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lunedì 20 maggio 2019

Il nome di Gesù è Luce

20 maggio: S. Bernardino da Siena, predicatore (1380-1444)
NEL NOME DI GESU'


“Misericordia e Pace” queste erano le due parole chiave pronunciate dai pellegrini che si recavano a Roma per il grande Giubileo del 1400. Era come un motto, uno slogan, una bandiera, ma nello stesso tempo qualcosa di più: un augurio certamente, un sospiro sommesso, un desiderio struggente, talvolta un grido disperato. Perché si avvertiva, proprio in quegli anni ma anche in seguito, questo profondo bisogno di Misericordia e di Pace nel campo politico, sociale ed ecclesiale.
Di pace politica anzitutto: l’Europa, fatta di nazioni cristiane divisa e molto spesso “l’un contro l’altra armata”. Principi cristiani che non facevano altro che organizzare guerre per... difendersi da altri principi cristiani, o per estendere il proprio potere (politico o economico). E, suprema bestemmia, molti affermavano di agire «nel nome di Dio». L’Italia: anch’essa divisa, con piccoli stati contro altri stati (le grandi Signorie), con città contro città, e all’interno di esse fazioni o partiti contro altre fazioni o partiti.
Chi non ricorda le lotte fra Guelfi e Ghibellini?“ Pace e Misericordia” anche tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente e dentro la stessa Chiesa Cattolica: erano gli anni del Grande Scisma, dei papi (a Roma) e degli antipapi (ad Avignone), o degli scandali all’interno stesso di essa, con un clero spesso non all’altezza del proprio compito, culturalmente e moralmente.

Proprio in quei decenni si sviluppò un movimento di predicazione per il popolo che aveva come primo obiettivo il risveglio spirituale ed ecclesiale ma conseguito mediante migliori rapporti sociali, economici e familiari. Come dire ricreare una fede cristiana incarnata e trasformante la vita quotidiana, pubblica e privata. Si predicava perciò contro la violenza in generale, contro l’usura, lo strozzinaggio ed il lusso (violenza economica contro i poveri), contro la corruzione ed il gioco d’azzardo (rovina degli individui), contro le lotte tra le varie famiglie potenti e molto spesso prepotenti, contro lo sfruttamento e le perversioni sessuali.

