Visualizzazione post con etichetta San Girolamo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta San Girolamo. Mostra tutti i post

giovedì 1 ottobre 2020

SAN GIROLAMO: «Ciceroniano e non cristiano» prima, confutatore energico e vivace di eretici e contestatori poi.

 

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 7 novembre 2007

 

San Girolamo

I: Vita e scritti

Cari fratelli e sorelle,

fermeremo oggi la nostra attenzione su san Girolamo, un Padre della Chiesa che ha posto al centro della sua vita la Bibbia: l’ha tradotta nella lingua latina, l’ha commentata nelle sue opere e soprattutto si è impegnato a viverla concretamente nella sua lunga esistenza terrena, nonostante il ben noto carattere difficile e focoso ricevuto dalla natura.

Girolamo nacque a Stridone verso il 347 da una famiglia cristiana, che gli assicurò un’accurata formazione, inviandolo anche a Roma a perfezionare i suoi studi. Da giovane sentì l’attrattiva della vita mondana (cfr Ep. 22,7), ma prevalse in lui il desiderio e l’interesse per la religione cristiana. Ricevuto il Battesimo verso il 366, si orientò alla vita ascetica e, recatosi ad Aquileia, si inserì in un gruppo di ferventi cristiani, da lui definito quasi «un coro di beati» (Cronaca dell’anno 374), riunito attorno al Vescovo Valeriano. Partì poi per l’Oriente e visse da eremita nel deserto di Calcide, a sud di Aleppo (cfr Ep. 14,10), dedicandosi seriamente agli studi. Perfezionò la sua conoscenza del greco, iniziò lo studio dell’ebraico (cfr Ep. 125,12), trascrisse codici e opere patristiche (cfr Ep. 5,2). La meditazione, la solitudine, il contatto con la Parola di Dio fecero maturare la sua sensibilità cristiana. Sentì più pungente il peso dei trascorsi giovanili (cfr Ep. 22,7) e avvertì vivamente il contrasto tra mentalità pagana e vita cristiana: un contrasto reso celebre dalla drammatica e vivace «visione», della quale egli ci ha lasciato il racconto. In essa gli sembrò di essere flagellato al cospetto di Dio, perché «ciceroniano e non cristiano» (cfr Ep. 22,30).

Nel 382 si trasferì a Roma: qui il Papa Damaso, conoscendo la sua fama di asceta e la sua competenza di studioso, lo assunse come segretario e consigliere; lo incoraggiò a intraprendere una nuova traduzione latina dei testi biblici per motivi pastorali e culturali. Alcune persone dell’aristocrazia romana, soprattutto nobildonne come Paola, Marcella, Asella, Lea ed altre, desiderose di impegnarsi sulla via della perfezione cristiana e di approfondire la conoscenza della Parola di Dio, lo scelsero come loro guida spirituale e maestro nell’approccio metodico ai testi sacri. Queste nobili donne impararono anche il greco e l’ebraico.

Dopo la morte di Papa Damaso, Girolamo lasciò Roma nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa, silenziosa testimone della vita terrena di Cristo, poi in Egitto, terra di elezione di molti monaci (cfr Contro Rufino 3,22; Ep. 108,6-14). Nel 386 si fermò a Betlemme, dove, per la generosità della nobildonna Paola, furono costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i pellegrini che si recavano in Terra Santa, «pensando che Maria e Giuseppe non avevano trovato dove sostare» (Ep. 108,14). A Betlemme restò fino alla morte, continuando a svolgere un’intensa attività: commentò la Parola di Dio; difese la fede, opponendosi vigorosamente a varie eresie; esortò i monaci alla perfezione; insegnò la cultura classica e cristiana a giovani allievi; accolse con animo pastorale i pellegrini che visitavano la Terra Santa. Si spense nella sua cella, vicino alla grotta della Natività, il 30 settembre 419/420.

La preparazione letteraria e la vasta erudizione consentirono a Girolamo la revisione e la traduzione di molti testi biblici: un prezioso lavoro per la Chiesa latina e per la cultura occidentale. Sulla base dei testi originali in ebraico e in greco e grazie al confronto con precedenti versioni, egli attuò la revisione dei quattro Vangeli in lingua latina, poi del Salterio e di gran parte dell’Antico Testamento. Tenendo conto dell’originale ebraico e greco, dei Settanta, la classica versione greca dell’Antico Testamento risalente al tempo precristiano, e delle precedenti versioni latine, Girolamo, affiancato poi da altri collaboratori, poté offrire una traduzione migliore: essa costituisce la cosiddetta Vulgata, il testo «ufficiale» della Chiesa latina, che è stato riconosciuto come tale dal Concilio di Trento e che, dopo la recente revisione, rimane il testo «ufficiale» della Chiesa di lingua latina. E’ interessante rilevare i criteri a cui il grande biblista si attenne nella sua opera di traduttore. Li rivela egli stesso, quando afferma di rispettare perfino l’ordine delle parole delle Sacre Scritture, perché in esse, dice, «anche l’ordine delle parole è un mistero» (Ep. 57,5), cioè una rivelazioneRibadisce inoltre la necessità di ricorrere ai testi originali: «Qualora sorgesse una discussione tra i Latini sul Nuovo Testamento, per le lezioni discordanti dei manoscritti, ricorriamo all’originale, cioè al testo greco, in cui è stato scritto il Nuovo Patto. Allo stesso modo per l’Antico Testamento, se vi sono divergenze tra i testi greci e latini, ci appelliamo al testo originale, l’ebraico; così tutto quello che scaturisce dalla sorgente, lo possiamo ritrovare nei ruscelli» (Ep. 106,2). Girolamo, inoltre, commentò anche parecchi testi biblici. Per lui i commentari devono offrire molteplici opinioni, «in modo che il lettore avveduto, dopo aver letto le diverse spiegazioni e dopo aver conosciuto molteplici pareri – da accettare o da respingere –, giudichi quale sia il più attendibile e, come un esperto cambiavalute, rifiuti la moneta falsa» (Contro Rufino 1,16).

Confutò con energia e vivacità gli eretici che contestavano la tradizione e la fede della Chiesa. Dimostrò anche l’importanza e la validità della letteratura cristiana, divenuta una vera cultura ormai degna di essere messa a confronto con quella classica: lo fece componendo il De viris illustribus (Gli uomini illustri), un’opera in cui Girolamo presenta le biografie di oltre un centinaio di autori cristiani. Scrisse pure biografie di monaci, illustrando accanto ad altri itinerari spirituali anche l’ideale monastico; inoltre tradusse varie opere di autori greci. Infine nell’importante Epistolario, un capolavoro della letteratura latina, Girolamo emerge con le sue caratteristiche di uomo colto, di asceta e  di guida  delle anime.

