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mercoledì 17 febbraio 2021

L’elemosina, la preghiera e il digiuno: indicazioni tradizionali nel cammino quaresimale per rispondere all’invito di «ritornare a Dio con tutto il cuore».

 Benedetto XVI Omelie 2013

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SANTA MESSA, BENEDIZIONE E IMPOSIZIONE DELLE CENERI

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Mercoledì delle Ceneri, 
13 febbraio 2013
   

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Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Oggi, Mercoledì delle Ceneri, iniziamo un nuovo cammino quaresimale, un cammino che si snoda per quaranta giorni e ci conduce alla gioia della Pasqua del Signore, alla vittoria della Vita sulla morte. Seguendo l’antichissima tradizione romana delle stationes quaresimali, ci siamo radunati oggi per la Celebrazione dell’Eucaristia. Tale tradizione prevede che la prima statio abbia luogo nella Basilica di Santa Sabina sul colle Aventino. Le circostanze hanno suggerito di radunarsi nella Basilica Vaticana. Siamo numerosi intorno alla Tomba dell’Apostolo Pietro anche a chiedere la sua intercessione per il cammino della Chiesa in questo particolare momento, rinnovando la nostra fede nel Pastore Supremo, Cristo Signore. Per me è un’occasione propizia per ringraziare tutti, specialmente i fedeli della Diocesi di Roma, mentre mi accingo a concludere il ministero petrino, e per chiedere un particolare ricordo nella preghiera.

Le Letture che sono state proclamate ci offrono spunti che, con la grazia di Dio, siamo chiamati a far diventare atteggiamenti e comportamenti concreti in questa Quaresima. La Chiesa ci ripropone, anzitutto, il forte richiamo che il profeta Gioele rivolge al popolo di Israele: «Così dice il Signore: ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti» (2,12). Va sottolineata l’espressione «con tutto il cuore», che significa dal centro dei nostri pensieri e sentimenti, dalle radici delle nostre decisioni, scelte e azioni, con un gesto di totale e radicale libertà. Ma è possibile questo ritorno a Dio? Sì, perché c’è una forza che non risiede nel nostro cuore, ma che si sprigiona dal cuore stesso di Dio. E’ la forza della sua misericordia. Dice ancora il profeta: «Ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male» (v.13). Il ritorno al Signore è possibile come ‘grazia’, perché è opera di Dio e frutto della fede che noi riponiamo nella sua misericordia. Questo ritornare a Dio diventa realtà concreta nella nostra vita solo quando la grazia del Signore penetra nell’intimo e lo scuote donandoci la forza di «lacerare il cuore». E’ ancora il profeta a far risuonare da parte di Dio queste parole: «Laceratevi il cuore e non le vesti» (v.13). In effetti, anche ai nostri giorni, molti sono pronti a “stracciarsi le vesti” di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri –, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio “cuore”, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta.

Quel «ritornate a me con tutto il cuore», poi, è un richiamo che coinvolge non solo il singolo, ma la comunità. Abbiamo ascoltato sempre nella prima Lettura: «Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo» (vv.15-16). La dimensione comunitaria è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo è venuto «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (cfr Gv 11,52). Il “Noi” della Chiesa è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme (cfr Gv 12,32): la fede è necessariamente ecclesiale. E questo è importante ricordarlo e viverlo in questo Tempo della Quaresima: ognuno sia consapevole che il cammino penitenziale non lo affronta da solo, ma insieme con tanti fratelli e sorelle, nella Chiesa.

Il profeta, infine, si sofferma sulla preghiera dei sacerdoti, i quali, con le lacrime agli occhi, si rivolgono a Dio dicendo: «Non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti. Perché si dovrebbe dire fra i popoli: “Dov’è il loro Dio?”» (v.17). Questa preghiera ci fa riflettere sull’importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunità per manifestare il volto della Chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato. Penso in particolare alle colpe contro l’unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale. Vivere la Quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalità, è un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede o indifferenti.

«Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2 Cor 6,2). Le parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto risuonano anche per noi con un’urgenza che non ammette assenze o inerzie. Il termine “ora” ripetuto più volte dice che questo momento non può essere lasciato sfuggire, esso viene offerto a noi come un’occasione unica e irripetibile. E lo sguardo dell’Apostolo si concentra sulla condivisione con cui Cristo ha voluto caratterizzare la sua esistenza, assumendo tutto l’umano fino a farsi carico dello stesso peccato degli uomini. La frase di san Paolo è molto forte: Dio «lo fece peccato in nostro favore». Gesù, l’innocente, il Santo, «Colui che non aveva conosciuto peccato» (2 Cor 5,21), si fa carico del peso del peccato condividendone con l’umanità l’esito della morte, e della morte di croce. La riconciliazione che ci viene offerta ha avuto un prezzo altissimo, quello della croce innalzata sul Golgota, su cui è stato appeso il Figlio di Dio fatto uomo. In questa immersione di Dio nella sofferenza umana e nell’abisso del male sta la radice della nostra giustificazione. Il «ritornare a Dio con tutto il cuore» nel nostro cammino quaresimale passa attraverso la Croce, il seguire Cristo sulla strada che conduce al Calvario, al dono totale di sé. E’ un cammino in cui imparare ogni giorno ad uscire sempre più dal nostro egoismo e dalle nostre chiusure, per fare spazio a Dio che apre e trasforma il cuore. E san Paolo ricorda come l’annuncio della Croce risuoni a noi grazie alla predicazione della Parola, di cui l’Apostolo stesso è ambasciatore; un richiamo per noi affinché questo cammino quaresimale sia caratterizzato da un ascolto più attento e assiduo della Parola di Dio, luce che illumina i nostri passi.