In prima linea, in questa predicazione, erano gli ordini mendicanti dei Domenicani e dei Francescani. Questi organizzavano gruppi di missionari ambulanti, muniti di autorizzazione ecclesiastica mandati o talvolta anche chiamati benevolmente dagli stessi governanti, che speravano in un ritorno positivo per la loro immagine politica. Tra i tanti predicatori, due nomi eccellenti, ambedue bravi e famosi, ambedue santi: uno domenicano (San Vincenzo Ferrer, spagnolo ma che ha predicato anche in Italia, per questo chiamato Ferreri) e San Bernardino da Siena, “eccellente maestro di teologia e dottore di diritto canonico” come lo definì il Papa Pio II.
Ma per la storia della Chiesa è un grande, originale ed efficace predicatore. Infatti “gli bastava trovarsi davanti al popolo per lasciarsi alle spalle la dotta preparazione ed entrare in perfetta sintonia con la gente semplice, usandone, con festosa gioia creativa, il linguaggio quotidiano. L’esemplarità di Bernardino da Siena è tutta in questa sua capacità di ripensare il Vangelo dal di dentro della cultura popolare e di travasarlo in un linguaggio che era, proprio come quello di Gesù, il linguaggio di tutti i giorni” (Ernesto Balducci). E questo non è poco.
“Stage” pratico... tra i malati di peste
Bernardino nacque a Massa Marittima, dove il padre era governatore. Rimasto a sei anni orfano fu allevato, a Siena, da uno zio paterno e da due zie, molto religiose ma non bigotte, che gli diedero un’ottima educazione cristiana. Per questo motivo nelle prediche, Bernardino dimostrerà sempre una profonda conoscenza dei problemi femminili veri. Studiò grammatica e retorica e si laureò in giurisprudenza.
Durante la peste del 1400 a Siena, essendo perito tutto il personale regolare dell’ospedale e rispondendo alla richiesta di aiuto del responsabile, si offrì volontario insieme ai suoi amici della Compagnia dei Battuti (o dei Disciplinati) a cui si era iscritto, che si riunivano, a mezzanotte, nei sotterranei dell’ospedale. Dopo l’esperienza di quattro mesi tra i malati di peste, rimase lui stesso colpito dalla malattia e lottò per un po’ di tempo tra la vita e la morte.
Fu un’esperienza tremenda ma così forte che lo segnerà positivamente tutta la vita. Aveva imparato sull’uomo e i suoi bisogni ma anche su se stesso ciò che i libri di antropologia del tempo non avrebbero potuto insegnargli con maggiore efficacia. Passata poi l’epidemia si prese cura di una delle due zie, gravemente malata, fino alla sua morte.
Nel 1402, sempre a Siena, diventò francescano e due anni dopo sacerdote. Fu mandato poi a Fiesole per completare gli studi in teologia ascetica e mistica: qui lesse con attenzione e con entusiasmo gli scritti dei grandi autori francescani, in primis, Francesco e Bonaventura, Duns Scoto, Jacopone da Todi e altri.
Nel 1405 fu nominato dal Vicario dell’Ordine predicatore ufficiale, e da questo momento in poi Bernardino si dedicherà soprattutto alla predicazione (ma anche al governo e riforma del suo Ordine di cui fu Vicario Generale dal 1438 al 1442). In primo luogo nel territorio della Repubblica di Siena, poi in altre innumerevoli città, specialmente dell’Italia centro settentrionale.
Predicatore comprensibile, efficace, attuale
È interessante sapere che le prediche di Bernardino da Siena ci sono pervenute grazie ad un fedele (o ammiratore) trascrittore, il quale a modo suo stenografava tutto, anche i sospiri del predicante. Questi raccomandava che ciò che bisogna dire nella predica deve essere
“chiarozo, chiarozo... acciò chè chi ode ne vada contento e illuminato, e non imbarbugliato”.
Per Bernardino inoltre il predicare doveva essere un “dire chiaro e dire breve” ma senza dimenticare insieme il “dire bello”. E, come spiegava con una metafora contadina:
“Piuttosto ti diletterai di bere il buon vino con una tazza chiara e bella che con una scodella brutta e nera”.
Insomma curare il contenuto (il buon vino evangelico) e il contenente che deve essere bello (la forma). E lui faceva tutto questo (eccetto la brevità). Conquistava l’uditorio non con ragionamenti astrusi e astratti, ma con la semplicità, con parabole, aneddoti, racconti, metafore, drammatizzando e teatralizzando il racconto (oggi diremmo che della predica faceva un piccolo “show spirituale”).
Era soprattutto attuale: castigava e canzonava le umane debolezze, le stregonerie, le superstizioni, il gioco e le bische (“diceva: “anche il demonio vuole il suo tempio ed esso è la bisca”), i piccoli e grandi imbrogli nel commercio al dettaglio, le mode frivole (specialmente delle donne, oggi è il culto del “look”), i vizi in generale, pubblici e privati. Ma era feroce con gli usurai del tempo, una piaga antica (e moderna). Paragonava la morte di questi tali all’uccisione del porco in una famiglia: una festa ed una liberazione dalla fame per tutti.
Ma qual era il centro della predicazione di Bernardino? Naturalmente Gesù Cristo, in un triplice aspetto: il Gesù “umanato” e cioè l’Incarnazione, il Gesù “passionato” ovvero la sua Passione e Morte in Croce, ed infine il Gesù “glorificato”, la sua Resurrezione e Ascensione alla destra del Padre.
Bernardino metteva in risalto il primato assoluto del Cristo, la sua mediazione universale, la subordinazione di tutte le cose a Lui e in vista di Lui per arrivare attraverso Lui alla perfezione e alla comunione con Dio. È il tema centrale del “Christus Victor” diventato il Signore di tutto attraverso la sofferenza della Croce, rendendo tutti partecipi della salvezza dal peccato.
Tutto bene, tutto liscio nella sua vita? Non è possibile per nessuno. Oggi gli si rimprovera infatti una durezza eccessiva contro le cosiddette “streghe” e contro gli Ebrei (allora non erano ancora i “nostri Fratelli maggiori”). Era santo ma anche figlio del suo tempo e della cultura di allora.
Comunque la sua fama di predicatore travolgente, efficiente ed efficace (nelle conversioni anche clamorose, simboleggiato nel “rogo delle vanità”) non lo risparmiò da ostilità, sofferenze ed incomprensioni.

Sappiamo che l’invidia è una non virtù che, come zizzania, è sempre stata presente anche nei verdi campi ecclesiali. Bernardino fu infatti accusato di idolatria (e non una volta sola anche di eresia) specialmente per quanto riguardava la devozione al Nome di Gesù, espresso nel famoso trigramma JHS messo su uno stendardo. Fu sempre completamente scagionato (a Roma) e reintegrato. Fino alla morte che incontrò a L’Aquila il 20 maggio 1444.
Non solo aveva predicato bene, ma era anche vissuto da santo. Santità la sua che venne riconosciuta subito dalla Chiesa attraverso il papa Niccolò V che lo canonizzò, solo sei anni dopo, il 24 maggio del 1450.
                                                                                          MARIO SCUDU sdb ***

     *** Questo e altri 120 santi e sante, sono presenti nel volume di:               MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Elledici,Torino

          Il nome di Gesù è Luce

Il nome di Gesù è la luce dei predicatori perché illumina di splendore l’annunzio e l’ascolto della sua parola. Donde credi si sia diffusa in tutto il mondo una luce di fede così grande, repentina e ardente, se non perché fu predicato Gesù? Non ci ha Dio “chiamati alla sua ammirabile luce” (1 Pt 12, 9) con la luce e il sapore di questo nome? Ha ragione l’Apostolo di dire a coloro che sono stati illuminati e in questa luce vedono la luce: “Se un tempo eravate tenebre, ora siete luce nel Signore: comportatevi perciò come figli della luce” (Ef 5,8).
Perciò si deve annunciare questo nome perché risplenda, non tenerlo nascosto. E tuttavia nella predicazione non lo si deve proclamare con un cuore vile o con una bocca profanata, ma lo si deve custodire e diffondere come da un vaso prezioso...
L’Apostolo Paolo portava dovunque il nome di Gesù con le parole, con le lettere, con i miracoli e con gli esempi. Infatti lodava sempre il nome di Gesù e gli cantava inni con riconoscenza...
Dai Discorsi, n. 49, Sul glorioso nome di Gesù Cristo, cap. 2.



