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sabato 20 giugno 2015

Totus tuus. Mirabile esempio del beato Giovanni Paolo II !

Giovanni Paolo II: Totus tuus: A Cristo attraverso Maria
di François-Marie Léthel Prelato segretario della Pontificia Accademia di Teologia su L'Osservatore Romano del 17 dicembre 2009



Il motto Totus tuus, che riassume tutta la spiritualità cristocentrica e mariana di san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716), è stato il filo conduttore di tutta la vita del Beato Giovanni Paolo II. Il santo francese e il suo grande discepolo polacco sono due esempi luminosi della stessa santità sacerdotale, d'una vita interamente vissuta nell'amore di Gesù e dei fratelli sotto la guida materna di Maria. Totus tuus! Due parole che sono una preghiera indirizzata a Gesù per mezzo di Maria e nel suo Cuore Immacolato. È un atto d'amore come dono totale di sé. Nello stesso senso anche santa Teresa di Lisieux definisce l'amore:  "Amare è dare tutto e dare se stesso".
 
 Luigi Maria di Montfort e Teresa di Lisieux sono infatti come due fari di santità che hanno illuminato in modo particolare il pontificato di Giovanni Paolo II, nella grande prospettiva del concilio Vaticano ii tracciata dalla Lumen gentium.
 
 
Le loro opere principali - il Trattato della vera devozione alla santa Vergine di Luigi Maria, e la Storia di un'anima di Teresa - sono dei testi dottrinali di massima importanza e perfettamente convergenti per illuminare la via della santità per tutti, come via dell'amore vissuta con Maria.

 La dottrina di Teresa viene espressa nel racconto della sua vita, mentre quella del Montfort è espressa in un trattato. Ma tutti e due, alla fine dei loro scritti, invitano il lettore a darsi totalmente e per sempre a Gesù nell'amore dello Spirito Santo, attraverso le mani e il cuore di Maria. Con Maria e in Maria, ogni battezzato può veramente "vivere d'amore" nel quotidiano e realizzare la sua vocazione alla santità nel dono totale di sé e per sempre. La totalità e radicalità di tale dono viene espressa attraverso due forti simboli biblici:  "Olocausto all'Amore" (Teresa), "Schiavitù d'Amore" (Luigi Maria), in riferimento al sacrificio di Gesù, "Olocausto" della nuova alleanza di colui che ha preso per noi "la condizione di schiavo" fino alla morte sulla croce.

 Nella vita di Karol Wojtyla, questo Totus tuus è diventato come il respiro della sua anima, il battito del suo cuore a partire dal 1940 quando ha scoperto, all'età di venti anni, il Trattato del Montfort. Molte volte, Giovanni Paolo II racconterà tutto questo. Lo ha fatto in modo speciale, nel 1996, al momento del suo 50° anniversario di sacerdozio nel libro Dono e mistero. Secondo la sua testimonianza, è un laico, Jan Tyranowski - adesso servo di Dio - che gli aveva fatto conoscere il Trattato del Montfort e le Opere di san Giovanni della Croce, aprendolo alla più profonda vita spirituale, negli anni durissimi dell'occupazione nazista in Polonia.

 Il giovane Karol doveva lavorare come operaio in una fabbrica, scoprendo progressivamente nello stesso periodo la sua vocazione al sacerdozio. Parlando di questo periodo, Giovanni Paolo II insisteva sul "filo mariano" che aveva guidato tutta la sua vita fin dall'infanzia, nella sua famiglia, nella sua parrocchia, nella devozione carmelitana allo scapolare e la devozione salesiana a Maria ausiliatrice. La scoperta del Trattato - ricorda lo stesso Papa polacco - l'aiutò a fare un passo decisivo nel suo cammino mariano, superando una certa crisi:  "Ci fu un momento in cui misi in qualche modo in discussione il mio culto per Maria ritenendo che esso, dilatandosi eccessivamente, finisse per compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo.
 
