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venerdì 14 luglio 2017

NE LEGGANO SOLO UN CAPITOLO. CAPIRETE CHE SIGNIFICA : S O F F R I R E

Maria rifiuta di sposarsi - Persecuzioni - Martirio
Guarigione miracolosa - Visita ai Luoghi Santi - Lavoro come domestica
Quando Maria compì tredici anni, suo zio la fidanzò a un suo parente, ma la fanciulla aveva già da tempo promesso a Dio la sua verginità, e quando le si disse che il matrimonio stava per rapire quel suo fiore angelico, dichiarò con tutte le sue forze che voleva rimanere vergine. Prostrata a terra per tutta la notte, versando un torrente di lacrime, scongiurava la sua Mamma del Cielo di soccorrerla. Tutto ad un tratto, udì una voce che le disse: Maria, io sono sempre con te: segui l'ispirazione che ti dò, io ti aiuterò. Allora Maria si alzò piena di coraggio e tagliò i suoi lunghi capelli. Il velo, che soleva portare, nascose questo gesto ai suoi parenti. Una grande cena fu organizzata in occasione delle nozze che dovevano celebrarsi prossimamente; era d'uso in questa circostanza che la fidanzata, ornata dei suoi gioielli, offrisse il caffè agli invitati. Al posto del caffè Maria offrì allo zio, in un grande vassoio, i suoi capelli ornati di gioielli. Lo zio furioso la schiaffeggiò; tutti gli in-vitati non vedendo in questo gesto che un fervore passeggero, l'esortarono a mostrarsi docile alla volontà dei suoi parenti: ella rimase inflessibile.
Invano lo zio la confinò fra gli ultimi domestici della casa, e ordinò di maltrattarla; invano la tenne lontana dalla chiesa e dai sacramenti: l'eroica fanciulla resisté a tutto, e soffrì con gioia per il suo Gesù. «Trattata, ci raccontava, come l'ultima delle domestiche, sia nel vestire, che nel nutrimento; totalmente separata dai miei, occupata in lavori ai quali non ero mai stata abituata, privata della Messa e dei sacramenti, biasimata perfino dal mio confessore, che considerava la mia decisione solo testardaggine; abbandonata da tutti, condannata da tutti, la mia anima so-vrabbondava di gioia; il mio coraggio cresceva in misura delle dure prove, perché mi dicevo che le mie sofferenze non erano minimamente paragonabili a quelle di Gesù. Mi sembrava che un uccellino cantasse sempre nel mio cuore».
Dopo tre mesi di questa umiliante vita, il desiderio di rivedere suo fratello la spinse a scrivergli, affinché venisse a trovarla. Fece scrivere la lettera e la portò ad un Turco, antico domestico dello zio, il quale abitava poco lontano dalla casa e doveva recarsi nel paese di Paolo. Conoscendo bene la madre e la moglie di quest'uomo, Maria non temette di andare a trovarlo da sola. Dopo avere consegnato la sua lettera, la fanciulla avrebbe voluto andarsene; ma quelle persone la invitarono subito a condividere la loro cena, ed ella accettò solo per fare loro piacere. Era quasi notte. Naturalmente, si parlò della situazione ingiusta e crudele che Maria subiva a causa dello zio. Il Turco biasimò questa condotta con forza e con un fervore indomabile passò presto a biasimare anche la religione cristiana. Maria, le disse con calore, perché restare fedele ad una religione che ispira simili sentimenti? Abbraccia la nostra. «Mai, gridò Maria con un'energia sovrumana; io sono figlia della Chiesa cattolica, apostolica e romana, e spero, con la grazia di Dio, di perseverare fino alla morte nella mia religione che è la sola vera». Il Turco ferito nel suo fanatismo e divorato dalla rabbia, con un calcio rovesciò Maria a terra, e impugnando la sua scimitarra, le tagliò la gola. Aiutato dalla madre e dalla moglie, il bar-baro avvolse la ragazza nel suo grande velo, e portatala fuori, la gettò, favorito dalle tenebre, in un luogo abbandonato. Era il 7 settembre 1858.

Mentre questo crimine si consumava sul corpo di Maria, la sua anima fu rapita: 
«Mi sembrava, raccontava, di essere in Cielo: vedevo la santa Vergine, gli angeli e i santi che mi accoglievano con una grande bontà; vedevo anche i miei genitori in mezzo a loro. Contemplavo il trono fulgido della Santa Trinità, e Gesù Cristo nostro Signore nella sua umanità. Non vi erano né sole, né lampade, eppure tutto brillava di un chiarore indescrivibile. Gioivo di tutto quello che vedevo, quando, ad un tratto, qualcuno venne da me per dirmi: Tu sei vergine, è vero, ma il tuo libro non è ancora finito. 
Aveva appena finito di parlare, che la visione scomparve, e io rin-venni. 
Mi trovai, trasportata senza sapere né come né grazie a chi, in una piccola grotta solitaria. Coricata su un povero letto, vidi accanto a me una religiosa, che aveva avuto la carità di cucirmi la ferita del collo. Non l'ho mai vista né mangiare né dormire. Sempre accanto al mio capezzale, in silenzio mi curava con il più grande affetto. Era vestita di un bell'abito ceruleo, trasparente e come cangiante; il velo era dello stesso colore. Ho visto da allora molti vestiti religiosi diversi, ma nessuno che assomigliasse al suo. Quanto tempo trascorsi in quel luogo? non saprei dirlo con precisione; credo di esservi rimasta circa un mese. Non mangiai nulla durante quel periodo, a rari intervalli, la religiosa si limitava a inumidirmi le labbra con una spugna candida come la neve. Mi faceva dormire quasi continuamente.
L'ultimo giorno, questa religiosa mi servì una zuppa così buona, come non ne ho mai più mangiato. Terminata la porzione, gliene chiesi una seconda. Allora la religiosa, rompendo il silenzio, mi disse: Maria, è abbastanza per il momento; più tardi te la darò di nuovo. Ricordati di non essere come quelle persone che credono... 

' Maria non poteva rifiutare l'invito, essendo un rifiuto di tal genere contrario alle usanze della civiltà orientale.
Facciamo osservare a questo punto che Maria ha sempre chiamato l'estasi un sonno.

...di non avere mai abbastanza. Dici sempre: è abbastanza, e il buon Dio, che vede tutto, veglierà su tutti i tuoi bisogni. Sii sempre contenta, malgrado tutto ciò che dovrai soffrire, e Dio, che è così buono, ti farà avere il necessario. Non ascoltare mai il demonio, diffida sempre di lui, poiché è troppo furbo. Quando chiederai qualche cosa a Dio, non te la darà sempre subito, allo scopo di metterti alla prova e di vedere se lo ami ugualmente; e poi, un po' più tardi, te l'accorderà, basta che tu sia sempre contenta e che lo ami. Maria, Maria, non dimenticare mai le grazie che il Signore ti ha fatto. Allorquando ti capiterà qualcosa di spiacevole, pensa che è Dio che lo vuole. Sii sempre piena di carità verso il prossimo; dovrai amarlo più di te stessa.
Non rivedrai mai più la tua famiglia; andrai in Francia, dove ti farai religiosa; sarai figlia di san Giuseppe prima di diventare figlia di santa Teresa. Prenderai l'a-bito del Carmelo in una casa, farai la professione in una seconda, e morirai in urta terza, a Betlemme.
1 tuoi parenti ti cercheranno; tu stessa sarai tentata di farti riconoscere. Guar-datene bene, perché altrimenti non avrai più la tua zuppa.
Soffrirai molto durante la tua vita, sarai un segno di contraddizione.
Sì, ci diceva Maria sul battello che la trasportava a Betlemme con le sue compagne, la religiosa che mi aveva curato dopo il mio martirio e che, adesso so essere la santissima Vergine, mi aveva predetto tutto quello che mi è accaduto fino ad oggi. Un solo punto non si è realizzato; mi aveva assicurato che sarei morta tre anni dopo la mia professione. I tre anni sono trascorsi, ed eccomi ancora, ahimè! in questo esilio».

