CAPITOLO X
AMORE PER LA VIRTÙ DELL' ORAZIONE
1176 1. Francesco, il servo di Cristo, vivendo nel corpo, si sentiva in esilio dal Signore e, mentre
ormai all'esterno era diventato totalmente insensibile, per amore di Cristo, ai desideri della
terra, si sforzava, pregando senza interruzione, di mantenere lo spirito alla presenza di Dio, per
non rimanere privo delle consolazioni del Diletto.
La preghiera era la sua consolazione, quando si dava alla contemplazione, e quasi
fosse ormai un cittadino del cielo e un concittadino degli Angeli, con desiderio ardente
ricercava il Diletto, da cui lo separava soltanto il muro del corpo.
La preghiera era anche la sua difesa, quando si dava all'azione, poiché, mediante
l'insistenza nella preghiera, rifuggiva, in tutto il suo agire, dal confidare nelle proprie
capacità, metteva ogni sua fiducia nella bontà divina, gettando nel Signore la sua ansietà.
Sopra ogni altra cosa -- asseriva con fermezza -- il religioso deve desiderare la grazia
dell'orazione e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto
che nessuno fa progressi nel servizio di Dio, senza di essa.
Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, restava talmente
intento all'orazione da sembrare che le avesse dedicato ogni parte di se stesso: non solo il
cuore e il corpo, ma anche l'attività e il tempo.
1177 2. Non lasciava passare inutilmente, per sua trascuratezza, nessuna visita dello Spirito:
quando gli si presentava, si abbandonava ad essa e ne godeva la dolcezza, finché il Signore
glielo concedeva.
Se, mentre era in viaggio, sentiva il soffio dello Spirito divino, lasciava che i compagni
lo precedessero, si fermava, tutto intento a fruire della nuova ispirazione, per non ricevere
invano la grazia.
Molte volte rimaneva assorto in una contemplazione così sublime che, rapito fuori di
sé ad esperienze trascendenti la sensibilità umana, ignorava quanto gli accadeva intorno.
1178 Una volta stava attraversando sopra un asinello, a causa della malattia, Borgo San
Sepolcro, che è un paese molto popoloso. Spinto dalla devozione, la gente si precipitò
incontro a lui; ma egli, trascinato e trattenuto, stretto e toccato in tanti modi dalla folla,
appariva insensibile a tutto: come un corpo senz'anima, non avvertiva assolutamente nulla di
tutte quelle manifestazione.
Quando ormai da lungo tempo si erano lasciati indietro il paese e la folla ed erano
giunti vicino a un lebbrosario, il contemplatore delle realtà celesti, come se tornasse da un
altro mondo, domandò, preoccupato, quando sarebbero arrivati a Borgo.
La sua mente, fissa negli splendori celesti, non aveva avvertito il variare dei luoghi,
del tempo e delle persone incontrate. I suoi compagni hanno attestato, per lunga esperienza,
che questo gli accadeva piuttosto spesso.
1179 3. Nell'orazione aveva imparato che la bramata presenza dello Spirito Santo si offre a
quanti lo invocano con tanto maggior familiarità quanto più lontani li trova dal frastuono dei
mondani. Per questo cercava luoghi solitari, si recava nella solitudine e nelle chiese
abbandonate a pregare, di notte. Là dovette subire, spesso, gli spaventosi assalti dei demoni
che venivano fisicamente a conflitto con lui, nello sforzo di stornarlo dall'applicarsi alla
preghiera. Ma egli, munito delle armi celesti, si faceva tanto più forte nella virtù e tanto più
fervente nella preghiera, quanto più violento era l'assalto dei nemici.
Diceva confidenzialmente a Cristo: All'ombra delle tue ali proteggimi dai malvagi che
tramano la mia rovina.
E ai demoni: “ Fate pure tutto quello che potete contro di me, o spiriti maligni e
ingannatori! Voi non avete potere se non nella misura in cui la mano di Dio ve lo concede e
perciò io me ne sto qui con tutta gioia, pronto a sopportare tutto quanto essa ha stabilito di
farmi subire ”.
I demoni superbi non sopportavano simile forza d'animo e si ritiravano sconfitti.