 Mi venne allora in aiuto il libro di san Luigi Maria Grignion de Montfort che porta il titolo di Trattato della vera devozione alla santa VergineIn esso trovai la risposta alle mie perplessità. Sì, Maria ci avvicina a Cristo, ci conduce a Lui, a condizione che si viva il suo mistero in Cristo (...). L'autore è un teologo di classe. Il suo pensiero mariologico è radicato nel mistero trinitario e nella verità dell'Incarnazione del Verbo di Dio (...). Ecco spiegata la provenienza del Totus tuus. L'espressione deriva da san Luigi Maria Grignion de Montfort. È l'abbreviazione della forma più completa dell'affidamento alla Madre di Dio che suona così:  Totus tuus ego sum et omnia mea tua sunt. Accipio te in mea omnia. Praebe mihi cor tuum, Maria" (Dono e mistero, pp. 38-39).

 Queste parole in latino, continuamente pregate e ricopiate da Karol Wojtyla sulle prime pagine dei suoi manoscritti, si trovano alla fine del Trattato del Montfort, quando il santo invita il fedele a vivere la comunione eucaristica con Maria e in Maria. Bisogna sottolineare che questo Totus tuus diventa per sempre, dal 1940 al 2005, come la linea direttrice di tutta la vita di Karol Wojtyla, come seminarista e sacerdote, e poi come Vescovo e Papa. Quando, nel 1958, è nominato da Pio xii vescovo ausiliare di Cracovia, sceglie già il Totus tuus come motto episcopale, insieme allo stemma che simboleggia Cristo redentore e Maria accanto a lui, lo stesso che conserverà come Papa. E soprattutto lo vivrà fino alla fine, nelle grandi sofferenze degli ultimi mesi. 

Dopo la tracheotomia, non potendo più parlare, scriverà ultimamente le parole Totus tuus. Sappiamo anche dalle persone più vicine a lui che leggeva ogni giorno un passo del Trattato.
 

 Nei suoi scritti, Giovanni Paolo II ha fatto spesso riferimento a san Luigi Maria, come per esempio nella Redemptoris mater (n. 48). Ma, in modo particolare, verso la fine del suo pontificato, ci ha lasciato una bellissima sintesi della sua dottrina interpretata alla luce del concilio Vaticano ii, nella sua Lettera ai religiosi e alle religiose delle famiglie monfortane dell'8 dicembre 2003. È forse il testo più illuminante per capire il significato teologico profondo del Totus tuus e dello stemma episcopale.

 All'inizio della Lettera (n. 1), Giovanni Paolo II racconta di nuovo la sua scoperta personale, con riferimento al suo libro Dono e mistero. Citando poi il Trattato, egli insiste sulla principale caratteristica della sua dottrina:  "La vera devozione mariana è cristocentrica". Il fondamento di questa dottrina è evidentemente il Vangelo. Ed è proprio a partire dal testo di san Giovanni che viene spiegato lo stemma e il motto Totus tuus:  "La Chiesa, fin dalle sue origini, e specialmente nei momenti più difficili, ha contemplato con particolare intensità uno degli avvenimenti della Passione di Gesù Cristo riferito da san Giovanni:  "Stavano presso la croce di Gesù sua Madre, la sorella di sua Madre, Maria di Cleofa, e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la Madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla Madre:  Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo:  Ecco la tua Madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Giovanni, 19, 25-27).

 Lungo la sua storia, il Popolo di Dio ha sperimentato questo dono fatto da Gesù crocifisso:  il dono di sua Madre. Maria Santissima è veramente Madre nostra, che ci accompagna nel nostro pellegrinaggio di fede, speranza e carità verso l'unione sempre più intensa con Cristo, unico salvatore e mediatore della salvezza (cfr. Lumen gentium, 60 e 62). Com'è noto, nel mio stemma episcopale, che è l'illustrazione simbolica del testo evangelico appena citato, il motto Totus tuus è ispirato alla dottrina di san Luigi Maria Grignion de Montfort (cfr. Dono e mistero, pp. 38-39; Rosarium Virginis Mariae, 15). Queste due parole esprimono l'appartenenza totale a Gesù per mezzo di Maria:  "Totus tuus ego sum, et omnia mea tua sunt", scrive san Luigi Maria".

