IL PURGATORIO VISTO DAI SANTI
di P Antonio Maria di Monda –
Studi apologetici Joseph oboedientissinmus
Presentazione
Con grande gioia ed onore presento l'ultimo testo del compianto e venerato
p. Antonio M. Di Monda, Il Purgatorio visto dai santi. Dopo il successo della
pubblicazione L'inferno visto dai santi nel 2006, il carissimo padre ha
lavorato per un intero anno alla realizzazione di questa opera che è riuscito a
portare a termine solo qualche giorno prima della sua morte. Il fatto che
questo testo sia pubblicato costituisce un vero e proprio "miracolo"
compiuto da p. Antonio. La sua è stata una corsa contro il tempo: sapeva che
gli rimaneva poco tempo da vivere, a causa di una grave malattia, ed ha
impiegato ogni suo sforzo per donare ai lettori uno scritto che trattasse il
tema del Purgatorio, sulla scorta di quanto i santi hanno trasmesso nelle loro
testimonianze. Il lavoro di ricerca è stato molto laborioso e la stesura è
stata resa difficile dall'incedere della malattia. Tuttavia p. Antonio, con la
sua proverbiale forza di volontà, è riuscito a concludere il prezioso lavoro,
lasciando, in questo modo, un'ultima prova della sua sapienza e soprattutto del
suo immenso amore per il Signore e per la Chiesa.
Ringrazio il professore e amico
Corrado Gnerre per aver reso possibile la pubblicazione. Egli ha rivisto il
testo di P. Antonio ed ha approntato quelle correzioni e precisazioni
metodologiche che l'autore non è riuscito ad apportare a causa della
sopravvenuta morte.
Ringrazio l'amico Carlo Sorrentino per aver aiutato p. Antonio nella fase
preliminare di raccolta dei testi utili alla elaborazione di questo libro,
visitando biblioteche ed archivi, sostenendolo in un lavoro divenuto per lui
impossibile.
Ringrazio anche i tanti amici di
P. Antonio che hanno contribuito alle spese necessarie per la stampa e la
divulgazione dell'opera.
Ringrazio
soprattutto Dio per il dono di P. Antonio M. Di Monda che, anche attraverso le
parole di questo libro, continua ad essere un maestro di vita di spirituale e
di sapienza, un testimone autentico dell'amore di Cristo.
Dal Convento di San Francesco
Benevento,
1 settembre 2007
p. Raffaele Di Muro OFMConv
Questo libro è stato davvero l'ultima fatica di padre Antonio: l'ha scritto
poco prima di morire. Doveva rifinirlo, precisare le note ... ma non ne ha
avuto il tempo. Padre Raffaele Di Muro, superiore del convento dove padre
Antonio risiedeva, ha pensato di affidarlo a me, affinché potessi
"riordinarlo". Devo dire che non è stato necessario. Ormai il libro
era completato e ho ritenuto opportuno non toccarlo più di tanto. È vero che
manca la precisazione delle citazioni, ma è pur vero che essendo il libro (già
nelle intenzioni dell'autore) indirizzato ad un grande pubblico, forse, questa
mancanza, spaventa meno il lettore e rende il libro più fruibile e
"leggero" nella lettura.
D'altronde padre Antonio, pur essendo un sacerdote di grande cultura (un
teologo di fama), amava scrivere semplicemente e per tutti. Considerando poi
l'argomento che riguarda il destino di ogni uomo, a maggior ragione voleva che
libri del genere fossero letti e compresi da tutti. Mi disse dopo aver scritto
L'Inferno visto dai santi e mentre stava preparando questo libro:
"Corrado, questi argomenti devono essere conosciuti dal maggior numero di
persone. Ah, se la gente sapesse... "
È per me una grande gioia poter
consegnare un nuovo libro di padre Antonio. Il Signore mi ha dato la grazia di
conoscerlo e di poter essere da lui guidato; e so bene quanto sia stata e
continui ad essere preziosa la sua vita tra noi... e per noi.
Corrado Gnerre
Presidente degli
Studi apologetici Joseph
oboedientissimus
Introduzione
I santi e il Purgatorio. Cosa
hanno a che fare i santi con il Purgatorio? Diciamo prima di tutto che i santi
di cui parliamo sono quelli che, prima ancora di morire e di essere
canonizzati, hanno avuto visioni o rapporti con le anime purganti e ne hanno scritto
e parlato.
Per santi intendiamo pure le
stesse anime purganti, che, possedendo la Grazia, sono cari a Dio e santi,
anche se bisognosi ancora di purificazione. I rapporti, permessi da Dio, tra i
santi e le anime purganti sono una prova oltre che dell'esistenza del
Purgatorio anche della comunione dei santi, sempre professata dalla Chiesa
cattolica.
In questo libro si eviteranno
problematiche complesse che oggi si discutono tra i teologi; ci si atterrà
piuttosto alla linea tradizionale, confortati anche dalla Lettera della
Congregazione della Fede sui novissimi del 1979.
Sorvoleremo pure sulle tante
questioni attinenti a questo argomento (le controversie oggi in voga riguardano
il nome, la pena del fuoco, il luogo o lo stato...), attenendoci a quei dati
essenziali, che sono più facilmente recepiti dal popolo.
Sappiamo bene che la pietà
popolare si spinge spesso troppo oltre... e questo avviene anche per il
Purgatorio. Se però bisogna deplorare quanto non è assolutamente fondato, non
si può però buttare a mare quanto ci viene dalla pietà popolare stessa. Si sa
bene che, nella storia del dogma cattolico, più volte la pietà popolare ha
intuito, precorso e preparato l'avvento di dogmi proclamati dal Magistero
infallibile della Chiesa. Esempio classico è il culto a Maria Santissima come
Immacolata.
In tema di Purgatorio, siamo nel
mistero dell'altra vita. E allora chiediamoci: in che cosa consiste l'altra
vita?
La Chiesa Cattolica parla di
Paradiso ed Inferno eterni, e parla pure di una realtà intermedia che serve a
preparare e a rendere degni del Paradiso. Nelle pagine che seguono ci
occuperemo appunto di questa realtà, attingendo prima di tutto dalla
Rivelazione, base e fondamento di ogni ricerca teologica; ma troveremo conferme
anche nella storia e nella vita dei santi e nell'esperienza sicura di tante
anime.
Vogliamo pure far notare che sul
Purgatorio esiste una produzione letteraria enorme che comprende alta
speculazione e anche zavorra, leggende e modi di pensare popolari. A noi,
naturalmente, interessano soprattutto, dopo la Sacra Scrittura e i Santi Padri,
le opere di teologi in comunione con la Chiesa Cattolica. È su questa
solidissima base che tentiamo di appoggiare e spiegare le tante visioni dei
santi e le loro discese nel Purgatorio.
Da dire però subito che, su
quanto verremo dicendo, c'è certezza dogmatica solo per quelle verità che ci
vengono insegnate come verità di fede dalla Chiesa cattolica. Su altre
affermazioni si va dalla quasi certezza alla probabilità o a opinioni, più o
meno valide, a seconda della solidità delle argomentazioni addotte.
Capitolo I
Episodi
impressionanti
Gli episodi che qui riportiamo
-ce ne sarebbero tantissimi- vogliono semplicemente introdurre al discorso sul
Purgatorio. Discorso rivolto a tutti ma specialmente a coloro che con estrema
leggerezza negano o mettono in dubbio l'esistenza dell'aldilà e, anche, a quei
teologi schizzinosi, per i quali nulla è veramente dimostrato con certezza e
perciò sono sempre pronti a minimizzare certe verità di fede.
Queste apparizioni, questi
interventi inattesi, questi misteriosi rapporti con gli uomini, queste
"scie" o segni lasciati in questa vita da anime defunte, devono
prendersi in blocco come frutti di fantasie malate o come coincidenze
inspiegabili dall'umana ragione?
Questi eventi, a volte veramente
sconcertanti, dovrebbero piuttosto far riflettere seriamente su quanto essi
potrebbero significare, confermare o illustrare.
Anime che
rivelano il loro stato attuale nell'aldilà
Nel Diario di santa Faustina
Kowalska (1905-1938) leggiamo che una volta, di notte, venne a trovarla una
consorella, morta due mesi prima. Era in uno stato spaventoso, tutta avvolta da
fiamme, con la faccia dolorosamente stravolta. L'apparizione durò solo un breve
momento, ma l'anima di Suor Faustina fu trapassata. Pur non sapendo dove
soffrisse, se in Purgatorio o all'Inferno, ella raddoppiò le preghiere per lei.
La consorella ritornò la notte seguente, in uno stato ancora più spaventoso,
tra fiamme più fitte, aveva sul volto i segni della disperazione. Sorpresa di
vederla così dopo tutte le preghiere fatte, suor Faustina le chiese: "Non
le hanno giovato per nulla le mie preghiere?". La consorella rispose che
non erano servite a nulla e che niente poteva aiutarla. E le preghiere
-insistette suor Faustina- fatte per lei da tutta la Congregazione, anche
quelle non le hanno giovato a niente? ". "Niente. Quelle preghiere
sono andate a profitto di altre anime". E allora disse Suor Faustina:
"Se le mie preghiere non le giovano per niente, la prego di non venire da
me". Al che ella scomparve immediatamente. Tuttavia si continuò a pregare
per lei. Dopo qualche tempo, di notte, ritornò di nuovo, ma in uno stato del
tutto diverso. Non era tra le fiamme come prima e il suo volto era raggiante,
gli occhi le brillavano di gioia... esortò a non cessare di pregare per le
anime purganti, e disse pure che non sarebbe rimasta a lungo in Purgatorio. I
giudizi di Dio sono veramente misteriosi!
Padre Stanislao Chascoa pregava
per i defunti quando vide un'anima completamente avvolta dalle fiamme. Il
Padre, terrorizzato, chiese se quelle fiamme fossero più brucianti di quella
della terra. "Ahimé -rispose il defunto- tutto il fuoco della terra
paragonato a quello de Purgatorio è simile ad un soffio di aria fresca".
Il religioso chiese come ciò fosse possibile. Il defunto allora lo invitò a
provare quel fuoco. Padre Stanislao toccò quello che sembrava essere sudore e
che cadeva dalla fronte del defunto; immediatamente lanciò un urlo e cadde a
terra tramortito per il dolore e lo spavento. Accorsero i confratelli a
soccorrerlo come potevano. Quando rinvenne, raccontò la terribile esperienza
dicendo alla fine: "Oh, fratelli miei se solo ciascuno di noi sapesse
quanto è severa la divina giustizia, non peccheremmo più!".
Il fatto che adesso raccontiamo è
ricordato come l'episodio delle mani bruciate di Perugia. Sentite. Madre Maria
Teresa era stata eletta abadessa il 18 agosto 1918 ed aveva mantenuto la carica
di sagrestana, quindi era suo il compito di rispondere alle chiamate del campanello
della sagrestia. Il 2 settembre del 1918, alle 7,30 del mattino, sentito
suonare il campanello, andò a rispondere. Al rituale saluto "Siano lodati
Gesù e Maria", rispose una voce velata e triste: "Devo lasciar qui
questa elemosina". Era una banconota da dieci lire. La suora chiese:
"Devo far dire delle preghiere, far celebrare delle Messe o altro?"
"Senza nessun obbligo." Rispose l'offerente. La suora chiese:
"Se è lecito, chi è lei?" E lui: "Non occorre saperlo.. Il suono
del campanello si ripeté il 5 settembre, il 31 ottobre, il 29 novembre e il 9
dicembre dello stesso anno, con lo stesso dialogo e la stessa elemosina
elargita. Alla richiesta dell'abadessa se dovevano fare preghiere, lui rispose:
"La preghiera è sempre buona." La cosa era molto strana e tutto il
monastero cominciò ad avere un certo turbamento. Al suono del campanello
accorrevano tutte le suore, là dove c'era la ruota e il campanello, ma non
vedevano niente. Domandavano se era l'uomo delle dieci lire, e l'abadessa
mostrava loro la banconota offerta. Forse qualcuno che, pentito, riportava in
Chiesa del denaro rubato? Nel corso di quattordici mesi le visite furono ben
ventotto e l'ammontare delle oblazioni raggiunse la somma di 300 lire, grande
somma per quei tempi! Aumentava la curiosità di sapere chi fosse il generoso
benefattore, quando, il 14 marzo 1919, si verificò un fatto nuovo. Dopo l'esame
di coscienza della sera, le suore lasciarono la chiesa, sicurissime che non ci
fosse nessuno. Ma verso le 8, con grande stupore di tutte, si ripeté il suono
del campanello. L'abadessa trovò sulla "ruota" la solita offerta di
dieci lire. Si andò ad ispezionare la Chiesa e il parlatorio: non c'era
nessuno. Si cominciò allora a pensare che quanto avveniva fosse un fenomeno del
tutto fuori della norma. L' l1 aprile, mentre le suore facevano la meditazione
e l'abadessa era al parlatorio con due anziane, squillò il campanello. Andata
alla ruota, l'abadessa ascoltò la solita voce che disse: "Lascio questa
elemosina per preghiere per un defunto". Era la prima volta che
l'offerente chiedeva preghiere. Da notare che le suore mai potettero sentirne
la voce, pur vedendo girare la "ruota" con dentro l'offerta. Un
giorno l'abadessa volle fare una prova: al suono del campanello, non andò lei
ma la portinaia. Ma al saluto di questa "Sia lodato Gesù... " non
rispose nessuno né fu lasciato il denaro. Lo si trovò invece al mattino
seguente sulla "ruota". Dopo la richiesta di preghiere, le suore
intensificarono più che mai le preghiere per suffragare quell'anima che ormai
era loro cara. La sera del 16 settembre del 1919, verso le 9,15, l'abadessa,
dopo aver personalmente chiuso il dormitorio, sentì suonare il campanello. Andò
a rispondere con un'altra suora, ma non intese alcuna voce, vi erano tuttavia
le dieci lire che non prese. Poi, essendole parso di sentire suonare nuovamente
il campanello, ritornò giù e l'anima, con voce compassionevole, le offrì le
dieci lire dicendo: "Le prenda, è per soddisfare la divina
giustizia". L'abadessa, allora, per accertarsi che non si trattava di
forze malefiche, disse la giaculatoria: "Sia benedetta la Santa, Purissima
ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria"... e la voce
misteriosa, appena percettibile, la ripeté fedelmente. L'abadessa era però
combattuta tra il desiderio di assecondare la richiesta dell'anima e il dubbio
che si trattasse di manifestazioni diaboliche, perché c'era di mezzo il denaro
di cui non si sapeva la provenienza. Una notte, mentre stava nella sua camera,
posta nell'ala più distante del convento dove era impossibile percepire il
suono del campanello, fu svegliata da un leggero tocco alla porta, con le
nocche delle dita. Sentì una voce che l'avvertiva che avevano suonato il
campanello della sagrestia. La mattina seguente ella chiese alle suore se qualcuno
avesse bussato alla sua porta, alla risposta negativa capì che si trattava
sempre della stessa misteriosa persona che portava l'obolo.
Il segreto di tutta la faccenda
fu svelato il 3 ottobre 1919, quando l'abadessa, ricusando l'elemosina col dire
che glielo aveva proibito il confessore per timore che si trattasse di cosa
diabolica, sentì la voce rispondere: "No, sono un'anima purgante, sono
quarant'anni che mi trovo in Purgatorio per aver dissipati beni
ecclesiastici". La Madre fece celebrare una Messa in suffragio. Quando la
Messa terminò, sentì suonare il campanello. E la solita voce disse:
"Lascio questa elemosina e grazie tante". Lo stesso avvenne il 10
ottobre. Anche quella mattina venne celebrata una Messa in suffragio.
L'abadessa chiese allora al misterioso visitatore: "Per ordine del
confessore, mi dica il nome e cognome per lasciarlo per memoria." Ma
l'anima, invece di risponde alla domanda, disse: "Il giudizio di Dio è
giusto e retto". La Madre allora: "Ma come! Le ho fatto dire Messe e
se una sola basta per liberare un'anima, come mai lei non è ancora
libera?". Rispose: "Io ne ricevo la minima parte", e lasciò
sulla ruota venti lire disposte a forma di croce. Importante quanto avvenne il
30 ottobre 1919. Alle 2,45 dopo la mezzanotte l'abadessa fu svegliata dal
leggero tocco delle dita alla porta della stanza e la voce fuori sussurrò:
"E suonato il campanello della sagrestia". La suora andò a
rispondere, al solito saluto l'anima rispose: "Amen", poi subito:
"Lascio qui questa elemosina". Ma l'abadessa soggiunse: Io per ordine
del confessore non posso prenderla. In nome di Dio e per ordine del confessore
mi dica chi è, è sacerdote?". "Sì." La suora: "Erano di
questo monastero i beni che ha dissipati?". "No, ma ho il permesso di
portarli qui". "E dove li prende?". "Il giudizio di Dio è
giusto". "Ma io ci credo poco che sia un'anima, penso sempre che sia
qualcuno che scherza". "Vuole un segno?". "No, ho
paura...". "Grazie, adesso entro a far parte delle preghiere" e
si allontanò mormorando: "Benedictus Deus qui... " seguirono parole
incomprensibili, ma con una voce dolce da rasserenare il cuore. Il 9 novembre
del 1919, ventottesima ed ultima visita, alle 4,15 circa, dal dormitorio
l'abadessa sentì suonare il campanello. Scese. Al saluto: "Lodato Gesù e
Maria", la solita voce, che la colpì per il tono gioioso, addirittura
felice, disse: "Sia lodato in eterno! Ringrazio lei e la religiosa
comunità; sono fuori da ogni pena". In quel momento La badessa, con il
cuore traboccante di gioia, in uno stato di mistica esaltazione, ebbe
l'impressione di trovarsi in un prato sfavillante di luce con gran tripudio di
colori e vide l'anima del visitatore salire al Cielo lucente come un raggio di
sole. Questi fatti furono autenticati con giuramento dai testimoni in un vero e
proprio processo.
Quest'altro episodio riguarda il
venerabile Bartolomeo Agricola (1560-1621) che stava celebrando la Messa nella
Cappella dell'Udienza, a Trani, per l'anima di D.Giovanni morto a Napoli. Vi
assistevano Donna Zenobia e altri di casa. Al memento dei morti il Venerabile
scoppiò in un pianto dirotto della durata di un quarto d'ora. La cosa non
sfuggì a nessuno. Finita la Messa, Donna Zenobia gli chiese in disparte il
motivo di quel pianto e Bartolomeo Agricola le confidò che aveva visto
D.Giovanni che, dal fondo del Purgatorio, lo aveva chiamato dicendogli:
"Padre, Padre, aiutami!". Intenerito per questo, aveva pianto così
lungamente. Il mattino dopo celebrò nella stessa cappella una seconda Messa per
l'anima di D.Giovanni. Dopo -disse in segreto a Donna Zenobia- vide l'anima di
D.Giovanni sollevata come fosse stata sopra una loggia e che pativa pochissimo.
Il mattino dopo celebrò ancora una terza Messa, finita la quale confidò a Donna
Zenobia di aver visto l'anima di D.Giovanni andare in Paradiso tutto bianco
vestito, con grande gioia nel cuore.
