venerdì 30 dicembre 2022

Sant'Antonio da Padova.

 

Pellicola fedele alla storia

https://www.youtube.com/watch?v=CyQSgXKs1i4

12.176 visualizzazioni • 19 giu 2009I Grandi Santi 

Parafrasi del "Padre Nostro" -

 


O santissimo Padre nostro: creatore,

redentore, consolatore e salvatore nostro.

Che sei nei cieli negli angeli e nei santi,
illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce;
infiammandoli all'amore, perché tu, Signore, sei amore;
ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine,
perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno,
dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.

Sia santificato il tuo nome:
si faccia luminosa in noi la conoscenza di te,
affinché possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici,
l'estensione delle tue promesse,
la sublimità della tua maestà
e la profondità dei tuoi giudizi.

Venga il tuo regno
perché tu regni in noi per mezzo della grazia
e ci faccia giungere nel tuo regno,
ove la visione di te è senza veli,
l'amore di te è perfetto,
la comunione di te è beata,
il godimento di te senza fine.

Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra
affinché ti amiamo con tutto il cuore sempre pensando a te;
con tutta l'anima, sempre desiderando te;
con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni
e in ogni cosa cercando il tuo onore;
e con tutte le nostre forze,
spendendo tutte le energie e sensibilità dell'anima e del corpo
a servizio del tuo amore e non per altro;
e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi,
trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore,
godendo dei beni altrui come dei nostri
e nei mali soffrendo insieme con loro
e non recando nessuna offesa a nessuno.

Il nostro pane quotidiano il tuo Figlio diletto,
il Signore nostro Gesù Cristo,
dà a noi oggi:
in memoria, comprensione e reverenza dell'amore
che egli ebbe per noi e di tutto quello
che per noi disse, fece e patì.

E rimetti a noi i nostri debiti
per la tua ineffabile misericordia,
per la potenza della passione del tuo Figlio diletto
e per i meriti e l'intercessione della beatissima Vergine
e di tutti i tuoi eletti.

Come noi li rimettiamo ai nostri debitori:
e quello che non sappiamo pienamente perdonare,
Tu, Signore, fa' che pienamente perdoniamo,
sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici
e devotamente intercediamo presso di te,
non rendendo a nessuno male per male
e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti.

E non ci indurre in tentazione :
nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.
Ma liberaci dal male passato, presente e futuro.