 È alla fine del Trattato che si trovano le parole in latino, citate sopra, continuamente ricopiate da Karol Wojtyla, sacerdote, vescovo e Papa. Luigi Maria insegna a vivere la santa comunione con Maria. Si tratta di rinnovare la consacrazione del battesimo nelle mani di Maria per ricevere con lei il Corpo di Gesù:  "Rinnoverai la tua consacrazione, dicendo:  Totus tuus ego sum, et omnia mea tua sunt. Io sono tutto tuo, mia cara Signora, con tutto ciò che mi appartiene. Pregherai questa buona Madre di prestarti il suo cuore, per accogliervi il Figlio suo con le sue stesse disposizioni (...)Le chiederai il suo cuore con queste tenere parole:  Accipio te in mea omnia, praebe mihi cor tuum, o Maria [Ti prendo per ogni mio bene, dammi il tuo cuore, o Maria!]" (Trattato della vera devozione alla santa Vergine, 266).

 Queste parole sono indirizzate al fedele per la sua piena partecipazione all'eucaristia. Ma hanno evidentemente un valore particolare per il sacerdote che celebra la messa. Luigi Maria lo dice, sempre alla fine del Trattato, invitando a rinnovare questa consacrazione mariana "prima di celebrare o di partecipare alla santa messa, alla comunione".
 
 Le parole:  Accipio te in mea omnia ("Ti prendo come ogni mio bene") sono l'appropriazione personale del testo del Vangelo:  Accepit eam discipulus in sua ("Il discepolo la prese con sé", Giovanni, 19, 27). Maria è un dono che il discepolo riceve continuamente da Gesù stesso, e che accoglie nel dono di sé espresso dalle parole Totus tuus ego sum ("Io sono tutto tuo").

 Ma questo dono di Maria viene sempre da Gesù e porta sempre a Gesù. È il senso della domanda Praebe mihi cor tuum, Maria ("dammi il tuo Cuore, o Maria"). Non si tratta principalmente di amare Maria, ma piuttosto di amare Gesù con il cuore di Maria. La vera devozione a Maria è cristocentrica. Il discepolo che riceve da Gesù stesso il dono di Maria mediante il dono totale di se stesso, entra per mezzo di lei nel mistero dell'Alleanza, nella profondità dell'ammirabile scambio tra Dio e l'uomo in Cristo Gesù. "Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventasse Dio", dicevano i Padri della Chiesa. Il Figlio di Dio è disceso dal Cielo e s'è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno verginale di Maria, per farci salire con lui nel seno del Padre. Maria occupa lo stesso posto nel movimento "discendente" dell'incarnazione e nel movimento "ascendente" della nostra divinizzazione. Come la Somma teologica di san Tommaso d'Aquino anche ilTrattato del Montfort è interamente articolato secondo questa dinamica di exitus et reditus, cioè di andata e ritorno tra Dio e l'uomo in Cristo Gesù.

 La "perfetta devozione a Maria" insegnata da san Luigi Maria consiste essenzialmente nel dono totale di sé espresso nel Totus tuus, integrando tutte le buone pratiche di devozione, specialmente il rosario. Ma nel più profondo è "pratica interiore", vita interiore, un cammino di vita spirituale profonda che deve portare alla santità. Non c'è dubbio che Giovanni Paolo II abbia vissuto questa spiritualità mariana al livello più alto dell'unione trasformante con Cristo. La domanda Praebe mihi cor tuum, o Maria è stata esaudita. Lo stesso Luigi Maria, che ha la meravigliosa esperienza di questa "identificazione mistica con Maria" spera che la sua dottrina porterà molti frutti nei secoli successivi della Chiesa.