Che cosa possiamo imparare noi da san Girolamo? Mi sembra soprattutto questo: amare la Parola di Dio nella Sacra Scrittura. Dice san Girolamo: «Ignorare le Scritture è ignorare Cristo» (Commento ad Isaia, prol.). Perciò è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Sacra Scrittura. Questo nostro dialogo con essa deve sempre avere due dimensioni: da una parte, dev’essere un dialogo realmente personale, perché Dio parla con ognuno di noi tramite la Sacra Scrittura e ha un messaggio per ciascuno. Dobbiamo leggere la Sacra Scrittura non come parola del passato, ma come Parola di Dio, che si rivolge anche a noi, e cercare di capire che cosa il Signore voglia dire a noi. Ma per non cadere nell’individualismo dobbiamo tener presente che la Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione, per unirci nella verità nel nostro cammino verso Dio. Quindi essa, pur essendo sempre una Parola personale, è anche una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa. Perciò dobbiamo leggerla in comunione con la Chiesa viva. Il luogo privilegiato della lettura e dell’ascolto della Parola di Dio è la Liturgia, nella quale, celebrando la Parola e rendendo presente nel Sacramento il Corpo di Cristo, attualizziamo la Parola nella nostra vita e la rendiamo presente tra noi. Non dobbiamo mai dimenticare che la Parola di Dio trascende i tempi. Le opinioni umane vengono e vanno. Quanto è oggi modernissimo, domani sarà vecchissimo. La Parola di Dio, invece, è Parola di vita eterna, porta in sé l’eternità, ciò che vale per sempre. Portando in noi la Parola di Dio, portiamo dunque in noi l’eterno, la vita eterna.

E così concludo con una parola di san Girolamo a san Paolino di Nola. In essa il grande Esegeta esprime proprio questa realtà, che cioè nella Parola di Dio riceviamo l’eternità, la vita eterna. Dice san Girolamo: «Cerchiamo di imparare sulla terra quelle verità, la cui consistenza persisterà anche nel cielo» (Ep. 53,10).


Piazza San Pietro
Mercoledì, 14 novembre 2007

 

San Girolamo

II: La dottrina

Cari fratelli e sorelle,

continuiamo oggi la presentazione della figura di san Girolamo. Come abbiamo detto mercoledì scorso, egli dedicò la sua vita allo studio della Bibbia, tanto che fu riconosciuto da un mio Predecessore, il Papa Benedetto XV, come «dottore eminente nell’interpretazione delle Sacre Scritture». Girolamo sottolineava la gioia e l’importanza di familiarizzarsi con i testi biblici: «Non ti sembra di abitare – già qui, sulla terra – nel regno dei cieli, quando si vive fra questi testi, quando li si medita, quando non si conosce e non si cerca nient’altro?» (Ep. 53,10). In realtà, dialogare con Dio, con la sua Parola, è in un certo senso presenza del cielo, cioè presenza di Dio. Accostare i testi biblici, soprattutto il Nuovo Testamento, è essenziale per il credente, perché «ignorare la Scrittura è ignorare Cristo» (Commento ad Isaia, prol.). E’ sua questa celebre frase, citata anche dal Concilio Vaticano II nella Costituzione Dei Verbum (n. 25).

Veramente «innamorato» della Parola di Dio, egli si domandava: «Come si potrebbe vivere senza la scienza delle Scritture, attraverso le quali si impara a conoscere Cristo stesso, che è la vita dei credenti?» (Ep. 30,7). La Bibbia, strumento «con cui ogni giorno Dio parla ai fedeli» (Ep. 133,13), diventa così stimolo e sorgente della vita cristiana per tutte le situazioni e per ogni persona. Leggere la Scrittura è conversare con Dio: «Se preghi – egli scrive a una nobile giovinetta di Roma –, tu parli con lo Sposo; se leggi, è Lui che ti parla» (Ep. 22,25). Lo studio e la meditazione della Scrittura rendono l’uomo saggio e sereno (cfr Commento alla Lettera agli Efesini, prol.). Certo, per penetrare sempre più profondamente la Parola di Dio è necessaria un’applicazione costante e progressiva. Così Girolamo raccomandava al sacerdote Nepoziano: «Leggi con molta frequenza le divine Scritture; anzi, che il Libro Santo non sia mai deposto dalle tue mani. Impara qui quello che tu devi insegnare» (Ep. 52,7). Alla matrona romana Leta dava questi consigli per l’educazione cristiana della figlia: «Assicurati che essa studi ogni giorno qualche passo della Scrittura ... Alla preghiera faccia seguire la lettura, e alla lettura la preghiera ... Che invece dei gioielli e dei vestiti di seta, essa ami i Libri divini» (Ep. 107,9.12). Con la meditazione e la scienza delle Scritture si «mantiene l’equilibrio dell’anima» (Commento alla Lettera agli Efesini,  prol.). Solo un profondo spirito di preghiera e l’aiuto dello Spirito Santo possono introdurci alla comprensione della Bibbia: «Nell’interpretazione della Sacra Scrittura noi abbiamo sempre bisogno del soccorso dello Spirito Santo» (Commento a Michea 1,1,10,15).

Un appassionato amore per le Scritture pervase dunque tutta la vita di Girolamo, un amore che egli cercò sempre di destare anche nei fedeli. Raccomandava ad una sua figlia spirituale: «Ama la Sacra Scrittura e la saggezza ti amerà; amala teneramente, ed essa ti custodirà; onorala e riceverai le sue carezze. Che essa sia per te come le tue collane e i tuoi orecchini» (Ep. 130,20). E ancora: «Ama la scienza della Scrittura, e non amerai i vizi della carne» (Ep. 125,11).

Per Girolamo un fondamentale criterio di metodo nell’interpretazione delle Scritture era la sintonia con il Magistero della Chiesa. Non possiamo mai da soli leggere la Scrittura. Troviamo troppe porte chiuse e scivoliamo facilmente nell’errore. La Bibbia è stata scritta dal Popolo di Dio e per il Popolo di Dio, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Solo in questa comunione col Popolo di Dio possiamo realmente entrare con il «noi» nel nucleo della verità che Dio stesso ci vuol dire. Per il grande esegeta un’autentica interpretazione della Bibbia doveva essere sempre in armonica concordanza con la fede della Chiesa cattolica. Non si tratta di un’esigenza imposta a questo Libro dall’esterno; il Libro è proprio la voce del Popolo di Dio pellegrinante, e solo nella fede di questo Popolo siamo, per così dire, nella tonalità giusta per capire la Sacra Scrittura. Perciò Girolamo ammoniva un sacerdote: «Rimani fermamente attaccato alla dottrina tradizionale che ti è stata insegnata, affinché tu possa esortare secondo la sana dottrina e confutare coloro che la contraddicono» (Ep. 52,7). In particolare, dato che Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa su Pietro, ogni cristiano – egli concludeva – deve essere in comunione «con la Cattedra di san Pietro. Io so che su questa pietra è edificata la Chiesa» (Ep. 15,2). Conseguentemente, senza mezzi termini, dichiarava: «Io sono con chiunque sia unito alla Cattedra di san Pietro» (Ep. 16).