1180 4. E l'uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti,
cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo
santuario, discorreva col suo Signore. Là rispondeva al Giudice, là supplicava il Padre, là
dialogava con l'Amico. Là pure, dai frati che piamente lo osservavano, fu udito interpellare
con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori; piangere, anche, ad alta voce la
passione del Signore, come se l'avesse davanti agli occhi. Là, mentre pregava di notte, fu
visto con le mani stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da
una nuvoletta luminosa: luce meravigliosa diffusa intorno al suo corpo, che
meravigliosamente testimoniava la luce risplendente nel suo Spirito.
Là, inoltre, come testimoniano prove sicure, gli venivano svelati i misteri nascosti della
sapienza divina, che egli, però, non divulgava all'esterno, se non nella misura in cui ve lo
sforzava la carità di Cristo e lo esigeva l'utilità del prossimo.
Diceva, a questo proposito: “ Può succedere che, per un lieve compenso, si perda un
tesoro senza prezzo e che si provochi il Donatore a non dare più tanto facilmente una
seconda volta ”.
Quando tornava dalle sue preghiere, che lo trasformavano quasi in un altro uomo,
metteva la più grande attenzione per comportarsi in uniformità con gli altri, perché non
avvenisse che il vento dell'applauso, a causa di quanto lui lasciava trapelare di fuori, lo
privasse della ricompensa interiore .
1181 Quando, trovandosi in pubblico, veniva improvvisamente visitato dal Signore, cercava
sempre di celarsi in qualche modo ai presenti, perché gli intimi contatti con lo Sposo non si
propalassero all'esterno.
Quando pregava con i frati, evitava assolutamente le espettorazioni, i gemiti, i respiri
affannosi, i cenni esterni, sia perché amava il segreto, sia perché, se rientrava nel proprio
intimo, veniva rapito totalmente in Dio.
Spesso ai suoi confidenti diceva cose come queste: “ Quando il servo di Dio, durante
la preghiera, riceve la visita del Signore, deve dire: " O Signore, tu dal cielo hai mandato a
me, peccatore e indegno, questa consolazione, e io la affido alla tua custodia, perché mi sento
un ladro del tuo tesoro". E quando torna dall'orazione, deve mostrarsi così poverello e
peccatore, come se non avesse ricevuto nessuna grazia speciale ”.
1182 5. Mentre, nel luogo della Porziuncola, una volta l'uomo di Dio era intento all'orazione,
andò a trovarlo, come faceva di solito, il vescovo di Assisi. Appena fu entrato nel luogo, il
vescovo, con più familiarità del dovuto, andò direttamente alla cella in cui il servo di Cristo
stava pregando. Spinse la porticina e fece l'atto di entrare. Ma, appena ebbe messo dentro il
capo e scorto il Santo in orazione, sconvolto da improvviso terrore, si sentì agghiacciare in
tutte le membra, perse anche la parola, mentre, per divina disposizione, veniva cacciato fuori
a viva forza e trascinato lontano, a passo indietro.
Stupefatto, il vescovo si affrettò, come poté, a raggiungere i frati e, appena Dio gli
restituì l'uso della parola, se ne servì prima di tutto per confessare la propria colpa.
1183 L'abate del monastero di San Giustino nella diocesi di Perugia, incontrò una volta il
servo di Cristo. Appena lo vide, il devoto abate scese lesto da cavallo, volendo riverire
l'uomo di Dio e parlare con lui di problemi inerenti alla salvezza dell'anima. Terminato il
soave colloquio, I'abate, nel partire, gli chiese umilmente di pregare per lui. L'uomo caro a
Dio gli rispose: “ Pregherò volentieri ”. Quando l'abate si fu allontanato un poco, il fedele
Francesco disse al compagno: “ Aspetta un attimo, fratello, perché voglio pagare il debito che
ho contratto ”.
Ebbene, appena egli incominciò a pregare, I'abate sentì nell'anima un insolito fervore e
una dolcezza mai provata e, rapito fuori di sé, si perdette totalmente in Dio.
Fu una piccola, dolce sosta.
Ritornato in se stesso, capì bene che tutto ciò era dovuto alla potente preghiera di san
Francesco. Da allora si sentì infiammato di sempre maggior amore per l'Ordine e riferì a
molti il fatto come un miracolo.