Anime che
chiedono aiuto
La ragione per cui le anime
purganti chiedono aiuti e suffragi è perché non possono più meritare per sé.
Dice santa Caterina da Genova (1447-1510): "Se le anime del Purgatorio
potessero purgarsi per contrizione, in un istante pagherebbero tutto il loro
debito; tanto affòcato impeto di contrizione verrebbe loro; e questo per il
chiaro lume che hanno dell'importanza di quell'impedimento, il quale non le lascia
congiungere con il loro fine e Amore Dio".
Un giorno del luglio 1941, dopo
la Santa Comunione, Edvige Carboni (1880-1952) si sentì toccare la spalla e una
voce triste le disse: "Sono morta da poche ore sotto le macerie. soffro
nel Purgatorio; mi sembra un secolo! Dio è severo, Dio è giusto, Dio punisce!
Prega per me e fa' pregare... (…) Pregate, pregate, liberatemi da tante
pene".
A suor Maria Giuseppa Menendez
(1890-1923) si presentarono tante anime di defunti a chiederle preghiere,
sacrifici, suffragi per ottenere la liberazione. "Sono qui -le disse
un'anima- per l'infinita bontà di Dio, perché un orgoglio eccessivo mi aveva
portata sull'orlo dell'inferno. Tenevo sotto i piedi molte persone, ora mi
precipiterei ai piedi dell'ultimo dei poveri! Abbi compassione di me, fa' degli
atti di umiltà per riparare il mio orgoglio. Così potrai liberarmi da questo
abisso".
Un'altra anima le confessò:
"Ho passato sette anni in peccato mortale e sono stata tre anni ammalata.
Ho sempre rifiutato di confessarmi. Mi ero preparato l'Inferno e ci sarei
caduta se le tue sofferenze non mi avessero ottenuto la forza di rientrare in
grazia. Sono ora in Purgatorio e ti supplico, poiché hai potuto salvarmi:
liberami da questa prigione tanto triste!".
Numerosi sono nella vita di san
Pio da Pietrelcina (1887-1968) le apparizioni di defunti che gli chiedevano di
essere liberati attraverso la celebrazione della Messa o che lo ringraziavano
per l'ottenuta liberazione. Un giorno, a tarda sera, quando ormai chiesa e
convento erano chiusi, si sentirono voci all'ingresso del convento che
dicevano: "Viva Padre Pio!" Qualcuno andò a controllare: tutte le
porte erano sbarrate. Si cercò di controllare meglio: niente di niente. Il
mistero fu svelato da Padre Pio stesso che, interrogato in merito dal
superiore, rispose che erano soldati defunti venuti a ringraziarlo per aver
ottenuto, grazie ai suoi suffragi, la liberazione dal Purgatorio.
Capitolo II
Che cos'è
il Purgatorio
La parola
"purgatorio"(da "purgare", "purificare") non è un
termine biblico: fu coniato da una delle correnti teologiche latine per
designare la fase di purificazione delle anime dei trapassati, perché nulla di
impuro può essere ammesso alla presenza di Dio (cfr.Apoc 21,22-27; 1 Cor 3,1315).
Il Purgatorio è qualcosa che
appartiene all'aldilà, diverso non solo dal Paradiso ma anche dall'Inferno.
Vediamo in che senso.
Siamo
nell'aldilà
Scrive Piolanti nel suo La
comunione dei santi e la vita eterna. "Secondo la fede cattolica il
Purgatorio è lo stato ultraterreno, che durerà fino al giorno del giudizio, ove
le anime di coloro che sono morti in grazia ma con imperfezioni e pene
temporali da scontare per i peccati gravi perdonati, espiano e si purifìcano
prima di salire in Paradiso". Il Compendio del Catechismo della Chiesa
Cattolica, al n.20, dice che il Purgatorio è: "Lo stato di quanti muoiono
nell'amicizia di Dio, ma, benché sicuri della loro salvezza eterna, hanno
ancora bisogno di purificazione, per entrare nella beatitudine celeste".
Cioè le anime si "purgano" venendo purificate da tutto ciò che
impedisce loro di avere la visione beatifica di Dio e di godere l'eterna
felicità. L'espiazione, la riparazione serve a riportare l'anima allo stato in
cui fu creata da Dio: bella e perfetta. In pratica, nel Purgatorio le anime
riparano i guasti, i disordini causati dai loro comportamenti peccaminosi sulla
terra.
Si parla di "stato",
cioè di una condizione di vita inerente allo stesso interessato. Ciò significa
che la purificazione può farsi ovunque, non dipendendo necessariamente da un
luogo. Papa Giovanni Paolo II, in un discorso fatto nell'agosto 1999, disse che
il Purgatorio "non indica un luogo, ma una condizione di vita. Coloro che
dopo la morte vivono in uno stato di purificazione, sono già nell'amore di Dio,
il quale li solleva dai residui dell'imperfézione". E tuttavia, anche se
si parla di "stato", nulla vieta che possa essere anche un
"luogo" (luogo tra virgolette) dove si purificherebbero normalmente
coloro che ne hanno bisogno. Si vedrà dagli episodi che apporteremo che tanti
di questi parlano del Purgatorio come un "luogo determinato" o, per
lo meno, lo si deduce con molta probabilità.
Nel
Purgatorio si espia e si ripara
Nel Purgatorio si espia. Ma
-chiediamoci- cos'è l'espiazione? Nel Purgatorio sono centrali l'espiazione e
la riparazione. San Pier Damiani dice: "Non ti illudere se per un peccato
grave commesso ti venga imposta una penitenza leggera da uno che non sappia o
che nasconda tale gravità; perché dovrai completare nel fuoco purificatore ciò
che avrai tralasciato di qua. Lasciato quindi il mondo, e acquistato un nuovo
modo di vita, entra nella terza regione, che è la regione dell'espiazione. Ivi
il Padre buono prova i figli macchiati di ruggine, come si prova l'argento, e
li conduce attraverso il fuoco e l'acqua, onde portarli al riposo... Quelli che
hanno peccato mortalmente, ma si sono pentiti in fin di vita senza far
penitenza, non essendo degni di entrare subito nella gloria, né meritando di
bruciare eternamente, devono andare in questo luogo di purificazione, dove sono
tormentati, ma non per la loro inutile stoltezza, ma perché, così provati,
siano portati nel Regno".
L'espiazione, dunque, serve a
liberare l'anima dalla ruggine del peccato, che le impedisce di unirsi a Dio.
Scrive santa Caterina da Genova: "L'impedimento è la ruggine del peccato:
il fuoco (dell'Amore divino) va consumando la ruggine e così l'anima si apre
sempre più all'influsso di Dio. È come un oggetto coperto davanti al sole, che
non può ricevere i suoi raggi, non per una imperfezione del sole che splende di
continuo ma a causa della sua copertura. quando si elimina questa copertura,
l'oggetto si apre al sole, la sua capacità di rifletterne (i raggi) aumenta
quanto più si va assottigliando ciò che lo copre. Allo stesso modo la ruggine
del peccato, che ricopre le anime nel Purgatorio, si va consumando per il fuoco
(dell'amore Divino) e quanto più si distrugge tanto più cresce la
corrispondenza col vero sole che è Dio. Perciò quanto più diminuisce la
ruggine, tanto più cresce la gioia e l'anima si apre all'influsso divino; così
questa cresce e l'altra diminuisce finché non sia tutto compiuto. Non che venga
meno la pena, va solo diminuendo il tempo di stare in quella pena „.
È una purificazione che, in
definitiva, viene da Dio stesso. Ancora santa Caterina da Genova: "Vedo
anche procedere da quel Divino Amore verso l'anima alcuni raggi e vampe
infuocate, così penetranti e potenti come se dovessero annientare non solo il
corpo ma anche l'anima, se ciò fosse possibile. Questi raggi compiono due
effetti nell'anima, cioè prima la purificano, poi l'annientano. Pensa all'oro
che più lo fondi e più diventa puro e quanto più lo puoi fondere tanto più
togli in esso ogni impurità: è il fuoco che produce questo effetto nelle cose
materiali. Ora l'anima non può annullarsi in Dio ma soltanto in se stessa e
quanto più viene purificata, tanto più si annienta in se stessa, ma resta in
Dio purificata. Come l'oro puro a ventiquattro carati non si consuma
ulteriormente, per quanto tu cerchi di aumentare la fiamma che a quel punto può
bruciare soltanto residue imperfezioni, così il fuoco divino agisce nell'anima:
Dio la tiene immersa nella fiamma che cancella ogni imperfezione finché
raggiunga i ventiquattro carati, ciascuna anima secondo il suo grado".
Il reato
di colpa e il reato di pena
In Purgatorio, dunque, le anime
espiano, riparano e si purificano. Per comprendere meglio ciò, è necessario
rifarsi al reato di colpa e al reato di pena.
Chi pecca, trasgredendo la legge
di Dio, si carica di un reato-colpa, che però è assolto per perdono ricevuto o
per pentimento. Ma, cancellato il reato di colpa, può sussistere il reato di
pena, e cioè il debito della riparazione. Chi, per esempio, incendia la casa
altrui, può essere perdonato, ma gli resta l'obbligo di riparare i danni. E
cioè viene assolto dal reato di colpa, ma gli resta l'obbligo di ricostruire la
casa (il reato di pena).
Al reato di colpa e al reato di
pena accenna già san Cipriano (200-258) dicendo che il reato di pena è da
scontarsi se non si è fatta adeguata penitenza. Pena che, se non si è scontata
sulla terra, richiede un'espiazione dopo la morte. "Un conto -egli dice
nell'Epistola 55- è ottenere il perdono, altro invece è pervenire alla gloria;
un conto è stare in carcere per scontare il debito fino all'ultimo centesimo,
altro è ricevere subito la mercede della fede e della virtù; un conto essere
emendato e purificato a lungo col fuoco per una colpa commessa, altro invece è
essere subito coronato dal Signore."
La distinzione tra reato di colpa
e reato di pena è chiaramente affermata dal Concilio di Trento contro i
protestanti. È scritto: "E’ scomunicato chi afferma che all'uomo, una
volta ricevuta la grazia della giustificazione, non resta nessun reato di pena
sicché non deve scontare niente né qui sulla terra né nell'aldilà prima di
entrare in cielo. "
È in questa distinzione (reato di
colpa e reato di pena) che sta il fondamento teologico del concetto e della
realtà del Purgatorio.
Capitofo III
L'esistenza
del Purgatorio
Esiste veramente il Purgatorio?
La sua esistenza, se è ammessa
dalla Chiesa Cattolica, è decisamente negata da altri. La verità possiamo
attingerla con certezza solo dalle fonti della Rivelazione: la Sacra Scrittura
e la Tradizione.
I
negatori
Negano, ovviamente, l'esistenza
del Purgatorio tutti coloro che non credono all'esistenza di una vita
ultraterrena; ma negatori del Purgatorio sono anche i protestanti per la loro
teoria sulla giustificazione solo esteriore e giuridica. Solo esteriore perché,
per i protestanti, la giustificazione non cambia nulla nell'interno dell'uomo
che resta peccatore; e solo giuridica o forense, trattandosi di semplice
dichiarazione. Un esempio di giustificazione forense o giuridica: un uomo che
ha ucciso, pur dichiarato innocente dal giudice, resta omicida. Giuridicamente
(quindi esternamente) egli è immune dal delitto imputatogli, nella realtà però
è colpevole per davvero per aver commesso realmente l'omicidio.
La giustificazione vera non è
altro che l'applicazione dei meriti di Cristo per cui il peccatore è allo
stesso tempo giusto (per l'applicazione dei meriti di Cristo) e peccatore per
il suo stato reale di essere tutto peccato. Questa applicazione dei meriti di
Cristo esclude ogni debito anche di pena. In merito all'esistenza del
Purgatorio c'è poi da ricordare la controversia tra Chiesa Romana e Chiesa
Ortodossa al Concilio di Firenze (1439-1445). L'opposizione alla tesi romana si
ridusse a due punti fondamentali, e cioè al rifiuto del termine ‘purgatorio’ e
alla negazione decisa del fuoco purificatore.
Ritornando ai negatori del
Purgatorio, va detto che non mancano anche teologi moderni che, in pratica,
negano tutto, affogando il vero concetto di Purgatorio in un mare di parole,
non sappiamo fino a che punto sensate.
Cosa
dicono la Sacra Scrittura e la Tradizione
Ci limiteremo ad alcuni testi sia
della Sacra Scrittura sia della Tradizione.
Dalla Sacra Scrittura
Giuda Maccabeo, avendo scoperto
sui soldati, caduti in battaglia, amuleti idolatrici, fa una colletta per far celebrare
un sacrificio espiatorio. "Agendo così in modo molto buono e nobile,
suggerito dal pensiero della risurrezione. Perché se non avesse avuto ferma
fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano
pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a
coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua
considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio
espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato" (2 Maccabei
12,40-45). "Questo testo -scrive Piolanti- almeno indirettamente, afferma
che ai morti ‘cum pieta’ è anche se macchiati da qualche colpa, e concesso da
Dio il perdono dei propri peccati mercé le preghiere dei superstiti". Lo studioso
Candido Pozo, nel commentare il testo, annota che l'autore ispirato loda non
solo l'azione, ma anche la convinzione di Giuda Maccabeo ("agendo molto
bene e pensando nobilmente della risurrezione"), cosa che l'autore non
potrebbe fare se il modo di pensare di Giuda Maccabeo fosse falso. Modo di
pensare che comprende due elementi essenziali: e cioè sia che quei defunti non
sono morti in uno stato di condanna e d'inimicizia con Dio ("pensando che
coloro che erano morti piamente "); e sia che, tuttavia, restava loro qualcosa
da cui dovevano essere liberati ("perché fossero liberati dal loro
peccato").
Un altro riferimento al
Purgatorio. Il Vangelo di san Matteo dice: "Qualunque peccato o qualunque
bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo
non sarà perdonata. E chi avrà parlato contro lo Spirito Santo non sarà
perdonato né in questa né nell'altra vita" (12,31-32). Dunque, almeno come
interpretano alcuni esegeti, ci sono peccati che possono essere rimessi anche
nell'altra vita. Un'interpretazione che non è da scartare, anche se alcuni
moderni preferiscono vedere in questa frase enfatica unicamente la esclusione
di qualunque perdono per il peccato contro lo Spirito Santo".
Altro testo biblico:
"Secondo la grazia di Dio a me concessa, quale sapiente architetto, io
posi il fondamento e altri vi fabbrica sopra. Ognuno però badi a come fabbrica
sopra. Infatti altro fondamento nessuno può porre oltre quello che è stato posto,
che è Gesù Cristo. E se uno innalza su questo fondamento usando oro, argento,
pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno si renderà
manifesta; infatti il giorno (del Signore) lo mostrerà, poiché nel fuoco si
manifesta e l'opera di ciascuno, qual è, il fuoco la saggerà. Se l'opera, che
qualcuno avrà innalzato sopra, resterà, egli ne avrà la ricompensa; ma se
l'opera di uno brucerà, ne patirà danno, egli però sarà salvo, ma come
attraverso il fuoco" (1 Con 3,10-17). Commenta Piolanti: "L'Apostolo,
alludendo all'uso di adoperare oro argento, pietre preziose per la costruzione
dei templi e delle regge, applica questi nomi alla dottrine vere e proficue,
mentre riserva i termini "legno, fieno, paglia" alla dottrine false,
frivole e mondane, inadatte all'edificazione spirituale dei fedeli. L'opera di
ogni predicatore sarà messa alla prova del fuoco ( ..) nel giorno del Signore
(..). S. Tommaso d'Aquino (In 1 Cor,c.3, lect.2) interpreta il fuoco nel senso
più esteso, e cioè come complesso dei giudizi e delle prove (fuoco metaforico)
a cui Cristo sottopone l'opera di coloro che hanno lavorato nella sua Chiesa:
pertanto egli ritiene che "il giorno del Signore" (..) siano tutti i
momenti, in cui Dio manifesta il suo giudizio sull'opera dei costruttori del Regno
(tribolazioni della vita presente, giudizio particolare, giudizio finale). In
ognuno di questi momenti la Provvidenza mostra il valore delle opere: chi avrà
costruito con materiale buono (oro, argento, pietre preziose), vedrà la
consistenza del suo lavoro e ne avrà una ricompensa (ultraterrena); chi avrà
edificato con materiale cattivo (legno, fieno, stoppa), constaterà la fragilità
del proprio lavoro ed egli stesso ne subirà danno (ossia ne avrà un castigo),
ma sarà salvo, non senza dolore e angoscia, come colui che fuggendo tra le
fiamme ne prova spavento e ne riporta scottature. In questa prospettiva è
implicita l'idea del Purgatorio. Infatti le prove, a cui saranno sottoposti gli
architetti del Regno, non possono ritenersi soltanto terrene (tutto il contesto
riguarda principalmente la vita futura), né possono restringersi solo a quelle
del giudizio finale, perché in quel giudizio si avranno solo eletti o dannati,
mentre nel testo si parla di un patimento (un danno...) transeunte, che si
concluderà con la salvezza definitiva di colui che ha fabbricato sul fondamento
vero, ma con materiale di scarto. Il concetto di una prova ultraterrena, ma non
eterna, corrisponde alla dottrina cattolica del Purgatorio. Questa
interpretazione è sostanzialmente comune a numerosi esegeti cattolici".
Dalla Tradizione
Le testimonianze tratte dalla
Tradizione sono molto più dettagliate. Abbiamo prima di tutto gli Atti dei
Martiri e le iscrizioni delle catacombe che testimoniano il valore della
preghiera, delle opere buone e soprattutto del Sacrificio Eucaristico per i
fedeli defunti.
I Padri, poi, della Chiesa
d'Oriente e d'Occidente parlano di suffragi, di purificazione, di espiazione.
Eccone qualche saggio.
Abercio, vescovo di Gerapoli in
Asia Minore, compose nel II secolo il suo epitaffio sepolcrale, ove si legge:
"Queste cose dettai direttamente io, Abercio, quando avevo precisamente
settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio".
Dunque la Chiesa primitiva credeva nel Purgatorio, dal momento che credeva
nella necessità di pregare per i morti.
Origene fu il primo esplicito
assertore della dottrina cattolica del Purgatorio. Egli distingue nettamente
tra peccati gravi "ad mortem" e peccati degli imperfetti. Anche i
buoni sono imperfetti e pertanto tutti i giusti saranno provati col fuoco cui
accenna 1 Cor 3,13. "Se egli scrive in questa vita trascuriamo le parole
ammonitrici della Sacra Scrittura e non ci vogliamo curare ed emendare in base
ai suoi richiami, è certo che ci attende quel fuoco che è stato preparato per i
peccatori, e ci accosteremo a quel fuoco nel quale le opere di ognuno
esperimenteranno di che razza di fuoco si tratta. E, a mio avviso, noi tutti
necessariamente passeremo per quel fuoco".
