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domenica 1 maggio 2022

NOTIZIE PREZIOSE SU CORNELIO A LAPIDE

 

NOTIZIA SU

CORNELIO A LAPIDE

Originario di Bucold,villaggio dello statoe delladiocesi di Liegi, Cornelio Alapide,o

Cornelis Van denSteen,nacqueil 1566,datamemorabileperquei paesi:poichéil Duca

d’Alba prendevail governo delleFiandree dell’Olanda,cheGuglielmo il Taciturnosi

preparavaa ribellarecontroFilippo II di Spagna.Bucold,patriadi Cornelio,e Lovanio,luogo

di sua dimorafin presso all’etàdi cinquant’anni,sorgono su l’orlo di quelleterrebassee

paludosedove la casad’Orantes’innalzò il modestoseggio di Statolder,chefu peressa il

primo passo altronod’Inghilterra:il chevuol direchela soglia del suo domicilio fu spesso

calpestatadal viavai dellemilizie spagnuole,dei cavalieri alemanni,deiriformatie dei

cattolici in armi.Ricordiamoquestiavvenimenti,non perchéCornelio vi abbiaavutoparte,

ma perchéinfluirono sui suoi pensieri,su le sue decisioni, su,lasua vitae formanoin una

parolail fondo sul qualespiccapurae severala sua figura.

Non conosciamonulla dell’infanziadi Cornelio Alapide,solo sappiamo cheentrògiovane

nellaCompagnia di Gesù la qualegloriosamenteadempiva la missioneaffidataledaDio e

contavatrale sue file il floredellacristianità(1).Il giovanenovizio erapiccolissimo di

statura(2) e di così graciletemperamento,cheil suo stomaconon ressea digerirele vivande

usatedagli altri suoi compagni, sebbene,perausterità,non abbiamai consentitoa cambiarle.

Egli sentivasi portatoalritiro edal silenzio,e si eraquindifissatopernormadi vita

quell’adagio dellasapienzaantica- Vivi ignorato- e parendogli chel’Ordinea cui avevadato

il nome,gli porgerebbeuna specied’asilo in cui viversenenascostoe oscuro ripetevacon

Giobbe:Io morrò nel mio piccolo nido.- In nidulo meomoriar.- Ma Dio disponeva

altrimenti,poichésebbeneCornelio sia mortoin seno allaCompagniadi Gesù,la sua vita

perònon fu,in massimaparte,quellad’un uccellettonel suo nido perdutotrail profondo

silenzio o i misteriosi mormoni del bosco.Cornelio erauno di quegli uomini cheDio sceglie

neitempidi tempestae di lottaperfarnegli alfieri dell’esercitodei Santi.Cuore puro,anima

pienadi caritàe dì umiltà,corpo spiritualizzatodallequotidianesofferenze,glienefornivano

senzadubbio un titolopresso un Duce coronatodi spine;mantenendolonel distaccodalle

coseterrene,portandoloa praticarela rassegnazionee la pazienza,gli meritaronosempredi

meglio in meglio i lumi dello Spirito Santo.Non vediamonoi d’altrondechespesso la

Provvidenzascegliea bei disegno strumentideboli e spregevoli perchési vedachiaramente

chesono da lei adoperati? Essa dunquechiamò il quasi nano,l’infermiccio Cornelio non

solamentea prenderpartealleapostolicheimpresedì quell’Ordinereligioso il quale

sostenevail più fiero impetodellamischia,ma ancoraa rendereallaChiesa servigi affatto

speciali,non dipendentidalla,vitamonastica,quelli cioèdi scrittoree di dottore.E questa

vocazionesi palesò assai di buon’ora.

Il Protestantesimosi eramesso a manomettereil testodelleSacreCarte:qua le snaturava,là

ne stralciavalibri interie scalzava con ciò dallefondamentala tradizionecattolica.Cornelio

Alapidesi sentìrapireda entusiasmoperlo studio dell’ebraicoe dei commentatori.A 28 anni

eraprofessoredi lingua sacrae di SantaScritturaal collegio di Lovanio; diciannoveanni

dopo pubblicavaperobbedienzaammirabili Commentari sulle Epistoledi S. Paolo,e

prendevaun postodistintotragli esegeticattolici;alla sua mortelasciò dieci enormi volumi

in-folio a duecolonne,dì lavori su l’anticoe sul nuovo Testamento.

Per comprenderel’estensionee misurareil valored’un’operadi tantaimportanza,giova

conosceresottoqualeaspettoCornelio Alapideabbiaconsideratola Sacra Scrittura.Egli

medesimocelo indicanei prolegomenida lui posti in fronteai suoi Commentari sul

Pentateuco,e di cui ci sia permesso compendiarequalchepagina.

L’universo è un libro ch’esponeciò ch’èDio; esso è statoformatosul tipo della sferaincreata

e si può chiamarespecchio dellecosedivine:imperfettotuttaviaqual è,non vi offrepunto

un’esattae chiaraimmaginedellaDivinità,ma soltantodelleormedietrole qualiriescefacile

ravvisarla.Inoltre,il libro dellanaturanon ci ammaestrané delleveritàdell’ordine

soprannaturale,nédi ciò checonduceal Cielo della SantaTrinitàedalla felicitàeterna,

oggettodi tuttii desideridell’uomoe in vitae al puntodi morte.Per ciò la bontàinfinitadel

Creatoreha stimatoconvenientedarci un altrolibro chenon è l’universo,libro in cui l’uomo

trovassenon già una mutaimmaginedellaDivinità,ma carattericheparlasseroai suoi occhi,

suoni cherimbombasseroai suoi orecchi,insegnamentichearrivasseroalla sua animae vi

producesseroideevive e chiaredellecosedivine;libro finalmenteda cui apprendessea

conoscereDio e se medesimo,non meno chegli spiriti celesti,la creazione,le regoledi

condottada osservarsi e ì mezzi pergiungerealla felicità.