E poi questi politici...
In una città si era instaurata una specie di dittatura o tirannia. Ecco un pezzo della sua predica per quella circostanza (ma il discorso non si può estendere anche ai giorni nostri?).
«Chi ha questo vizio si presenta sempre come un benefattore, ma in realtà è uno strozzino e un tiranno. Ci sono purtroppo i tira-anni, i tira-mesi, i tira-settimane, i tira-giorni, i tira-mattina, i tira-pomeriggio, i tira-notte e persino i tira-ore. Sai chi è il tira-anno? È colui che tira una volta all’anno. Il tira-mesi è peggio, perché tira ogni mese. Peggio ancora è il tira-settimane, perché tira ogni settimana. E il tira-giorni è ancora peggiore, perché ruba tirando ogni giorno...
E il tira-mattina è ancora peggio perché va al palazzo di governo e sempre tira. Così anche il tira-notte. E che diremmo del tira-ore? Possiamo dire che egli sempre tira, ruba e spoglia chiunque gli capiti a tiro. E poi questi politici vogliono essere chiamati “governatori del popolo!”. A loro ben conviene un solo nome: “ladroni”. E rivolgendosi agli interessati, spesso ostentatamente e ipocritamente seduti in prima fila, Bernardino da Siena, di professione predicatore itinerante, evangelicamente libero e povero perciò senza paura, gridava: “Sapete cosa vi dico? Voi siete le eccellenze zero. Potete farvi temere per un certo tempo, ma mai sarete rispettati, anzi arriverà il giorno in cui il popolo vi disprezzerà e spargerà urina sulla vostra testa”».
Accidenti, Bernardino, che coraggio! Beh, oggi, con i potenti e i politici di turno si è più diplomatici e più contenuti, più irenici e più ecumenici, più generici e più indefiniti. Insomma più “politicamente corretti”. Ma, forse, meno efficaci e meno evangelici. O no?


IMMAGINI:
1  
Sano di Pietro, dipinto del XV secolo, Museo nazionale abruzzese, L’Aquila. / San Bernardino da Siena mostra ai fedeli il monogramma di Cristo.2  Pinturicchio, dipinto del XV secolo, Galleria nazionale, Perugia. / San Bernardino libera un giovane.3  Il famoso trigramma JHS di san Bernardino da Siena4  Il mausoleo di San Bernardino nella Basilica a lui dedicata a L’Aquila.5  Sano di Pietro, dipinto del XV secolo, Duomo di Siena. / Una predica di San Bernardino in Piazza del Campo a Siena.
 http://www.donbosco-torino.it/ita/Kairos/Santo_del_mese/05-Maggio/S_Bernardino_da_Siena.html