Sant'Agostino, a sua volta, è
colui che ci ha dato sul Purgatorio la sintesi più completa e ordinata. Egli
afferma -come dice Piolanti- "con chiarezza inequivocabile che le pene
purificatrici devono aver luogo tra il giudizio particolare (subito dopo la
morte) e quello finale, dopo il quale non ci sarà più che l'Inferno e il
Paradiso." Sant'Agostino scrive nel De Civitate Dei, al capitolo
21: "Alcuni soffriranno pene temporali solo in questa vita, altri le
soffriranno dopo la morte; alcuni ancora le soffriranno in questa vita e
nell'altra, però prima dell'ultimo e severissimo giudizio.
Dal Magistero
La Chiesa ha formulato dogmaticamente i dati della Scrittura e della
Tradizione.
Il Concilio di Lione (1274)
afferma che "le anime sono purificate dopo la morte con pene che
lavano".
Il Concilio di Firenze (1439) è
il primo a presentare il Purgatorio come verità di fede.
Il Concilio di Trento (1553),
soprattutto col celebre decreto De Purgatorio, ribadisce che "il
purgatorio esiste e che le anime ivi trattenute possono essere aiutate dai
suffragi dei fedeli".
Il Magistero della Chiesa però
non ha definito nulla circa le pene del senso, e in particolare del fuoco, pene
che si aggiungerebbero alla pena della differita visione di Dio. E tuttavia al
fuoco accennano, per esempio, Innocenzo IV e Clemente VI.
Anche papa Paolo VI ha detto che
le anime di coloro che muoiono in Grazia sono sia quelle che devono espiare col
fuoco del Purgatorio, sia quelle che vanno subito in Paradiso.
L'esistenza del Purgatorio fa
parte dunque delle verità da credere, essendo dogma di fede definita. Ma cosa
significa dogma di fede definita? A scanso di equivoci va detto che ogni verità
contenuta nella Rivelazione è verità di fede e cioè deve essere accettata e
creduta incondizionatamente. Ma, quando i testi rivelati non sono del tutto
chiari oppure quando una determinata verità viene contestata o messa in dubbio,
la Chiesa, dopo accurato esame e approfondimento, può affermare che quella
determinata verità è contenuta formalmente nella Sacra Scrittura e nella Tradizione,
e quindi, come tale, deve accettarsi definitivamente; e affermazioni contrarie,
da parte di chiunque -si trattasse di teologi o di intellettuali, di semplici o
di mentalità corrente- vanno decisamente messe da parte come eretiche e
contrarie alla fede.
Capitolo
IV
La
teologia e la pietà popolare
La teologia, che è
approfondimento e sviluppo del dato rivelato, è, nei suoi più grandi maestri,
unanime nell'ammettere l'esistenza del Purgatorio, oltre poi a svilupparne pure
tutti i suoi elementi e a trarne conclusioni teoriche e pratiche.
I grandi
Maestri della Scolastica
Tutti i grandi Maestri della
Scolastica medievale (Pietro Lombardo, sant'Alberto Magno, Alessandro d'Hales,
ecc.) hanno ammesso l'esistenza del Purgatorio. Non solo, ma sulle tracce di
sant'Agostino, ne accettano quasi tutte le posizioni (la pena del danno e il
fuoco reale). Qui ricorderemo solo san Tommaso d'Aquino. Egli dice "(...)
se tolta la colpa con la contrizione, non viene tolto pure il reato della pena
e non vengono tolti i peccati veniali, la giustizia di Dio esige che l'ordine
intaccato dal peccato sia restaurato a mezzo della pena. E perciò è necessario
che chi, ricevuto l'assoluzione del peccato, muore senza aver fatta la debita
soddisfazione, sia punito dopo questa vita. Coloro perciò che negano il
purgatorio, parlano contro la giustizia di Dio, e ciò è erroneo e contro la
fede (...)."
Ci dice Piolanti: "Nel
secolo XIII i grandi scolastici, chiosando il testo di Pietro Lombardo,
costruirono una sintesi più consistente. Essi, pur discutendo su alcuni punti
secondari (remissibilità del peccato veniale, la gravità e la durata della
pena, il luogo del Purgatorio), tennero come dottrina di fede l'esistenza del
Purgatorio, la temporaneità della pena e furono concordi nel ritenere reale il
fuoco".
La pietà
popolare
Prova della veridicità del
Purgatorio è anche, in qualche modo, la pietà del popolo cristiano che sempre
ha coltivato il culto dei defunti con suffragi, acquisto di indulgenze, ecc. E
il sensus fidelium, il sentire dei fedeli che ha il suo peso,
rivelandosi espressione di una tradizione costante e mai smentita dalla Chiesa
stessa. Ora, il popolo cristiano a cominciare dai primi secoli della Chiesa non
solo ha sempre creduto nell'esistenza del Purgatorio, ma ha pure sempre
suffragato e pregato per i defunti. Anche nel nostro tempo scristianizzato,
dove è frequentemente diffuso un simbolismo di tipo magico, non è venuto meno
il culto "cattolico" dei defunti. Scrivono Vittorio Messori e Aldo
Cazzullo nel loro Il mistero di Torino: "A Milano c'è il Cimitero
Monumentale e a Torino il Cimitero Generale. E benché a quest'ultimo ci vada
tanto poca gente, tuttavia, sia nei sepolcri sotto le arcate sia nelle cappelle
all'aperto, si sprecano i triangoli, i pentacoli, le squadre, le fronde di
acacia, ma l'imponenza stessa delle costruzioni, la cura con cui sono tenute
(...) mostrano che l'abbandono della fede nell'Aldilà cattolico non ha scalfito
il culto dei defunti che la contrassegna."
D'altronde la Chiesa stessa ha
cercato di spogliare la morte inculcando in tutti i modi la speranza della
salvezza, attuata da Cristo Redentore col suo Sangue. Così l'uso di porre sulle
tombe la croce, l'emblema di vincere la morte con la certezza della
risurrezione finale del corpo. I luoghi dei seppellimenti, invece di chiamarli
"necropoli" (terra dei morti) li ha chiamati "cimiteri" e
cioè, secondo la traduzione greca della parola, "dormitori". II
seppellimento lo ha chiamato "deposizione", più che
"donazione" definitiva, per intendere un affidamento solo temporaneo
che si concluderà con la restituzione (la risurrezione della carne).
I santi e
il purgatorio
Ma sono soprattutto i santi che
ci parlano del Purgatorio: queste pagine vogliono esserne dimostrazione e
conferma.
Certo non tutti i santi hanno
avuto visioni di anime purganti o sono scesi in Purgatorio o hanno avuto visite
di anime purganti. E però quasi impossibile che ci siano santi che non si siano
interessati profondamente alle anime purganti, suffragandole e invitando a
suffragarle. Il che è un apporto all'insegnamento della Chiesa tutt'altro che
disprezzabile. Si tratta ancora una volta del sensus fidei espresso
dalla parte migliore della Chiesa.
I teologi, spesso, non prendono quasi in nessuna considerazione la pietà
popolare e i fenomeni mistici relativi. È un bene? Certamente la teologia, in
quanto scienza, deve mantenersi sempre all'altezza della sua dignità, vagliando
tutto con serietà e rigore; ma deve anche tener presente che la stessa pietà
popolare ha una sua dignità!
Il Magistero della Chiesa ha più
volte richiamato l'attenzione dei teologi a non disprezzare tale pietà,
piuttosto a guidarla, a purificarla da elementi e fanatismi.
Certamente molti di questi
fenomeni non possono essere ritenuti prove convincenti; ma è pur vero che
spesso essi si presentano con tale cruda realtà (si pensi, per esempio, alle
mani bruciate che lasciano l'impronta sulla porta) da doverli ritenere, per lo
meno, indizi di una realtà che supera ragione umana e le nostre convinzioni
razionali.
Da aggiungere poi che quanto
affermato, oltre al prezioso contributo dogmatico, induce ad una conclusione:
il Purgatorio si rivela come una esigenza dell'anima umana. Come già si dice
per altro, si potrebbe anche in questo caso affermare: se il Purgatorio non
esistesse, bisognerebbe inventarlo. Poche cose sono così spontanee, umane,
universalmente diffuse -in ogni tempo e in ogni cultura- della preghiera per i
propri cari defunti. Ciò è tanto vero che molti protestanti, che pure negano
l'esistenza del Purgatorio, nella pratica vi sono ritornati e trovano anche
delle argomentazioni teologiche degne di attenzione per darne un fondamento.
Pregare per i propri cari è un moto troppo spontaneo per soffocarlo; è una
testimonianza bellissima di solidarietà, di amore, di aiuto che va al di là
delle barriere della morte.
Capitolo V
In che
consiste il Purgatorio
La purgazione o purificazione da
subire in Purgatorio è estremamente penosa. Da quanto detto e da quanto si dirà
in seguito le anime purganti soffrono spaventosamente.
I loro tormenti sono tanti e di
incredibile gravità. I testi biblici, che accennano al fuoco, al carcere,
ecc... a molti esegeti non sembrano essere così decisivi, potendo essi
spiegarsi anche in altro modo. Qui allora apparizioni e visioni dei santi
appaiono decisive: e queste ci dicono che le anime purganti soffrono
terribilmente.
C'è allora da chiedersi: perché
queste pene e quali sono quelle principali che fanno soffrire le anime?
Il perché
della pena
La pena nel Purgatorio si origina
dal fatto che l'anima vede che Dio l'attira prepotentemente per puro amore e ne
viene come distolta o impedita dall'impedimento del peccato.
Le pene sono varie e di vario
genere. La prima e più importante è la pena del danno.
La pena del danno
La pena del danno consiste nella
privazione della visione di Dio. È la pena principale che fa soffrire
indicibilmente l'anima purgante. Questa, non avendo più i legami e i
condizionamenti della carne, tende a Dio con una forza irresistibile, ma ne è
come respinta. Santa Caterina da Genova tenta così di descriverla: 'Poniamo che
nel mondo esista un solo pane che debba sfamare tutte le creature e che esse
possano saziarsi solo vedendolo. Ora la creatura, cioè l'uomo, quando è sano,
sente l'istinto naturale di mangiare e se non lo fa, qualora non si ammali o
non muoia, la fame crescerà sempre proprio perché quello stimolo non viene
meno: è contento perché sa che quel pane soltanto la può saziare, ma non
avendolo egli resta affamato. Questo è l'inferno che provano quanti hanno una
grande fame: quanto più l'uomo si avvicina a quel pane senza poterlo vedere,
tanto più acceso diventa il suo desiderio che, per istinto naturale, è
completamente rivolto verso quel pane, nel quale risiede tutta la (sua)
felicità. Nel momento in cui avesse la certezza di non poter mai vedere quel
pane, si inizierebbe per lui l'esatto inferno: questo preciso inferno provano
le anime dannate perché prive completamente della speranza di contemplare il
pane vero che è Dio salvatore".. Santa Caterina da Genova sembra
confermare una tale interpretazione "La ruggine del peccato, -ella dice-
che ricopre le anime nel purgatorio, si va consumando per il fuoco (dell'amore
divino) e quanto più si distrugge tanto più cresce la corrispondenza col vero
sole che è Dio ".
Ma si tratta anche di un fuoco
come pena vera e propria. E perché? Perché, oltre alla pena del danno che già
di per sé sviluppa un insopportabile "fuoco" (cioè il
"fuoco" di un amore non appagato), anche la pena di un fuoco
materiale? La ragione potrebbe trovarsi nel fatto che il peccato, oltre ad
essere un'offesa a Dio, è nello stesso tempo un amore disordinato alle
creature. È logico allora che l'anima peccatrice venga punita tanto da Dio
quanto dalle creature stesse. "Le anime, dopo la morte, -dice
sant'Agostino- sono penetrate da un fuoco ardentissimo che mente umana non può
concepire". E aggiunge: "Benché questo fuoco sia destinato a
purificare l'animo, è più doloroso di qualunque cosa si possa sopportare sulla
terra".
Le pene peculiari
Oltre al fuoco, ci sono anche
pene particolari per ciascun vizio. Ne parla santa Maria Maddalena de Pazzi
(1566-1607) che vide e descrisse le pene tremende riservate agli ipocriti, ai
disobbedienti, agli impazienti, ai bugiardi, agli avari, agli immondi e impuri,
ai superbi, agli ambiziosi, agli ingrati. E pene particolari anche per anime
religiose, che Dio aveva eletto ad amarlo più delle altre, e che non hanno
corrisposto in pieno alla vocazione ricevuta.
Scrive santa Faustina Kowalska
(1905-1938) nel suo Diario: "Ho saputo che c'è un luogo in purgatorio,
dove le anime espiano di fronte a Dio per colpe di questo genere. Questa fra le
varie pene è la più dura. L'anima segnata in modo particolare da Dio si
distinguerà ovunque, in paradiso, in purgatorio e all'inferno. In paradiso si
distingue dalle altre anime per una gloria maggiore, per lo splendore e per una
più profonda conoscenza di Dio. In purgatorio per una sofferenza più acuta,
poiché conosce più a fondo e desidera più violentemente Dio. All'inferno soffrirà
più delle altre anime perché conosce meglio Colui che ha perduto. Il sigillo
dell'amore esclusivo di Dio che è in lei non si cancella".
Un'anima di una religiosa defunta
confida alla Menendez: "Da un anno e tre mesi sono in purgatorio. Senza i
tuoi piccoli atti dovrei starvi per lunghi anni ancora! Una persona del mondo
ha meno responsabilità di una religiosa. Quante grazie riceve questa e quale
responsabilità se non ne profitta. Quante anime religiose si rendono poco conto
del come si espiano qui le loro colpe! La lingua orribilmente tormentata espia
le mancanze al silenzio... la gola riarsa espia le colpe contro la carità ...e
l'angustia di questa prigione, le ripugnanze ad obbedire ...e qui occorre
espiare la piccola immortificazione!... Frenare gli sguardi per non cedere alla
curiosità può costare un grande sforzo, ma qui... Quale tormento soffrono gli
occhi impediti di vedere Dio!"
La gravità delle pene del
Purgatorio
Sono gravi le pene del
Purgatorio?
Interrogato un giorno san Pio da
Pietrelcina su cosa pensasse delle pene del Purgatorio (1887-1968), rispose:
"Se il Signore dovesse permettere all'anima di passare da quel fuoco a
quello più bruciante di questa terra, sarebbe come passare dall'acqua bollente
all'acqua fresca".
Per san Tommaso d'Aquino
(1225-1274) "Ogni minima pena del Purgatorio è più grave della massima
pena del mondo. Tanto differisce la pena del fuoco del Purgatorio dal nostro
fuoco, quanto il nostro fuoco differisce da quello dipinto".
San Roberto Bellarmino
(1542-1621) parla di "pene acerbissime" e santa Caterina da Siena
(1347-1380) parla di "pene infinite", infinite ovviamente non nel
tempo ma nella gravità.
La beata Anna Schaefer
(stimmatizzata tedesca nata nel 1882 e morta nel 1925) sognò il 25 luglio 1920
una donna che aveva conosciuta ed era morta già da molti anni. Era ancora in
Purgatorio e soffriva in maniera indicibile. Vedendola così, la Santa le disse:
"Per quanto io abbia soffèrto moltissimo fino ad ora, il mio patire non è
niente in confronto al tuo. è come fresca rugiada!". La donna raccomandò
di pregare molto per lei.
Un giorno il Signore fece vedere
a suor Maria Dionisia un'anima in Purgatorio: era l'anima di un potente
principe ucciso in duello. Dio gli aveva concesso, prima dell'ultimo suo
respiro, di fare un atto di contrizione e salvarsi. Le ordinò di pregare per
lui specialmente. Ella obbedì continuando per nove anni e tre mesi, ed offrì
anche la sua vita per quell'anima. Ma con tutto ciò questa non fu liberata.
Ella ne era, per questo, così oppressa che la superiora s'accorse che le era
accaduto qualcosa di straordinario. La Suora raccontò la visione e aggiunse:
"Sì, cara Madre, ho veduto quell'anima in purgatorio; ma ohimè chi la
libererà? Forse non ne uscirà fino al giorno del giudizio. Oh madre mia,
continuò piangendo; quanto è buono Iddio nella sua giustizia! Questo principe
seguì lo spirito del mondo ed i dettami della carne! Si curò poco della sua
anima, ed ebbe pochissima devozione nell'uso dei sacramenti!" E disse
pure: "Sono commossa non tanto per il lacrimevole stato di patimento
dell'anima, quanto sono compresa di meraviglia per il santo momento di grazia
che effèttuò la salvezza. L'onnipotenza divina si lasciò smuovere da qualche
anima buona. Ah! mia cara Madre, d'ora in poi dobbiamo insegnare a tutti a
chiedere a Dio, alla Beata Vergine ed ai Santi quell'istante finale di grazia e
di misericordia". Ma poiché la superiora faceva tante obiezioni a questi
pensieri, la suora così rispose: "Mia cara madre! Il principe non aveva
perduto la fede, era come una miccia pronta a prendere fuoco; perciò quando la
scintilla misericordiosa della grazia toccò il cuore della sua anima cristiana,
vi si accese il fuoco della carità e produsse un atto di salvezza".
Impossibile descrivere i patimenti d'anima e del corpo che suor Maria Dionisia
si assunse per suffragare quell'anima. Dopo un lungo martirio di questo genere,
il Signore le fece vedere che l'anima penante del principe si era lievemente
elevata dal fondo dell'ardente abisso e che le erano state accorciate le sue
pene di poche ore. Stupore della madre e replica di suor Maria Dionisia:
"Ah! Madre mia, è già gran cosa che la divina misericordia abbia
cominciato a cedere; il tempo nell'altra vita non ha la stessa misura che ha in
questa; anni di tristezza, di stanchezza, di povertà e di severe infermità in
questo mondo non hanno paragone con un'ora sola di patimento delle povere anime
del Purgatorio." Suor Maria Dionisia alla fine offrì la sua vita per un
semplice alleviamento, non per la liberazione, di quell'anima, e l'offerta fu
accettata. Poco prima della sua morte, la Superiora le esprimeva il parere che
quell'anima era ormai libera. Ma Suor Maria Dionisia con grande veemenza disse:
"Oh, madre, si richiedono ancora molti anni e molti suffragi". E
infine morì, ma senza far parola che l'anima del principe fosse ormai liberata.
Pene così acerbe possono durare tantissimo.
Ad un professore che raccomandava
a san Pio da Pietrelcina uno scrittore suo amico, il frate stimmatizzato
rispose: "Ha amato troppo le creature!" E chiedendogli quanto tempo
sarebbe rimasto in Purgatorio, ricevette questa risposta: "Almeno cento
anni". Bisogna inoltre sapere che in Purgatorio il tempo non si misura
come da noi.
Tanti teologi cercano di spiegare
diversamente le pene del Purgatorio dal momento che la Scrittura non ne fa
aperto e sicuro cenno. Per esempio, per Panteghini il fuoco purificatore
sarebbe Dio stesso. L'anima, staccandosi dal corpo e vedendo Dio, si vedrebbe
alla luce dell'Assoluto, in tutta la sua miseria e imperfezione e così sarebbe
purificata.
Ma in che modo Dio purificherebbe
l'anima? Facendola soffrire e come? In un istante o in una prolungata
agonia?... Mi sembra molto più chiara e accettabile l'opinione di santa
Caterina da Genova che così si esprime: "L'anima, una volta alla presenza
della divina maestà, si vede come in uno specchio tersissimo, sicché essa
stessa, vedendosi o del tutto senza macchie o morta in peccato o ancora
imperfetta e macchiata, si lancia in paradiso o nell'inferno o in purgatorio
".
