in uno stato passibile e mortale e in una tale abiezione e bassezza che Egli stesso dice: «Ego sum vermis, et non homo: Sono un verme, non un uomo» Sal. 21,7 e porta quale titolo onorifico nelle Scritture: «Novissimus vìrorum: l’ultimo di tutti gli uomini» Is. 53,3.

Questo Padre adorabile vuole che il Figlio suo, nato da tutta l’eternità dal suo seno, e che è Dio come Lui, nasca da una Madre, che è davvero San­tissima, ma sì abietta e piccola ai suoi propri occhi e agli occhi del mondo, da con­siderarsi e ritenersi come l’ultima di tutte le creature.

Inoltre, questo Padre Divino, volendo offrire al Figlio suo dei coadiutori e dei cooperatori che lavorassero con Lui alla grande opera della Redenzione dell’universo, gli dà dodici poveri pescatori, senza scienza, senza eloquenza e senza alcuna qualità che li ponga in rilievo davanti agli uomini.

Manda questi dodici pescatori per tutta la terra, per distruggere una religione che è del tutto conforme alle inclinazioni umane e che è radicata da molte migliaia di anni nei cuori di tutti gli uomini, per stabilirne un’altra tutta nuova, oppo­sta alla prima e contraria a tutti i sentimenti della natura.

Questi dodici poveri pescatori vanno in tutto il mondo, per predicare e fondare questa nuova religione e distruggere la prima. Ma come sono rice­vuti? Tutto il mondo si erge contro di loro, i grandi, i piccoli, i ricchi, i pove­ri, gli uomini, le donne, i sapienti, gli ignoranti, i filosofi, i sacerdoti dei falsi dèi, i re, i principi: tutti gli uomini in genere, mettono in atto tutte le loro in­dustrie per opporsi alla predicazione del Vangelo che questi dodici poveri pescatori si sforzano di diffondere. 
Costoro vengono presi, gettati nelle pri­gioni, con i ferri ai piedi e alle mani, vengono trattati come degli scellerati e dei maghi; vengono flagellati, scorticati vivi completamente, bruciati, lapi­dati, crocifissi, in una parola vengono inflitti loro i più atroci supplizi.

Ma che cosa accade loro? Dopo tutte queste torture riportano la vittoria, trionfano gloriosamente sopra i grandi, i potenti, i sapienti e tutti i monarchi della terra. Annientano la religione o piuttosto l’irreligione e l’idolatria abominevole che l’inferno aveva diffuso per tutta la terra, e fondano la Fede e la Religione Cristiana in tutto il mondo. Infine, diventano i padroni dell’u­niverso e Dio dona loro il principato della terra: «Constitues eos principes super omnem terram» Sal. 44,17. 

 Rovescia i troni dei re e le cattedre dei filoso­fi; dà la prima autorità del mondo ad un povero pescatore, che eleva ad un sì alto grado di potenza e di gloria che i re e i principi ritengono grande onore baciare la polvere del suo sepolcro e i piedi dei suoi successori. Che cos’è tutto ciò, se non il compimento della profezia della Beata Vergine: «Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles: Ha rovesciato i potenti dai loro troni, ha innalzato gli umili»?

Notate che, sebbene queste parole, come le altre che sono contenute in questo divino Cantico, sono espresse in un tempo passato: «Deposuit», esse comprendono, tuttavia, il passato, il presente e l’avvenire, poiché sono pro­nunciate da uno spirito profetico. E infatti il compimento di questa profezia è apparso in modo evidente nei secoli passati e apparirà sempre più nei seco­li che verranno e sino alla fine del mondo.

Nei secoli passati, la Divina Potenza non ha forse deposto il superbo Saul per porre l’umile David al suo posto? Non ha confuso e distrutto l’arrogante Aman e la superba Vasti per mettere l’umile Mardocheo e la pia Ester al loro posto? Giosuè
 non ha sterminato più di trenta re cananei, per porre i loro reami
in possesso del popolo d’Israele?

Il nostro Divin Salvatore non ha forse liberato il genere umano dalla schiavitù dei demoni, che prima della sua Incarnazione avevano asservito tutto il mondo alla loro crudele tirannia? Non ha bandito l’angelo ribelle dal Cielo e l’uomo rivoltoso dal Paradiso? E costui, essendosi umiliato per la penitenza, non è stato ristabilito nella grazia dal suo Creatore?