Girolamo ovviamente non trascura l’aspetto etico. Spesso, anzi, egli richiama il dovere di accordare la vita con la Parola divina: solo vivendola troviamo anche la capacità di capirla. Tale coerenza è indispensabile per ogni cristiano e particolarmente per il predicatore, affinché le sue azioni, quando fossero discordanti rispetto ai discorsi, non lo mettano in imbarazzo. Così esorta il sacerdote Nepoziano: «Le tue azioni non smentiscano le tue parole, perché non succeda che, quando tu predichi in chiesa, qualcuno nel suo intimo commenti: “Perché dunque proprio tu non agisci così?”. Carino davvero quel maestro che, a pancia piena, disquisisce sul digiuno; anche un ladro può biasimare l’avarizia; ma nel sacerdote di Cristo la mente e la parola si devono accordare» (Ep. 52,7). In un’altra lettera Girolamo ribadisce: «Anche se possiede una dottrina splendida, resta svergognata quella persona che si sente condannare dalla propria coscienza» (Ep. 127,4). Sempre in tema di coerenza, egli osserva: il Vangelo deve tradursi in atteggiamenti di vera carità, perché in ogni essere umano è presente la Persona stessa di Cristo. Rivolgendosi, ad esempio, al presbitero Paolino (che divenne poi Vescovo di Nola e Santo), Girolamo così lo consiglia: «Il vero tempio di Cristo è l’anima del fedele: ornalo, questo santuario, abbelliscilo, deponi in esso le tue offerte e ricevi Cristo. A che scopo rivestire le pareti di pietre preziose, se Cristo muore di fame nella persona di un povero?» (Ep. 58,7). Girolamo concretizza: bisogna «vestire Cristo nei poveri, visitarlo nei sofferenti, nutrirlo negli affamati, alloggiarlo nei senza tetto» (Ep. 130,14). L’amore per Cristo, alimentato con lo studio e la meditazione, ci fa superare ogni difficoltà: «Amiamo anche noi Gesù Cristo, ricerchiamo sempre l’unione con Lui: allora ci sembrerà facile anche ciò che è difficile» (Ep. 22,40).

Girolamo, definito da Prospero di Aquitania «modello di condotta e maestro del genere umano» (Poesia sugli ingrati 57), ci ha lasciato anche un insegnamento ricco e vario sull’ascetismo cristiano. Egli ricorda che un coraggioso impegno verso la perfezione richiede una costante vigilanza, frequenti mortificazioni, anche se con moderazione e prudenza, un assiduo lavoro intellettuale o manuale per evitare l’ozio (cfr Epp. 125,11 e 130,15) e soprattutto l’obbedienza a Dio: «Nulla ... piace tanto a Dio quanto l’obbedienza..., che è la più eccelsa e l’unica virtù» (Omelia sull’obbedienza). Nel cammino ascetico può rientrare anche la pratica dei pellegrinaggi. In particolare, Girolamo diede impulso a quelli in Terra Santa, dove i pellegrini venivano accolti e ospitati negli edifici sorti accanto al monastero di Betlemme, grazie alla generosità della nobildonna Paola, figlia spirituale di Girolamo (cfr Ep. 108,14).

Non può essere taciuto, infine, l’apporto dato da Girolamo in materia di pedagogia cristiana (cfr Epp. 107 e 128). Egli si propone di formare «un’anima che deve diventare il tempio del Signore» (Ep. 107,4), una «preziosissima gemma» agli occhi di Dio (Ep. 107,13). Con profondo intuito egli consiglia di preservarla dal male e dalle occasioni peccaminose, di escludere amicizie equivoche o dissipanti (cfr Ep. 107,4 e 8-9; cfr anche Ep. 128,3-4). Soprattutto esorta i genitori perché creino un ambiente di serenità e di gioia intorno ai figli, li stimolino allo studio e al lavoro, anche con la lode e l’emulazione (cfr Epp. 107,4 e 128,1), li incoraggino a superare le difficoltà, favoriscano in loro le buone abitudini e li preservino dal prenderne di cattive, perché – e qui cita una frase di Publilio Siro sentita a scuola – «a stento riuscirai a correggerti di quelle cose a cui ti vai tranquillamente abituando» (Ep. 107,8). I genitori sono i principali educatori dei figli, i primi maestri di vita. Con molta chiarezza Girolamo, rivolgendosi alla madre di una ragazza ed accennando poi al padre, ammonisce, quasi esprimendo un’esigenza fondamentale di ogni creatura umana che si affaccia all’esistenza: «Essa trovi in te la sua maestra, e a te guardi con meraviglia la sua inesperta fanciullezza. Né in te, né in suo padre veda mai atteggiamenti che la portino al peccato, qualora siano imitati. Ricordatevi che... potete educarla più con l’esempio che con la parola» (Ep. 107,9). Tra le principali intuizioni di Girolamo come pedagogo si devono sottolineare l’importanza attribuita a una sana e integrale educazione fin dalla prima infanzia, la peculiare responsabilità riconosciuta ai genitori, l’urgenza di una seria formazione morale e religiosa, l’esigenza dello studio per una più completa formazione umana. Inoltre un aspetto abbastanza disatteso nei tempi antichi, ma ritenuto vitale dal nostro autore, è la promozione della donna, a cui riconosce il diritto ad una formazione completa: umana, scolastica, religiosa, professionale. E vediamo proprio oggi come l’educazione della personalità nella sua integralità, l’educazione alla responsabilità davanti a Dio e davanti all’uomo, sia la vera condizione di ogni progresso, di ogni pace, di ogni riconciliazione e di ogni esclusione della violenza. Educazione davanti a Dio e davanti all’uomo: è la Sacra Scrittura che ci offre la guida dell’educazione, e così del vero umanesimo.

Non possiamo concludere queste rapide annotazioni sul grande Padre della Chiesa senza far cenno  all’efficace contributo da lui recato alla salvaguardia degli elementi positivi e validi delle antiche culture ebraica, greca e romana nella nascente civiltà cristiana. Girolamo ha riconosciuto ed assimilato i valori artistici, la ricchezza di pensiero e l’armonia delle immagini presenti nei classici, che educano il cuore e la fantasia a nobili sentimenti. Soprattutto, egli ha posto al centro della sua vita e della sua attività la Parola di Dio, che indica all’uomo i sentieri della vita, e gli rivela i segreti della santità. Di tutto questo non possiamo che essergli profondamente grati, proprio nel nostro oggi.


Saluti:

Je suis heureux de saluer les francophones, notamment les jeunes prêtres de Belley-Ars, avec leur Évêque, Mgr Bagnard. J’adresse un salut tout particulier aux pèlerins de France venus avec les reliques de sainte Thérèse de l’Enfant Jésus et de la Sainte-Face, accompagnés par Mgr Pican, Évêque de Bayeux et Lisieux. Nous nous souvenons qu’il y a cent vingt ans, la petite Thérèse est venue rencontrer le Pape Léon XIII, pour lui demander la permission d’entrer au Carmel malgré son jeune âge. Il y a quatre-vingt ans, le Pape Pie XI la proclamait Patronne des Missions et, en 1997, le Pape Jean-Paul II la déclarait Docteur de l’Église. Après cette audience, j’aurai la joie de prier devant ses reliques, comme de nombreux fidèles peuvent le faire pendant toute la semaine dans différentes églises de Rome. Sainte Thérèse aurait voulu apprendre les langues bibliques pour mieux lire l’Écriture. À sa suite et à l’exemple de saint Jérôme, puissiez-vous prendre du temps pour lire la Bible de manière régulière. En devenant familiers de la Parole de Dieu, vous y rencontrerez le Christ pour demeurer en intimité avec lui. Avec ma Bénédiction apostolique.

