"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
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giovedì 20 marzo 2014
giovedì 24 ottobre 2013
Sia lodato Gesù Cristo!
Sua Ecc. Mons. Schneider alla Fondazione Lepanto
(di
Fabrizio Cannone) Il 30 settembre u.s. Sua Ecc. Mons.
Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare di Astana in Kazakistan, ha tenuto una
seguitissima conferenza presso la Fondazione Lepanto in cui ha presentato il
contenuto della sua ultima preziosa opera, Corpus Christi. La Santa Comunione e
il rinnovamento della Chiesa (Libreria Editrice Vaticana, 2013, pp. 100, euro
9).
Mons. Schneider ha colpito i numerosi presenti per il suo portamento
davvero episcopale e degno di un Successore degli Apostoli, portamento
in cui è facile scorgere la perfetta coerenza dell’uomo con l’insegnamento che
appassionatamente ha profuso sulla retta ricezione dell’Eucaristia.
Dopo un sentito Sia lodato Gesù Cristo, il prelato ha iniziato la sua
conferenza spiegando che lo spirito cristiano autentico è spirito di adorazione
e di preghiera. Solo Cristo, ha detto, può adorare degnamente e
perfettamente Dio e noi lo possiamo solo ad imitazione del Figlio.
Tutta la
Tradizione, secondo Schneider, dà una importanza capitale alle norme liturgiche
le quali debbono essere rispettate da tutti senza eccezione: popolo e
celebranti. Nell’Antico Testamento per esempio esistevano delle norme codificate
per il culto divino e il Nuovo Testamento, benché fondato sul concetto della
giusta libertà dei figli di Dio, possiede uno spirito liturgico chiaro e
preciso.
Nella storia gli gnostici, gli albigesi, i calvinisti e certi
protestanti hanno contrapposto le norme del culto con il suo spirito, ma si
tratta di una falsa contrapposizione: le norme esterne di legge restano
fondamentali e senza norme non esiste un vero spirito di adorazione
legittima.
D’altra parte la Chiesa di Roma, a detta del Prelato, ha sempre
rifiutato l’innovazione liturgica come tale, e ciò in nome della Tradizione
Apostolica (così si espressero sia i Papi del medioevo che lo stesso
Concilio di Trento). La bolla Quo Primum tempore di san Pio V è affatto
contraria alle innovazioni arbitrarie e lo stesso afferma la Sacrosanctum
Concilium (n. 50 del Concilio Vaticano II). Non si può negare però che dopo la
svolta conciliare furono introdotte ovunque delle novità del tutto sconosciute
prima come l’orientamento del celebrante verso l’assemblea, la comunione data da
laici e da donne, le letture di laici all’ambone, le chierichette, le danze
profane, etc.
Secondo il Vescovo è urgente ripristinare alcuni elementi liturgici
che si sono persi nell’ultimo mezzo secolo come il silenzio, la genuflessione,
l’incenso, il canto sacro: tutte cose che si trovano come tali nel
libro dell’Apocalisse. Tutto ciò deve riportare ad un culto teocentrico e non
più antropocentrico, come avviene comunemente oggi, con il celebrante che
diventa il solo protagonista del rito.
In tale contesto di risacralizzazione non più procrastinabile, la
santa Comunione, che è il Corpo di Cristo, deve essere ricevuta in modo degno e
pio, e non come un qualunque cibo. Mons. Schneider parla di «opzione
preferenziale per il Povero» per eccellenza, ovvero Gesù Sacramentato, spesse
volte esposto al disprezzo e all’indifferenza nelle nostre chiese e basiliche.
Davvero oggi Cristo Eucaristico è alla periferia esistenziale della Comunità.
Il
Presule auspica da parte della Santa Sede delle nuove norme che rimettano ordine
nella liturgia, nel culto e nella preghiera cristiana. (Fabrizio
Cannone)
(di
Fabrizio Cannone) Il 30 settembre u.s. Sua Ecc. Mons.
Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare di Astana in Kazakistan, ha tenuto una
seguitissima conferenza presso la Fondazione Lepanto in cui ha presentato il
contenuto della sua ultima preziosa opera, Corpus Christi. La Santa Comunione e
il rinnovamento della Chiesa (Libreria Editrice Vaticana, 2013, pp. 100, euro
9).