Nella pagina del Vangelo di Matteo, che appartiene al cosiddetto Discorso della montagna, Gesù fa riferimento a tre pratiche fondamentali previste dalla Legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno; sono anche indicazioni tradizionali nel cammino quaresimale per rispondere all’invito di «ritornare a Dio con tutto il cuore». Ma Gesù sottolinea come sia la qualità e la verità del rapporto con Dio ciò che qualifica l’autenticità di ogni gesto religioso. Per questo Egli denuncia l’ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione. Il vero discepolo non serve se stesso o il “pubblico”, ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità: «E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4.6.18). La nostra testimonianza allora sarà sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l’essere uniti a Lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell’incontro faccia a faccia con Lui per sempre (cfr 1 Cor 13,12).

Cari fratelli e sorelle, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Risuoni forte in noi l’invito alla conversione, a «ritornare a Dio con tutto il cuore», accogliendo la sua grazia che ci fa uomini nuovi, con quella sorprendente novità che è partecipazione alla vita stessa di Gesù. Nessuno di noi, dunque, sia sordo a questo appello, che ci viene rivolto anche nell’austero rito, così semplice e insieme così suggestivo, dell’imposizione delle ceneri, che tra poco compiremo. Ci accompagni in questo tempo la Vergine Maria, Madre della Chiesa e modello di ogni autentico discepolo del Signore. Amen!


Parole di saluto al Santo Padre del Cardinale Segretario di Stato al termine della Celebrazione

 

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana 



AMDG et DVM

lunedì 15 febbraio 2021

Preghiera e Buone opere

 


45. Bisognerebbe fare come i pastori che stanno nei campi, durante l’inverno - e la vita cos’altro è se non un lungo inverno? - Essi accendono un fuoco; ma di tanto in tanto corrono ad ammucchiare altra legna, da ogni lato, per mantenerlo acceso.
Se noi sapessimo, come i pastori, mantenere acceso ogni giorno il fuoco dell’amore di Dio nel nostro cuore, per mezzo della preghiera e delle buone opere, esso non si spegnerebbe mai (il curato ricordava spesso la sua vita passata di pastore; n.d.a.).

46. Quando non avete l’amore di Dio, siete molto poveri.
Siete come un albero senza fiori e senza frutti.

47. In un’anima unita a Dio è sempre primavera!

AMDG et DVM

venerdì 12 febbraio 2021

Libertà e Purezza

 



51. "Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio... Oh! che bello! Suvvia, anima mia! tu vai a conversare con il buon Dio! tu vai a lavorare con Lui! a camminare insieme a Lui! a combattere e a soffrire con Lui!
Tu lavorerai, ma Egli benedirà il tuo lavoro; camminerai, ma Egli benedirà i tuoi passi; tu soffrirai, ma Egli benedirà le tue lacrime!
Com'è grande, com'è nobile, com'è consolante, fare tutto in compagnia e sotto gli occhi del buon Dio! Pensare che Egli vede tutto, che tiene conto di tutto. Diciamo, perciò, ogni mattina: "Tutto per piacerti, mio Dio! tutte le mie azioni con Te!...".
Oh! com'è consolante il pensiero della santa Presenza di Dio!... Non ci si stanca mai, e le ore corrono come minuti...E, inoltre, è una pregustazione del Cielo!". (anche se sommessamente e all'improvviso, certi voli mistici a cui il santo curato a volte ci fa assistere, coinvolgendoci in profondità, restano qualcosa di raro e di insuperabile, nella spiritualità cristiana; n.d.a.).

52. "Poveri peccatori! quando penso che ci sono quelli che moriranno senza aver gustato per un'ora sola la felicità di amare Dio!...
Quando ci stancheremo dei nostri esercizi di pietà e il dialogo con Dio ci annoierà, andiamo sulla porta dell'inferno, osserviamo quei poveri dannati che non possono più amare il buon Dio".


...61. Disgraziatamente noi non abbiamo il cuore abbastanza libero nè abbastanza puro da ogni attaccamento terreno.

