"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
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domenica 25 aprile 2021
I tesori di Cornelio A Lapide: CIELO
I tesori di Cornelio A Lapide: CIELO: 1. Il cielo è il capolavoro di Dio. — 2. Differenza tra il cielo e la terra. — 3. Il cielo è la vera patria. — 4. Bellezze e ricchezze del c...
martedì 11 marzo 2014
HANNO CHIUSO IL CIELO
HANNO CHIUSO IL CIELO
Editoriale di Radicati nella fede, foglio di collegamento della chiesa di Vocogno e della cappella dell’Ospedale di Domodossola (dove si celebra la S. Messa tradizionale)
anno VII - MARZO 2014 n. 3
- impaginazione e neretti sono nostri -
È la liturgia che si deve adattare al tempo degli uomini, o è il tempo degli uomini che deve prendere la forma della liturgia cattolica?
Ci sembra che la questione cruciale sia tutta qui.
Un cristianesimo “modernistico” che vede le verità di fede emergere dal profondo della coscienza degli uomini, vorrebbe che la liturgia prendesse le mosse dal vissuto antropologico, dalla vita degli uomini, per celebrare la consapevolezza umana del proprio rapporto con Dio. In fondo è stata questa la linea vincente di questi anni: la liturgia ha sempre di più celebrato l’uomo, anche quando ha celebrato la fede dell’uomo. Insomma, la liturgia si è adattata alla vita del tempo. Risultato? Una tragedia! Dio e le cose eterne praticamente scomparse dalle chiese, per far posto alla fede dei credenti, che esprimono, commentano, interpretano quello che loro vivono nei confronti di Dio. La liturgia riformata parla nel migliore dei casi della Chiesa, ma quasi mai di Dio. E quando parla della Chiesa, lo fa più secondo l’ottica di “Popolo di Dio in cammino” che come “Corpo Mistico di Cristo”.
E guardate che non stiamo parlando di quelle sfacciate para-liturgie tutte sociali e umanamente impegnate dei catto-comunisti degli anni ‘70... parliamo piuttosto di quelle liturgie, di quelle messe, che oggi vanno per la maggiore nell’ufficialità delle diocesi, dove si parla di fede, di comunità credente, di popolo attorno al suo vescovo; di liturgie che celebrano questa comunità, ma nelle quali non si adora Dio presente e non ci si inabissa nel mistero della redenzione. È una sorta di neomodernismo liturgico che ha superato la tentazione marxista del solo impegno del mondo, ma che parlando di fede si sofferma sui credenti, ma non arriva mai a Dio, a Nostro Signore, alle verità eterne, alla questione della salvezza. È come se ci si fosse accorti che non si poteva andare avanti, come anni fa, in un cristianesimo orizzontale, e si è così approdati all'impegno sociale ecclesiale, per edificare la comunità dei credenti. In ogni caso l’errore è sempre lo stesso: partire dall’uomo e chiudere il Cielo.
Ma l’uomo ha proprio bisogno di questa auto-celebrazione della propria fede, o non è fatto piuttosto per inabissarsi in Dio?
No, la liturgia cattolica è cosa totalmente diversa: è l’irruzione del Cielo sulla terra ed è la porta aperta tra il Cielo e la terra!
Se volete tentiamo di dare due eloquenti immagini contrapposte, che dicono due concezioni diverse, molto diverse, del culto: quella di un semplice prete che in una delle tante chiese sparse nell’orbe cattolico celebra, nella quiete della preghiera, rivolto al Crocifisso, l’eterno sacrificio che salva le anime, assistito dalla orante e adorante attenzione dei fedeli, e quella di una rumorosa e festosa comunità, che andando alla messa è preoccupata di “fare comunità esprimendo i propri carismi” (in verità facendo qualcosa perché nelle nuove messe mal si sopporta lo stare fermi) e di mettersi al passo con le direttive dell’operatore pastorale... e che in ultimo farà certo anche la comunione. Sono due concezioni opposte, inconciliabili. Una, quella tradizionale, fa spazio all’azione di Dio, l’altra si sofferma... ma forse, osiamo dire, si ferma all’azione della comunità!
