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L'accusa che, da Lutero ai giorni nostri, i Protestanti fanno ai Cattolici, è quella
di fare poco conto della Sacra Bibbia. Il Santo volle mostrare in modo concreto
ai settari la falsità della diceria: organizzò una solenne processione da SaintPompain a Villiers-en-Plaine ed egli recava sotto il baldacchino, al posto del SS.
Sacramento, il libro della Sacra Scrittura.
Fu il primo atto di quella missione iniziata nel Febbraio 1716. E' per noi una
delle più interessanti perché su di essa possediamo un documento
importantissimo: la relazione giurata stesa nel 1749 da certa Madama D'Orion
e passata al P. Besnard. La citiamo integralmente perché il lettore, ancora una
volta, possa cogliere nella sua vera luce il ritrattò genuino e naturale del
grande missionario.
«Il Signor d'Orion ed io non dimoravamo allora nel castello di Villiers, vi
tenevamo solo dei domestici, noi invece stavamo ad Orion. Avevo già
sentito parlar molto delle missioni del Montfort, in senso tutto favoloso e
maligno. Ci avevano detto che Monsignor di Champflour, Vescovo di La
Rochelle, mandava allora il Montfort a Villiers, parrocchia della sua
diocesi, per farvi la missione. Il mio primo pensiero fu di non andarvi,
non volendo essere spettatrice di tutte le arlecchinate che gli si
attribuivano.
Dopo aver riflettuto alcuni giorni su quel che farei o meno, pensai che
sarebbe stato meglio, per il buon esempio, di andarvi, dato anche che
mio marito era Signore di quel luogo e gli abitanti vedendo che il Signore
e la Dama non vi si trovavano, benché stessero a una lega di distanza ed
avessero sul posto tutte le comodità di un alloggio, avrebbero pensato
che guardassero con disprezzo quella missione, impedendone così il
frutto, il che io lo consideravo come un gran male.
Indussi dunque il Signor D'Odon a passare il tempo della missione a
Villiers, pur decisa nel mio interno a non fare la missione [cioè
partecipare solo esteriormente, ma senza confessarsi e comunicarsi] ed
anche ad esaminar bene quanto farebbe e direbbe il Montfort per
divertirmela dopo la missione. Egli non prese alloggio al castello, atteso
che neppure noi vi eravamo andati ad abitarvi. Collocò la sua
«Provvidenza» presso Madama di Villiers, suocera del defunto mio
marito.
Assistetti a tutti i sermoni, ed erano tre al giorno: uno la mattina presto,
un altro alle tre del pomeriggio e uno dopo il tramonto.
Mangiavamo quasi ogni giorno assieme, sia alla Provvidenza che era ben
fornita, sia a casa nostra al Castello; e a tutti i pasti egli teneva al suo
fianco un povero o due, che talvolta erano assai nauseanti. Egli divideva
con loro tutto quanto gli era servito nel piatto e sempre dava loro quel
che a suo parere era il pezzo migliore. Non beveva mai senza farne parte
ad essi e, finita la preghiera di ringraziamento, li abbracciava e li
conduceva nella strada tenendo il cappello sotto il braccio.
Dormiva in una camera nella quale però egli aveva completamente
smontata la lettiera, mettendovi al posto delle fascine di sarmenti, due
lenzuola ed una coperta; infatti io approfittai una volta della sua assenza
- e ci pensavo da tempo - per visitare il letto e lo trovai come ho detto.
In capo a quindici giorni, quando ebbi uditi tutti i suoi sermoni e
osservata la sua maniera di vivere: e la regolarità sua in tutti i suoi
momenti di orazione e di preghiere e le sue conversazioni, che erano
tutte molto gaie, molto edificanti e molto divertenti, nelle quali, anzi, io
spesso scherzavo apposta con lui per vedere se si arrabbiasse o se si
scandalizzasse delle sciocchezze che gli dicevo o che gli contavo, egli
invece scherzava a sua volta e mi faceva, ridendo, delle morali molto
affabili; in capo a quindici giorni, dico, mi sentii il cuore penetrato dal
desiderio di fare la mia missione. Avevo venticinque anni compiuti. Egli
non trovava mai, nel tribunale della penitenza, nessuno più criminale di
se stesso; era come un angelo mandato da Dio nel confessionale.