Questolibro è la SantaScritturala qualecomprende,sia in germe,sia spiegatamente,ogni

scienza,ogni regola,ogni nozione.E, infatti,tuttociò cheesiste,appartieneo all’ordine

naturale,o al soprannaturalechepuò anchedirsi l’ordinedellagrazia,o al divino che

racchiudel’essenzae gli attributidi Dio. Le scienzefisichee la filosofia naturaleci fanno

conoscereil primo.La dottrinarivelata,cioèla fedee la teologiaquaggiù nel mondo,poi

lassù nel Cielo la visionedi Dio, checostituiscela felicitàdegli Angeli e dei Santi,ci fanno

conoscereil secondoe il terzo.Ora chela Sacra Scritturanon solo c’insegni le verità

dell’ordinenaturale,ma chesia anchenecessariaa farceleconoscereperfettamentenon ne

può dubitarechi osservi con S. Tommaso comela filosofia non dimostriquesteveritàse non

a pochepersone,dopo lunghissimo tempoe con mescolanzadi vari errori.

Quali raggi di luceviva dardeggiano su Dio, sui suoi attributi,sull’immortalitàdell’anima,su

la libertàdell’uomo,su le penee su le ricompensefuture,gl’insegnamentidellaScrittura!Poi

con chesicurezzae fermezzanon procedenello sviluppo di tuttequestequestioni! Le stesse

scienzenaturali sono da leirimessesu la buonavia quandone traviano.

Dove trovare,intornola creazionee l’originedel mondo,cognizioni cosi sicurecomequelle

checi sono datedall’Ecclesiaste,daGIOBBE e dallaGenesi? E non sono forsei libri storici

dellaBibbia,quelli cheracchiudono la storiaprimitiva di tuttii popoli e danno la sola

S. Gerolamo,S. Agostino,dottori sommi,non hanno un pensieroil qualegià non si trovi,

almenoin germe,nella Scrittura.Anzi San Gregorio Magno non si peritavadi asserire,chevi

sono nei Libri Santi dei misterii quali non furono rivelatiagli uomini e chesolo gli Angioli

conoscono.

Di qui neseguecheè quasi infinitanel suo oggettoe difficilissima ad acquistarsila scienza

dellaScritturaa cagionedellasua profondità.

Se si guardaalledifficoltàd’interpretazione,si trovaquestadifferenzatrai Libri Sacri e i

profani,chementrein questi ciascunafrasenon presentaquasi mai più cheun senso,in quelli

se nehanno persino quattro.Il senso letteralecheè quello cheimmediatamenterisultadalle

paroleo daifattinarrati;l’allegorico chesi trovaquandoquelleparoleo queifatticelanouna

profeziariguardanteGesù Cristo o la Chiesa;il tropologico,quandoessecontengonoun

insegnamentocheriguardai costumi;l’anagogico,quandoespongono,comein enigma,

qualcheveritào qualcherivelazionerelativaalla vitaavvenire.

Si avvertaancorache,primadi darsi seriamenteallo studio della Scritturae dei suoi grandi

interpreti,i Padri dellaChiesa,bisogna conosceregli idiotismi del grecoe dell’ebraico,

linguenellequalifurono primitivamentescrittii Libri Sacri.

Cornelio si slanciò coraggioso e corsetuttala via.Continuò la compilazionedei suoi

Commentariin mezzo alletrepidevicendedelleguerrereligiosechedesolavano il Brabante

edi possessi spagnuoli delleFiandre:in mezzo allecontroversiechemettevanoa rumoreil

campomedesimodei cattolici,comene fa fedel’insegnamentodi Baio all’universitàdi

Lovanio,e non ostantele fatichedella cattedrae quelledel ministeroecclesiastico,comela

confessionee la predicazione.


La protezionedi Dio vegliava in modo particolaresopradi lui,lo sostenne,lo fortificò,lo

preservò da grandi pericoli edanchedallamorte.Ed ecco in qualeoccorrenza.

Sorgeva in Aspracollina,poco lungi da Lovanio,una cappelladedicataallaVergine,celebre

permolti miracoli ivi avvenuti.Il dì 8 settembredel 1604,Cornelio vi si erarecatoper

ascoltarele confessioni dei divoti di Maria soliti ad accorrervi in folla,perannunziareloro la

paroladi Dio e peroffrireil santosacrificio,quando ad un trattocomparveuna squadradi

cavalleriaolandese,avanzatasicon tantasegretezzae rapidità,chei .cattolicifurono tutticolti

alla sprovveduta.Orrendafu la stragee il sacro edifìzio fu messo a fuoco.AppenaCornelio si

riebbedallo sbigottimento,corsealtabernacolo,ne tolseil Sacramentoe lo portòcon sé

temendochevenissedagli ereticiprofanato.Ma in un momentofu circondatoda nemici dai

quali permiracolo potéscampare.

Leggendo questoraccontonon ci sembraquasi d’assisteread una di quellescenedi sangue

dellequali parecchidei nostri villaggi furono testimoni nei giorni del Terrore? Come un

nuovo Ercole,il Protestantesimopreludevada bambino allecarneficine,a cui dovevapoi

metteremano da vecchio, sottonomeedabitodiverso da quello dellasua giovinezza.Del

resto,Ercole edil Protestantesimo,non sono in fin dei contiuna medesimaapparizione

dell’anticoavversario del genereumano il qualesi facevaadoraresottole sembianzedi

quello e dogmatizzavaperboccadi questo?

Dopo la pubblicazionedei suoi Commentari su le Letteredi San Paolo,e mentresi disponeva

a pubblicarequelli sul Pentateuco,Cornelio fu chiamatoa Roma dalGeneraledella

Compagniadi Gesù,il PadreAcquaviva,il quale,onorandolo sopraogni altromembro

dell’Ordine,gli affidavala cattedradi Sacra Scritturaal Collegio romano.Gli applausi che

perlunghi anni ivi riscosseeranospineperun cuorecosi umilecomeil suo: ad ogni

espressionedi stimachegli fosse indirizzata,chinava il capo e diceva:" In veritàe coscienza

io sono il più stupido degli uomini: perchéda quarantaanni studio i Libri Santi,da trentain

quanon mi applico ad altro,eppurenon li comprendocheassai imperfettamente(3) ".