Non ha strap­pato l’empio Diocleziano dal suo trono imperiale, per mettervi il pio Costan­tino? Non ha cacciato l’arrogante Eugenio, per dare il trono dell’impero all’umile Teodosio? Non ha sterminato i grandi sacerdoti degli Ebrei, gli Scribi e i Farisei, per dare la loro autorità a dei poveri pescatori e farli sedere con Lui sul trono della sua Divina Giustizia, comunicando loro il potere che il Padre suo gli ha dato di giudicare gli uomini e gli angeli?

E così che umilia e distrugge i grandi e i potenti della terra, che abusano del loro potere, ed eleva i piccoli e gli umili che praticano le parole del suo Apostolo: «Humiliamini sub potenti manu Dei, ut vos exaltet: Umiliatevi sot­to la potente mano di Dio, perché [egli] vi esalti» 1 Pt 5,6.  È ciò che ha sempre fat­to, sin dall’inizio del mondo ed è ciò che farà sino alla consumazione dei secoli e fino al tempo dell’Anticristo, che per la sua abominevole superbia vor­rà elevarsi perfino al di sopra di Dio: "Supra omne quod dicitur Deus" 2Ts 2,4.  Ma Colui che si è annichilito per confondere gli arroganti e per esaltare gli umi­li, lo ucciderà con il soffio della sua bocca: «Interficìet eum spirìtu oris sui»2Ts 2,8  e lo precipiterà nel più profondo degli abissi; dopo aver risuscitato i suoi due profeti Elia ed Enoc, li farà salire pubblicamente e gloriosamente nel Cielo, a vista e confusione dei loro nemici.
 *
Volete conoscere un altro effetto meraviglioso di questa grande profezia della Regina del Cielo? 
Ascoltate quanto è riportato da sant’Antonino, e da molti importanti Autori, di Giuliano l’Apostata.

Quest’empio, mentre partiva per andare in guerra contro i Persiani, af­fermò che al suo ritorno avrebbe sterminato i cristiani, di cui era nemico mortale. Ma san Basilio, avendo compassione del popolo che vedeva atterri­to dalle minacce di quest’apostata, fece radunare tutto il clero e tutti i fedeli, compresi le donne e i bambini, in una chiesa dedicata alla Vergine Santissi­ma, ove rimasero per tre giorni digiunando e pregando incessantemente que­sta Madre di bontà di proteggerli dal furore di questo tiranno.           Ora, mentre erano nel fervore delle loro preghiere, san Basilio vide una grande moltitu­dine di angeli, nel mezzo della quale vi era la Regina del Cielo, seduta su un trono glorioso, comandare che facessero venire Mercurio, il quale, qualche anno prima, aveva, da soldato, ricevuto la corona del martirio. In quello stesso istante questo santo Martire si presentò con le armi in pugno a questa grande Principessa, che gli disse: «Va’ e giustizia l’apostata Giuliano, il quale bestemmia contro Dio e contro mio Figlio».
Subito san Mercurio giunse nel mezzo dell’armata di Giuliano, lo colpì con un colpo di lancia e scomparve all’istante. Nel frattempo, questo mise­rabile principe, lanciando orribili grida e vomitando la sua anima tra i fiotti di sangue che uscivano dalla sua piaga, cadde morto sul colpo, proferendo orribili bestemmie contro il nostro Salvatore.
San Basilio, che aveva visto in visione tutti questi fatti, andò a trovare i cristiani, che si trovavano ancora riuniti, e assicurò loro che l’Apostata era morto e che Mercurio l’aveva ucciso per ordine della Regina del Cielo. Li esortò, dunque, a ringraziare Dio e la Beata Vergine. Dopo questi eventi, san Basilio e molti altri andarono alla tomba del santo Martire, presso il quale si custodivano le sue armi, e vi trovarono la sua lancia, rossa del sangue dello sventurato Apostata. E, pochi giorni dopo, un gentiluomo che veniva dall’esercito, raccontò come era avvenuto il fatto e in che modo quel mise­rabile era stato trafitto da un colpo di lancia, vibrato da un soldato scono­sciuto.
È così che Dio strappò dal suo trono questo superbo e detestabile impe­ratore, e fece trionfare l’umiltà  e la pietà, di san Basilio e di tutti i fedeli, dell’empietà e del furore di questo terribile mostro dell’inferno. È così che la Divina Provvidenza atterra i superbi ed innalza gli umili.