Mons. Schneider ha colpito i numerosi presenti per il suo portamento
davvero episcopale e degno di un Successore degli Apostoli, portamento
in cui è facile scorgere la perfetta coerenza dell’uomo con l’insegnamento che
appassionatamente ha profuso sulla retta ricezione dell’Eucaristia.
Dopo un sentito Sia lodato Gesù Cristo, il prelato ha iniziato la sua
conferenza spiegando che lo spirito cristiano autentico è spirito di adorazione
e di preghiera. Solo Cristo, ha detto, può adorare degnamente e
perfettamente Dio e noi lo possiamo solo ad imitazione del Figlio.
Tutta la
Tradizione, secondo Schneider, dà una importanza capitale alle norme liturgiche
le quali debbono essere rispettate da tutti senza eccezione: popolo e
celebranti. Nell’Antico Testamento per esempio esistevano delle norme codificate
per il culto divino e il Nuovo Testamento, benché fondato sul concetto della
giusta libertà dei figli di Dio, possiede uno spirito liturgico chiaro e
preciso.
Nella storia gli gnostici, gli albigesi, i calvinisti e certi
protestanti hanno contrapposto le norme del culto con il suo spirito, ma si
tratta di una falsa contrapposizione: le norme esterne di legge restano
fondamentali e senza norme non esiste un vero spirito di adorazione
legittima.
D’altra parte la Chiesa di Roma, a detta del Prelato, ha sempre
rifiutato l’innovazione liturgica come tale, e ciò in nome della Tradizione
Apostolica (così si espressero sia i Papi del medioevo che lo stesso
Concilio di Trento). La bolla Quo Primum tempore di san Pio V è affatto
contraria alle innovazioni arbitrarie e lo stesso afferma la Sacrosanctum
Concilium (n. 50 del Concilio Vaticano II). Non si può negare però che dopo la
svolta conciliare furono introdotte ovunque delle novità del tutto sconosciute
prima come l’orientamento del celebrante verso l’assemblea, la comunione data da
laici e da donne, le letture di laici all’ambone, le chierichette, le danze
profane, etc.
Secondo il Vescovo è urgente ripristinare alcuni elementi liturgici
che si sono persi nell’ultimo mezzo secolo come il silenzio, la genuflessione,
l’incenso, il canto sacro: tutte cose che si trovano come tali nel
libro dell’Apocalisse. Tutto ciò deve riportare ad un culto teocentrico e non
più antropocentrico, come avviene comunemente oggi, con il celebrante che
diventa il solo protagonista del rito.
In tale contesto di risacralizzazione non più procrastinabile, la
santa Comunione, che è il Corpo di Cristo, deve essere ricevuta in modo degno e
pio, e non come un qualunque cibo. Mons. Schneider parla di «opzione
preferenziale per il Povero» per eccellenza, ovvero Gesù Sacramentato, spesse
volte esposto al disprezzo e all’indifferenza nelle nostre chiese e basiliche.
Davvero oggi Cristo Eucaristico è alla periferia esistenziale della Comunità.
Il
Presule auspica da parte della Santa Sede delle nuove norme che rimettano ordine
nella liturgia, nel culto e nella preghiera cristiana. (Fabrizio
Cannone)
sabato 12 ottobre 2013
NON E' UNO SCHERZO! INDICAZIONE ORDINATA DE' DIFETTI PRINCIPALI CHE SOGLIONSI COMMETTERE NELLA CELEBRAZIONE DELLA MESSA. // Preghiamo per i SACERDOTI perché la liturgia ritorni al suo splendore.
Giuseppe Card. MorozzoDELLE SACRE CERIMONIEINDICAZIONE ORDINATA
DE' DIFETTI PRINCIPALI CHE SOGLIONSI COMMETTERE
NELLA CELEBRAZIONE DELLA MESSA
73. Per compiere esattamente a quanto sta dalle Rubriche ingiunto per la celebrazione della Messa gioverà non poco lo avere presenti, quasi sotto ad un solo punto di vista, i difetti principali, ne' quali non di rado si cade, or l'uno, or l'altro commettendo, affinché co' precetti che sin qui si sono dichiarati si possano quelli evitare. Per procedere adunque ordinatamente è difetto in primo luogo, se non iscusi un giusto motivo, il non aver recitato almeno il Mattutino colle Laudi prima della Messa.