Vedete, le verità di fede non nascono dalla coscienza profonda degli uomini, dal vissuto della comunità che reinterpreta il proprio vissuto alla luce di Dio, ma sono comunicate dalla reale rivelazione di Dio che la Chiesa custodisce e trasmette: la rivelazione discende dal Cielo, non germoglia dalla terra come vorrebbero i modernisti. Così la liturgia porta il Cielo in terra e porta la terra al Cielo. È azione di Dio innanzitutto, e non primariamente azione della Chiesa. La Chiesa riceve l’azione di Dio, la custodisce, la esprime utilizzando certamente tutte le possibilità umane adeguate; salvaguardia la liturgia dalle modifiche errate che possono confondere l’opera di Dio e la trasmette fedelmente custodendola, perché il Cielo resti aperto sugli uomini.
Tutti, praticamente tutti, quando si parla di Movimento Liturgico amano rifarsi a dom Guéranger, il grande abate benedettino che rifondò il monachesimo in Francia dopo la tempesta rivoluzionaria. Con lui si dà inizio al Movimento Liturgico, cioè a quella rinascita dello spirito cristiano che dalla liturgia prende le mosse. Autore prolifico, pensiamo all’Anno Liturgico da lui pubblicato ma non solo, partecipe di tutti i drammi e le battaglie della Chiesa del XIX secolo, ascoltato consigliere di Pio IX... fondatore dell’abbazia di Solesmes.
Ma cosa voleva veramente dom Guéranger? E cosa chiedeva San Pio X, riprendendo con autorevolezza il lavoro del grande benedettino e dando così nuovo vigore proprio al Movimento Liturgico? Volevano che il popolo avesse l’intelligenza delle cose divine (che capisse la liturgia della Chiesa), perché queste penetrassero di nuovo la vita del popolo cristiano. Volevano una grande opera di educazione perché le cose del Cielo tornassero a dare forma alla vita degli uomini.
Ma citiamo dom Guéranger:
“I misteri del grande sacrificio, dei sacramenti, dei sacramentali, le fasi del ciclo cristiano così feconde in grazia e in luce, le cerimonie, questa lingua sublime che la Chiesa parla a Dio davanti agli uomini; in una parola tutte queste meraviglie torneranno familiari al popolo fedele. L’istruzione cattolica sarà ancora per le masse il grande e sublime interesse che dominerà tutti gli altri; e il mondo tornerà a comprendere che la religione è il primo dei beni per l’individuo, la famiglia, la città, la nazione e per la razza umana tutta intera” (Institutions liturgiques - seconda ediz., t. III cap. 1, pag. 13).
Guéranger, e con lui Pio X con la sua troppo mal citata “partecipazione attiva”, volevano l’esatto contrario di quello che si è fatto dal Concilio in poi. Nel post-concilio la liturgia è stata trasformata per aderire alla vita degli uomini, la Chiesa nel passato ha invece sempre desiderato che la vita degli uomini prendesse forma dalla liturgia cattolica.
Non volevano un abbassamento della liturgia alla vita meramente naturale degli uomini, ma volevano un innalzamento del popolo ai sublimi misteri.
Cosa se ne fa un uomo di una liturgia che gli parla solo delle sue speranze e delle sue fatiche, che gli parla del suo “senso religioso”, ma che non gli parla mai del Cielo?
È su questo equivoco che tragicamente è fallito il Movimento Liturgico.
Occorre tornare a Guéranger e al vero San Pio X. Ma, a quando questo ritorno?
sabato 21 dicembre 2013
Domenica 22 dicembre 2013, IV Domenica di Avvento - Anno A : San Matteo 1,18-24.
"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta
Domenica 22 dicembre 2013, IV Domenica di Avvento - Anno A
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 1,18-24.
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 26 pagina 152.
Dopo cinquantatre giorni riprende la Mamma a mostrarsi con questa visione che mi dice di segnare in questo libro. La gioia si rinnova in me. Perché vedere Maria è possedere la Gioia.
Vedo dunque l’orticello di Nazareth. Maria fila all’ombra di un foltissimo melo stracarico di frutta, che cominciano ad arrossare e sembrano tante guance di bambino nel loro roseo e tondo aspetto.