Verso l’anno 1620 la cagionevolesua sanitàsoccombevaal peso dellacarica,si chedovette

ritirarsi dall’insegnamentoe restringersi alla redazionedei suoi Commentari.La Provvidenza

si serviva di questomezzo perdargli quellatranquillitàe quellavitadì solitudinetanto

necessario allo scrittorecheha da consultaremolti volumi e lunghericercheda fare.Egli

medesimoci ha tracciatoil quadrodei suoi pensieri e del suo statodurantequest’ultimo

periododellasua vita." Io fuggo,dice,il fracasso degli appartamentidei grandi e cerco il

silenzio edil ritiro che,senzariuscirmi inutili,mi sono puresì cari.Vivo in compagniadei

Padri dellaChiesa edho trovatoa Roma l’asilo sacro di Betlemme,cheS. Gerolamo andò

cercandocon tantaansia sino in fondo alla Palestina.Da giovaneho fattoil servizio di Marta,

avanzatonegli anni adempioe mi dilettodell’uffizio di Maria.Penso alla brevitàdellavita,

sto alla presenzadi Dio e mi vo preparandoall’eternitàches’avanza.Le mie consolazioni

stannotuttenellamia collettachefu semprepermeun’amicafedele;io la preferisco a tuttala

terrae mi ha l’ariad’un Paradiso terrestre.Allievo dellesantemuseaspiro al Cielo,mi riposo

nella contemplazione,nella letturae nellacomposizionecheè nello stesso tempoun lavoro.

Mi applico a riceverele inspirazioni divine,a meditaree celebraregli oracoli eterni.Seduto

ai piedi di Cristo,ricevo con raccoglimentodallasua boccale paroledi vita,perfarlepoi

intendereagli altri(4)".

Composti a Lovanio,i primi lavori di Cornelio,chesono i Commentari su le Letteredi S.

Paolo e sul Pentateuco,eranostatida lui dedicatii primi a MattiaHovio, Arcivescovo di

Malines,i secondi a P.H. Vanderburch,Arcivescovo di Cambrai e principedel sacro impero,

ambedue,ma specialmentequest’ultimo,strettamentea lui uniti da un reciproco affettoe dal

gusto peri medesimi studi.A Roma Cornelio si tennein tantaritiratezza,checredettepotersi

esimeredal dedicarea personadi questomondo le sueOpere.I Commentari sui Profeti,dei

quali un volumecomparvenel 1622 (5),l’altronel 1625 (6),portanola dedicaa Dio edalla

SS. Trinità;quelli sugli Atti degli Apostoli, su le Epistolecanonichee l’Apocalisse(7) non

hanno dedica:quelli su l’Ecclesiastico (8) sono posti sottoil patrocinio di Gesù Cristo e

quelli sui libri di Salomone(9) si presentanooffertiallaVergine,Madre dellaSapienza

eterna." Ricevete,dice,o Vergine saggia e benedetta,questiCommentari su la sapienzadel

più saggio fra i mortali.Essi a Voi appartengono,perchéla sapienzadeveritornarea Chi la

concede,perquel mediatoremedesimo chel’ha messaal mondo ".

L’Alapidenon lascia intantodi volgerequalchevoltalo sguardo al Belgio; gli rincrescevadi

non avernepotutobagnareil suolo col suo sangue,perchédesideravala corona,del martirio.

" O Profetidel Signore!esclamanellaprefazionedei suoi Commentari sui quattroProfeti

maggiori,o Profetidel Signore,chemi avetedatodi parteciparealla coronavostradi Profeta

e di Dottore,deh!fatech’io divenga ancoravostro compagno nel martirio e chesuggelli col

sanguemio la veritàchemi avetetrasmesso.Allora il mio insegnamentosaràcompitoe

perfetto,quandoavràquestaimpronta.Molti anni ho speso nello spiegaree commentarele

vostreparole:vi ho fattoparlaree profetarein una lingua moderna,edho anch’io in certo

qual modo con voi profetizzato;non altromi restase non chemi otteniatedal Padredei lumi,

cheè ad un tempo,il Padredellemisericordie,la mercededel Profeta,cheè il martirio ".

Cornelio Van denSteen,ci piacerebberispondergli,martirevuol diretestimonio:or dunque

non avetevoi ricevutola graziadi essereil testimonio delladivinitàe dellapotenzadi Gesù

Cristo con la professionedeitrevotireligiosi,col modo con cui avetesopportatola malferma

salute,col coraggio e la perseveranzacon cui avetecondottoa terminei vostri lavori intorno

ai Libri Santi? Se non aveteversatoil sangueperil Salvatore,avetelogorato,perla gloria del

suo nome,le forzedel vostro corpo e consumatole sorgentidellavostravita.Per altraparte,

il martirio è testimonianzala qualenon durachequalcheora,al più qualchegiorno;non

vieneresase non alla presenzadi alcunepersonee spesso avvienechese ne fa appenacenno

nella storia;mentrela testimonianzadegli scrittieccellentidurasecoli interi,si producein

facciaall’universo e si rinnova a ogni letturachese nefa.Oh! non ultimo è il postocheavete

occupatotrai servi di Dio. Ma chi oseràdareconfortoad un’animaalla qualenon restapiù

altrocheun solo sacrifìzio da farea colui cheamae chesi vedenegatodi farlo?

Cornelio Alapidecessavadi viverein Roma,il 12 marzo 1637,in etàdi oltresettant’anni

(10),lasciandomanoscrittidei Commentari sui Vangeli e sulla massimapartedei libri storici

dell’Antico Testamento.

Il Collegio Romano dedicò i Commentari sui Vangeli al principeCardinaleFrancesco

Barberini,cancellieredellaSantaRomanaChiesa,nipotedi PapaUrbano Vili e suo legatoin

Franciaedin Ispagna.In capo a quel volumesi leggono questeparole:" Il professoredi cui

deploriamola perdita,ha sviluppatomoltissimemassimeriguardantii costumi,ma noi

possiamo attestarech’egli medesimopraticòtuttequellechepotevanoriguardarlo;di maniera

chese si volessefarela storiadellasua vita,basterebberiprodurrele regoledi condottada lui

fissatenei suoi Commentari.Quando dunquevi cadràsott’occhi il ritrattod’un personaggio

amico dellasolitudinee dellacontemplazione,fatecontodi avereinnanzi quello di Cornelio

Alapide".

Dettatisenzaseguirel’ordinescritturalee in diversitempi,i Commentaridell’Alapidesi

estendonotuttaviasu tuttainterala Bibbia,eccettoil Libro di GIOBBE edi Salmi intorno ai

quali egli non lasciò cheappuntiincompletinon.mai pubblicati.