giovedì 3 gennaio 2013

San Bernardino de Sena y el SS.mo Nombre de Jesùs



San Bernardino de Siena (1380-1444)
por Bernardino Llorca, s.j.
.
San Bernardino de Siena fue uno de aquellos predicadores de penitencia que en el siglo XV recorrieron gran parte de Italia y contribuyeron eficazmente a la reforma y mejoramiento de las costumbres. Su celo ardiente y apostólico y su oratoria popular y apasionada han quedado como ejemplos vivientes del celo y de la predicación evangélica y aun del estilo de aquellos predicadores del siglo XV, San Vicente Ferrer, San Juan de Capistrano y otros.
Nacido en 1380 en Massa, cerca de Siena, de la noble familia de los Albiceschi, recibió Bernardino en Siena una educación completa en las ciencias eclesiásticas. En 1402 vistió el hábito de San Francisco; en 1404 recibió la ordenación sacerdotal y un año después fue destinado a la predicación.
Pero transcurren unos doce años, y ni su voz ni sus cualidades oratorias le ayudaban a desempeñar con éxito este importante ministerio. Mas como, por otra parte, se distinguía por sus eximias virtudes religiosas, aparece el año 1417 como guardián en el convento franciscano de Fiésole. Entonces, pues, de una manera inesperada, que tiene todos los visos de sobrenatural, se refiere que recibió la orden divina, transmitida por un novicio: «Hermano Bernardino, ve a predicar a Lombardía».
El hecho es que, desde 1418, aparece San Bernardino en Milán y comienza aquella carrera de grandes misiones o predicaciones populares, cuya característica era un intenso amor a Jesucristo, que llegaba al interior de sus oyentes y arrancaba lágrimas de penitencia. Este amor a Jesucristo lo sintetizaba en el anagrama del nombre de Jesús, tal como, precisamente desde entonces, se ha ido popularizando cada vez más: I H S. Llevábalo a guisa de banderín y procuraba fuera grabado en todas las formas posibles, en estampas de propaganda, en grandes carteles y, sobre todo, en los testeros de las iglesias, casas consistoriales y domicilios particulares de las poblaciones donde misionaba. Aquello debía servirles de recuerdo perenne de las verdades predicadas y de las decisiones tomadas. De ello pueden verse, aun en nuestros días, multitud de ejemplos en los territorios donde él predicó.
Efectivamente, en 1418 predica la Cuaresma en la iglesia principal de Milán, donde el último de los Visconti daba el triste ejemplo de una vida entregada a todos los vicios. Bernardino se revela un orador popular de cualidades extraordinarias. El pueblo se siente transformado por el fuego de su predicación. Vuelve al año siguiente y se repiten los mismos resultados de grandes conversiones y reforma de costumbres. De 1419 a 1423 recorre las poblaciones de Bérgamo, Como, Plasencia, Brescia. Unas veces predica en la misa, otras durante el día; unas veces organiza una misión, otras es un sermón de circunstancias; pero el resultado es siempre la transformación de las costumbres y reforma de vida. En 1423 desarrolla su actividad reformadora en Mantua, y por vez primera aparece allí su fuerza taumatúrgica. Según los relatos contemporáneos, al negarse el barquero a conducirle al otro lado del lago, lo atraviesa sobre su manteo, y a nadie sorprende tan estupendo milagro, pues todos son testigos de su ascetismo extraordinario y del abrasado amor de Dios que respira en su predicación.
Pero el fruto de su apostolado no se limita a la transformación de costumbres y reforma de vastos territorios. En Venecia, donde predica en 1422, obtiene la fundación de una cartuja y de un hospital para infecciosos. Predica de nuevo en Verona en 1423, y de nuevo nos relatan los cronistas del tiempo un milagro estupendo obrado por él, cuando hace retornar a la vida a un hombre muerto en un accidente. La fama de su santidad y de la fuerza arrebatadora de su predicación toma proporciones nunca oídas. A partir del año 1424 llega a su apogeo. Ya no bastan las mayores iglesias para contener las grandes masas, ansiosas de escuchar la palabra ardiente de un santo. En Vicenza habla en la plaza pública a una multitud de veinte mil personas. En Venecia desarrolla en 1424 una actividad extraordinaria y acude la población entera a las plazas públicas para escucharle. Los grandes carteles, en que ostenta el anagrama de Jesús, producen un efecto admirable. De allí pasa a Ferrara, donde consigue tocar el corazón de sus habitantes, que renuncian en masa al lujo y a las diversiones pecaminosas.
Parece imposible que su naturaleza débil y enfermiza pueda resistir un trabajo tan agotador, sobre todo si se tiene presente que lo acompaña con una vida extremadamente austera. Su aspecto exterior, tal como nos lo transmitieron los más afamados pintores del cuatrocientos, es el prototipo del ascetismo más exagerado, que contribuye eficazmente a la eficacia de su obra apostólica. Predica la Cuaresma en Bolonia, que se hallaba en rebelión contra el romano pontífice Martín V (1417-1431). Introduce un nuevo juego, haciendo pintar el nombre de Jesús en las cartas que se emplean. El pueblo y el mercader que se compromete en esta empresa la miran con recelo; pero, al fin, terminan todos por entusiasmarse con el invento, que trae consigo una transformación completa de la ciudad. Siguiendo la llamada de los florentinos, predica en Florencia durante el verano de 1424, y esta ciudad, prototipo de la elegancia y del lujo más exagerados, termina la misión organizando grandes hogueras, a las que las damas de la más elegante sociedad arrojan los objetos más preciados de sus vanidades. Más aún. Como recuerdo de tan importantes acontecimientos se hace pintar el anagrama de Jesús y se coloca en la fachada de la iglesia de la Santa Cruz.
En medio de esta carrera de predicación en grande estilo de San Bernardino no podía faltar su turno a su ciudad natal, Siena. En efecto, después de predicar la Cuaresma en Prato, en 1425, llega a Siena a fines de abril, y allí derrocha tesoros de su más ardiente palabra apostólica durante cincuenta días. Entre sus oyentes se encuentra el gran humanista Eneas Silvio Piccolomini, el futuro papa Pío II (1458-1464). La ciudad en peso decide esculpir el anagrama de Jesús en el testero del Palazzo publico. En Asís, en Perusa, en otras poblaciones renueva todas las maravillas de su predicación. En 1427 se hallaba en Viterbo, donde predica la Cuaresma y ataca duramente la usura, una de las plagas del tiempo.
Esta campaña de 1418-1427, extraordinariamente fecunda en frutos de conversiones, renovación de costumbres y reforma fundamental de vida, constituye la primera etapa de la gran obra reformadora realizada por San Bernardino de Siena. Ahora bien, para conocer las características de la predicación de este gran orador cristiano debemos poner a la cabeza de todas su eminente santidad y austeridad de vida, que fascinaba a las multitudes y arrastraba con la fuerza irresistible del ejemplo. Mas, por lo que se refiere a la estructura literaria de sus sermones, no podemos tomar como ejemplos los esquemas latinos que se nos han conservado y podemos leer en sus obras, por ejemplo, en la edición crítica de las mismas, que se ha publicado en nuestros días. Porque su palabra viva y ardiente era completamente diversa de estos esbozos eruditos, a manera de tratados teológicos. De la verdadera elocuencia de su lenguaje popular y vivo nos dan una idea aproximada los Sermones vulgares, que uno de sus oyentes copió en su predicación de Siena en 1427 y han sido recientemente publicados. Aquí es todo vida, naturalidad, comunicación íntima con el auditorio. El orador, sin perder de vista el objeto primordial de su discurso, sigue la inspiración del momento, repite las cosas más difíciles, mezcla su discurso con frecuentes diálogos con el auditorio, prorrumpe en ardientes exclamaciones y apóstrofes, lo empapa todo con un espíritu sobrenatural y divino, que lleva la convicción a las almas y arranca de sus oyentes lágrimas de compunción y propósitos de reforma.