 Presentando gli "effetti meravigliosi" (Trattato della vera devozione alla santa Vergine, 213-225) di questa "perfetta devozione", Luigi Maria ci mostra come la persona che vive pienamente il Totus tuus cammina con Maria sulla via dell'umiltà evangelica, che è via di amore di fede e di speranza. Alla fine della sua Lettera ai religiosi e religiose delle famiglie monfortane, Giovanni Paolo II sintetizza questo insegnamento del Trattatosempre alla luce della Lumen gentium. La santità alla quale tutti sono chiamati non è altro che la perfezione della carità. In questa vita sulla terra, l'umiltà è la più grande caratteristica della carità. "È proprio dell'amore abbassarsi", scriveva Teresa di Lisieux all'inizio della sua Storia di un'anima. È lo stesso amore di Dio che in Gesù si fa piccolo e povero dal presepio alla croce. Ed è il significato profondo della "schiavitù d'amore".

 Il punto finale della Lumen gentium era la contemplazione di "Maria, segno di certa speranza e di consolazione per il pellegrinante Popolo di Dio" (n. 68-69). In questa luce finisce anche la Lettera alla famiglia monfortana di Giovanni Paolo II, citando le ultime righe della Lumen Gentium e riassumendo la dottrina del Montfort sulla speranza vissuta con Maria, difendendolo in particolare contro l'accusa ingiusta di "millenarismo". E si ricorda come, nell'antifona Salve Regina, la Chiesa chiama la Madre di Dio "Speranza nostra".

 In tutte le difficoltà della vita sacerdotale, Maria è e sarà sempre l'ancora della speranza, una speranza sicura per il futuro della Chiesa e per la salvezza del mondo. Così anche Papa Benedetto XVI, che ha fortemente voluto questo Anno sacerdotale, ha presentato Maria alla fine della sua enciclica Spe salvi come la "Stella della Speranza" (n. 49-50). 

venerdì 8 maggio 2015

Ecco un Mistero celeste !





LA VITA DI UNIONE CON MARIA. 
PER IPSAM, ET CUM  IPSA ET IN IPSA

Ecco un Mistero celeste! ecco la vera vita del Sacerdote, la sua luce, la sua forza, la sua consolazione, il tratto più dolce di somiglianza con Gesù. 
La vita di unione con Maria consiste nel riprodurre fedelmente in noi le disposizioni del Sacro Cuore di Gesù. Fin dall'eternità, il Verbo ebbe per la sua futura Madre le inclinazioni più tenere e le più commoventi preferenze. Coelo Redemptor praetulit - Felicis alvum Virginis, - ubi futura Victima - mortale corpus induit! (677). 
Quando venne al mondo, volle aver bisogno di Maria, della sua tenerezza, delle sue cure, del suo latte, delle sue mani e, del suo lavoro. 
Fattosi grande, volle dipendere da lei, obbedirla e servirla (678). Non incominciò la sua vita pubblica che sul desiderio di lei; la volle associata ai suoi viaggi apostolici; benché Maria si sia nascosta in una profonda oscurità, chi potrebbe dubitare che non sia stata, con le sue preghiere, i suoi esempi e tutta la sua vita, il perfetto aiuto della missione del Redentore?
 Sul Calvario, mentre Gesù offriva al Padre il prezzo della nostra Redenzione, Maria fu Corredentrice immolandosi con Gesù (679). 
Dopo che il Sacrificio fu compiuto con la morte, la lancia trasse dal Sacro Cuore le ultime gocce di sangue; Gesù volle così, perché quest'ultimo sangue prezioso del suo Cuore esausto ed esanime, da Maria sempre in piedi come il Sacerdote che offre il Sacrificio, venisse presentato alla Santità ed alla Misericordia di Dio. 
Quando poi l'adorabile Vittima lasciò l'altare della Croce, venne deposta nelle mani e sulle ginocchia di sua Madre, come sopra un altare più venerabile e più santo di quello della Croce.
Gesù e Maria non sono che una cosa sola. Così Giovanni e Maria sono una cosa sola: Ex illa hora accepit eam discipulus in sua