Il lettore immagina senza dubbio che la vita di questa suora è stata misericordiosamente prolungata, come vedremo in seguito.
Maria era guarita, ma la traccia della profonda ferita rimase sempre visibile sul collo, così come testimoni degni di fede poterono osservare alla sua morte, sopraggiunta venti anni dopo. La cicatrice misurava circa dieci centimetri di lunghezza e un centimetro di larghezza. La pelle era completamente bianca e più delicata che nelle parti circostanti.

La religiosa condusse allora Maria in una chiesa di Alessandria per farla con-fessare: «Attendimi, le disse la bambina; per carità, non mi abbandonare». Ella sor-rise senza rispondere. «La mia confessione durò poco, ci raccontava Maria. Non avevo niente che mi pesasse sulla coscienza. Come avrei mai potuto commettere peccati in compagnia di una religiosa così santa? Dopo la confessione, corsi nel po-sto dove l'avevo lasciata, ma non la trovai. Uscì per cercarla, tuttavia i miei occhi non la videro da nessuna parte; ma il suo viso e le sue parole sono sempre rimaste impresse nella mia anima. Ero sola sulla terra, sola, come una goccia d'acqua. Il mio cuore non resisté più e scoppiai in singhiozzi. Il confessore venne per chieder-mi la causa delle mie lacrime. Presa dal mio grande dolore, non potei che rispondergli: Se n'è andata, e mi ha lasciata. Chi ti ha lasciata? La religiosa che mi ha accompagnato qui. Ma da dove vieni? Chi sei? Mi ha proibito di dirlo. Ahimè, bambina mia, mi disse il sacerdote sospirando, non sei la sola infelice. Conosco in questa città una famiglia immersa nella più grande desolazione. Questa famiglia aveva accolto una nipote, chiamata Maria, e l'aveva trattata come una figlia. Era stata offerta a questa fanciulla una proposta di matrimonio onorevole; il giorno delle nozze era fissato, fra la grande gioia di tutti, quando la fidanzata scomparve. Era uscita sul far della notte e non è più tornata. Tutte le ricerche per rintracciarla si sono rivelate infruttuose. Si teme una seduzione d'amore. La famiglia ha appena lasciato Alessandria, per nascondere tale vergogna».
Più il sacerdote parlava, più mi rendevo conto che la fanciulla di cui parlava, ero io. Mi accontentai di rispondere, dopo avere implorato l'aiuto della santa Vergine per non tradire il mio segreto: «La persona di cui parla non mi è del tutto sconosciuta; ma ho promesso di non rivelare mai il luogo dove si rifugia. Debbo ciò nonostante dirle che Maria non è stata sedotta: è consacrata a Dio». Bambina mia, gridò il sacerdote, dimmi dov'è Maria. Ti dico che non sei per niente tenuta a custodire questo segreto. Tu mi sembri molto povera, sii sicura che, se acconsentirai a parlare, sarai largamente ricompensata. «Sono povera, è vero, e per di più, orfana, ma il buon Dio non mi ha lasciato mai mancare il necessario. Non desidero le ricchezze terrene; i beni del Cielo mi bastano. Quanto a rivelare il segreto, non lo farò mai; Dio e la santa Vergine mi punirebbero». Il sacerdote parlò di Maria a un vescovo arabo di passaggio ad Alessandria. Maria raccontò a questo vescovo tutta la storia sotto il sigillo del segreto confessionale. Questi l'ascoltò con il più vivo in-teresse, la vesti in maniera conveniente, fece fare il suo ritratto e la portò in pellegrinaggio a Gerusalemme. Terminato il pellegrinaggio, il vescovo propose a Maria di condurla a Roma, promettendole di farla entrare in qualche casa religiosa. Il desiderio di rivedere suo fratello fu la causa per la quale rifiutò una proposta che tanto le sorrideva, e s'imbarcò per San Giovanni d'Acri. Ma avendo una tempesta furiosa impedito al battello d'arrivare a destinazione, la giovane fu costretta a ritornare ad Alessandria.
Per non essere riconosciuta, Maria prese allora un altro vestito e si fece domestica. Cambiava spesso casa, appena i suoi padroni le mostravano più stima. Le ca-se dove aveva sofferto di più erano quelle in cui rimaneva più a lungo. Le accadde di entrare al servizio di un parente che non la conosceva. Ella se ne accorse dai primi giorni; i suoi padroni non ebbero mai il minimo sospetto a riguardo. Come avrebbero potuto riconoscere la loro cugina in quella povera ragazza vestita alla maniera turca? La si incaricò della cucina e della cura dei bambini. Questi le si af-fezionarono ben presto, in maniera tale che l'impegno della cucina le fu tolto perché potesse dedicare loro tutto il suo tempo. Il cuore di Maria ne era a volte con-solato a volte addolorato; consolato dal fatto di poter curare i suoi cuginetti, addolorato per il fatto che non poteva rivelare loro il suo vero nome. Ogni giorno, udiva raccontare la storia della sua scomparsa. 1 suoi parenti, che si credevano disonorati a causa sua, non cessavano di lanciare su di lei ogni specie di maledizione. «Mai, ci diceva Maria, ho tanto sofferto. Provavo il più vivo affetto per quella famiglia, e non potevo rivelare il mio nome. I discorsi che udivo ferivano il mio animo ma dovevo tacere, per paura di dare l'allarme. Quanto mi è costato quel silenzio! Lo confesso per mia confusione, ero spinta alla confessione, mille volte fui tentata di farmi riconoscere. Pregavo la santa Vergine di sostenermi. Un giorno, durante il pa-sto, vedendo che la desolazione dei miei parenti era diventata più grande, scoppiai in lacrime. Stupiti di vedermi piangere (era la prima volta che mi capitava davanti a loro), mi chiesero la causa del mio dispiacere, poiché mi volevano molto bene. Ero sul punto di soccombere e di gridare, gettandomi nelle loro braccia: Sono Maria. La santa Vergine m'assistette in maniera visibile. Mi accontentai di rispondere: Piango al vedervi piangere. E siccome era stata letta a tavola una lettera che annunziava il prossimo arrivo di una mia zia che di certo mi avrebbe riconosciuto, li avvertii che dovevo lasciarli il giorno stesso. Malgrado le loro suppliche e le loro lacrime, raccolsi in fretta ciò che mi apparteneva, ed uscii coperta dal mio grande velo. Incrociai davanti alla porta questa zia, e la sentii che diceva a mio cugino: Chi è questa ragazza? Una spada ha trapassato la mia anima passando vicino a lei. Avrei voluto parlarle. Affrettai il passo e corsi a nascondermi da una mendicante. Dio permise che non sapessero trovarmi. Questo martirio durò tre mesi».