Abbiamo già accennatosottoqualeaspettoil dottoGesuitaconsiderassela Sacra Scritturaed

abbiamocon ciò datoun’ideaesattadell’Operada lui compiuta;ora aggiungiamo chenon

solo esponein modo chiaroe preciso i diversi sensi deltestosacro,ma inoltremetteaccanto

a questapartecheformala basedi tuttoil Commentario,il riassuntodelladottrinadei grandi

teologiriguardotuttii puntipiù importantidel dogmae della,morale,numerosissimee

svariatissimecitazioni di Padri,di autoriasceticie anchedi filosofi e,poetipagani e

finalmentedei brani dellastoriaecclesiasticae profanae dellevitedei Santi.Egli abbraccia

in unaparolain quasituttala sua ampiezzala verascienza,cioèla scienzadi Dio, dell’uomo

e del mondo,osservatial lumedellarivelazione,il qualesolo gettasui misteridi quaggiù una

lucesufficiente.

Cornelio Alapideci sembranon solo il miglioree il più compiutotrala numerosaschieradei

Commentatoriusciti dalla scuola cattolicadel secoloXVI, ma forseil primo,almenonel

genereda lui adottato,cheè eccellente.Egli è l’unico checi abbiadatoun corso quasi intero

di Sacra Scritturacommentatae sviluppatasu le traccee dietrogli stupendilavori dei Padri e

dellaglossa di tuttala tradizione.Per noi è un disegno dellaProvvidenzach’egli abbia

passatotrent’annidella sua cameradi scrittoresui posti avanzatidellacristianitàe l’abbiapoi

chiusa in Roma,perchécosi ebbecampodi benconoscerela lottachesi stavacombattendo,e

fu in grado di serbarenei suoi Commentarila purezzad’insegnamentodellamadree maestra

di tuttele Chiese.

L’esserepoi venutopiù tardi,gli giovò a schivarealcuni di quegli scogli nei quali avevano

rottoi suoi antecessori,il regno assolutodi Aristoteleaveva fattoil suo tempoe la scoperta

dellastampaandavaproducendoi suoi risultati.Dalla falangedei dotticriticifioriti sulla fine

del secoloXVI e sul principio delXVII, eranovenutealla lucecorretteedizioni della

maggior partedei Padri,ma soprattuttodi S. Agostino:i materiali importantidi cui Cornelio

potevadisporreeranoabbastanzapuri e,se si eccettual’attribuirech’egli fa,a certiDottori

dellaChiesa,testicheprobabilmenteappartengonoad altri;se si eccettuanoalcuneteorie

scientificheoggidì ripudiatee allusioni a fattidi storianaturalerilegatitrale fiabe,non gli si

può forseaddebitarealtrodifettochequello di ripetersiqualchevolta,di non attenersiad un

ordinerigoroso e di non averlavoratotuttee singole le partidellasuaOperanella stessa

maniera.Noi crediamoche,senzaaverel’ariadi fareun panegirico,ci sia permessodi far

osservarecomeCornelio Alapidenon diedeal suo lavoro l’ultimamano e ched’altrondele

imperfezioni additateeranoquasi inevitabili.La Sacra Scritturaesprimesoventela medesima

veritàin termini pressappocoidentici;comepotevanofarei Commentatoriad evitareogni

ripetizione?

In secondoluogo,la mancanzadi ordinein Cornelio non è taleda produrrel’incoerenzae la

confusione;aiutaanzi ad evitareuna uniformitàd’andamentochestancherebbeil lettoree

toglierebbeall’insegnamentodel maestroqualchecosa di quellanaturalezzatantocara,

quandonon passi i limiti,nelleOperedi mole.

In terzoluogo,qualunqueCommentatoreil qualenon airestringea presentareil senso del

testo,ricavadai Padri e dagli Autori ecclesiasticila massimapartedellespiegazioni che

v’innesta.Ora costoronon hanno già commentatotuttii versetti,e nemmenotuttii libri della

Sacra Scrittura,ma si attennerofii più importanti,avutoriguardoalla dottrina,alfrequente

uso cheneoccorrevanella liturgia od ai bisogni dei popoli cheloro toccavaistruire.Per

questoi libri storici,eccettola Genesi,i Vangeli e gli Atti apostolici,furono lasciati

generalmenteda parte.I libri morali dell’Antico Testamento,ancorchéfrequentementecitati,

non venneroperòmairiuniti in un corno da formaretrattaticompleti.Finalmentequei

medesimi chesono statipiù ampiamentee più generalmentespiegati.lo furono da dottori

differentidi genio e con diverso sviluppo.

Così, peresempio,pertenerciai principali,S. Gerolamo,S. Agostino,S. Cirillo

d’Alessandriaci hanno lasciatolavori egregi sui Profeti:i Santi Basilio.Ambrosio,Giovanni

Crisostomo,e sopratuttil’illustrevescovo d’Ippona.hanno illustratoi misteridellaGenesi:

avestidueultimi e S. Tommaso d’Aquino ci hanno datoil prodottodi lunghi e mirabili studi

su S. Matteo,S. Giovanni,gli Atti apostolici e le Epistoledi San Paolo.Tutti conoscono la

stupendaparafrasi di San Gregorio su Giobbe.S. Gregorio Nisseno e S. Bernardospiegarono

il Cantico dE’ Cantici.La maggior partedei Padri,ma particolarmentei Santi Basilio,

Ambrogio e Agostino,scrisseropagineinarrivabili intorno ai Salmi.Donde ne seguecheper

quantasia la scienza,l’ingegno,il gusto dell’esegeta.non potràmaifarechei Commentari

alquantoampi intornoai libri dellaSacra Scritturada noi indicati,non risultino assai

superiori a quelli chesvolgono i libri di cui i principi dellascienzacristiananon si

occuparonodì proposito.

Cornelio Alapidenon potésottrarsi alla legge generale,ecco tuttoquello chegli si può

addebitare;la sua vastaerudizioneperòlo portòin grado di lottarecontrodi essae di non

subirnechein parteil giogo.I suoi Commentari sui libri morali dell’Antico Testamento,

quelli soprattuttochespiegano l’Ecclesiastico,non lasciano quasi nulla a desiderare;

consideratipoi nel loro complesso,dal Pentateucoall’Apocalisse,offrono la minierapiù ricca

chepernoi si conoscain fattod’erudizionesacra(11).

Del restola cristianitàgli ha reso pienagiustiziae pocheOperecompletedei Padri della

Chiesa ebberotanteristampequantene contanoquelledel dottoprofessoredel Collegio

romano.Nel corso di ventunoanni,i Commentari sulle Letteredi S. Paolo,considerati,è

vero,comeil migliorlavoro uscitodalla sua penna,furono ristampaticinquevoltenella sola

Anversa.