Il Beato Grignon di Montfort traduce: «Giovanni prese Maria con sé perché essa fosse per lui ogni sorta di beni, Accepit eam in sua omnia» (680). 
L'unione di Giovanni con Maria! Quale delizioso soggetto di contemplazione, di ammirazione e di amore! 
Ascoltiamo san Bernardo: «Allora (sul Calvario), questi due Prediletti (Maria e Giovanni) mescolarono le loro lacrime; allora queste due anime Vergini furono assieme Martiri: l'anima di Maria e l'anima di san Giovanni furono, con immenso dolore, ugualmente trapassate dalla spada della morte di Gesù» (681). 
Il Mistero di una tale unione così santa e ammirabile ebbe origine da quelle parole di Gesù: «Donna, ecco il vostro Figlio, - Figliuolo, ecco la tua madre»; e venne compiuto dalla spada di un comune Sacrificio. Maria e Giovanni se n'andarono quindi nel mondo, da Gerusalemme a Efeso, da Efeso a Gerusalemme portando dappertutto, nella preghiera, nelle fatiche apostoliche, in tutti i sacrifizi, questo suggello divino, questa grazia celeste derivata dal Calvario, quella vita di unione così forte e così tenera, felice per Giovanni e consolante per Maria, gloriosa per il Signore, santificante e feconda per la Chiesa. 
O meraviglia di grazia, d'innocenza e di amore! O Unione senza nome possibile quaggiù! O Vita unica di Giovanni e della Madre sua! Santuario augusto, al quale non possiamo avvicinarci senza profondo rispetto, ma con l'anima tutta commossa e compresa da un desiderio inesprimibile di stabilirvi, ad onta della nostra indegnità, la nostra dimora perpetua sino al cielo (682).
La Vita di unione con Maria consiste nelle tre pratiche seguenti: Vivere e fare ogni cosa per mezzo di Maria - con Maria - e nel suo Spirito: Per Ipsam, - et cum Ipsa - et in Ipsa.
Argomento: Spiritualità

martedì 14 aprile 2015

14. La devozione a Maria. "Il segreto di Maria"


4 − La devozione a Maria (SM 24-34)

Le diverse devozioni

24. - In realtà vi sono parecchie vere devozioni alla santa Vergine.
Non intendo parlare qui delle false.


25. - La prima è quella di compiere i doveri di cristiano: evitare il
peccato mortale, agire più per amore che per timore, pregare ogni
tanto Maria e onorarla come Madre di Dio, senza altra speciale devozione verso di lei.

26. - La seconda è quella di avere sentimenti più perfetti di stima,
amore, fiducia e venerazione verso la santa Vergine. Tale forma di
devozione induce ad entrare nelle confraternite del santo rosario, a 
rendere onore alle immagini ed agli altari di lei, a divulgare le sue
lodi e ad iscriversi alle sue associazioni. Questa devozione è buona,
santa e lodevole perché esclude il peccato; eppure non è tanto perfetta né tanto efficace da distaccare le anime dalle creature e da se stesse per unirle a Gesù Cristo.

27. - La terza devozione alla santa Vergine, conosciuta e praticata da pochissime persone, è quella che sto per rivelarti, anima predestinata.

La consacrazione a Gesù per Maria

28. - La perfetta devozione consiste nel darsi interamente, in qualità
di schiavo, a Maria e a Gesù per mezzo di Maria; e poi nel fare
ogni cosa con Maria, in Maria, per mezzo di Maria e per Maria.
Spiegherò questi termini.