Maria fece per la seconda volta il pellegrinaggio in Terra Santa. Il Signore le inviò, durante questo viaggio, un essere soprannaturale sotto sembianza umana per accompagnarla e proteggerla. Questi, che ella non vide mai mangiare, le predisse come la religiosa tutto quello che le sarebbe successo fino alla morte, e le assicurò che sarebbe ritornata per morire a Betlemme. 
Un sacerdote che la conosceva, la sistemò in una eccellente famiglia di Gerusalemme. Durante il tempo che vi era a servizio, un bambino di diciotto mesi cadde dall'alto di una terrazza, sotto gli occhi della madre e di Maria. Lo si credette morto. Maria corse a rialzarlo, implorando su di lui la potente protezione della Vergine. Quando lo rimise nelle braccia della madre, questa si accorse che aveva solo una leggera contusione, e attribuì questa preservazione miracolosa alla santità della domestica. Ce n'era abbastanza per fare fuggire l'umile Maria. Riprese dunque il cammino per Giaffa, senza ascoltare le suppliche della sua padrona.
Appena uscita da Gerusalemme, vide due uomini che la seguivano. La fermarono: era accusata d'aver rubato alla sua padrona un diamante di grande valore. Trascinata con ignominia attraverso le vie della città santa, gettata in una prigione infetta in mezzo a molte donne di malaffare, ringraziò Gesù di umiliarla così come lui era stato umiliato nella sua Passione. Ma il Signore non tardò a prendere le sue difese. Due giorni dopo, la cameriera negra autrice del furto, che aveva accusato Maria, divenne folle, e nel suo delirio, confessò la sua colpa. Fu così che Maria venne provvidenzialmente riconosciuta innocente e rimessa in libertà.

Si imbarcò di nuovo per San Giovanni d'Acri, allo scopo di rivedere il fratello. Ancora una volta, una spaventosa tempesta costrinse il battello a spingersi a Beirut. Maria sembrava avere dimenticato le parole della religiosa che le aveva predetto che non avrebbe mai più rivisto il fratello; ma Dio si serviva di questi tentativi per compiere i suoi progetti. A Beirut, Maria entrò al servizio della famiglia Attala. Dopo sei mesi, divenne completamente cieca. La cecità durava da quaranta giorni, quando fece ricorso alla santa Vergine: «Vedi, Madre mia, disse Maria, quanta pena si prendono per me. Mi si cura come se fossi una figlia di casa, ma in conclusione, sono solo un carico per questa famiglia. Ah! se piacesse a te e al tuo divin Figlio di restituirmi la vista!». Quando concluse la preghiera, sentì qualcosa caderle dagli occhi e recuperò subito la vista, con grande stupore dei medici, i quali, tutti, avevano dichiarato il suo male incurabile. Cadendo, poco tempo dopo, dall'alto di una terrazza, tutto il suo corpo fu orribilmente martoriato. La signora Attala, la quale aveva constatato con ammirazione che un profumo delizioso emanava da tutta la sua persona, la curava da un mese come se fosse stata sua figlia, ma senza constatare miglioramenti del suo stato. La santissima Vergine apparve a Maria durante la notte: «Madre mia, gridò subito la fanciulla, per carità, prendimi con te». Maria, rispose la Vergine, non posso prenderti con me, perché il tuo libro non è ancora finito. Ti raccomando nel frattempo tre cose: un'ubbidienza cieca, una carità perfetta e un'immensa fiducia in Dio, senza alcuna preoccupazione per il domani o per tutto quello che può capitarti. La presenza della Madre di Dio aveva riempito la casa di una luce così abbagliante e di un profumo così soave che tutti accorsero al capezzale della malata e la trovarono guarita. Chiese di mangiare, lei che non aveva assunto alcuna sostanza dopo l'incidente. Tuttavia rimase ancora molto debole, ma questa debolezza, che la santissima Vergine le aveva lasciato come ricordo del suo stato disperato, scomparve presto. La notizia di questo miracolo si diffuse in tutto il paese, e se ne parlò a lungo con ammirazione.

Prima di proseguire il nostro racconto e di narrare come Maria arrivò in Francia, raccogliamo ancora alcuni fatti meravigliosi che riguardano quel periodo della sua vita.

Un giorno, nostro Signore la inviò da una signora per dirle di disfarsi di un vestito da ballo che le costava mille franchi. Avendo la signora messo in ridicolo questa comunicazione, Maria, spinta da una forte ispirazione, le disse: «Eh! sì, Signora, vi annuncio che la prossima volta che indosserete quest'abito morirete voi e il vostro bambino, bruciati».
Accadde proprio come Maria aveva predetto: il fuoco si attaccò al vestito della donna, poi all'appartamento dove abitava, infine fu bruciata lei ed anche il suo bambino che dormiva nella culla.

Un'altra volta, ad Alessandria, mentre Maria era sistemata presso una ricca signora, sentì raccontare della squallida, estrema miseria di una famiglia i cui membri erano malati e che nessuno aiutava. Subito, la generosa fanciulla chiese di potersi congedare. La donna, molto urtata, la seguì fino alle scale e la colpì di bastonate con una tale violenza, che Maria ne soffrì a lungo. Senza provare risentimento per questa violenza, Maria corse a stabilirsi nella sudicia camera occupata dalla povera famiglia. Il padre, la madre e i bambini giacevano nei letti infetti, che do-vette rinnovare. Notte e giorno, curò quegli infermi sfortunati con grande carità. Arrivò persino a mendicare per nutrirli e per vestirli. Infine, dopo quaranta giorni di questa eroica dedizione, ebbe la consolazione di vedere tutti i membri della famiglia completamente ristabiliti.

Durante uno dei suoi viaggi, Maria incontrò una fanciulla, chiamata Rosalia, che aveva furtivamente lasciato la sua ricca famiglia per rimanere vergine e vivere povera per Gesù Cristo. Benché non si fossero mai viste prima d'allora, Maria e Rosalia si chiamarono per nome, e trascorsero una notte deliziosa a parlare di Gesù, il loro unico amore. Si raccontarono tutta la loro vita, promettendosi mutuamente di custodire il segreto, per non essere scoperte e poter conservare il tesoro della verginità.
Fu nello stesso periodo che nostro Signore chiese a Maria di digiunare per un anno intero a pane ed acqua. La giovane non poteva decidersi a ciò finché non avesse ottenuto il permesso del suo confessore, perché molto debole e obbligata a lavorare per guadagnarsi da vivere. Alcuni giorni passarono in queste esitazioni. Allo scopo di vincere la sua resistenza, Dio permise che il suo stomaco non ritenesse alcun nutrimento; fece allora un tentativo di digiuno forzato, e siccome non trovò alcun ostacolo nel farlo, si decise a sottomettere il caso a un venerabile sacerdote, che l'autorizzò a proseguire la sua penitenza. Così fece, durante tutto il corso dell'anno, e la sua salute si mantenne florida.