Il santo abate Blosio (Monil. Spirit. 90) riferisce di santa Gertrude, benedettina, che l’umiltà aveva preso un così pieno possesso del suo cuore, che ella si stima­va indegna di tutti i doni di Dio. Ella si considerava e si trattava come l’ultima di tutte le creature. Credeva, inoltre, che tutti gli altri rendessero più servizi e onori a Dio con un solo pensiero e con l’innocenza della loro con­versazione di quanto ella non facesse con tutte le sue occupazioni ed eserci­zi.
Un giorno, mentre camminava per il monastero, parlava a Dio così: «Ah, mio Signore! Uno dei più grandi miracoli che Voi fate in questo mondo è di permettere che la terra sorregga una miserabile peccatrice, quale sono io». Al che questo benignissimo Salvatore diede questa risposta: «È a buon dirit­to che la terra ti sostiene, poiché tutto il Cielo attende e desidera ardente­mente l’ora beata in cui ti accoglierà e ti reggerà». Ora, se questa Santa ave­va un così basso concetto di sé, giudicate voi quale sarà stata l’umiltà della Regina di tutti i santi.

O Regina dei cuori degli umili, distruggete interamente in noi la male­detta superbia e fate regnare nei nostri cuori l’umiltà del vostro Figlio e la vostra, affinché i figli abbiano qualche somiglianza con il loro adorabile Pa­dre e la loro amabilissima Madre.

AVE MARIA!
Cor humillimum Mariae
ora pro nobis

Dieci lebbrosi: il 90% ingrati!

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CDLXXXIII. Gli apostoli discutono sull’odio dei giudei. I dieci lebbrosi guariti in Samaria. 
Risultati immagini per I dieci lebbrosi guariti in Samaria.

   29 agosto 1946
 1 Sono sempre fra i monti, e monti ben rudi, su certe stradette dove non passano certo dei carri, ma soltanto viandanti a piedi o persone cavalcanti i forti somari della montagna, più alti e robusti dei soliti somarelli delle zone meno accidentate. Un’osservazione che a molti potrà parere inutile, ma che io faccio lo stesso. 
   In Samaria vi sono delle diversità dagli usi degli altri luoghi. Sia  nel  vestire come in tante altre cose. E una è l’abbondanza di cani, insolita altrove, che mi colpisce, come mi ha colpito la presenza di porci nella Decapoli. Molti cani, forse, perché la Samaria ha molti pastori e avrà molti lupi in quei monti così selvaggi. Molti anche perché i pastori in Samaria li vedo per lo più soli, al massimo con un fanciullo, pascolanti il gregge proprio, mentre altrove sono per lo più in molti a tutelare greggi numerose di capi di proprietà di qualche ricco. Fatto è che qui ogni pastore ha il suo cane, o più cani, a seconda del numero di pecore del suo gregge. 
   Un’altra caratteristica sono proprio questi asini quasi alti quanto un cavallo, robusti, atti a scalare questi monti con dei carichi pesanti sul basto, sovente carichi delle legna forti che si trovano su questi magnifici monti coperti di boschi secolari. 
   Altra particolarità: la scioltezza nel modo di fare degli abitanti che, senza essere dei «peccatori», come li giudicavano giudei e galilei, sono aperti, franchi, senza bigotterie, senza tutte quelle storie che hanno gli altri. E ospitali. Questa constatazione mi fa pensare che nella parabola del buon samaritano non ci sia stata soltanto l’intenzione voluta di far risaltare che il buono e il cattivo è da per tutto, in tutti i luoghi e razze, e anche fra eretici ci possono essere dei retti di cuore, ma proprio anche la reale descrizione delle abitudini samaritane verso chi è bisognoso di aiuto. Si saranno fermati al Pentateuco, sento che parlano di questo e non d’altro, ma lo praticano, almeno verso il prossimo, con più dirittura degli altri con i loro seicentotredici codicilli di precetti ecc. ecc.