Es admirable la maestría de esta oratoria, eminentemente popular y profundamente teológica y cristiana. Conserva siempre la dignidad de la cátedra apostólica; adáptase, en cuanto le es posible, a los oyentes que le escuchan y a las circunstancias del tiempo; fustiga las divisiones de partidos y los vicios más típicos de la época, sobre todo la usura, la sensualidad, el despilfarro, la vanidad, el espíritu pendenciero; pero siempre en una forma tan digna y elevada que aparecen su espíritu verdaderamente apostólico y las entrañas de misericordia de Dios, siempre dispuesto a acoger en sus brazos a los que de veras se arrepienten de sus vicios y pecados. En particular se observa que, a diferencia de Jerónimo Savonarola, se mantiene siempre alejado de los partidos y de toda significación política, y nunca se expresa de un modo desconsiderado contra ninguna clase de autoridades, eclesiásticas y aun civiles.
Esto no obstante, el año 1427, cuando predicaba la Cuaresma en Viterbo, fue citado y tuvo que presentarse en Roma ante el Papa Martín V. Habíase elevado una acusación contra él por la novedad que ofrecía su predicación sobre el nombre de Jesús y la propaganda que hacía de las estampas, tabletas e inscripciones de su anagrama. Al llegar a Roma se le prohibió subir al púlpito y fue obligado a mantenerse recluido hasta que se examinara y decidiera su causa. El Santo, lleno de la más humilde resignación y con la confianza puesta en Dios, obedeció sin ninguna especie de resistencia. Pero entonces mismo llegó su inseparable amigo y discípulo predilecto, San Juan de Capistrano, quien supo exponer su causa en tal forma que el Papa se convenció de que la devoción del anagrama de Jesús no ofrecía ninguna dificultad teológica y, por el contrario, podía ser un resorte eficaz para fomentar la devoción del pueblo. La respuesta a los acusadores se dio públicamente, permitiendo el Papa que San Bernardino predicara en Roma durante ochenta días, en los que dirigió al pueblo romano ciento catorce sermones.
Puesta así de relieve la santidad, y habiendo aumentado extraordinariamente la popularidad y reputación de su compaisano, los sienenses suplicaron al Papa que nombrara obispo de Siena a San Bernardino. El Papa accedió a tan justificados ruegos, pero el Santo se resistió. En cambio, entonces precisamente dio él comienzo a la segunda etapa de su vida apostólica. Desde agosto del mismo año 1427 desarrolla una intensa campaña en Siena, desgarrada entonces por las más encarnizadas divisiones. Los cuarenta y cinco sermones que entonces predicó, tomados literalmente por un copista y publicados en nuestros días, son la más clara prueba de la elocuencia popular, fuerza persuasiva y unción religiosa y aun mística de su predicación.
Luego siguió un amplio recorrido por la Toscana, Lombardía, Romaña, Marca de Ancona. La madurez de su criterio y experiencia, la eximia santidad de su vida y la aureola de reputación que lo acompañaba, todas estas circunstancias juntas producían un efecto sin precedentes. Nada se resiste a su arrolladora elocuencia. Así, con su palabra de fuego, consigue fácilmente detener a los sienenses en su ya iniciada guerra contra Florencia. Precisamente en esta ocasión el emperador Segismundo se encuentra en Siena y traba con él la más íntima amistad, y en abril de 1433 le lleva consigo a Roma.
Desde 1433 se inicia la última etapa de la vida de San Bernardino. Retirado al convento de Capriola, se dedica tres años al trabajo de redacción de sus obras.
En 1436 dedícase de nuevo dos años a la predicación. En 1438 es nombrado vicario general de los conventos de la observancia, y en inteligencia con Eugenio IV (1431-1447), que tan decididamente la favorecía, trabaja desde entonces en fomentarla por todas partes. Es significativa, en este sentido, la carta dirigida el 31 de julio de 1440 a todos sus súbditos. Con la anuencia de Eugenio IV toma como ayudante en esta obra de reforma regular a San Juan de Capistrano, su más insigne discípulo, émulo de su elocuencia popular y de la eximia santidad de su vida. En esta forma visita las provincias de Génova, Milán y Bolonia. Es un nuevo campo, donde realiza una labor sumamente provechosa.
Finalmente, en 1442, admite el Papa su renuncia a este cargo. Parece que podía entonces dedicarse al descanso. Pero su espíritu apostólico no se lo permite. Agotado por las fatigas de tantos años de predicación y por una vida de continuas austeridades y la observancia más estricta de la disciplina religiosa, siente reanimarse su espíritu entregándose de nuevo a la predicación. Así lo vemos en Milán, en el otoño de 1442, donde combate la herejía de un tal Amadeo; predica en Padua en 1443 una serie de sesenta sermones, que, copiados literalmente por uno de sus oyentes, constituyen una de las mejores joyas de la elocuencia sagrada; tiene que negarse a predicar en Ferrara, y aparece luego en Vicenza. A principios de 1444 tiene un breve descanso en su querido convento de Capriola, donde acaba de revisar algunas de sus obras, en particular sus Discursos sobre las Bienaventuranzas. Al exponer el Bienaventurados los que lloran da suelta a su tierno corazón por la honda pena que acaba de experimentar por la muerte del hermano Vicente, compañero suyo inseparable durante veintidós años. «Débil de cuerpo –exclama–, con frecuencia yo he estado enfermo. Entonces él me sostenía, él me conducía. Si mi cuerpo se sentía débil, él me alentaba. Si me sentía decaído o negligente en el servicio de Dios, él me excitaba. Yo era imprevisor, olvidadizo; pero él velaba por mí. ¿Cómo me has sido arrebatado, oh Vicente? ¿Cómo me has sido arrancado, tú que eras como una misma cosa conmigo, tú que eras tan conforme a mi corazón?»
Tal es San Bernardino al final de su vida: el gran predicador popular, que ha transformado con su palabra y ejemplo comarcas enteras de Italia; el gran propagador de la devoción del nombre de Jesús, a la que dedicó escritos maravillosos; el gran entusiasta de la devoción a María; el gran reformador y defensor de la observancia; el enamorado de Cristo al estilo de su padre, San Francisco de Asís. Es un sol que se halla en su ocaso. Todavía quiere predicar a Cristo. Sacando fuerzas de flaqueza, se decide a ir a predicar a Nápoles. En el camino predica en varios lugares; obra varios milagros; se detiene en Asís, en Santa María de los Angeles; pero, llegado a Áquila, rendido al cansancio, muere el 20 de mayo, víspera de la Ascensión. Seis años después, el 24 de mayo de 1450, el papa Nicolás V (1447-1555), cediendo a los clamores del pueblo cristiano, le eleva al honor de los altares.
San Bernardino de Siena es, indudablemente, uno de los más grandes santos del siglo XV, uno de los mejores modelos de la predicación popular cristiana, uno de los más preciosos ejemplos de aquel puro y encendido amor de Cristo, tan característico de su padre San Francisco de Asís y del espíritu franciscano de todos los tiempos.
Bernardino Llorca, S. I., San Bernardino de Sena, en Año Cristiano, Tomo II, Madrid, Ed. Católica (BAC 184), 1959, pp. 436-443.