Non fare una sufficiente preparazione nella Chiesa, anche per edificazione altrui.
Lavarsi le mani avanti di aver trovata la Messa nel libro, o dopo aver accomodato il Calice, o dopo essersi parato.
Non acconciarsi il Calice per se stesso, oppure il non rivederne l'apparecchio prima di andare all'altare.
Mettere il corporale nudo fuori della borsa sopra il velo, e cosi portarlo all'Altare, o riportarnelo.
Parlare con altri mentre si vestono i sacri paramenti.
Appararsi a capo coperto, o porre sul Calice, o sul messale il fazzoletto, la berretta, il berrettino, gli occhiali. Fare inchino prima di mettersi l'amitto, o segnarsi già avendo il medesimo tra le mani.
Non sovrapporre, la parte destra alla sinistra de' sacri paramenti, ed aggiungere Amen alle preci stabilite nel vestirsene, essendo una sol volta prescritto.
Mettersi a cintola un fazzoletto lordo, ed in modo disporlo che oltrepassi la pianeta.
Porsi il manipolo al gomito; o far calare la stola sopra il dorso, o non aggiustarli onde la Croce torni nel mezzo, ovvero rimanga fuori della pianeta.
Non ricevere a mani giunte i paramenti se sono imposti dal Ministro, e baciare il camice, o la pianeta.
Non sapere le Orazioni secrete che lungo la Messa sono da recitarsi a memoria.
Girare per la sagrestia co' paramenti indosso tanto avanti, che dopo la Messa.
Fare la riverenza alla Croce, od Immagine principale della sagrestia colla berretta in mano; o levarsela per genuflettere al Ss.mo Sacramento chiuso nel Ciborio, andando all'altare.
Portare il Calice troppo in alto, o troppo declinato, e non avanti al petto; od andare all'altare, e ritornarvene, frettolosamente camminando, senza tenere gli occhi bassi.
Dopo aver fatta la genuflessione all'altare in cui è il Ss.mo Sacramento, aggiungere anche l'inchino alla Croce.
Mettere la borsa contro il gradino de' candelieri colla mano sinistra; o far aprire, e chiudere il messale dal Ministro.
Trattenersi nel mezzo dell'altare a guardare la Croce prima di scendere al dovuto luogo per cominciare la Messa.
Volgere le spalle alla Croce per non ritirarsi un poco dalla parte del Vangelo sì nello scendere per dar principio alla Messa, che nel partirsi dopo averla finita.
74. Non conservare la dovuta gravità; e frugacchiarsi le orecchie, il naso, strofinarsi gli occhi, acconciarsi i capelli, e simili.
Cominciare la Messa avanti che sieno accese le candele, o permettere, che si spengano al finirsi della Messa anzi che sia tutto letto l'ultimo Vangelo.
Stando colle mani giunte non tenere le dita distese, ed i pollici sovrapposti in forma di Croce.
Farsi il segno di Croce in aria, o in maniera dimezzata, ed imperfetta.
Essendo tre lo inchinazioni profonda, mediocre, e semplice, far l'una a vece dell'altra ne' tempi dalla Rubrica per ciascuna determinati.
Non lasciar finire al Ministro le risposte, e potendolo, non avvisarlo de' suoi mancamenti nella pratica del suo ufficio.
Aggiungere la particola et nel ripetere l'Antifona Introibo del Salmo Judica me Deus.
Battersi il petto nel Confiteor a mano aperta, o con veemenza, od inchinarsi al Ministro nella Messa privata alle parole vobis Fratres, e vos Fratres; o rispondere Amen dopo fatta dal medesimo la Confessione.
Aggiungere le parole omnibus, oppure omnium ai versi Misereatur, ed Indulgentiam, dicendo pure in questo peccatorum vestrorum invece di nostrorum.