I am pleased to greet the English-speaking visitors present at today’s Audience, especially those from England, Denmark, Japan, Canada and the United States of America. I greet especially the Sisters of Saint Anne of Tiruchirapalli, who are preparing to celebrate the one hundred and fiftieth anniversary of their foundation. Upon all of you I cordially invoke an abundance of joy and peace in our Lord Jesus Christ.

Von Herzen grüße ich die Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache. Der hl. Hieronymus mag uns allen in seinem Ringen, das oft nicht leicht war - er hatte ein schwieriges und wildes Temperament - ein Vorbild sein und uns ermutigen im beständigen Gebet, im Hören auf Gottes Wort, im Ringen mit Gottes Wort und im Ringen mit uns selbst, den rechten Weg zu finden. Der Herr unseres Lebens schenke euch seinen Frieden und geleite euch auf allen euren Wegen.

Saludo a los peregrinos españoles, especialmente a los del Arciprestazgo de Abegondo, de Santiago de Compostela, a los de la Parroquia de Serantes, de Ferrol y a los miembros de la Hermandad de Santa Marta, de Madrid. También a los estudiantes chilenos de Santiago, a los venezolanos de Maracaibo, a los mexicanos y de otros países latinoamericanos. Agradeciendo al Señor la vida de san Jerónimo, seguid sus enseñanzas y poned la Palabra de Dios en el centro de vuestra vida y actividades. Ella os guía a la santidad. ¡Gracias!

Saúdo os que me ouvem, desejando-lhes todo o bem, com as graças divinas, na sua caminhada como novo Povo de Deus. Em particular, sejam bem-vindos os grupos de peregrinos do Brasil e de Portugal: abençoando-vos, penso em vossos entes queridos. Que sejais felizes!

Saluto in lingua croata:

Srdačno pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, osobito vjernike iz Vrsara. Nasljedujući primjer Svetoga Jeronima, zaštitnika vaših sunarodnjaka u Rimu, proučavajte Sveto Pismo upoznavajući tako sve više samoga Krista. Hvaljen Isus i Marija!

Traduzione italiana:

Saluto cordialmente i pellegrini croati, particolarmente i fedeli di Vrsar. Seguendo l’esempio di San Girolamo, protettore dei vostri connazionali a Roma, studiate la Sacra Scrittura facendo così conoscere sempre di più il Cristo. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Pozdrawiam pielgrzymów z Polski. Św. Hieronim był całkowicie oddany medytacji nad Pismem Świętym, które objawia tajemnicę Boga, wskazuje właściwe drogi życia i świętości, i prowadzi do zbawienia. Niech jego przykład zachęca nas do częstego obcowania ze Słowem Bożym. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus!

Traduzione italiana:

Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia. San Girolamo è stato totalmente dedito alla meditazione della Sacra Scrittura che rivela il mistero di Dio, indica i giusti sentieri della vita e della santità, e conduce alla salvezza. Il suo esempio ci stimoli al frequente accostamento alla Parola di Dio. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Zo srdca vítam pútnikov z Grinavy, Limbachu, Pezinka a Diviny. Bratia a sestry, budúcu nedeľu sa v rímskych bazilikách svätých apoštolov Petra a Pavla bude sláviť Výročie ich posviacky. Nech návšteva týchto chrámov zveľadí vašu lásku k Cirkvi, ktorá je postavená na apoštolskom základe. Rád vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:

Do un cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti da Grinava, Limbach, Pezinok e Divina. Fratelli e sorelle, domenica prossima nelle basiliche romane dei santi Apostoli Pietro e Paolo si celebrerà la festa della Dedicazione. La visita di queste chiese approfondisca il vostro amore per la Chiesa, fondata sugli apostoli. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua lituana:

Nuoširdžiai sveikinu piligrimus atvykusius iš Lietuvos. Brangūs bičiuliai, suteikdamas kiekvienam iš jūsų ir jūsų šeimoms Apaštališkąjį palaiminimą, karštai linkiu, kad būtumėte krikščioniškos vilties pasiuntiniai ir liudytojai ten, kur gyvenate ir dirbate.

Traduzione italiana:

Saluto cordialmente i pellegrini provenienti dalla Lituania. Cari amici, nell'impartire la Benedizione Apostolica a ciascuno di voi e alle vostre famiglie, auspico vivamente che sappiate essere messaggeri e testimoni della speranza cristiana nell'ambiente in cui vivete e lavorate.

* * *

Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i rappresentanti dell'Unione Apostolica del Clero ed auguro che contribuisca a tener viva nei sacerdoti la coscienza della loro vocazione alla santità, condizione indispensabile per essere nel mondo segno credibile dell'amore di Cristo. Saluto poi i fedeli di Ficulle, qui convenuti in occasione del Millennio di fondazione dell'Abbadia di S. Nicolò al Monte e, mentre li ringrazio per la loro visita, li esorto a trarre dalla loro storia sempre nuovo impulso per progredire nel cammino della testimonianza cristiana. Saluto inoltre i membri dell'Associazione Cuochi italiani, venuti a Roma da tutte le Regioni d'Italia in occasione del loro simposio d'autunno. Cari amici, nel vostro lavoro siate messaggeri non solo della gioia serena del convivio, ma anche della condivisione fraterna e solidale. Il mio affettuoso pensiero va ora ai familiari delle vittime di Nassirya, che ricordano i loro cari nel quarto anniversario della loro tragica morte. La memoria di questi nostri fratelli e di quanti hanno sacrificato il bene supremo della vita per il nobile intento della pace contribuisca a sostenere il cammino della rinascita, piena di speranza, del caro popolo iracheno.

Saluto, infine i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Celebreremo domani la festa del vescovo sant'Alberto Magno, apostolo di pace tra le popolazioni del suo tempo. Il suo esempio sia stimolo per voi, cari giovani, specialmente per voi cari studenti del Collegio Mondo Unito dell'Adriatico e per voi alunni della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Salesiana, ad essere artefici di riconciliazione e di giustizia. Sia per voi, cari ammalati, incoraggiamento a confidare nel Signore, che mai ci abbandona nel momento della prova. Sia per voi, cari sposi novelli, spinta a trovare nel Vangelo la gioia di accogliere e servire generosamente la vita, dono incommensurabile di Dio

sabato 29 giugno 2019

Simon Bar-Jona

Solennità dei santi Pietro e Paolo

Risultati immagini per santi Pietro e Paolo
Gloriosi apostoli di Cristo!
Uniti nella vita,
la morte non li ha separati.

Lettura del santo Vangelo secondo Matteo
Matt 16:13-19
In quell'occasione: Gesù, venuto nelle parti di Cesarea di Filippo, interrogò i suoi discepoli, dicendo: La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo? Eccetera.

Omelia di san Girolamo Prete
Libro 3 Commentari su Matteo, cap. 16
Giustamente egli domanda: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?» Matth. 16,13 quelli che non vedono in lui che il figlio dell'uomo, sono infatti degli uomini; ma quelli che riconoscono la sua divinità, son detti dii, e non uomini. «Ed essi risposero: Alcuni dicono ch'è Giovanni Battista, altri Elia» Matth. 16,14 Mi meraviglio che certi interpreti cerchino le cause di questi errori, e vogliano stabilire con discussioni lunghissime, perché alcuni hanno pensato nostro Signore Gesù Cristo essere Giovanni, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti; avendo essi potuto sbagliare prendendolo per Elia e Geremia allo stesso modo che sbagliò Erode prendendolo per Giovanni quando disse: «Questi è quel Giovanni, a cui io tagliai la testa: egli è risorto dai morti, e perciò in lui si operano dei miracoli» Matth, 6, 15.