Ma Maria non è per nulla rosea. Il bel colore, che le avvivava le guance a Ebron, è scomparso. Il viso è di un pallore di avorio, in cui soltanto le labbra segnano una curva di pallido corallo. Sotto le palpebre calate stanno due ombre scure e i bordi dell’occhio sono gonfi come chi ha pianto. Non vedo gli occhi, perché Ella sta col capo piuttosto chino, intenta al suo lavoro e più ancora ad un suo pensiero che la deve affliggere, perché l’odo sospirare come chi ha un dolore nel cuore.
E’ tutta vestita di bianco, di lino bianco, perché fa molto caldo nonostante che la freschezza ancora intatta dei fiori mi dica che è mattina. E’ a capo scoperto e il sole, che scherza con le fronde del melo mosse da un lievissimo vento e filtra con aghi di luce fin sulla terra bruna delle aiuole, le mette dei cerchiolini di luce sul capo biondo, e là i capelli sembrano di un oro zecchino.
Dalla casa non viene nessun rumore, né dai luoghi vicini. Si sente solo il mormorio del filo d’acqua che scende in una vasca in fondo all’orto.
Maria sobbalza per un picchio dato risolutamente all’uscio di casa. Posa conocchia e fuso e si alza per andare ad aprire. Per quanto l’abito sia sciolto ed ampio, non riesce a nascondere completamente la rotondità del suo bacino.
Si trova di fronte Giuseppe. Maria impallidisce anche nelle labbra. Ora il suo viso pare un’ostia, tanto è esangue. Maria guarda con occhio che interroga mestamente. Giuseppe guarda con occhio che pare supplichi. Tacciono, guardandosi. Poi Maria apre la bocca: “A quest’ora, Giuseppe? Hai bisogno di qualche cosa? Che vuoi dirmi? Vieni.”
Giuseppe entra e chiude la porta. Non parla ancora.
“Parla, Giuseppe. Che cosa vuoi da me?”
“Il tuo perdono.” Giuseppe si curva come volesse inginocchiarsi. Ma Maria, sempre così riservata nel toccarlo, lo afferra per le spalle risolutamente e glielo impedisce.
Il colore va e viene dal volto di Maria, che ora è tutta rossa e ora di neve come prima. “Il mio perdono? Non ho nulla da perdonarti, Giuseppe. Non devo che ringraziarti ancora per tutto quanto hai fatto qui dentro in mia assenza e per l’amore che mi porti.”
Giuseppe la guarda, e vedo due grossi goccioloni formarsi nell’incavo del suo occhio profondo, stare lì come sull’orlo di un vaso e poi rotolare giù sulle guance e sulla barba. “Perdono, Maria. Ho diffidato di te. Ora so. Sono indegno di avere tanto tesoro. Ho mancato di carità, ti ho accusata nel mio cuore, ti ho accusata senza giustizia perché non ti avevo chiesto la verità. Ho mancato verso la legge di Dio non amandoti come mi sarei amato...”
“Oh! no! Non hai mancato!”
“Sì, Maria. Se fossi stato accusato di un tal delitto, mi sarei difeso. Tu... Non concedevo a te di difenderti, perché stavo per prendere delle decisioni senza interrogarti. Ho mancato verso te recandoti l’offesa di un sospetto. Anche se solo un sospetto è offesa, Maria. Chi sospetta non conosce. Io non ti ho conosciuta come dovevo. Ma per il dolore che ho patito... tre giorni di supplizio, perdonami, Maria.”
“Non ho nulla da perdonarti. Ma anzi, io ti chiedo perdono per il dolore che ti ho dato.”
“Oh! sì, che fu dolore! Che dolore! Guarda, stamane mi hanno detto che sulle tempie sono canuto e sul viso ho rughe. Più di dieci anni di vita sono stati questi giorni! Ma perché, Maria, sei stata tanto umile da tacere, a me, tuo sposo, la tua gloria, e permettere che io sospettassi di te?”
Giuseppe non è in ginocchio, ma sta così curvo che è come lo fosse, e Maria gli posa la manina sul capo e sorride. Pare lo assolva. E dice: “Se non lo fossi stata in maniera perfetta, non avrei meritato di concepire l’Atteso, che viene ad annullare la colpa di superbia che ha rovinato l’uomo. E poi ho ubbidito... Dio mi ha chiesto questa ubbidienza. Mi è costata tanto.... per te, per il dolore che te ne sarebbe venuto. Ma non dovevo che ubbidire. Sono l’Ancella di Dio, e i servi non discutono gli ordini che ricevono. Li eseguiscono, Giuseppe, anche se fanno piangere sangue.”