Alla preghiera Aufer e nobis non essere inchinato al tempo prescritto, e dopo aver baciato l'altare fare l'inchino prima di andare al libro.
Dire con troppa fretta e le cose che sono da recitarsi chiaramente, e quelle che deggionsi proferire in segreto con pericolo anche di sincopare le parole.
Trasportare le Cerimonie, cominciandole prima, o dopo del tempo assegnato.
Far le viste di baciare l'altare senza baciarlo realmente, o ciò compiere per canto, e non nel mezzo, o torcendosi nella vita.
Cominciare i Kyrie eleison prima di essere nel mezzo dell'altare; e tralasciare nell'Inno Angelico i voluti inchini.
Dire il Dominus vobiscum non volgendosi al popolo a mani giunte, o non tenendo gli occhi bassi, o senza deporre gli occhiali; e dire in seguito Oremusprima di arrivare al messale, menando anche per le lunghe, quasi che fosse raddoppiata, la prima lettera O.
Non fare gli inchini ai nomi di Gesù, di Maria, e dei Santi, di cui corre le festa, o la commemorazione; o nel conchiudere le Orazioni farlo anche quando non sonovi le parole Jesum Christum.
Recitare le Orazioni senza tenere a' suoi tempi unite, od aperte avanti al petto le mani.
Non alzare alla Croce gli occhi nei luoghi dalla Rubrica indicati.
Dire nel Munda cor meum nella Messa privata Jube, Domne, e non Jube, Domine, benedicere; o baciar l'altare dopo tale preghiera.
Appoggiare le mani sull'altare al Munda cor meum, e successivamente al Sanctus, ed all'Agnus Dei.
Non porre nel cominciare il Vangelo la mano sinistra sul messale per fare su di esso il segno di Croce, o sotto al petto segnando se stesso; e non fare tali segni colla parte inferiore del pollice; né tenendo le altre dita distese.
Fare l'inchino alla Croce, o verso di essa genuflettere leggendo il Vangelo, e non verso il messale come è comandato.
Cominciare il segno della Croce al finirsi del Simbolo prima dell'articolo Et vitam etc.
75. Dire l'Offertorio a mani aperte; o togliere mentre si recita il velo dal Calice; e dopo recitato questi mettere alla rinfusa, o collocarlo dietro al Calice a vece di piegarlo come si conviene.
Tergere con violenza il Calice; e cominciare la preghiera Deus, qui humanæ substantiæ etc. prima di aver deposto il bocciuolo del vino.
Abbassare il capo ai nomi di Gesù, e di Maria nel recitare la preghiera Suscipe, sancta Trinitas etc., essendo già il Sacerdote alla medesima inchinato.
Fare i segni di Croce sull'Ostia, e sul Calice piegando le dita nel tirare le linee per formarle, o tenendo la mano mezzo chiusa, o facendoli per punti, e per salti.
Non dire segretamente dopo le parole Orate, fratres etc., proferite con voce mediocre, tutto il restante della esortazione, o rispondere Amen prima che sia terminato il Suscipiat detto dal Ministro, proseguendo anche fuori di tempo le secrete.
Inchinare il capo alle parole ubique gratias agere della Prefazione, od alle altre per Christum Dominum nostrum tanto nella medesima, che altrove, fuorché dopo la commemorazione de' defunti.
Battersi il petto al Sanctus, e non proferire queste parole con voce mediocre; ed in seguito dire con voce alta ciò che debbe recitarsi segretamente.
Non avere giunte le mani prima di fare i segni di Croce; o tenere una mano per aria mentre l'altra sta operando.
Bagnarsi le dita colla saliva per volgere i fogli più facilmente.
Mettere i pollici sotto alla palma delle mani nel dire Hanc igitur oblationem etc.; e purificare accanto all'Ostia le dita prima di prenderla.76. Tenere la mano sinistra appoggiata all'altare per benedire l'Ostia prima di consecrarla.
Prendere il Calice con una mano sola nel dire accipiens et hunc præclarum Calicem etc.; e stare colla bocca troppo vicina al medesimo, o tenerlo appoggiato, oppure inclinato verso di sé.