Tra le provincedellaChiesa non v’è chela Franciala qualesullo scorcio delXVII e pertutto

il XVIII secolo si è mostrataseverae,diciamopure,ingiustaverso Cornelio Alapide.Moreri,

RiccardoSimon,Dom Chardon,Elia Dupin,ecc.l’hanno l’un dopo l’altro,qual più qual

meno,bistrattato.Ma questonon devepiù farestupirenessuno,perchési sa chela Francia,

cheha energicamentee gloriosamentecombattutogli errori dellaRiforma,si è poi lasciataun

poco travolgeredallo spiritodel Protestantesimoin tuttociò chesi riferiscealla vita

dell’anima.In vecedi un razionalismo dogmatico,essavide nasceree serpeggiareuna specie

di razionalismo morale:moltissimi non compreserobenele relazioni dell’uomo con Dio e

l’azionedi Dio sull’uomo.Un ventoglacialesoffiò sul loro cuoree purtropponeavvizzì

quellameravigliosa fioritura,pienadi attrattivee di profumi,chesi chiamapietàcattolica.Il

Cielo fu foggiatodi bronzo:al soprannaturalesi diedelo sfratto,o poco meno,dalla vitadegli

uomini e dellastoria,moderna:quello chesi chiamaval’eccesso della confidenzain Dio,fu

severamentebiasimatoe il cultodellaVergine benedettafu confinatoin un’angustacerchia.

Come mai avrebberopotutoincontrarfavorei Commentaridi Cornelio, spirantila pietàe lo

spiritodi altregenerazioni? (12).Dom Chardon,autorenon sospettodi eresia,li trattacosì

alla carlona,dicendoli compilazioni informi,riboccantidi storielle,di leggende,d’inezie.

Ai nostri giorni la Biografia universaledi Michaud si è dimostratapiù giusta.Essa da a

Cornelio il nomedi oratoreeloquente,altrettantoprofondonella filosofia e teologia,quanto

versatonellastoria.Che differenzatral’un giudizio e l’altro!Non avremmoaccennatoa

questadiversitàdi accoglienzacheebbeCornelio Alapide,se il secolo nostronon dovesse

essere,secondol’espressionedi un giovanee dottoecclesiastico(13),il secolo delle

riparazioni,e se Cornelio non ne avessediritto.

Le principali edizioni,di tuttal’Operadel gesuitadi Bucold,una,e non ultima,delleglorie

dellaCompagnia di Gesù,così fecondadi sapienti scrittori,sono quelled’Anversa,10 volumi

in-folio: 1618-1642; di Venezia,1711; di Lione,1732; quellae questain 16 volumi in-folio.

In questosecolo la casaPelagauddi Lione cen’hadatoun’edizionein 20 volumi in-4.;

un’altraè statafattaa Malta,una purea Napoli; e l’ultimacheconosciamoè quelladi

Milano.



https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2017/12/FIGURA-DI-SAN-PAOLO-C-A-Lapide.pdf




NOTE

(1) Pochi ai giorni nostri si fanno un’ideadellapremuracon cui la gioventùcattolicaaccorse

sottoil vessillo di Sant’Ignazio di Loiola percombattereil Protestantesimo.Ce nedà un

cennola dedicadelleOperepostumedi Cornelio Alapide.Ivi Nuzio d’Anversa,editoredi

Cornelio,ci notificacom’egli avessenellaCompagnia un figlio e sei nipoti,figli di tresue

sorelle,

(2) Uno del biografi di Cornelio ci ha tramandatoa questopropositoil seguenteaneddoto:"

Chiamatoun di a predicaredavantial Papa,Cornelio cominciò standoin ginocchio;il

ponteficegli ordinò di alzarsi edegli obbedì,ma anchelevatoin piedi egli comparivadi

personacosi piccolo cheSua Santitàcredettech’egli non avessecangiatopositurae gli ripeté

il suo invito.Cornelio compreseil motivo di questonuovo ordine,e modestamentedisse:-

BeatissimePater,Ipse fecitnos etnon ipsi nos.- " Beatissimo Padre,èDio checi ha fattie

non siamo noi " (LECUY, Biografieuniverselle).

(3) ALLEGAMBE, De Scriptoribus SocietatisJesu.

(4) Vedi la dedicadei commentarisui Profetimaggiori.

(5) In quatuorproph.maiores comment.

(6) In duodecimproph.minores comment.

(7) 1627.

(8) 1634.

(9) In Prov. Salom.comment.1625.- In Ecclesiasten.Cantica,Sapientia,comment.1638.

(10) La famiglia Van denSteennon è ancoraestinta,duraanzi moltonumerosa.Un membro

di essa,il conteVan denSteendi Iehai,ministroplenipotenziariodel Belgio presso la Santa

Sede,è mortoa Roma alquantianni addietro:il suo corpo riposanella real chiesadi S.

Giuliano dei Belgi.

(11) Qui vienea propositoun fattoparticolaredellacui autenticitàci rendiamogaranti.

L’abated’un monasterofrancesecompi intentavaun giorno il Generaledi un Ordineed

esprimevagli la meraviglia e lo stuporechein lui avevadestatola scienzae la vasta

erudizionedi cui avevadatosaggio sia nel discorsi, sia negli scritti suoi:"Eh sì, chevoi,

aggiungeva,aveteconsumatomolti anni nello studio del Padri dellaChiesa ". - " Troppo

onorevoi m’attribuite,risposeil modestoedeloquentereligioso;del padrilo conosco ben

poco più di quello chene ho trovatoin Cornelio Alapide,e tuttala mia scienzasì riducealla

conoscenzadelleOperedi quel grandeCommentatore".

(12) È inutilefar osservarecomela severacensura,chequi giustamentefa alla sua patriail

compilatorefrancese,non è applicabileall’Italia,néperla fortunachev’incontraronoi

commentaridell’Alapide,né peri motivi chedeterminaronotal sfortunain Francia (N. del

Traduttoreitaliano).

