lunedì 31 ottobre 2016

La santità esige uno sforzo costante



CAPPELLA PAPALE PER LA SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI 


OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI



Basilica Vaticana
Mercoledì, 1° novembre 2006 



Il Santo Padre ha introdotto la Celebrazione e l'atto penitenziale con le seguenti parole: 



Fratelli e sorelle amatissimi, noi oggi contempliamo il mistero della comunione dei santi del cielo e della terra. Noi non siamo soli, ma siamo avvolti da una grande nuvola di testimoni: con loro formiamo il Corpo di Cristo, con loro siamo figli di Dio, con loro siamo fatti santi dello Spirito Santo. Gioia in cielo, esulti la terra! La gloriosa schiera dei santi intercede per noi presso il Signore, ci accompagna nel nostro cammino verso il Regno, ci sprona a tenere fisso lo sguardo su Gesù il Signore, che verrà nella gloria in mezzo ai suoi santi. Disponiamoci a celebrare il grande mistero della fede e dell'amore, confessandoci bisognosi della misericordia di Dio. 



Cari fratelli e sorelle,



la nostra celebrazione eucaristica si è aperta con l'esortazione "Rallegriamoci tutti nel Signore". La liturgia ci invita a condividere il gaudio celeste dei santi, ad assaporarne la gioia. I santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio. 
Quest'oggi la Chiesa festeggia la sua dignità di "madre dei santi, immagine della città superna" (A. Manzoni), e manifesta la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, sorgente e modello di ogni santità. Non le mancano certo figli riottosi e addirittura ribelli, ma è nei santi che essa riconosce i suoi tratti caratteristici, e proprio in loro assapora la sua gioia più profonda. Nella prima Lettura, l'autore del libro dell'Apocalisse li descrive come "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7, 9). Questo popolo comprende i santi dell'Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell'inizio del cristianesimo e i beati e i santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca. Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l'impulso dell'eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo.
Ma "a che serve la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?". Con questa domanda comincia una famosa omelia di san Bernardo per il giorno di Tutti i Santi. È domanda che ci si potrebbe porre anche oggi. E attuale è anche la risposta che il Santo ci offre: "I nostri santi - egli dice - non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia, devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri" (Disc. 2; Opera Omnia Cisterc. 5, 364ss). Ecco dunque il significato dell'odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei santi risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia degli amici di Dio. Essere Santo significa: vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia. E questa è la vocazione di noi tutti, con vigore ribadita dal Concilio Vaticano II, ed oggi riproposta in modo solenne alla nostra attenzione. 



Ma come possiamo divenire santi, amici di Dio? All'interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d'animo di fronte alle difficoltà. "Se uno mi vuol servire - Egli ci ammonisce - mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Gv 12, 26). Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che chi cerca di avere la sua vita per se stesso la perde, e chi si dà, si perde, trova proprio così la vita (Cfr Gv 12, 24-25). L'esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. Hanno perseverato nel loro impegno, "sono passati attraverso la grande tribolazione - si legge nell'Apocalisse - e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (v. 14). I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cfr Ap 20, 12); loro eterna dimora è il Paradiso. L'esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l'unica vera causa di tristezza e di infelicità per l'uomo è vivere lontano da Lui. 



La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell'uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cfr Is 6, 3). Nella seconda Lettura, l'apostolo Giovanni osserva: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1 Gv 3, 1). È Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi. 



Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all'amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti? In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui. Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad amare i fratelli. Amare implica sempre un atto di rinuncia a se stessi, il "perdere se stessi", e proprio così ci rende felici.



Così siamo arrivati al Vangelo di questa festa, all'annuncio delle Beatitudini che poco fa abbiamo sentito risuonare in questa Basilica. Dice Gesù: Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia (cfr Mt 5, 3-10). In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l'afflitto, il mite, l'affamato e l'assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l'operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela - ognuno nelle sue circostanze - anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l'impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell'ago (cfr Mc 10, 25); con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (cfr Mt 5, 48). 



Cari fratelli e sorelle, entriamo ora nel cuore della Celebrazione eucaristica, stimolo e nutrimento di santità. Tra poco si farà presente nel modo più alto Cristo, vera Vite, a cui, come tralci, sono uniti i fedeli che sono sulla terra ed i santi del cielo. Più stretta pertanto sarà la comunione della Chiesa pellegrinante nel mondo con la Chiesa trionfante nella gloria. Nel Prefazio proclameremo che i santi sono per noi amici e modelli di vita. Invochiamoli perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo! Amen. 

© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana 

IL DIACONATO: importante ministero nella Chiesa universale


Dalle risposte di Benedetto XVI nell’incontro con i parroci ed il clero della diocesi di Roma del 7/2/2008

Vorrei anch'io esprimere la mia gioia e la mia gratitudine al Concilio, perché ha restaurato questo importante ministero nella Chiesa universale. Devo dire che quando ero arcivescovo di Monaco non ho trovato forse più di tre o quattro diaconi e ho favorito molto questo ministero, perché mi sembra che appartenga alla ricchezza del ministero sacramentale nella ChiesaNello stesso tempo, può essere anche un collegamento tra il mondo laico, il mondo professionale, e il mondo del ministero sacerdotale. Perché molti diaconi continuano a svolgere le loro professioni e mantengono le loro posizioni, importanti o anche di vita semplice, mentre il sabato e la domenica lavorano nella Chiesa. Così testimoniano nel mondo di oggi, anche nel mondo del lavoro, la presenza della fede, il ministero sacramentale e la dimensione diaconale del sacramento dell'Ordine. Questo mi sembra molto importante: la visibilità della dimensione diaconale.

Naturalmente anche ogni sacerdote rimane diacono e deve sempre pensare a questa dimensione, perché il Signore stesso si è fatto nostro ministro, nostro diacono. Pensiamo al gesto della lavanda dei piedi, con cui esplicitamente si mostra che il Maestro, il Signore, fa il diacono e vuole che quanti lo seguono siano diaconi, svolgano questo ministero per l'umanità, fino al punto di aiutare anche a lavare i piedi sporchi degli uomini a noi affidati. Questa dimensione mi sembra di grande importanza.

In questa occasione mi viene in mente — anche se forse non è immediatamente inerente al tema — una piccola esperienza che ha annotato Paolo VI. Ogni giorno del Concilio è stato intronizzato il Vangelo. E il Pontefice ha detto ai cerimonieri che una volta avrebbe voluto fare lui stesso questa intronizzazione del Vangelo. Gli hanno detto: no, questo è compito dei diaconi e non del Papa, del Sommo Pontefice, dei Vescovi. Lui ha annotato nel suo diario: ma io sono anche diacono, rimango diacono e vorrei anche esercitare questo ministero del diacono mettendo sul trono la Parola di Dio. Dunque questo concerne noi tutti. I sacerdoti rimangono diaconi e i diaconi esplicitano nella Chiesa e nel mondo questa dimensione diaconale del nostro ministero. 

Questa intronizzazione liturgica della Parola di Dio ogni giorno durante il Concilio era sempre per noi un gesto di grande importanza: ci diceva chi era il vero Signore di quell’assemblea, ci diceva che sul trono c'è la Parola di Dio e noi esercitiamo il ministero per ascoltare e per interpretare, per offrire agli altri questa Parola. È ampiamente significativo per tutto quanto facciamo: intronizzare nel mondo la parola di Dio, la Parola vivente, Cristo. Che sia realmente Lui a governare la nostra vita personale e la nostra vita nelle parrocchie.

Poi Lei mi fa una domanda che, devo dire, va un po' oltre le mie forze: quali sarebbero i compiti propri dei diaconi a Roma. So che il Cardinale Vicario conosce molto meglio di me le situazioni reali della città, della comunità diocesana di Roma. Io penso che una caratteristica del ministero dei diaconi è proprio la molteplicità delle applicazioni del diaconato. Nella Commissione Teologica Internazionale, alcuni anni fa, abbiamo studiato a lungo il diaconato nella storia e anche nel presente della Chiesa. E abbiamo scoperto proprio questo: non c'è un profilo unico. Quanto si deve fare, varia a seconda della preparazione delle persone, delle situazioni nelle quali si trovano. Ci possono essere applicazioni e concretizzazioni diversissime, sempre in comunione con il Vescovo e con la parrocchia, naturalmente. Nelle diverse situazioni si mostrano diverse possibilità, anche a seconda della preparazione professionale che eventualmente hanno questi diaconi: potrebbero essere impegnati nel settore culturale, oggi così importante, o potrebbero avere una voce e un posto significativo nel settore educativo. Pensiamo quest'anno proprio al problema dell'educazione come centrale per il nostro futuro, per il futuro dell'umanità.