Il perché delle pene
Adesso chiediamoci: perché la
pene dopo l'aver ricevuto il perdono completo delle proprie colpe? Si tenga
presente, ancora una volta, il reato di colpa e il reato di pena. Dice santa
Caterina da Genova: "Dio ha creato l'anima pura e semplice, priva di ogni
imperfezione e dotata di un certo istinto beatifico verso di Lui; da questo
istinto la allontana il peccato originale. Quando ad esso si aggiunge il
peccato attuale, l'allontana di più e quanto più si allontana tanto più cresce
la malvagità dell'anima, perché corrisponde meno con Dio. (...) Perciò, quando
si trova un'anima che sta tornando perfetta e pura come quando fu creata,
quell'istinto beatifico (verso Dio) si libera e divampa con grande impeto e
forza per il fuoco della carità che la spinge talmente verso il suo fine ultimo
(Dio) tanto che all'anima sembra insopportabile essere ostacolata; e quanto più
scorge distintamente quel fine divino, tanto maggiore e più acuto è il suo
tormento". La Santa dice, in sostanza, questo: l'anima creata da Dio pura
e bella e con un istinto o tendenza beatifica, per il peccato originale e più
ancora per il peccato attuale, si allontana da questo istinto, divenendo sempre
più perversa. Quando perciò un'anima si accosta alla sua prima creazione pura e
bella -e tale è appunto l'anima purgante liberata dal peccato- quell'istinto
beatifico la va discoprendo e la fa crescere con tale ardore di carità, che le
pare insopportabile di essere impedita dall'andare all'ultimo fine. E quanto
più vede, tanto più soffre.
E la santa chiarisce dicendo
ancora: "Le anime che si trovano in Purgatorio, dato che sono senza
peccato, non hanno barriere tra Dio e loro, salvo quella pena che le ha fatte
attardare a realizzare quell'istinto che non ha potuto trovare ancora la sua
realizzazione. (...) Le anime purganti ... hanno solo la pena; ma dato che sono
senza colpa perché questa fu cancellata con il pentimento, la pena è temporanea
e va scemando col passare del tempo".
Parlando delle pene delle anime
purganti, non si dimentichi che esse soffrono soprattutto per aver offeso Dio.
Ancora santa Caterina da Genova: "E parmi vedere la pena delle anime del
Purgatorio esser più, per veder di avere in sé cosa che dispiaccia a Dio, e
averla fatta volontariamente contro tanta bontà, che di niuna altra pena che
sentano in esso Purgatorio. Questo è perché essendo in grazia, vedono la verità
e l'importanza dell'impedimento, il quale non le lascia avvicinare a Dio".
Il fondamento del purgatorio
L'espiazione, la riparazione con
la conseguente purificazione sono i fondamenti stessi del Purgatorio.
Da aggiungere che il Purgatorio,
pur essendo essenzialmente uno stato, è anche un "luogo". Da
innumerevoli episodi si deduce che a volte le anime scontano la pena nei luoghi
nei quali peccarono. Nella vita di san Pio da Pietrelcina si trovano tanti
episodi che tendono ad attestare ciò. Insomma, il Signore disporrebbe che tante
anime facciano il loro purgatorio in terra e fra noi, e permetta pure che esse
possano uscire dal "luogo" in cui stanno e apparire agli uomini e ciò
sia per istruzione dei vivi e sia a suffragio dei defunti, come dice anche san
Tommaso d'Aquino.
Capitolo VI
Le gioie
delle anime del Purgatorio
Le gioie
delle anime purganti
L'acerbità delle pene potrebbe
indurre a pensare che il Purgatorio sia quasi un doppione dell'Inferno e che
Signore sia troppo severo con poveri esseri che hanno costituzionalmente,
potremmo dire, la debolezza stessa. Non è così, anche se san Pio da Pietrelcina,
per esempio, facendo eco ad altri santi, ha affermato qualche volta che
"in certi posti (del Purgatorio), (il Purgatorio) è come l'inferno."
È questo un altro punto che ci
viene magnificamente illustrato da alcune visioni di santi. Il Purgatorio, dunque,
non è un doppione dell'Inferno, perché le pene sono amate e volute dalle stesse
anime purganti. Se, infatti, ci si chiede chi è che sottopone alle pene, la
risposta più ovvia sembra questa: è la divina giustizia che ha le sue
imprescindibili esigenze. Senza dubbio è così, ma bisogna aggiungere pure che,
prescindendo per il momento da dette esigenze della giustizia divina, le anime
purganti, a quanto rivela santa Caterina da Genova, vanno alla purgazione di
propria volontà. Ella dice: "Lo spirito purificato non trova pace in
nessun luogo se non in Dio, essendo stato creato per questo fine. Ugualmente le
anime in peccato possono stare solo all'inferno, perché Dio ha predisposto per
loro questo luogo, perciò nel preciso istante in cui lo spirito si separa dal
corpo, l'anima va verso il posto che le si addice, senza altra guida che quella
contenuta nella natura del peccato. Questo, naturalmente, se l'anima parte dal
corpo in peccato mortale. E dico ancora: se una tale anima non trovasse in quel
passaggio l'ordine che Dio ha stabilito secondo la sua giustizia, rimarrebbe in
una condizione ancora peggiore dell'inferno, perché chi è fuori da quell'ordine
non può godere della divina misericordia che alle anime concede una pena minore
di quanto meritano. Per questo, non trovando un luogo più adatto e meno
doloroso, perché Dio ha voluto così, esse si gettano immediatamente là dentro
come luogo che appartiene a loro. Riguardo al Purgatorio abbiamo qualcosa di
simile: l'anima separata dal corpo, che non si trova in quella purezza in cui
fu creata, constatando questo impedimento che può essere rimosso solo per mezzo
del Purgatorio, volentieri e senza indugio vi si butta dentro. E se non
trovasse questo ordine predisposto per eliminare quell'impedimento, nel
medesimo istante sorgerebbe in lei un inferno peggiore del Purgatorio perché
l'anima si vedrebbe separata da Dio, che è tanto importante da non preoccuparla
".
Dicevamo il Purgatorio non è un
doppione dell'Inferno, dal quale differirebbe solo perché questo è eterno e
senza speranza mentre il Purgatorio avrà fine.
Piuttosto va detto che, insieme a
pene acerbissime, ci sono gioie non meno grandi ed esaltanti.
Tre motivi principali di gioia
Per santa Caterina da Genova ci
sarebbero tre motivi principali che ci permettono di parlare di gioie delle
anime purganti: l. la considerazione della misericordia di Dio; 2.
la certezza della salvezza; 3. il conforto dell'amore di Dio.
Per quanto riguarda la considerazione della misericordia di Dio, santa
Caterina da Genova scrive: "Io vedo ancora quelle anime, immerse tra le
pene del Purgatorio, ricevere due effetti dell'azione divina. Il primo è che
esse volentieri soffrono quelle sofferenze, convinte che Dio abbia compiuto un
grande gesto di misericordia rispetto a quello che meritavano e rendendosi
conto della sua maestà. Infatti se la sua bontà non mitigasse con la
misericordia la giustizia, che si soddisfa con il sangue di Gesù Cristo, anche
un solo peccato meriterebbe una pena eterna corrispondente a mille inferni. Nel
vedere, invece, la grande misericordia loro concessa, esse accettano volentieri
la pena ricevuta e non la diminuirebbero di un solo carato, sapendo di
meritarla giustamente secondo la perfetta disposizione divina; e non si
lamentano di Dio essendo la loro volontà come se vivessero già nella vita
eterna. Il secondo effètto è che sentono una certa gioia nel vedere la divina
disposizione con la quale Dio opera con l'amore e la misericordia verso le
anime. Dio imprime nella loro mente queste due visioni in un solo istante, di
modo che, essendo esse in grazia, le comprendono in maniera autentica secondo
la capacità personale. Così non viene mai a mancare la gioia che ne deriva e
che, anzi, cresce avvicinandosi sempre più a Dio. Le anime non vedono queste
cose dentro se stesse né per merito loro, ma le vedono in Dio, al quale
rivolgono maggiore attenzione piuttosto che alle pene che patiscono, poiché lo
ritengono più importante. Questo perché la visione di Dio, per quanto possa
essere limitata, supera ogni pena e gioia che l'uomo possa provare; ma anche se
le supera, non toglie loro nemmeno una scintilla di pena o di felicità".
Veniamo alla seconda gioia delle
anime purganti: la certezza della salvezza.
È una gioia incomparabile.
L'anima salva non teme più nulla, né i tranelli di satana né le occasioni di
peccato; non avrà più ansie e timori di perdersi. L'anima è salva e salva per
sempre. Questa certezza procura all'anima una gioia senza fine che alleggerisce
tutte le pene. In lei vi è solo l'attesa di vedere attuata la beata speranza.
Il Purgatorio potrà durare pure fino alla fine dell'umanità, ma questo non
indurrà mai alla disperazione dalla quale è attanagliata l'anima dannata. Vi è
poi la gioia di vedersi sempre più purificata. La gioia cioè dell'anima
purgante cresce sempre più, mano mano che si libera dalla ruggine funesta del
peccato. E questo vedersi sempre più purificata significa sia un avvicinarsi a
Dio con tutto l'essere e sia scoprire sempre più la propria bellezza
originaria, mai potuta intravedere con le proprie forze. Se santa Teresa
d'Avila (1515-1582), al vedere la bellezza di un'anima in Grazia, l'avrebbe
adorata sembrandole quasi Dio stesso, si può appena immaginare quanto faccia
felice un'anima che si scopre sempre più bella, sempre più simile al suo Dio.
Le anime purganti sono anche nella gioia perché vivono di fede, di speranza, di
amore, tutte fonti inesauribili di gioia. L'anima "vive la fede al massimo
grado, -dice santa Caterina da Genova- non essendo ancora giunta alla visione
immediata di Dio, che squarcia ogni nebbia e la fa vivere nella luce eterna. Lo
stesso vale per la speranza, che può dirsi la virtù propria del Purgatorio,
perché l'anima, non conoscendo i termini e i limiti della sua pena, pur
desidera ardentemente Dio, con un'intensità d'amore, del quale non possiamo
formarci nessuna idea. Anche l'amore che i più grandi santi hanno avuto in
terra verso Dio, è piccola cosa in confronto alla carità di un'anima in
Purgatorio. Per questo tanti Santi, prima di ascendere al Cielo sono passati
per il Purgatorio, anche per poco, come risulta da tante loro manifestazioni ad
anime buone. L'anima santa epura ha bisogno di un ultimo slancio di amore che
la spinga verso Dio, e questo può averlo solo in Purgatorio". E la Santa
ne dà la ragione: "L'anima santa è attratta potentemente da Dio che l'ama
infinitamente, e mente umana non può misurare la forza di questa attrazione,
diremmo quasi magnete infinito che attira il piccolo atomo di ferro. L'anima
santa attratta così, è per poco nel Purgatorio, non nelle fiamme della
purificazione ma nelle fiamme di un immenso amore, che è come lo scoppio che la
spinge definitivamente a Dio che l'attrae. È allora che l'anima compie la sua
piena unione alla Volontà di Dio". "Se potessero purificarsi con il
pentimento, pagherebbero in un solo istante tutto il loro debito, tanto
profondo sarebbe l'impeto di contrizione suscitato dalla chiara visione del
peso di quell'impedimento che le ostacola. Ma di quel debito non viene
condonata nemmeno una scintilla, perché la divina giustizia ha stabilito
così". Sono gioie di una intensità inimmaginabile. "Non credo esista
-afferma santa Caterina da Genova- una gioia paragonabile a quella di un'anima
in Purgatorio, eccetto quella dei santi del Paradiso. E questa gioia cresce di
giorno in giorno per l'influsso di Dio in quelle anime, perché ciò consuma
sempre più quanto impedisce (l'accoglienza) di quell'influsso. L'impedimento è
la ruggine del peccato: il fuoco (dell'Amore divino) va consumando la ruggine e
così l'anima si apre sempre più all'influsso di Dio. È come un oggetto coperto
davanti al sole, che non può ricevere i suoi raggi, non per una imperfezione
del sole che splende di continuo ma a causa della sua copertura: quando si
elimina questa copertura, l'oggetto si apre al sole, la sua capacità di
rifletterne (i raggi) aumenta quanto più si va assottigliando ciò che lo copre.
Allo stesso modo la ruggine del peccato, che ricopre le anime del Purgatorio,
si va consumando per il fuoco (dell'amore divino) e quanto più si distrugge
tanto più cresce la corrispondenza col vero sole che è Dio. Perciò quanto più
diminuisce la ruggine, tanto più cresce la gioia e l'anima si apre all'influsso
divino; così questa cresce e l'altra diminuisce finché non sia tutto compiuto.
Non che venga meno la pena, va solo diminuendo il tempo di stare in quella
pena". Ancora santa Caterina da Genova: "L'amore di Dio che trabocca
nell'anima le dona una gioia inesprimibile, ma alle anime che sono nel
Purgatorio questa felicità non toglie nemmeno una scintilla di sofferenza.
Infatti l'amore che provano ma che viene frenato costituisce la loro pena,
tanto più grande quanto è la perfezione di quel sentimento di cui Dio le ha
rese capaci. Di conseguenza le anime nel Purgatorio provano una gioia
grandissima e una sofferenza grandissima, senza che l'una escluda
l'altra".
Dunque, queste anime uniscono due
cose in apparenza irriducibili: una gioia somma e nello stesso tempo
innumerevoli tormenti. Come ciò possa avvenire, solo il Signore lo sa, anche se
nell'esperienza umana possono trovarsi situazioni nelle quali gioie e dolori si
trovano insieme.
Veniamo adesso alla terza gioia,
cioè al conforto dell'amore di Dio. Scrive santa Caterina da Genova: "La
terza gioia delle anime purganti è il conforto dell'amore, perché l'amore rende
facile ogni cosa. Le anime purganti sono in un mare di amore".
Le anime purganti vivono di fede,
di speranza, di amore
Nel Purgatorio -come nel Paradiso
e nell'Inferno- le anime vanno, quindi, anche di propria volontà. E non solo ci
vanno volentieri ma vogliono pure scontare tutto: "Se un'anima -continua
santa Caterina da Genova - venisse presentata al cospetto di Dio con un'ora
ancora da purgare, le si farebbe offesa cagionandole una sofferenza più grande
di dieci Purgatori, perché la somma giustizia e la pura bontà divina non
potrebbero sopportare quella vista che, di fronte a Dio, sarebbe sconveniente.
Sarebbe anche intollerabile per l'anima accorgersi che Dio non è pienamente soddisfatto
di lei, anche se le mancasse da scontare un solo batter di ciglia, e per
togliersi ogni macchia si getterebbe subito in mille inferni, se fosse
possibile, piuttosto che rimanere ancora non del tutto purificata al cospetto
di Dio ".
Ciò ci fa pure capire che il
Purgatorio, anche come luogo, non è da immaginarsi come un carcere chiuso nel
quale le anime vi siano rinserrate da una forza costrittiva superiore per
liberarsi dal reato di pena. Certo, le anime non possono liberarsene se non a
purgazione finita; resta però che il Purgatorio non è un carcere dove ci si è
cacciati con la forza; non è un carcere chiuso dove non ci sono porte.
Mettiamoci ancora alla scuola di santa Caterina da Genova: "Per
disposizione di Dio il Paradiso non ha alcuna porta e se qualcuno vuole entrare
può farlo, perché è somma misericordia ed è rivolto verso di noi con le braccia
aperte per accoglierci nella sua gloria. Ma vedo pure che quella divina essenza
è di tanta purezza e candore, molto più di quanto l'uomo possa immaginare, che
l'anima con una minima imperfezione come un granello di sabbia preferirebbe
gettarsi in uno o anche mille inferni, piuttosto che trovarsi davanti a Dio con
quella piccolissima macchia. Vedendo che il Purgatorio... è stato predisposto
per mondare quella macchia, vi si getta dentro e le sembra di usufruire di una
grande misericordia per eliminare ogni impedimento". Lo stesso san Tommaso
d'Aquino sembra esprimere questi concetti. Come si vede Inferno e Purgatorio
sono due realtà essenzialmente diverse. L'Inferno si fonda sull'odio e sulla
disperazione, il Purgatorio si fonda invece sull'amore e sulla speranza.
Se è impossibile farsi un'idea
delle gioie delle anime purganti, nessuna mente umana può immaginare o
descrivere l'esultanza di quell'ora beata nella quale l'anima, purificata
dall'espiazione, se ne vola al Paradiso, pura come quando Dio la creò e felice
di sentirsi per sempre unita al Sommo suo Bene, in un oceano di felicità e di
pace." (...) L'anima, dunque, -è sempre santa Caterina da Genova a
parlare- che è in perenne e tormentosa attesa della felicità, con un amore
verso Dio che cresce si intensifica a misura che essa è purificata, giunta al
termine della purificazione, all'invito amoroso di Dio, si slancia in Lui, ed è
tutta un canto di riconoscenza, per le medesime pene che ha subite, più che non
abbia riconoscenza l'infermo risanato, per le pene inflittegli dal chirurgo.
"
Capitolo VII
Il
Purgatorio opera di infinita misericordia di Dio
Nonostante le pene e le
sofferenze di ogni genere, il Purgatorio deve essere giudicato come una grande
opera della misericordia voluta dall'infinita bontà di Dio. Vediamone il
perché.
Il
ritrovato della misericordia
Si ricordi quanto detto a
proposito del reato di colpa e del reato di pena. Il peccato è un grande
mistero ed ha conseguenze inimmaginabili. Essendo offesa infinita a Dio, solo
Dio può ripararla appieno. Ecco perché se non ci fosse la Redenzione di Cristo,
l'uomo non potrebbe riparare neanche il minimo peccato veniale. È in base ai
meriti di Cristo che l'uomo può riparare tanto facilmente ai suoi trascorsi. Le
tante indulgenze concesse dalla Chiesa, le innumerevoli facilitazioni offerte
per far penitenza e acquistare meriti e riparare i peccati, tutto ha come base
e giustificazione la Redenzione del Cristo. Ogni offesa fatta a Dio, anche la
più piccola, è offesa infinita. E per ripararla si esige una riparazione
infinita.
Purtroppo la riluttanza con cui
generalmente l'uomo accetta di espiare, e la noncuranza per risorse così
preziose, fanno capire quanto facilmente anche l'uomo ritenuto più retto si
presenti al tribunale di Dio con debiti non indifferenti, e perciò è obbligato
all'espiazione in Purgatorio. Causa dunque del Purgatorio è solo il peccato,
come solo il peccato è causa della dannazione eterna. Si può affermare che,
almeno in qualche modo, come il peccato ha creato l'Inferno così ha creato pure
il Purgatorio, pur ritenendo quest'ultimo una realtà d'immensa misericordia di
Dio.