«E voi chi dite ch'io sia?» Matth. 6,15 Lettore intelligente, bada che e da quel che segue e dal testo del discorso gli Apostoli non sono punto chiamati uomini, ma dii. Perché, dopo aver detto: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?» soggiunge: «E voi chi dite ch'io sia?» Matth. 16,13 Mentre gli altri, perché sono uomini, pensano di me cose affatto umane, voi che siete dii, chi credete ch'io sia? Pietro a nome di tutti gli Apostoli fa questa professione di fede: «Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivente» Matth. 16,16. Dice, del Dio vivente, per distinguerlo dagli altri dèi, che passano per dèi, ma che sono morti.

E Gesù rispondendogli disse: «Beato te, Simone, Figlio di Giona» Matth. 16,17. Egli ripagò la testimonianza resagli dall'Apostolo. Pietro aveva detto: «Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivente»; la confessione della verità è ricompensata: «Beato te, Simone, figlio di Giona». Perché? «Perché non te l'ha rivelato né la natura né l'istinto, ma te l'ha rivelato il Padre» (Ibi). Ciò che non ha potuto rivelare né la natura né l'istinto, l'ha rivelato la grazia dello Spirito Santo. In seguito dunque alla professione di fede, egli riceve un nome in cui si trova espressa la rivelazione dello Spirito Santo, del quale merita anche d'essere detto figlio. Difatti Bar-Jona nella nostra lingua è lo stesso che Figlio della colomba.


Orazione
Signore, Dio nostro, che con la predicazione dei santi apostoli Pietro e Paolo hai dato alla Chiesa le primizie della fede cristiana, per loro intercessione vieni in nostro aiuto e guidaci nel cammino della salvezza eterna. Per il nostro Signore.

AMDG et DVM

sabato 8 dicembre 2018

«Salve, piena di grazia; il Signore è con te: la benedetta tu sei fra le donne» Luc. 1,28.


Sermone di san Girolamo Prete
Sull'Assunz. della D. V. M.
Chi e quanto grande sia la beata e gloriosa sempre Vergine Maria ci è dichiarato dall'Angelo da parte di Dio quando dice: «Salve, piena di grazia; il Signore è con te: la benedetta tu sei fra le donne» Luc. 1,28. E conveniva che tali doni fossero assicurati alla Vergine, sì da essere piena di grazia lei, che ha dato la gloria ai cielo, il Signore alla terra, che ha fatto risplendere la pace, ha portato la fede alle Genti, un fine ai vizi, una regola di vita, una disciplina per i costumi. E veramente piena, perché mentre agli altri si dona con misura, in Maria invece discese tutta insieme la pienezza della grazia. Veramente piena, perché sebbene la grazia si trovò nei santi Padri e Profeti, non ci fu però nella sua pienezza; in Maria invece discese tutta la pienezza della grazia ch'è in Cristo, sebbene in maniera differente. E perciò dice: «La benedetta tu sei fra le donne»; cioè benedetta più di tutte le altre donne. Ond'è che tutta la maledizione attirata da Eva fu tutta tolta dalla benedizione di Maria. Di lei Salomone nella Cantica, quasi in sua lode dice: «Vieni, colomba mia, immacolata mia. Poiché l'inverno è già passato, la pioggia è cessata e sparita» Cant. 2,10. E poi soggiunge; «Vieni dal Libano, vieni, sarai incoronata» Eccli. 24,5.



Non immeritatamente dunque si invita a venire dal Libano, significandosi per il Libano il candore. Ella infatti era risplendente per i molti meriti e virtù, e più candida della neve, più bianca per i doni dello Spirito Santo, e presentava in tutto la semplicità della colomba; poiché quanto è avvenuto in lei, è tutto purezza e semplicità, tutto verità e grazia; tutto misericordia e giustizia che venne dal cielo; e perciò immacolata, perché al tutto senza macchia. Ella infatti divenne madre, come attesta san Geremia, ma rimanendo vergine. «Il Signore, dice, farà una novità sulla terra una donna chiuderà in sé un uomo» Jerem. 31,22. Novità veramente inaudita, novità delle virtù eccedente ogni altra novità, che un Dio (che il mondo non può contenere, e nessuno vedere senza morire) sia entrato nel seno d'una vergine come in un asilo, senza essere prigioniero di questo corpo; e tuttavia Dio vi sia contenuto tutto intero: e che ne sia uscito lasciando come dice Ezechiele) la porta del tutto chiusa (Ezech. 44,2. Onde si canta di lei nella stessa Cantica «Orto chiuso, fonte sigillata, le tue emanazioni sono un paradiso» Cat. 4,12. Vero giardino di delizie, che aduna tutte le specie di fiori, e i profumi di virtù; e chiuso siffattamente, che né la violenza né l'astuzia possono forzarne l'entrata. Quindi fonte sigillata col sigillo di tutta la Trinità.


Dagli Atti di Papa Pio IX

Ora la vittoria della Vergine Madre di Dio nella sua Concezione sul crudelissimo nemico del genere umano, la quale le divine scritture, la venerabile tradizione, il sentimento perpetuo della Chiesa, l'accordo singolare dei vescovi e dei fedeli, come pure gli atti insigni e le costituzioni dei sommi Pontefici avevano già meravigliosamente illustrato, Pio IX Pontefice massimo annuendo ai voti di tutta la Chiesa risolva di proclamarla solennemente col suo supremo e infallibile oracolo. Pertanto l'otto Dicembre dell'anno mille ottocento cinquantaquattro, nella basilica Vaticana, davanti a una immensa assemblea di Padri di santa Romana Chiesa, di Cardinali e di Vescovi anche di lontanissime regioni, plaudendo l'orbe intero, solennemente proclamò e definì: La dottrina che tiene la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua Concezione essere stata, per singolare privilegio di Dio, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, essere stata rivelata da Dio, e perciò doversi credere da tutti i fedeli fermamente e invariabilmente.


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

AVE MARIA PURISSIMA!

sabato 3 febbraio 2018

«Se preghi – egli scrive a una nobile giovinetta di Roma –, tu parli con lo Sposo; se leggi, è Lui che ti parla»

DE  - EN  - ES  - FR  - HR  - IT  - PT ]
BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 14 novembre 2007

San Girolamo
II: La dottrina

Cari fratelli e sorelle,

continuiamo oggi la presentazione della figura di san Girolamo. Come abbiamo detto mercoledì scorso, egli dedicò la sua vita allo studio della Bibbia, tanto che fu riconosciuto da un mio Predecessore, il Papa Benedetto XV, come «dottore eminente nell’interpretazione delle Sacre Scritture». 