(13) L’abateDarbois (poi Arcivescovo di Parisi),nellaprefazionealla traduzionedelleOpere

di S. Dionigi Areopagita.



martedì 26 ottobre 2021

FIGURA DI SAN PAOLO ---C. A Lapide

 

Quarta virtù

Invitta speranza e confidenza in Dio

16. I. Paolo credette e sperò nella speranza e contro la speranza, quando

intraprese molte cose superiori alle forze umane e naturali, e con

l’invocazione e l’aiuto di Dio le condusse a termine. Infatti, come egli

stesso dice (Romani 8, 24): «Sperare quel che si vede non è più speranza.

E come sperare quel che già si vede?». E (Romani 8, 26): «Lo stesso

Spirito chiede per noi con gemiti inenarrabili».


17. II. Paolo, con questa speranza, superò non soltanto tutte le difficoltà,

ma anche tutte le impossibilità della natura. Infatti come lui dice (Romani

8, 31): «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?»

 Di tali uomini scrive con verità san Bernardo (46): «Essi osano grandi

cose, poiché sono uomini grandi; e ciò che osano, ottengono. Giacché una

grande fede merita cose grandi, e fin dove sarai progredito col piede della

fiducia nei beni del Signore, altrettanti ne possederai. A tali spiriti grandi

occorre uno sposo grande, e magnificherà l’operare con essi».

 Il medesimo (47): «La sola speranza, soggiunge, presso di te (o Signore)

tiene il posto della compassione; non poni l’olio della misericordia, se non

nel vaso della fiducia».


 18. III. Paolo, per questa speranza, si gloriava nelle persecuzioni: «Ci

gloriamo, scrive, nelle tribolazioni, sapendo come la tribolazione produce

la pazienza, la pazienza l’esperienza, l’esperienza la speranza. Or la

speranza non ci lascerà confusi» (Romani 5, 3-5).

Speranza onnipotente


19. IV. Paolo, non solo per sé, ma anche per i suoi fedeli, sperò, in ogni

afflizione, e con la speranza ottenne da Dio aiuto, forza e vittoria. Volendo

ispirare questa speranza ai Corinti, scrive (2 Corinti l, 6 s.): «(La speranza

che in voi) opera la tolleranza delle stesse sofferenze che anche noi

soffriamo, affinché la nostra speranza sia ferma per voi, sapendo noi che,

come siete compagni delle nostre sofferenze, sarete pure compagni nella

consolazione».

Splendidamente osserva San Cipriano (48): «Nelle persecuzioni nessuno

pensi al pericolo che ci procura il demonio, ma consideri l’aiuto che darà

Dio; né la mente resti stordita dall’infestazione umana, anzi resti la fede

corroborata dalla protezione divina; poiché ciascuno, secondo le promesse

divine, e secondo i meriti della sua fede, tanto riceve di aiuto da Dio,

quanto crede riceverne. Non vi è cosa che l’Onnipotente non possa

concedere se non l’impedisce la deficienza e caducità della fede di chi

deve ricevere».


20. V. Paolo, reso dalla continua esperienza edotto dell’aiuto divino,

rimaneva sicuro in ogni frangente, riguardo al prospero esito eventuale di

ogni cosa. «Ma noi, scrive, abbiamo avuto dentro noi stessi risposta di

morte, affinché non confidiamo in noi, ma in Dio che risuscita i morti.

Egli ci ha liberati e tolti da tanti pericoli e speriamo che ci libererà

ancora» (2 Corinti l, 9 s.).

S. Cipriano (49) segue Paolo, quando scrive a Demetriano, giudice e

nemico, dei cristiani: «Vige presso di noi la forza della speranza e la

fermezza della fede. Tra le stesse rovine del crollante secolo, la mente

resta eretta, immobile la virtù, mai cessa di essere lieta la pazienza;

l’anima è sempre fidente nel suo Dio, come lo Spirito Santo ci ammonisce

ed esorta per bocca del Profeta, il quale corrobora, con celeste voce, la

fermezza della nostra fede e della nostra speranza: Io godrò nel Signore,

ed esulterò in Dio mio Salvatore. I cristiani esultano sempre nel Signore, e

si allietano e godono nel loro Dio, e sopportano con fortezza i mali e le

avversità del mondo, mentre mirano al premio ed alla felicità futura».

Così fecero i Santi, come Giobbe (Giobbe 13, 15): «Anche se mi

ammazzasse, disse, spererò in Lui». E Geremia (Geremia 17, 7):

«Benedetto l’uomo che confida nel Signore, e di cui Dio sarà sua fiducia».

«La mia porzione è il Signore − ha detto l’anima mia − per questo lo

aspetterò. Il Signore è buono per chi spera in lui, per l’anima che lo cerca»

(Lamentazioni 3, 24 s.).

Si legga pure la dissertazione che fa Paolo su questa forza della speranza,

come di àncora, parlando agli Ebrei (Ebrei 6. 17; 10, 23. 35 s.).

Con verità il Salmista diceva (Salmo 31, 10): «Colui che spera nel Signore

è avvolto dalla misericordia». E sant’Agostino (50) scrisse: «Mortale è

veramente la vita, immortale è la speranza della vita». S. Bernardo (51)

soggiunge: «Se sorgeranno guerre contro di me, se inferocirà il mondo, se

fremerà il maligno, se la stessa carne si rivolterà contro lo spirito, io

spererò in te».


21. VI. Paolo con questa speranza assalì audacemente ogni pericolo della

vita. Così, nel tumulto sollevato contro di lui ad Efeso, volle salire al

teatro, pur sapendo che volevano soltanto lui e la sua testa (Cfr.: Atti 19,

30). Così andò a Gerusalemme, nonostante che ovunque i Profeti gli

avessero predetto le catene. Ad essi rispose: «Perché piangete e mi

spezzate il cuore? Quanto a me son pronto non solo ad essere legato, ma

anche a morire... per il nome del Signore Gesù» (Atti 21, 13).

Per questa speranza, superò tutti i pericoli suoi, e di quelli che erano con

lui. Nel naufragio gli apparve un angelo, che promise la liberazione e la

salvezza non solo a lui, ma, in vista di lui, a tutti i naviganti: «Non temere,

Paolo, disse l’angelo, tu devi comparire davanti a Cesare, ed ecco Dio ti

ha fatto dono di tutti quelli che navigano con te» (Atti 27, 24).