Senza il
Purgatorio andrebbero tutti all'Inferno
In Paradiso non può entrare nulla
d'imperfetto. I testi biblici lo ripetono in tutti i toni. L'inferno è
soprattutto per quelli "che vanno dietro alla carne, nell'immonda
concupiscenza, e disprezzano l'autorità" (2 Pietro 2,9-10). "Non
illudetevi! Né i fornicatoci, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli
effeminati, né i sodomiti (...) erediteranno il Regno di Dio!" (1 Corinzi
6,10) L'inferno è per "i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi,
gli immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori"
(Apocalisse 21,8).
Davanti alla Maestà di Dio l'uomo
non può che adorare togliendosi i calzari. Dio ferma Mosè che avanza verso il
roveto ardente e il Signore gli dice: "Non avvicinarti! Togliti i sandali
dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa " (Esodo
3,5). Il profeta Isaia vede Dio proclamato dai serafini nella sua maestà:
"Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti", si ritiene perduto
se non fosse stato purificato dall'angelo (cfr.Isaia 6,1-7). E il salmista
confessa: "Se consideri le colpe, Signore chi potrà
sussistere?"(Salmo 130,3).
Se l'uomo è immerso nel peccato,
una volta morto dove andrebbe a finire? Tutti dannati per fuggire lo sguardo di
Dio? E tuttavia sarebbe proprio giusto condannare alla separazione eterna da
Dio anime che sono vissute nella Sua Grazia e, pur con tutte le debolezze,
hanno cercato di amarlo sopra ogni cosa?
Si vede così tutta la
provvidenzialità di un "luogo" di purificazione dove si afferma la
misericordia e si soddisfa la giustizia. Senza questa possibilità di
purificazione, eccetto pochissimi santi, quasi tutti gli uomini si
dannerebbero. Chi mai, infatti, si troverebbe senza alcun difetto davanti a
quel Dio che trova macchie anche negli angeli e cioè tra le creature più
perfette? Nel Libro di Giobbe è scritto: "Ai suoi angeli imputa
difetti." (4,18)
Le
iniziative divine in aiuto alle anime purganti
Parlando di gioie delle anime
purganti, non si può non tener presente quanto Dio stesso opera in loro favore
per lenire le pene e aumentare le gioie. Tutte le visioni e le apparizioni,
finalizzate a chiedere suffragi e preghiere, sono tutte permissioni misericordiose
di Dio e fonti di gioia e di speranza.
Spinte misteriose ad anime sante
a pregare, a volte, soprattutto per sconosciuti. San Pio da Pietrelcina,
scrivendo al suo direttore spirituale, afferma: "Nell'orazione mi accade
di dimenticarmi di pregare per chi a me si raccomanda (non per tutti però)
ovvero per chi avrei intenzione di pregare (..). Altre volte, invece, mi sento
mosso, stando in orazione, a pregare in pro di chi mai ebbi intenzione di
pregare e, quello che è più meraviglioso, in pro di chi mai conobbi, né vidi,
né udii e né mai mi si raccomandò nemmeno a mezzo di altri. E presto o tardi il
Signore esaudisce sempre queste preghiere".
Da tener presente soprattutto gli
interventi consolatori della Madonna e dei Santi che visitano frequentemente il
Purgatorio. Tali visite sono come splendide luci che si accendono nella notte
buia e come squarci di cielo azzurro nell'infuriare di una tempesta che opprime
di paura e di tristezza. Il Purgatorio si rivela, quindi, come il ritrovato
della divina misericordia, in pienissima armonia con le esigenze della
giustizia. Un luogo di misericordia fatto oggetto, oltre tutto, di tutte le
attenzioni di un amore infinito. Gesù dice a santa Caterina da Siena: " E
se ti volgi al Purgatorio troverai ivi la mia dolce e inestimabile Provvidenza
verso quelle anime tapinelle che stoltamente perderono il tempo, ed essendo ora
separate dal corpo non hanno più il tempo per poter meritare. A loro io ho
provveduto per mezzo vostro, di voi che siete ancora nella vita mortale e avete
il tempo per loro e, mediante le elemosine e l'Ufficio divino che fate dire dai
miei ministri, insieme ai digiuni e alle orazioni fatte in stato di grazia,
potete abbreviare loro il tempo della pena, confìdando nella mia
misericordia"
Scrive santa Caterina da Genova:
"Io vedo ancora quelle anime, immerse nelle pene del purgatorio, ricevere
due effetti dell'azione divina. Il primo è che esse volentieri soffrono quelle
soffèrenze, convinte che Dio abbia compiuto un grande gesto di misericordia
rispetto a quello che meritavano e rendendosi conto della sua maestà. Infatti
se la sua bontà non mitigasse con la misericordia la giustizia, che si soddisfa
con il sangue di Gesù Cristo, anche un solo peccato meriterebbe una pena eterna
corrispondente a mille inferni. Nel vedere, invece, la grande misericordia loro
concessa, esse accettano volentieri la pena ricevuta e non la diminuirebbero di
un solo carato, sapendo di meritarla giustamente secondo la perfetta
disposizione divina; e non si lamentano di Dio essendo la loro volontà come se
vivessero già nella vita eterna. Il secondo effetto è che sentono una certa
gioia nel vedere la divina disposizione con la quale Dio opera con l'amore e la
misericordia verso le anime. Dio imprime nella loro mente queste due visioni in
un solo istante, di modo che, essendo esse in grazia, le comprendono in maniera
autentica secondo la capacità personale. Così non viene mai a mancare la gioia
che ne deriva e che anzi, cresce avvicinandosi sempre più a Dio. Le anime non
vedono queste cose dentro se stesse né per merito loro, ma le vedono in Dio, al
quale rivolgono maggiore attenzione piuttosto che alle pene che patiscono,
poiché lo ritengono più importante. Questo perché la visione di Dio, per quanto
possa essere limitata, supera ogni pena e gioia che l'uomo possa provare; ma
anche se le supera, non toglie loro nemmeno una scintilla di pena o di
felicità".
Il Faber parla pure della
bellezza del Purgatorio: "(...) vi è quella strana, quasi inconcepibile
Chiesa di anime penanti, opera dell'arte divina, creazione di un amore che non
sbaglia mai nei mezzi conducenti ai suoi fini, […]. In quello strano vivere
d'ardente penare e di certo amore, trovansi sparsi ed intrecciati in uguale
intensità i fascini della Sacra Umanità (di Gesù). Nessun altra tenebra è più
soave, nessun'altra ombra è più bella come nella regione del Purgatorio. Pochi
sono quei redenti ai quali la topografia di quella valle d'aspettazione non
deve un giorno diventare familiare. E’ "per mezzo della Sacra Umanità, che
noi vi troviamo adito. Gesù è nostro giudice come uomo e non come Verbo; ed è
per suo ordine prevenuto quasi dal nostro amore della perfetta purità, che noi
vi entriamo. La Sua sentenza è la porta per cui giungiamo a quel fuoco dei
predestinati, cara porta di una regione di pene, perché comprende una sentenza
di felicità immortale. […] La comunione dei santi viene consumata nella Sacra
Umanità di nostro Signore quale Capo della creazione; ed è per mezzo di tale
comunione che gli aiuti trovano la via per giungere alle anime colà
imprigionate, gli schiavi di una speranza pazientemente ansiosa.
Dunque, il Purgatorio è già di
per sé opera di misericordia, ma il Signore va oltre: moltiplica le iniziative
a beneficio di quelle anime sofferenti. Assieme a tanti suoi misericordiosi
interventi, Egli si serve della Sua Mamma Santissima, invia angeli e suscita
anime sante che si sacrificano per quelle povere anime. Eccone qualche saggio.
Gesù dice a suor Faustina Kowalska: "Entra spesso in purgatorio, poiché là
hanno bisogno di te. " Risponde suor Faustina: "O mio Gesù, comprendo
il significato di queste parole che mi rivolgi, ma permettimi prima di entrare
nel tesoro della Tua misericordia. " Dice Gesù: "Figlia mia, scrivi
che per un'anima pentita sono la Misericordia stessa. La più grande miseria di
un'anima non accende la mia ira, ma il mio Cuore nei suoi confronti prova una
grande misericordia ".
Dio mette in contatto suor Josefa
Menendez per aiutare le anime purganti. È nella Quaresima dell'anno 1922 che
Dio la mette in contatto con questo abisso di dolori che è il Purgatorio. Molte
anime vengono ad implorare i suoi suffragi e i suoi sacrifici. L'anima di un
sacerdote defunto le dice: "Quanto infinita è la bontà e la misericordia
divine che si degna di servirsi delle sofferenze e dei sacrifici di altre anime
per riparare le nostre grandi infedeltà. Quale alto grado di gloria avrei
potuto conquistare se la mia vita fosse stata diversa!"
La principessa tedesca Eugenia
von der Leyen (morta nel 1929) lasciò un Diario in cui si narrano le visioni e
i dialoghi da lei avuti con le anime purganti in apparizioni avute in un
periodo di circa otto anni (1921-1929). L' 11 luglio 1925 ella vede sedici
volte una certa Isabella. La principessa le chiede: "Da dove vieni?"
Isabella risponde: "Dal tormento". La principessa: "Eri una mia
parente?". Isabella: "No". La principessa: "Dove sei
sepolta?". Isabella: "A Parigi". La principessa: "Perché
non riesci a trovar pace?". Isabella: "Io non ho mai pensato alla mia
anima". La principessa: "Come ti posso aiutare?". Isabella:
"Una santa Messa". Successivamente si presenta ad Eugenia un'anima in
forma di uomo anziano. La guardò e le disse: "Aiutami!". La
principessa: "Volentieri, ma chi sei?". "Io sono la colpa non
espiata!". Ancora la principessa: "Che cosa devi espiare?". Lui:
"Sono un diffamatore!". La principessa: "Posso fare qualcosa per
te?". Lui: "La mia parola sta nello scritto e vi continua a vivere, e
così la menzogna non muore!". Tornato il 28 agosto, la principessa gli
chiese: "Ti va meglio? Ti sei accorto che ho offerto per te la santa
Comunione?". Lui: "Sì, così tu espii i peccati di lingua". La
principessa: "Non puoi dirmi chi sei?". Lui: "Il mio nome non
dev'essere più fatto". (...) Ritornò dopo giorni, sorrideva. La
principessa: "Oggi mi piaci". Lui: "Vado nello splendore".
La principessa: "Non dimenticarti di me!" Lui: "I vivi pensano e
dimenticano, i morti non possono dimenticare che cosa ha dato loro
l'Amore".
Eugenia ebbe un'altra visione il 24 aprile e nei giorni seguenti dell'anno
1926. Per oltre quattordici giorni veniva da lei un uomo assai triste e
miserevole. Il 30 aprile egli irruppe in pieno giorno nella stanza come fosse
stato inseguito, aveva la testa e le mani insanguinate. La principessa gli
chiese: "Chi sei?". Lui: "Mi devi pur conoscere! ... Io sono
sepolto nell'abisso! Sì, io sono dimenticato nell'abisso" e se ne andò
piangendo. Tornando disse: "Tu mi liberi". La principessa: "Tu
sei salvo". Lui: "Salvato, ma nell'abisso! Dall'abisso io grido verso
di te". La principessa: "Devi ancora espiare tanto?" Lui:
"Tutta la mia vita fu senza un contenuto, un valore! Quanto sono povero!
Prega per me!" La principessa: "Così ho fatto a lungo. Io stessa non
so come lo possa fare". Egli si tranquillizzò e la guardò con infinita
gratitudine. La principessa: "Perché non preghi tu .stesso?". Lui:
"L'anima è soggiogata quando conosce la grandezza di Dio!" Io:
"Me la puoi descrivere?". Lui: "No! Lo straziante desiderio di
rivederlo è il nostro tormento".
Ad un altro defunto, Niccolò,
apparsole nei giorni di luglio 1926, ella chiede: "Perché non hai
pace?". Lui: "Io fui un oppressore dei poveri, ed essi mi hanno
maledetto". La principessa: "In che modo ti posso aiutare?".
Lui: "Col sacrificio". La principessa: "Che cosa intendi per
sacrificio?" Lui: "Offrimi tutto quello che più ti pesa!".
Apparsole di nuovo il 29 luglio, la principessa gli disse: "Hai una faccia
così contenta, puoi andare dal buon Dio?" Niccolò: "La tua sofferenza
mi ha liberato".
Il monaco Wetti, gravemente
ammalato, vede avvicinarsi al suo letto satana dal volto repellente, con in
mano strumenti di tortura, accompagnato dai suoi demoni. Ma Dio misericordioso
permette che i suoi angeli accorrano in suo soccorso. Un angelo l'accompagna in
un viaggio nell'aldilà, dove il monaco può vedere le sofferenze dei dannati e
la montagna dove si purificano le anime salvate. In paradiso Wetti incontra
Cristo Signore. All'intercessione dell'angelo e dei santi perché Wetti si
salvi, Cristo risponde: "Avrebbe dovuto avere una condotta esemplare e non
l'ha avuta. Tuttavia per l'intercessione degli angeli e dei santi vien data
opportunità a Wetti di salvarsi, se, tornato in vita, offre buon esempio con le
opere e la dottrina."
In questa continua elargizione di
misericordia è da sottolineare soprattutto il ruolo di Maria Santissima, la
Madre di tutti, che si rivolge con compassione e dedizione soprattutto ai suoi
figli più bisognosi e derelitti. Una deduzione logica dedotta dalla Maternità
universale di Maria. San Bernardino da Siena (1380-1444) afferma: "La
Vergine visita e soccorre le anime del Purgatorio, mitigando le loro pene. Ella
ottiene grazie e benedizioni per i devoti di queste anime, specie se tali
fedeli recitano in suffragio dei defunti la preghiera del Rosario".
Santa Brigida di Svezia
(1302-1373) afferma che la stessa Vergine le rivelò che le anime del Purgatorio
si sentono sostenute al solo udire il nome di Maria.
Ecco un episodio accaduto alla
Menendez. La Madonna le dice un giorno: "Soffri per salvare una mia cara
figliuola... Gesù la voleva per sé, ma non corrispose alla divina chiamata,
domani deve morire; che consolazione per il mio cuore materno se non cadrà
nell'inferno!" Josefa pregò tutta la notte, e il giorno dopo fu
terrorizzata da rumori infernali. Colpita e spaventata, si rifugiò presso la
statua della Madonna. D'un tratto tutto si calmò, la Madonna sorridendo pose la
mano sulla testa di Josefa: "Ha già reso conto della sua vita, poverina,
quale lotta ha dovuto sostenere! Quando il demonio ha visto che quell'anima gli
sfuggiva, ha cercato di toglierle la pace e quanto l'ha fatta soffrire! Era
furioso contro di te, perché mi aiutavi a strappargliela. È morta molto pentita
e la sua fine è stata serena, ora è in purgatorio." La notte seguente
Josefa fu svegliata da gemiti e udì una voce: "Sono l'anima che la Madonna
ti ha chiesto di salvare, sono anni che soffro orribilmente, abbi compassione
di me!" "Sei in purgatorio solo da un giorno e due notti -replicò
Josefa- quale devozione alla Madonna hai serbato per ottenere la sua
protezione?". "Da quando mi sono abbandonata al peccato la mia unica
devozione è stata di recitare ogni sabato una Salve Regina". Tre giorni
dopo quell'anima saliva in cielo grazie ai suffragi di Josefa e prima di salire
andava a ringraziare la sua benefattrice.
Un altro commovente episodio di
un'anima salvata per intercessione ce lo racconta sant'Alfonso Maria de Liguori
(1696-1787). Nella sua vita si narra di una santa religiosa che pregava molto
per le anime purganti. Nella città in cui viveva la suora c'era pure una donna
di pessimi costumi, di nome Maria. Quando questa donna morì, tutti pensarono
che si fosse dannata e non ci si preoccupò di pregare per lei. Trascorsero
quattro anni, e un giorno la pia suora vide in visione un'anima del Purgatorio che
le disse: "Suor Caterina, tu hai la pia abitudine di pregare per i
defunti. Noi ti ringraziamo. Non fare eccezione per me". "E tu chi
sei? " le chiese la suora. "Sono la povera Maria, morta abbandonata
da tutti e poi dimenticata". "Ma che cosa dici? Ma allora sei
salva?". "Si sono stata salvata per intercessione della Madonna. Mi
sono accorta che stavo per morire da sola e senza aiuto, così mi sono rivolta a
Lei, dicendole: ‘O mia Regina! Rifugio dei peccatori e degli abbandonati.
Guarda al mio stato di completo abbandono in questo momento e porgimi il Tuo
aiuto!’ La Santissima Vergine udì la mia preghiera e venne in mio soccorso,
ottenendomi la grazia di una perfetta contrizione, sicché mi salvai sul letto
di morte. Ma la pietà della divina Madre non si limitò a questo. Quando mi
trovai davanti al Giudice, ottenne da suo Figlio la grazia di
ridurre sensibilmente il tempo di
passare nel Purgatorio. Ma siccome la Giustizia divina non può essere in
conflitto con i suoi diritti, soffro più intensamente, ma per un periodo più
breve, per scontare il mio debito. Ora io ho solo bisogno di alcune Messe.
Appena saranno celebrate, io sarò liberata da queste sofferenze. Abbi dunque
pietà di me, e falle celebrare per questa intenzione. Prometto che non cesserò
di pregare Dio e la Santa Vergine per te." Suor Caterina fece celebrare le
Messe ed alcuni giorni dopo vide Maria salire al cielo, mentre la ringraziava
della sua carità.
Ma, pur ammettendo che quasi
tutti gli uomini passeranno per il Purgatorio, ci sono certamente di quelli
-anche se forse molto pochi- lo sfiorano appena. Ne abbiamo conferma in un
episodio della vita di san Luigi Gonzaga (1568-1591). Otto sere dopo la morte
del suo carissimo amico Corbinelli, questi gli apparve per tre volte in sogno,
comunicandogli il passaggio definitivo al Signore. E san Luigi chiese al suo
confessore, san Roberto Bellarmino (1542-1621): "Ha soltanto sfiorato il
Purgatorio ... E possibile che un'anima entri in cielo senza toccare il
Purgatorio?". "Sì -rispose il Bellarmino- Anzi io credo che voi
sarete uno di questi che andrete diritto in cielo, senza toccare il Purgatorio;
perché avendovi il Signore Iddio fatto per sua misericordia tante grazie, e
concesso tanti doni soprannaturali e in particolare di non averlo offeso mai mortalmente,
tengo per fermo che vi farà quest'altra grazia ancora, che difilato ve ne
voliate al cielo".
Anche san Pio da Pietrelcina
(1887-1968), alla notizia della morte di un suo amico, ebbe ad esclamare:
"E’ benedetto. È salito alle vette del cielo, varcando appena la soglia
del purgatorio!".
Capitolo VIII
Chi va in
purgatorio
In concreto chi va in Purgatorio?
Lo deduciamo da principi dogmatici che sono sempre alla base di tutte le
rivelazioni autentiche.
In Purgatorio vanno quelli che muoiono in grazia di Dio In Purgatorio vanno
coloro che muoiono in grazia, ma sono gravati e contaminati da peccati veniali
o ancora in debito per non aver riparato gli stessi peccati mortali perdonati.