Certo, il settore della carità era a Roma il settore originario, perché i titoli presbiterali e le diaconie erano centri della carità cristiana. Questo era fin dall'inizio nella città di Roma un settore fondamentale. Nella mia Enciclica Deus caritas est ho mostrato che non solo la predicazione e la liturgia sono essenziali per la Chiesa e per il ministero della Chiesa, ma lo è altrettanto l'essere per i poveri, per i bisognosi, il servizio della caritas nelle sue molteplici dimensioni. Quindi spero che in ogni tempo, in ogni diocesi, pur con situazioni diverse, questa rimarrà una dimensione fondamentale e anche prioritaria per l'impegno dei diaconi, sia pure non l'unica, come ci mostra anche la Chiesa primitiva, dove i sette diaconi erano stati eletti proprio per consentire agli apostoli di dedicarsi alla preghiera, alla liturgia, alla predicazione. 

Anche se poi Stefano si trova nella situazione di dover predicare agli ellenisti, agli ebrei di lingua greca, e così si allarga il campo della predicazione. Egli è condizionato, diciamo, dalle situazioni culturali, dove lui ha voce per rendere presente in questo settore la Parola di Dio e così anche rendere maggiormente possibile l'universalità della testimonianza cristiana, aprendo le porte a san Paolo, che fu testimone della sua lapidazione e poi, in un certo senso, suo successore nella universalizzazione della Parola di Dio.

IL PIU' MERAVIGLIOSO DEI MIRACOLI

RIVELAZIONI DI 

CATALINA RIVAS 

SULLA SANTA MESSA. 
“Ciò che gli occhi non vedono...”


 

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Sulla meravigliosa catechesi con la quale il Signore e la Vergine Maria ci stanno istruendo, in primo luogo, insegnandoci il modo di pregare il Santo Rosario, di pregare con il cuore, di meditare e di trarre profitto dei momenti di incontro con Dio e con la nostra Madre benedetta, sul modo di Confessarsi bene; inoltre, sulla conoscenza di ciò che avviene nella Santa Messa e sul modo di viverla con il cuore

È questa la testimonianza che devo e voglio dare al Mondo intero, per la maggior Gloria di Dio e per la salvezza di chiunque voglia aprire il proprio cuore al Signore.

Affinché molte Anime, Consacrate a Dio, ravvivino il fuoco dell’Amore per Cristo, sia quelle che hanno nelle loro mani il potere di farlo scendere sulla Terra per essere nostro nutrimento, sia le altre, affinché perdano l’uso di riceverlo per “abitudine” e rivivano il meraviglioso stupore dell’incontro quotidiano con l’Amore, affinché i miei fratelli e sorelle laici di tutto il Mondo vivano il più grande dei Miracoli con il cuore:

LA CELEBRAZIONE DELLA SANTA EUCARISTIA
 
VIGILIA DELLA FESTA 

libretto di preghiere di un Santo che amo molto: José Maria Escrivà de Balaguer. Lì, trovai una preghiera simile a quella che mi aveva insegnato la Vergine. Certe volte, questo Santo, al quale mi affido, rendeva omaggio alla Vergine Santissima con quelle preghiere. 
All’improvviso, cominciarono ad alzarsi in piedi delle persone che non avevo visto prima. Era come se dal fianco di ogni persona, che si trovava nella Cattedrale, uscisse un’altra persona; la Cattedrale si riempì così di varie persone giovani e belle, vestite con tuniche bianchissime. Si diressero fino al corridoio centrale, procedendo poi verso l’Altare. 

La Santa Vergine disse: “Osserva, sono gli Angeli Custodi di ognuna delle persone che si trovano qui. È il momento nel quale il vostro Angelo Custode porta le vostre offerte e preghiere all’Altare del Signore”.

Catalina racconta: In quel momento, ero completamente in preda ad un grande stupore, perché quegli Esseri avevano un volto tanto bello e tanto raggiante da non potersi immaginare. I volti risplendevano bellissimi, quasi femminili, benché, senza alcun dubbio, l’aspetto generale del corpo, delle mani e la statura fossero di uomo.
I piedi nudi non poggiavano al suolo, ma piuttosto andavano come scivolando, come se scorressero via. Era una Processione bellissima! Alcuni di loro portavano una specie di vassoio d’oro, con qualcosa che risplendeva di una forte luce bianco dorata.

La Santa Vergine disse: “Sono gli Angeli Custodi delle persone, e stanno offrendo questa Santa Messa per molte e varie intenzioni, di quelle persone che sono coscienti di ciò che significa questa Celebrazione, di quelle che hanno qualcosa da offrire al Signore…”.
“In questo momento, offrite le vostre pene, i vostri dolori, le vostre speranze, le vostre gioie e tristezze, le vostre richieste. Ricordatevi che la Santa Messa ha un valore infinito, quindi, siate generosi nell’offrire e nel chiedere”. 

Catalina racconta: Dietro ai primi Angeli, ne venivano degli altri, che non avevano niente nelle mani: le avevano vuote. 
La Santa Vergine disse: “Sono gli Angeli delle persone che, pur essendo qui, non offrono mai niente, che non sono interessate a vivere ogni momento liturgico della Messa e non hanno offerte da portare all’Altare del Signore”.

Catalina racconta: Per ultimi, vi erano degli altri Angeli, che erano piuttosto tristi, con le mani giunte, in preghiera, ma con gli occhi bassi. La Santa Vergine disse: “Sono gli Angeli Custodi delle persone che, pur essendo qui, è come se non ci fossero, vale a dire delle persone che sono venute per forza, che sono venute perché si sentono obbligate, ma senza nessun desiderio di partecipare alla Santa Messa e, così, gli Angeli vanno tristemente, perché non hanno niente da portare all’Altare, salvo le loro proprie preghiere”.“Non intristite il vostro Angelo Custode…
Pregate molto, pregate per la conversione dei Peccatori, per la Pace nel Mondo, per i vostri Famigliari, per il vostro Prossimo e per quelli che si raccomandano alle vostre preghiere. Pregate, pregate molto, non solo per voi, ma anche per gli altri”.“Ricordatevi che l’offerta più gradita al Signore la fate quando offrite voi stessi come olocausto, così che Gesù, nello scendere, vi trasformi con i Suoi propri Meriti.
Cosa avete da offrire al Padre che sia solo vostro? Il nulla e il peccato, ma, se vi offrite in unione ai meriti di Gesù, fate un’offerta gradita al Padre”. 

Catalina racconta: Quello spettacolo, quella Processione era così bella che difficilmente potrebbe essere paragonata ad altro. Tutte quelle Creature Celesti, davanti all’Altare, facevano una riverenza, alcune ponendo la loro offerta al suolo, altre prostrandosi in ginocchio con la fronte quasi a terra e, dopo essere giunte lì, sparivano alla mia vista.

AL MOMENTO DEL PREFAZIO – SANTO… SANTO… SANTO…
Giunse il momento finale del Prefazio e quando l’Assemblea cominciò a dire: “Santo, Santo, Santo”, immediatamente, tutto quello che era dietro ai Celebranti sparì. Dal lato sinistro del Signor Arcivescovo, in forma diagonale all’indietro, apparvero migliaia di Angeli piccoli e Angeli grandi, Angeli con delle ali immense, Angeli con delle ali piccole, Angeli senza ali come i primi, tutti vestiti con delle tuniche simili alle albe (abito) bianche dei Sacerdoti o dei Monaci. Tutti si inginocchiavano con le mani giunte, in preghiera e, in segno di riverenza, chinavano il capo. Si sentiva una musica bellissima, come se vi fossero moltissimi cori con voci diverse e tutti, all’unisono e insieme al popolo, dicevano: 
“Santo, Santo, Santo…”.

AL MOMENTO DELLA CONSACRAZIONE
Era giunto il momento della Consacrazione, il momento del più meraviglioso dei Miracoli… Dal lato destro dell’Arcivescovo, in linea ancora diagonale verso l’indietro, partiva una moltitudine di persone, vestite con la stessa tunica, ma dai
colori pastello: rosa, verde, celeste, lilla, giallo. In poche parole, diversi e deliziosi colori. Anche i loro volti splendevano, pieni di gioia, pareva che fossero tutti della stessa età. Si poteva notare (ma non saprei dire perché) che erano persone di età diversa, ma nei volti erano tutti uguali, senza rughe, felici. Tutti si inginocchiavano, prima del canto del “Santo, Santo, Santo, è il Signore…”. 
La Santa Vergine disse:
“Sono tutti i Santi e i Beati del Cielo e, fra di essi, vi sono anche le Anime dei vostri Famigliari, che godono già della Presenza di Dio”. 