Ascoltiamo ancora la serva di Dio riferire ciò che segue:
«Per mostrarvi la mia ignoranza vi racconto di orribili pensieri che mi assalirono, durante uno dei miei viaggi per mare. Mi credevo colpevole di tutti questi pensieri, considerandoli veri crimini. Così quando sbarcai, il mio primo pensiero fu di correre presso un confessore. Mi accusai, come se davvero avessi commesso tutti i peccati il cui pensiero si era presentato mio malgrado nel mio spirito. Il sacerdote mi fece una lunga e pressante esortazione per incitarmi al pentimento. Prima di assolvermi, mi chiese di promettere a Dio di correggermi. Gli risposi: Padre mio, mi è impossibile prometterglielo; volevo dire che non dipendeva da me il non avere più di questi pensieri. Convinto a causa della mia risposta, non solo dei miei crimini, ma anche della mia ostinazione, il ministro di Dio mi rimandò senza assolvermi, dopo avermi fatto le più terribili minacce. Io non sapevo più cosa fare; ero quasi disperata. 
Come sempre, implorai allora la mia buona Madre del Cielo. Sentii una voce dirmi: Va in tale via, entra in tale casa, sarai illuminata e consolata. Mi alzai, e arrivai nel luogo indicatomi. Bussai, e una voce dolce come se venisse dal Cielo, mi rispose: Entra. lo entrai, e mi trovai davanti una donna che mi disse: avvicinati, Maria. Sei inconsolabile, ma ti sbagli, poiché tu non sei colpevole. Maria, avere i più orribili pensieri non è peccato; il peccato non esiste fino a quando l'anima non vi acconsente. Tu ti sei dunque espressa male. Va di nuovo da quel confessore, e digli le cose nel modo che ti dirò adesso. Passai la notte con quella persona che mi conosceva molto bene e parlammo tutto il tempo di Gesù e del Cielo. L'indomani, di buon mattino, ero già ai piedi dello stesso sacerdote. Gli spiegai le cose così come la persona sconosciuta mi aveva insegnato a fare, e il confessore, invece di rimproverarmi, mi incoraggiò. 
Ascoltate ancora cosa mi è successo quand'ero in mare e ammirate la potenza della fede, persino in una peccatrice. Una tempesta furiosa si era levata; dopo inutili sforzi per resistere ai venti e ai flutti, il capitano ave-va dichiarato che tutte le speranze erano perdute. I passeggeri si gettarono nelle barche di salvataggio, in mezzo ad una confusione indescrivibile. Il capitano li contò, mancava all'appello una persona. Scese subito nelle cabine, e arrivò alla mia. Ero coricata e dormivo profondamente. Mi svegliò gridando: Alzati, vestiti, e sali su di una barca, siamo perduti. Mi vestii alla meglio e salii sul ponte. Mi sentii ispirata a pregare, dopo avere rimproverato a tutti la loro mancanza di fede. In ginocchio con gli occhi rivolti al cielo, dissi, stendendo le braccia: Signore Gesù, tu che sei potente, calma il mare. O potenza della fede! Lo credereste? La tempesta cessò, le onde si calmarono, e noi fummo salvi. Ecco ciò che Dio ha fatto attraverso una peccatrice come me, con un solo grido di fede. Ah! se noi avessimo la fede, una grande fede, otterremmo tutto da Dio».


Chissà quanti altri simili episodi la sua umiltà ha dovuto farle tacere. Quelli che noi abbiamo citato basteranno a convincere il lettore dell'ammirevole virtù di Maria.

AMDG et BVM
Sanguis Christi, in flagellatione profluens, 
salva nos

martedì 12 agosto 2014

PAROLE E CONSIGLI (FRAMMENTI) della B. Maria Baouardy


PAROLE E CONSIGLI (FRAMMENTI) 
RACCOLTI DURANTE LE SUE ESTASI 1873

Beato l'uomo che, malgrado tutto, persevera!... E guai a chi cede al primo ostacolo! Guai all'uomo, guai all'Ordine che cerca il suo onore, la sua reputazione, alle spese della gloria di Dio!

Piccolo gregge, non temere niente, sii piccolo. Non temere né il tuono, né la pioggia, né le montagne, niente potrà nuocere agli eletti del Signore!... Cammina­te sotto terra. Se volete essere grandi, siate piccoli. Non cercate la grandezza della creatura; colui che vi eleva oggi, vi abbasserà domani.

Chiamare la Chiesa: Madre mia... è mio onore. L'Agnello scende ad ogni ora, ad ogni istante. Andiamo, piccoli, andiamo ad adorarlo: beviamo il suo sangue, è la nostra vita, la gioia dei nostri cuori. Terra, trasali, è il tuo Salvatore!

Guai all'anima che cerca di penetrare il mistero di Dio!

Felice l'uomo che cerca la bassezza: l'inferno intero non può scuoterlo! Amate Dio, non cercate che Dio, tutto il resto è nulla!

Guai all'uomo che non contempla le opere del Signore!

Coloro che seguono Gesù, devono mettere la loro testa nella polvere... Guardate Gesù: Lui, il Signore del tuono, ha curvato la testa; lasciatelo agire; il Signore del tuono schiaccerà tutto quando sarà venuto il momento.

Coloro che danno schiaffi, preparano diamanti per la corona. Servite il Signore con pazienza e annientamento.


Non dite: Costui porta frutto, quello non ne porta. Quello di oggi non ne porterà domani e colui che non ne porta oggi ne porterà domani.


martedì 24 settembre 2013

BEATA Maria di Gesù Crocifisso Il cadavere ob­bedì a quell'ordine e la suora fu seppellita.



Mentre si terminava l'ultimo piano del monastero delle Carmelitane e che si costruiva nel giardino una lavanderia, ecc., la Madre Priora mi faceva entrare nel cantiere per sorve­gliare gli operai. C'era la piccola suora che serviva da interprete, perché essa sola sapeva parlare l'arabo. Di tanto in tanto, mi parlava di Gesù, del suo desiderio di andare presto da­ lui e, più volte, mi ripeté queste parole: «Padre, sento che Gesù mi chiama, andrò ben pre­sto a vederlo». 
Un giorno, come annoiato, gli dissi: Bah! Siete sempre la stessa; continua­mente mi dite che state per lasciarci, e il momento non arriva mai; affrettatevi, non vi restano che tre mesi. Sapevo che aveva annunciato in un'estasi che non sarebbe rimasta a Betlemme più di tre anni. Poco tempo dopo questa conversazione, portando due contenito­ri di acqua, uno in ogni mano, per fare bere gli operai, la suorina cade, salendo una scala provvisoria. La si trasporta nell'infermeria, si chiama il medico il quale constata che il braccio sinistro è rotto. Malgrado tutte le numerose cure delle buone suore e del medico, la cancrena si sviluppa rapidamente, e suor Maria di Gesù Crocifisso muore con la più per­fetta rassegnazione alla volontà di Dio. Alcune ore prima che morisse, andai a vederla nel­l'infermeria e le domandai ciò che pensasse della nostra possibile residenza a Betlemme. In quel momento si sollecitava dalla Santa Sede l'autorizzazione a fondare questa residen­za per il servizio spirituale al Carmelo. La piccola suora mi rispose in questi precisi termi­ni: «Ciò è fatto in Cielo, e per conseguenza, si farà sulla terra». Effettivamente, alcuni me­si dopo, la vigilia di Capodanno, secondo la mia abitudine, andai a porgere gli auguri di buon anno a Mons. Patriarca Bracco. Quando ebbi finito, mi disse: Ed io, ora vi annuncio che Bétharram è autorizzato da Roma a stabilire una residenza a Betlemme.
Ecco ciò che dichiaro e garantisco essere pura verità, e semplicemente redatta. Prospero Chirou prete del S.C. Dopo la morte di suor Maria di Gesù Crocifisso, parecchie carmelitane, sia a Be­tlemme, sia a Pau, hanno sentito dei profumi di una soavità tutta celeste, in parec­chi posti del loro monastero. Questo ci fa ricordare che, durante la sua vita, questi stessi deliziosi profumi emanavano a diverse riprese dal corpo della suora.