29. - Occorre scegliere una data importante per darsi, consacrarsi
e sacrificare volontariamente e per amore, senza costrizione, interamente, senza limitazioni, il corpo e l’anima, con i beni esteriori di fortuna - come la casa, la famiglia e le proprie rendite - e con quelli interiori dello spirito i meriti, le grazie, le virtù e le soddisfazioni.
Qui occorre notare che con questa devozione si fa sacrificio a Gesù
per mezzo di Maria di tutto ciò che un’anima ha di più prezioso e che nessun istituto religioso fa sacrificare, cioè del personale diritto di disporre di sé e del valore delle proprie preghiere, elemosine, mortificazioni e soddisfazioni. 
Se ne abbandona alla Vergine l’intera disposizione, perché applichi tutto secondo la sua volontà alla maggior gloria di Dio che soltanto lei conosce perfettamente.

30. - Si mette a sua disposizione tutto il valore soddisfattorio ed
impetratorio delle buone opere. Perciò, dopo aver fatto tale offerta,
pur senza voto, non si è più padroni del bene che si compie, e Maria Vergine lo può applicare sia ad un’anima del purgatorio da consolare o da liberare, sia ad un povero peccatore da convertire.

31. - Con questa devozione si mettono nelle mani della Vergine
santa i propri meriti, ma soltanto perché li conservi, li aumenti, li abbellisca.
Infatti i meriti in ordine alla grazia santificante e alla gloria 
non si possono cedere ad altre persone. Le si offrono invece tutte le
preghiere e le buone opere personali in quanto sono impetratorie e
soddisfattorie, affinché le distribuisca e le applichi a chi vorrà. Se,
dopo essersi consacrati in tal modo alla Vergine santa, si desiderasse aiutare un’anima del purgatorio, salvare qualche peccatore, sostenere qualche nostro amico con le preghiere, le elemosine, le mortificazioni, i sacrifici, bisognerà chiederglielo umilmente e stare a quanto ella deciderà pur senza venirne a conoscenza, convinti che il valore delle azioni potrà essere ordinato solo alla maggior gloria di Dio, poiché è amministrato dalla stessa mano di cui si serve il Signore per la distribuzione delle grazie e dei doni.

32. - Ho detto che questa devozione ci fa consacrare a Maria in
qualità di schiavi. Bisogna ricordare che esistono tre forme di schiavitù.

 La prima è la schiavitù di natura: gli uomini, buoni o cattivi, sono
schiavi di Dio in questa forma.
 La seconda è la schiavitù di costrizione: i demoni e i dannati sono
schiavi di Dio in quest’altra.
 La terza è la schiavitù d’amore e di volontà: è proprio quella con la
quale dobbiamo consacrarci a Dio per mezzo di Maria, nella forma
più perfetta di cui una creatura può servirsi per darsi al suo Creatore.

33. - Nota inoltre la netta differenza fra servo e schiavo
Il servo esige un salario per il proprio servizio, lo schiavo no. 
Il servo è libero di lasciare il padrone quando vuole e lo serve per un periodo determinato;
lo schiavo non può secondo giustizia abbandonare il padrone,
essendogli dato per sempre. 
Il servo non cede al padrone il diritto di vita e di morte sulla propria persona; lo schiavo si dà completamente, di modo che il padrone potrebbe farlo morire senza incontrare noie con la giustizia. Però è facile comprendere come lo schiavo di costrizione subisca la più stretta dipendenza, quella che di per sé ha un uomo nei confronti del suo Creatore. Ecco perché i cristiani non si procurano schiavi di tale specie, mentre li hanno solamente i turchi e gli idolatri.


34. - Felice, mille volte felice l’anima generosa che, dopo aver 
scosso da sé la tirannica schiavitù del demonio con il battesimo, si
consacra in qualità di schiava d’amore a Gesù per mezzo di Maria. 

AVE MARIA PURISSIMA!

martedì 11 dicembre 2012

« II potere di Maria su tutti i diavoli risplenderà in particolar modo negli ultimi tempi...