Catalina racconta: E poi, La vidi, proprio alla destra del Signor Arcivescovo… un passo in dietro rispetto a Monsignore, era un po’ sollevata dal suolo, inginocchiata, sopra dei veli molto fini, nello stesso tempo trasparenti e luminosi, come acqua cristallina, la Santissima Vergine, con le mani giunte, guardava con attenzione e rispetto il Celebrante.
Stando là, mi parlava, ma in silenzio, direttamente al cuore e senza guardarmi. La Santa Vergine disse: “Ti colpisce il fatto di vederMi un poco più indietro del Monsignore, vero? Ma così deve essere!… Per quanto Mi ami, il Figlio Mio non Mi ha dato la dignità che dà a un Sacerdote, di poterlo portare quotidianamente tra le Mie Mani, come lo fanno le mani sacerdotali. Ecco perché provo un profondissimo rispetto per il Sacerdote e per quel Miracolo che Dio realizza per suo mezzo, e che Mi obbliga, qui, ad inginocchiarmi”. 
Catalina racconta: Dio mio, quanta Dignità, quanta Grazia riversa il Signore sulle Anime Sacerdotali e noi non ne siamo coscienti e, talvolta, nemmeno tanti di loro! 
Di fronte all’Altare, cominciarono a presentarsi delle ombre di persone di colore grigio, che sollevavano le mani verso l’alto. La Santa Vergine disse: “Sono le anime Benedette del Purgatorio che aspettano le vostre preghiere, per trovare refrigerio. Non cessate di pregare per loro. Pregano per voi, ma non possono pregare per loro stesse, siete voi che dovete pregare per loro, per aiutarle ad uscire per incontrarsi con Dio e godere di Lui, eternamente”.
Come vedi, Io sono qui, sempre… La gente fa pellegrinaggi, cerca i luoghi delle Mie Apparizioni, e questo va bene per tutte le Grazie che si ricevono in quei luoghi, ma in nessuna Apparizione, in nessun luogo Io sono Presente per più tempo, come durante la Santa Messa. Ai piedi dell’Altare, dove si celebra l’Eucaristia, sempre Mi potrete trovare; Io rimango ai piedi del Tabernacolo, insieme agli Angeli, perché Io sto sempre con Lui”. 

Catalina racconta: Vedere quel bel Volto della Madre, nel momento del “Santo”, come pure tutti gli altri, con il volto risplendente, con le mani giunte in attesa di quel Miracolo che si ripete continuamente, era proprio come stare nel Cielo stesso. E pensare che c’è della gente, che vi sono delle persone che in quel momento possono essere distratte, che magari stanno parlando… Lo dico con dolore, e sono molti più uomini che donne, che se ne stanno in piedi con le braccia conserte, come se dovessero rendere un omaggio al Signore da pari a pari, da uguale ad uguale. 
La Santa Vergine disse: “Dillo agli Esseri Umani, che mai un uomo è così davvero uomo come quando piega i ginocchi davanti a Dio!”. 
Catalina racconta: Il Celebrante pronunciò le parole della “Consacrazione”. Era una persona di statura normale, ma all’improvviso cominciò a crescere, a riempirsi di luce, di una Luce Soprannaturale, tra il bianco e il dorato, che lo avvolgeva e diventava fortissima nella parte del volto, tanto che non si potevano più vedere i suoi lineamenti. Quando ha sollevato l’Ostia, ho visto che le sue mani avevano sul dorso dei segni, dai quali usciva molta luce. Era Gesù!… Era Lui, che, con il Suo Corpo, avvolgeva quello del Celebrante, come se circondasse amorosamente le mani del Signor Arcivescovo. In quel momento, l’Ostia cominciò a crescere, a crescere in modo enorme e, in essa, il Volto meraviglioso di Gesù che guardava verso il Suo Popolo. Istintivamente, abbassai la testa e nostra Signora, la Vergine Maria, disse: “Non distogliere lo sguardo, alza gli occhi, contemplaLo, incrocia il tuo sguardo con il Suo e ripeti la preghiera di Fatima: “Gesù mio, io credo, adoro spero e Ti amo. Ti chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano. Perdono e Misericordia…”. Adesso, diGli quanto Lo ami, rendi il tuo omaggio al Re dei Re”. 
Catalina racconta: Vi dico: pareva che dall’Ostia enorme guardasse solo me, ma seppi che contemplava, allo stesso modo, ogni persona, pieno di Amore… Quindi, chinai il capo fino ad avere la fronte a terra, come facevano tutti gli Angeli e i Beati del Cielo. Per una frazione di secondo, pensai che era lo stesso Gesù, che avvolgeva il corpo del Celebrante e, nello stesso tempo, si trovava nell’Ostia, che quando il Celebrante l’abbassava, diventava nuovamente piccola. Avevo le guance piene di lacrime, non potevo uscire dal mio stato di meravigliato stupore. 
Non appena il Monsignore iniziò a pronunciare le parole di Consacrazione del vino, insieme alle sue parole, incominciarono ad apparire dei bagliori come lampi, nel cielo e sullo sfondo. La Chiesa non aveva più né tetto, né pareti, tutto era buio, vi era solamente quelle Luce che brillava nell’Altare. 
All’improvviso, sospeso in aria, vidi Gesù, Crocefisso, dalla testa fino alla parte bassa del torace. Il tronco trasversale della Croce era sostenuto da grandi e forti mani. Dal centro di quello splendore, si distaccò un piccolo lume, come una colomba molto piccola e molto brillante che, fatto velocemente il giro di tutta la chiesa, si posò sulla spalla sinistra del signor Arcivescovo, che continuava ad essere Gesù, perché potevo distinguere la Sua capigliatura sciolta, le Sue Piaghe luminose, il Suo grandioso corpo, ma non vedevo il Suo Volto. In alto, Gesù Crocefisso stava con il Viso reclinato sulla Spalla destra. Si vedevano sul Volto e sulle Braccia i segni dei colpi e delle ferite. Sul Costato destro, all’altezza del Petto, vi era una ferita da cui usciva, a fiotti, verso sinistra, del Sangue e, verso destra, qualcosa che sembrava Acqua, però molto brillante; ma erano, piuttosto, fasci di Luce quelli che si dirigevano verso i Fedeli, muovendosi a destra e a sinistra. 
Mi stupiva la quantità di Sangue che traboccava dal Calice e pensai che avrebbe impregnato e macchiato tutto l’Altare, ma non ne cadde una sola goccia! In quel momento, la Vergine disse: “Te lo ripeto: questo è il Miracolo dei Miracoli, per il Signore non esistono né tempo, né distanza e nel momento della Consacrazione, tutta l’assemblea viene trasportata ai piedi del Calvario, nel momento della Crocifissione di Gesù”.
Catalina racconta: Può qualcuno immaginarselo? I nostri occhi non lo possono vedere, ma tutti siamo là, nello stesso momento, nel quale lo stanno Crocefiggendo e mentre chiede perdono al Padre, non solamente per quelli che Lo uccidono, ma per ognuno dei nostri peccati: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno!”
A partire da quel giorno, e non mi interessa se mi prendono per pazza, io chiedo a tutti di inginocchiarsi, chiedo a tutti di cercare di vivere con il cuore e con tutta la sensibilità di cui sono capaci, quel privilegio che il Signore ci concede. 

Nel momento del ricordo dei defunti, la Vergine mi disse: “Prega per tua padre… per tua madre”. Lo feci e fu così che li vidi. Erano dietro al braccio destro del celebrante. Vi erano molti altri capeggiati da san Giuseppe. La Vergine mi disse:  “è così ogni volta che durante la messa ricordate un vostro defunto. Il Signore concede a quelle anime di essere in quel momento lì presenti, intorno all’altare”.

AL MOMENTO DEL PADRE NOSTRO 

Quando stavamo per cominciare a pregare il “Padre Nostro”, parlò il Signore, per la prima volta, durante la Celebrazione, e disse: “Ecco, voglio che tu preghi con la maggiore profondità di cui sei capace e che, in questo momento, ti ricordi della persona o delle persone che ti hanno causato più male nella tua vita, affinché tu li abbracci e li stringa a te e dica loro con tutto il cuore: “Nel Nome di Gesù, io ti perdono e ti auguro la pace. Nel Nome di Gesù, ti chiedo perdono e mi auguro di avere la pace”. Se questa persona merita la pace, la riceverà e ne avrà un gran bene; se questa persona non è capace di aprirsi alla pace, quella pace tornerà al tuo cuore.
Ma non voglio che tu riceva o dia la pace ad altre persone, fino a quando non sei capace di perdonare e di provare quella pace dapprima nel tuo cuore”. “Fate attenzione a quello che fate continuò il Signore - voi ripetete nel Padre Nostro:
perdonaci come noi perdoniamo quelli che ci offendono. Se siete capaci di perdonare, e non come dicono alcuni, di dimenticare, state mettendo delle condizioni al perdono di Dio. State dicendo: perdonami, soltanto come io sono capace di perdonare, non di più”. 
Catalina racconta: Non so come spiegare il mio dolore, nel comprendere quanto possiamo ferire il Signore e quanto possiamo, noi stessi, offenderLo con tanti rancori, con i cattivi sentimenti e le cose cattive che nascono dai complessi e dalla suscettibilità. Perdonai, perdonai di cuore e chiesi perdono a tutti quelli che, talvolta, mi avevano offeso, per sentire la pace del Signore.