Le Dame di Nazareth a Chef-Amar, che possedevano un pezzo di tela intinta nel suo sangue, ci hanno scritto per attestare che emana un soave profumo.
Suo fratello Paolo, che lei non aveva potuto più rivedere dalla sua infanzia, ven­ne a suonare al Carmelo di Betlemme poco tempo dopo la sua morte. Ci parlò del­la sua prima infanzia; ci raccontò come lei era stata raccolta da uno zio paterno e la sua sparizione all'età di circa tredici anni.
Ci disse che aveva ricevuto la lettera di lei fatta scrivere in quel periodo, per in­vitarlo a venire a vederla, ma che non avendola trovata nella sua famiglia, ad Ales­sandria, egli aveva creduto, come tutti i suoi parenti, che li avesse ingannati.

Paolo Baouardy morì nel marzo 1890. Il sacerdote cattolico che lo ha assistito durante la sua morte, attestò a Don Sisha, allora curato latino di San Giovanni d'Acri, il quale l'ha affidato ad una lettera, che possiede il Carmelo di Betlemme, che tre giorni dopo il suo trapasso, sua sorella Maria di Gesù Crocifisso gli era ap­parsa e lo aveva avvertito che, fra tre giorni, egli non sarebbe più stato in questo mondo; il che si era verificato. 1 Greci cattolici che lo hanno assistito durante la sua agonia hanno raccontato tante volte ai suoi figli, Giorgio e Maria," che era me­ravigliato che non vedessero sua sorella, come lui. La camera era tutta profumata da odore di incenso; quella brava gente cercò in tutti gli angoli da dove potesse ve­nire questo profumo; essi non trovarono niente.
Ed è proprio questo profumo o quello di violetta che emana ancora qualche vol­ta, la biancheria delle sue stimmate.

*

Per completare questo capitolo, riferiremo ancora alcune guarigioni attribuite al­la Serva di Dio e che lasciamo all'Autorità competente di apprezzare.
Il medico che la curò durante la sua ultima malattia, ha assicurato che egli era stato guarito da un male orribile al piede, con la sola applicazione di un panno che aveva inzuppato lui stesso nel suo sangue.

La religiosa del Buon Pastore che l'aveva vista sotto forma di una colomba, ci scrisse che suo cognato era stato immediatamente guarito da un male alla mano che i medici dovevano amputare per evitare la cancrena, mediante l'applicazione di un panno intinto nel sangue di suor Maria di Gesù Crocifisso. Questo panno emanava un soave profumo.

Una giovane madre, dopo essere stata tutto un giorno in un incombente perico­lo, fu liberata non appena le si ebbe posato sopra un oggetto che era servito a suor Maria di Gesù Crocifisso (Pau, 1880).


Una religiosa, affetta da malattia di cuore e da vomiti continui, che l'avevano ri­dotta in uno stato di estrema debolezza, non riceveva alcun sollievo da tutte le cu­re del medico. Cominciò una novena per ottenere la sua guarigione per interces­sione di suor Maria di Gesù Crocifisso; fin dall' indomani, si produsse un sensibile miglioramento. Appese alla sua maglietta un sacchettino contenente dei capelli del­la suora, e, da quel momento, il vomito finì completamente. Da allora, malgrado le sue deboli forze, non ha mai cessato di assolvere il suo compito, e può perfino fa­re lezione senza alcun disturbo, cosa che non era stata capace di fare da parecchi anni. (San Maurizio, Yonne, 1881).


La signora P.., di Bayonne, scriveva, il 22 luglio 1881, alla Priora del Carmelo di Pau: "Che Dio sia esaltato nei suoi santi e sante! La santa figlia del Carmelo che ho avuto la gioia di conoscere e che invoco con fede e fiducia, ha avuto pietà di me e mi ha restituito la salute. Oh! quanto è potente, questa così buona suor Maria di Gesù Crocifisso! Sono penetrata della più viva riconoscenza, non ho parole per di­re tutto quello che provo per lei... Ben lo dico ad alta voce e vorrei renderlo pubblico ovunque; è lei che mi ha guarito, che mi ha restituito la salute che avevo per­duto da quattordici anni; oggi vivo come tutti... Ho la ferma fiducia che terminerà ciò che ho così ben cominciato, e che questa salute, che mi ha fatto recuperare, non servirà che per lavorare efficacemente".

Una giovane signora, pericolosamente ammalata, ebbe l'ispirazione di poggiare al suo collo un rosario che aveva avuto da suor Maria di Gesù Crocifisso; il perico­lo scomparve e le fu restituita la salute per la felicità dei suoi figli. (Marsiglia, 1882).


Prima della sua partenza per Betlemme, suor Maria di Gesù Crocifisso aveva detto a suor Agnese del Carmelo di Pau che il buon Dio avrebbe reso a sua sorella la sig.ra S... ciò che aveva fatto per la fondazione. Questa signora, aveva offerto pa­recchi doni per la sagrestia e la comunità. Alcuni anni più tardi, suo marito si am­malò; non era praticante, e allorché fu in pericolo, non gli si poteva parlare degli ultimi sacramenti. Un giorno, si sveglia come da un sonno e domanda un sacerdo­te. Da quel momento, pregava, era ammirevole per rassegnazione e pazienza in mezzo ad atroci sofferenze. Il Padre Berdoulet, prete del Sacro Cuore di Bétharram, che l'assisteva, gli mostrò un giorno la fotografia di suor Maria di Gesù Crocifisso che aveva già lasciato questa terra e che il malato non aveva mai visto. Appena la vide la prese e la baciò più volte dicendo: È lei che mi ha convertito, è proprio lei quella che mi ha convertito. Ed era fuori di sé per la gioia e la felicità. Fin dai pri­mi giorni di questa malattia, che suor Agnese ignorava, suor Maria di Gesù Croci­fisso la mise a conoscenza durante il suo sonno, dicendole che suo cognato stava per morire. Questa notizia le fu ben presto confermata dalla lettera di sua sorella.


I fatti seguenti avvennero perfino mentre suor Maria di Gesù Crocifisso era viva. Prima della sua partenza per l'India, nel mese di agosto 1870, una guarigione ebbe luogo in Inghilterra per sua intercessione. Il giovane sacerdote inglese che ne fu l'oggetto, aveva conosciuto la novizia a Pau. La sua straordinaria devozione ver­so il sacramento dell'Eucarestia e il suo grande amore di Dio stabilì tra la suora e lui una specie di parentela spirituale, utile a tutti e due. Nel luglio 1870, questo sa­cerdote cadde così gravemente ammalato a Londra, che i medici disperarono di po­terlo salvare. Egli fece gli ultimi saluti alla sua famiglia e ricevette gli ultimi sa­cramenti. A questo punto, arrivava dalla Francia una lettera, dettata da suor Maria di Gesù Crocifisso e contenente uno dei panni applicati sulla piaga sanguinante del suo costato. La novizia avendo appreso per vie soprannaturali lo stato del malato, gli scriveva che la volontà di Dio si opponeva a che egli morisse in quel momento, perché doveva ancora compiere una grande opera per la gloria dell'Altissimo. Il malato applicò il panno sul suo petto e si ritrovò subito guarito.


Una suora di San Giuseppe dell'Apparizione, molto conosciuta per la sua carità, ha attestato per iscritto il fatto seguente, che citiamo in seguito alla sua testimo­nianza.