Non proferire segretamente le parole della consecrazione, o far gesti colla testa, e storcimenti in tale atto, o tenere il piede destro alzato in punta per essere presto a genuflettere.
Non portare verso la fronte dell'altare le giunture delle mani per fare più comodamente la genuflessione.
Non accompagnare l'Ostia, ed il Calice collo sguardo facendone l'elevazione, e tenerli fermi più del dovere a vista de' circostanti.
Dire le parole Hæc quotiescumque feceritis etc. nel tempo dell'elevazione, e non subito dopo la consecrazione.
Non tenere le dita pollici ed indici unite dalla consecrazione sino alla purificazione; o toccare l'Ostia colle altre dita; o non tenere, nel maneggiare l'Ostia le dita inferiori sempre distese.
Non fare le genuflessioni sino a terra, o praticarle senza garbo, o frettolosamente.
Mettere le mani giunte sopra l'altare totalmente dentro il corporale dopo la consecrazione senza seguire il metodo espresso una volta, e per sempre dalla Rubrica senza veruna distinzione.
Fare la pausa alla commemorazione dei defunti prima di aver dette le parole qui nos præcesserunt etc.; o dire con voce chiara le parole Memento etiam Domine: Ipsis, Domine, etc., quando esse pure, come nella commemorazione dei viventi denno essere segrete.
Non battersi il petto colle sole tre dita inferiori per non toccare colle unite la pianeta.
Inchinare il capo nel dire Nobis quoque peccatoribns etc.;od aggiungere Amen alla conclusione che segue questa preghiera.
Stare inchinato al dire Præceptis salutaribus moniti etc., o recitarlo a mani aperte; ed estrarre la patena per nettarla prima di aver risposto Amen.
Non tenere al petto la mano sinistra nel farsi colla patena il segno della Croce; o non astergerla colla destra.
Baciar la patena nella parte di sotto, o per taglio, e ripulirla contro la pianeta, ovvero in altra parte dopo averla baciata.
Purificare le dita dai frammenti strofinandole l'un dopo l'altro contro il labbro del Calice.
Voltarsi da una parte per dire Domine non sum dignus etc., o appoggiare sull'altare il braccio sinistro, o portare sopra l'altare la destra mano ogni volta che si batte il petto.77. Fare un segno di Croce coll'Ostia nell'atto di comunicarsi oltre i limiti della patena, e sputacchiare mentre si sta quella per ricevere.
Non raccogliere i frammenti colla dovuta diligenza; e non avere la patena fra le dita della mano sinistra nel fare verso di sé col Calice il segno di Croce.
Succiare al Calice facendo strepito, od avendo gli occhi innalzati al Cielo.
Mettere la palla sulla patena avanti di andare dalla parte dell'Epistola per lavarsi le dita sul Calice; o cercare di nuovamente mondarla nel purificatojo.
Appoggiare il Calice sull'altare nel ricevere il vino per la purificazione a vece di tenervelo alzato, o porgerlo verso il Ministro fuori della mensa senza necessità.
Dopo essersi lavate le dita nel Calice, e consumato il vino e l'acqua infusivi, astergersi colle dita le labbra, e non col purificatojo.
Tenere il Calice per aria mentre si piega il corporale, porre la borsa su di quello coll'apertura che non sia verso il petto.
Permettere che il Chierico Ministro copra, ed accomodi il Calice; e lasciare il medesimo col velo anteriormente alzato.
Non chiudere il messale pel suo verso, in modo cioè che l'apertura rimanga verso la parte del Vangelo.
Finire la conclusione dell'ultima Orazione camminando verso il mezzo dell'altare.
Inchinarsi al popolo nel dire Ite, Missa est; o stare inchinato per proferire Benedicamus Domino.
Prendere la berretta, allora che sta per partire dall'altare, prima di fare la riverenza, o la genuflessione; togliersela prima di aver fatto alla Croce, od Immagine principale della sagrestia inchino profondo.
Gettare i paramenti alla rinfusa nello spogliarsene senza accomodarli sul banco con rispetto; o non baciare quelli che si devono; e torsi il camice prima per lo capo, od al rovescio.