AL MOMENTO DELLA PACE E DELLA RICONCILIAZIONE 

Il Celebrante diceva: “… concedici la pace e l’unità…” e quindi: “La pace del Signore sia con tutti voi…”. Catalina racconta: Vidi, d’un tratto, fra alcune persone che si abbracciavano (non tutte), venire a porsi in mezzo una Luce molto intensa. Seppi che era Gesù e mi slanciai, allora, ad abbracciare la persona che avevo a fianco. Potei sentire davvero, in quella Luce, l’abbraccio del Signore: era Lui che mi abbracciava per darmi la Sua pace, perché in quel momento io ero stata capace di perdonare e di togliere dal mio cuore ogni offesa contro altre persone. Questo è ciò che Gesù vuole condividere quel momento di gioia, in un abbraccio, per farci trovare la Sua Pace.

AL MOMENTO DELLA SANTA COMUNIONE 

Arrivò il momento della Comunione dei Celebranti, e qui tornai a notare la presenza di tutti i Sacerdoti, insieme al Monsignore. Mentre egli si Comunicava, 
la Santa Vergine disse: “Questo è il momento di pregare per il Celebrante e per i Sacerdoti che lo accompagnano. Ripeti con Me: “Signore, Benedicili, Santificali, Aiutali, Purificali, Amali, abbine cura, sostienili con il Tuo Amore…”. Ricordatevi di tutti i Sacerdoti del Mondo, pregate per tutte le Anime Consacrate…”. 
Catalina racconta:
Amati fratelli, questo è il momento in cui dobbiamo pregare, perché loro sono la Chiesa, come lo siamo anche noi laici. Molte volte, i laici esigono molto dai Sacerdoti, però siamo incapaci di pregare per loro, di capire che sono persone umane, di comprendere e apprezzare la solitudine che, molto spesso, può circondare un Sacerdote. Dobbiamo capire che i Sacerdoti sono persone come noi e che hanno bisogno di comprensione, di assistenza, che hanno bisogno di affetto e di attenzioni da parte nostra, perché stanno dando la loro vita per ognuno di noi, come Gesù, Consacrandosi a Lui.
Il Signore vuole che la gente del “gregge”, che Dio ha affidato loro, preghi e aiuti il proprio Pastore a santificarsi. Un giorno o l’altro, quando saremo nell’Aldilà, comprenderemo la meraviglia, compiuta dal Signore, nel darci dei Sacerdoti che ci aiutano a salvare la nostra Anima. 

La gente cominciò ad uscire dai banchi per andare a Comunicarsi. Era giunto il grande momento dell’incontro, della “Comunione”. 

Il Signore mi disse: “Aspetta un momento, voglio che tu osservi qualcosa…”. Catalina racconta: Spinta da un impulso interiore, diressi lo sguardo verso la persona che stava per ricevere la Comunione sulla lingua dalla mano del Sacerdote. Devo chiarire che questa persona era una delle signore del nostro “Gruppo”, che, la sera prima, non era riuscita a Confessarsi, ma che si era Confessata questa mattina, prima della Santa Messa. Quando il Sacerdote ebbe posto la Sacra Ostia sulla sua lingua, vi fu come un lampo di luce: quella luce, di colore bianco dorato intenso, attraversò questa persona, prima dalla spalla e poi circondando la spalla, gli omeri e la testa. 
Il Signore disse:
“È così che Io Mi compiaccio nell’abbracciare un’Anima, che viene a riceverMi, con il cuore puro!”. 
Catalina racconta: Il tono della voce di Gesù era quello di una persona felice. Io ero stupita nell’ammirare quell’amica, che tornava al suo posto, circondata di luce, abbracciata dal Signore. Ho pensato alle meraviglie che noi, tante volte, perdiamo, perché andiamo a ricevere Gesù con le nostre piccole o grandi mancanze, mentre dovrebbe essere solo una festa. Molte volte diciamo che non vi sono Sacerdoti per Confessarsi spesso, ma il problema non consiste nel Confessarsi spesso, il problema consiste nella nostra facilità a tornare a cadere nel male. 
Daltronde, così come ci sforziamo di trovare un salone di bellezza o gli uomini un barbiere quando abbiamo una festa, dobbiamo sforzarci anche di andare a cercare il Sacerdote quando abbiamo bisogno che vengano tolte da noi tutte quelle cose sporche, e non avere la sfacciataggine di ricevere Gesù in qualsiasi momento, con il cuore pieno di cose cattive. 
Quando mi sono diretta a ricevere la Comunione, Gesù ripeteva: “L’ultima Cena fu il momento di maggiore intimità con i Miei. In quell’ora dell’Amore, ho istituito quello che agli occhi degli Uomini può sembrare la più grande pazzia: farMi prigioniero d’Amore. Ho istituito l’Eucaristia! Ho voluto rimanere con voi, fino alla fine dei Secoli, perché il Mio Amore non poteva sopportare che rimanessero orfani coloro che amavo più della Mia vita…”. Catalina racconta: Ricevetti quell’Ostia, che aveva un sapore particolare; era una mescolanza di sangue e incenso, che mi inondò interamente. Provavo tanto Amore… che le lacrime scorrevano senza poterle trattenere… Quando ritornai al mio posto, mentre mi inginocchiavo, il Signore disse: “Ascolta…”. Catalina racconta: E in quel momento cominciai a sentire dentro di me le preghiere di una signora, che era seduta
davanti a me e che si era appena Comunicata. Quello che diceva, senza aprire la bocca, era più o meno questo: “Signore, ricordaTi che siamo alla fine del mese e che non ho i soldi per pagare l’affitto, la rata della macchina, il collegio dei bambini, devi fare qualcosa per aiutarmi… Per favore, fa che mio marito smetta di bere tanto, non posso sopportare più le sue ubriachezze, e mio figlio minore perderà di nuovo l’anno, se non lo aiuti, questa settimana ha gli esami… e non dimenticarTi della vicina, che deve cambiare casa, che lo faccia una buona volta, perché io non la posso sopportare… ecc.”.

AL MOMENTO DELLA PREGHIERA FINALE 

In quel momento, il Signor Arcivescovo disse: “Preghiamo” . Ovviamente, tutta l’Assemblea si alzò in piedi per la preghiera finale. Gesù disse,
con un tono triste: “
Ti sei resa conto? Non Mi ha detto neanche una volta che Mi ama, non una sola volta ha dato segni di gratitudine per il dono che Io le ho fatto di far scendere la Mia Divinità fino alla sua povera umanità, per elevarla fino a Me. Non una sola volta ha detto: “Grazie, Signore”. È stata una litania di richieste… e sono così quasi tutti quelli che vengono a ricevermi”. “Io sono Morto per Amore e sono Risuscitato. Per Amore, aspetto ognuno di voi e per Amore rimango con voi… ma voi non vi rendete conto del fatto che Io ho bisogno del vostro Amore. Ricorda che Sono il Mendicante d’Amore, in quest’ora sublime, per l’Anima”. - Catalina racconta: Vi rendete conto, voi, che Egli, l’Amore, sta chiedendo il nostro Amore e che noi non glieLo diamo? Ed evitiamo anche di andare a questo incontro con l’Amore degli Amori, con l’unico Amore che Si dà in oblazione permanente. -

AL MOMENTO DELLA BENEDIZIONE FINALE 

Quando il Celebrante stava per dare la “Benedizione”, la Santissima Vergine parlò di nuovo e disse:
“Fai attenzione, osserva bene… Invece di fare il Segno della Croce, voi fate uno ghirigoro. Ricorda che questa Benedizione può essere l’ultima che ricevi, nella tua vita, dalla mano di un Sacerdote. Tu non sai se, uscendo da qui, morirai o no, e non sai se avrai l’opportunità che un altro Sacerdote ti dia una Benedizione.
Quelle Mani Consacrate ti stanno dando la Benedizione nel Nome della Santissima Trinità. Pertanto, fai il Segno della Croce con rispetto e come se fosse l’ultimo della tua vita” (…)  È questa la testimonianza che devo e voglio dare al mondo intero, per la maggior Gloria di Dio e per la salvezza di chiunque voglia aprire il proprio cuore al Signore. Affinché molte anime, consacrate a Dio, ravvivino il fuoco dell’amore per Cristo, sia quelle che hanno nelle loro mani il potere di farlo scendere sulla terra per essere nostro nutrimento, sia le altre, affinché perdano l’uso di riceverlo “per abitudine” e rivivano il meraviglioso stupore dell’incontro quotidiano con l’amore. Affinché i miei fratelli e sorelle laici di tutto il mondo vivano il più grande dei Miracoli con il cuore: la celebrazione della Santa Eucaristia.
Catalina Rivas (Missionaria laica del Cuore Eucaristico di Gesù)

AMDG et BVM

GESU' E MADRE SPERANZA CI ASPETTANO A COLLEVALENZA

VISITA A COLLEVALENZA SANTUARIO DELL' AMORE MISERICORDIOSO MADRE SPERANZA

IL
SANTUARIO DELL' AMORE MISERICORDIOSO 
veniva consacrato dal vescovo di Todi il 31 ottobre 1965 

Non voglio andare all'inferno! GESU' MIO PERDONA LE NOSTRE COLPE ! PRESERVACI DAL FUOCO DELL'INFERNO !