Maria piange quietamente mentre dice questo. Tanto quietamente che Giuseppe, curvo come è, non se ne avvede sinché una lacrima non cade al suolo. Allora alza il capo e -è la prima volta che gli vedo fare questo- stringe le manine di Maria nelle sue brune e forti e bacia la punta di quelle rosee dita sottili che spuntano come tanti bocci di pesco dall’anello delle mani di Giuseppe.
“Ora bisognerà provvedere perché...” Giuseppe non dice di più, ma guarda il corpo di Maria, e Lei diviene di porpora e si siede di colpo per non rimanere così esposta, nelle sue forme, allo sguardo che l’osserva. “Bisognerà fare presto. Io verrò qui... Compiremo il matrimonio.... Nell’entrante settimana. Va bene?”
“Tutto quanto tu fai va bene, Giuseppe. Tu sei il capo di casa, io la tua serva.”
“No. Io sono il tuo servo. Io sono il beato servo del mio Signore che ti cresce in seno. Tu benedetta fra tutte le donne d’Israele. Questa sera avviserò i parenti. E dopo... quando sarò qui lavoreremo per preparare tutto a ricevere.... Oh! come potrò ricevere nella mia casa Dio? Nelle mie braccia Dio? Io ne morrò di gioia!... Io non potrò mai osare di toccarlo.!...”
“Tu lo potrai, come io lo potrò, per grazia di Dio!... ”.
“Ma tu sei tu. Io sono un povero uomo, il più povero dei figli di Dio!...”
“Gesù viene per noi, poveri, per farci ricchi in Dio, viene a noi due perché siamo i più poveri e riconosciamo di esserlo. Giubila, Giuseppe. La stirpe di Davide ha il Re atteso e la nostra casa diviene più fastosa della reggia di Salomone, perché qui sarà il Cielo e noi divideremo con Dio il segreto di pace che più tardi gli uomini sapranno. Crescerà fra noi, e le nostre braccia saranno cuna al Redentore che cresce, e le nostre fatiche gli daranno un pane... Oh! Giuseppe! Sentiremo la voce di Dio chiamarci ‘padre e Madre’ Oh!”.
Maria piange di gioia. Un pianto così felice! E Giuseppe inginocchiato, ora, ai suoi piedi, piange col capo quasi nascosto nell’ampia veste di Maria, che le fa una caduta di pieghe sui poveri mattoni della stanzetta.
La visione cessa qui.
Dice Maria SS.ma:
“Nessuno interpreti in modo errato il mio pallore. Non era dato da paura umana. Umanamente mi sarei dovuta attendere la lapidazione. Ma non temevo per questo. Soffrivo per il dolore di Giuseppe. Anche il pensiero che egli mi accusasse, non mi turbava per me stessa. Soltanto mi spiaceva che egli potesse, insistendo nell’accusa, mancare alla carità. Quando lo vidi, il sangue mi andò tutto al cuore per questo. Era il momento in cui un giusto avrebbe potuto offendere la Giustizia, offendendo la Carità. E che un giusto mancasse, egli che non mancava mai, mi avrebbe dato dolore sommo.
Se io non fossi stata umile sino al limite estremo, come ho detto a Giuseppe, non avrei meritato di portare in me Colui che, per cancellare la superbia nella razza, annichiliva Sé, Dio, all’umiliazione d’esser uomo.
Ti ho mostrato questa scena, che nessun Vangelo riporta, perché voglio richiamare l’attenzione troppo sviata degli uomini sulle condizioni essenziali per piacere a Dio e ricevere la sua continua venuta in cuore.
Fede: Giuseppe ha creduto ciecamente alle parole del messo celeste. Non chiedeva che di credere, perché era in lui convinzione sincera che Dio è buono e che a lui, che aveva sperato nel Signore, il Signore non avrebbe serbato il dolore d’esser un tradito, un deluso, uno schernito dal suo prossimo. Non chiedeva che di credere in me perché, onesto come era, non poteva pensare che con dolore che altri non lo fosse. Egli viveva la Legge e la Legge dice: ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’. Noi ci amiamo tanto che ci crediamo perfetti anche quando non lo siamo. Perché allora disamare il prossimo pensandolo imperfetto?