lunedì 2 gennaio 2012

Il Nome SS.mo di Gesù non è soltanto luce, è anche cibo. PREGHIERA AL NOME SS. DI GESU'


FESTA DEL SANTISSIMO NOME DI GESÙ

Per celebrare questa festa, fu dapprima scelta la seconda domenica dopo l'Epifania, che ricorda il banchetto delle nozze di Cana. È nel giorno nuziale che la Sposa assume il nome dello Sposo, e questo nome d'ora in poi testimonierà che essa appartiene a lui. La Chiesa, volendo onorare con un culto speciale un nome per essa così prezioso, ne univa dunque il ricordo a quello delle Nozze divine. Oggi, essa riallaccia all'anniversario stesso del giorno in cui fu imposto, otto giorni dopo la nascita, la celebrazione di quell'augusto Nome.
L'antica alleanza aveva circondato il Nome di Dio di un profondo terrore: quel nome era per essa tanto formidabile quanto santo, e l'onore di proferirlo non spettava a tutti i figli d'Israele. Dio non era ancora stato visto sulla terra a conversare con gli uomini, non si era ancora fatto uomo lui stesso per unirsi alla nostra debole natura: non potevano dunque dargli quel Nome d'amore e di tenerezza che la Sposa dà allo Sposo.

Ma quando è giunta la pienezza dei tempi, quando il mistero d'amore è sul punto di apparire, scende innanzitutto dal cielo il Nome di Gesù, come un anticipo della presenza del Signore che deve portarlo. L'Arcangelo dice a Maria: "Gli imporrai il nome di Gesù"; ora Gesù vuoi dire Salvatore. Quanto sarà dolce a pronunziarsi, questo nome, per l'uomo che era perduto! Questo solo Nome quanto riavvicina già il cielo alla terra! Ve n'è forse uno più amabile o più potente? Se a questo divin Nome ogni ginocchio deve piegarsi in cielo, in terra e nell'inferno, vi è forse un cuore che non si commuova d'amore al sentirlo pronunciare? Ma lasciamo descrivere a san Bernardo la potenza e la dolcezza di questo Nome benedetto. Ecco come egli si esprime in proposito nel suo xv Sermone sul Cantico dei Cantici:

"Il Nome dello Sposo è luce, cibo, medicina. Esso illumina, quando lo si rende noto; nutre, quando vi si pensa in segreto; e quando lo si invoca nella tribolazione, procura la dolcezza e l'unzione. Percorriamo, di grazia, ognuna di tali qualità. Donde pensate che si sia potuto diffondere nell'universo intero la grande e improvvisa luce della Fede, se non dalla predicazione del Nome di Gesù? Non è forse per la luce di quel Nome benedetto che Dio ci ha chiamati alla sua stessa mirabile luce? Illuminati da essa, e vedendo in quella luce un'altra luce, sentiamo san Paolo che ci dice giustamente: Voi eravate una volta tenebre; ma ora siete luce nel Signore.