Sant'Agostino, ponendosi la
questione del fuoco, afferma nel De Civitate Dei: "Non è
impossibile che questo fuoco vi sia anche dopo la morte; e ci si può chiedere
se sia proprio così, come pure ci si può credere se in un fuoco purificatore
non si trovino immersi diversi fedeli, i quali ne saranno liberati più o meno
presto a seconda che amarono i beni caduchi con minore o maggiore intensità ...
Per il tempo che va dalla morte di ogni uomo alla resurrezione finale, le anime
restano in ricettacoli nascosti a seconda che esse sono degne di riposo o di
dolore, per quello che hanno meritato mentre erano in vita... Ma non si deve
negare che le anime dei defunti siano alleviate dalla pietà dei vivi, quando
viene offerto per essi il sacrificio del Mediatore, o si fanno elemosine nella
Chiesa. Ma tutte queste cose giovano a coloro, che, mentre erano in vita,
meritarono che esse avessero poi a giovare loro. Non vi può essere condotta di
vita così buona che non abbia bisogno di queste cose dopo la morte, né così
cattiva che queste cose non le possano giovare dopo la morte. C'è poi chi è
tanto buono, da non aver bisogno di queste cose, e chi invece è così cattivo,
che, quando sarà morto, non potrà essere aiutato neppure da queste cose ".
I peccati
che mandano in Purgatorio
Qualunque peccato mortale,
dunque, non espiato e qualunque infrazione alla legge e ai doveri del proprio
stato manda l'anima in Purgatorio, dove si estingue del tutto il reato di pena.
In pratica, perciò, sono soprattutto i peccati veniali che mandano in
Purgatorio.
Una certa elencazione dei peccati
mortali e veniali ce la dà san Cesario di Arles (470-542) nel suo sermone 104:
"Quantunque l'Apostolo abbia ricordato molti peccati mortali, noi,
tuttavia, per non dar l'impressione di voler indurre alla disperazione, li
elenchiamo brevemente: il sacrilegio, l'omicidio, l'adulterio, la falsa
testimonianza, il furto, la rapina, la superbia, l'invidia, l'avarizia, l'ira
prolungata, l'ubriachezza ripetuta, si trovano tutti tra questi peccati
mortali. Chi s'è trovato in dominio di qualcuno di questi peccati, se non se ne
sarà corretto com'è d'obbligo, e, avendone avuto il tempo, non ne abbia fatto
prolungata penitenza e non abbia distribuito larghe elemosine -astenendosi da
quei peccati- non potrà esser purifìcato da quel fuoco di breve durata, di cui
parla l'Apostolo, ma brucerà senza speranza nel fuoco eterno. Benché siano noti
a tutti, pure è necessario che, non potendo rifèrirli tutti, nominiamo qualcuno
di quelli che sono i peccati veniali. Ogni volta che uno prende più cibo o più
bevanda di quanto non gli sia necessario, sappia che ha commesso un peccato
veniale. Quando uno parla più di quel che deve, o tace più del necessario...
Noi non crediamo che questi peccati uccidano l'anima, ma la rendono come piena
di piaghe e di ripugnante scabbia e così deforme, da non permettere, se non a
stento o con grande confusione, di giungere all'abbraccio dello Sposo celeste
... Se non benediremo Dio nelle tribolazioni e se con buone opere non
sconteremo i nostri peccati, resteremo nel purgatorio per tutto il tempo
necessario affinché i suddetti peccati veniali siano bruciati come legna, come
fieno, come stoppa." E san Cesario ne ha anche per chi afferma di non
temere il Purgatorio basta che si sia scongiurato l'Inferno. Egli continua:
"Ma qualcuno può dire: A me non importa di aspettare, purché arrivi alla
vita eterna. Nessuno parli così, fratelli carissimi, perché quel fuoco
purificatore sarà più insopportabile di tutte le pene che si possono pensare,
vedere, provare in questo mondo".
Un bell'esempio e conferma di
quanto è stato affermato, ci è offerto da santa Margherita Maria Alaquoque
(1647-1690). Mentre ella, un giorno, era davanti al Santissimo Sacramento, le
si presentò d'improvviso una persona tutta avvolta da un fuoco, i cui ardori
-racconta- la penetrarono così forte, che le parve di bruciare insieme a
questo. Le condizioni pietose di quella persona le fecero capire che questa si
trovava in Purgatorio e la Santa non poté fare a meno di versare molte lacrime.
Le disse che era un benedettino e che un giorno aveva ricevuto la confessione
proprio di santa Margherita e che le aveva ordinato di fare la santa Comunione
(Ricordiamo che in quei tempi non era possibile ricevere frequentemente la
Comunione), in virtù della quale, dopo la morte, Dio gli aveva permesso di
rivolgersi a lei per trovare sollievo alle sue pene. Le chiese di offrirgli
tutto ciò che avesse potuto fare e soffrire per tre mesi e la Santa glielo
accordò subito, dopo aver ottenuto il permesso dalla sua superiora. Quell'anima
le disse ancora che il motivo delle sue così grandi sofferenze era aver
preferito il suo interesse alla gloria di Dio, attaccandosi troppo alla propria
reputazione. Il secondo motivo era la mancanza di carità nei confronti dei suoi
fratelli; e il terzo l'eccessivo affetto naturale che aveva nutrito per le
creature durante gli incontri spirituali, cosa che a Dio dispiaceva molto.
Santa Margherita Maria Alacoque concluse: —Mi sarebbe assai difficile esprimere
quanto dovetti soffrire in quei tre mesi. Lui non si allontanava mai e dalla
sua parte era come se bruciassi anch'io, con dolori così vivi da gemere e
piangere quasi continuamente. (..) In capo a tre mesi, vidi il benedettino in
tutt'altro modo, perché, ricolmo di gioia e di gloria, andava a godersi la
felicità eterna."
Padre Faber ha chiamato il Purgatorio
"i santi ospedali" dove si risanano e si guariscono tutte le malattie
contratte dall'uomo per la sua cattiveria, per la sua debolezza e fragilità. È
qui che si ricompongono tutti i disordini e le anime, rese deformi e doloranti
da tante malattie, e ritrovano appieno la loro sanità e bellezza, e quindi sono
rese idonee alla visione beatifica di Dio e alla felicità eterna.
Capitolo IX
Le
relazioni delle anime purganti con il Cielo e la terra
A questo punto ci si potrebbe
chiedere: sono possibili (e in che modo) rapporti o relazioni tra l'aldilà e
gli uomini di questa terra? Tra l'aldilà -sia esso Inferno, Purgatorio o
Paradiso- e questo mondo degli uomini, non c'è un abisso invalicabile, come disse
Abramo nella parabola del ricco Epulone?
E tuttavia, in tutto quello che è
stato detto fin qui, si parla enormemente di tali rapporti. Rapporti
strettissimi e, spesso, consolanti al massimo. Sono veri? ...E come spiegare
questo "commercio" di amore tra Purgatorio e Chiesa trionfante e
militante?
La morte
non spezza i vincoli di sangue, di parentela e di cultura
I vincoli di sangue, di amicizia,
di cultura, ecc:, esistenti o creati sulla terra tra gli uomini, non si
dissolvono con la morte. L'anima che, con la morte sopravvive al corpo
disfatto, porta con sé tutto il suo carico di bene e di male: "Poi udii
una voce dal cielo che diceva: `Scrivi: Beati d'ora in poi i morti che muoiono
nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le
loro opere li seguono " (Apocalisse 14,13).
Sopravvivono quindi le opere e
anche, logicamente, i rapporti determinati da tali opere. San Tommaso d'Aquino
(1225-1274) insegna nella Summa che la beatitudine in Cielo consiste
essenzialmente nella visione e nel possesso di Dio: con Dio non si ha più
bisogno di niente. Però non disdice ed è conveniente ad una più piena
beatitudine almeno esterna, che ci sia anche la comunione e la compagnia di
parenti ed amici, cioè i vincoli di sangue, di cultura, ecc.
La morte, in effetti, distrugge
solo quello che è peccato e che, quindi, non ha per autore Dio in nessun modo.
E noi lo abbiamo constatato in più di qualche episodio riportato. Questi
"vincoli" che persistono anche dopo la morte potrebbero spiegare già
molte cose. Comunque è un presupposto importante perché la Grazia perfeziona (e
non annulla!) la natura. Ma nel mondo cristiano si ha ben altro per spiegare il
persistere dei rapporti tra Cielo e terra, tra beati, anime purganti e uomini:
c'è la comunione dei santi.
La
comunione dei santi
L'universo, ci dicono gli
scienziati, è attraversato e come avviluppato da onde magnetiche di ogni tipo.
Sono queste onde che rendono possibile il contatto e la comunicazione con ogni
essere. Radio, telefonia, televisione sono le espressioni più chiare e
convincenti di questa rete meravigliosa che avviluppa il mondo, rendendolo un
tutt'uno e nel quale, perciò, si possono avere tutti i contatti e rapporti
possibili.
Il mondo soprannaturale, reso
unito soprattutto dalla carità soprannaturale, è ancora più meraviglioso e più
capace di creare rapporti. L'unità qui si fonda sul Sangue di Cristo che ha
redento e unite tutte le anime al suo Corpo. E cioè le anime redente dal Sangue
di Cristo, che vivono in grazia -tutte sante perché hanno la grazia
santificante, sia quelle che sono già nella felicità del Paradiso, sia quelle
che sono in Purgatorio e quelle che sono ancora pellegrine su questa terra-,
formano un solo corpo, il Corpo mistico di Gesù. Un corpo misterioso di cui è
capo lo stesso Gesù Cristo e del quale fanno parte tutti i redenti. In questo
corpo mistico vi circolano e uniscono le onde della carità, mettendo in qualche
modo tutto in comune, la gloria e i meriti e le intercessioni dei santi; le
sofferenze e le preghiere delle anime purganti; e le opere buone e i meriti
degli uomini in cammino verso l'eternità. Si avvera così e si vive quella
comunione dei santi che si professa nella recita del Credo.
Nel corpo mistico avviene un po'
quello che avviene nel corpo fisico. Il sangue circola e raggiunge tutte le
parti del corpo, apportando vita. Anche nel corpo mistico c'è come un
interscambio: gloria dei beati e preghiere sono come comuni e partecipate da
tutti. I santi intercedono e attendono che i loro fratelli e sorelle arrivino
in Paradiso. Le anime del Purgatorio esaltano Dio per la gloria dei santi e non
potendo più meritare per sé, possono pregare e intercedere e, col permesso di
Dio, aiutare e proteggere gli uomini della terra. Questi, a loro volta, onorano
Dio nei santi, l'invocano e pregano per le anime del Purgatorio. "Nessuno
di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso." (Romani 14,7).
Se un membro soffre, tutte le membra soffrono; e se un membro è onorato, tutte
le membra gioiscono con lui: "Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra,
ciascuno per la sua parte" (1 Corinzi 12,26-27).
In merito vale la pena narrare un
significativo episodio che tocca la vita di san Giovanni Bosco (1815-1888).
Viveva a Torino un uomo sui trentacinque anni, vedovo, padre di due figli.
Questi menava una vita indegna: era infatti un irreligioso, un bestemmiatore.
Avvicinandosi il 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti, la mamma
lo esortò a ricordarsi di suo padre nella preghiera, morto già da vari anni. Il
figlio le rispose stizzito: "Perché pregare? Se è all'inferno o in
paradiso non ha più bisogno delle nostre preghiere; se è in purgatorio, a suo
tempo uscirà". La mamma, amareggiata, non replicò. Ma la notte seguente le
sembrò di udire nella camera del figlio degli strani rumori. Al mattino chiese
al figlio se non avesse passato una brutta notte, avendo, appunto, sentito dei
rumori fastidiosi. "Che rumori? Voi donne siete piene di superstizioni di
cui vi riempiono la testa i preti". Ciò detto, se ne uscì di casa.
Arrivata la sera, egli si ritirò in camera. I rumori li aveva sentiti per
davvero. Prima di mettersi a letto, guardò per ogni angolo della casa per
assicurarsi che nulla potesse produrre lo strano fenomeno. E si coricò. Davanti
alla finestra, all'esterno, correva un ballatoio che dava accesso ad altre
camere. Il letto era posto di fronte alla finestra. Ad un tratto udì qualche
passo strascicato che gli fece pensare a quello di suo padre quando passeggiava
per casa in pantofole. Ed ecco al di là della finestra passar l'ombra di suo
padre: proprio lui, il suo vestito, la sua statura, il suo modo di camminare.
Andò oltre e poi ripassò dinanzi alla finestra ritornando indietro. Quindi
l'ombra entrò nella stanza pur essendo chiusa la finestra e si mise a
passeggiare su e giù ai piedi del letto. In preda all'ansia, l'uomo ebbe il
coraggio di domandare: "Papà, avete bisogno di qualche cosa da me?"
Nessuna risposta. Il figlio ripeté la domanda: "Papà, avete bisogno di
preghiere? Ditemelo!" Il padre, con voce fioca, gli dice. "Io non ho
bisogno di niente". Il figlio replicò: "Ma allora perché siete venuto?"
"Sono venuto per dirti che è tempo di finirla con gli scandali che dai ai
tuoi, figli, quelle anime semplici che tu avresti dovuto conservare innocenti.
Quei poveretti imparano da te la bestemmia, l'irreligione, il disprezzo della
Chiesa e dei suoi ministri, la condotta scostumata. Sono venuto per dirti che
Dio è disgustato e tanto offeso, e che se tu non ti emendi saprai fra poco
quanto pesino i suoi castighi. No, non pregare per me; a suo tempo, come dici
tu, uscirò dal purgatorio. Pensa alla tua situazione!".
"Papà...". L'ombra che
stava per andarsene verso la finestra, si volse e disse: "Cambia
vita!" e scomparve. Al mattino dopo, la mamma lo conduceva da Don Bosco.
Si confessò e pianse.
Alla luce dunque della comunione
dei santi si comprendono i suffragi che i fedeli della Chiesa peregrinante
moltiplicano a favore delle anime purganti: "Santo e salutare è il
pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti da peccati " (2
Maccabei 12,45).
E se delle volte i suffragi non
arrivano -e ne abbiamo data qualche esemplificazione- è perché nei disegni di
Dio, essi sono dirottati ad altre anime.
Interscambi
tra Cielo e terra
I santi del Cielo vengono in
soccorso delle anime purganti e degli uomini con le loro preghiere. Si sa come
i santi intervengono nelle cose umane con le innumerevoli grazie da essi
ottenute a favore degli uomini. Intervengono a liberare le anime del Purgatorio
con le loro preghiere di intercessione, con i loro interventi presso gli uomini
che possano e vogliano aiutare le anime purganti.
Le anime del Purgatorio non solo
lodano e glorificano il Signore; ma pregano pure e intercedono e vengono in
soccorso degli uomini. E qui le testimonianze di aiuti avuti dalle anime
purganti sono senza fine. Sono tanti i santi che attestano di aver invocato le
anime purganti ricevendone benefici e aiuti (per esempio il beato Angelo
d'Acri, santa Caterina da Bologna, san Leonardo da Porto Maurizio, santa Teresa
d'Avila, ecc...).
È meraviglioso pensare a questi
scambi e rapporti tra le anime purganti e i redenti del Cielo e della terra.
Col Purgatorio aperto al Cielo e alla terra, si deve dedurre che la Chiesa è
veramente come un corpo o come una famiglia dove ci sono membri sani e
ammalati, e dove le membra ammalate sono amate e curate dalle membra sane fino
a quando non si arriverà alla salute perfetta per tutti. E allora, assieme alla
gioia e alla felicità di tutti, sarà pure il trionfo della vita piena, della
pienezza che glorifica al massimo il Signore.
Capitolo X
Il Purgatorio visto dai Santi
Ma è tempo di vedere come i santi
hanno visto il Purgatorio. Dopo i dati della Rivelazione, dei Santi Padri e
teologi, non è senza interesse considerare il Purgatorio come è apparso ai
santi, che, per permissione di Dio, hanno potuto vedere il Purgatorio o
scendervi di persona.
Molti dati, derivati da tali
apparizioni o visioni, li abbiamo già presentati, ma sarà utile averne un'idea
d'insieme e più organica.
Non sono pochi i santi o i
candidati alla santità che hanno "visto" il Purgatorio. Ne
presentiamo solo alcuni.
La Venerabile Maria Rosa Carafa
della Spina
La Venerabile Maria Rosa Carafa
della Spina (1782-1890), napoletana, si distinse per una grande devozione al
Preziosissimo Sangue di Cristo e alle anime del Purgatorio.
Una volta, nel giorno dei Defunti,
Gesù le mostrò in visione il Purgatorio. Un mare di fiamme apparve al suo
sguardo atterrito. Gesù le disse: "Figlia mia, hai un gran mezzo nelle tue
mani per spegnere quelle fiamme. Prendi il Sangue del mio Cuore e versalo su di
esse". Ella così fece e vide le anime sante salire al cielo come stelle
luminose. Allora la Venerabile pregò Gesù: "Signore, voglio liberare tutte
queste Anime!" e Gesù le rispose: "Se gli uomini pensassero al tesoro
che hanno nelle mani, potrebbero liberare a migliaia le Anime che qui
penano".
Abbiamo qui la rivelazione e la
conferma che a liberare le anime dal Purgatorio è soprattutto il gran mezzo del
Sangue di Cristo.
Edvige Carboni
Edvige Carboni nacque a
Pozzomaggiore, in provincia di Sassari, il 2 maggio del 1880 e morì a Roma il
17 febbraio del 1952.
La Carboni, pare, non abbia
vissuto l'esperienza di "andare" in Purgatorio, bensì di ricevere la
visione del fratello Giorgino, che, consumato dalle sofferenze, le disse di non
spaventarsi. Era stato condannato dal Tribunale Celeste a otto anni di
Purgatorio, e perciò era venuto a sollecitarle di pregare fervidamente per la
propria liberazione. Poi la salutò e, stringendole la mano, Edvige la trovò
talmente calda da scottarsi. I segni di questa ustione si conservarono visibili
fino alla morte.
Santa Faustina Kowalska
Santa Faustina Kowalska nacque il
25 marzo 1905 a Glogowiec, in Polonia, e morì a trentatrè anni, il 5 ottobre
del 1938. Santa Faustina è famosa per aver ricevuto le visioni legate alla
devozione della Divina Misericordia.
Ella scrive nel suo celebre
Diario: "In quel tempo domandai al Signore Gesù: "Per chi ancora devo
pregare?" Gesù mi rispose che la notte seguente mi avrebbe fatto conoscere
per chi dovevo pregare. Vidi l'Angelo Custode che mi ordinò di seguirlo. In un
momento mi trovai in un luogo nebbioso, invaso dal fuoco e, in esso, una folla
enorme di anime sofferenti. Queste anime pregavano con grande fervore, ma senza
efficacia per loro stesse: soltanto noi le possiamo aiutare. Le fiamme che
bruciavano loro, non mi toccavano. Il mio Angelo Custode non mi abbandonò un
solo istante. E chiesi a quelle anime quale fosse il loro maggior tormento. Ed
unanimamente mi risposero che il loro maggior tormento era l'ardente desiderio
di Dio. Scorsi la Madonna che visitava le anime del Purgatorio. Le anime
chiamavano Maria "Stella del Mare" . Ella recava loro refrigerio.