Prendete una spugna molto secca e pulita; immergetela in un liquido, ed essa se ne intriderà fino a farlo traboccare.
Ma se non è ben secca e pura, non tratterrà nulla.
Allo stesso modo, quando il cuore non è libero e distaccato dalle cose della terra, si ha un bel da fare a immergerlo nella preghiera, non ne ricaverà un bel nulla (pregare serve a ben poco, se il cuore non è disposto a rinunciare a qualsiasi cosa pur di guadagnarsi il cielo; n.d.a.).
https://jean-marievianney.blogspot.com/2019/07/catechismo-del-curato-d.html

AMDG et DVM

mercoledì 5 agosto 2020

PREGHIAMO CON SAN FRANCESCO d'ASSISI: " La preghiera era la sua consolazione "

Festa del Perdono voluta da San Francesco - Amedeo Lomonaco
CAPITOLO X

AMORE PER LA VIRTÙ DELL' ORAZIONE 


1176 1. Francesco, il servo di Cristo, vivendo nel corpo, si sentiva in esilio dal Signore e, mentre
ormai all'esterno era diventato totalmente insensibile, per amore di Cristo, ai desideri della
terra, si sforzava, pregando senza interruzione, di mantenere lo spirito alla presenza di Dio, per
non rimanere privo delle consolazioni del Diletto.

 La preghiera era la sua consolazione, quando si dava alla contemplazione, e quasi
fosse ormai un cittadino del cielo e un concittadino degli Angeli, con desiderio ardente
ricercava il Diletto, da cui lo separava soltanto il muro del corpo.
 La preghiera era anche la sua difesa, quando si dava all'azione, poiché, mediante
l'insistenza nella preghiera, rifuggiva, in tutto il suo agire, dal confidare nelle proprie
capacità, metteva ogni sua fiducia nella bontà divina, gettando nel Signore la sua ansietà.
 Sopra ogni altra cosa -- asseriva con fermezza -- il religioso deve desiderare la grazia
dell'orazione e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto
che nessuno fa progressi nel servizio di Dio, senza di essa.
 Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, restava talmente
intento all'orazione da sembrare che le avesse dedicato ogni parte di se stesso: non solo il
cuore e il corpo, ma anche l'attività e il tempo.


1177 2. Non lasciava passare inutilmente, per sua trascuratezza, nessuna visita dello Spirito:
quando gli si presentava, si abbandonava ad essa e ne godeva la dolcezza, finché il Signore
glielo concedeva.
 Se, mentre era in viaggio, sentiva il soffio dello Spirito divino, lasciava che i compagni
lo precedessero, si fermava, tutto intento a fruire della nuova ispirazione, per non ricevere
invano la grazia.
 Molte volte rimaneva assorto in una contemplazione così sublime che, rapito fuori di
sé ad esperienze trascendenti la sensibilità umana, ignorava quanto gli accadeva intorno.


1178 Una volta stava attraversando sopra un asinello, a causa della malattia, Borgo San
Sepolcro, che è un paese molto popoloso. Spinto dalla devozione, la gente si precipitò
incontro a lui; ma egli, trascinato e trattenuto, stretto e toccato in tanti modi dalla folla,
appariva insensibile a tutto: come un corpo senz'anima, non avvertiva assolutamente nulla di
tutte quelle manifestazione.
 Quando ormai da lungo tempo si erano lasciati indietro il paese e la folla ed erano
giunti vicino a un lebbrosario, il contemplatore delle realtà celesti, come se tornasse da un
altro mondo, domandò, preoccupato, quando sarebbero arrivati a Borgo.
 La sua mente, fissa negli splendori celesti, non aveva avvertito il variare dei luoghi,
del tempo e delle persone incontrate. I suoi compagni hanno attestato, per lunga esperienza,
che questo gli accadeva piuttosto spesso.



1179 3. Nell'orazione aveva imparato che la bramata presenza dello Spirito Santo si offre a
quanti lo invocano con tanto maggior familiarità quanto più lontani li trova dal frastuono dei
mondani. Per questo cercava luoghi solitari, si recava nella solitudine e nelle chiese
abbandonate a pregare, di notte. Là dovette subire, spesso, gli spaventosi assalti dei demoni
che venivano fisicamente a conflitto con lui, nello sforzo di stornarlo dall'applicarsi alla
preghiera. Ma egli, munito delle armi celesti, si faceva tanto più forte nella virtù e tanto più
fervente nella preghiera, quanto più violento era l'assalto dei nemici. 
 Diceva confidenzialmente a Cristo: All'ombra delle tue ali proteggimi dai malvagi che
tramano la mia rovina.
 E ai demoni: “ Fate pure tutto quello che potete contro di me, o spiriti maligni e
ingannatori! Voi non avete potere se non nella misura in cui la mano di Dio ve lo concede e
perciò io me ne sto qui con tutta gioia, pronto a sopportare tutto quanto essa ha stabilito di
farmi subire ”.
 I demoni superbi non sopportavano simile forza d'animo e si ritiravano sconfitti.