ANNA E CLARA 
(Lettera dall'Inferno)

IMPRIMATUR

E Vicariatu Urbis, die 9 aprilis 1952 

+ ALOYSIUS TRAGLIA
 Archie.us Caesarien. Vicesgerens

INVITO

Il fatto qui esposto ha un'importanza eccezionale. L'originale è in lingua tedesca; delle edizioni sono state eseguite in altre lingue.
Il Vicariato di Roma ha dato il permesso di pubblicare lo scritto. L'«Imprimatur» dell'Urbe è garanzia della traduzione dal tedesco e della serietà del tremendo episodio.
Sono pagine svelte e terribili e raccontano un tenore di vita in cui vivono molte persone dell'odierna società. La misericordia di Dio, permettendo il fatto qui narrato, solleva il velo del più spaventoso mistero che ci attende al termine della vita.
Ne sapranno approfittare le anime?...

PREMESSA

Clara e Annetta, giovanissime, lavoravano in una: Ditta commerciale a*** (Germania).
Non erano legate da profonda amicizia, ma da semplice cortesia. Lavoravano. ogni giorno l'una accanto all'altra e non poteva mancare uno scambio di idee: Clara si dichiarava apertamente religiosa e sentiva il dovere di istruire e richiamare Annetta, quando questa si dimostrava leggera e superficiale in fatto di religione.
Trascorsero qualche tempo assieme; poi Annetta contrasse matrimonio e si allontanò dalla Ditta. Nell'autunno di quell'anno, 1937, Clara trascorreva le vacanze in riva al lago di Garda. Verso la metà di settembre la mamma le mandò dal paese natio una lettera: «E' morta Annetta N... E' rimasta vittima di un incidente automobilistico. L'hanno sepolta ieri nel "Waldfriedhof"».
La notizia spaventò la buona signorina, sapendo che l'amica non era stata tanto religiosi. Era preparàta a presentarsi davanti a Dio?... Morendo all'improvviso, come si sarà trovata?...
L'indomani ascoltò la S. Messa e fece anche la Comunione in sud suffragio, pregando fervorosamente. La notte seguente, 10 minuti dopo la mezzanotte, ebbe luogo la visione...

«Clara, non pregare per me! Sono dannata. Se te lo comunico e te ne riferisco piuttosto lungamente non credere che ciò avvenga a titolo di amicizia. Noi qui non amiamo più nessuno. Lo faccio come costretta. Lo faccio come « parte di quella potenza che sempre vuole il male e opera il bene ».
In verità vorrei vedere anche te approdare a questo stato, dove io ormai ho gettato l'àncora per sempre!
Non stizzirti di questa intenzione. Qui noi pensiamo tutti così. La nostra volontà è impietrita nel male in ciò che voi appunto chiamate « male ». Anche quando noi facciamo qualche cosa di «bene», come io ora, spalancandoti gli occhi sull'inferno, questo non avviene con buona intenzione.

Ti ricordi ancora che quattro anni fa ci siamo conosciute a * * *? Contavi allora 23 anni e ti trovavi colà da mezz'anno quando ci arrivai io.
Tu mi hai levata da qualche impiccio; come a principiante, mi hai dato dei buoni indirizzi. Ma che vuol dire «buono»?
Io lodavo allora il tuo « amore del prossimo». Ridicolo! Il tuo soccorso derivava da pura civetteria, come, del resto, lo sospettavo già fin d'allora. Noi non riconosciamo qui nulla di buono. In nessuno.
Il tempo della mia giovinezza lo conosci. Certe lacune le riempio qui. 

Secondo il piano dei miei genitori, a dire il vero, non sarei neanche dovuta esistere. « Capitò loro appunto una disgrazia». Le mie due sorelle contavano già 14 e 15 anni, quando io tendevo alla luce.
Non fossi mai esistita! Potessi ora annientarmi e sfuggire a questi tormenti! Nessuna voluttà uguaglierebbe quella con cui lascerei la mia esistenza, come un vestito di cenere, che si perde nel nulla.
Ma io devo esistere. Devo esistere così come mi son fatta io: con una esistenza fallita.

Quando papà e mamma, ancora giovani, si trasferirono dalla campagna in città ambedue avevano perduto il contatto con la Chiesa. E fu meglio così.
Simpatizzarono con gente non legata alla chiesa. Si erano conosciuti in un ritrovo danzante e mezz'anno dopo « dovettero » sposarsi.
Nella cerimonia nuziale rimase attaccata a loro tant'acqua santa, che la mamma si recava in chiesa alla Messa domenicale un paio di volte l'anno. [!!!] Non mi ha mai insegnato a pregare davvero. Si esauriva nella cura quotidiana della vita, benché la nostra situazione non fosse disagiata.
Parole come: pregare, Messa, istruzione religiosa, chiesa...  le dico con una ripugnanza intera senza pari. Aborrisco tutto, come odio chi frequenta la chiesa e in genere tutti gli uomini e tutte le cose.
Da tutto, infatti, ci deriva tormento. Ogni cognizione ricevuta in punto di morte, ogni ricordo di cose vissute o sapute, è per noi una fiamma pungente.

E tutti i ricordi ci mostrano quel lato che in essi era grazia, e che noi sprezzammo. Quale tormento è questo! Noi non mangiamo, non dormiamo, non camminiamo coi piedi. Spiritualmente incatenati, guardiamo inebetiti « con urla e stridor di denti » la nostra vita andata in fumo:  odiando e tormentati!
Senti? Noi qui beviamo l'odio come acqua. Anche l'uno verso l'altro. Soprattutto noi odiamo Dio.
Te lo voglio... rendere comprensibile.

I Beati in cielo devono amarlo, perché essi lo vedono senza velo, nella sua bellezza abbagliante. Ciò li beatìfica talmente, da non poterlo descrivere. Noi lo sappiamo e questa cognizione ci rende furibondi. 
Gli uomini in terra che conoscono Dio dalla creazione e dalla rivelazione, possono amarlo; ma non ne sono costretti. Il credente - lo dico digrignando i denti - il quale, meditabondo, contempla Cristo in croce, con le braccia stese, finirà con l'amarlo.
Ma colui al quale Dio si avvicina solo nell'uragano come punitore, come giusto vendicatore, perché un giorno fu da lui ripudiato, come avvenne di noi, costui non può che odiarlo, con tutto l'impeto della sua malvagia volontà, eternamente, in forza della libera accettazione di esseri separati da Dio: risoluzione con la quale, morendo, abbiamo esalato l'anima nostra e che neppure ora ritiriamo e non avremo mai la volontà di ritirare.

Comprendi ora perché l'inferno dura eternamente? Perché la nostra ostinazione giammai si scioglierà da noi.

Costretta, aggiungo che Dio è misericordioso persino verso di noi. Dico « costretta ». Poiché, anche se dico queste cose volutamente, pure non mi è permesso di mentire, come volentieri vorrei. Molte cose le affermo contro la mia volontà. Anche la foga d'improperi, che vorrei vomitare la devo strozzare.
Dio fu misericordioso verso di noi col non lasciare esaurire sulla terra la nostra malvagia volontà, come noi saremmo stati pronti a fare. Ciò avrebbe aumentato le nostre colpe e le nostre pene. Egli ci fece morire anzitempo, come me, o fece intervenire altre circostanze mitiganti.
Ora egli si dimostra, misericordioso verso di noi col non costringerci ad avvicinarci a lui più di quanto lo siamo in questo remoto luogo infernale; ciò diminuisce il tormento.
Ogni passo che mi portasse più vicino a Dio, mi cagionerebbe una pena maggiore di quella che a te recherebbe un passo più vicino a un rogo ardente.