 Expositio in Pater Noster

http://www.amicifrancescani.it/padrenostro.htm

Un po' di storia dei Papi del 1200

I PAPI DI SAN FRANCESCO E SANTA CHIARA

INNOCENZO III (Papa dal 22/02/1198 al 16/07/1216)
Nato a Gavignano, è uno dei papi più illustri della Chiesa. Ristabilì a Roma e davanti all'impero l'autorità Papale, diventando guida e arbitro della Cristianità. Rimangono di lui molte opere e una ricchissima raccolta di Lettere.
Innocenzo III, nato Lotario dei Conti di Segni (Gavignano1160 - Perugia16 luglio 1216), fu papa dal 1198 alla sua morte.Nato nel castello di Gavignano, tra Roma ed Anagni, era figlio di Trasimondo Conti, conte di Segni e nipote di Papa Clemente III. Suo padre fu membro del famoso casato dei Conti, dal quale provengono nove papi, tra cui Gregorio IXAlessandro IV e Innocenzo XIII; sua madre, Clarissa, apparteneva alla nobile famiglia romana degli Scotti.Compì i suoi studi a Roma, poi teologia a Parigi presso Pietro di Corbeil e quindi diritto canonico a Bologna presso Uguccione da Pisa. Era considerato un intellettuale ed uno dei più grandi avvocati di diritto canonico dei suoi tempi.Dopo la morte di papa Alessandro III tornò a Roma, dove ebbe incarichi durante i brevi pontificati di Lucio IIIUrbano IIIGregorio VIII e Clemente III, raggiungendo il rango di cardinale-diacono nel 1190. Durante il pontificato di Celestino III (1191-1198), un membro del casato degli Orsini, nemici dei conti di Segni, lasciò Roma per vivere ad Anagni, dove scrisse il famoso libro "De contemptu mundi".Celestino III morì l'8 gennaio 1198 per complicazioni causate dalla sifilide.
Il giorno stesso si riunì il conclave e Lotario de' Conti venne eletto papa, scegliendo il nome di Innocenzo III, a soli trentasette anni. In quel periodo il papato era molto poco considerato, stretto dal conflitto con il Sacro Romano Impero e le potenti famiglie romane che avevano con il Senato limitato notevolmente l'autorità pontificia. Innocenzo III dimostrò subito che le cose erano cambiate. L'unico senatore in carica fu rimosso e sostituito da un uomo di sua fiducia. Tale azione che in passato avrebbe causato la rivolta della popolazione romana, in tale circostanza non ebbe nessun ostacolo. Poi sostituì i giudici che erano quasi tutti esponenti delle potenti famiglie romane, sostituendoli con uomini dell'amministrazione ecclesiastica. Emerse subito la concezione fortemente teocratica del pontefice, ancor prima della sua effettiva incoronazione avvenuta il 22 febbraio. Sul versante dell'Impero c'era il vantaggio che in quel momento il trono imperiale era vacante dalla morte di Enrico VI nel 1197, e nessun successore era ancora stato individuato. Innocenzo III seppe usare l'autorità per riprendere il potere pontificio nell'Italia meridionale. Inoltre Innocenzo III richiese a Marco di Anweiler la restituzione della Romagna e della Marca di Ancona alla Chiesa, e usò le truppe pontificie per far sì che ciò si attuasse. In modo simile, i Ducati di SpoletoAssisi e Sora vennero ripresi al tedesco Conrad von Uerslingen.Nel primo anno di pontificato, dopo aver visitato tutti i suoi territori, ripartì lo Stato della Chiesa in quattro province: Patrimonio di San PietroCampagna e MarittimaMarca anconitana e Ducato di Spoleto.Il Papa approfittò della debolezza di Federico II, che all'epoca aveva quattro anni, per ripristinare il potere papale in Sicilia, domandando all'Imperatrice Costanza, vedova e madre del piccolo Federico II, la restituzione dei privilegi dei Quattro Capitoli, che Guglielmo I di Sicilia aveva precedentemente preso da papa Adriano IV. Solo allora Innocenzo investì Federico II del titolo di re di Sicilia, nel novembre del 1198. Egli cosigliò, inoltre, il giovane re a sposare per opportunità politiche, la vedova di re Emerico d'Ungheria nel 1209.Dopo la morte di Enrico VI nel 1197, i Ghibellini e i Guelfi avevano eletto imperatori differenti: Filippo di Swabia e Ottone di Wittelsbach rispettivamente. Nel 1201 il Papa appoggiò apertamente Ottone IV, annunciando che era stato approvato come re Romano e minacciando di scomunica tutti coloro che si fossero rifiutati di riconoscerlo.Innocenzo III rese chiaro ai principi tedeschi, attraverso il Decreto Venerabilem del maggio 1202, come egli considerasse le relazioni tra Impero e Papato (questo decreto venne in seguito incorporato nel Corpus Juris Canonici). I punti principali del decreto erano: il diritto di decidere se un re fosse degno della corona imperiale apparteneva al papa; in caso di doppia elezione i principi elettori dovevano chiedere al papa di arbitrare o pronunciarsi in favore di uno dei pretendenti.Innocenzo, acclarato che Ottone non era una marionetta facile da manovrare[citazione necessaria], si dichiarò a favore di Filippo nel 1207, e inviò dei Cardinali in Germania per indurre Ottone a rinunciare al trono. Ottone di Wittelsbach uccise Filippo il 21 giugno 1208 e alla Dieta di Francoforte11 novembre 1208, Ottone IV venne riconosciuto Re. Il Papa lo invitò a Roma per ricevere la corona imperiale. Ottone venne incoronato a Roma il 4 ottobre 1209. Prima dell'incoronazione Ottone promise di lasciare alla Chiesa il possesso di Spoleto e Ancona e di garantire la libertà delle elezioni ecclesiastiche; il diritto di appello illimitato per il papa e la competenza esclusiva sulla gerarchia per questioni spirituali; egli promise, inoltre, di aiutare la distruzione dell'eresia (il Patto di Neuss, ripetuto a Speyer, nel 1209).Ma poco dopo essere stato incoronato, Ottone prese Ancona, Spoleto e altre proprietà della Chiesa, dandole poi ai suoi vassalli. Inoltre, invase il Regno di Sicilia. Ottone venne scomunicato il 18 novembre 1210.Il Papa ottenne che la maggioranza dei principi ripudiasse l'Imperatore scomunicato ed eleggesse al suo posto Federico II di Sicilia, alla Dieta di Norimberga, nel settembre del 1211. Federico fece le stesse promesse di Ottone IV, la sua elezione venne ratificata da Innocenzo e fu incoronato ad Aquisgrana il 12 luglio 1215.Ottone si alleò con l'Inghilterra (era nipote di Giovanni Senza Terra) per combattere Filippo Augusto di Francia, ma venne sconfitto nella battaglia di Bouvines nella contea delle Fiandre (ormai in Francia), il 27 luglio 1214, perdendo tutta la sua influenza (morì il 19 maggio 1218) e lasciando Federico II imperatore incontestato.Innocenzo giocò un ruolo importante anche nella politica di Francia, Svezia, BulgariaSpagna e, soprattutto, Inghilterra.Innocenzo fu uno strenuo avversario dell'eresia. Gli eretici dualisti furono scacciati dallo Stato Pontificio ed una campagna contro gli albigensi venne avviata sotto la guida di Simone IV di Montfort. Sotto di lui la Chiesa cattolica si incaricò dell'organizzazione delle Crociate: queste dovevano essere lanciate contro gli eretici sotto la direzione del pontefice ed usate per imporre il governo della Chiesa sui miscredenti. Fu questo il preludio della legittimazione dell'Inquisizione nel 1233: l'eresia doveva essere punita per il bene spirituale dell'individuo e per la conservazione della Chiesa.Nel 1198 Innocenzo iniziò la Quarta crociata, rivolgendosi ai cavalieri e ai nobili in Europa piuttosto che ai re (al tempo Riccardo I d'Inghilterra e Filippo II di Francia erano ancora in guerra e diversi principi tedeschi erano nemici del Papa). L'appello fu ignorato fino al 1200, quando nella Champagne venne finalmente organizzata una crociata che i Veneziani trasformarono nel sacco di Zara nel 1202 e Costantinopoli nel 1204, producendo la temporanea riunificazione delle Chiese ortodosse con la Chiesa cattolica (dopo lo Scisma d'Oriente del 1054). In risposta Innocenzo scomunicò i Veneziani ma, sebbene deplorasse i mezzi, accettò il risultato.Nel novembre del 1215 Innocenzo convocò il IV concilio lateranense (il dodicesimo concilio ecumenico), che decise una crociata generale in Terra Santa (la Quinta Crociata) ed emanò settanta decreti di riforma. Innocenzo morì a Perugia. Venne sepolto nella cattedrale di quella città, dove il suo corpo rimase fino a quando Papa Leone XIII lo fece trasferire al Laterano nel dicembre del 1891.Prima di salire al soglio pontificio scrisse un fortunato opuscolo suddiviso in tre libri dal titolo De miseria humane conditionis, noto anche impropriamente come De contemptu mundi.
ONORIO III (Papa dal 24/07/1216 al 18/03/1227)
Romano, appena eletto convinse i sovrani cattolici a mandare uomini e denaro in Terra Santa. Confermò l'approvazione papale agli ordini mendicanti, fondati da San Domenico e da san Francesco d'Assisi.