Mettersi a discorrere con altri, o partirsi dalla sagrestia, o dalla Chiesa prima di aver compiuto per un tempo competente il rendimento di grazie.Altri molti sariensi dovuti difetti connumerare a schifamento di ogni contravvenzione alle Rubriche, ma perché per l'attenta lettura degli esposti insegnamenti di leggieri si ponno conoscere, per amore di brevità si sono tralasciati, a quelli rimettendo il diligente Sacerdote, onde ammendi qualunque maniera, che ai medesimi si opponga.da: G. MOROZZO, Delle sacre cerimonie. Trattati proposti al ven. Clero della sua Diocesi, Novara, Rasario, 1827, pp. 74-81
LINK UTILI
lunedì 8 luglio 2013
ARCHEOLOGITE LITURGICA - SACRILEGIO DILAGANTE
giovedì 22 marzo 2012
"Questa storia ha da finì!"
GIOVEDÌ 22 MARZO 2012
Università La Sapienza di Roma: Religioso nega S. Comunione a fedele inginocchiatosi
"Questa storia ha da finì!"
Un lettore ci segnala un nuovo e gravissimo episodio di disobbedienza al Papa e alla Legge della Chiesa e soprattutto di "irriverenza" verso la Ss.ma Eucarestia.
Dopo il padre Cappuccino di San Remo (si veda qui il post), tanto per fare un esempio solo, anche un Gesuita a Roma (precisamente nella Cappella Universitaria della Sapienza) si è platealmente e illecitamente rifiutato di dare la S. Comunione ad un fedele che dopo aver partecipato alla S. Messa, si era inginocchiato per essere comunicato dal celebrante.Qui di seguito la lettera che Jacopo Parravicini ci ha inviato e che noi pubblichiamo perchè molti altri fedeli prendano coraggio per denunciare i comportamenti illeciti dei sacerdoti e, soprattutto perchè i responsabili, se mai ci dovessero leggere (e sappiamo che ci leggono!) prendano provvedimenti, fosse anche solo per non perdere la faccia!
Un lettore ci segnala un nuovo e gravissimo episodio di disobbedienza al Papa e alla Legge della Chiesa e soprattutto di "irriverenza" verso la Ss.ma Eucarestia.
Dopo il padre Cappuccino di San Remo (si veda qui il post), tanto per fare un esempio solo, anche un Gesuita a Roma (precisamente nella Cappella Universitaria della Sapienza) si è platealmente e illecitamente rifiutato di dare la S. Comunione ad un fedele che dopo aver partecipato alla S. Messa, si era inginocchiato per essere comunicato dal celebrante.Qui di seguito la lettera che Jacopo Parravicini ci ha inviato e che noi pubblichiamo perchè molti altri fedeli prendano coraggio per denunciare i comportamenti illeciti dei sacerdoti e, soprattutto perchè i responsabili, se mai ci dovessero leggere (e sappiamo che ci leggono!) prendano provvedimenti, fosse anche solo per non perdere la faccia!
Roberto
" Gentile redazione di MessaInLatino,
vi scrivo in merito al diritto dei fedeli di ricevere la Comunione in ginocchio per segnalarvi un gravissimo episodio recentemente occorsomi proprio a Roma.
Venerdì 16 marzo 2012 intorno alle 12.30 partecipavo alla celebrazione della Messa Feriale nella Cappella Universitaria dell’Università La Sapienza di Roma (foto), retta dai Gesuiti (http://www.uniroma1.it/sapienza/cappella/i-gesuiti): la celebrazione era presieduta dal vice cappellano, padre Franco Annichiarico, S.I. Già nel corso della Messa egli mostrava una certa imprecisione nel celebrare, oltre che una certa fretta (per esempio all’Offertorio ha offerto “il pane e il vino” contemporaneamente, non separatamente come, per quanto ne so, prevede il Rito Romano), anche se il peggio è venuto dopo.
Dopo la Comunione del sacerdote i fedeli, una quindicina circa, si sono messi disciplinatamente in coda per ricevere la Santa Eucarestia. Arrivato il mio turno, come mia consuetudine, mi sono inginocchiato innanzi al sacerdote per ricevere la Comunione.