Ma il Nome di Gesù non è soltanto luce, è anche cibo. Non vi sentite dunque riconfortati ogni qual volta richiamate al vostro cuore quel dolce Nome? Che altro c'è al mondo che nutra tanto la mente di colui che Lo pensa? Che cos'è che, allo stesso modo, ristori i sensi indeboliti, dia energia alle virtù, faccia fiorire i buoni costumi e mantenga gli onesti e casti affetti? Ogni cibo dell'anima è arido se non è imbevuto di quest'olio, è insipido se non è condito con questo sale.



Quando voi mi scrivete, il vostro dire non ha per me alcun sapore, se non vi leggo il Nome di Gesù. Quando discutete o parlate con me, tutto il vostro discorso non ha per me alcun interesse se non vi sento risonare il Nome di Gesù. Gesù è miele alla mia bocca, melodia al mio orecchio, giubilo al mio cuore; ed oltre a questo, una medicina benefica. Qualcuno di voi è triste? Che Gesù venga nel suo cuore, passi di qui nella sua bocca, e subito, alla venuta del Nome divino che è vera luce, scompare ogni nube, e torna il sereno. Qualcuno cade nel peccato oppure incorre, disperando, nei lacci della morte? Se invoca il Nome di Gesù, non comincerà subito a respirare e a vivere nuovamente? Chi mai restò nell'indurimento del cuore come fanno tanti altri; o nel torpore delle gozzoviglie, nel rancore o nel languore del tedio? Chi mai, avendo in sé esaurito la sorgente delle lacrime, non l'ha sentita d'improvviso scorrere più abbondante e più soave, appena è stato invocato Gesù? Qual è quell'uomo che, timoroso e preoccupato in mezzo ai pericoli, invocando quel Nome di forza non abbia sentito subito nascere in sé la fiducia e svanire la paura? Chi è colui, vi chiedo, che sbattuto e vacillante in balia dei dubbi, non ha all'istante - lo dico senza esitare - visto risplendere la certezza all'invocazione di un Nome così luminoso? Chi, nell'avversità, mentre era in preda alla sfiducia, non ha ripreso coraggio al suono di quel Nome di valido aiuto? Sono queste infatti le malattie e i languori dell'anima ed esso ne è il rimedio.
               

Certamente, e posso provarvelo con quelle parole: Invocami, dice il Signore, nel giorno della tribolazione, e io ti libererò, e tu mi onorerai. Nulla al mondo arresta così decisamente l'impetuosità dell'ira e riduce ugualmente la gonfiezza della superbia. Nulla guarisce così perfettamente le piaghe della tristezza, comprime le irruenze della dissolutezza, spegne la fiamma della cupidigia, estingue la sete dell'avarizia, e distrugge tutti gli stimoli delle passioni disoneste. In verità, quando io nomino Gesù, ho davanti un uomo dolce e umile di cuore, benigno, sobrio, casto, misericordioso, in una parola splendente di ogni purezza e santità. È lo stesso Dio onnipotente che mi guarisce con il suo esempio, e mi rinforza con la sua assistenza. Tutte queste cose echeggiano nel mio cuore quando sento risuonare il Nome di Gesù. Così, in quanto è uomo, io ne ricavo degli esempi per imitarli, e in quanto è l'Onnipotente, ne ricavo un sicuro aiuto. Mi servo di quegli esempi come di erbe medicinali, e dell'aiuto come d'uno strumento per tritarle, e ne faccio così una mistura tale che nessun medico potrebbe farne una simile.
O anima mia, tu hai un antidoto eccellente, nascosto come in un vaso, nel Nome di Gesù! Gesù, infatti è un nome salutare e un rimedio che non risulterà mai inefficace per nessuna malattia. Che esso sia sempre nel tuo cuore, e nella tua mano: di modo che tutti i tuoi sentimenti e tutti i tuoi atti siano diretti verso Gesù".


Questa è dunque la forza e la soavità del santissimo Nome di Gesù, che fu imposto all'Emmanuele il giorno della sua Circoncisione; ma, siccome il giorno dell'Ottava di Natale è già consacrato a celebrare la divina Maternità, e il mistero del Nome dell'Agnello richiedeva solo per sé una propria solennità, è stata istituita la festa di oggi.
 

Il suo primo promotore fu nel XV secolo, san Bernardino da Siena, che stabilì e propagò l'usanza di rappresentare, circondato di raggi, il santo Nome di Gesù ridotto alle sue prime tre lettere JHSriunite in monogramma. Questa devozione si diffuse rapidamente in Italia, e fu incoraggiata dall'illustre san Giovanni da Capistrano, dell'Ordine dei Frati Minori al pari di san Bernardino da Siena. La Santa Sede approvò solennemente tale omaggio al Nome del Salvatore degli uomini, e nei primi anni del XVI secolo Clemente VII, dopo lunghe istanze, accordò a tutto l'Ordine di san Francesco il privilegio di celebrare una festa speciale in onore del santissimo Nome di Gesù.