 2 Gli apostoli parlano col Maestro e, nonostante siano incorreggibilmente israeliti, devono riconoscere e lodare lo spirito che hanno trovato negli abitanti di Sichem i quali, lo comprendo dai discorsi che sento, hanno invitato Gesù a sostare fra di loro. 
   «Hai sentito, eh?», dice Pietro, «come hanno detto chiaramente che sanno l’odio giudeo? Hanno detto: "Per Te e su Te c’è più odio che su noi samaritani per quanti siamo e quanti fummo. Ti odiano senza limite"»
   «E quel vecchio? Come ha detto bene: "È in fondo giusto che sia così, perché Tu non sei un uomo ma sei il Cristo, il Salvatore del mondo, e perciò sei il Figlio di Dio, perché solo un Dio può salvare il mondo corrotto. Perciò, essendo Tu senza limite come Dio, senza limitazioni nel tuo potere, nella tua santità e nel tuo amore, come sarà senza limite la tua vittoria sul Male, così è naturale che il Male e l’Odio, tutt’una cosa col Male, siano senza limiti contro Te". Ha proprio detto bene! E questa ragione spiega tante cose!», dice lo Zelote.
   «Che spiega secondo te? Io... io dico che spiega soltanto che sono degli stolti», dice Tommaso spicciativo. 
   «No. La stoltezza sarebbe ancora una scusante. Ma stolti non sono». 
   «Ebbri allora, ebbri di odio», replica Tommaso. 
   «Neppure. L’ebbrezza cede dopo essersi scatenata. Questo livore non cede». 
   «E sì che più scatenato di così! È tanto che lo è... che ormai avrebbe dovuto cadere». 
   «Amici, esso non ha ancora toccato la mèta», dice Gesù calmo, come se la mèta dell’odio non fosse il suo supplizio. 
   «No?! Ma se non ci lasciano in pace mai?!». 
   «Maestro, essi ancora non si persuadono che ho detto il vero. Ma l’ho detto. Oh! se l’ho detto! E dico anche che, se era per voi, sareste caduti tutti nella trappola come ci cadde il Battista. Ma non riusciranno perché io veglio...», dice l’Iscariota. 
   E Gesù lo guarda. E lo guardo anche io domandandomi, e me lo chiedo da qualche giorno, se la condotta dell’Iscariota è causata da un buono e reale ritorno sulla via del bene e dell’amore per il suo Maestro, una liberazione dalle forze umane e extraumane che lo tenevano, o se sia un più raffinato lavoro di preparazione al colpo finale, un asservimento maggiore ai nemici di Cristo e a Satana. Ma Giuda è un essere talmente speciale che non è decifrabile. Solo Dio può capirlo. E Dio, Gesù, cala un velo di misericordia e di prudenza su tutte le azioni e sulla personalità del suo apostolo... un velo che si lacererà, completamente illuminando tanti perché, ora misteriosi, soltanto quando saranno aperti i libri dei Cieli. 