Carità assoluta. Carità che sa perdonare, che vuole perdonare. Perdonare in anticipo, scusando in cuor proprio le manchevolezze del prossimo. Perdonare al momento, concedendo tutte le attenuanti al colpevole.
Umiltà assoluta come la carità. Sapere riconoscere che si è mancato anche col semplice pensiero, e non aver l’orgoglio, più nocivo ancora della colpa antecedente, di non voler dire: ‘Ho errato’. Meno Dio, tutti errano. Chi è colui che può dire: ‘Io non sbaglio mai’? E l’ancor più difficile umiltà: quella che sa tacere le meraviglie di Dio in noi, quando non è necessario proclamarle per dargliene lode, per non avvilire il prossimo che non ha tali doni speciali da Dio. Se vuole, oh! se vuole, Dio disvela Se stesso nel suo servo! Elisabetta mi ‘vide’ quale ero, lo sposo mio mi conobbe per quel che ero quando fu l’ora di conoscerlo per lui.
Lasciate al Signore la cura di proclamarvi suoi servi. Egli ne ha un’amorosa fretta, perché ogni creatura che assurga a particolare missione è una nuova gloria aggiunta all’infinita sua, perché è testimonianza di quanto è l’uomo così come Dio lo voleva: una minore perfezione che rispecchia il suo Autore. Rimanete nell’ombra e nel silenzio, o prediletti della Grazia, per poter udire le uniche parole che sono di ‘vita’, per potere meritare di avere su voi e in voi il Sole che eterno splende.
Oh! Luce Beatissima che sei Dio, che sei la gioia dei tuoi servi, splendi su questi servi tuoi e ne esultino nella loro umiltà, lodando Te, Te solo, che sperdi i superbi ma elevi gli umili, che ti amano, agli splendori del tuo Regno.”
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/ sabato 4 maggio 2013
Il più dolce
- Maria il più dolce dei nomi. Il nome della Mamma mia (di Gesù). Quel nome è scudo e difesa contro le insidie del demonio, quel nome che è musica di Cielo, quel nome che fa trasalire di gioia la Trinità, quel nome di cui si circondò Gesù nella vita e nell’ora della morte. 4.6.43
Nomen Eius et memoria Illius
sit in medio cordis nostri:
et nobis non nocebit
ictus malignantis
domenica 3 marzo 2013
"Le guerre vengono" da Satana
"Le guerre vengono" da Satana che sa che i tempi stringono e che questa [IIa guerra mondiale] è una delle lotte decisive che anticipano la mia venuta. Sì. Dietro il paravento delle razze, delle egemonie, dei diritti, dietro il movente delle necessità politiche, si celano, in realtà, Cielo e Inferno che combattono fra loro. E basterebbe che metà dei credenti nel Dio vero, ma che dico? meno di questo, meno di un quarto dei credenti, fosse realmente credente nel mio Nome perché le armi di Satana venissero domate. Ma dove è la Fede?"
"I Quaderni del 1943", pagg. 24 - 25
Contemplare et mirare Mariae celsitudinem:
Dic felicem genitricem, dic beatam virginem.
giovedì 1 novembre 2012
La santidad es la aventura más grande
Ser santos
Aventura.
La
santidad es la aventura más grande que un hombre puede vivir en este mundo,
porque mientras camina por el camino escarpado de la santidad, tiene debajo el
abismo infernal, y arriba el Cielo bendito.
¿Hay
mayor aventura en este mundo que el tratar de ser santos? Claro que no la hay,
porque esta aventura no es una película de cine, sino que es nuestra propia
película, donde somos el actor principal, y el premio o el castigo son eternos,
así que nos conviene a nosotros mismos salir victoriosos y que la película
tenga un final feliz.
¡Qué
desgracia es dejar pasar el tiempo en frivolidades sin detenerse a pensar que
vivimos una sola vez en el mundo y que lo que hagamos en el tiempo, queda
fijado para toda la eternidad! Si pensáramos un poco más en esto, no
desperdiciaríamos tantos momentos en tonterías, incluso en pasatiempos
pecaminosos o al menos inútiles.