Il 18 luglio 1216, diciannove cardinali si riunirono a Perugia (dove Innocenzo era morto due giorni prima) con lo scopo di eleggere un nuovo Papa. Il problematico stato delle cose in Italia, l'atteggiamento minaccioso dei Tartari, e la paura di uno scisma, indussero i cardinali ad accordarsi per un'elezione di compromesso. I cardinali Ugolino da Ostia (futuro papa Gregorio IX) e Guido di Preneste, vennero incaricati di nominare il nuovo Papa. La loro scelta cadde su Cencio Savelli, che accettò la tiara papale con riluttanza e prese il nome di Onorio III. Venne consacrato a Perugia il 24 luglio, incoronato a Roma il 31 agosto, e prese possesso del Laterano il 3 settembre. I fedeli romani furono molto contenti della sua elezione poiché Onorio era romano e grazie alla sua estrema gentilezza ne seppe conquistare il cuore.Come il suo predecessore Innocenzo III, si era prefisso di raggiungere due grandi obiettivi: la riconquista della Terra Santa con la Quinta Crociata e una riforma spirituale dell'intera Chiesa; ma in modo contrastante rispetto al suo predecessore, cercò di conseguire questi risultati con la bontà e l'indulgenza, piuttosto che con la forza e la severità.Onorio III ottenne un po' di fama anche come autore. Il più importante dei suoi scritti è il Liber censuum Romanae ecclesiae, che è la più preziosa fonte riguardo alla posizione della Chiesa medioevale circa la proprietà, e serve inoltre parzialmente come continuazione del Liber Pontificalis. Esso comprende una lista di entrate della sede apostolica, un registro delle donazioni ricevute, dei privilegi garantiti, e dei contratti stipulati con città e governanti. Venne iniziato sotto Clemente III e completato nel 1192 sotto Celestino III. Il manoscritto originale del Liber Censuum esiste ancora (Vaticanus, 8486).Onorio III scrisse inoltre una vita di Celestino III, una vita di Gregorio VII, un "Ordo Romanus", che è una specie di cerimoniale contenente i riti della Chiesa per varie occasioni, e 34 sermoni.
GREGORIO IX (Papa dal 21/03/1227 al 22/08/1241)
Nativo di Anagni, fu monaco camaldolese di San Silvestro al Subasio. Nominato cardinale, si ritirò con San Francesco d’Assisi nel Santo Eremo, ove professò la reclusione, durante la quale il Beato Leonardo gli profetizzò l’elevazione al pontificato. Ciò avvenne il 21 marzo 1227. Sollecitò i principi a una nuova crociata. Durante il suo pontificato cominciarono a inasprirsi le lotte fra Guelfi e Ghibellini. Morì in Roma il 22 agosto 1241 ed in tale anniversario è venerato come “beato” dal Menologio Camaldolese.
Appartenente alla stessa famiglia di Innocenzo III, tanto che alcune fonti lo citano come suo nipote, fu da questi nominato cardinale nel 1198 e di questi era stato legato in Germania per diverse circostanze, durante le quali comunque ebbe modo di conoscere bene l'Imperatore Federico II. Quando era vescovo di Ostia e Velletri, successe a Onorio III deceduto il 18 marzo 1227. Ereditò pienamente la storica tradizione di Gregorio VII e Innocenzo III, dedicandosi con zelo alla continuità della loro linea politica. Viene spesso considerato fondatore dell'Inquisizione, avendone istituito i primi tribunali nel 1231, anche se l'Inquisizione in senso stretto potrebbe essere fatta risalire già a Papa Lucio III nel 1184 (bolla Ad abolendam).Durante il pontificato di Onorio III era stato inviato come legato nell'Italia settentrionale dove era riuscito con autorità a mettere pace tra i diversi Comuni guelfi e ghibellini in lotta tra loro. Grande rispetto dimostrò inoltre nei confronti di San Francesco che sempre protesse; aiutandolo inoltre ad avere da Onorio III l'approvazione della Regola per il nascente OrdineAutorità indiscussa, senso di mediazione, ottima conoscenza di Federico II e parentela con papa Innocenzo III furono i motivi per cui, nonostante l'età, fu eletto rapidamente Papa il 19 marzo 1227. Fu consacrato in San Pietro il 21 marzo con il nome di Gregorio IX. Uno dei primi atti del suo pontificato fu l'invio a Federico II della comunicazione di mantenere la promessa fatta al suo predecessore, di costituire un nuova crociata, la Sesta Crociata, per liberare la Terra Santa, entro l'agosto dello stesso anno. Federico II, sistemate le questioni dell'Impero, invitò i crociati nel luglio a Brindisi, per imbarcarsi; inaspettatamente furono talmente numerosi i crociati che le navi sembrarono insufficienti, mentre gli approvvigionamenti erano realmente scarsi. Lo scoppio di un'epidemia decimò numerosi crociati e lo stesso Imperatore si ammalò. Convinto di poter guarire allontanandosi dall'epidemia, salpò, ma, infine, aggravatasi la sua salute, dovette rientrare in Italia sbarcando subito ad Otranto. Approfittando dell'incidente per indebolire il potere dell'imperatore, Gregorio IX scomunicò Federico II. La scomunica non poteva, tuttavia, esser seguita dalla deposizione, sia perché l'azione meschina del Papa aveva suscitato il malumore tra tutti i sovrani europei, sia perché l'autorità personale di Federico II era superiore alla sua. Federico II intanto si recava a Pozzuoli per rimettersi in salute. Nel dicembre 1227 rispondeva al Pontefice che entro il maggio 1228 avrebbe avviato la crociata; ma il Papa, non volendo ascoltare le sue argomentazioni, ribadì la scomunica per inadempienza del trattato. Fu un gesto inconsulto: pochi giorni dopo, infatti, in occasione di una omelia contro Federico II, la potente famiglia dei Frangipane ed il popolo di Roma si ribellarono e costrinsero il Papa a fuggire dalla città e rifugiarsi prima a Viterbo e poi a Perugia, da dove scomunicò i sudditi ribelli.Profondamente cattolico, Federico II decise di fare la Sesta Crociata. Gli ostacoli furono molti: innanzitutto, in quanto scomunicato, egli non poteva partecipare ad una crociata; in secondo luogo, Gregorio IX fece uccidere dalle città della Lega Lombarda e da mercenari i crociati che provenivano da Nord. Pur limitato nelle forze, nel giugno 1228 si imbarcò a Brindisi diretto ad Acri, in Terra Santa. Qui, dopo esser sfuggito a vari attentato orditi dal Papa tramite i Templari, trovò il Sultano disposto alla mediazione, e nel febbraio 1229 stipulò un trattato che concedeva Gerusalemme ed i luoghi Santi all'Impero; incoronandosi quindi re di Gerusalemme (era, infatti, tale in virtù del matrimonio con Isabella di Gerusalemme, morta qualche anno prima) nella chiesa del Santo Sepolcro, tornò in Italia nel giugno 1229, per domare le insurrezioni dei baroni nel regno di Sicilia e sconfiggere il Papa, che utilizzò il denaro datogli da Federico II, anziché per finanziare la crociata, per muovere guerra contro Federico II ed impossessarsi dei suoi territori. Gregorio IX tornò a Roma nel febbraio 1230, invocato dal popolo, dopo che durante la sua assenza si erano verificati eventi tragici per Roma: un'inondazione terribile del Tevere ed una spaventosa carestia. L'Imperatore, che intanto aveva riportato ordine nel meridione, profondamente cristiano, non voleva continuare a scontrarsi con il Papa, sebbene questi, sconfitto, si comportò come fosse vincitore e, solo dopo molte richieste di Federico II, si stipulò la pace il 23 luglio 1230 a Ceprano , il Papa rimuovette la scomunica. Il tutto fu sigillato dallo storico incontro del 1 settembre tra Gregorio IX e Federico II ad Anagni.Si trattò in realtà di una tregua poiché Federico II non rinunciò mai ad avere un progressivo controllo su tutta il proprio impero, attaccando le città della Lega lombarda per ristabilire i diritti imperiali. La sua autorità fu assoluta e riunì la sacralità all'impero.Il Liber Augustalis del 1234 segnò l'apoteosi di Federico II, che si riconciliò con Gregorio IX grazie alle dure leggi contro gli eretici, che col loro operato minavano le fondamento dell'impero.Un rapporto difficile, sebbene nel 1234, quando Gregorio IX fu nuovamente cacciato da Roma dalle famiglie ghibelline, Federico II accorse in suo aiuto sconfiggendo i ribelli a Viterbo nell'ottobre e vincendoli definitivamente nell'arco di anno, permettendo quindi il rientro del Papa a Roma nell'ottobre 1237. Il Papa si sdebitò scomunicando il figlio di Federico II, Enrico, di appena sedici anni, che si era ribellato al padre, permettendone l'arresto e la sua messa in prigione. L'Imperatore ottenne il controllo del nord Italia sconfiggendo le città ribelli della Lega lombarda a Cortenuova nel 1237; inviò il Carroccio conquistato, a Roma, rinvigorendo il suo prestigio presso il popolo di Roma, che, sempre scontento del duro giogo papale, costrinse di nuovo il Papa ad abbandonare Roma alla volta di Anagni nel luglio 1238. Il conflitto tra guelfi e ghibellini romani si risolse con la vittoria dei guelfi ed il ritorno del Papa a Roma nell'ottobre dello stesso anno. Federico II sfidava ora apertamente il Papa, aizzando i Romani ghibellini con l'invio del Carroccio, impedendo le nomine vescovili e imprigionando i legati pontifici. Inoltre conferì al figlio Enzo che aveva sposato la vedova del giudice di Torres e Gallura, il titolo di Re di Sardegna, aumentando le ostilità col lussurioso pontefice. A questo punto Gregorio IX poté di nuovo lanciare la scomunica a Federico II la Domenica delle Palme del 1239; una scomunica che aveva sempre come pretesco la Sicilia e che, al contrario, riguardava esclusivamente la Lombardia. Da qui in poi si aprì un