22. VII. Paolo, con certa speranza, si appropriava la gloria e la corona

celeste: «So bene in chi credetti, scrive, e son certo che Egli è sì potente

da conservare il mio deposito sino a quel giorno» (2 Timoteo l, 12). E:

“Ho combattuto la buona battaglia, ho finito la mia corsa, ho conservato la

fede, e non mi resta che ricevere la corona di giustizia, che mi darà in quel

giorno il Signore, giusto giudice» (2 Timoteo 4, 7 s.).

Quinta virtù

Esimio amore a Dio ed a Cristo

23. I. Paolo ardeva di amore verso Dio e verso Cristo, tanto che scriveva ai

Romani (5, 5): «La carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per mezzo

dello Spirito Santo, che ci è stato donato». Ottimamente Origene (52),

interprete san Girolamo: «Io sono ferito dalla carità − scrive − Come è

bello, come è onorevole ricevere una ferita dalla carità! Chi riceve il dardo

dell’amore carnale, chi è ferito dalla cupidigia terrena; tu invece offri le tue

membra scoperte, offri te stessa al dardo eletto, al dardo grazioso: giacché

il saettatore è Dio. Pose me, dice, come saetta eletta. Quale felicità è essere

ferita da tale dardo!».

24. II. Paolo desiderava morire, per godere il suo Cristo: «Sono messo alle

strette da due lati, dice: desidero di morire e di essere con Cristo»

(Filippesi 1, 23). E: «Oh me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di

morte?» (Romani 7, 24). Paolo era una colomba gemente e sospirante al

cielo, e, per testimonianza di sant’Agostino (53), diceva con la Sposa:

«Sostenetemi coi fiori, confortatemi coi frutti, perché io languisco

d’amore» (Cantico dei Cantici 2, 5).

25. III. Paolo, per amore dì Cristo, sfidava come a duello i suoi nemici, le

afflizioni, i pericoli, i diavoli, tutto l’inferno e il mondo: «Chi potrà

separarci dall’amore di Cristo? − dice − La tribolazione forse, o l’angoscia,

la fame, la nudità, il pericolo, la persecuzione, la spada? (Come sta scritto:

per te noi siamo ogni giorno messi a morte, siamo considerati come pecore

da macello). Ma tutte queste cose noi le superiamo, in virtù di Colui che ci

ha amati... Io poi sono sicuro che né la morte, né la vita, né gli angeli, né i

principati, né le virtù, né le cose presenti, né le future, né la potenza, né

l’altezza, né la profondità, né altra cosa creata potrà separarci dalla carità

di Dio, che è in Gesù Cristo Signor nostro» (Romani 8, 35-39).

26. IV. Da sì infiammato amore a Dio scaturiva quell’ardente amore verso

il prossimo, che si struggeva di convertire a Cristo il mondo intero. Di ciò

diremo più lungamente avanti.

Giustamente san Girolamo (54) scrive: «Gran forza possiede il vero

amore; chi è perfettamente amato vincola a sé tutta la volontà dell’amante.

Niente è più imperioso della carità. Se noi amiamo veramente Cristo, se

pensiamo che siamo stati redenti dal suo sangue, non dobbiamo più nulla

desiderare, più nulla fare, all’infuori di ciò che sappiamo essere di suo

volere».

27. V. Paolo amava talmente Cristo, da sembrare trasformato in lui. Effetto

dell’amore, anzi la sua sommità, è l’unione intima, l’estasi, il rapimento

nell’amato. L’anima è più presente dove ama che non dove vivifica. Così

suonano quei detti di Paolo: «La mia vita è Cristo, e la morte è per me un

guadagno» (Filippesi l, 21). «Io sono stato confitto in croce con Cristo; io

vivo, ma non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me, e questa vita

che vivo nella carne, la vivo nella fede del Figliuolo di Dio, il quale mi ha

amato e ha dato se stesso per me» (Galati 2, 19 s.). E: «Quanto a me, lungi

da me gloriarmi d’altro se non della croce del Signor nostro Gesù Cristo,

per cui il mondo è crocifisso a me ed io al mondo» (Galati 6, 14). E: «Del

resto, nessuno m’inquieti, perché io porto le stimmate del Signore Gesù

nel mio corpo» (Galati 6, 17).

Cristo pertanto sembrava divenuto la mente, l’anima, la vita e lo spirito di

san Paolo, il quale per lui parlava, operava, soffriva. «Cercate forse, dice,

di far prova di colui che parla in me, di Cristo?» (2 Corinti 13, 3).

Perciò san Girolamo (55) prescrive a Pammachio le norme di tal vita e di

tale amore: «Cristo sia tutto; chi ha abbandonato ogni cosa per Cristo, trovi

una cosa sola per tutte, onde possa con libera voce gridare: Il Signore è la

mia porzione».

Infine, Paolo era crocifisso alla croce di Cristo con chiodi non di ferro, ma

di amore; in lui viveva la sua vita di amore, come dice san Dionigi (56);

poiché Cristo viveva in lui come principio, regola e fine di ogni suo

pensiero, desiderio, parola, e opera. Ciò espresse in quel1a frase: «Per me

vivere è Cristo», ossia: Cristo è la mia vita, Cristo è il mio pensiero, Cristo

è il mio desiderio, Cristo è il mio amore; il mio volere, il mio parlare, il

mio operare è ancora Cristo; non voglio altro, non gusto altro, non faccio

altro, non penso ad altro, non parlo d’altro che non sia Cristo.


Paolo ebbro di amor di Dio e di amore a Gesù

28. VI. Paolo e gli Apostoli, ebbri di amore di Dio, lasciavano trasparire

dovunque questo amore, celebrando così le grandezze di Dio (Cfr. Atti 2,

13). 

Osserva quanto dice san Paolo: «Se infatti andiamo fuori dei sensi, lo

facciamo per Iddio; se stiamo nei limiti, è per voi; perché la carità di Cristo

ci stringe, ecc.; affinché quelli che vivono non vivano già per loro stessi,

ma per colui che è morto e risuscitato per essi» (2 Corinti 5, 13 s, 15). 

Qua e là: questo amore lo fa trapelare e lo trasfonde negli altri: «Siate ripieni di

Spirito Santo, dice. Conversate tra di voi in salmi, inni e canti spirituali,

cantando e salmeggiando di tutto cuore al Signore, ringraziando sempre

Dio e Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo per ogni cosa»

(Efesini 5, 18-20).