Si
no pensamos en el Cielo que nos espera si somos buenos, o en el Infierno que
nos acogerá si somos malos, entonces no tendremos el empuje necesario para
emprender el difícil camino de nuestra santificación personal. Porque quien
quiere alcanzar un premio, como los corredores en el estadio, pone todas sus
fuerzas para alcanzarlo. Y quienes quieren evitar un peligro, tratan de escapar
de todos los modos posibles. ¿Y qué mayor premio que el Cielo? ¿Y qué mayor
peligro que condenarse para siempre en el Infierno?
Por
eso para ser santos debemos pensar necesariamente en el más allá, con premios y
castigos “eternos”, y así tendremos ánimo para seguir en el combate de cada
día.
Cuore immacolato di Maria,
prega per noi adesso
e nell'ora della nostra morte.
e nell'ora della nostra morte.
domenica 22 aprile 2012
*I fatti più belli, ma anche gli altri.
Stando con la Beata Vergine Maria
sentiremo la soave armonia di Cielo
*
Sposa cara, questo è il tempo della testimonianza, questo è il tempo del grande fervore. I tiepidi non ci siano sulla terra né quelli che restano freddi ed increduli.
Ecco quello che ti dice il Tuo Creatore, il Tuo Salvatore, ecco, sposa cara, quello che ti dico: guai ai tiepidi; guai a coloro che non sono freddi né caldi, a quelli che Mi mettono all’ultimo posto nella loro vita e per i quali tutto viene prima di Me, Dio! Guai, sposa amata, perché dura e forte sarà la purificazione; se, poi, si ribellano, la vita diverrà amara e dura, sarà difficile da sopportare sempre di più!
Questo è il tempo delle cupe tenebre, come mai sono state; ma questo è anche tempo della più fulgida Luce, come mai è stata sulla terra.
Chi vuole la Luce, chi cerca la Luce, chi opera per averla l’avrà e sarà felice nel profondo; ma chi vuole tenebre le avrà tanto fitte, da non vedere nulla: sono le tenebre del cuore, quelle del peccato insistente, le più cupe che preparano la rovina!
Sposa cara, ecco la scelta che sta facendo il genere umano, sempre più diviso tra uomini di Luce e uomini di tenebra.
Continuerà la divisione, fino ad essere definitiva: tutto possiederanno gli uomini di Luce; tutto sarà tolto a quelli di tenebra, anche il poco che hanno.
È in atto già la divisione e continuerà, perché non voglio prolungare le sofferenze per quelli che sono Luce.
Sposa cara, Io, Io, Dio, soltanto, conosco i tempi ed i momenti.
Gesù 05-01-2012
Sposa cara, l’uomo è libero e resta tale: può scegliere fra la soave armonia di Cielo, può anche preferire il terribile trambusto.
Ti dico, piccola Mia, ti dico, con grande Dolore, che la maggior parte degli uomini sceglie in questo momento il trambusto del nemico e non sente la Mia Soave Armonia di Cielo.
Sposa cara, mai il Cielo è stato così vicino alla terra come in questo momento.
È prossimo il tempo nel quale ci sarà lo speciale abbraccio tra Cielo e terra ed il cambio di scena, ma ti dico: lo vedranno e ne godranno le Delizie solo coloro che ci hanno creduto ed hanno cooperato alla sua piena realizzazione.
Sposa cara, pensa al buon seminatore: che avviene al tempo della raccolta?
Mi dici: “Egli, che bene ha seminato, è felice e bene raccoglie; guarda il ricco raccolto e canta per la gioia.”
Sposa amata, i buoni seminatori presto canteranno di gioia, ma i cattivi piangeranno lacrime amare.
La Mamma 15-01-2012
Figli cari e tanto amati, pregate! Pregate!
Supplicate il Padre caro perché Mi conceda di venire a voi ancora per aiutarvi.
Figli, lasciatevi andare nell’Onda Soave del Suo Amore e decidete di fare la Sua Volontà.
Egli vi chiama; chiama ciascuno di voi per farvi felici.
Se rispondete con prontezza ed umiltà, sarete felici e nulla vi mancherà.