1180 4. E l'uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti,
cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo
santuario, discorreva col suo Signore. Là rispondeva al Giudice, là supplicava il Padre, là
dialogava con l'Amico. Là pure, dai frati che piamente lo osservavano, fu udito interpellare
con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori; piangere, anche, ad alta voce la
passione del Signore, come se l'avesse davanti agli occhi. Là, mentre pregava di notte, fu
visto con le mani stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da
una nuvoletta luminosa: luce meravigliosa diffusa intorno al suo corpo, che
meravigliosamente testimoniava la luce risplendente nel suo Spirito.

 Là, inoltre, come testimoniano prove sicure, gli venivano svelati i misteri nascosti della
sapienza divina, che egli, però, non divulgava all'esterno, se non nella misura in cui ve lo
sforzava la carità di Cristo e lo esigeva l'utilità del prossimo.
 Diceva, a questo proposito: “ Può succedere che, per un lieve compenso, si perda un
tesoro senza prezzo e che si provochi il Donatore a non dare più tanto facilmente una
seconda volta ”.
 Quando tornava dalle sue preghiere, che lo trasformavano quasi in un altro uomo,
metteva la più grande attenzione per comportarsi in uniformità con gli altri, perché non
avvenisse che il vento dell'applauso, a causa di quanto lui lasciava trapelare di fuori, lo
privasse della ricompensa interiore .



1181 Quando, trovandosi in pubblico, veniva improvvisamente visitato dal Signore, cercava
sempre di celarsi in qualche modo ai presenti, perché gli intimi contatti con lo Sposo non si
propalassero all'esterno.
 Quando pregava con i frati, evitava assolutamente le espettorazioni, i gemiti, i respiri
affannosi, i cenni esterni, sia perché amava il segreto, sia perché, se rientrava nel proprio
intimo, veniva rapito totalmente in Dio.
 Spesso ai suoi confidenti diceva cose come queste: “ Quando il servo di Dio, durante
la preghiera, riceve la visita del Signore, deve dire: " O Signore, tu dal cielo hai mandato a
me, peccatore e indegno, questa consolazione, e io la affido alla tua custodia, perché mi sento
un ladro del tuo tesoro". E quando torna dall'orazione, deve mostrarsi così poverello e
peccatore, come se non avesse ricevuto nessuna grazia speciale ”.


1182 5. Mentre, nel luogo della Porziuncola, una volta l'uomo di Dio era intento all'orazione,
andò a trovarlo, come faceva di solito, il vescovo di Assisi. Appena fu entrato nel luogo, il
vescovo, con più familiarità del dovuto, andò direttamente alla cella in cui il servo di Cristo
stava pregando. Spinse la porticina e fece l'atto di entrare. Ma, appena ebbe messo dentro il
capo e scorto il Santo in orazione, sconvolto da improvviso terrore, si sentì agghiacciare in
tutte le membra, perse anche la parola, mentre, per divina disposizione, veniva cacciato fuori
a viva forza e trascinato lontano, a passo indietro. 
 Stupefatto, il vescovo si affrettò, come poté, a raggiungere i frati e, appena Dio gli
restituì l'uso della parola, se ne servì prima di tutto per confessare la propria colpa.


1183 L'abate del monastero di San Giustino nella diocesi di Perugia, incontrò una volta il
servo di Cristo. Appena lo vide, il devoto abate scese lesto da cavallo, volendo riverire
l'uomo di Dio e parlare con lui di problemi inerenti alla salvezza dell'anima. Terminato il
soave colloquio, I'abate, nel partire, gli chiese umilmente di pregare per lui. L'uomo caro a
Dio gli rispose: “ Pregherò volentieri ”. Quando l'abate si fu allontanato un poco, il fedele
Francesco disse al compagno: “ Aspetta un attimo, fratello, perché voglio pagare il debito che
ho contratto ”.
 Ebbene, appena egli incominciò a pregare, I'abate sentì nell'anima un insolito fervore e
una dolcezza mai provata e, rapito fuori di sé, si perdette totalmente in Dio.
 Fu una piccola, dolce sosta.
 Ritornato in se stesso, capì bene che tutto ciò era dovuto alla potente preghiera di san
Francesco. Da allora si sentì infiammato di sempre maggior amore per l'Ordine e riferì a
molti il fatto come un miracolo.