Il sacerdote (visibilmente infastidito): “In piedi”
Io: “No”
Sacerdote: “Si alzi, glieLa do in piedi”.
Io: “No, il Papa ha detto che va bene così”.
Sacerdote: “Si alzi, non posso darglieLa così!”
Io: “Perché?”
A quel punto, mentre ancora ero inginocchiato, il celebrante mi ha scansato aggirandomi e si è messo a distribuire la Comunione agli altri. Dopo un secondo di sbigottimento mi sono rialzato e sono andato a sedermi sulla prima panca. Inutile dire il mio sgomento e la mia desolazione: “Rifiutarmi la Comunione perché ho mostrato devozione per la Santa Eucarestia, come se fossi un eretico, uno scomunicato, uno che dà pubblico scandalo! Si concede la Comunione perfino a omosessuali praticanti e conclamati e la si nega a me solo perché mi sono inginocchiato!”
Temendo di non saper resistere alla tentazione dell’ira, ho evitato di andare subito a parlare col sacerdote. Sono uscito dalla cappella per tornarvi un’oretta dopo, con in mano la stampa dellIstruzione Redemptionis Sacramentum debitamente sottolineata nei punti giusti (n. 90 e soprattutto 91: "[91.] Nella distribuzione della santa Comunione è da ricordare che«i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli». Pertanto, ogni cattolico battezzato, che non sia impedito dal diritto, deve essere ammesso alla sacra comunione. Non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi."Mi sono presentato negli uffici della cappellania: non ho trovato don Franco (“in questo momento non c’è”), ma un suo confratello, padre Giancarlo Pani S.I., che mi ha accolto con molta gentilezza. A lui ho potuto spiegare pacatamente quanto accaduto: egli mi ha dunque accompagnato in chiesa e, messosi camice e stola, mi ha comunicato personalmente. Gli ho quindi lasciato il testo della Redemptionis Sacramentum invitandolo a recapitarlo al confratello disobbediente e lui a sua volta mi ha invitato a tornare in futuro a parlare personalmente con don Franco.
Tuttavia una pubblica disobbedienza al Papa (meglio sarebbe dire “tradimento”) perpetrata nella città e nella diocesi di Roma proprio da parte di un gesuita è per lo meno qualcosa di vergognoso! Che cosa avrà trasmesso il suo atteggiamento agli altri fedeli presenti alla Messa? Quale irreparabile danno temeva nell’amministrarmi la Comunione mentre ero in ginocchio?
È per questo che, pur avendolo perdonato, ahimé non posso tacere su quanto accaduto, poiché se lo facessi sarei complice di quello stesso sopruso (e di quel disordine nella Chiesa che tanto preoccupa il Santo Padre) già perpetrato da preti come lui (anche non gesuiti) a tanti altri fedeli incapaci di difendersi o timorosi o rassegnati. Qui non si tratta soltanto dell’obbedienza alle norme liturgiche, non si tratta soltanto del dovuto ossequio al Papa, non si tratta soltanto di maltrattare pubblicamente la pietà dei fedeli, ma si tratta del Ministero Sacerdotale: per quale chiesa è stato ordinato quel prete? Se crede alla Presenza Reale, perché si è mostrato così scandalizzato nel vedere un fedele in ginocchio che desidera ricevere il Santissimo Sacramento?
Se foste stati in quel momento tra i fedeli, cosa avreste pensato, come avreste reagito? Mi auguro che don Franco trovi il tempo di domandarsi seriamente che cosa penserebbe sant’Ignazio di Loyola del suo operato.
vi scrivo in merito al diritto dei fedeli di ricevere la Comunione in ginocchio per segnalarvi un gravissimo episodio recentemente occorsomi proprio a Roma.
Venerdì 16 marzo 2012 intorno alle 12.30 partecipavo alla celebrazione della Messa Feriale nella Cappella Universitaria dell’Università La Sapienza di Roma (foto), retta dai Gesuiti (http://www.uniroma1.it/sapienza/cappella/i-gesuiti): la celebrazione era presieduta dal vice cappellano, padre Franco Annichiarico, S.I. Già nel corso della Messa egli mostrava una certa imprecisione nel celebrare, oltre che una certa fretta (per esempio all’Offertorio ha offerto “il pane e il vino” contemporaneamente, non separatamente come, per quanto ne so, prevede il Rito Romano), anche se il peggio è venuto dopo.