1184 6. Aveva, il Santo, I'abitudine di offrire a Dio il tributo delle ore canoniche con timore,
insieme, e con devozione.
Benché fosse malato d'occhi, di stomaco, di milza e di fegato, pure non voleva
appoggiarsi al muro e alla parete, mentre salmeggiava, ma recitava le ore stando sempre
eretto e senza cappuccio in testa, senza girovagare con gli occhi, senza smozzicare le parole.
Se gli capitava di trovarsi in viaggio, all'ora dell'ufficio si fermava e non tralasciava
questa devota e santa consuetudine, nemmeno sotto lo scrosciare della pioggia.
Diceva, infatti: “ Se il corpo si prende con tranquillità il suo cibo, che sarà con lui esca
dei vermi, con quanta pace e tranquillità l'anima deve prendersi il cibo della vita?>.
Riteneva anche di commettere colpa grave, se gli capitava, mentre era intento alla
preghiera, di perdersi con la mente dietro vane fantasie. Quando gli succedeva qualcosa di
questo genere, ricorreva alla confessione, pur di riparare immediatamente .
Questa preoccupazione era divenuta per lui così abituale che assai di raro veniva
molestato da siffatte mosche.
1185 Durante una quaresima, per occupare le briciole di tempo e non perderne nemmeno
una, aveva fatto un piccolo vaso. Ma siccome, durante la recita di terza, il pensiero di quel
vaso gli aveva procurato un po' di distrazione, mosso dal fervore dello spirito, lo bruciò,
dicendo: “ Lo sacrificherò al Signore, al quale mi ha impedito di fare il sacrificio”.
Diceva i salmi con estrema attenzione di mente e di spirito, come se avesse Dio
presente, e, quando nella recita capitava di pronunciare il nome del Signore, lo si vedeva
leccarsi le labbra per la dolcezza e la soavità.
Voleva pure che si onorasse questo stesso nome del Signore con speciale devozione,
non solo quando lo si pensava, ma anche quando lo si pronunciava o scriveva. Tanto che una
volta incitò i frati a raccogliere tutti i pezzettini di carta scritti che trovavano e a riporli in
luogo decente per impedire che, magari, venisse calpestato quel nome sacro in essi trascritto.
Quando, poi, pronunciava o udiva il nome di Gesù, ricolmo di intimo giubilo, lo si
vedeva trasformarsi anche esteriormente come se un sapor di miele avesse impressionato il
suo gusto, o un suono armonioso il suo udito.
1186 7. Tre anni prima della sua morte, decise di celebrare vicino al paese di Greccio, il
ricordo della natività del bambino Gesù, con la maggior solennità possibile, per rinfocolarne
la devozione.
Ma, perché ciò non venisse ascritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il
permesso del sommo Pontefice. Fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece
condurre sul luogo un bove ed un asino.
Si adunano i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile
notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoniose.
L'uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime,
traboccante di gioia.
Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levita di Cristo,
canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e nel nominarlo,
lo chiama, per tenerezza d'amore, il “ bimbo di Bethlehem ”.
Un cavaliere, virtuoso e sincero, che aveva lasciato la milizia secolaresca e si era legato
di grande familiarità alI'uomo di Dio, il signor Giovanni di Greccio, affermò di aver veduto,
dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullino addormentato, che il beato Francesco,
stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno.
Questa visione del devoto cavaliere è resa credibile dalla santità del testimone, ma
viene comprovata anche dalla verità che essa indica e confermata dai miracoli da cui fu
accompagnata. Infatti l'esempio di Francesco, riproposto al mondo, ha ottenuto l'effetto di
ridestare la fede di Cristo nei cuori intorpiditi; e il fieno della mangiatoia, conservato dalla
gente, aveva il potere di risanare le bestie ammalate e di scacciare varie altre malattie.
Così Dio glorifica in tutto il suo servo e mostra l'efficacia della santa orazione con
l'eloquenza probante dei miracoli . ( https://www.assisiofm.it/uploads/218-Leggenda%20maggiore.pdf )
Deo gratias, et Mariae Immaculatae
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