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LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI
MOTU PROPRIO
PORTA
FIDEI
DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XVI
CON LA QUALE SI INDICE L'ANNO DELLA
FEDE
1. La “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di
comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per
noi. E’ possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene
annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma.
Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la
vita. Esso inizia con il Battesimo (cfr Rm 6, 4), mediante il quale
possiamo chiamare Dio con il nome di Padre, e si conclude con il passaggio
attraverso la morte alla vita eterna, frutto della risurrezione del Signore Gesù
che, con il dono dello Spirito Santo, ha voluto coinvolgere nella sua stessa
gloria quanti credono in Lui (cfr Gv 17,22). Professare la fede nella
Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo – equivale a credere in un solo Dio che
è Amore (cfr 1Gv 4,8): il Padre, che nella pienezza del tempo ha inviato
suo Figlio per la nostra salvezza; Gesù Cristo, che nel mistero della sua morte
e risurrezione ha redento il mondo; lo Spirito Santo, che conduce la Chiesa
attraverso i secoli nell’attesa del ritorno glorioso del Signore.
2. Fin dall’inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho ricordato
l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre
maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo.
Nell’Omelia
della santa Messa per l’inizio del pontificato dicevo: “La Chiesa nel suo
insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per
condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso
l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in
pienezza” [1]. Capita ormai non di rado che i
cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali
e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un
presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non
è più tale, ma spesso viene perfino negato [2]. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto
culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede
e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori
della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte
persone.
3. Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta
nascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il
bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a
credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva (cfr
Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio,
trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno
di quanti sono suoi discepoli (cfr Gv 6,51). L’insegnamento di Gesù,
infatti, risuona ancora ai nostri giorni con la stessa forza: “Datevi da fare
non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la via eterna”
(Gv 6,27). L’interrogativo posto da quanti lo ascoltavano è lo stesso
anche per noi oggi: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”
(Gv 6,28). Conosciamo la risposta di Gesù: “Questa è l’opera di Dio: che
crediate in colui che egli ha mandato” (Gv 6,29). Credere in Gesù Cristo,
dunque, è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza.
4. Alla luce di tutto questo ho deciso di indire un Anno della fede.
Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura
del Concilio
Vaticano II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re
dell’Universo, il 24 novembre 2013. Nella data dell’11 ottobre 2012,
ricorreranno anche i vent’anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa
Cattolica, testo promulgato dal mio Predecessore, il Beato Papa Giovanni
Paolo II [3], allo scopo di illustrare a
tutti i fedeli la forza e la bellezza della fede. Questo documento, autentico
frutto del Concilio
Vaticano II, fu auspicato dal Sinodo Straordinario dei Vescovi del 1985 come
strumento al servizio della catechesi [4] e
venne realizzato mediante la collaborazione di tutto l’Episcopato della Chiesa
cattolica. E proprio l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è stata da me
convocata, nel mese di ottobre del 2012, sul tema de La nuova
evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Sarà quella
un’occasione propizia per introdurre l’intera compagine ecclesiale ad un tempo
di particolare riflessione e riscoperta della fede. Non è la prima volta che la
Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della fede. Il mio venerato
Predecessore il Servo di Dio Paolo VI ne indisse
uno simile nel 1967, per fare memoria del martirio
degli Apostoli Pietro e Paolo nel diciannovesimo centenario della loro
testimonianza suprema. Lo pensò come un momento solenne perché in tutta la
Chiesa vi fosse “un'autentica e sincera professione della medesima fede”; egli,
inoltre, volle che questa venisse confermata in maniera “individuale e
collettiva, libera e cosciente, interiore ed esteriore, umile e franca” [5]. Pensava che in tal modo la Chiesa intera
potesse riprendere “esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per
purificarla, per confermarla, per confessarla” [6]. I grandi sconvolgimenti che si verificarono in
quell’Anno, resero ancora più evidente la necessità di una simile celebrazione.
Essa si concluse con la Professione
di fede del Popolo di Dio [7], per
attestare quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il
patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e
approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in
condizioni storiche diverse dal passato.
5. Per alcuni aspetti, il mio venerato Predecessore vide questo Anno come una
“conseguenza ed esigenza postconciliare” [8],
ben cosciente delle gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla
professione della vera fede e alla sua retta interpretazione. Ho ritenuto che
far iniziare l’Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo
anniversario dell’apertura del Concilio
Vaticano II possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi
lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni
Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario
che essi vengano letti in maniera appropriata, che vengano conosciuti e
assimilati come testi qualificati e normativi del Magistero, all'interno della
Tradizione della Chiesa … Sento più che mai il dovere di additare il Concilio,
come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in
esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che
si apre” [9]. Io pure intendo ribadire con
forza quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo la mia
elezione a Successore di Pietro: “se lo leggiamo e recepiamo guidati da una
giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza
per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa” [10].
6. Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza
offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i
cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il
Signore Gesù ci ha lasciato. Proprio il Concilio, nella Costituzione dogmatica
Lumen
gentium, affermava: “Mentre Cristo, «santo, innocente, senza macchia»
(Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr 2Cor 5,21) e venne solo
allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr Eb 2,17), la Chiesa, che
comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di
purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del
rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del
mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore
fino a che egli venga (cfr 1Cor 11,26). Dalla virtù del Signore
risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le
difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in
mezzo al mondo, con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino
a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce” [11].
L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica
e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della
sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama
gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr
At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una
nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella
morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del
Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4).
Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla
radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità,
i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono
lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato
in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6)
diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita
dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor
5,17).
7. “Caritas Christi urget nos” (2Cor 5,14): è l’amore di Cristo
che colma i nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. Egli, oggi come allora,
ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli
della terra (cfr Mt 28,19). Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli
uomini di ogni generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole
l’annuncio del Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo. Per questo anche oggi
è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova
evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo
nel comunicare la fede. Nella quotidiana riscoperta del suo amore attinge forza
e vigore l’impegno missionario dei credenti che non può mai venire meno. La
fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e
quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rende
fecondi, perché allarga il cuore nella speranza e consente di offrire una
testimonianza capace di generare: apre, infatti, il cuore e la mente di quanti
ascoltano ad accogliere l’invito del Signore di aderire alla sua Parola per
diventare suoi discepoli. I credenti, attesta sant’Agostino, “si fortificano
credendo” [12]. Il santo Vescovo di Ippona
aveva buone ragioni per esprimersi in questo modo. Come sappiamo, la sua vita fu
una ricerca continua della bellezza della fede fino a quando il suo cuore non
trovò riposo in Dio [13]. I suoi numerosi
scritti, nei quali vengono spiegate l’importanza del credere e la verità della
fede, permangono fino ai nostri giorni come un patrimonio di ricchezza
ineguagliabile e consentono ancora a tante persone in ricerca di Dio di trovare
il giusto percorso per accedere alla “porta della fede”.
Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza; non c’è altra
possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un
crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande
perché ha la sua origine in Dio.
8. In questa felice ricorrenza, intendo invitare i Confratelli Vescovi di
tutto l’orbe perché si uniscano al Successore di Pietro, nel tempo di grazia
spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono prezioso della
fede. Vorremmo celebrare questo Anno in maniera degna e feconda. Dovrà
intensificarsi la riflessione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo
a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo,
soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che l’umanità sta
vivendo. Avremo l’opportunità di confessare la fede nel Signore Risorto nelle
nostre Cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo; nelle nostre case e presso
le nostre famiglie, perché ognuno senta forte l’esigenza di conoscere meglio e
di trasmettere alle generazioni future la fede di sempre. Le comunità religiose
come quelle parrocchiali, e tutte le realtà ecclesiali antiche e nuove,
troveranno il modo, in questo Anno, per rendere pubblica professione del
Credo.
9. Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione
a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia
e speranza. Sarà un'occasione propizia anche per intensificare la
celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia,
che è “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da
cui promana tutta la sua energia” [14]. Nel
contempo, auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca
nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata,
vissuta e pregata [15], e riflettere sullo
stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio,
soprattutto in questo Anno.
Non a caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria
il Credo. Questo serviva loro come preghiera quotidiana per non
dimenticare l’impegno assunto con il Battesimo. Con parole dense di significato,
lo ricorda sant’Agostino quando, in un’Omelia sulla redditio
symboli, la consegna del Credo, dice: “Il simbolo del santo mistero
che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le
parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il
fondamento stabile che è Cristo Signore … Voi dunque lo avete ricevuto e reso,
ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere
nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e
anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore” [16].
10. Vorrei, a questo punto, delineare un percorso che aiuti a comprendere in
modo più profondo non solo i contenuti della fede, ma insieme a questi anche
l’atto con cui decidiamo di affidarci totalmente a Dio, in piena libertà.
Esiste, infatti, un’unità profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a
cui diamo il nostro assenso. L’apostolo Paolo permette di entrare all’interno di
questa realtà quando scrive: “Con il cuore … si crede … e con la bocca si fa la
professione di fede” (Rm 10,10). Il cuore indica che il primo atto con
cui si viene alla fede è dono di Dio e azione della grazia che agisce e
trasforma la persona fin nel suo intimo.