Ti sei spaventata, quando io una volta, durante il passeggio, ti raccontai che mio padre, pochi giorni avanti la mia prima Comunione, mi aveva detto: « Annettina, cerca di meritarti 
un bel vestitino; il resto è una montatura ».
Per il tuo spavento quasi mi sarei perfino vergognata. Ora ci rido sopra. L'unica cosa ragionevole in quella montatura era che ci si ammetteva alla Comunione solo a dodici anni. Io allora, ero già abbastanza presa dalla mania dei divertimenti mondani, così che senza scrupoli mettevo in un canto le cose religiose e non diedi grande importanza alla prima Comunione.
Che parecchi bambini vadano ora alla Comunione già a sette anni, ci mette in furore. Noi facciamo di tutto per dare a intendere alla gente che ai bambini manca una cognizione adeguata. Essi devono prima commettere alcuni peccati mortali.
Allora la bianca Particola non fa più in essi così gran danno, come quando nei loro cuori vivono ancora la fede, la speranza e la carità puh! questa roba ricevute nel battesimo. TI ricordi come abbia già sostenuto sulla terra questa opinione?

Ho accennato a mio padre. Egli era sovente in lite con la mamma. Te ne feci allusione solo raramente; me ne vergognavo. Cosa ridicola la vergogna del male! Per noi, qui tutto è lo stesso.
I miei genitori neanche dormivano più nella medesima camera; ma io con la mamma, e il papà nella camera attigua, dove poteva rincasare liberamente a qualsiasi ora. Beveva molto; in tal modo scialacquava il nostro patrimonio. Le mie sorelle erano ambedue impiegate e abbisognavano esse stesse, dicevano, del denaro che guadagnavano. La mamma, cominciò a lavorare per guadagnare qualche cosa.
Nell'ultimo anno di vita papà batteva spesso la mamma, quando lei non gli voleva dar nulla. Verso di me, invece. fu sempre amorevole. Un giorno te l'ho raccontato e tu, allora, ti sei urtata del mio capriccio (di che cosa non ti sei urtata nei miei riguardi?) un giorno dovette portare indietro, per ben due volte, le scarpe comprate, perché la forma e i tacchi non erano per me abbastanza moderni.

La notte, in cui mio padre fu colpito da apoplessia mortale, avvenne qualche cosa che io, per timore di una interpretazione disgustosa, non riuscii mai a confidarti. Ma ora devi saperlo. E' importante per questo: allora per la prima volta fui assalita dal mio spirito tormentatore attuale.
Dormivo in camera con mia madre. I suoi respiri regolari dicevano il suo profondo sonno.
Quand'ecco mi sento chiamare per nome. Una voce ignota mi dice: « Che sarà se muore papà? ».
Non amavo più mio padre, dacché trattava così villanamente la mamma; come, del resto, non amavo fin d'allora assolutamente nessuno, ma ero solamente affezionata ad alcune persone, che erano buone verso di me. L'amore senza speranza di contraccambio terreno, vive solo nelle anime in stato di Grazia. E io non lo ero.
Così risposi alla misteriosa domanda, senza darmi conto donde venisse: « Ma non muore mica! ».
Dopo una breve pausa di nuovo la stessa domanda chiaramente percepita. « Ma non muore mica! » mi scappò ancora di bocca, bruscamente.
Per la terza volta fui richiesta: « Che sarà se muore tuo padre? ». Mi si presentò alla mente come papà spesso veniva a casa piuttosto ubriaco, strepitava, maltrattava la mamma, e come egli ci aveva messi in una condizione umiliante dinanzi alla gente. Perciò gridai indispettita. « E gli sta bene! ».
Allora tutto tacque.
La mattina seguente, quando la mamma volle mettere in ordine la stanza del babbo, trovò la porta chiusa a chiave. Verso mezzogiorno si forzò la porta. Mio padre, mezzo vestito, giaceva cadavere sul letto. Nell'andare a prendere la birra in cantina, doveva essersi buscato qualche accidente. Era già da lungo tempo malaticcio. (*)

(*) Aveva forse Dio legato la salvezza del padre all'opera buona della figlia, verso la quale quell'uomo era stato pur buono? Quale responsabilità per ognuna, lasciar perdere l'occasione di fare del bene al prossimo!

Marta K ... e tu mi avete indotta a entrare nell' « Associazione delle Giovani ». Veramente non ho mai nascosto che trovavo abbastanza intonate con la moda parrocchiale le istruzioni delle due direttrici, le signorine X ...
I giuochi erano divertenti. Come sai vi ebbi subito una parte direttiva. Ciò mi andava a genio.
Anche le gite mi piacevano. Mi lasciai perfino indurre alcune volte ad andare alla Confessione e alla Comunione.

A dire il vero, non avevo nulla da confessare. Pensieri e discorsi per me non avevano importanza. Per azioni più grossolane, non ero ancora abbastanza corrotta.

Tu mi ammonisti una volta: « Anna, se non preghi, vai alla perdizione! ». Io pregavo davvero poco e anche questo, solo svogliatamente.
Allora tu avevi purtroppo ragione. Tutti coloro che bruciano nell'inferno non hanno pregato, o non hanno pregato abbastanza.
La preghiera è il primo passo verso Dio. E rimane il passo decisivo. Specialmente la preghiera a colei che fu la Madre di Cristo, il nome della quale noi non nominiamo mai.
La devozione a lei strappa al demonio innumerevoli anime, che il peccato gli consegnerebbe infallibilmente nelle mani.

Proseguo il racconto consumandomi d'ira e solo perché devo. Pregare è la cosa più facile che l'uomo possa fare sulla terra. E proprio a questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di ognuno.
A chi prega con perseveranza egli a poco a poco dà tanta luce, lo fortifica in maniera tale, che alla fine anche il peccatore più impantanato si può definitivamente rialzare. Fosse pure ingolfato nella melma fino al collo.
Negli ultimi anni della mia vita non ho più pregato come di dovere e così mi sono privata delle grazie, senza le quali nessuno può salvarsi.

Qui non riceviamo più nessuna grazia. Anzi, quand'anche le ricevessimo, le rifiuteremmo cinicamente. Tutte le fluttuazioni dell'esistenza terrena sono cessate in quest'altra vita.
Da voi sulla terra l'uomo può salire dallo stato di peccato allo stato di Grazia e dalla Grazia cadere in peccato: spesso per debolezza, talvolta per malizia.
Con la morte questa salire e scendere finisce, perché ha la sua radice nella imperfezione dell'uomo terreno. Ormai. abbiamo raggiunto lo stato finale.
Già col crescere degli anni i cambiamenti divengono più rari. E' vero, fino alla morte si può sempre rivolgersi a Dio o voltargli le spalle. Eppure, quasi trascinato dalla corrente, l'uomo, prima del trapasso, con gli ultimi deboli resti nella volontà, si comporta come era abituato nella vita.
La consuetudine, buona o cattiva, diviene una seconda natura. Questa lo trascina con sè.

Così avvenne anche a me. Da anni vivevo lontana da Dio. Per questo nell'ultima chiamata della Grazia mi risolvetti contro Dio.
Non fu il fatto che peccassi spesso a esser fatale per me, ma che io non volli più risorgere.
Tu mi hai più volte ammonita, di ascoltare le prediche, di leggere libri di pietà. « Non ho tempo », era la mia risposta ordinaria. Non ci mancava altro per aumentare la mia incertezza interna!
Del resto devo constatare questo: dal momento che la cosa era ormai così avanzata, poco prima della mia uscita dalla « Associazione delle Giovani », mi sarebbe riuscito enormemente gravoso mettermi su un'altra via. Io mi sentivo malsicura e infelice. Ma davanti alla conversione si ergeva una muraglia.
Tu non lo devi aver sospettato. Tu te l'eri rappresentata così semplice quando un giorno mi dicesti: « Ma fa una buona Confessione, Anna, e tutto è a posto ».
Io sentivo che sarebbe stato così. Ma il mondo, il demonio, la carne mi tenevano già troppo saldamente nei loro artigli. 

All'influsso del demonio non credetti mai. E ora attesto che egli influisce gagliardamente sulle persone che si trovano nella condizione in cui mi trovavo io allora.
Soltanto molte preghiere, di altri e di me stessa, congiunte con sacrifici e sofferenze, mi avrebbero potuta strappare da lui.
E anche ciò, solo a poco a poco. Se ci sono pochi ossessi esternamente, di ossessi internamente ce n'è un formicolaio. Il demonio non può rapire la libera volontà a coloro che si dànno al suo influsso. Ma in pena della loro, per dir così, metodica apostasia da Dio, questi permette che il « maligno» si annidi in essi.
Io odio anche il demonio. Eppure egli mi piace, perchè cerca di rovinare voialtri; lui e i suoi satelliti, gli spiriti caduti con lui al principio del tempo.

Essi si contano a milioni. Girovagano per la terra, densi come uno sciame di moscerini, e voi neanche ve ne accorgete
Non tocca a noi riprovati di tentarvi; questo è, ufficio degli spiriti decaduti. Veramente ciò accresce ancor più il loro tormento ogni volta che essi trascinano quaggiù all'inferno un'anima umana. Ma che cosa non fa mai l'odio?