 3 Gli apostoli sono talmente preoccupati dall’idea che l’odio dei nemici non ha ancora raggiunto il suo termine, che non parlano più per qualche tempo. Poi Tommaso si rivolge ancora allo Zelote dicendo: «E allora, se non sono ebbri né stolti, se il loro odio spiega tante cose e non questa, che spiega allora? Che sono? Non lo hai detto...». 
   «Che sono? Dei posseduti. Ciò che dicono di Lui essi sono. Questo spiega il loro accanimento che non
conosce sosta, che anzi sempre più cresce più si appalesa la sua potenza. Ha detto bene quel samaritano. In Lui, Figlio del Padre e di Maria, Uomo e Dio, è l’Infinità di Dio, e infinito è l’Odio che a questa Infinità perfetta si oppone, anche se nel suo essere senza limite l’Odio non è perfetto, perché solo Dio è perfetto nelle sue azioni. Ma se l’Odio potesse toccare l’abisso della perfezione, esso scenderebbe a toccarlo, si precipiterebbe a toccarlo anzi, per rimbalzare poi, per la veemenza stessa della sua caduta nell’abisso d’inferno, contro il Cristo, a ferirlo con tutte le armi strappate all’abisso infernale. Il firmamento, regolato da Dio, ha un solo sole. Esso si alza e raggia e scompare lasciando il posto al sole più piccolo che è la luna, e questa, dopo aver raggiato a sua volta, tramonta per cedere il posto al sole. Gli astri molto insegnano agli uomini, perché essi si assoggettano ai voleri del Creatore. Ma gli uomini no. E un esempio è questo, di questo voler opporsi al Maestro. Che accadrebbe se la luna in un’aurora dicesse: "Non voglio scomparire e torno per la via già fatta"? Certo che cozzerebbe contro al sole con orrore e danno di tutto il creato. Essi questo vogliono fare, credendo di poter frantumare il Sole...». 
   «È la lotta delle Tenebre contro la Luce. La vediamo ogni giorno nelle albe e nelle sere. Le due forze che si contrastano, che prendono a vicenda il dominio sulla Terra. Ma le tenebre sono sempre vinte, perché assolute non sono mai. Un poco di luce emana sempre, anche nella notte più priva d’astri. Pare che l’aria da se stessa la crei negli infiniti spazi del firmamento e l’effonda, anche se limitatissima, a far persuasi gli uomini che gli astri non sono spenti. E io dico che ugualmente, in queste particolari tenebre del Male contro la Luce che è Gesù, sempre, nonostante ogni sforzo delle Tenebre, la Luce sarà a confortare chi crede in Essa», dice Giovanni sorridendo al suo pensiero, raccolto in se stesso come se monologasse. 
   Il suo pensiero viene raccolto da Giacomo d’Alfeo. «Nei Libri il Cristo è detto "Stella del mattino". Una notte dunque Egli pure conoscerà, e - spavento mio! - noi pure la conosceremo, una notte, un tempo in cui non parrà forte la Luce, ma vittoriose le Tenebre. Ma, posto che Egli è detto Stella del mattino in modo che esclude un limite nel tempo, io dico che dopo la momentanea notte Egli sarà Luce mattutina, pura, fresca, verginale, rinnovante il mondo, simile a quella che successe al Caos nel primo giorno. Oh! sì. Il mondo sarà ricreato nella sua Luce». 
   «E maledizione sarà sui reprobi che avranno voluto alzare le mani a colpire la Luce ripetendo gli errori già fatti, da Lucifero ai profanatori del popolo santo. Jeovè lascia libero l’uomo nelle sue azioni. Ma, per amore dell’uomo stesso, non permetterà che l’Inferno prevalga», termina Giuda d’Alfeo. 

 4 «Oh! meno male che, dopo tanto sopore di spiriti, per cui tutti sembravamo come ottusi e tardi per vecchiezza precoce, la sapienza rifiorisce sulle nostre labbra! Non sembravamo più noi! Ora ritrovo lo Zelote, e Giovanni, e i due fratelli di un tempo!», dice l’Iscariota felicitandosi. 
   «Non mi pare che fossimo cambiati tanto da non parere più noi», dice Pietro. 
   «Se lo eravamo! Tutti. Tu per il primo. E poi Simone e gli altri, me compreso. Se uno c’era che era su per giù quello di sempre, era Giovanni». 
   «Uhm! Non so proprio in che...». 
   «In che? Taciturni, come stanchi, indifferenti, pensierosi... Mai più si sentiva una delle conversazioni, simili a tante di un tempo, simili a quella di ora, che servono tanto...». 
   «A disputare», dice il Taddeo ricordando come infatti sovente degenerassero in battibecchi. 
   «No. A formarsi. Perché non tutti si è come Natanaele, né come Simone, né come voi di Alfeo, per nascita e sapienza. E chi lo è meno impara sempre da chi lo è più», ribatte l’Iscariota. 

 5 «Veramente... io direi che più che tutto è necessario formarsi in giustizia. E di questa ce ne ha date magnifiche lezioni Simone», dice Tommaso. 
   «Io? Ma tu vedi male. Io sono il più stolto di tutti», dice Pietro. 
   «No. Tu sei quello che più sei cambiato. In questo ha ragione Giuda di Keriot. Non c’è più che ben poco in te del Simone che ho conosciuto io quando venni con voi, e che, perdona, rimase qual era per tanto tempo. Da quando ti ho ritrovato dopo la separazione per le Encenie, tu non hai fatto che trasformarti. Ora sei... sì, lo dico: sei più paterno e nello stesso tempo più austero. Compatisci tutti i tuoi poveri fratelli, mentre prima... E si vede, io almeno vedo, che ciò ti costa. Ma vinci te stesso. E mai come ora, che poco parli e poco rimproveri, ci incuti rispetto...». 
   «Ma amico mio! Tu sei molto buono a vedermi così... Io, meno che l’amore per il Maestro, che mi cresce sempre, non ho proprio cambiato in nulla». 
   «No. Toma ha ragione. Tu sei molto cambiato», confermano in molti. 
   «Mah! voi lo dite...», dice Pietro stringendosi nelle spalle. E aggiunge: «Soltanto il giudizio del Maestro sarebbe sicuro. Ma mi guardo bene dal chiederglielo. Egli sa la mia debolezza e sa che anche una lode mal data potrebbe nuocere al mio spirito. Perciò non mi loderebbe, e farebbe bene. Capisco sempre meglio il suo cuore e il suo sistema, e ne vedo tutta la giustizia». 
   «Perché hai animo retto e perché ami sempre più. Chi ti fa vedere e capire è il tuo amore per Me. Maestro tuo, il vero e più grande Maestro che ti fa capire il tuo Maestro, è l’Amore», dice Gesù che fino a quel momento ha ascoltato e taciuto. 
   «Io credo che... sia anche il dolore che ho dentro...». 