Girolamo sottolineava la gioia e l’importanza di familiarizzarsi con i testi biblici: «Non ti sembra di abitare – già qui, sulla terra – nel regno dei cieli, quando si vive fra questi testi, quando li si medita, quando non si conosce e non si cerca nient’altro?» (Ep. 53,10). In realtà, dialogare con Dio, con la sua Parola, è in un certo senso presenza del cielo, cioè presenza di Dio. Accostare i testi biblici, soprattutto il Nuovo Testamento, è essenziale per il credente, perché «ignorare la Scrittura è ignorare Cristo» (Commento ad Isaia, prol.). E’ sua questa celebre frase, citata anche dal Concilio Vaticano II nella Costituzione Dei Verbum (n. 25).

Veramente «innamorato» della Parola di Dio, egli si domandava: «Come si potrebbe vivere senza la scienza delle Scritture, attraverso le quali si impara a conoscere Cristo stesso, che è la vita dei credenti?» (Ep. 30,7). La Bibbia, strumento «con cui ogni giorno Dio parla ai fedeli» (Ep. 133,13), diventa così stimolo e sorgente della vita cristiana per tutte le situazioni e per ogni persona. 

Leggere la Scrittura è conversare con Dio: «Se preghi – egli scrive a una nobile giovinetta di Roma –, tu parli con lo Sposo; se leggi, è Lui che ti parla» (Ep. 22,25). Lo studio e la meditazione della Scrittura rendono l’uomo saggio e sereno (cfr Commento alla Lettera agli Efesini, prol.). Certo, per penetrare sempre più profondamente la Parola di Dio è necessaria un’applicazione costante e progressiva. Così Girolamo raccomandava al sacerdote Nepoziano: «Leggi con molta frequenza le divine Scritture; anzi, che il Libro Santo non sia mai deposto dalle tue mani. Impara qui quello che tu devi insegnare» (Ep. 52,7). 
Alla matrona romana Leta dava questi consigli per l’educazione cristiana della figlia: «Assicurati che essa studi ogni giorno qualche passo della Scrittura ... Alla preghiera faccia seguire la lettura, e alla lettura la preghiera ... Che invece dei gioielli e dei vestiti di seta, essa ami i Libri divini» (Ep.107,9.12). Con la meditazione e la scienza delle Scritture si «mantiene l’equilibrio dell’anima» (Commento alla Lettera agli Efesini, prol.). Solo un profondo spirito di preghiera e l’aiuto dello Spirito Santo possono introdurci alla comprensione della Bibbia: «Nell’interpretazione della Sacra Scrittura noi abbiamo sempre bisogno del soccorso dello Spirito Santo» (Commento a Michea 1,1,10,15).

Un appassionato amore per le Scritture pervase dunque tutta la vita di Girolamo, un amore che egli cercò sempre di destare anche nei fedeli. Raccomandava ad una sua figlia spirituale: «Ama la Sacra Scrittura e la saggezza ti amerà; amala teneramente, ed essa ti custodirà; onorala e riceverai le sue carezze. Che essa sia per te come le tue collane e i tuoi orecchini» (Ep. 130,20). E ancora: «Ama la scienza della Scrittura, e non amerai i vizi della carne» (Ep. 125,11).

Per Girolamo un fondamentale criterio di metodo nell’interpretazione delle Scritture era la sintonia con il Magistero della Chiesa. Non possiamo mai da soli leggere la Scrittura. Troviamo troppe porte chiuse e scivoliamo facilmente nell’errore. La Bibbia è stata scritta dal Popolo di Dio e per il Popolo di Dio, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Solo in questa comunione col Popolo di Dio possiamo realmente entrare con il «noi» nel nucleo della verità che Dio stesso ci vuol dire. Per il grande esegeta un’autentica interpretazione della Bibbia doveva essere sempre in armonica concordanza con la fede della Chiesa cattolica. Non si tratta di un’esigenza imposta a questo Libro dall’esterno; il Libro è proprio la voce del Popolo di Dio pellegrinante, e solo nella fede di questo Popolo siamo, per così dire, nella tonalità giusta per capire la Sacra Scrittura. 

Perciò Girolamo ammoniva un sacerdote: «Rimani fermamente attaccato alla dottrina tradizionale che ti è stata insegnata, affinché tu possa esortare secondo la sana dottrina e confutare coloro che la contraddicono» (Ep. 52,7). In particolare, dato che Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa su Pietro, ogni cristiano – egli concludeva – deve essere in comunione «con la Cattedra di san Pietro. Io so che su questa pietra è edificata la Chiesa» (Ep. 15,2). 
Conseguentemente, senza mezzi termini, dichiarava: «Io sono con chiunque sia unito alla Cattedra di san Pietro» (Ep. 16).

Girolamo ovviamente non trascura l’aspetto etico. Spesso, anzi, egli richiama il dovere di accordare la vita con la Parola divina: solo vivendola troviamo anche la capacità di capirla. Tale coerenza è indispensabile per ogni cristiano e particolarmente per il predicatore, affinché le sue azioni, quando fossero discordanti rispetto ai discorsi, non lo mettano in imbarazzo. 
Così esorta il sacerdote Nepoziano: «Le tue azioni non smentiscano le tue parole, perché non succeda che, quando tu predichi in chiesa, qualcuno nel suo intimo commenti: “Perché dunque proprio tu non agisci così?”. Carino davvero quel maestro che, a pancia piena, disquisisce sul digiuno; anche un ladro può biasimare l’avarizia; ma nel sacerdote di Cristo la mente e la parola si devono accordare» (Ep. 52,7).In un’altra lettera Girolamo ribadisce: «Anche se possiede una dottrina splendida, resta svergognata quella persona che si sente condannare dalla propria coscienza» (Ep. 127,4). 

Sempre in tema di coerenza, egli osserva: il Vangelo deve tradursi in atteggiamenti di vera carità, perché in ogni essere umano è presente la Persona stessa di Cristo.

Rivolgendosi, ad esempio, al presbitero Paolino (che divenne poi Vescovo di Nola e Santo), Girolamo così lo consiglia: «Il vero tempio di Cristo è l’anima del fedele: ornalo, questo santuario, abbelliscilo, deponi in esso le tue offerte e ricevi Cristo. A che scopo rivestire le pareti di pietre preziose, se Cristo muore di fame nella persona di un povero?» (Ep. 58,7). Girolamo concretizza: bisogna «vestire Cristo nei poveri, visitarlo nei sofferenti, nutrirlo negli affamati, alloggiarlo nei senza tetto» (Ep. 130,14). 

L’amore per Cristo, alimentato con lo studio e la meditazione, ci fa superare ogni difficoltà: «Amiamo anche noi Gesù Cristo, ricerchiamo sempre l’unione con Lui: allora ci sembrerà facile anche ciò che è difficile» (Ep. 22,40).

Girolamo, definito da Prospero di Aquitania «modello di condotta e maestro del genere umano» (Poesia sugli ingrati 57), ci ha lasciato anche un insegnamento ricco e vario sull’ascetismo cristiano. Egli ricorda che un coraggioso impegno verso la perfezione richiede una costante vigilanza, frequenti mortificazioni, anche se con moderazione e prudenza, un assiduo lavoro intellettuale o manuale per evitare l’ozio (cfr Epp. 125,11 e 130,15) e soprattutto l’obbedienza a Dio: «Nulla ... piace tanto a Dio quanto l’obbedienza..., che è la più eccelsa e l’unica virtù» (Omelia sull’obbedienza). Nel cammino ascetico può rientrare anche la pratica dei pellegrinaggi. In particolare, Girolamo diede impulso a quelli in Terra Santa, dove i pellegrini venivano accolti e ospitati negli edifici sorti accanto al monastero di Betlemme, grazie alla generosità della nobildonna Paola, figlia spirituale di Girolamo (cfr Ep. 108,14).