1184 6. Aveva, il Santo, I'abitudine di offrire a Dio il tributo delle ore canoniche con timore,
insieme, e con devozione.
 Benché fosse malato d'occhi, di stomaco, di milza e di fegato, pure non voleva
appoggiarsi al muro e alla parete, mentre salmeggiava, ma recitava le ore stando sempre
eretto e senza cappuccio in testa, senza girovagare con gli occhi, senza smozzicare le parole.
 Se gli capitava di trovarsi in viaggio, all'ora dell'ufficio si fermava e non tralasciava
questa devota e santa consuetudine, nemmeno sotto lo scrosciare della pioggia.
 Diceva, infatti: “ Se il corpo si prende con tranquillità il suo cibo, che sarà con lui esca
dei vermi, con quanta pace e tranquillità l'anima deve prendersi il cibo della vita?>.
 Riteneva anche di commettere colpa grave, se gli capitava, mentre era intento alla
preghiera, di perdersi con la mente dietro vane fantasie. Quando gli succedeva qualcosa di
questo genere, ricorreva alla confessione, pur di riparare immediatamente .
 Questa preoccupazione era divenuta per lui così abituale che assai di raro veniva
molestato da siffatte mosche.

1185 Durante una quaresima, per occupare le briciole di tempo e non perderne nemmeno
una, aveva fatto un piccolo vaso. Ma siccome, durante la recita di terza, il pensiero di quel
vaso gli aveva procurato un po' di distrazione, mosso dal fervore dello spirito, lo bruciò,
dicendo: “ Lo sacrificherò al Signore, al quale mi ha impedito di fare il sacrificio”.
 Diceva i salmi con estrema attenzione di mente e di spirito, come se avesse Dio
presente, e, quando nella recita capitava di pronunciare il nome del Signore, lo si vedeva
leccarsi le labbra per la dolcezza e la soavità.
 Voleva pure che si onorasse questo stesso nome del Signore con speciale devozione,
non solo quando lo si pensava, ma anche quando lo si pronunciava o scriveva. Tanto che una
volta incitò i frati a raccogliere tutti i pezzettini di carta scritti che trovavano e a riporli in
luogo decente per impedire che, magari, venisse calpestato quel nome sacro in essi trascritto.
 Quando, poi, pronunciava o udiva il nome di Gesù, ricolmo di intimo giubilo, lo si
vedeva trasformarsi anche esteriormente come se un sapor di miele avesse impressionato il
suo gusto, o un suono armonioso il suo udito. 



1186 7. Tre anni prima della sua morte, decise di celebrare vicino al paese di Greccio, il
ricordo della natività del bambino Gesù, con la maggior solennità possibile, per rinfocolarne
la devozione.
 Ma, perché ciò non venisse ascritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il
permesso del sommo Pontefice. Fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece
condurre sul luogo un bove ed un asino.
 Si adunano i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile
notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoniose.
 L'uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime,
traboccante di gioia.

 Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levita di Cristo,
canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e nel nominarlo,
lo chiama, per tenerezza d'amore, il “ bimbo di Bethlehem ”.
 Un cavaliere, virtuoso e sincero, che aveva lasciato la milizia secolaresca e si era legato
di grande familiarità alI'uomo di Dio, il signor Giovanni di Greccio, affermò di aver veduto,
dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullino addormentato, che il beato Francesco,
stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno.

 Questa visione del devoto cavaliere è resa credibile dalla santità del testimone, ma
viene comprovata anche dalla verità che essa indica e confermata dai miracoli da cui fu
accompagnata. Infatti l'esempio di Francesco, riproposto al mondo, ha ottenuto l'effetto di
ridestare la fede di Cristo nei cuori intorpiditi; e il fieno della mangiatoia, conservato dalla
gente, aveva il potere di risanare le bestie ammalate e di scacciare varie altre malattie.
 Così Dio glorifica in tutto il suo servo e mostra l'efficacia della santa orazione con
l'eloquenza probante dei miracoli . ( https://www.assisiofm.it/uploads/218-Leggenda%20maggiore.pdf )

Deo gratias, et Mariae Immaculatae

mercoledì 1 maggio 2019

Bisogna saper pregare

 

Il Pater è la preghiera al Padre. L'Ave è la preghiera alla Madre. 

   La prima parte del Pater è lode di Dio, la prima parte dell'Ave è lode a Maria. 

   La seconda parte del Pater è richiesta al Padre per tutti i vostri bisogni di figli di Dio in temporanea sosta sulla Terra, ma destinati al Cielo. 
  La seconda dell'Ave è la richiesta alla Madre per i vostri bisogni di mortali e di immortali nello spirito. 

   Va invocata come il Padre, la Madre vostra. Non dovete pensare che Ella abbia assenza di Misericordia e di Potere e non possa soccorrervi nei vostri combattimenti, nelle vostre pene, nelle necessità e nelle tentazioni. 

   Bisogna saper pregare. E bisogna pregare nei momenti di pace, per invocare l'aiuto per le ore di lotta. 
   
Stolto è chi dice: "Quando sarà il momento lo farò". Sapete voi se lo potrete fare allora? Se Dio vi darà il tempo di farlo? Bisogni e sventure, e anche la morte, vengono sovente come un lampo improvviso. La morte è talora come folgore che fulmina improvvisamente. 
   La Misericordia di Dio è infinita. Ma è detto nelle parole della Legge: "Non tentare il Signore Iddio tuo1". E, in verità, voi lo tentate quando conducete una vita tutta umana, senza pensare che vi attende un al di là in cui sarete giudicati per le vostre azioni. 