chiaro conflitto tra Papato ed Impero, ma appariva chiaro alla Cristianità che Federico era il vero unto del Signore, il Messia, mentre Gregorio IX figlio di Satana, così che perse l'appoggio di tutte le potenze laiche ed ecclesiastiche. L'Imperatore, tenuto a difendere l'impero dal papa eretico - in quanto alleato con gli eretici lombardi - cominciò a conquistare possedimenti dello Stato Pontificio con l'intento di isolare progressivamente Roma. Gregorio IX chiese aiuto a Venezia chiedendogli l'invasione da sud delle Puglie e convocò a Roma un concilio ecumenico per la Pasqua del 1241 con il solo scopo di deporre l'imperatore. La partenza sarebbe avvenuta a fine aprile del 1241 da Genova, ma le deboli navi equipaggiate da Gregorio IX furono bloccate tra le isole di Montecristo e del Giglio, imprigionando gli alti prelati. Gregorio IX rimase cocciuto e nemmeno il pericolo mongolo lo indusse a riappacificarsi con Federico II; l'impero era in pericolo, ma Federico II non poteva lasciare l'Italia, ben ricordando la viltà del pontefice durante la crociata del 1228.Nel frattempo Gregorio IX bandì una crociata con partenza da Lione nel 1240, ma, a causa dell'alleanza con Venezia, fece sabotare qualsiasi partenza per la Terrasanta e proibì la lotta contro i saraceni. Solo Federico II credeva in Gerusalemme, in preda ai contrasti tra Giovanniti e Templari, e aiutò con tutti i mezzi i crociati a partire dalla Puglia.Sembrava prossima l'invasione di Roma quando il 22 agosto 1241 Gregorio IX moriva improvvisamente anche se ad un'età ragguardevole. Coli che aveva lottato contro l'Augusto, non avrebbe passato agosto e la giustizia divina si scagliò contro il papa eretico. Federico II Roma lasciò l'assedio.Un Pontefice ambiguo: da una parte, i suoi legami con San Francesco d'Assisi; dall'altra, la sua sete di potere e di ricchezza, la sua malafede e corruzione, l'uccisione di molti crociati, l'istituzione dei tribunali dell'Inquisizione.
CELESTINO IV (Papa dal 28/10/1241 al 10/11/1241)
Nato a Milano, la sua elezione avvenne in un clima incandescente, che si protrasse per alcune settimane. Eletto alla fine dell'ottobre 1241 e morì, dopo soli 17 giorni, il 10 novembre dello stesso anno.Celestino IV (25 ottobre - 10 novembre 1241) è Goffredo di Castiglione, un nobile milanese figlio di Giovanni Castiglioni e di Cassandra Crivelli e quindi nipote di papa Urbano III (Uberto Crivelli, 1185-87). Già vescovo e cardinale di Sabina, con il titolo di S. Marco; era stato un monaco cistercense nel monastero di Altacomba, dove aveva scritto una storia del regno di Scozia; e che nel 1228 aveva introdotto l'inquisizione a Milano. Alla morte di Gregorio IX (22 agosto 1241) il collegio dei cardinali, diviso fra favorevoli ed ostili all’Imperatore, stentava a trovare la maggioranza dei due terzi, prevista dal Terzo concilio lateranense nel decretale “Licet de vivanda”. Il sacro collegio era appunto diviso e molti volevano eleggere il cardinale Romano, acerrimo nemico di Federico II. Dopo quasi un mese di vane attese, il senatore Matteo Rosso Orsini, autoritario e decisionista prefetto di Roma, rinchiuse i dieci cardinali riuniti nel Settizonio, sul colle Palatino, un rudere di un edificio spettacolare voluto dall’imperatore romano Settimio Severo (193-211). In un clima torrido ed in condizioni igieniche precarie, inusuali per nobili ed anziani cardinali, (uno di loro, l’inglese Roberto di Somercote già malato, morirà durante il conclave stesso) si realizza così il primo vero conclave della storia. Non riuscendo una parte a prevalere sull'altra, l'accordo andò su un uomo di transizione, Goffredo Castiglione. I cardinali elettori esausti per il durissimo conclave non attesero neanche la consacrazione e si allontanarono da Roma, forse temendo ciò che poi effettivamente accadde. Celestino IV forse già seriamente malato, aggravatosi probabilmente per le conseguenze del conclave, muore senza essere effettivamente consacrato, senza emblema e senza sigilli dopo solo 17 giorni dalla nomina. Secondo i "Gesta Treverorum" Goffredo morì "avvelenato. Perciò i cardinali lasciarono la santa chiesa per molti giorni priva di un capo e come deserta, perché temevano una fine simile". Questo accadde mentre l'esercito dell'imperatore Federico II, colpito da scomunica nel 1239, cingeva d'assedio Roma. Si tratta di una circostanza rilevante da associare alla fulminea vicenda di questo papa. Infatti, a seguito del conflitto che s'era prodotto nella disputa su chi avesse più potere tra Chiesa e Impero, l'elezione del successore fu cosa assai controversa e complessa, ed il papato, dopo Celestino IV, restò con la sede vacante per quasi due anni. Alla fine, dopo minacce, arresti e ricatti, compreso il tradimento del cardinale Giovanni Colonna e la scarcerazione di Giacomo da Palestrina, ad Anagni, dove si erano rifugiati i cardinali, viene eletto il nuovo pontefice Innocenzo IV (1243-1254), al secolo Sinibaldo Fieschi genovese della famiglia dei conti di Lavagna.
INNOCENZO IV (Papa dal 28/06/1243 al 07/12/1254)
Genovese, fu eletto ad Anagni. Il suo pontificato fu segnato dai gravi dissidi con l'imperatore Federico II, che fu scomunicato durante il concilio di Lione, dove il papa si era rifugiato.
Il suo nome era Sinibaldo Fieschi nato a Genova in una data imprecisata intorno al 1195 ed appartenente alla nobile famiglia genovese dei Fieschi. Venne educato a Parma e a Bologna e divenne uno dei migliori canonisti dell'epoca. Nel 1226 è menzionato come uditore della Curia. Creato Cardinale da Papa Gregorio IX il 23 settembre 1227 con il titolo di S. Lorenzo in Lucina. Il 28 luglio fu vice-cancelliere di Roma. Nel 1235 divenne Vescovo di Albenga e legato per l'Italia del Nord. Fu tra gli otto cardinali che vissero il pesante conclave del 1241 che portò all'elezione di Papa Celestino IV, nel quale non trovandosi l'accordo tra gregoriani e filo-imperiali, si elesse appunto un uomo molto anziano e già malato che morì dopo diciasette giorni dall'elezione. Si era in piena guerra tra il Sacro Romano Impero e lo Stato della Chiesa e le rispettive fazioni dei ghibellini e dei guelfi. Passarono due anni prima di una nuova elezione per le precarie condizioni di sicurezza in cui viveva la città di Roma, sempre minacciata da un possibile assedio dell'esercito dell'Imperatore Federico II, e per i numerosi tentativi che gli otto cardinali fecero per ottenere la liberazione dei due cardinali fatti prigionieri dall'imperatore. Gli otto cardinali si riunirono nel febbraio 1242 ad Anagni e dopo molte trattative riuscirono a far rilasciare i due prigionieri, con l'accordo del loro ritorno in prigionia al termine dell'elezione. Il Sacro Collegio poté quindi riunirsi nel giugno 1243. Sinibaldo Fieschi fu eletto all'unanimità pontefice il 25 giugno 1243 ad Anagni grazie anche all'avallo di Federico II, fiducioso che un esponente della potente famiglia ghibellina, i Fieschi, fosse più arrendevole alle sue mire espansionistiche. Fu consacrato ad Anagni il 28 giugno con il nome di Innocenzo IV in chiaro riferimento alla linea politica di Innocenzo III. Federico, di stanza a Melfi, gli inviò una lettera di felicitazione, elogiando la sua famiglia. Lo scontro tra Papa ed Imperatore comunque continuò, non avendo Innocenzo IV nessun timore per il sovrano tedesco nonostante l'inferiorità militare ed intenzionato a riavere i territori che Federico aveva conquistato in precedenza. Si narra che alla notizia della sua elezione Federico II intuendo che un Papa non poteva che difendere gli interessi della Chiesa, disse di aver perso l'amicizia di un cardinale e guadagnato l'inimicizia di un Papa. Si aprirono subito dei negoziati: il Papa inviò una delegazione guidata dal cardinale Ottone con la richiesta di rilasciare tutti i prelati imprigionati, ricordando la scomunica ancora attiva, ed invitando Federico a rientrare nella Chiesa. L'imperatore poneva condizioni e si lamentava di non voler trattare le questioni relative ai comuni lombardi. Accadde poi durante queste trattative un episodio che portò ulteriore conflitto; il cardinale Ranieri, biasimato per questo dallo stesso pontefice, fomentò una rivolta contro Federico nella città ghibellina di Viterbo. Federico pose sotto assedio la città, ma non riuscì a conquistarla. Si addivenne quindi alla pace stipulata in Laterano il 31 marzo 1244. L'imperatore si impegnava a restituire i prigionieri ed alcuni dei territori della Stato Pontificio, ma nulla veniva stabilito sui diritti imperiali nei confronti dei comuni lombardi. Quando i delegati imperiali giunti dal Papa chiesero a quali penitenze doveva sottostare Federico per vedersi annullata la scomunica, il Papa richiese l'immediata restituzione di tutti i territori da lui usurpati allo Stato della Chiesa. Federico ovviamente non accettò, si dichiarò disposto a cedere solo una parte di tali territori, e solo dopo la revoca della scomunica. Essendo di stanza a