Non può essere taciuto, infine, l’apporto dato da Girolamo in materia di pedagogia cristiana (cfr Epp. 107 e 128). Egli si propone di formare «un’anima che deve diventare il tempio del Signore» (Ep. 107,4), una «preziosissima gemma» agli occhi di Dio (Ep. 107,13). 

Con profondo intuito egli consiglia di preservarla dal male e dalle occasioni peccaminose, di escludere amicizie equivoche o dissipanti (cfr Ep. 107,4 e 8-9; cfr anche Ep. 128,3-4). 

Soprattutto esorta i genitori perché creino un ambiente di serenità e di gioia intorno ai figli, li stimolino allo studio e al lavoro, anche con la lode e l’emulazione (cfr Epp. 107,4 e 128,1), li incoraggino a superare le difficoltà, favoriscano in loro le buone abitudini e li preservino dal prenderne di cattive, perché – e qui cita una frase di Publilio Siro sentita a scuola – «a stento riuscirai a correggerti di quelle cose a cui ti vai tranquillamente abituando» (Ep. 107,8). I genitori sono i principali educatori dei figli, i primi maestri di vita. Con molta chiarezza Girolamo, rivolgendosi alla madre di una ragazza ed accennando poi al padre, ammonisce, quasi esprimendo un’esigenza fondamentale di ogni creatura umana che si affaccia all’esistenza: «Essa trovi in te la sua maestra, e a te guardi con meraviglia la sua inesperta fanciullezza. Né in te, né in suo padre veda mai atteggiamenti che la portino al peccato, qualora siano imitati. Ricordatevi che... potete educarla più con l’esempio che con la parola» (Ep. 107,9). 

Tra le principali intuizioni di Girolamo come pedagogo si devono sottolineare l’importanza attribuita a una sana e integrale educazione fin dalla prima infanzia, la peculiare responsabilità riconosciuta ai genitori, l’urgenza di una seria formazione morale e religiosa, l’esigenza dello studio per una più completa formazione umana. Inoltre un aspetto abbastanza disatteso nei tempi antichi, ma ritenuto vitale dal nostro autore, è la promozione della donna, a cui riconosce il diritto ad una formazione completa: umana, scolastica, religiosa, professionale. 
E vediamo proprio oggi come l’educazione della personalità nella sua integralità, l’educazione alla responsabilità davanti a Dio e davanti all’uomo, sia la vera condizione di ogni progresso, di ogni pace, di ogni riconciliazione e di ogni esclusione della violenza. 

Educazione davanti a Dio e davanti all’uomo: è la Sacra Scrittura che ci offre la guida dell’educazione, e così del vero umanesimo.

Non possiamo concludere queste rapide annotazioni sul grande Padre della Chiesa senza far cenno  all’efficace contributo da lui recato alla salvaguardia degli elementi positivi e validi delle antiche culture ebraica, greca e romana nella nascente civiltà cristiana. 
Girolamo ha riconosciuto ed assimilato i valori artistici, la ricchezza di pensiero e l’armonia delle immagini presenti nei classici, che educano il cuore e la fantasia a nobili sentimenti. Soprattutto, egli ha posto al centro della sua vita e della sua attività la Parola di Dio, che indica all’uomo i sentieri della vita, e gli rivela i segreti della santità. Di tutto questo non possiamo che essergli profondamente grati, proprio nel nostro oggi.

approfondimenti:https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/17433/1/01-Grilli_297-329.pdf
AMDG et DVM

venerdì 8 dicembre 2017

Mentre agli altri si dona con misura...

in Maria invece discese tutta insieme 
la pienezza della grazia 


Ave Gratia plena: Dominus Tecum:
Benedicta Tu in mulieribus!

Lettura Patristica dalla Liturgia della Solennità dell'Immacolata
Sermone di san Girolamo Prete
Sull'Assunz. della D. V. M.

<< Chi e quanto grande sia la beata e gloriosa sempre Vergine Maria ci è dichiarato dall'Angelo da parte di Dio quando dice: «Salve, piena di grazia; il Signore è con te: la benedetta tu sei fra le donne» Luc. 1,28


E conveniva che tali doni fossero assicurati alla Vergine, sì da essere piena di grazia lei, che ha dato la gloria ai cieli, il Signore alla terra, che ha fatto risplendere la pace, ha portato la fede alle Genti, una fine ai vizi, una regola di vita, una disciplina per i costumi. 

E veramente piena, perché mentre agli altri si dona con misura, in Maria invece discese tutta insieme la pienezza della grazia. 

Veramente piena, perché sebbene la grazia si trovò nei santi Padri e Profeti, non ci fu però nella sua pienezza; in Maria invece discese tutta la pienezza della grazia ch'è in Cristo, sebbene in maniera differente. E perciò dice: «La benedetta tu sei fra le donne»; cioè benedetta più di tutte le altre donne. Ond'è che tutta la maledizione attirata da Eva fu tutta tolta dalla benedizione di Maria. 

Di lei Salomone nella Cantica, quasi in sua lode dice: «Vieni, colomba mia, immacolata mia. Poiché l'inverno è già passato, la pioggia è cessata e sparita» Cant. 2,10. E poi soggiunge; «Vieni dal Libano, vieni, sarai incoronata» Eccli. 24,5.

Non immeritatamente dunque si invita a venire dal Libano, significandosi per il Libano il candore. Ella infatti era risplendente per i molti meriti e virtù, e più candida della neve, più bianca per i doni dello Spirito Santo, e presentava in tutto la semplicità della colomba; poiché quanto è avvenuto in lei, è tutto purezza e semplicità, tutto verità e grazia; tutto misericordia e giustizia che venne dal cielo; e perciò immacolata, perché al tutto senza macchia. 

Ella infatti divenne madre, come attesta san Geremia, ma rimanendo vergine. «Il Signore, dice, farà una novità sulla terra una donna chiuderà in sé un uomo» Jerem. 31,22. Novità veramente inaudita, novità delle virtù eccedente ogni altra novità, che un Dio (che il mondo non può contenere, e nessuno vedere senza morire) sia entrato nel seno d'una vergine come in un asilo, senza essere prigioniero di questa corpo; e tuttavia Dio vi sia contenuto tutto intero: e che ne sia uscito lasciando, come dice Ezechiele, la porta del tutto chiusa (Ezech. 44,2)

Onde si canta di lei nella stessa Cantica «Orto chiuso, fonte sigillata, le tue emanazioni sono un paradiso» Cat. 4,12. Vero giardino di delizie, che aduna tutte le specie di fiori, e i profumi di virtù; e chiuso siffattamente, che né la violenza né l'astuzia possono forzarne l'entrata. Quindi fonte sigillata col sigillo di tutta la Trinità.>>
*
R. Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo, generata prima di ogni altra creatura: son io che ho fatto spuntare nei cieli la luce inesauribile.
* Non c'erano ancora gli abissi, ed io ero già concepita.
V. Poiché Dio mi ha creata nella giustizia, mi ha presa per mano e mi ha conservata.
R. Non c'erano ancora gli abissi, ed io ero già concepita.