   «Dolore? Perché?», chiedono alcuni. 
   «Eh! per tante cose, che poi, in fondo, sono una sola cosa: tutto quello che soffre il Maestro... e il pensiero di quello che soffrirà. 
 6 Non si può essere più svagati come i primi tempi, svagati come dei fanciulli che non sanno, adesso che si conosce di cosa sono capaci gli uomini e come si deve soffrire per salvarli. Ohilà! Credevamo tutto facile nei primi tempi! Credevamo che bastasse presentarsi perché gli altri venissero dalla nostra parte! Credevamo che conquistare Israele e il mondo fosse come... gettare una rete su un fondo pescoso. Poveri noi! Io penso che, se non ci riesce Lui a far buona preda, noi non ne faremo nessuna. Ma questo è niente ancora! Io penso che essi sono cattivi e lo fanno soffrire. E credo che questo sia il motivo del nostro cambiamento in generale...». 
   «È vero. Per la mia parte, è vero», conferma lo Zelote. 
   «Anche per me. Anche per me», dicono gli altri. 
   «Io è tanto che ero inquieto per questo e ho cercato di... avere buoni aiuti. Ma mi hanno tradito... e voi non mi avete capito... E io non ho capito voi. Credevo che foste così come siete per stanchezza dello spirito, per sfiducia, per delusione...», confessa l’Iscariota. 
   «Io non ho mai sperato umane gioie e perciò non sono deluso» , dice lo Zelote. 
   «Io e mio fratello lo vorremmo vittorioso, ma per sua gioia. Lo abbiamo seguito per amor di parenti prima che di discepoli. Lo abbiamo sempre seguito sino da fanciulli, Egli il più piccolo per età di noi fratelli, ma tanto più grande sempre di noi...», dice Giacomo con la sua ammirazione sconfinata per il suo Gesù. 
   «Se un dolore abbiamo è che non tutti noi della parentela lo amiamo nello spirito e col solo spirito. Ma non siamo i soli in Israele ad amarlo male», dice il Taddeo. 


 7 Giuda Iscariota lo guarda e forse parlerebbe, ma è distratto da un grido che li raggiunge da un poggetto che sovrasta il paesino che stanno costeggiando cercando la via per entrarvi. 
   «Gesù! Rabbi Gesù! Figlio di Davide e Signore nostro, abbi pietà di noi». 
   «Dei lebbrosi! Andiamo, Maestro, altrimenti il paese accorrerà e ci tratterrà fra le sue case», dicono gli apostoli. 
   Ma i lebbrosi hanno il vantaggio di essere più avanti di loro, alti sulla via, ma almeno a un cinquecento metri dal paese, e scendono zoppicando sulla via e corrono verso Gesù ripetendo il loro grido. 
   «Entriamo nel paese, Maestro. Essi non vi possono entrare», dicono alcuni apostoli, ma altri ribattono: «Già delle donne si affacciano a guardare. Se entriamo sfuggiremo i lebbrosi, ma non di esser conosciuti e trattenuti». 
   E mentre sono incerti sul da farsi, i lebbrosi si fanno sempre più vicini a Gesù che, incurante dei ma e dei se dei suoi apostoli, ha proseguito per la sua strada. E gli apostoli si rassegnano a seguirlo, mentre donne coi bambini alle gonnelle e qualche uomo vecchio rimasto in paese vengono a vedere, stando a prudente distanza dai lebbrosi, che però si fermano a qualche metro da Gesù e ancora supplicano: «Gesù, abbi pietà di noi!».
   Gesù li contempla un istante; poi, senza accostarsi a questo gruppo di dolore, chiede: «Siete di questo paese?». 
   «No, Maestro. Di luoghi diversi. Ma quel monte, dove stiamo, dall’altra parte guarda sulla via per Gerico, ed è buono per noi quel luogo...».
   «Andate allora al paese vicino al vostro monte e mostratevi ai sacerdoti». 
   E Gesù riprende a camminare spostandosi sul ciglio della via per non sfiorare i lebbrosi, che lo guardano avvicinare senza avere altro che uno sguardo di speranza nei poveri occhi malati. E Gesù, giunto alla loro altezza, alza la mano a benedire. 
   La gente del paese, delusa, ritorna nelle case... I lebbrosi si inerpicano di nuovo sul monte per andare verso la loro grotta o verso la via di Gerico. 
   «Hai fatto bene a non guarirli. Non ci avrebbero più lasciati andare quelli del paese...». 
   «Sì, e bisognerebbe giungere ad Efraim prima di notte». 