Papa Innocenzo XIIIRoma estese successivamente questo favore a diverse Chiese ma doveva venire il momento in cui ne sarebbe stato arricchito lo stesso Ciclo universale. Fu nel 1721, dietro richiesta di Carlo VI imperatore di Germania, che il Papa Innocenzo XIII decretò che la festa del santissimo Nome di Gesù fosse celebrata in tutta la chiesa, e la fissò allora alla seconda Domenica dopo l'Epifania.

EPISTOLA (At 4,8-12). - In quei giorni; Pietro ripieno di Spirito Santo, disse: Capi del popolo, ed anziani, ascoltate: Giacché oggi siamo interrogati sul beneficio fatto ad un malato, affin di sapere in qual modo questo sia guarito, sia noto a voi tutti, e a tutto il popolo d'Israele, come in nome del Signor nostro Gesù Cristo Nazareno che voi crocifiggeste e Dio risuscitò da morte, in virtù di questo nome costui è salvo dinanzi a voi. Questa è la pietra riprovata da voi, costruttori, la quale è divenuta la pietra angolare. Ne c'è in altro salvezza. E non v'è altro nome Sotto il cielo dato agli uomini in virtù del quale possiamo salvarci.

Lo sappiamo, o Gesù: nessun altro nome fuorché il tuo poteva darci la salvezza. Quel nome infatti significa Salvatore. Sii benedetto per esserti degnato di accettarlo; sii benedetto per averci salvati! Tu appartieni al cielo, e assumi un nome della terra, un nome che può pronunciare una bocca mortale: unisci dunque per sempre la natura divina e quella umana. Rendiamoci degni di tale alleanza, e facciamo in modo che non ci avvenga mai di romperla.

VANGELO (Lc 2, 2-1). - In quel tempo: Come passarono gli otto giorni per la circoncisione del fanciullo, gli fu posto nome Gesù, com'era stato chiamato dall'Angelo prima che nel seno materno fosse concepito.
 
 È nel momento della prima effusione del tuo sangue nella Circoncisione, o Gesù, che hai ricevuto il tuo Nome; e doveva essere così, poiché quel nome significa Salvatore, e noi non potevamo essere salvati che dal tuo sangue. Quella felice alleanza che tu vieni a stringere con noi ti costerà un giorno la vita, l'anello nuziale che imporrai alla nostra mano mortale sarà immerso nel tuo sangue, e la nostra vita immortale sarà il prezzo della tua morte crudele. Il tuo Nome santo ci dice tutte queste cose, o Gesù, o Salvatore! Tu sei la Vite, e c'inviti a bere il tuo Vino generoso, ma il celeste grappolo sarà duramente spremuto nel frantoio della giustizia del Padre celeste, e potremo inebriarci del suo divino liquore solo dopo che sarà stato violentemente staccato dal ceppo e frantumato. Che il tuo nome santo, o Emmanuele, ci richiami sempre alla mente questo sublime mistero, il suo ricordo ci preservi dal peccato e ci renda sempre fedeli!
PREGHIAMO
O Dio, che hai costituito il tuo Figlio Unigenito Salvatore del genere umano, ed hai voluto che fosse chiamato Gesù, concedici propizio di godere nel cielo la vista di Colui, del quale in terra veneriamo il santo Nome.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 183-187 


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"LA GRANDE"


PREGHIERA AL NOME 
SS. DI GESU'





"O buon Gesù, o tenero Gesù, Figlio di Dio e della Vergine Maria, pieno di misericordia e tutto cuore.
O dolce Gesù abbiate pietà di me secondo la vostra grande misericordia.
O clementissimo Gesù, pel sangue preziosissimo che avete sparso pei peccatori, lavatemi ve ne supplico da tutte le mie iniquità e quantunque io sia una miserabile ed indegna creatura, abbassate gli occhi sopra di me: io vi domando perdono e invoco il Santo Nome di Gesù.
O Nome di Gesù, Nome tanto dolce!
O Nome di Gesù, Nome tanto delizioso!
O Nome di Gesù, il più amabile tra tutti i nomi!
Che altro è Gesù se non Salvatore?
Dunque Gesù in virtù del Vostro Santo Nome siatemi Gesù e salvatemi.
Ah! Non permettere ch'io mi danni dopo che sono stato ricomprato dal Vostro preziosissimo sangue.
O buon Gesù, sono l'opera della Vostra onnipotente bontà; che le mie iniquità non mi perdano.
O buon Gesù, abbiate pietà di me nel tempo della misericordia affinché non m'abbiate a condannare nel giorno del giudizio.
O dolce Gesù, se la Vostra severa giustizia vuol condannarmi ricorro alla Vostra tenera misericordia e mi rifugio nel suo seno.
O amantisimo Gesù, e desiderabilissimo Gesù,
O dolcissimo Gesù,
O Gesù, Gesù, Gesù,
accoglietemi nel numero dei Vostri eletti.
O Gesù, fiducia di coloro che si rifugiano in Voi.
O Gesù, dolcezza dei cuori che Vi amano.
Fate che m'infiammi per Voi, che resti fedelmente unita con Voi e che dopo questa trista e miserabile vita, pervenga felicemente a Voi.
Così sia.

AVE MARIA!
AMDG