   Nell'Ave Maria è detto: "Prega per noi ora e nell'ora della morte". Ecco, o Maria. Leggiamo insiemequeste parole che molti, troppi dicono con la mente elevata di un sol grado dal fango della Terra e con cuore pensieroso soltanto dell'incognita dell'ultimo momento che vi fa paura perché non siete a sufficienza "figli di Dio". Se lo foste perfettamente, la morte non vi farebbe paura. 

   La morte è l'ultima prova e merita ogni vostra attenzione per divenire "morte nel Signore". Una morte nel Signore vi merita ogni perdono, vi da l'eterna vita nel Signore, e annulla, col suo potere, le conseguenze di un'esistenza anche colpevole. Fate dunque bene ad invocare sin da ora, per quell'ora, e in quell'ora, la Madre mia e vostra. Ma sappiate pregare meglio. Non per la sola paura di quell'ora, ma per tante altre ore in cui la più vera morte incombe su voi. 

   Ti ho già spiegato più volte quale sia la vera morte. È quella dello spirito, che voi uccidete tanto sovente, se non sempre per diretta volontà, certo per indifferenza verso la parte più eletta di voi stessi: l'anima.
   Nel Pater Io vi ho insegnato a dire: "Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Male". Nell'Ave Maria vi faccio dire: "Prega per noi ora e nell'ora della morte". 

   Ora: il presente che dura un attimo di eternità: la vita della carne insidiata dai morbi, dagli incidenti,dallo stesso scorrere del tempo che vi porta alla foce del vostro vivere di uomini e vi immette nell'eternità. 
   Nell'ora della morte: quella che ferma il vostro cuore e quella, sempre incombente, che paralizza il vostro spirito e lo conduce a morte. 
   Voglio che pensiate a questa vera, eterna morte quando invocate Maria Ss. Dalla prima risorgerete se siete morti in Cristo. Ma dalla seconda non risorgerete mai più. 

   Non fate che il Nemico infernale, il Serpente fascinatore, il leone ruggente2 che sempre si aggira intorno a voi per atterrarvi, possa impossessarsi di voi come di una preda sicura perché, pur essendo tuttora viventi, siete già dei morti nello spirito. 
   Maria è la Vincitrice di Satana e basta il bagliore del suo sorriso per porlo in fuga. Contro le insidie di Satana e le debolezze e gli appetiti della carne, sempre desta nelle creature, chiamate Maria. 
   Se l'invocate per il sonno che avrà immediato risveglio, o per la pace celeste o per la dannazione infernale, ambedue eterne, perché non la dovreste invocare per questo atroce sonno che da la morte, e che è quello dello spirito abbattuto, sonno che, se non è vinto, vi spegne in braccio a Satana? 

   Quando la morte si aggira intorno al vostro spirito sorgano come a difesa le invocazioni, fatte con pienezza di significato, a Maria. 

   Ogni volta che l'ora della morte spirituale incombe su voi, preghi la Madre universale per tutti i suoi poveri figli, per lo spirito di questi suoi poveri figli, per quello spirito fatto e dato alle creature da quello stesso Dio che l'ha creata e scelta a Sposa e Madre, fatto e dato per fare, di essi, dei suoi figli e sudditi del suo Regno eterno. 

   Su voi sta il Sangue più puro e più amato: quello che è venuto dal suo Cuore Immacolato e che è stato il Seme al Fiore nato dall'amore di Dio con la Vergine, dalla sua ubbidienza perfetta ai Voleri divini, il Seme a Me Verbo fattosi carne per essere Maestro e Redentore, onde poter lavarvi nel suo Sangue, interamente versato per voi, e sta il pianto di Maria, mia e vostra Madre, altro lavacro di corredenzione. 
   Per questa sua natura di Madre del Salvatore Ella ha potere di salvazioneInvocatela con fede vera ed Ella vi salverà ora e nell'ora della morte».

   1 Mt 22, 35-40
   2 Dt 6, 16


AVE MARIA PURISSIMA!

giovedì 30 agosto 2018

Preghiamo

1



PREGHIAMO PER PAPA BENEDETTO XVI EMERITO 


Il Signore mi chiama a “salire sul monte ”.  A dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla
meditazione. 
Ma questo non significa abbandonare la Chiesa.



AMDG et DVM

sabato 10 marzo 2018

Preghi? La meditazione su questi detti E' preghiera


DETTI SULLA PREGHIERA 

DEI PADRI E DOTTORI DELLA CHIESA

Sant'Agostino ha detto:
« Nutri la tua anima con la lettura biblica: essa ti preparerà un banchetto spirituale ».
« La preghiera muore, quando il desiderio si raffredda ».