 8 Gesù cammina e tace. Il paese ormai è nascosto alla vista dalle curve della via molto sinuosa, perché segue i capricci del monte ai piedi del quale è tagliata. 

   
Ma una voce li raggiunge: «Lode al Dio altissimo e al suo vero Messia. In Lui è ogni potenza, sapienza e pietà! Lode al Dio altissimo che in Lui ci ha concesso la pace. Lodatelo, uomini tutti dei paesi di Giudea e di Samaria, della Galilea e dell’Oltre Giordano. Sino alle nevi dell’altissimo Hermon, sino alle arse petraie dell’Idumea, sino alle arene bagnate dalle onde del Mar Grande risuoni la lode all’Altissimo ed al suo Cristo. Ecco compita la profezia di Balaam. (Numeri 24, 15-19. Le citazioni che seguono sono da: 1 Re 13, 1-5; 2 Re 1, 15-16). La Stella di Giacobbe splende sul cielo ricomposto della patria riunita dal vero Pastore. Ecco anche compiute le promesse fatte ai patriarchi! Ecco, ecco la parola di Elia che ci amò. Uditela, o popoli di Palestina, e comprendetela. 
     Più non si deve zoppicare da due parti, ma scegliere si deve per luce di spirito, e se lo spirito sarà retto bene sceglierà. Questo è il Signore, seguitelo! Ah! che finora fummo puniti perché non ci siamo sforzati a comprendere! L’uomo di Dio maledisse il falso altare profetando: "Ecco, nascerà dalla casa di Davide un figlio chiamato Jeosciuè, il quale immolerà sopra l’altare e consumerà ossa di Adamo. E l’altare allora si squarcerà fin nelle viscere della Terra e le ceneri dell’immolazione si spargeranno a settentrione e mezzogiorno, a oriente e là dove tramonta il sole". Non vogliate fare come lo stolto Ocozia, che mandava a consultare il dio di Acaron mentre l’Altissimo era in Israele. Non vogliate essere inferiori all’asina di Balaam (Numeri 22, 20-35), la quale per il suo ossequio allo spirito di luce avrebbe meritato la vita, mentre sarebbe caduto percosso il profeta che non vedeva. Ecco la Luce che passa fra noi. Aprite gli occhi, o ciechi di spirito, e vedete», e uno dei lebbrosi li segue sempre più da vicino, anche sulla via maestra ormai raggiunta, indicando Gesù ai pellegrini. 
   Gli apostoli, seccati, si volgono due o tre volte intimando al lebbroso, perfettamente guarito, di tacere.    E lo minacciano quasi l’ultima volta. 
   Ma egli, cessando per un momento di alzare così la voce per parlare a tutti, risponde: «E che volete, che io non glorifichi le grandi cose che Dio mi ha fatto? Volete che io non lo benedica?». 
   «Benedicilo in cuor tuo e taci», gli rispondono inquieti. 
   «No, che non posso tacere. Dio mette le parole sulla mia bocca», e riprende forte: «Gente dei due luoghi di confine, gente che passate per caso, fermatevi ad adorare Colui che regnerà nel nome del Signore. Io deridevo tante parole (Isaia 11-12). Ma ora le ripeto perché le vedo compiute. Ecco muoversi tutte le genti e venire giubilando al Signore per le vie del mare e dei deserti, per i colli e i monti. E anche noi, popolo che abbiamo camminato nelle tenebre, andremo alla gran Luce che è sorta, alla Vita, uscendo dalla regione di morte. Lupi, leopardi e leoni quali eravamo, rinasceremo nello Spirito del Signore e ci ameremo in Lui, all’ombra del Germoglio di Jesse divenuto cedro, sotto il quale si accampano le nazioni raccolte da Lui ai quattro punti della Terra. Ecco, viene il giorno in cui la gelosia di Efraim avrà fine, perché non c’è più Israele e Giuda, ma un solo Regno: quello del Cristo del Signore. Ecco, io canto le lodi del Signore che mi ha salvato e consolato. Ecco, io dico: lodatelo e venite a bere la salvezza alla fonte del Salvatore. Osanna! Osanna alle grandi cose che Egli fa! Osanna all’Altissimo che ha messo in mezzo agli uomini il suo Spirito rivestendolo di carne, perché divenisse il Redentore!». 
   