Terni invitò il Papa a Narni per colloqui diretti. Probabilmente vi era una trappola tesa al pontefice, ed una voce giunse allo stesso Innocenzo IV che quindi spaventato, durante il viaggio verso Narni, cambiò direzione andando frettolosamente a Civitacastellana e da qui a Civitavecchia da dove salpò per Genova. Colpito da malore durante il viaggio, rimase tre mesi nel convento di S. Andrea presso Genova per rimettersi in forze; quindi si portò a Lione. Qui convocò un concilio generale che si riunì nel 1245 con l'unico obiettivo di scomunicare Federico, sciogliere i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà e riprendere tutti i possedimenti imperiali. Al Concilio di Lione che iniziò il 28 giugno 1245 l'Imperatore fu rappresentato da Taddeo di Sessa che offrì a nome dell'Imperatore la restituzione di altri territori pur di evitare la scomunica, ma Innocenzo IV non accettò e nella seconda convocazione del 5 luglio 1245, portò nuove accuse all'Imperatore e nella terza convocazione del 17 luglio lo scomunicò. La scomunica fece notevole scalpore in tutta Europa. Essa comportava automaticamente la destituzione e quindi i principi germanici si riunirono per eleggere un nuovo imperatore. Questo fu fatto nella persona di Enrico Raspe, margravio di Turingia il 22 maggio 1246. Molti principi comunque si erano astenuti e quelli fedeli a Federico non lo riconobbero come re. Subito Corrado figlio dell'imperatore tentò di vincere Enrico Raspe militarmente, ma fu sconfitto a Francoforte il 5 agosto. Pochi mesi dopo però, il 17 febbraio 1247 Enrico Raspe moriva. Alcuni mesi dopo i principi tedeschi elessero imperatore Guglielmo d'Olanda. Nel regno delle due Sicilie nel frattempo dominava il caos, mentre Federico II vagava nell'Italia settentrionale con il figlio Enzo ed il feroce Ezzelino III da Romano guerreggiando contro i Comuni che non accettavano la sua supremazia. Parma ad esempio fu passata a ferro e fuoco; ma la città parmense si dimostrò indomabile e si rivoltò fino ad attaccare la stessa tendopoli dell'imperatore poco fuori la città, il 18 febbraio 1248; Federico a stento poté mettersi in salvo e riparare a Cremona, mentre trovava la morte Taddeo di Sessa. Il 26 maggio 1249 attaccando Bologna nella battaglia di Fossalta, suo figlio Enzo fu fatto prigioniero dai bolognesi che lo misero in stretta prigionia fino alla morte. Ezzelino III da Romano invece otteneva con la sua ferocia molte vittorie sempre nel nord-Italia. Federico dopo la sconfitta contro Bologna si portò a sud. Qui il partito ghibellino filo-imperiale era ormai esiguo e Federico si sentì sempre più isolato, tanto da sospettare anche delle persone che lo circondavano. Sembra che giunse ad accusare di tradimento anche il suo stretto collaboratore, il cancelliere Pier delle Vigne che fece prima accecare e poi mettere in prigione; qui costui però si suicidò. Dante Alighieri lo descriverà nel XIII canto dell'Inferno ritenendo il tradimento non vero. Il 13 dicembre 1250 Federico II all'età di cinquantasei anni moriva di febbre intestinale a Castel Fiorentino in Puglia, con grande esultanza del suo avversario Innocenzo IV; come del resto egli aveva gioito alla morte del Papa Gregorio IX. Il sogno di ricreare un grande impero che andava dalla Germania all'Italia meridionale era fallito miseramente, con lo stato pontificio ed i comuni italiani non disposti a cedere le loro autonomie. Innocenzo IV lasciò Lione dopo la Pasqua del 1251 ed a novembre si portò a Perugia dove rimase oltre un anno. Doveva ora affrontare gli eredi di Federico: Corrado IV figlio legittimo in Germania e Manfredi in Puglia, il figlio nato dalla relazione con la contessa Bianca Lancia. Nell'ottobre 1251 Corrado IV scese in Italia invitato a Verona da Ezzelino da Romano, e si portò in Sicilia dove Manfredi gli consegnò simbolicamente la sovranità sul regno, trattanendo per se il principato di Taranto. Il Papa non accettò che uno svevo potesse di nuovo avere la sovranità in Italia, e cominciò a contattare diversi possibili candidati. Dapprima Riccardo di Cornovaglia fratello di Enrico III di Inghilterra, poi Carlo d'Angiò fratello di Luigi IX di Francia; infine il cardinale Ottobono Fieschi suo nipote e futuro Papa Adriano V riuscì a stipulare un patto con Enrico III d'Inghilterra sulla persona del principe Edmondo allora di soli nove anni. Nell'aprile 1254 scomunicò Corrado IV accusato di aver commesso gravi sopprusi contro la Chiesa; Innocenzo IV conferì ufficialmente l'investitura del feudo della Sicilia al principe inglese il 14 maggio 1254; ma undici giorni dopo Corrado IV moriva a soli ventisei anni ed avendo affidato secondo testamento, il figlio di due anni Corradino alla custodia della Chiesa, tutto tornò in discussione; e l'accordo con il principe inglese fu sospeso. Innocenzo IV a questo punto doveva accordarsi con Manfredi. Per questo si recò ad Anagni, ai confini dello Stato Pontificio dove ricevette una delegazione inviata da Manfredi. Questi chiese che venisse accettata subito la sovranità del piccolo Corradino, ma il Papa ribatté che si sarebbe dovuto attendere che questi divenisse adulto e che nel frattempo avendone lui la custodia era lui ad avere la sovranità sulla Sicilia. Manfredi prese tempo e si sottomise inizialmente al Papa, essendo tra l'altro nominato vicario pontificio nel sud e principe di Taranto. Così lo Stato Pontifico raggiunse la massima ampiezza territoriale nella sua storia, dalla Toscana alla Sicilia. Il Papa si recò quindi a Napoli dove fu accolto trionfalmente il 27 ottobre 1254. Cominciò a concedere le prime autonomie e ad impartire i primi atti amministrativi quando fu informato del tradimento di Manfredi che stava organizzandosi per attaccarlo militarmente arruolando anche truppe saracene. Il Papa gli inviò contro il suo esercito. A Foggia avvenne lo scontro che però vide la vittoria di Manfredi il 2 dicembre. La triste notizie giunse ad Innocenzo IV a Napoli nel palazzo che era stato di Pier delle Vigne; e qui già ammalato, si spense cinque giorni dopo il 7 dicembre. Fu sepolto presso la Chiesa di S. Restituta e successivamente traslato nella cattedrale di S. Gennaro dove si eresse il monumento funebre nel 1318.Oltre al conflitto con l'impero, il papa dovette occuparsi di altre questioni. Nel 1243 aveva indetto una crociata contro i Turchi che avevano riconquistato Gerusalemme; ma a tale crociata aderì solo il sovrano francese Luigi IX detto il Santo, a testimonianza della lenta decadenza dell'autorità pontificia nei confronti dei regnanti europei. Singolare l'attività missionaria di questo Papa che inviò esponenti Francescani e Domenicani in missione fino al Caracorum. Infine la bolla "Ad extirpanda" del 1252 segnò una tragica decadenza con il permesso concesso all'Inquisizione di servirsi della tortura, cosa che in quei tempi era però permessa in tutte le sedi investigative. I suoi studi diedero al mondo un Apparatus in quinque libros decretalium, considerato molto importante. Ad Innocenzo IV successe Alessandro IV.
ALESSANDRO IV (Papa dal 20/12/1254 al 25/05/1261)
Nativo di Jenne (Papa dal Roma), combatté tutti coloro che minacciavano l'indipendenza della Santa Sede. Durante il suo pontificato si svilupparono diverse eresie.
Alessandro IV, nato Rinaldo dei Conti di Segni (Anagni, ca. 1199 - Viterbo25 maggio 1261), fu Papa dal 1254 alla sua morte.Appartenente alla nobile famiglia dei Conti di Segni che aveva già avuto due illustri pontefici cioè Innocenzo III e Gregorio IX. Era figlio di uma sorella di Gregorio IX che lo nominò cardinale-diacono nel 1227 e cardinale-vescovo di Ostia nel 1231. Alla morte di Innocenzo IV, venne eletto a Napoli il 12 dicembre 1254 nonostante l'età avanzata all'unanimità nuovo pontefice. Fu consacrato il 20 dicembre con il nome di Alessandro IV.Alessandro viene descritto come un uomo robusto, buono, allegro, ma non molto brillante. Successe a Innocenzo IV come tutore di Corradino, l'ultimo degli Hohenstaufen, promettendogli la sua benevola protezione; ma in meno di due settimane cospirò contro di lui e si oppose aspramente allo zio di Corradino, Manfredi di Sicilia.Tale comportamento contrastava con l'atteggiamento benevolo verso Federico II Hohenstaufen che Rinaldo aveva tenuto quando era stato cardinale.Alessandro scagliò la scomunica e l'interdetto contro Manfredi e il suo partito, ma invano. Tantomeno poté arruolare i Re d'Inghilterra e di Norvegia in una Crociata contro gli Hohenstaufen. Roma stessa divenne Ghibellina, e il Papa si ritirò a Viterbo, dove morì nel 1261.Il suo pontificato si segnalò per gli sforzi di riunione della Chiesa Cattolica Romana con la Chiesa Ortodossa Orientale che ebbero successo soltanto con i maroniti, per l'istituzione dell'inquisizione in Francia, per il favore mostrato agli Ordini Mendicanti, e per un tentativo di organizzare una Crociata contro i Tartari
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AMDG et DVM