Figli amati, Gesù dà a tutti le armi vincenti sulle poderose forze del male: sono l’Eucarestia ed il Sacramento della Riconciliazione.
Servitevi, figli amati, di queste Armi meravigliose per combattere il male!
Durante l’Eucarestia avvengono i miracoli più grandi e meravigliosi.
Accostatevi sovente ad Essa, ma degnamente, dopo esservi riconciliati e resi degni di accostarvi.
Figli amati, salvatevi tutti!
Gesù 28-01-2012
Sposa amata, ho bussato alla porta di ogni cuore per entrare e cambiarlo, ma sono stato accolto solo dai piccoli più piccoli, che subito Mihanno fatto entrare e Mi hanno porto ciò che di più bello avevano.
Non sono entrato nel cuore dei grandi della terra che sono restati nel buio della loro superbia.
Sposa amata, la terra non è governata dai saggi, ma, spesso, dagli stolti.
Ho permesso che essi prendessero potere e ho atteso che divenissero saggi ed ancora attendo; ma è già in atto, per Mio Volere, un cambiamento: ad uno ad uno rovescerò gli stolti dalle loro poltrone e toglierò il potere!
Chi crede in Me vedrà compiersi le Mie Meraviglie più grandi e gioioso sarà il suo cuore: ciò, che pensava avvenisse in un tempo ancora lontano, lo vedrà accadere, presto.
Piccola sposa, accadranno i fatti più belli, ma anche gli altri.
Chi è stretto al Mio Cuore non tema, ma continui a servirMi con gioia, perché lauto sarà il suo premio, lauto, tanto da renderlo felice e realizzato.”
NOS CUM PROLE PIA
BENEDICAT VIRGO MARIA
mercoledì 21 marzo 2012
"Figli amati, Dio vi ha creati per il Cielo e non per stare sempre sulla terra."
Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi
01.03.12
La Mamma parla agli eletti
<<Figli cari e tanto amati, figli del mondo, Dio vuole perdonare i peccati. Egli lo vuole, voi, però, non fate penitenza e non supplicate il Perdono! Voi pensate tanto alle cose della terra e così poco al Cielo!
In questi anni vi ho chiesto di pensare al Cielo e sempre meno alla terra, che presto dovete lasciare. Dico presto, figli amati, perché la vita terrena è sempre breve, in confronto con l’eternità. Ognuno di voi, sia giovane che vecchio, pensi all’eternità che aspetta e che sarà come l’avete preparata giorno per giorno.
Pensate a colui che si prepara una casa: occorre che lavori giorno dopo giorno, senza pigrizia. Solo in questo modo la finisce, ma, se riposa e non vuole lavorare, vedrà gli altri felici nelle loro case ed egli solo e senza abitazione.
Figli amati, il Cielo, tutto Luce,attende ciascuno di voi: c’è un posto per ogni uomo; c’è un posto per tutti! Figli amati, Dio vi ha creati per il Cielo e non per stare sempre sulla terra. Esso è la vostra patria definitiva. Pensate al Cielo, figli Miei, preparatevi al Cielo, qualsiasi sia la vostra età: lì è la vostra meta felice! Dio ha preparato un posto per ogni uomo, ma sta a voi raggiungerlo. Insieme, uniamoci per l’adorazione profonda a Lui. Vi amo tutti.
Ti amo, angelo Mio.
Maria Santissima>>
LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR!
sabato 18 giugno 2011
NO ME MUEVE, MI DIOS, PARA QUERERTE
No me mueve, mi Dios, para quererte
el cielo que me tienes prometido,
ni me mueve el infierno tan temido
para dejar por eso de ofenderte.
Tú me mueves, Señor, muéveme el verte
clavado en una cruz y escarnecido,
muéveme ver tu cuerpo tan herido,
muévenme tus afrentas y tu muerte.
Muéveme, en fin, tu amor, y en tal manera,
que aunque no hubiera cielo, yo te amara,
y aunque no hubiera infierno, te temiera.
No me tienes que dar porque te quiera,
pues aunque lo que espero no esperara,
lo mismo que te quiero te quisiera.
http://www.marianistas.org/musica/mp3_cristiano/no-me-mueve-mi-dios-para-quererte.mp3
AMDG et BVM
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