Benché io camminassi per sentieri lontani da Dio, Dio mi seguiva.
Preparavo la via alla Grazia con atti di carità naturale che compivo non di rado per inclinazione dei mio temperamento.
Talvolta Dio mi attirava in una chiesa. Allora sentivo come una nostalgia. Quando curavo la mamma malaticcia, nonostante il lavoro d'ufficio durante il giorno, e in certo modo mi sacrificavo davvero, questi allettamenti di Dio agivano potentemente.
Una volta, nella chiesa dell'ospedale, in cui tu mi avevi condotta durante la pausa del mezzogiorno, mi venne qualcosa addosso che sarebbe bastato un solo passo per la mia conversione: io piansi!
Ma poi la gioia del mondo passava di nuovo come un torrente sopra la Grazia.
Il grano soffocava tra le spine.
Con la dichiarazione che la religione è affare di sentimento, come si diceva sempre in ufficio, cestinai anche questo invito della Grazia, come tutti gli altri.
Una volta tu mi rimproverasti, perché invece di una genuflessione fino a terra, feci appena un informe inchino, piegando il ginocchio. Tu lo ritenesti un atto di pigrizia. Non sembrasti neppur sospettare che io fin d'allora non credevo più nella presenza di Cristo nel Sacramento.
Ora ci credo, ma solo naturalmente, come si crede in un temporale di cui si scorgono gli effetti.

Intanto mi ero accomodata io stessa una religione a mio modo.
Sostenevo l'opinione, che da noi in ufficio era comune, che l'anima dopo la morte risorga in un altro essere. In tal modo continuerebbe a pellegrinare senza fine.
Con ciò l'angosciosa questione dell'al di là era insieme messa a posto e resa a me innocua.

 Perché tu non mi hai ricordato la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro, in cui il narratore, Cristo, manda, immediatamente dopo la morte, l'uno all'inferno e l'altro in paradiso?... Del resto, che cosa avresti ottenuto? Nulla di più che con gli altri tuoi discorsi di bigottismo!
A poco a poco mi creai io stessa un Dio: sufficientemente dotato da essere chiamato Dio; lontano abbastanza da me da non dover mantenere nessuna relazione con lui; vago abbastanza da lasciarsi, secondo il bisogno, senza mutar la mia religione; rassomigliare a un Dio panteistico del mondo, oppure da lasciarsi poetizzare come un Dio solitario.
Questo Dio non aveva nessun paradiso da regalarmi e nessun inferno da infliggermi. Lo lasciavo in pace. In ciò consisteva la mia adorazione per lui.

A ciò che piace si crede volentieri. Nel corso degli anni mi tenni abbastanza convinta della mia religione. In questo modo si poteva vivere.
Una cosa soltanto mi avrebbe spezzato la cervice: un lungo, profondo dolore. E questo dolore non venne!
Comprendi ora cosa vuol dire: « Dio castiga quelli che ama »?

Era una domenica di luglio, quando l'Associazione delle giovani organizzò una gita a * * *. La gita mi sarebbe piaciuta. Ma quegli insulsi discorsi, quel fare da bigotti mi
[urtavano]
Un altro simulacro ben diverso da quello della Madonna di * * * stava da poco tempo sull'altare del mio cuore. L'aitante Max N.... del negozio attiguo. Poco tempo prima avevamo scherzato più volte.
Appunto per quella, domenica, egli mi aveva invitata a una gita. Quella con cui andava di solito, giaceva, malata all'ospedale.
Egli aveva ben capito che gli avevo messo gli occhi addosso. Sposarlo non ci pensavo ancora allora. Era bensì agiato, ma si comportava troppo gentilmente con tutte le ragazze. E io, fino a quel tempo, volevo un uomo che appartenesse unicamente a me. Non sola essere moglie, ma moglie unica. Un certo galateo naturale, infatti, l'ebbi sempre.
Nella suaccennata gita Max si profuse in gentilezze. Eh! già, non si tennero mica delle conversazioni pretesche come tra voialtre!
Il giorno seguente, in ufficio, tu mi facesti dei rimproveri, perchè non ero venuta con voi a * * *. Io ti descrissi il mio divertimento di quella domenica.
La tua prima domanda fu: « Sei stata alla Messa? » Sciocchina! Come potevo, dato che la partenza era fissata per le sei?!
Sai ancora, come io, eccitata aggiunsi: « Il buon Dio non ha una mentalità così piccina come i vostri pretacci! ».

Ora devo confessare: Dio, nonostante la sua infinita bontà, pesa le cose con maggior precisione che tutti i preti.
Dopo quella prima gita con Max, venni ancora una volta sola all'Associazione: a Natale, per la celebrazione della festa. C'era qualche cosa che mi allettava a tornare. Ma internamente mi ero già allontanata da voialtre:
Cinema, ballo, gite si avvicendevano senza tregua. Max e io bisticciammo alcune volte, ma seppi sempre incatenarlo di nuovo a me.
Molestissima mi riuscì l'altra amante, che, tornata dall'ospedale, si comportò come un'ossessa. Veramente per mia fortuna; poiché la mia nobile calma fece potente impressione su Max, che fini col decidere, che io fossi la preferita.
Avevo saputo rendergliela odiosa, parlando freddamente: all'esterno positiva, nell'interno vomitando veleno. Tali sentimenti e tale contegno preparano eccellentemente per l'inferno. Sono diabolici nel più stretto senso della parola.

Perché ti racconto ciò? Per riferire come io mi staccai definitivamente da Dio. Non già, del resto, che tra me e Max si sia arrivati molto spesso fino agli estremi della familiarità. Comprendevo che mi sarei abbassata ai suoi occhi, se mi fossi lasciata andare del tutto, prima del tempo; perciò mi seppi trattenere.
Ma in sé, ogni volta che lo ritenevo utile, ero sempre pronta a tutto. Dovevo conquistare Max. A tale scopo nulla era troppo caro. Inoltre, a poco a poco ci amavamo, possedendo ambedue non poche preziose qualità, che ci facevano stimare vicendevolmente. Io ero abile, capace, di piacevole compagnia. Così mi tenni saldamente in mano Max e riuscii, almeno negli ultimi mesi prima del matrimonio, a essere l'unica, a possederlo.
In ciò consistette la mia apostasia da Dio: elevare una creatura a mio idolo. In nessuna cosa può avvenire questo, in modo che abbracci tutto, come nell'amore di una persona dell'altro sesso, quando quest'amore rimane arenato nelle soddisfazioni terrene. E' questo che forma la sua attrattiva, il suo stimolo e il suo veleno.

L' « adorazione », che io tributavo a me stessa nella persona di Max, divenne per, me religione vissuta.

Era il tempo in cui in ufficio mi scagliavo velenosa contro i chiesaioli, i preti, le indulgenze, il biascichìo dei rosari e simili sciocchezze.
Tu hai cercato, più o meno argutamente, di prendere le difese di tali cose. Apparentemente senza sospettare che nel più intimo di me non si trattava, in verità, di queste cose, io cercavo piuttosto un sostegno contro la mia coscienza: allora avevo bisogno di un tale sostegno per giustificare anche con la ragione la mia apostasia.
In fondo in fondo, mi rivoltavo contro Dio. Tu non lo comprendesti; mi ritenevi ancora per cattolica. Volevo, anzi, essere chiamata così; pagavo perfino le tasse ecclesiastiche. Una certa « controassicurazione», pensavo, non poteva nuocere.
Le tue risposte può darsi alle volte abbiano colpito nel segno. Su di me non facevano presa, perché tu non dovevi avere ragione.
A causa di queste relazioni falsate fra noi due, fu meschino il dolore del nostro distacco, allorché ci separammo in occasione del mio matrimonio.

Prima dello sposalizio mi confessai e comunicai ancora una volta, Era prescritto. Io e mio marito su questo punto la pensavamo ugualmente. Perché non avremmo dovuto compiere questa formalità? Anche noi la compimmo, come le altre formalità.
Voi chiamate indegna una tale Comunione. Ebbene, dopo quella Comunione « indegna », io ebbi più calma nella coscienza. Del resto fu anche l'ultima.

La nostra vita coniugale trascorreva, in genere, quanto mai in grande armonia. Su tutti i punti di vista noi eravamo dello stesso parere. Anche in questo: che non volevamo addossarci il peso dei figli. Veramente mio marito ne avrebbe volentieri voluto uno; non di più, si capisce. Alla fine io seppi stornarlo anche da questo desiderio.
Vesti, mobili di lusso, ritrovi da thè, gite e viaggi in auto e simili distrazioni m'importavano di più.
Fu un anno di piacere sulla terra quello trascorso tra il mio sposalizio e la mia repentina morte.
Ogni domenica andavamo fuori in auto, oppure facevamo visite ai parenti di mio marito. Di mia madre ora mi vergognavo. Essi galleggiavano alla superficie dell'esistenza, né più né meno di noi.