Questa religiosa era stata mandata dai suoi Superiori nell'isola di Cipro nel gen­naio 1874. La sua salute era deplorevole e il suo stato non fece che aggravarsi, al­cuni mesi dopo, in seguito ad una forte febbre che ricompariva ogni quindici giorni seguita da vomiti di sangue. 1 medici consultati dichiararono che la suora era ti­sica e che aveva poco tempo da vivere. Questo triste stato si prolungò fino al 1876. In autunno il male peggiorò in modo tale che i medici prescrissero alla suora il ri­poso più assoluto e perfino di evitare qualsiasi movimento. La sua Superiora, ve­dendola come in agonia, mise più volte uno specchio davanti alla sua bocca per as­sicurarsi se respirava ancora. Le era stato detto di fare il sacrificio della sua vita ed aveva ricevuto il santo viatico: pronta al terribile passaggio, attendeva il suo ultimo momento con tranquillità. Ora, accadde che una notte, verso le undici di sera, vide suor Maria di Gesù Crocifisso, innalzata dal suolo ad una grande altezza, rapita da Dio, con le braccia in croce, di fronte a lei, in mezzo ad una luce che illuminava la camera come in pieno giorno. Aveva il suo abito di religiosa.
Quanto a me, dice suor N..., io non l'avevo mai vista e sapevo che era lei e sapevo che par­lava con il buon Dio, e non dormivo affatto. La chiamo col suo nome e mi risponde. Le dissi: Maria, domandate al buon Dio (sapevo che Egli era presente, ma non so come) se sto per mo­rire. Lei parlò a Nostro Signore; in quanto a me non vidi che lei e non sentii che lei. Dopo al­cuni secondi, mi disse: «No, non morrete giovane, avete da fare un gran bene!». Poi, gli dissi: Domandategli se persevererò nella mia santa vocazione fino alla morte. Mi rispose come la prima volta, dopo alcuni secondi: «con la grazia». Infine, mi rispose su tutto quanto ho do­mandato per la mia anima, poi disparve, e ciò che mi ha annunciato mi è realmente accaduto.
A partire da quel momento mi sono ristabilita. L'anno dopo, fui in grado di sopportare il viaggio e sono partita da Cipro per Giaffa. Ed ecco che le Carmelitane di Betlemme passava­no per Giaffa per andare a Nazareth. Quale non fu la mia felicità nel riconoscere Maria, ma ta­le e quale l'avevo vista a Cipro. Il buon Dio me ne è testimonio, perché è proprio per lui che scrivo tutto questo. Siamo state così contente di vederci, soprattutto io! Lei andò a Nazareth; al suo ritomo, mi disse: «Andate a Nazareth, voialtri, prima di noi». Poi aggiunse: «San Giu­seppe ama molto il vostro ordine». Mi disse ancora: «Tu non mi vedrai più». Mi disse del po­co tempo che le restava di vivere, mi annunciò la sua morte e il mese in cui doveva morire. Mi disse anche: «Dopo la mia morte, ti si manderà un ricordo». Effettivamente, un mese dopo la sua morte, la madre N... del Bambino Gesù mi scrisse una parolina e mi mandò una immagi­ne del Bambino Gesù. Suor Maria aveva talmente baciato i suoi piedi che vi si vedeva l'im­pronta delle sue labbra.

Ecco davanti a Dio ed unicamente per la sua più grande gloria, e come se lo dicessi al momento della mia morte, tutto quello che è avvenuto.
Gerusalemme, 30 ottobre 1895
Suor N..., religiosa di San Giuseppe dell'Apparizione 

Farà inoltre piacere leggere la seguente lettera di Mons. Valerga, nipote del pri­mo Patriarca di Gerusalemme.
Dopo molte esitazioni e resistenze causate dal fatto che mio zio, il Patriarca Valerga, era contrario alla entrata delle Carmelitane in Palestina, mi decisi infine a visitare queste reli­giose. Avevo appena oltrepassato la soglia' che fui accolto proprio da suor Maria di Gesù Crocifisso, che esclamò quasi scherzosamente: «Oh! ecco colui che non voleva venire a ve­dere le Carmelitane, ecco colui che non mi voleva vedere!». Aggiunse qualche altra parola che non ricordo e disse che andava ad avvertire la Superiora.
Costei venne e dopo una breve conversazione con lei, osservò: «Ma voi volete vedere senza dubbio suor Maria di Gesù Crocifisso?». Precisamente, lo desidero e persino ve lo domando. Ebbi allora con suor Maria di Gesù Crocifisso uno scambio di spiegazioni ri­guardo alle difficoltà che mio zio il Patriarca aveva fatto circa l'ingresso in Palestina delle Carmelitane di Pau.


Portai in seguito la conversazione nel campo dei pensieri intimi. Su tutto mi rispose be­ne, salvo su un punto, riguardo al quale mi disse che non poteva soddisfarmi subito, ma sol­tanto poco dopo. Si trattava di un sogno che, in quei giorni, mi aveva turbato, e in seguito al quale mi era parso che mia madre fosse passata all'altra vita. Poco dopo, mi venne pre­sentata la Comunità. Tutte le suore erano davanti a me e in mezzo ad esse, suor Maria di Gesù Crocifisso. Tutto a un tratto, lei guarda il cielo con occhi radiosi e qualche cosa di ce­leste nella fisionomia che era assolutamente nuovo per me e che mi causava una impres­sione della quale non sapevo rendermi conto: «Ti darò subito, mi disse, la risposta su ciò che mi hai chiesto»; era riguardo a mia madre e ad alcune altre cose segrete. Mi rassicurò ben presto: «Non credere ai sogni, mi disse, tua madre è ben viva». Ed effettivamente mia madre visse ancora parecchi anni, essendo morta nel 1890. Mi raccomandai poi alle sue preghiere ed lei mi sollecitò di ricordarmi di lei nelle mie, dicendo che dovevo ben farlo, poiché sarei stato io a doverla seppellire fra poco tempo. Non diedi, in quel momento, gran­de importanza a questa affermazione, ma ecco come essa si realizzò.


Bisogna dire che la vigilia della morte della suora, Monsignore era ritornato a Bethjal­lah, dopo aver amministrato gli ultimi sacramenti alla moribonda, e mi trovavo io stesso in questa località con molti altri sacerdoti del Patriarcato. La notizia della sua morte ci ar­rivò l'indomani. La sera di quel giorno, non era stato ancora deciso chi avrebbe fatto il ser­vizio funebre, la mattina seguente. Don Belloni passò questo onore al curato di Betlem­me: costui addusse a pretesto delle occupazioni. Don Emilio, Don Teofilo, Don G. Marta, non so per quali motivi, rifiutarono di fare la cerimonia. Alla fine, mi venne a cercare nel­la mia camera, ove ero già coricato e mi si impose piuttosto che pregarmi, di cantare la messa.
Feci dunque il servizio funebre e fu solamente allorquando, secondo il rituale Carmeli­tano, gettai un pugno di terra sulla bara della suora, che mi ricordai della profezia: «Sarai tu a seppellirmi»: ne fui talmente emozionato che non potei finire l'orazione. 1 partecipan­ti se ne accorsero.
La vigilia della morte della suora, un messo, recante una lettera di Don Belloni, si pre­sentò a Mons. Bracco, allora a Gerusalemme. Fu durante il pranzo, una domenica. La let­tera annunciava che suor Maria di Gesù Crocifisso era molto grave e desiderava vedere il Patriarca.
Finito il pasto, Monsignore partì; io lo accompagnai con un giannizzero. Alla porta del convento ci attendevano Don Belloni, il Padre curato di Betlemme e il Padre Guido. Il Pa­triarca si recò presso la malata e, avendola vista, concluse che era necessario amministarle senza ritardo il Santo Viatico.

Don Belloni passò questo onore al Padre Curato, e questi al Padre Guido. Non volendo nessuno dei tre assolvere a questo compito, si concluse che, essendo presente il primo Par­roco della diocesi, bisognava lasciare a lui quest'onore e questo dovere. Lo si pregò. Mon­signore accettò.