È inesauribile. 


 9 La gente aumenta, si affolla, ingombra la via. Chi era indietro accorre, chi era avanti torna indietro. Quelli di un piccolo paese, presso il quale sono ormai, si uniscono ai passanti. 
   «Ma fallo tacere, Signore. Egli è il samaritano. Lo dice così la gente. Non deve parlare di Te, se Tu non permetti neppure che noi ti si preceda più predicandoti!», dicono inquieti gli apostoli. 
   «Amici miei, ripeto le parole di Mosè a Giosuè figlio di Num (Numeri 11, 26-30), che si lamentava perché Eldad e Medad profetavano negli accampamenti: "Sei tu geloso per me, in mia vece? Oh! profetasse così tutto il popolo, e il Signore desse a tutti il suo spirito!". Ma pure mi fermerò e lo congederò per farvi contenti». 
   E si ferma voltandosi e chiamando a sé il lebbroso guarito, che accorre e si prostra dinanzi a Gesù baciando la polvere. 

   
«Alzati. E gli altri dove sono? Non eravate in dieci? Gli altri nove non hanno sentito bisogno di ringraziare il Signore. E che? Su dieci lebbrosi, dei quali uno solo era samaritano, non si è trovato altro che questo straniero che sentisse il dovere di tornare indietro a rendere gloria a Dio, prima di rendere se stesso alla vita e alla famiglia? Ed egli è detto "samaritano". Non più ubbriachi sono allora i samaritani, posto che vedono senza traveggole e accorrono sulla via di Salute senza barcollare? Parla dunque la Parola un linguaggio straniero se lo intendono gli stranieri e non quelli del suo popolo?». 
   Gira gli splendidi occhi sulla folla di ogni luogo della Palestina che si trova presente. E sono insostenibili nei loro balenii quegli occhi... Molti chinano il capo e spronano le cavalcature o si danno a camminare allontanandosi... 
10 Gesù china gli occhi sul samaritano inginocchiato ai suoi piedi, e lo sguardo si fa dolcissimo. Alza la mano, che teneva abbandonata lungo il fianco, in un gesto di benedizione e dice: «Alzati e vattene. La tua fede ha salvato in te più ancora della tua carne. Procedi nella luce di Dio. Va’»
   L’uomo bacia nuovamente la polvere e prima di alzarsi chiede: «Un nome, Signore. Un nome nuovo, perché tutto è nuovo in me, e per sempre». 
   «In che terra ci troviamo?». 
   «In quella d’Efraim». 
   «Ed Efrem chiamati da ora in poi, perché due volte la Vita ti ha dato vita. Va’».
   E l’uomo si alza e va. 
   La gente del luogo e qualche pellegrino vorrebbero trattenere Gesù. Ma Egli li soggioga con il suo sguardo che non è severo, anzi è molto dolce nel guardarli, ma che deve sprigionare una potenza, perché nessuno fa un gesto per trattenerlo. 

   E Gesù lascia la via senza entrare nel paesino, traversa un campo, poi un piccolo rio e un sentiero, e sale sul poggio orientale, tutto boscoso, e si inselva con i suoi dicendo: «Per non smarrirci seguiremo la via, ma stando nel bosco. Dopo quella curva, la strada si appoggia a questo monte. Vi troveremo qualche grotta per dormire, superando all’alba Efraim...».
AVE MARIA