S. Tommaso d’Aquino ha detto:
« La preghiera non viene presentata a Dio per fargli conoscere qualcosa che Egli non sa, ma per spingere verso Dio l’animo di chi prega. »


S. Girolamo ha detto:
« Chi è assiduo nella lettura della Parola di Dio, quando legge si affatica, ma in seguito è felice perché gli amari semi della lettura producono in lui i dolci frutti.
« Studiamo ora che siamo sulla terra quella Realtà la cui conoscenza resterà anche quando saremo in cielo ».
« Preghi? Sei tu che parli allo Sposo. Leggi? E’ lo Sposo che parla a te ».


S. Ignazio di Loyola ha detto:
« Pregare è seguire Cristo che va tra gli uomini, quasi accompagnandolo ».


S. Caterina da Bologna ha detto:
 La preghiera è l’estatica contemplazione dell’ Altissimo, nella sua infinita bellezza e bontà: uno sguardo semplice e amoroso su Dio ».


S. Giovanni Crisostomo ha detto:
« L’uomo che prega ha le mani sul timone della storia ».


S. Giovanni Damasceno ha detto:
« La preghiera è un’elevazione della mente a Dio ».


S. Ignazio d’Antiochia ha detto:
Procurate di riunirvi più frequentemente per il rendimento di grazie e per la lode a Dio. Quando vi radunate spesso le forze di satana sono annientate ed il male da lui prodotto viene distrutto nella concordia della vostra fede. 


S. Bernardo di Chiaravalle ha detto:
  »I tuoi desideri gridino a Dio. la preghiera è una pia tensione del cuore verso Dio. »


Tertulliano ha detto: 
L’unico compito della preghiera è richiamare le anime dei defunti dallo stesso cammino della morte, sostenere i deboli, curare i malati, liberare gli indemoniati, aprire le porte del carcere, sciogliere le catene degli innocenti. Essa lava i peccati, respinge le tentazioni, spegne le persecuzioni, conforta i pusillanimi, incoraggia i generosi, guida i pellegrini, calma le tempeste, arresta i malfattori, sostenta i poveri, ammorbidisce il cuore dei ricchi, rialza i caduti, sostiene i deboli, sorregge i forti. (L’orazione, cap. 29)


Charles de Focauld ha detto:
« Bisogna lodare Dio. Lodare è esprimere la propria ammirazione e nello stesso tempo il proprio amore, perchè l’amore è inseparabilmente unito ad un’ammirazione senza riserve.
Dunque, lodare significa struggersi ai suoi piedi in parole di ammirazione e d’amore. Significa ripe-tergli che Egli è infinitamente perfetto, infinitamente amabile, infinitamente amato.
Significa dirgli che Egli è buono e che l’amiamo ».


Maestro Eckhart ha detto:
« Perchè preghiamo?.. Perchè Dio nasca nell’anima e l’anima rinasca in Dio…Un essere tutto intimo, tutto raccolto ed uno in Dio: questa è la Grazia, questo significa « Iddio con te ».


S.Teresa di Gesù ha detto:

 L’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente tratteni-mento, da solo a solo, con Colui da cui sappiamo d’essere amati. (Vita 8,5)


… la porta per cui mi vennero tante grazie fu soltanto l’orazione. Se Dio vuole entrare in un’anima per prendervi le sue delizie e ricolmarla di beni, non ha altra via che questa, perché Egli la vuole sola, pura e desiderosa di riceverlo. (Vita 8,9)


Certo bisogna imparare a pregare. E a pregare si impara pregando, come si impara a camminare camminando.
…nel cominciare il cammino dell’orazione si deve prendere una risoluzione ferma e decisa di non fermarsi mai, né mai abbandonarla. Avvenga quel che vuole avvenire, succeda quel che vuole succede-re, mormori chi vuole mormorare, si fatichi quanto bisogna faticare, ma piuttosto di morire a mezza strada, scoraggiati per i molti ostacoli che si presen-tano, si tenda sempre alla méta, ne vada il mondo intero. (Cammino di perfezione 21,4)


Pensate di trovarvi innanzi a Gesù Cristo, conversate con Lui e cercate di innamorarvi di Lui, tenendolo sempre presente. (Vita 12,2)


La continua conversazione con Cristo aumenta l’amore e la fiducia. (Vita 37,5)


Buon mezzo per mantenersi alla presenza di Dio è di procurarvi una sua immagine o pittura che vi faccia devozione, non già per portarla sul petto senza mai guardarla, ma per servirsene ad intrattenervi spesso con Lui ed Egli vi suggerirà quello che gli dovete dire.
Se parlando con le creature le parole non vi mancano mai, perché vi devono esse mancare parlando con il Creatore? Non temetene: io almeno non lo credo! (Cammino di perfezione 26,9)


Non siate così semplici da non domandargli nulla! (Cammino di perfezione 28,3)