Fatto ciò, siccome il male peggiorava, si decise di dare l'Estrema Unzione all'ammala-
ta. Stessa discussione e stessa conclusione come per il Viatico; anche questa volta, Monsi­gnore accettò. Non si decideva a lasciare il capezzale della malata, e fu solamente a notte inoltrata che riprendemmo il cammino di Bethjallah.
Arrivati vicino alla tomba di Rachele, siccome camminavo ad una breve distanza da Mons. Bracco, lo vidi tutt'a un tratto fermarsi e battersi la fronte come preso da qualche co­sa di grave; poi esclamò: Ecco una profezia realizzata! Che avviene? gli dissi avvicinan­domi. Si è che la malata mi aveva profetizzato che le avrei dato il Viatico e l'Estrema Un­zione, e in effetti, le ho appena amministrato questi sacramenti.
L'indomani, ci si venne ad annunziare la morte di suor Maria di Gesù Crocifisso. Noto espressamente che Mons. Patriarca era molto riservato su tutte queste cose e che ha potuto essere il confidente di altre cose ancora delle quali non sono a conoscenza.

Ho sentito raccontare che in un giardino (a Pau o a Mangalore, non saprei dirlo), suor Maria di Gesù Crocifisso ebbe il cuore trafitto come lo si racconta di santa Teresa. Effetti­vamente, alcune ore dopo la sua morte, un certo Carpani, che faceva la professione di me­dico, venne a fare 1'espianto del cuore. Il cuore prelevato, lo si mise su un piatto, perché tutti potessero esaminarlo. Ero-presente con Don Belloni, Don Emilio, Don Teofilo, Don Giovanni Maria Marta, Don Riccardo Branca. Potemmo tutti constatare che il cuore porta­va la cicatrice di una ferita che si sarebbe detta prodotta da una lunga punta di ferro... Il cuore posto così su un piatto passava di mano in mano, di modo che tutti i sacerdoti pre­senti e le stesse religiose, poterono constatare questo fatto meraviglioso.
Potemmo constatare anche che, ai piedi e alle mani, la suora portava le cicatrici delle piaghe, simili a buchi. Su questo argomento, Don Belloni, confessore di suor Maria di Ge­sù Crocifisso, mi assicurò che, lei viva, quando si metteva in controluce una sua mano, si sarebbe detto che la carne ne era trapassata al posto delle stimmate.
Potemmo tutti inoltre constatare la traccia visibile di una larga ferita ricevuta al collo. Suor Cipriana (suora di San Giuseppe dell'Apparizione) mi ha raccontato che suor Maria di Gesù Crocifisso, trovandosi ad Alessandria, era stata colpita al collo dall'arma tagliente di un miserabile che la gettò in un fosso, ove sarebbe morta se la Santa Vergine non l'a­vesse salvata da questo pericolo.
Pochi giorni dopo la sepoltura, ho sentito raccontare che, essendo terminata l'operazio­ne di Carpani per 1'espianto del cuore, il cadavere aveva steso le braccia a forma di croce ed era rimasta in questa posizione fino a quando venne il momento di metterlo nella bara. La Madre Priora ordinò a questo punto al cadavere di piegare le braccia... Il cadavere ob­bedì a quell'ordine e la suora fu seppellita. 

lunedì 9 settembre 2013

Un giardino a forma di cuore.


I

«Ho visto, ella raccontava il primo giorno, un giardino a forma di cuore, que­sto giardino era secco, arido. Gli alberi erano disseccati, non avevano foglie; l'er­ba era bruciata. Mancavano l'acqua per dissetarsi, e l'aria per respirare. 

In segui­to, ho visto in lontananza Gesù, triste, sofferente, piangente, coperto di polvere, nella più grande angoscia. Mi è sembrato che io stessa, al vederlo, fossi caduta nella tristezza, nella sofferenza, nell'angoscia. In una parola, ho provato tutti i sen­timenti, tutte le impressioni che vedevo in Gesù. Mi sono prosternata ai suoi pie­di, ed ho asciugato le sue lacrime con le mie, mi sembrava almeno che fosse così. Dal profondo del cuore avrei voluto asciugare la polvere dei suoi piedi e quella che lo copriva. Gesù è entrato in questo giardino inaridito, ma non vi ha trovato né aria, né acqua, né ombra, ed è divenuto ancora più triste, più oppresso, più soffe­rente. 

Non vi è rimasto a lungo, uscito quasi subito da questo giardino è entrato in un altro, accanto. 

In questo, ha trovato del verde, fiori, alberi da frutto e frutti ma­turi. Tutti gli alberi erano verdi, coperti da un fogliame folto e ombroso. C'erano aria ed acqua in abbondanza, la terra era lì ben lavorata e umidificata. In questo giardino; Gesù è parso ritornare in salute, è diventato giovane, sorridente, ed ha detto: Qui fa bel tempo: c'è aria per respirare, acqua per dissetarsi, frutta per mangiare, ombra per riposarsi. Ed è rimasto a lungo in questo giardino e vi stava molto bene. 

Non comprendendo il senso di ciò che vedevo, mi sono rivolta a un giovane che mi guidava a Gesù, e gli ho chiesto quello che ciò significasse. 

Egli mi ha detto: Il secondo giardino rappresenta l'anima fedele e umile che riceve e conserva le acque della grazia, mentre il primo giardino, che non è lavorato, è il simbolo delle anime orgogliose, le quali non conservano per loro l'acqua della grazia, vittime delle lo­ro passioni che le bruciano. L'aria che si respira nel buon giardino è il simbolo del­le aspirazioni dell'anima verso Gesù: queste aspirazioni sono la sua vita. I fiori rappresentano le virtù dell'anima; i frutti, sono le buone opere, la mortificazione, la penitenza, con le quali essa guadagna altre anime a Gesù. Le foglie degli albe­ri raffigurano la carità con l'ombra che esse danno. La aridità e la durezza della terra del cattivo giardino rappresentano un cuore indurito».
Gesù Maria Amore
venite insieme nel mio cuore

domenica 8 settembre 2013

EPISODI che rivelano l'ammirevole virtù della piccola araba, la Beata Maria di Gesù Crocifisso, MARIA BAOUARDY-IL PICCOLO NULLA!



Ascoltiamo ancora la serva di Dio [ossia MARIA BAOUARDY, ora BEATA] riferire ciò che segue:

«Per mostrarvi la mia ignoranza vi racconto di orribili pensieri che mi assaliro­no, durante uno dei miei viaggi per mare. 

Mi credevo colpevole di tutti questi pen­sieri, considerandoli veri crimini. Così quando sbarcai, il mio primo pensiero fu di correre presso un confessore. Mi accusai, come se davvero avessi commesso tutti i peccati il cui pensiero si era presentato mio malgrado nel mio spirito. Il sacerdote mi fece una lunga e pressante esortazione per incitarmi al pentimento. Prima di as­solvermi, mi chiese di promettere a Dio di correggermi. 
Gli risposi: Padre mio, mi è impossibile prometterglielo; volevo dire che non dipendeva da me il non avere più di questi pensieri. Convinto a causa della mia risposta, non solo dei miei crimini, ma anche della mia ostinazione, il ministro di Dio mi rimandò senza assolvermi, dopo avermi fatto le più terribili minacce. Io non sapevo più cosa fare; ero quasi di­sperata. 