Avrei voluto parlare più a lungo con loro, ma il mio Angelo Custode mi fece
cenno di uscire. Ed uscimmo dalla porta di quella prigione di dolore. Udii nel
mio intimo una voce che disse: "La mia misericordia non vuole questo, ma
lo esige la giustizia". Leggiamo ancora dal suo Diario: "Una volta
venni citata al giudizio di Dio. Stetti davanti al Signore faccia a faccia.
(...) Vidi immediatamente tutto lo stato della mia anima, così come la vede
Dio. Vidi chiaramente tutto quello che a Dio non piace. Non sapevo che bisogna
rendere conto al Signore anche di ombre tanto piccole. Che momento! Chi potrà
descriverlo? Trovarsi di fronte al tre volte Santo! Gesù mi domandò: "Chi
sei?" Risposi: "Io sono una tua serva, Signore". "Devi
scontare un giorno di fuoco nel Purgatorio". Avrei voluto gettarmi
immediatamente fra le fiamme del Purgatorio, ma Gesù mi trattenne e disse:
"Che cosa preferisci: soffrire adesso per un giorno oppure per un giorno
oppure per un breve tempo sulla terra?" Risposi: "Gesù, voglio
soffrire in Purgatorio e voglio soffrire sulla terra sia pure i più grandi
tormenti fino alla fine del mondo". Gesù disse: "È sufficiente una
cosa sola. Scenderai in terra e soffrirai molto, ma non per molto tempo ed
eseguirai la mia volontà ed i miei desideri ed un mio servo fedele ti aiuterà
ad eseguirla. Ora posa il capo sul mio petto, sul mio Cuore ed attingivi forza
e vigore per tutte le sofferenze, dato che altrove non troverai sollievo, né
aiuto, né conforto. Sappi che avrai molto, molto da soffrire, ma questo non ti
spaventi. Io sono con te ".
Abbiamo qui la descrizione del
Purgatorio: un luogo nebbioso, invaso dal fuoco e, in esso, una folla enorme,
di anime sofferenti. E le anime purganti ad affermare che il loro maggior
tormento è l'ardente desiderio di Dio. Un grande refrigerio è loro arrecato
dalle visite della Madonna.
Santa Francesca Romana
Santa Francesca Romana nacque a
Roma all'inizio del 1384 e morì il 9 marzo 1440. Fondò le Oblate della
Congregazione Benedettina di Monte Oliveto. La sua vita fu un tessuto di
visioni, di rivelazioni e di estasi.
Ella vide il Purgatorio diviso in
tre parti distinte. Nella regione superiore le anime che soffrivano la sola
pena del danno (cioè la privazione della visione di Dio) o qualche pena mite e
di poca durata, per renderle degne della visione e del godimento di Dio. Nella
regione media vide che soffrivano le anime che avevano commesso in vita colpe
leggere o che dovevano liberarsi dalle pene dei peccati mortali perdonati
quanto alla colpa. In fondo all'abisso e in vicinanza dell'inferno vide la
terza regione, ossia il Purgatorio inferiore, tutto pieno di un fuoco chiaro e
penetrante, diverso da quello dell'inferno, oscuro e tenebroso.
Questa terza regione la vide
divisa in tre scompartimenti, dove le pene andavano gradatamente aumentando a
seconda della responsabilità delle anime del grado di gloria e di felicità alla
quale dovevano giungere. Il primo lo vide riservato ai secolari, il secondo ai
chierici non ordinati, il terzo ai sacerdoti e ai vescovi. Questo terzo
scompartimento lo vide come un luogo più infimo, riservato ai religiosi e alle
religiose, che, avendo avuto maggiori mezzi di santificazione e maggiori lumi
da Dio, avrebbero una più grande responsabilità nelle loro colpe e, quindi, un
più grande bisogno di espiazione.
Santa Maria Maddalena de' Pazzi
Santa Maria Maddalena de' Pazzi nacque nel 1566 e morì nel 1607. Un lunedì
ella si sentiva molto triste e angosciata. Sospirava spesso, chiamando Gesù, e
le sue parole si riferivano quasi tutte alla grandezza delle pene del
Purgatorio. Verso la sera, stando a lavorare con le altre suore, cominciò a
piangere amaramente. Dopo aver pianto circa un quarto d'ora, si quietò e rimase
rapita in spirito. Il Signore volle mostrarle di nuovo l'atrocità delle pene
del Purgatorio. Ella fremeva in se stessa ed emetteva grandi sospiri e pareva
che si consumasse. Parlava con Dio dicendogli che, con tale vista, non aveva
più il coraggio di vivere in terra e conversare con le creature. E il Signore
le mitigò la visione, mostrandole anche la gloria che seguiva a queste pene.
Ella allora, piena di gioia, alzò gli occhi al cielo ed esclamò: "Non
voglio chiamare atroci le pene del Purgatorio, ma piuttosto gloriose perché
conducono a tanta gloria". C'è un altro significativo episodio nella vita
di santa Maria Maddalena de' Pazzi. Un "viaggio" svoltosi nell'orto,
e che le altre Suore poterono seguire in qualche modo, notandone i vari
atteggiamenti che la Santa assumeva ad ogni dettaglio che vedeva. Si racconta
che, entrando in questo viaggio, dopo aver fatto due o tre passi, la Santa
cominciò a tremare, battendo le mani, col volto sconvolto e le carni divenute
pallide e terree. Andava curva e rannicchiata come chi ha una grande paura. E
in questo inizio camminava un po' e poi tornava indietro, dando segni di tale
spavento e timore che a vederla "gettava grandissimo terrore".
Atteggiamenti e gesti che, al ritorno in sé, la Santa spiegò. In sostanza ella
vide il Purgatorio, le tante anime che soffrivano grandemente, e ripeteva:
"Pietà, pietà, misericordia. O Sangue, discendi e libera queste anime.
Poverine, voi patite pur tanto e state sì contente". Vide nei vari settori
le pene dei vizi particolari, assieme alla gran quantità di fuoco. Ella diceva
di non saper trovare parole adatte a spiegare quelle pene. Ad un certo punto
del suo "viaggio", chiese a Gesù un altro aiuto oltre al suo angelo
custode, tanto grandi erano le pene e tanto orribile la vista dei demoni. E il
Signore le diede santa Caterina da Siena che Lei amava tanto. Al vederla
esclamò: "O Caterina, vieni, vieni, aiutami a chiedere misericordia per
queste povere anime e offrire il Sangue del tuo e mio Sposo per loro".
Vedeva con terrore demoni di estrema bruttezza. Le fu poi domandato dalle sue
consorelle se le anime del Purgatorio siano tormentate dai demoni.
Ella rispose di no: queste anime
hanno una grandissima pena per l'orrenda e spaventosa loro vista. Ma qualche
volta Dio permette, a maggior merito, che qualche anima venga tormentata dai
demoni. Ad un bel momento cominciò a chiedere a Gesù un nuovo aiuto, e il
Signore le dette il martire carmelitano sant'Angelo, di cui la Santa era
devota. E le suore videro santa Caterina e sant'Angelo prenderla per mano per
farle proseguire il "viaggio".
Vide gli ignoranti
e quelli morti in piccola età: soffrivano poco a confronto degli altri, erano
solo nel fuoco senza altre pene. Accanto ad ognuna di tali anime c'era l'angelo
custode dal quale ricevevano refrigerio e conforto. Quel luogo era tenebroso e
oscurissimo, ma vi era una certa luce provocata dalla presenza e splendore
degli angeli. Proseguendo il suo "viaggio", diede segni di grande
stupore e meraviglia per la scena orribile sia dei demoni sia delle pene che
vedeva. Appressandosi, cominciò a dire: "Oh! Che luogo orrendo è questo,
pieno di demoni sì spaventosi e brutti, le pene sì crudeli e intollerabili? Chi
sono questi che sono tormentati sì aspramente?". E vedeva che, oltre alle
altre pene, i tormentati erano passati con ferri da un parte all'altra e
infilzati. E poi erano trebbiati e sminuzzati con coltelli molto crudeli e
aspri. Chi erano? ... Gli ipocriti che erano molto vicino
all'inferno. La Santa affermò pure che quelli che sono più vicini all'inferno
partecipano agli strepiti e ai rumori, allo stridor di denti e alla confusione
delle anime dannate. Proseguendo nel suo "viaggio", si fermò nel
luogo dei disobbedienti: li vide gravati da un peso
insopportabile e anche lapidati, attriti e trebbiati come gli ipocriti. Passò
quindi agli impazienti: erano presi da un continuo consumarsi,
finendo e tornando poi a vivere di nuovo. Erano torti e avvolti come quando si
spreme qualche cosa per cavarne il succo, e tutti pativano la pena del fuoco. E
qui cominciò di nuovo a chiedere aiuto e invocava sant'Agostino, di cui era
devotissima, e anche questi venne in sua compagnia. Arrivò al settore dei
bugiardi, appressandosi ai quali cominciò a dire forte: anche costoro
sono vicini all'inferno e sono grandemente tormentati nella bocca. Vide che si
versava loro in gola del piombo liquefatto e continuamente ardevano e
tremavano. Anche quelli che hanno peccato per fragilità sono nel
fuoco. Gli avari erano saziati di tutte le pene e tormenti,
perché sulla terra non erano mai sazi delle cose materiali. Gli immondi e
gli impuri erano in un luogo sozzo e immondo. Si cavavano loro gli
occhi e soffrivano enormemente. In un altro luogo oscuro c'erano i
superbi e gli ambiziosi. Erano circondati, serviti e onorati da demoni,
per aver tanto cercato l'onore e la gloria in questo mondo. Essi venivano pure
battuti e percossi crudelmente. Gli ingrati erano in un
grandissimo e profondissimo caos, sommersi e annegati in un lago di piombo
liquefatto, di pece e simili.
Volendo un giorno dire la
grandezza delle pene, santa Maria Maddalena de' Pazzi affermò: "Tutte le
pene che hanno patito tutti i martiri sono come un ameno giardino a confronto
delle pene del Purgatorio. "
Beata Anna Schaffer
La beata Anna Schaffer
(1882-1925) vide il Purgatorio in vari sogni. Vide le povere anime soffrire
spaventosamente per la comprensione di tutto il male fatto e di non aver amato
in pienezza il Signore.
Disse che la separazione
dall'Infinito Bene per propria colpa è il massimo dei dolori di queste povere
anime. Esse soffrono un lacerante fuoco di nostalgia verso l'Eterno Amore.
La Schaffer disse anche che in
Purgatorio ci sono anime "dimenticate", perché si pensa che siano già
in Cielo, e nessuno fa più, per loro, delle preghiere di suffragio. Purtroppo
molti credono che il Purgatorio sia un semplice passaggio quasi indolore, ma la
nostalgia di quel Dio intravisto nell'attimo del giudizio non può non far
bruciare. Dio è santissimo e solo se l'anima è santissima può stare davanti a
Lui. E poiché Dio è anche giustissimo, ogni debito deve essere pagato "fino
all'ultimo centesimo" (Matteo 18,34)
Dalle 4 alle 6 del venerdì 19 aprile del 1918 Anna Schaffer sogna di
trovarsi in chiesa: inginocchiata davanti all'altare maggiore, in adorazione di
Gesù Eucaristia pregando a lungo. Improvvisamente s'illuminò tutto e vide il
Cuore di Gesù avvolto in uno splendore indicibile, dal quale uscivano dei raggi
di fuoco. Continuò a pregare per raccomandare a Gesù molte anime. Ogni volta
che pregava per un'anima (sia conosciuta che sconosciuta), usciva dal Sacro
Cuore un raggio che raggiungeva proprio quell'anima, che anch'ella in quel
momento poteva vedere. Nel sogno pregava dicendo: "Gesù mio,
misericordia!" D'un tratto si trovò circondata da tante anime; sembravano
tutte abbandonate e le dicevano: "Anche per me!" ed erano molte, talmente
tante che non riusciva a vederle tutte e provò una grande angoscia e continuava
a ripetere: "Gesù mio, misericordia!" Ogni volta usciva dal
tabernacolo un torrente di luce che sembrava illuminare tutta la terra; poi si
svegliò.
Un altro sogno è del 22 luglio
1918. Le sembrò di andare a far visita ad una donna molto ammalata. Questa le
disse che dalla sua stanza doveva attraversare altre sei stanze e poi fermarsi
a lungo nella settima. Lo fece. Attraversò sei stanze e, quando giunse alla
settima, si trovò davanti ad una porta di vetro attraverso la quale vide che al
di là c'erano molte persone. "Certamente -pensò- queste sono delle povere
anime". Senza esitare, aprì la porta e gridò: "Mio Gesù, misericordia
per tutte voi" e tutte la ringraziarono con molta riconoscenza. Tra queste
una ragazza che cominciò a parlare. Sul suo capo e sulle sue guance c'era una
luminosità viva e chiara. Le disse che da viva era appartenuta alla nobiltà e
che stava ancora espiando i suoi peccati, particolarmente quelli della lingua e
della vanità (era orgogliosa della sua bellezza). Poi le prese la mano destra e
la tenne davanti alla sua bocca per farle sentire quale calore doveva
sopportare per quei peccati: dai suoi denti ne usciva talmente che, nel sogno,
la Schaffer credette si fossero bruciate anche le ossa della mano. Ebbe paura e
continuò a recitare delle giaculatorie che, a detta della ragazza, apportavano
alle anime un gran conforto e sollievo. Poi la ragazza la prese per mano e la
condusse alla finestra e disse: "Vedi, qui fuori c'è il mondo, e il mondo
cieco non pensa quanto duramente dovrà essere tutto espiato ". La ragazza
si mise poi a scrivere su di un foglio, nel cui primo rigo si leggeva: "Ho
bisogno di una Messa".
Jakov e Vicka, due veggenti di
Medjugorje
Jakov e Vicka -due veggenti di
Medjugorje- portati dalla Madonna, arrivano a vedere il Paradiso, il Purgatorio
e l'Inferno.
Il Purgatorio è da loro così
descritto: "È un luogo molto scuro e noi non potevamo vedere quasi niente
perché c'era come un fumo grigio, molto spesso del colore della cenere.
Sentivamo che c'era una quantità di gente ma non potevamo vedere i volti per
via di questo fumo. Potevamo però sentire i gemiti e le grida. Sono molto
numerosi e soffrono molto. Sentivamo anche delle specie di urti, come se
persone si scontrassero. La Gospa (la Madonna) ci diceva: "Vedete come
queste persone soffrono! Aspettano le vostre preghiere per poter andare in
Cielo". In seguito la Madonna ci ha parlato ancora del Purgatorio. Quello
che mi ha stupito è stato di scoprire che là c'erano persone consacrate a Dio,
suore e preti. Ho chiesto alla Gospa (=la Madonna) come fosse possibile che
persone consacrate si ritrovassero in Purgatorio; mi ha risposto: "Queste
persone si erano consacrate a Dio, ma nella loro vita non c'era amore. Ecco
perché ora sono in Purgatorio". Prima di lasciare il Purgatorio, la Gospa
ci ha molto raccomandato di pregare ogni giorno per queste anime".
Capitolo XI
Considerazioni teologiche
Qui arrivati, si impone qualche considerazione teologica, chiedendoci pure
che senso e valore bisogna dare alle rivelazioni dei santi.
Il valore
delle apparizioni
C'è da ritenere, prima di tutto,
che queste visioni non sono frutto di fantasia o di patologia. Una conferma
chiarissima che esse hanno altra origine dalla patologia -almeno quelle che non
sono state ufficialmente disdette dalla Chiesa- l'abbiamo proprio, per esempio,
nella lotta che la Menendez dovette sopportare col diavolo. Il 15 aprile 1922,
sabato santo, verso le quattro del pomeriggio, ella avvertì dei rumori che
preannunciavano l'arrivo di demoni. Avvenne una vera e propria battaglia, il
demonio atterrò la Religiosa. Ma poco dopo ella rinvenne. Il suo viso disfatto
lasciò intuire ciò che aveva visto e sofferto. Ad un tratto, portando la mano
al petto, gridò: "Chi mi brucia?" Ma lì non vi era nessun fuoco e
l'abito religioso era intatto. Si spogliò rapidamente, un odore di fumo acre e
fetido si diffuse nella cella e si vide bruciarle addosso la camicia e la
maglia! Una larga ustione restò "vicino al cuore". Dieci volte Josefa
sarà bruciata: questo fuoco lascerà tracce non solo sugli abiti, ma ancor più
sulle sue membra. Piaghe vive, lente a chiudersi, imprimeranno sul suo corpo
cicatrici che ella porterà con sé nella tomba. Vari oggetti di biancheria
bruciata si conservano ancora e attestano la realtà della rabbia infernale e il
coraggio eroico con cui sostenne quegli assalti per rimanere fedele all'opera
dell'Amore.
Molte delle citate apparizioni, o
discese in Purgatorio, sono state approvate dalla Chiesa almeno indirettamente.
I processi canonici cioè hanno assodato che detti fenomeni mistici non sono
espressioni di tare patologiche o di cervelli squilibrati o comunque affetti da
psicosi o altro. Naturalmente, trattandosi di rivelazioni private, si è liberi
di accettarle o meno, con motivazioni secondo la prudenza e il buon senso.
Considerazioni
teologiche
La prima cosa che va detta è che,
nei dati essenziali, queste visioni e fenomeni appaiono in perfetto accordo con
i dati rivelati. E si sa che il primo criterio di un discernimento serio è
appunto la consonanza totale con la Rivelazione.
Altra considerazione. Queste
visioni -pur non del tutto necessarie costituiscono una conferma preziosa di
verità di fede professate. Ed è esperienza comune che esse sono spesso come
delle illuminazioni o folgorazioni che gettano in ginocchio e portano ad un
cambiamento radicale di vita. Anime che, pur credendo all'Inferno e al
Purgatorio, ne hanno sentito tutto il peso e la gravità.
Altro dato da rilevare: queste
visioni forniscono dettagli importanti su realtà di fede che mai avremmo saputo
con certezza. I dati rivelati, infatti, ci sono rivelati nella loro
essenzialità, sobri e scarni per lo più. Avere dettagli più ampi non dispiace a
nessuno, rispondendo essi, oltre tutto, ad un innato senso di legittima
curiosità, specialmente se si tratta di problemi vitali quanto alla salvezza.
Dettagli preziosi, dunque, che il
Signore offre alla povera natura umana che, pur assentendo per fede, è sempre
alla ricerca di nuovi dati e approfondimenti.