L’esempio di Lidia è quanto mai eloquente in proposito. Racconta san Luca che
Paolo, mentre si trovava a Filippi, andò di sabato per annunciare il Vangelo ad
alcune donne; tra esse vi era Lidia e il “Signore le aprì il cuore per aderire
alle parole di Paolo” (At 16,14). Il senso racchiuso nell’espressione è
importante. San Luca insegna che la conoscenza dei contenuti da credere non è
sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona, non è aperto
dalla grazia che consente di avere occhi per guardare in profondità e
comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio.
Professare con la bocca, a sua volta, indica che la fede implica una
testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che
credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Signore per
vivere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle
ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della libertà, esige
anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. La Chiesa nel giorno di
Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del credere e
dell’annunciare senza timore la propria fede ad ogni persona. È il dono dello
Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra testimonianza,
rendendola franca e coraggiosa.
La stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario.
E’ la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Comunità
cristiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace dell’ingresso nel popolo
dei credenti per ottenere la salvezza. Come attesta il Catechismo della Chiesa
Cattolica: “«Io credo»; è la fede della Chiesa professata personalmente
da ogni credente, soprattutto al momento del Battesimo. «Noi crediamo» è la fede
della Chiesa confessata dai Vescovi riuniti in Concilio, o più generalmente,
dall’assemblea liturgica dei fedeli. «Io credo»: è anche la Chiesa nostra Madre,
che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire «Io credo», «Noi
crediamo»” [17].
Come si può osservare, la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per
dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e
la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa. La conoscenza della fede
introduce alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio. L’assenso che
viene prestato implica quindi che, quando si crede, si accetta liberamente tutto
il mistero della fede, perché garante della sua verità è Dio stesso che si
rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore [18].
D’altra parte, non possiamo dimenticare che nel nostro contesto culturale
tante persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in
una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro
esistenza e sul mondo. Questa ricerca è un autentico “preambolo” alla fede,
perché muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio. La stessa
ragione dell’uomo, infatti, porta insita l’esigenza di “ciò che vale e permane
sempre” [19]. Tale esigenza costituisce un
invito permanente, inscritto indelebilmente nel cuore umano, a mettersi in
cammino per trovare Colui che non cercheremmo se non ci fosse già venuto
incontro [20]. Proprio a questo incontro la
fede ci invita e ci apre in pienezza.
11. Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, tutti
possono trovare nel Catechismo della Chiesa
Cattolica un sussidio prezioso ed indispensabile. Esso costituisce uno
dei frutti più importanti del Concilio
Vaticano II. Nella Costituzione Apostolica Fidei
depositum, non a caso firmata nella ricorrenza del trentesimo
anniversario dell’apertura del Concilio
Vaticano II, il Beato Giovanni
Paolo II scriveva: “Questo Catechismo apporterà un contributo molto
importante a quell’opera di rinnovamento dell’intera vita ecclesiale… Io lo
riconosco come uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione
ecclesiale e come una norma sicura per l’insegnamento della fede” [21].
E’ proprio in questo orizzonte che l’Anno della fede dovrà esprimere
un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della
fede che trovano nel Catechismo della Chiesa
Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. Qui, infatti, emerge
la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei
suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai
Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il
Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa
ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai
credenti nella loro vita di fede.
Nella sua stessa struttura, il Catechismo della Chiesa
Cattolica presenta lo sviluppo della fede fino a toccare i grandi temi
della vita quotidiana. Pagina dopo pagina si scopre che quanto viene presentato
non è una teoria, ma l’incontro con una Persona che vive nella Chiesa. Alla
professione di fede, infatti, segue la spiegazione della vita sacramentale,
nella quale Cristo è presente, operante e continua a costruire la sua Chiesa.
Senza la liturgia e i Sacramenti, la professione di fede non avrebbe efficacia,
perché mancherebbe della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani.
Alla stessa stregua, l’insegnamento del Catechismo sulla vita morale
acquista tutto il suo significato se posto in relazione con la fede, la liturgia
e la preghiera.
12. In questo Anno, pertanto, il Catechismo della Chiesa
Cattolica potrà essere un vero strumento a sostegno della fede,
soprattutto per quanti hanno a cuore la formazione dei cristiani, così
determinante nel nostro contesto culturale. A tale scopo, ho invitato la Congregazione
per la Dottrina della Fede, in accordo con i competenti Dicasteri della
Santa Sede, a redigere una Nota, con cui offrire alla Chiesa ed ai
credenti alcune indicazioni per vivere quest’Anno della fede nei modi più
efficaci ed appropriati, al servizio del credere e dell’evangelizzare.