Come sempre, implorai allora la mia buona Madre del Cielo. Sentii una vo­ce dirmi: Va in tale via, entra in tale casa, sarai illuminata e consolata. Mi alzai, e arrivai nel luogo indicatomi. Bussai, e una voce dolce come se venisse dal Cielo, mi rispose: Entra. lo entrai, e mi trovai davanti una donna che mi disse: avvicina­ti, Maria. Sei inconsolabile, ma ti sbagli, poiché tu non sei colpevole. Maria, avere i più orribili pensieri non è peccato; il peccato non esiste fino a quando l'anima non vi acconsente. Tu ti sei dunque espressa male. Và di nuovo da quel confessore, e digli le cose nel modo che ti dirò adesso. Passai la notte con quella persona che mi conosceva molto bene e parlammo tutto il tempo di Gesù e del Cielo. 
L'indo­mani, di buon mattino, ero già ai piedi dello stesso sacerdote. Gli spiegai le cose così come la persona sconosciuta mi aveva insegnato a fare, e il confessore, invece di rimproverarmi, mi incoraggiò. 

Ascoltate ancora cosa mi è successo quand'ero in mare e ammirate la potenza della fede, persino in una peccatrice. 

Una tempesta fu­riosa si era levata; dopo inutili sforzi per resistere ai venti e ai flutti, il capitano ave­va dichiarato che tutte le speranze erano perdute. I passeggeri si gettarono nelle barche di salvataggio, in mezzo ad una confusione indescrivibile. Il capitano li contò, mancava all'appello una persona. Scese subito nelle cabine, e arrivò alla mia. Ero coricata e dormivo profondamente. Mi svegliò gridando: Alzati, vestiti, e sali su di una barca, siamo perduti. Mi vestii alla meglio e salii sul ponte. 

Mi sen­tii ispirata a pregare, dopo avere rimproverato a tutti la loro mancanza di fede. In ginocchio con gli occhi rivolti al cielo, dissi, stendendo le braccia: Signore Gesù, tu che sei potente, calma il mare. O potenza della fede! Lo credereste? La tempe­sta cessò, le onde si calmarono, e noi fummo salvi. Ecco ciò che Dio ha fatto at­traverso una peccatrice come me, con un solo grido di fede. Ah! se noi avessimo la fede, una grande fede, otterremmo tutto da Dio».

Chissà quanti altri simili episodi la sua umiltà ha dovuto farle tacere. Quelli che noi abbiamo citato basteranno a convincere il lettore dell'ammirevole virtù di Maria B. 

Cor Mariae Immaculatum, 
intercede pro nobis

giovedì 4 luglio 2013

Un episodio toccante

DIVINA PROVVIDENZA


Qui si colloca un episodio toccante che ella stessa (la beata Maria Baouardy) ci ha raccontato: 

«I miei pa­droni, ci diceva, erano molto buoni con me e mi dimostravano completa fiducia. In una circostanza, mi avevano incaricato di pagare i fornitori della casa. Ecco ciò che mi capitò. Avevo appena saldato tutti i conti e quando scesi in cucina mi accorsi che vicino a me c'era una donna il cui aspetto denotava la più profonda miseria: vederla mi sorprese, poiché avevo chiuso la porta e non avevo sentito nessuno aprirla di nuovo. Il mio stupore non fece che aumentare, quando la sconosciuta mi chiamò per nome: Maria, mi disse, con una voce molto dolce, fammi la carità, te ne scon­giuro, ho molti bambini che muoiono di fame. 

Signora, le risposi con viva emozio­ne, non posso darle niente di ciò che appartiene ai miei padroni. Ho cinquanta fran­chi, sono i miei guadagni; li prenda, per vestire e per nutrire i suoi bambini. E tu, Maria, che avrai dopo? non ti resterà nulla! Non si preoccupi, signora, non ho mai conservato del denaro, e Dio non mi ha mai lasciato mancare niente: accetti tutto dunque. Ella prese l'intera somma, ringraziandomi con slancio. Un istante dopo, mi girai e la donna era scomparsa, senza che la porta fosse stata aperta, e ritrovai sul tavolo i cinquanta franchi. 

Temendo d'avere trattenuto questo denaro sul conto di qualche fornitore, corsi per accertarmene: tutti i conti erano stati pagati. Certa al­lora che quella somma era la mia, la donai al primo povero che incontrai. 
Seppi più tardi che la sconosciuta era la santissima Vergine, che si era degnata di provare co­sì la generosità della sua piccola serva».


domenica 30 giugno 2013

Era qua­si notte. ... Era il 7 settembre 1858.



Dopo tre mesi di questa umiliante vita, il desiderio di rivedere suo fratello la spinse a scrivergli, affinché venisse a trovarla. Fece scrivere la lettera e la portò ad un Turco, antico domestico dello zio, il quale abitava poco lontano dalla casa e do­veva recarsi nel paese di Paolo. Conoscendo bene la madre e la moglie di que­st'uomo, Maria non temette di andare a trovarlo da sola. 

Dopo avere consegnato la sua lettera, la fanciulla avrebbe voluto andarsene; ma quelle persone la invitarono subito a condividere la loro cena, ed ella accettò solo per fare loro piacere. Era qua­si notte. Naturalmente, si parlò della situazione ingiusta e crudele che Maria subi­va a causa dello zio. Il Turco biasimò questa condotta con forza e con un fervore indomabile passò presto a biasimare anche la religione cristiana. 

"Maria, - le disse con calore - perché restare fedele ad una religione che ispira simili sentimenti? Ab­braccia la nostra". «Mai, - gridò Maria con un'energia sovrumana; - io sono figlia del­la Chiesa cattolica, apostolica e romana, e spero, con la grazia di Dio, di perseve­rare fino alla morte nella mia religione che è la sola vera». Il Turco ferito nel suo fanatismo e divorato dalla rabbia, con un calcio rovesciò Maria a terra, e impu­gnando la sua scimitarra, le tagliò la gola. Aiutato dalla madre e dalla moglie, il bar­baro avvolse la ragazza nel suo grande velo, e portatala fuori, la gettò, favorito dal­le tenebre, in un luogo abbandonato. Era il 7 settembre 1858.




Mentre questo crimine si consumava sul corpo di Maria, la sua anima fu rapita: «Mi sembrava, raccontava, di essere in Cielo: vedevo la santa Vergine, gli angeli e i santi che mi accoglievano con una grande bontà; vedevo anche i miei genitori in mezzo a loro. Contemplavo il trono fulgido della Santa Trinità, e Gesù Cristo no­stro Signore nella sua umanità. Non vi erano né sole, né lampade, eppure tutto bril­lava di un chiarore indescrivibile. Gioivo di tutto quello che vedevo, quando, ad un tratto, qualcuno venne da me per dirmi: Tu sei vergine, è vero, ma il tuo libro non è ancora finito. 

Aveva appena finito di parlare, che la visione scomparve, e io rin­venni. Mi trovai, trasportata senza sapere né come né grazie a chi, in una piccola grotta solitaria. 

Coricata su un povero letto, vidi accanto a me una religiosa, che aveva avuto la carità di cucirmi la ferita del collo. Non l'ho mai vista né mangiare né dormire. Sempre accanto al mio capezzale, in silenzio mi curava con il più gran­de affetto. Era vestita di un bell'abito ceruleo, trasparente e come cangiante; il ve­lo era dello stesso colore. Ho visto da allora molti vestiti religiosi diversi, ma nes­suno che assomigliasse al suo. 

Quanto tempo trascorsi in quel luogo? non saprei dirlo con precisione; credo di esservi rimasta circa un mese. Non mangiai nulla du­rante quel periodo, a rari intervalli, la religiosa si limitava a inumidirmi le labbra con una spugna candida come la neve. Mi faceva dormire quasi continuamente.