IL PIÙ TERRIBILE NEMICO SUSCITATO DA DIO CONTRO IL DEMONIO 
È MARIA 


S.   LUIGI M.  GRIGNION DE MONTFORT

La lotta di Maria contro il serpente, cominciata con l'inizio della storia della salvezza, 
continuerà in tutti i tempi, ma si farà più acuta e più feroce negli ultimi tempi. Sarà, quella, 
una lotta totale, fino allo sterminio di una parte e la vittoria completa dell'altra. Nessuno in 
quella lotta potrà restare estraneo, o neutrale, o semplice spettatore. Tutti gli abitanti della 
terra ne saranno coinvolti, schierati o da una parte o dall'altra della trincea, solidali o col 
demonio che sarà definitivamente sconfitto,  o con Cristo e con Maria che saranno i
vincitori. 

Cito S. Luigi M. Grignion de Montfort: « Dio ha messo non soltanto una inimicizia, ma delle 
inimicizie fra Maria e il demonio come pure tra la razza della Santa Vergine e la razza del 
demonio; vale a dire: Dio ha messo inimicizie,  antipatie ed odi segreti tra i veri figli e 
servitori della Santa Vergine e i figli e gli schiavi del diavolo... Ma l'umile Maria riporterà 
sempre la vittoria su questo orgoglioso... fino al punto di schiacciargli la testa nella quale 
risiede il suo orgoglio... 
« II potere di Maria su tutti i diavoli risplenderà in parti-colar modo negli ultimi tempi, in cui 
satana insidierà il Suo calcagno vale a dire gli uomini schiavi, poveri figli che susciterà per 
muovergli guerra. Secondo il mondo essi saranno piccoli e poveri e abbassati davanti a 
tutti come il calcagno, calpestati e tartassati come lo è il calcagno nei confronti delle altre 
membra del corpo; ma in cambio essi saranno ricchi delle grazie 
di Dio che Maria distribuirà loro abbondantemente, grandi ed elevati in santità davanti a 
Dio, superiori ad ogni creatura per il loro zelo animato, e così  fortemente appoggiati al 
soccorso divino, che con l'umiltà del loro calcagno, in unione a Maria, essi schiacceranno 
la testa al diavolo e faranno trionfare Gesù Cristo » (Trattato, 54). 

Il demonio ha sempre dimostrato una grande paura di Maria perché egli sa che Essa è il 
più terribile nemico suscitato da Dio contro di lui (ivi, 52); che il tempo del suo regno è 
ormai alla fine -  sciens quia modicum tempus habet, Ap. 12, 12 -; che l'umiltà di Maria 
vince e annulla gli effetti della sua superbia; che la vera devozione a Maria difende i suoi 
devoti contro tutte le sue insidie e i suoi assalti. 

C'è una bella pagina di Henri-Marie Boudon (v. appendice), uno degli autori preferiti dal 
Lanteri, che dipinge al vivo la paura del demonio verso Maria: 