La fede, infatti, si trova ad essere sottoposta più che nel passato a una
serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità che,
particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle
conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto
timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun
conflitto perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità [22].
13. Sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia
della nostra fede, la quale vede il mistero insondabile dell’intreccio tra
santità e peccato. Mentre la prima evidenzia il grande apporto che uomini e
donne hanno offerto alla crescita ed allo sviluppo della comunità con la
testimonianza della loro vita, il secondo deve provocare in ognuno una sincera e
permanente opera di conversione per sperimentare la misericordia del Padre che a
tutti va incontro.
In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà
origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,2): in lui trova
compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la
risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti
all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto
trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del
condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua
Risurrezione. In lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce
gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di
salvezza.
Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che
sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione (cfr Lc
1,38). Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per
le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui (cfr Lc 1,46-55).
Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta
la verginità (cfr Lc 2,6-7). Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù
in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode (cfr Mt 2,13-15). Con
la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fin sul
Golgota (cfr Gv 19,25-27). Con fede Maria assaporò i frutti della
risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore (cfr Lc
2,19.51), lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo
Spirito Santo (cfr At 1,14; 2,1-4).
Per fede gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro (cfr
Mc 10,28). Credettero alle parole con le quali annunciava il Regno di Dio
presente e realizzato nella sua persona (cfr Lc 11,20). Vissero in
comunione di vita con Gesù che li istruiva con il suo insegnamento, lasciando
loro una nuova regola di vita con la quale sarebbero stati riconosciuti come
suoi discepoli dopo la sua morte (cfr Gv 13,34-35). Per fede andarono nel
mondo intero, seguendo il mandato di portare il Vangelo ad ogni creatura (cfr
Mc 16,15) e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della
risurrezione di cui furono fedeli testimoni.
Per fede i discepoli formarono la prima comunità raccolta intorno
all’insegnamento degli Apostoli, nella preghiera, nella celebrazione
dell’Eucaristia, mettendo in comune quanto possedevano per sovvenire alle
necessità dei fratelli (cfr At 2,42-47).
Per fede i martiri donarono la loro vita, per testimoniare la verità del
Vangelo che li aveva trasformati e resi capaci di giungere fino al dono più
grande dell’amore con il perdono dei propri persecutori.
Per fede uomini e donne hanno consacrato la loro vita a Cristo, lasciando
ogni cosa per vivere in semplicità evangelica l’obbedienza, la povertà e la
castità, segni concreti dell’attesa del Signore che non tarda a venire. Per fede
tanti cristiani hanno promosso un’azione a favore della giustizia per rendere
concreta la parola del Signore, venuto ad annunciare la liberazione
dall’oppressione e un anno di grazia per tutti (cfr Lc 4,18-19).
Per fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età, il cui nome è
scritto nel Libro della vita (cfr Ap 7,9; 13,8), hanno confessato la
bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare
testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione,
nella vita pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai quali furono
chiamati.
Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù,
presente nella nostra esistenza e nella storia.
14. L’Anno della fede sarà anche un’occasione propizia per
intensificare la testimonianza della carità. Ricorda san Paolo: “Ora dunque
rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di
tutte è la carità!” (1Cor 13,13). Con parole ancora più forti - che da
sempre impegnano i cristiani - l’apostolo Giacomo affermava: “A che serve,
fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può
forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del
cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e
saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così
anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario
uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza
le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede»” (Gc
2,14-18).
La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un
sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda,
così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino. Non pochi
cristiani, infatti, dedicano la loro vita con amore a chi è solo, emarginato o
escluso come a colui che è il primo verso cui andare e il più importante da
sostenere, perché proprio in lui si riflette il volto stesso di Cristo. Grazie
alla fede possiamo riconoscere in quanti chiedono il nostro amore il volto del
Signore risorto. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40): queste sue parole
sono un monito da non dimenticare ed un invito perenne a ridonare quell’amore
con cui Egli si prende cura di noi. E’ la fede che permette di riconoscere
Cristo ed è il suo stesso amore che spinge a soccorrerlo ogni volta che si fa
nostro prossimo nel cammino della vita. Sostenuti dalla fede, guardiamo con
speranza al nostro impegno nel mondo, in attesa di “nuovi cieli e una terra
nuova, nei quali abita la giustizia” (2Pt 3,13; cfr Ap 21,1).