Dopo la Comunione del sacerdote i fedeli, una quindicina circa, si sono messi disciplinatamente in coda per ricevere la Santa Eucarestia. Arrivato il mio turno, come mia consuetudine, mi sono inginocchiato innanzi al sacerdote per ricevere la Comunione.
Il sacerdote (visibilmente infastidito): “In piedi”
Io: “No”
Sacerdote: “Si alzi, glieLa do in piedi”.
Io: “No, il Papa ha detto che va bene così”.
Sacerdote: “Si alzi, non posso darglieLa così!”
Io: “Perché?”
A quel punto, mentre ancora ero inginocchiato, il celebrante mi ha scansato aggirandomi e si è messo a distribuire la Comunione agli altri. Dopo un secondo di sbigottimento mi sono rialzato e sono andato a sedermi sulla prima panca. Inutile dire il mio sgomento e la mia desolazione: “Rifiutarmi la Comunione perché ho mostrato devozione per la Santa Eucarestia, come se fossi un eretico, uno scomunicato, uno che dà pubblico scandalo! Si concede la Comunione perfino a omosessuali praticanti e conclamati e la si nega a me solo perché mi sono inginocchiato!”
Temendo di non saper resistere alla tentazione dell’ira, ho evitato di andare subito a parlare col sacerdote. Sono uscito dalla cappella per tornarvi un’oretta dopo, con in mano la stampa dellIstruzione Redemptionis Sacramentum debitamente sottolineata nei punti giusti (n. 90 e soprattutto 91: "[91.] Nella distribuzione della santa Comunione è da ricordare che«i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli». Pertanto, ogni cattolico battezzato, che non sia impedito dal diritto, deve essere ammesso alla sacra comunione. Non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi."Mi sono presentato negli uffici della cappellania: non ho trovato don Franco (“in questo momento non c’è”), ma un suo confratello, padre Giancarlo Pani S.I., che mi ha accolto con molta gentilezza. A lui ho potuto spiegare pacatamente quanto accaduto: egli mi ha dunque accompagnato in chiesa e, messosi camice e stola, mi ha comunicato personalmente. Gli ho quindi lasciato il testo della Redemptionis Sacramentum invitandolo a recapitarlo al confratello disobbediente e lui a sua volta mi ha invitato a tornare in futuro a parlare personalmente con don Franco.
Tuttavia una pubblica disobbedienza al Papa (meglio sarebbe dire “tradimento”) perpetrata nella città e nella diocesi di Roma proprio da parte di un gesuita è per lo meno qualcosa di vergognoso! Che cosa avrà trasmesso il suo atteggiamento agli altri fedeli presenti alla Messa? Quale irreparabile danno temeva nell’amministrarmi la Comunione mentre ero in ginocchio?
È per questo che, pur avendolo perdonato, ahimé non posso tacere su quanto accaduto, poiché se lo facessi sarei complice di quello stesso sopruso (e di quel disordine nella Chiesa che tanto preoccupa il Santo Padre) già perpetrato da preti come lui (anche non gesuiti) a tanti altri fedeli incapaci di difendersi o timorosi o rassegnati. Qui non si tratta soltanto dell’obbedienza alle norme liturgiche, non si tratta soltanto del dovuto ossequio al Papa, non si tratta soltanto di maltrattare pubblicamente la pietà dei fedeli, ma si tratta del Ministero Sacerdotale: per quale chiesa è stato ordinato quel prete? Se crede alla Presenza Reale, perché si è mostrato così scandalizzato nel vedere un fedele in ginocchio che desidera ricevere il Santissimo Sacramento?
Se foste stati in quel momento tra i fedeli, cosa avreste pensato, come avreste reagito? Mi auguro che don Franco trovi il tempo di domandarsi seriamente che cosa penserebbe sant’Ignazio di Loyola del suo operato.
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