San Francesco si sforzava, pregando senza interruzione, di mantenere lo spirito alla presenza di Dio


 

CAPITOLO 10

AMORE PER LA VIRTÙ DELL’ORAZIONE

1176

1. Francesco, il servo di Cristo, vivendo nel corpo, si sentiva in esilio dal Signore e, mentre ormai all’esterno era diventato totalmente insensibile, per amore di Cristo, ai desideri della terra, San Francesco  per non rimanere privo delle consolazioni del Diletto.

La preghiera era la sua consolazione, quando si dava alla contemplazione, e quasi fosse ormai un cittadino del cielo e un concittadino degli Angeli, con desiderio ardente ricercava il Diletto, da cui lo separava soltanto il muro del corpo.

La preghiera era anche la sua difesa, quando si dava all’azione, poiché, mediante l’insistenza nella preghiera, rifuggiva, in tutto il suo agire, dal confidare nelle proprie capacità, metteva ogni sua fiducia nella bontà divina, gettando nel Signore la sua ansietà.

Sopra ogni altra cosa – asseriva con fermezza – il religioso deve desiderare la grazia dell’orazione e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio, senza di essa.

Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, restava talmente intento all’orazione da sembrare che le avesse dedicato ogni parte di se stesso: non solo il cuore e il corpo, ma anche l’attività e il tempo.

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2. Non lasciava passare inutilmente, per sua trascuratezza, nessuna visita dello Spirito: quando gli si presentava, si abbandonava ad essa e ne godeva la dolcezza, finché il Signore glielo concedeva.

Se, mentre era in viaggio, sentiva il soffio dello Spirito divino, lasciava che i compagni lo precedessero, si fermava, tutto intento a fruire della nuova ispirazione, per non ricevere invano la grazia.

Molte volte rimaneva assorto in una contemplazione così sublime che, rapito fuori di sé ad esperienze trascendenti la sensibilità umana, ignorava quanto gli accadeva intorno.

1178

Una volta stava attraversando sopra un asinello, a causa della malattia, Borgo San Sepolcro, che è un paese molto popoloso. Spinta dalla devozione, la gente si precipitò incontro a lui; ma egli, trascinato e trattenuto, stretto e toccato in tanti modi dalla folla, appariva insensibile a tutto: come un corpo senz’anima, non avvertiva assolutamente nulla di tutte quelle manifestazioni.

Quando ormai da lungo tempo si erano lasciati indietro il paese e la folla ed erano giunti vicino a un lebbrosario, il contemplatore delle realtà celesti, come se tornasse da un altro mondo, domandò, preoccupato, quando sarebbero arrivati a Borgo.