Chiedetegli aiuto nel bisogno, sfogatevi con Lui e non lo dimenticate quando siete nella gioia, parlandogli non con formule complicate ma con spontaneità e secondo il bisogno. (Vita 12,2)


Cercate di comprendere quali siano le risposte di Dio alle vostre domande.Credete forse che Egli non parli perché non ne udiamo la voce? Quando è il cuore che prega, Egli risponde. (Cammino di perfezione 24,5)


 A chi batte il cammino della preghiera giova molto un buon libro.
Per me bastava anche la vista dei campi, dell’acqua, dei fiori: cose che mi ricordavano il Creatore, mi scuotevano, mi raccoglievano, mi servivano da libri. (Vita 9,5)


Per molti anni, a meno che non fosse dopo la Comunione, io non osavo cominciare a pregare senza libro. (Vita 4,9)


 E’ troppo bella la compagnia del buon Gesù per dovercene separare! E’ altrettanto si dica di quella della sua Santissima Madre. (Seste Mansioni 7,13)


 … fate il possibile di stargli sempre accanto. Se vi abituerete a tenervelo vicino ed Egli vedrà che lo fate con amore e che cercate ogni mezzo per contentarlo, non solo non vi mancherà mai, ma, come suol dirsi, non ve lo potrete togliere d’attorno.
L’avrete con voi dappertutto e vi aiuterà in ogni vostro travaglio. Credete forse che sia poca cosa aver sempre vicino un così buon amico? (Cammino di perfezione 26,1)


 Poiché Gesù vi ha dato un Padre così buono, procurate di essere tali da gettarvi fra le sue braccia e godere della sua compagnia.
E chi non farebbe di tutto per non perdere un tal Padre? Quanti motivi di consolazione! Li lascio alla vostra intuizione! In effetti, se la vostra mente si mantiene sempre tra il Padre e il Figlio, interverrà lo Spirito Santo ad innamorare la vostra volontà col suo ardentissimo amore. (Cammino di perfezione 27, 6-7)


Quelli che sanno rinchiudersi nel piccolo cielo della loro anima, ove abita Colui che la creò e che creò pure tutto il mondo, e si abituano a togliere lo sguardo e a fuggire da quanto distrae i loro sensi, vanno per buona strada e non mancheranno di arrivare all’acqua della fonte.
Essendo vicinissimi al focolare, basta un minimo soffio dell’intelletto perché si infiammino d’amore, già disposti come sono a ciò, trovandosi soli con il Signore, lontani da ogni oggetto esteriore. (Cammino di perfezione 28,5.8)


 Per cominciare a raccogliersi e perseverare nel raccoglimento, si deve agire non a forza di braccia ma con dolcezza. Quando il raccoglimento è sincero, l’anima sembra che d’improvviso s’innalzi sopra tutto e se ne vada, simile a colui che per sottrarsi ai colpi di un nemico, si rifugia in una fortezza.
Dovete saper che questo raccoglimento non è una cosa soprannaturale, ma un fatto dipendente dalla nostra volontà e che noi possiamo realizzare con l’aiuto di Dio. (Cammino di perfezione 28,6; 29,4)


Sapevo benissimo di avere un’anima, ma non ne capivo il valore, né chi l’abitava, perché le vanità della vita mi avevano bendati gli occhi per non lasciarmi vedere.
Se avessi inteso, come ora, che nel piccolo albergo dell’anima mia abita un Re così grande, mi sembra che non l’avrei lasciato tanto solo…e sarei stata più diligente per conservami senza macchia. (Cammino di perfezione 28,11)


Non si creda che nuoccia al raccoglimento il disbrigo delle occupazioni necessarie.
Dobbiamo ritirarci in noi stessi, anche in mezzo al nostro lavoro, e ricordarci di tanto in tanto, sia pure di sfuggita, dell’Ospite che abbiamo in noi, per-suadendoci che per parlare con Lui non occorre alzare la voce. (Cammino di perfezione 29,5)


 Il Signore ci conceda di non perdere mai di vista la sua divina presenza! (Cammino di perfezione 29,8)


 Quando un’anima… non esce dall’orazione fermamente decisa a sopportare ogni cosa, tema che la sua orazione non venga da Dio. (Cammino di perfezione 36,11)


 Quando un’anima si unisce così intimamente alla stessa misericordia, alla cui luce si riconosce il suo nulla e vede quanto ne sia stata perdonata, non posso credere che non sappia anch’essa perdonare a chi l’ha offesa.
Siccome le grazie ed i favori di cui si vede inon-data le appariscono come pegni dell’amore di Dio per lei, è felicissima di avere almeno qualche cosa per testimoniare l’amore che anch’ella nutre per lui. (Cammino di perfezione 36,12)


 La preghiera non è qualcosa di statico, è un’amicizia che implica uno sviluppo e spinge a una trasformazione, a una somiglianza sempre più forte con l’amico. (da L’amicizia con Cristo, cap VII)



AMDG et DVM