Attesto di non averlo mai veduto né udito dire in tutti i suoi sermoni nulla
che non fosse molto evangelico ed apostolico. Il numero dei sermoni od
esami, che egli faceva in pulpito, assomma per lo meno a
sessantaquattro. Non gli ho mai conosciuto nessun cattivo scrupolo né
per sé né per gli altri. Aveva solo quelli che convengono a un vero
cristiano e sempre molta dolcezza: benché fosse nato con un
temperamento vivacissimo, purè era sempre padrone di se stesso.
Il
giorno di carnevale [24 Febbraio quell'anno] fece piantare la croce nel
villaggio di Champ-Bertrand nella Parrocchia di Villiers: Madama de la
Porte Bouton l'aveva fatta fare e aveva pregato il Montfort di andare a
piantarla alla fine della missione. Essa ci servì il pranzo quel giorno e vi
fu un concorso di cinque o seicento persone che mangiarono presso
quella Signora. Intervennero, fra gli altri, anche una Dama e un Cavaliere
e, allorché il Montfort fu salito ai piedi della croce, come era solito fare,
per esortare il popolo ad esaltare questo segno della nostra redenzione, a
metà del discorso quella Dama e quel Cavaliere gli dissero tutte le
invettive possibili nella circostanza, chiamandolo anticristo, dicendogli
che seduceva il popolo per far denaro e non declamava che falsità e mille
altre cose, facendola durare un quarto d'ora e mezzo.
Il Montfort rimase come una statua con le mani giunte e, sopra, il suo
berretto, con tanta tranquillità come se avesse ascoltato un discorso utile
alla salute della propria anima, con gli occhi bassi, fino al momento in cui
quelle due persone si furono stancate di parlare. Allora egli scese dalla
Croce e andò a buttarsi in ginocchio e chiese loro perdono di quel che nel
suo discorso le avesse scandalizzate e costrette a offendere tanto Dio.
Quei due si sentirono presi da tanta vergogna, che se ne fuggirono senza
dir parola e il Montfort non volle mai che durante il pranzo se ne facesse
un cenno.
Trovandoci nel cortile del castello di Villiers, durante la missione, una
folla di preti, mio marito ed io con alcuni altri gentiluomini, all'uscire del
pranzo dal castello eravamo rimasti a otto o dieci passi dalla porta del
giardino. Il Montfort si staccò da noi ed entrò nel giardino. Avendo aperto
a metà la porta del giardino, mi accorsi che il domestico la tirava a sé
adagio adagio con aria di grande stupore. Un momento dopo egli aprì la
porta interamente, ritornò sui suoi passi e si recò nella scuderia dei
cavalli dove, quando quei signori che stavano con me furono partiti e il
Montfort fu di nuovo uscito dal giardino, entrai e trovai quel domestico
seduto sulla cassa nella quale si metteva l'avena dei cavalli.
Teneva
ancora le mani incrociate; mi disse che aveva ancora molta paura: aveva
veduto il Montfort inginocchiato nel viale dei carpini, di fronte alla porta
del giardino, con le braccia in croce e bisognava che fosse proprio un
Santo perché era levato da terra più di due piedi; egli non poteva capire
come mai potesse stare in ginocchio e non toccare la terra: credeva di
essersi ingannato la prima volta, ma aveva ben guardato due volte ed
era ben sicuro di questo, perché l'aveva veduto la seconda volta come la
prima. Non gli dissi altro se non che il Montfort era un buon prete.
Dissi questo al Signor Mulot, Priore di Saint-Pompain e al Signor Vatel ed
essi mi consigliarono di non parlarne affatto. E' perciò che non ne feci
parola neppure a lui stesso.
Riguardo alla sua morte, dandomi l'addio, egli mi disse: «Viva Dio!
Chiederò al Signore quella cosa con tante veglie, digiuni e preghiere che
Egli me la concederà. lo morrò prima che l'anno sia finito: ricordatevi di
quanto vi prometto». E difatti egli è morto prima che finisse quell'anno.
Ecco la verità di quanto ho veduto e so da me stessa e mi lusingo di dire
il vero: Dio m'è testimonio».
J. M. THEBAULT DORION la Vedova;
a Niort il 20 Agosto 1749 [BESNARD, II 168-175].
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