La sua mente, fissa negli splendori celesti, non aveva avvertito il variare dei luoghi, del tempo e delle persone incontrate. I suoi compagni hanno attestato, per lunga esperienza, che questo gli accadeva piuttosto spesso.

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3. Nell’orazione aveva imparato che la bramata presenza dello Spirito Santo si offre a quanti lo invocano con tanto maggior familiarità quanto più lontani li trova dal frastuono dei mondani. Per questo cercava luoghi solitari, si recava nella solitudine e nelle chiese abbandonate a pregare, di notte. Là dovette subire, spesso, gli spaventosi assalti dei demoni che venivano fisicamente a conflitto con lui, nello sforzo di stornarlo dall’applicarsi alla preghiera. Ma egli, munito delle armi celesti, si faceva tanto più forte nella virtù e tanto più fervente nella preghiera, quanto più violento era l’assalto dei nemici.

Diceva confidenzialmente a Cristo: All’ombra delle tue ali proteggimi dai malvagi che tramano la mia rovina.

E ai demoni: “Fate pure tutto quello che potete contro di me, o spiriti maligni e ingannatori! Voi non avete potere se non nella misura in cui la mano di Dio ve lo concede e perciò io me ne sto qui con tutta gioia, pronto a sopportare tutto quanto essa ha stabilito di farmi subire”.

I demoni superbi non sopportavano simile forza d’animo e si ritiravano sconfitti.

1180

4. E l’uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti, cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo santuario, discorreva col suo Signore. Là rispondeva al Giudice, là supplicava il Padre, là dialogava con l’Amico. Là pure, dai frati che piamente lo osservavano, fu udito interpellare con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori; piangere, anche, ad alta voce la passione del Signore, come se l’avesse davanti agli occhi. Là, mentre pregava di notte, fu visto con le mani stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta luminosa: luce meravigliosa diffusa intorno al suo corpo, che meravigliosamente testimoniava la luce risplendente nel suo Spirito.

Là, inoltre, come testimoniano prove sicure, gli venivano svelati i misteri nascosti della sapienza divina, che egli, però, non divulgava all’esterno, se non nella misura in cui ve lo sforzava la carità di Cristo e lo esigeva l’utilità del prossimo.

Diceva, a questo proposito: “Può succedere che, per un lieve compenso, si perda un tesoro senza prezzo e che si provochi il Donatore a non dare più tanto facilmente una seconda volta”.

Quando tornava dalle sue preghiere, che lo trasformavano quasi in un altro uomo, metteva la più grande attenzione per comportarsi in uniformità con gli altri, perché non avvenisse che il vento dell’applauso, a causa di quanto lui lasciava trapelare di fuori, lo privasse della ricompensa interiore.

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Quando, trovandosi in pubblico, veniva improvvisamente visitato dal Signore, cercava sempre di celarsi in qualche modo ai presenti, perché gli intimi contatti con lo Sposo non si propalassero all’esterno.

Quando pregava con i frati, evitava assolutamente le espettorazioni, i gemiti, i respiri affannosi, i cenni esterni, sia perché amava il segreto, sia perché, se rientrava nel proprio intimo, veniva rapito totalmente in Dio.

Spesso ai suoi confidenti diceva cose come queste: “Quando il servo di Dio, durante la preghiera, riceve la visita del Signore, deve dire: “O Signore, tu dal cielo hai mandato a me, peccatore e indegno, questa consolazione, e io la affido alla tua custodia, perché mi sento un ladro del tuo tesoro”. E quando torna dall’orazione, deve mostrarsi così poverello e peccatore, come se non avesse ricevuto nessuna grazia speciale”.

1182

5. Mentre, nel luogo della Porziuncola, una volta l’uomo di Dio era intento all’orazione, andò a trovarlo, come faceva di solito, il vescovo di Assisi. Appena fu entrato nel luogo, il vescovo, con più familiarità del dovuto, andò direttamente alla cella in cui il servo di Cristo stava pregando. Spinse la porticina e fece l’atto di entrare. Ma, appena ebbe messo dentro il capo e scorto il Santo in orazione, sconvolto da improvviso terrore, si sentì agghiacciare in tutte le membra, perse anche la parola, mentre, per divina disposizione, veniva cacciato fuori a viva forza e trascinato lontano, a passo indietro.

Stupefatto, il vescovo si affrettò, come poté, a raggiungere i frati e, appena Dio gli restituì l’uso della parola, se ne servì prima di tutto per confessare la propria colpa.

L’abate del monastero di San Giustino nella diocesi di Perugia, incontrò una volta il servo di Cristo. Appena lo vide, il devoto abate scese lesto da cavallo, volendo riverire l’uomo di Dio e parlare con lui di problemi inerenti alla salvezza dell’anima. Terminato il soave colloquio, l’abate, nel partire, gli chiese umilmente di pregare per lui. L’uomo caro a Dio gli rispose: “Pregherò volentieri”. Quando l’abate si fu allontanato un poco, il fedele Francesco disse al compagno: “Aspetta un attimo, fratello, perché voglio pagare il debito che ho contratto”.

1183

Ebbene, appena egli incominciò a pregare, l’abate sentì nell’anima un insolito fervore e una dolcezza mai provata e, rapito fuori di sé, si perdette totalmente in Dio.

Fu una piccola, dolce sosta.

Ritornato in se stesso, capì bene che tutto ciò era dovuto alla potente preghiera di san Francesco. Da allora si sentì infiammato di sempre maggior amore per l’Ordine e riferì a molti il fatto come un miracolo.

1184

6. Aveva, il Santo, l’abitudine di offrire a Dio il tributo delle ore canoniche con timore, insieme, e con devozione.

Benché fosse malato d’occhi, di stomaco, di milza e di fegato, pure non voleva appoggiarsi al muro e alla parete, mentre salmeggiava, ma recitava le ore stando sempre eretto e senza cappuccio in testa, senza girovagare con gli occhi, senza smozzicare le parole.

Se gli capitava di trovarsi in viaggio, all’ora dell’ufficio si fermava e non tralasciava questa devota e santa consuetudine, nemmeno sotto lo scrosciare della pioggia.

Diceva, infatti: “Se il corpo si prende con tranquillità il suo cibo, che sarà con lui esca dei vermi, con quanta pace e tranquillità l’anima deve prendersi il cibo della vita?”.

Riteneva anche di commettere colpa grave, se gli capitava, mentre era intento alla preghiera, di perdersi con la mente dietro vane fantasie. Quando gli succedeva qualcosa di questo genere, ricorreva alla confessione, pur di riparare immediatamente.

Questa preoccupazione era divenuta per lui così abituale che assai di raro veniva molestato da siffatte mosche.

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Durante una quaresima, per occupare le briciole di tempo e non perderne nemmeno una, aveva fatto un piccolo vaso. Ma siccome, durante la recita di terza, il pensiero di quel vaso gli aveva procurato un po’ di distrazione, mosso dal fervore dello spirito, lo bruciò, dicendo: “Lo sacrificherò al Signore, al quale mi ha impedito di fare il sacrificio”.

Diceva i salmi con estrema attenzione di mente e di spirito, come se avesse Dio presente, e, quando nella recita capitava di pronunciare il nome del Signore, lo si vedeva leccarsi le labbra per la dolcezza e la soavità.