15. Giunto ormai al termine della sua vita, l’apostolo Paolo chiede al
discepolo Timoteo di “cercare la fede” (cfr 2Tm 2,22) con la stessa
costanza di quando era ragazzo (cfr 2Tm 3,15). Sentiamo questo invito
rivolto a ciascuno di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è
compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le
meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi
nell’oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo
della presenza del Risorto nel mondo. Ciò di cui il mondo oggi ha
particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella
mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la
mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha
fine.
“La Parola del Signore corra e sia glorificata” (2Ts 3,1): possa
questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo
Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la
garanzia di un amore autentico e duraturo. Le parole dell’apostolo Pietro
gettano un ultimo squarcio di luce sulla fede: “Perciò siete ricolmi di gioia,
anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove,
affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro –
destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria
e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto
e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e
gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime”
(1Pt 1,6-9). La vita dei cristiani conosce l’esperienza della gioia e
quella della sofferenza. Quanti Santi hanno vissuto la solitudine! Quanti
credenti, anche ai nostri giorni, sono provati dal silenzio di Dio mentre
vorrebbero ascoltare la sua voce consolante! Le prove della vita, mentre
consentono di comprendere il mistero della Croce e di partecipare alle
sofferenze di Cristo (cfr Col 1,24), sono preludio alla gioia e alla
speranza cui la fede conduce: “quando sono debole, è allora che sono forte”
(2Cor 12,10). Noi crediamo con ferma certezza che il Signore Gesù ha
sconfitto il male e la morte. Con questa sicura fiducia ci affidiamo a Lui:
Egli, presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno (cfr Lc 11,20)
e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in Lui come segno
della riconciliazione definitiva con il Padre.
Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata “beata” perché “ha creduto” (Lc
1,45), questo tempo di grazia.
Dato a Roma, presso San Pietro, l’11 ottobre dell’Anno 2011, settimo di
Pontificato.
Benedetto XVI
[1] Omelia
per l’inizio del ministero petrino del Vescovo di Roma (24
aprile 2005): AAS 97(2005), 710.
[2] Cfr BENEDETTO XVI, Omelia
S. Messa al Terreiro do Paço, Lisbona (11 maggio 2010):
Insegnamenti VI,1(2010), 673.
[3] Cfr GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei
depositum (11 ottobre 1992): AAS 86(1994), 113-118.
[4] Cfr Rapporto finale del Secondo
Sinodo Straordinario dei Vescovi (7 dicembre 1985), II, B, a, 4: in
Enchiridion Vaticanum, vol. 9, n. 1797.
[5] PAOLO VI, Esort. ap. Petrum
et Paulum Apostolos, nel XIX centenario del martirio dei Santi Apostoli
Pietro e Paolo (22 febbraio 1967): AAS 59(1967), 196.
[6] Ibid., 198.
[7] PAOLO VI, Solenne
Professione di fede, Omelia per la Concelebrazione nel XIX centenario
del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, a conclusione dell’ “Anno della
fede” (30 giugno 1968): AAS 60(1968), 433-445.
[8] ID., Udienza
Generale (14 giugno 1967): Insegnamenti V(1967), 801.
[9] GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo
millennio ineunte (6 gennaio 2001), 57: AAS 93(2001), 308.
[10] Discorso
alla Curia Romana (22
dicembre 2005): AAS 98(2006), 52.
[11] CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm.
sulla Chiesa Lumen
gentium, 8.
[12] De utilitate credendi,
1,2.
[13] Cfr AGOSTINO D’IPPONA,
Confessioni, I,1.
[14] CONC. ECUM. VAT. II, Cost. sulla
sacra liturgia Sacrosanctum
Concilium, 10.
[15] Cfr GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap.
Fidei
depositum (11 ottobre 1992): AAS 86(1994), 116.
[16] Sermo 215,1.
[17] Catechismo della Chiesa
Cattolica, 167.
[18] Cfr CONC. ECUM. VAT. I, Cost. dogm.
sulla fede cattolica Dei Filius, cap. III: DS 3008-3009; CONC. ECUM. VAT.
II, Cost. dogm. sulla divina rivelazione Dei
Verbum, 5.
[19] BENEDETTO XVI, Discorso
al Collège des Bernardins, Parigi (12 settembre 2008): AAS
100(2008), 722.
[20] Cfr AGOSTINO D’IPPONA,
Confessioni, XIII, 1.
[21] GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei
depositum (11 ottobre 1992): AAS 86(1994), 115 e 117.
[22] Cfr ID., Lett. enc. Fides
et ratio (14 settembre 1998), nn. 34 e106: AAS 91(1999), 31-32,
86-87.
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