Il perché
di queste visioni
Questi fenomeni incidono sullo
sviluppo e la crescita spirituale dell'anima. Essi infatti sono, oltre tutto,
esortazioni e incitamenti; sono un invito a dare più importanza a realtà che
potrebbero apparire, a prima vista, quasi insignificanti (per esempio le
piccole infrazioni, piccoli cedimenti alle mode correnti e ritenuti del tutto
innocenti, ecc...). Le visioni dei santi fanno capire di più, oltre tutto,
anche cosa significhi infinita misericordia e infinita giustizia di Dio, che
non sono in contrasto tra loro, ma si armonizzano mirabilmente senza togliere
nulla né alla misericordia né alla giustizia. "Come mi sembra di capire,
-scrive santa Caterina da Genova- l'amore di Dio che trabocca nell'anima le
dona una gioia inesprimibile, ma alle anime che sono in Purgatorio questa
felicità non toglie nemmeno una scintilla di sofferenza. Infatti l'amore che
provano ma che viene frenato costituisce la loro pena, tanto più grande quanto
è la perfezione di quel sentimento di cui Dio le ha rese capaci. Di conseguenza
le anime nel Purgatorio provano una gioia grandissima e una sofferenza
grandissima, senza che l'una escluda l'altra". Ancora santa Caterina da
Genova: "Ora, vedendo chiaramente queste cose alla luce divina, avrei
voglia di fare un grido così forte che riuscisse a spaventare tutti gli uomini
di questo mondo e dire loro: O miseri, che vi lasciate accecare da questo mondo
e non vi preoccupate affatto di una cosa importante e inevitabile a cui andate
incontro! Ve ne state tutti tranquilli sotto la speranza della misericordia di
Dio, dicendo che essa è davvero grande: ma non capite che tanta bontà divina
sarà una testimonianza contro di voi, proprio perché avete agito contro la sua
volontà? La bontà divina ci deve stimolare a compiere la sua volontà e non a
sperare di fare il male impunemente! Non manca, infatti, anche la sua giustizia
che, in qualche modo, si deve realizzare pienamente. Non ti fidare, pensando:
"Mi confesserò, poi prenderò l'indulgenza plenaria e così sarò purificato
da tutti i miei peccati!'. Rifletti: la confessione e la contrizione necessarie
per ottenere l'indulgenza plenaria, sono così difficili da conquistare, che se
te ne rendessi conto tremeresti di paura e perderesti la tua sicurezza di
riuscire ad ottenerla".
La richiesta di preghiere, di
suffragi è condanna di tutti coloro che ne negano il valore e la legittimità.
Preghiere e suffragi e soprattutto richiesta di celebrazioni di Sante Messe,
pongono più che mai in rilievo l'infinito valore del Sangue di Cristo
Redentore.
Le visioni o descrizioni
offerteci dai santi costituiscono pure preziosi insegnamenti che vengono dalle
anime purganti. Una di queste anime diceva alla Menendez: "Se le anime
religiose sapessero come bisogna scontare qui le piccole carezze prodigate alla
natura..."! Quanta permissione alla rilassatezza del corpo, ai desideri
che si affollano nell'intimo, alle aspirazioni, per cui tanto spesso si vive ai
limiti del peccato mortale, incuranti della vera realtà. Un'altra anima le
diceva: "Come si vedono diversamente le cose terrene, quando si passa
all'eternità! Le cariche importanti non sono niente agli occhi di Dio: solo
conta la purità d'intenzione con cui vengono adempiute, anche nelle più piccole
azioni. La terra e tutto ciò che contiene sono poca cosa... tuttavia quanto è
amata! ... Ah, la vita, per lunga che sia, è nulla in paragone all'eternità! Se
si sapesse ciò che è un istante solo passato in purgatorio e come l'anima si
strugge e si consuma per il desiderio di vedere Nostro Signore!"
Ecco: è il senso del realismo che
le anime purganti inculcano. La realtà, per lo più, non è quella voluta e
immaginata dall'io sempre interessato a quanto gli possa procurare piacere. Si
pensi alla situazione morale di oggi, nella quale impazzano il relativismo più
crudo, il pensiero debole, il nichilismo. E l'uomo avulso dalla realtà e dalla
ragione non può che andare verso il fallimento più tragico.
I messaggi dei santi sulle anime
purganti richiamano alla realtà, al buon senso. Non è l'uomo che crea il reale,
ovunque esso sia, piuttosto al reale l'uomo deve adeguare la propria vita e la
propria azione.
In particolare queste visioni
invitano ad avere un profondo senso del peccato. Una delle grandi disgrazie di
oggi è appunto la perdita completa del senso del peccato. Tutto è niente, tutto
è permesso, e se non si è giunti alle posizioni pazze del De Sade, poco ci
manca. Stesso per molti fedeli il peccato sarebbe solo uccidere o rubare.
Parlare di esame di coscienza per trovare i tanti peccati e debolezze nelle
quali si incorre tutti i giorni, è come parlare ostrogoto! E quello che più
sconcerta, è che una mentalità del genere è accettata, se non incoraggiata da
tanti sacerdoti, pastori di anime!
In quasi tutte le visioni e
apparizioni appare il fuoco come terribile pena per tutte le anime purganti:
una conferma anche di tutta la tradizione patristica e teologica. Come si fa a
metterne in dubbio la realtà?
Le visioni -e soprattutto le
impronte lasciate da anime purganti- ci dicono che si tratta di vero fuoco. Per
cui non ci sembra accettabile quanto detto -sia pure a mo' di ipotesi- da Pozo:
"Forse nel caso del Purgatorio, non è impossibile un'interpretazione
metaforica che spieghi l'espressione "fuoco " come la stessa
sofferenza che proviene dal differimento della visione di Dio ". E se si
trattasse di un duplice fuoco purificatore?
Il Purgatorio è presentato pure
come un luogo, un luogo nebbioso, secondo alcune visioni, invaso dal fuoco. Se
non si vuol pensare che il luogo è solo una necessità per far capire una realtà
molto lontana dai sensi, nulla vieta però che il Purgatorio, oltre che
essenzialmente "stato", possa essere, almeno per alcune anime, anche
un luogo dove attuare la purificazione. Luogo che però non toglie nulla alle
pene e a tutto ciò che abbiamo indicato come purificazione.
Le anime purganti sono in numero
enorme. Ciò ci fa capire sia la misericordia di Dio che salva quanto più è
possibile, e sia i difetti e le carenze anche delle anime più perfette. Alla
luce di queste "rivelazioni", appaiono del tutto ridicole e senza
senso le accuse di fondamentalismo, di esagerazione ecc., rivolte a chi predica
o cerca di attuare una vita il più osservante possibile e conforme al Vangelo.
Tutte le apparizioni ci dicono
che la massima pena del Purgatorio è la privazione della visione di Dio (la
pena del danno). Se si pensa a tutti i deprecabili sforzi di un laicismo
assurdo di impostare la vita come se Dio non ci fosse, si comprende quanto
colpevole e contrario al proprio bene siano detti sforzi.
Visioni e apparizioni mettono
pure in grande rilievo il ruolo della SS. Madre di Dio, Maria. Quante anime
sono salve ed aiutate da Lei! Una implicita condanna a tutti coloro che
ritengono la devozione alla Madonna da rigettarsi o da non enfatizzare troppo.
Ancora una volta la realtà umilia e condanna l'intelligenza orgogliosa.
Preziosi anche alcuni dettagli.
Il Purgatorio diviso in tre settori o regioni: la regione superiore dove le
anime vi soffrono solo la pena del danno senza pene o con pene molto miti e di
poca durata; la regione media, dove si purificano le anime che commisero colpe leggere
o che debbono liberarsi dalle pene di peccati mortali perdonati quanto alla
colpa. La regione inferiore, in vicinanza dell'inferno, tutta piena di fuoco
chiaro e penetrante, diverso da quello dell'inferno che è oscuro e tenebroso.
Questa terza regione santa Francesca Romana la vide divisa in tre
scompartimenti dove le pene vanno gradatamente aumentando a seconda della
responsabilità delle anime e del grado di gloria a cui devono giungere. Il
primo è riservato ai secolari, il secondo ai chierici non ordinati, il terzo ai
sacerdoti e ai vescovi. Deve ritenersi che questo scompartimento abbia un luogo
più infimo ancora, riservato a religiosi e religiose che avendo ricevuto di più
quanto a mezzi di perfezione, hanno avuto maggiore responsabilità nelle loro
colpe, e perciò maggior bisogno di espiazione.
Le anime
purganti hanno figura luminosa
Le pene del Purgatorio sono
grandi, atroci, impossibili ad esprimersi con parole umane. Tutte le pene
sofferte dai martiri, in confronto sono come un ameno giardino, dice santa
Maria Maddalena dà Pazzi.
Oltre alle pene sofferte da tutte
le anime purganti, ci sono anche pene particolari riservate ad ogni vizio
specifico. Di tutto si dovrà rendere conto alla divina giustizia: un altro
motivo di profonda riflessione!
Almeno alcune anime purganti, pur
senza essere tormentate da demoni, soffrono però al vederli. Ma alcune, per
permissione di Dio, sono tormentate da essi. La presenza di demoni in
Purgatorio, un dato assolutamente nuovo che traiamo da queste rivelazioni.
E, qui dopo dette considerazioni
e altre che se ne potrebbero fare, si possono capire almeno alcuni motivi delle
"visioni" dei santi.
Esse servono non solo ad aiutare
le anime sofferenti, ma a rinvigorire la coscienza della gravità del peccato e
ad impostare una vita cristiana molto più seria e impegnata. E quindi anche la
necessità di parlare molto del Purgatorio. Purtroppo, assieme ai novissimi,
anche il tema del Purgatorio è quasi scomparso dalla predicazione e
dall'insegnamento di molti teologi. La ragione o una delle ragioni è costituita
dal fatto che oggi tutti ci crediamo talmente buoni da non poter meritare altro
che il Paradiso! Qui c'è certamente la responsabilità della cultura
contemporanea che tende a negare il concetto stesso di peccato, cioè proprio di
quella realtà che la fede lega all'Inferno e al Purgatorio. Ma nel silenzio sul
Purgatorio c'è anche qualche altra responsabilità: la protestantizzazione del
Cattolicesimo.
Le "visioni" possono
essere sommamente utili alle anime. Già il pensiero della morte può guarire
dall'orgoglio e dall'accidia.
Capitolo XII
Purgatorio
e vita cristiana
Tutto quanto è stato detto fin
qui porta ad una conclusione pratica di grande rilievo: il pensiero del
Purgatorio deve entrare come punto fermo nella vita cristiana per realizzare la
perfezione.
Il
pensiero del rendiconto finale
Non si può prendere alla leggera
quanto i dati rivelati e i santi ci rivelano su quello che sarà il giudizio e
il rendiconto di ogni anima a Dio. La perdita del senso del peccato, oggi, ha
portato l'uomo a dare enorme importanza alle cose materiali. Si parla di opere
d'arte, di realizzazioni tecnologiche perfette, di costruzioni materiali sempre
più all'altezza dei migliori canoni di estetica e di utilità pratica. Si ignora
quasi del tutto o, addirittura, si misconosce la perfezione dell'anima,
l'armonia di una condotta in regola con tutte le virtù. E invece -almeno per
chi ammette l'esistenza dell'anima e dell'aldilà- ogni gesto, ogni
comportamento, ogni pensiero; in una parola: ogni realtà può essere perfetta o
disordinata, essendone l'uomo responsabile. Di tutto ciò l'uomo dovrà
rispondere a Dio. Il metro che commisura tutto è la legge naturale e la legge
divina del Vangelo.
Tutti i grandi santi e anche
coloro che avevano e hanno un minimo di chiaroveggenza spirituale, consapevoli
di questo, erano e sono attenti a tutto perché ogni cosa sia fatta nel mondo
più perfetto e in armonia con la legge di Dio.
Certo, anche qui, dovrebbe essere
l'amore a operare in maniera equilibrata, a curare ogni dettaglio alla luce di
un Dio amato che vuole anche noi perfetti. Ma la debolezza umana e le
attrattive, che trascinano fuori strada e fuori regola, sono senza fine. E
allora può aiutare a camminare diritto anche un santo timore: la paura del
fuoco e delle pene, il terribile tormento di rimanere privi, sia pure per
qualche tempo solamente, di Dio, unica attrattiva e unica sorgente di gioia e
di felicità. Capire che la legge dell'amore è dovere fondamentale verso le
anime purganti.
Strano a dirsi, ma la
superficialità dell'uomo porta a tener conto quasi solo di quello che si vede
con i propri occhi. La visione di milioni di bambini che nel mondo muoiono per
la fame, addolora, scuote le viscere della misericordia e spinge a generose
opere di soccorso e di assistenza. E va bene: in questo campo non si fa mai
abbastanza. Ma il dolore e la miseria non possono ridursi solo a quello che si
vede. Ci hanno detto i santi che la minima pena del Purgatorio è più atroce
della massima sofferenza di questo mondo. Dovrebbe essere ovvio, allora, che il
massimo della pietà e dei soccorsi sarebbero da rivolgersi alle anime purganti,
essendo queste le più bisognose e le più incapaci ad aiutare loro stesse, non potendo
meritare per sé. La carità ha un ordine che va rispettato!
Legittimità
del cultoe della devozione per le anime purganti
Si comprende allora che la
devozione e il culto del popolo verso le anime del Purgatorio non solo è da
accettarsi come cosa salutare, ma addirittura da incrementare sempre più. Anche
se è sempre da correggere, guidare, evitando fanatismi, superstizioni e ogni
tipo di esagerazione. Non credendo al Purgatorio i protestanti, tra l'altro,
non hanno nessuna cura dei cimiteri. Si vada a vedere un cimitero calvinista.
Calvino, a Ginevra, faceva fustigare in piazza quelli che erano scoperti a
pregare sulle tombe dei loro morti, o anche solo a deporre un fiore.
Le anime purganti sono consolate
soprattutto con la celebrazione eucaristica e le elemosine. Perché? Perché i
suffragi più efficaci sono quelli che tendono a comunicare l'amore. Il
sacramento dell'Eucaristia è per eccellenza il sacramento dell'amore, essendo
il Sacramento dell'unione ecclesiale, come autorevolmente attesta san Tommaso d'Aquino
nella sua Summa.
Si sa da tante visioni che mentre
si celebra la Santa Messa per un defunto, questi non soffre o per lo meno è
grandemente refrigerato. Nessuna creatura della terra è adoratrice eucaristica
come un'anima purgante che partecipa ad una Messa celebrata per lei, o che si
unisce per il suffragio all'adorazione della Chiesa per il Santissimo
Sacramento.
Un esempio bellissimo nella vita
di santa Geltrude (1256-1302). Un giorno le apparve una suora morta giovane,
devotissima dell'Eucaristia. La vide sfolgorante di luce celeste inginocchiata
davanti al Divin Maestro, dalle cui cinque piaghe gloriose partivano cinque
raggi infiammati che andavano a toccare dolcemente i cinque sensi della pia
suora. Eppure la suora sembrava triste. Santa Gertrude, meravigliata, chiese al
Signore come mai la suora, così favorita dai suoi favori celesti, sembrava non
essere del tutto nella gioia. Gesù le rispose: "Fino ad ora quest'anima è
stata giudicata degna di contemplare solamente la mia umanità glorificata e le
mie cinque piaghe grazie alla sua devozione verso il mistero Eucaristico, ma
non può essere ammessa alla visione beatifica a cagione di alcune macchie
leggerissime da lei contratte nella pratica della Regola". Poiché la Santa
intercedeva per lei, Gesù le fece conoscere che, senza numerosi suffragi,
quell'anima non avrebbe potuto terminare la sua pena. La stessa defunta fece
capire a Santa Geltrude di non voler essere liberata se non prima di essersi
completamente purificata, poiché l'amore che aveva per Dio le faceva desiderare
di comparirgli tutta pura.
Non esageravano i santi nel
sottolineare tutta l'efficacia della Santa Messa. Ha ragione san Roberto
Bellarmino ad affermare che niente è più efficace per il suffragio e la
liberazione delle anime dal fuoco del Purgatorio dell'offerta a Dio per esse
del sacrificio della Messa.
Sarà bene qui ricordare l'origine
delle cosiddette Messe gregoriane. Nel monastero benedettino al Celio, a Roma,
era abate san Gregorio (540-604), qui era gravemente ammalato il monaco Giusto,
esperto in medicina. Prima di morire, egli confidò al confratello Copioso di
aver tenuto nascosto tra i medicinali tre monete d'oro. Questi avvertì san
Gregorio che prese severissimi provvedimenti contro Giusto. Da quel momento
Giusto fu abbandonato a sé stesso, senza visite né altro conforto.
Nell'abbandono e nella sofferenza dell'agonia, egli si pentì del suo peccato e
"la sua anima abbandonò il corpo nella stessa tristezza". Morto, il
suo corpo fu buttato in un letamaio con le tre monete d'oro, mentre i monaci
esclamarono: "Che il tuo denaro sia con te per la tua perdizione".
Pur convinto che Giusto fosse all'Inferno, Gregorio diede incarico al Priore
del Monastero: "Trai dunque e da oggi stesso per trenta giorni di seguito
fai in modo di offrire per lui il sacrificio, affinché non sia assolutamente
tralasciato alcun giorno, nel quale non sia offerta per la sua assoluzione
l'Ostia salutare". Dopo i trenta giorni, Giusto apparve al fratello
Copioso per comunicargli che ormai era libero da ogni pena.
Non esagera san Leonardo da Porto
Maurizio (1676-1751) quando afferma: "la devozione delle anime purganti è
la migliore scuola di vita cristiana: ci spinge alle opere di misericordia, ci
insegna la preghiera, ci fa ascoltare la santa Messa, abitua alla meditazione e
alla penitenza, sprona a compiere buone opere ed a fare l'elemosina, fa evitare
il peccato i mortale e temere il peccato veniale, causa unica della permanenza
delle anime nel Purgatorio."
E san Girolamo (347-420) è
tutt'altro che fantasioso quando afferma: "Durante la celebrazione della
Santa Messa quante anime vengono liberate dal Purgatorio! Quelle per cui si
celebra non soffrono, accelerano la loro espiazione o volano subito in cielo,
perché la Santa Messa è la chiave che apre due porte. quella del Purgatorio per
uscirne, quella del Paradiso per entrarvi per sempre."
Un giorno san Pio da Pietrelcina
(1887-1968) disse riferendosi alla cittadina di San Giovanni Rotondo: "Su
questa montagna salgono più anime purganti che uomini viventi ad assistere alle
mie Messe e a cercare le mie preghiere".
Non ha esagerato Francesco Faà di
Bruno (1825-1888) a dedicare il suo santuario a Nostra Signora del Suffragio; e
le sue Suore hanno per carisma primario proprio la preghiera per le anime del
Purgatorio.
Conclusione
Ci piace concludere ricordando
ancora alcune parole di santa Caterina da Genova: "Vienmi voglia di gridar
un sì forte grido, che spaventasse tutti gli uomini che sono sopra la terra, e
dir loro: O miseri, perché vi lasciate così accecare da questo mondo, che a una
tanta e così importante necessità, come troverete al punto della morte, non
date provvisione alcuna? Tutti state coperti sotto la speranza della
misericordia di Dio, la quale dite essere tanto grande; ma non vedete che tanta
bontà di Dio vi sarà in giudizio, per aver fatto contro la volontà di un tanto
buon Signore? La sua bontà vi dovrebbe costringere a far tutta la sua volontà,
e non darvi speranza di far male; perciocché la sua giustizia non ne può ancora
mancare, ma bisogna che in alcun modo sia soddisfatta appieno. Non ti confidare
dicendo: Io mi confesserò, e poi prenderò l'Indulgenza Plenaria, e sarò in quel
punto purgato di tutti i miei peccati, e così sarò salvo."