Voleva pure che si onorasse questo stesso nome del Signore con speciale devozione, non solo quando lo si pensava, ma anche quando lo si pronunciava o scriveva. Tanto che una volta incitò i frati a raccogliere tutti i pezzettini di carta scritti che trovavano e a riporli in luogo decente per impedire che, magari, venisse calpestato quel nome sacro in essi trascritto.

Quando, poi, pronunciava o udiva il nome di Gesù, ricolmo di intimo giubilo, lo si vedeva trasformarsi anche esteriormente come se un sapore di miele avesse impressionato il suo gusto, o un suono armonioso il suo udito.

1186


7. Tre anni prima della sua morte, decise di celebrare vicino al paese di Greccio, il ricordo della natività del bambino Gesù, con la maggior solennità possibile, per rinfocolarne la devozione.

Ma, perché ciò non venisse ascritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il permesso del sommo Pontefice (72). Fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece condurre sul luogo un bove ed un asino.

Si adunano i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoniose.

(72) È un’aggiunta di san Bonaventura nel racconto di 1 Cel. 84-87.


L’uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia.

Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levita di Cristo, canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e, nel nominarlo, lo chiama, per tenerezza d’amore, il “bimbo di Bethlehem”.

Un cavaliere, virtuoso e sincero, che aveva lasciato la milizia secolaresca e si era legato di grande familiarità all’uomo di Dio, il signor Giovanni di Greccio, affermò di aver veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullino addormentato, che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno(73).

Questa visione del devoto cavaliere è resa credibile dalla santità del testimone, ma viene comprovata anche dalla verità che essa indica e confermata dai miracoli da cui fu accompagnata. Infatti l’esempio di Francesco, riproposto al mondo, ha ottenuto l’effetto di ridestare la fede di Cristo nei cuori intorpiditi; e il fieno della mangiatoia, conservato dalla gente, aveva il potere di risanare le bestie ammalate e di scacciare varie altre malattie.

Così Dio glorifica in tutto il suo servo e mostra l’efficacia della santa orazione con l’eloquenza probante dei miracoli.


PAX et BONUM!

GESÙ SVELA LA GRANDEZZA DELLA DEVOZIONE ALLO SPIRITO SANTO ALLA PICCOLA ARABA: MARIA DI GESÙ CROCIFISSO

La Beata Maria di Gesù Crocifisso, Carmelitana Scalza, nacque in Galilea nel 1846 e morì a Betlemme il 26 agosto 1878. Fu religiosa insigne per i doni soprannaturali, ma soprattutto per l'umiltà, l'obbedienza, la devozione allo Spirito Santo e un grande amore per la Chiesa e il Papa.

Vidi dinanzi a me una colomba, e sopra di essa un calice che traboccava, come se dentro vi si trovasse una sorgente. L'acqua che traboccava si versò sulla colomba e la lavò.

Simultaneamente udii una voce che proveniva da questa ammirabile luce. 

Disse:  «Se tu vuoi cercarmi, conoscermi e seguirmi, allora invoca la luce, lo Spirito Santo, che ha illuminato i suoi discepoli e che fino ad oggi illumina tutti coloro che a Lui si rivolgono.

Te lo dico in assoluta verità: chiunque invoca lo Spirito Santo, mi cercherà e mi troverà.

La sua coscienza sarà delicata come i fiori dei campo; e se è padre o madre di famiglia, la pace sarà nel suo cuore, in questo e nell'altro mondo; non morirà nelle tenebre, ma in pace.

* Nutro un desiderio ardente e vorrei che tu lo comunicassi: ogni prete che dirà ogni mese la S. Messa dello Spirito Santo l'onorerà. E chiunque l'onorerà e prenderà parte a questa Messa sarà onorato dallo Spirito Santo e la luce e la pace dimoreranno nel profondo del suo cuore. Lo Spirito Santo verrà a guarire i malati e a risvegliare coloro che dormono.

E come segno di ciò, chiunque avrà celebrato o partecipato a questa Messa e avrà invocato lo Spirito Santo troverà questa pace nel profondo del suo cuore, prima di lasciare la chiesa. Egli non morirà nelle tenebre».

Allora dissi: «Signore, che cosa può fare una come me? Considera la situazione in cui mi trovo. Nessuno mi crederà». Egli mi rispose: «Quando sarà il momento, io farò tutto ciò che c'è da fare; tu non sarai più necessaria».” 


Mi parve di vedere Nostro Signore, in piedi, appoggiato ad un albero. Intorno a lui c'era frumento e uva, maturati dalla luce che da lui emanava. Allora udii una voce che mi disse:

*  «Le persone nel mondo e nelle comunità religiose cercano nuove forme di devozione e trascurano la vera devozione del Consolatore. Qui risiede il motivo per cui non c'è pace e non c'è luce. Non ci si preoccupa di conoscere la vera luce, là bisogna cercarla; la luce svela la verità. Anche nei seminari è trascurata. La gelosia nelle comunità religiose è il motivo dell'oscurità del mondo.

Ma chiunque - sia nel mondo sia nel chiostro - pratica la devozione dello Spirito e lo invoca, non morirà nell'errore.

Ogni prete che predicherà la devozione dello Spirito Santo, mentre ne farà l'annunzio, riceverà luce.

Soprattutto nell'intera Chiesa, deve stabilirsi l'uso che ogni prete, una volta al mese, celebri la Messa dello Spirito Santo.

E tutti coloro che vi prenderanno parte riceveranno una grazia e una luce particolarissima».

Mi è stato detto ancora che verrà un giorno in cui Satana scimmiotterà, con persone del mondo, con sacerdoti e religiosi, la forma di Nostro Signore e le sue parole. Ma chi invocherà lo Spirito Santo scoprirà l'errore.

Ho visto talmente tante cose relative allo Spirito Santo che potrei scriverne dei volumi. Ma non sarei capace di ripetere tutto ciò che mi fu mostrato. E, poi, io sono un'ignorante che non sa né leggere né scrivere. II Signore svelerà la sua voce a chi vorrà.”



CONSACRAZIONE

ALLO SPIRITO SANTO 

di SAN PIO X

<< O Spirito Santo, Spirito divino di luce e d'amore, ti consacro la mia intelligenza, il mio cuore e la mia volontà, tutto il mio essere per il tempo e per l'eternità.

Che la mia intelligenza sia sempre docile alle tue celesti ispirazioni ed all'insegnamento della santa Chiesa cattolica, di cui tu sei la guida infallibile. 

Che il mio cuore sia sempre infiammato dall'amore di Dio e del prossimo. 

Che la mia volontà sia sempre conforme alla volontà divina; e che tutta la mia vita sia una imitazione fedele della vita e delle virtù del Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, al quale, con il Padre e con Te, siano onore e gloria per sempre. Amen. >>

*

https://www.google.com/search?q=il+piccolo+nulla+pdf&oq=IL+PICCOLO+NULLA&aqs=chrome.1.69i57j0i22i30j69i65l2.15635j0j7&sourceid=chrome&ie=UTF-8

Brani tratti dal libro «Una Stella d'Oriente», Vita e pensieri della Beata Maria di Gesù Crocifisso (Miriam Baouardy), Ed. O.C.D., Roma 1989.

AMDG et DVM