R. Nulla di impuro cade in lei:
* Ella è splendore della luce eterna e specchio senza macchia.
V. Poiché ella è più brillante del sole, e, paragonata alla luce, è ancora più pura.
R. Ella è splendore della luce eterna e specchio senza macchia.

R. Un gran prodigio apparve nel cielo: Una donna che aveva per manto il sole, e la luna sotto i suoi piedi, 
* E sul suo capo una corona di dodici stelle.
V. Il Signore l'ha rivestita colla vesta della salvezza, col manto della giustizia, e come sposa l'ha adorna de' suoi gioielli.
R. E sul suo capo una corona di dodici stelle.
V. Gloria al Padre, e al Figlio, * e allo Spirito Santo.
R. E sul suo capo una corona di dodici stelle.

*
Inno  
Illustre custode delle Vergini, 
immacolata madre di Dio, 
porta della reggia celeste, 
speranza nostra e gioia del cielo;

Giglio fra le spine, 
colomba bellissima, 
verga dalla cui radice germoglia 
il rimedio alle nostre ferite;

Torre al dragone inaccessibile, 
stella propizia ai naufraghi, 
difendici dalle insidie 
e guidaci colla tua luce.

Dissipa le ombre dell'errore, 
rimuovi gli scogli pericolosi, 
gli erranti fra tanti flutti 
riconduci sulla via sicura.

O Gesù, sia gloria a te, 
che sei nato dalla Vergine, 
insieme col Padre e collo Spirito Santo, 
per i secoli eterni.
Amen.


Lettura del santo Vangelo secondo Luca
Luc 1:26-28
In quell' occasione: Fu mandato l'Angelo Gabriele da Dio in una città di Galilea, chiamata Nazaret, ad una vergine sposata ad un uomo di nome Giuseppe della casa di David, e la Vergine si chiamava Maria. Eccetera.

Omelia di san Germano Vescovo
Nella Presentazione della Madre di Dio

<< Salve, o Maria, piena di grazia, più santa dei Santi, e più eccelsa dei celi, e più gloriosa dei Cherubini, e più onorevole dei Serafini, e venerabile più d'ogni altra creatura. 

Salve, o colomba, la quale e ci porti il frutto dell'olivo, e ci annunzi colui per cui siamo preservati dal diluvio spirituale ed è il porto della salvezza; le ali della quale risplendono come l’argento e il cui dorso come il fulgore dell'oro e dei raggi dello Spirito santissimo e illuminatore. 

Salve, amenissima e razionale paradiso di Dio, dalla sua benignissima ed onnipotente destra piantato quest' oggi ad Oriente, esalante per lui il soave odore del giglio, e germogliante la rosa immarcescibile per la guarigione di quelli che avevano bevuto ad Occidente l'amarezza d'una morte disastrosa e funesta all'anima; paradiso, in cui fiorisce l'albero della vita per la conoscenza della verità, che dona l'immortalità a chi ne avrà gustato. 

Salve, edificio sacrosanto, immacolato, palazzo purissimo di Dio sommo Re, ornato d'ogni parte dalla magnificenza del medesimo Re Divino, palazzo che offre a tutti ospitalità e ristora con misteriose delizie; in cui si trova il talamo non manufatto dello Sposo spirituale e risplendente di svariato ornato; in cui il Verbo, volendo chiamare la umanità errante, si disposò alla carne, per riconciliare col Padre quelli che se ne erano allontanati di propria volontà.


Salve, monte di Dio fertilissimo e ombreggiato, nel quale fu nutrito l'Agnello ragionevole che portò i nostri peccati e infermità; monte, dai quale si rotolò, senza che nessuna mano la staccasse, quella pietra che frantumò gli altari degli idoli, ed è diventata testata dell'angolo «meravigliosa agli occhi nostri » Ps. 117,22

Salve, trono santo di Dio, altare divino, casa di gloria, ornamento incomparabile, tesoro eletto, propiziatorio di tutto l'universo, e cielo che narra la gloria di Dio. 

Salve, urna formata d'oro puro, contenente la dolcezza più soave delle anime nostre, cioè Cristo, la vera manna. 

O Vergine purissima e degnissima di ogni lode ed ossequio, tempio consacrato a Dio eccedente in eccellenza ogni creatura, terra intatta, campo fecondo senza coltura, vigna tutta fiorita, fontana che spande acque abbondanti, vergine feconda, e madre senza conoscere uomo, tesoro asceso d'innocenza e bellezza tutta santa: colle tue accettissime e valide preghiere, grazie alla tua autorità materna, presso il Signore Dio e Creatore di tutto, il tuo Figlio generato da te senza padre terreno, degnati di prendere in mano il governo dell'ordine ecclesiastico e di condurci al porto tranquillo.


Rivesti splendidissimamente i sacerdoti di giustizia e dei sentimenti d'una fede provata, pura e sincera

I principi ortodossi, che ti hanno scelta, a preferenza d'ogni splendore di porpora o di oro e di margarite e pietre preziose, per diadema e manto e ornamento solidissimo del loro regno, dirigili nel loro governo tranquillamente e prosperamente. 

Abbatti e soggioga le nazioni infedeli che bestemmiano contro di te e contro il Dio nato da te; e conferma nella fede il popolo loro soggetto, affinché perseveri, secondo il precetto di Dio, nell'obbedienza e in una dolce dipendenza. 

Corona dell'onore della vittoria questa tua stessa città, la quale ti considera come torre e fondamento ... dall'inizio delle sue imprese, da principio, prima ancora che facesse cosa alcuna.  Fin dall'eternità io sono stata costituita, ab antico, prima ancora che fosse fatta la terra. Non c'erano ancor gli abissi, ed io ero già concepita sua torre e fondamento; custodisci, circondandola di fortezza, l'abitazione di Dio; conserva sempre il decoro del tempio; libera i tuoi lodatori da ogni pericolo e angoscia di spirito; dona la libertà agli schiavi, sii il sollievo dei viandanti privi di tetto e di ogni altro aiuto. 

Porgi la tua mano soccorritrice al mondo universo, affinché passiamo le tue feste nella gioia e nell'esultanza, e si terminino tutte, come questa che ora celebriamo, lasciandoci splendidi frutti in Gesù Cristo Re dell'universo e nostro vero Dio, a cui sia gloria e potenza insieme col Padre, il santo principio della vita, e collo Spirito coeterno, consustanziale e conregnante, ora e sempre e per i secoli dei secoli. Così sia.>>

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.




Inno
O gloriosa tra le Vergini,
assisa al di sopra degli astri,
Colui che t'ha creata
tu nutrì col latte del tuo seno.

Ciò che a noi tolse la triste Eva,
tu rendi colla tua augusta prole;
ainché i miseri trovino adito nell'empireo,
tu del cielo schiudi le porte.

Tu del gran Re sei la porta,
Tu sei la corte fulgente di luce.
O genti redente, applaudite
alla vita dataci dalla Vergine.

Sia gloria a te, o Gesù,
che sei nato dalla Vergine,
insieme col Padre e con lo Spirito Santo,
per tutti i secoli. Amen.

*
AVE MARIA PURISSIMA!