29. VII. Il nome di Gesù era per Paolo una delizia: miele nella bocca,

armonia nell’orecchio, giubilo nel cuore. Da ciò quel ripetere che fa nelle

poche e brevi sue lettere per ben duecento e diciannove volte il nome di

Gesù, e quattrocento e una volta quello di Cristo. «Non vi è alcuno, scrive

il Crisostomo (57), che abbia amato più ardentemente Cristo di Paolo; non

vi è alcuno che presso Dio sia stato più bene accetto di Paolo».

All’incontro Gesù lo accarezzava con le sue consolazioni, da indurlo a

disprezzare le voluttà della carne e del mondo, a detestarle anzi come

rifiuti. 

Ripeteva pertanto con la Sposa «L’anima mia era venuta meno

appena il mio diletto parlò» (Cantico dei Cantici 5, 6). E: «Il mio diletto è

per me ed io per lui, che si pasce tra i gigli, fino a che non raffreschi il

giorno e non si allunghino le ombre» (Cantico dei Cantici 2, 16).

   Leggiamo pure di sant’Efrem, che abbondava tanto di dolcezza divina, da

essere costretto ad esclamare: «Frena, o Signore, le onde della tua

dolcezza, poiché non posso più sostenerle». E del santo Saverio, apostolo

dell’India, che esclamava: «Basta, o Signore; basta». E del beato Luigi

Gonzaga che ripeteva: «Ritirati da me, o Signore».

Sesta virtù

Profonda riverenza a Dio e religione

30. I. Paolo, avendo sempre davanti agli occhi Dio, lo venerava, e pensava

che era alla presenza di Dio e di tutti gli angeli; così agiva e parlava.

«Siamo fatti spettacolo al mondo, agli Angeli e agli uomini» scriveva (l

Corinti 4, 9). Anche san Bernardo si intratteneva ed abitava con Dio nella

nube. E san Gregorio (58) narra come san Benedetto parimenti morì

tenendo le mani alzate verso il cielo, ed esalò il suo spirito pronunziando

ancora parole di preghiera.

31. II. Paolo venerava ed adorava Dio con umile atteggiamento di cuore e

di corpo: «Abbiamo, dice, la grazia, per la quale possiamo servire a Dio in

un modo a lui gradito, con timore e riverenza; perché il nostro Dio è un

fuoco che divora» (Ebrei 12, 28). E: «Per questa causa piego le mie

ginocchia dinanzi al Padre del Signor nostro Gesù Cristo, da cui ogni

paternità e nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo

le ricchezze della sua gloria, di essere mediante lo Spirito potentemente

corroborati nell’uomo interiore» (Efesini 3, 14-16). Ed ancora: «Pregherò

con lo spirito e pregherò con la mente, salmeggerò con lo spirito e

salmeggerò con la mente» (l Corinti 14, 15).

32. III. Paolo invocava frequentemente Dio, e si raccomandava alle

preghiere dei cristiani, affinché Dio illuminasse le menti dei fedeli e degli

infedeli ai quali predicava: «Rendo grazie al mio Dio, dice, ogni volta che

mi ricordo di voi, e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, con gioia

prego per voi» (Filippesi l, 3 s). E: «Del resto, o fratelli, pregate per noi

affinché la parola di Dio corra e sia glorificata come fra voi, e siamo

liberati dagli uomini importuni e cattivi» (2 Tessalonicesi 3, l s.). Ed

ancora: «Siate perseveranti nell’orazione, ecc.; pregando insieme anche

per noi, affinché Dio ci apra la porta della parola, per parlare il mistero

di Cristo» (Colossesi 4, 2 s.). Le stesse cose scrive agli Efesini (Efesini 6,

18-19).

Paolo triplice vittima

33. IV. «Paolo, dice san G. Crisostomo (59), immolava se stesso ciascun

giorno a Dio; e questa vittima l’offriva in due maniere, ora morendo ogni

giorno, ora circondando senza tregua il suo corpo con mortificazioni.

Infatti si preparava continuamente ai pericoli, consumando un martirio di

desiderio e mortificando in se la natura della carne: e ciò facendo

disimpegnava non solo le veci di un’ostia immolata a Dio, ma faceva

molto di più. Perciò diceva: Io sono immolato, riferendosi all’immolazione

del suo sangue. né si accontentò di questi soli sacrifici, ma essendosi

consacrato a Dio, si studiò di offrirgli anche tutto il mondo».

34. V. Paolo rimane stupito e muto di fronte a Dio, alla Trinità Santissima,

alle di lei opere ed ai di lei consigli. «O profondità delle ricchezze della

sapienza e della scienza di Dio! esclama. Quanto sono incomprensibili i

suoi giudizi, ed imperscrutabili le sue vie! Chi ha conosciuto il pensiero

del Signore? E chi gli è stato consigliere? Chi gli ha dato per il primo, per

averne da ricevere il contraccambio? Da lui e per lui e in lui son tutte le

cose. A lui gloria nei secoli. Così sia» (Romani 11, 33.36).

Soprattutto è ammirato per il mistero della redenzione, dell’incarnazione,

della passione e croce di Cristo, della vocazione dei gentili e della

riprovazione dei giudei. Tale mistero scruta profondamente, ed

elegantemente lo descrive, chiamandolo: «il mistero che fu taciuto per

secoli eterni, ma che ora è stato svelato e notificato per le Scritture dei

profeti, secondo l’ordine eterno di Dio, per trarre all’obbedienza della

fede» (Romani 16, 25 s.). «Mistero che l’occhio non vide, l’orecchio non

udì, che in cuore dell’uomo non entrò» (1 Corinti 2, 9). E nuovamente

chiama questo mistero: «le incomprensibili ricchezze di Cristo,...

attuazione del mistero ascoso da secoli in Dio,... la multiforme sapienza di

Dio;... affinché possiate, soggiunge, con tutti i santi, comprendere quale sia

la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, anzi possiate

conoscere ciò che supera ogni scienza, la stessa carità di Cristo, in modo

che siate ripieni di tutta la pienezza ai Dio» (Efesini 3, 8. 9. 10. 18 s.).


"Caritas Christi urget nos"

(2Cor 5,14

domenica 25 aprile 2021

I tesori di Cornelio A Lapide: CIELO

I tesori di Cornelio A Lapide: CIELO: 1. Il cielo è il capolavoro di Dio. — 2. Differenza tra il cielo e la terra. — 3. Il cielo è la vera patria. — 4. Bellezze e ricchezze del c...