Internamente, si capisce, non mi sentii mai felice, per quanto esternamente ridessi. C'era sempre dentro di me qualcosa di indeterminato, che mi rodeva. Avrei voluto che dopo la morte, la quale naturalmente doveva essere ancora molto lontana, tutto fosse finito.
Ma è proprio così, come un giorno, da bambina, sentii dire in una predica: che Dio premia ogni opera buona che uno compie, e quando non la potrà ricompensare nell'altra vita, lo fa sulla terra.
Inaspettatamente ebbi un'eredità dalla zia Lotte. A mio marito riuscì felicemente di portare il suo stipendio a una cifra notevole. Così potei ordinare la nuova abitazione in modo attraente.
La religione non mandava più che da lontano la sua luce, scialba, debole e incerta.
I caffè della città, gli alberghi, in cui andavamo durante i viaggi, non ci portavano certamente a Dio.
Tutti coloro, che frequentavano quei luoghi, vivevano, come noi, dall'esterno all'interno, non dall'interno all'esterno.
Se nei viaggi delle ferie visitammo qualche chiesa, cercavamo di ricrearci nel contenuto artistico delle opere. L'alito religioso che spiravano, specialmente quelle medioevali, sapevo neutralizzarlo col criticare qualche circostanza accessoria: un frate converso impacciato o vestito in modo non pulito, che ci faceva da cicerone; lo scandalo che dei monaci, i quali volevano passare per pii, vendessero liquori; l'eterno scampanio per le sacre funzioni, mentre non si tratta che di far soldi...
Così seppi continuamente scacciare da, me la Grazia ogni volta che bussava. Lasciavo libero sfogo al mio malumore in modo particolare su certe rappresentazioni medioevali dell'inferno nei cimiteri o altrove, nelle quali il demonio arrostisce le anime in brage rosse e incandescenti, mentre i suoi compagni, dalle lunghe code, gli trascinano nuove vittime. 
Clara! L'inferno si può sbagliare a disegnarlo, ma non si esagera mai.
Il fuoco dell'inferno l'ho sempre preso di mira in modo speciale. Tu lo sai come durante un alterco, in proposito ti tenni una volta un fiammifero sotto il naso e ti dissi con sarcasmo: «Ha questo odore?» Tu spegnesti in fretta la fiamma. Qui non la spegne nessuno.

Io ti dico: il fuoco di cui si parla nella Bibbia, non significa tormento della coscienza. Fuoco è fuoco! E' da intendersi letteralmente ciò che ha detto lui: «Via da me, maledetti, nel fuoco eterno! ». Letteralmente.
«Come può lo spirito essere toccato da fuoco materiale? », domanderai. Come può l'anima tua soffrire sulla terra quando tu metti il dito sulla fiamma? Difatti non brucia l'anima; eppure che tormento ne prova tutto l'individuo!
In modo analogo noi qui siamo spiritualmente legati al fuoco, secondo la nostra natura e secondo le nostre facoltà. L'anima nostra è priva del suo naturale battito d'ala; noi non possiamo pensare ciò che vogliamo né come vogliamo. 

Non meravigliarti di queste mie parole. Questo stato, che a voialtri non dice nulla, mi riarde senza consumarmi.

Il nostro maggior tormento consiste nel sapere con certezza che noi non vedremo mai Dio.
Come può questo tormentare tanto, dal momento che uno sulla terra rimane così indifferente?
Fintanto che il coltello giace sulla tavola, ti lascia fredda. Si vede quanto è affilato, ma non lo si prova. Immergi il coltello nella carne e ti metterai a gridare dal dolore.

Adesso noi sentiamo la perdita di Dio; prima la pensavamo soltanto.
Non tutte le anime soffrono in misura eguale.
Con quanta maggior cattiveria e quanto più sistematicamente uno ha peccato, tanto più grave pesa su di lui la perdita di Dio e tanto più lo soffoca la creatura di cui ha abusato.
I cattolici dannati soffrono di più che quelli di altre religioni, perché essi, per lo più, ricevettero e calpestarono più grazie e più luce.
Chi più seppe, soffre più duramente di chi conobbe meno.
Chi peccò per malizia, patisce più acutamente di chi cadde per debolezza.
Mai nessuno patisce più di quello che ha meritato. Oh, se non fosse vero ciò, io avrei un motivo d'odiare!
Tu mi dicesti un giorno che nessuno va all'inferno senza saperlo: ciò sarebbe stato rivelato a una santa.
Io me ne risi. Ma poi mi trincerai dietro questa dichiarazione:
« Così, in caso di necessità, rimarrà abbastanza tempo per fare una «voltata», mi dicevo segretamente.

Quel detto è giusto. Veramente, prima della mia subitanea fine, non conobbi l'inferno com'è. Nessun mortale lo conosce. Ma io ne avevo la piena coscienza: « Se muori, vai nel mondo di là dritta come una freccia contro Dio. Ne porterai le conseguenze ».
Io non feci dietrofront, come ho già detto, perché trascinata dalla corrente dell'abitudine. Spinta da quella conformità per cui gli uomini, quanto più invecchiano, tanto più agiscono in una stessa direzione.

La mia morte avvenne così.
Una settimana fa parlo secondo il vostro computo, perché rispetto al dolore, potrei dire benissimo che son già dieci anni che brucio nell'inferno! una settimana fa, dunque, mio marito e io facemmo di domenica una gita, l'ultima per me.
Il giorno era spuntato radioso. Mi sentivo bene quanto mai. M'invase un sinistro sentimento di felicità, che serpeggiò in me per tutta la giornata.
Quand'ecco all'improvviso, nel ritorno, mio marito fu abbacinato da un'auto che veniva di volata. Perdette il controllo.
« Jesses » (*), mi scappò dalle labbra con un brivido. Non come preghiera, solo come grido. 

(*) Storpiamento di Jesus, usato frequentemente fra alcune popolazioni di lingua tedesca.

Un dolore straziante mi compresse tutta. In confronto con quello presente una bagatella. Poi perdetti i sensi.
Strano! Quella mattina era sorto in me, in modo inspiegabile, questo pensiero: «Tu potresti ancora una volta andare a Messa ». Suonava come un'implorazione.
Chiaro e risoluto, il mio «no» troncò il filo dei pensieri.         «Con queste cose bisogna farla finita una volta. Mi addosso tutte le conseguenze!». Ora le porto.
Ciò che avvenne dopo la mia morte, già lo saprai. La sorte di mio marito, quella di mia madre, ciò che accadde del mio cadavere e lo svolgimento del mio funerale mi son noti nei loro particolari mediante cognizioni naturali che noi qui abbiamo.
Quello, del resto, che succede sulla terra noi lo sappiamo solo nebulosamente. Ma ciò che in qualche modo ci tocca da vicino, lo conosciamo. Così vedo anche dove tu soggiorni.
Io stessa mi risvegliai improvvisamente dal buio, nell'istante del mio trapasso. Mi vidi come inondata da una luce abbagliante.
Fu nel luogo medesimo dove giaceva il mio cadavere. 

Avvenne come in un teatro, quando nella sala d'un tratto si spengono le luci, il sipario si divide rumorosamente e si apre una scena inaspettata, orribilmente illuminata. La scena della mia vita.
Come in uno specchio l'anima mia si mostrò a me stessa. Le grazie calpestate dalla giovinezza fino all'ultimo «no» di fronte a Dio.

Io mi sentii come un assassino, al quale, durante il processo giudiziario, vien portata dinanzi la sua vittima esanime. Pentirmi? Mai! Vergognarmi? Mai!
Però non potevo neppure resistere sotto gli occhi di Dio, da me rigettato. Non mi rimaneva che una cosa: la fuga. Come Caino fuggì dal cadavere di Abele, così l'anima mia fu spinta via da quella vista di orrore.
Questo fu il giudizio particolare: l'invisibile Giudice disse:    « Via da me! ». Allora la mia anima, come un'ombra gialla di zolfo, precipitò nel luogo dell'eterno tormento.

CONCLUDE CLARA

La mattina, al suono dell'Angelus, ancora tutta tremante per la notte spaventosa, mi alzai e corsi per le scale nella cappella.
Il cuore mi pulsava fin sulla gola. Le poche ospiti, inginocchiate vicino a me, mi guardarono; ma forse pensarono che fossi così eccitata per la corsa fatta giù per le scale.
Una signora bonaria di Budapest, che mi aveva osservata, mi disse dopo sorridendo:
Signorina, il Signore vuole essere servito con calma, non di corsa!
Ma poi si accorse che qualcosa d'altro mi aveva eccitato e mi teneva ancora in agitazione. E mentre la signora mi rivolgeva altre buone parole, io pensavo: Dio solo mi basta!
Sì, egli solo mi deve bastare in questa e nell'altra vita. Voglio un giorno poterlo godere in Paradiso, per quanti sacrifici mi possa costare in terra. Non voglio andare all'inferno!

AMDG et BVM