 « Quale il mezzo dunque per salvarsi dalle insidie che ci tendono nemici così potenti? Il
più sicuro è la devozione alla santa Madre  di Dio, che a questi avversari della nostra 
salvezza si presenta terribile come un esercito schierato a battaglia. Ed in effetti, i demoni 
temono terribilmente i digiuni, le veglie, le  austerità, le penitenze, le preghiere; ma non 
hanno lasciato di perdere molte anime che attendono a queste cose. Invece non si è mai 
detto, né sentito, che uno veramente devoto alla santa Vergine si sia perduto. Ecco perché 
non vi è nulla che i diavoli maggiormente temano se non la devozione alla Madre di Dio.
Così vediamo che i demoni spingono stranamente i loro gregari, che sono gli eretici e i 
cattivi cattolici, a distruggere questa devozione, o apertamente,  o indirettamente con 
pretesti speciosi. Essi sanno che non è molto difficile gettare la corruzione nell'intcriore di 
coloro che più si distinguono nell'esercizio delle opere esteriori, nelle elemosine, nella cura 
dei malati, nelle austerità corporali e cose simili; essi sanno che le anime anche più
stabilmente decise e stabilite nella virtù sono soggette all'incostanza, la loro esperienza ha 
fornito loro mille prove di ciò: ma essi  sanno pure che la protezione della Santissima 
Vergine non mancherà mai a coloro che praticano questa devozione e che la grazia 
aumenta sempre in coloro che osservano fedelmente la legge del suo Figlio. Ad essi Maria 
ottiene la grazia finale e il dono d'una morte preziosa. « Non sai forse — diceva nostro 
Signore a un demonio che si lamentava come i più grandi peccatori gli fossero sottratti per 
l'intervento di Maria - non sai che mia Madre può tutto su di me e che tutto ciò che vuole è 
fatto? » (Rivelazioni di S. Brigida) (H. M. BOUDON, Die» seul, le saint esclavage, Marseil-le 
1836, 111). 

Alla fine del mondo, per mezzo di Maria, saranno debellate e messe fuori campo tutte le 
eresie che hanno travagliato e travagliano la Chiesa. Vi sarà, allora, il trionfo completo della verità completa. Per oggi questa grazia non ci è ancora accordata. Oggi la Chiesa deve 
ancora essere « militante », «combattere la  buona battaglia ». I membri della Chiesa 
devono ancora lottare, soffrire, resistere per  « conservare la fede » e per meritarsi la 
corona, imitando così il divino Maestro che aveva scelto la stessa via: « Hanno 
perseguitato me, perseguiteranno anche voi »  (Gv. 15, 20); « io so che dopo la mia 
partenza s'introdurranno in mezzo a voi lupi rapaci che non risparmieranno il gregge... 
perciò vegliate » (At. 20, 29). Ma alla fine cesserà la lotta e ci sarà la vittoria. E la vittoria 
sarà un regalo di Maria, vincitrice di tutte le eresie. 


« Mi è stato rivelato — scrive la mistica francescana spagnola Maria da Agreda (1602-
1663) - che per l'intercessione della Madre di Dio tutte le eresie saranno distrutte. La 
vittoria sulle eresie è stata da Cristo riserbata alla sua Santa Madre. Negli ultimi giorni il 
Signore farà diffondere in modo speciale & conoscenza e l'amore di sua Madre. È stata 
Maria a iniziare la salvezza, sarà ancora  Lei che !a completerà. Prima della seconda 
venuta di Cristo Maria si manifesterà più e meglio che non in altri tempi con la sua bontà e 
potenza e grazia per ricondurre i miscredenti alla fede cattolica. La potenza di Maria sarà 
oltremodo notevole specialmente negli ultimi giorni. Maria estenderà il regno di Cristo ai 
pagani, ai maomettani, e vi sarà una gioia grandissima quando Maria sarà intronizzata 
come Signora e Regina dei cuori ». 
Solo allora sarà ricomposta  nel mondo e nell'umanità quella «  anakephdaiosis  », ossia 
restaurazione di tutto sotto l'unico capo Cristo — in direzione verticale - vaticinata da 
Paolo; quella « ecumène » - in  direzione orizzontale - o unità universale per cui Cristo
aveva pregato nel cenacolo; quella distruzione della babèle umana, segno di divisione e di
odio, per la vittoria della croce, segno di unità e di amore: e sarà ricomposta per mezzo di 
Maria. 

Paolo Calliari


MARIAM COGITA MARIAM INVOCA

giovedì 25 ottobre 2012

VITA DI SAN GIUSEPPE // Scritta dalla Serva di Dio Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)


Scritti di santi: Vita di San Giuseppe - L. II, cap. 
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro II - Capitolo I
S. Giuseppe arriva a Nazareth con la Santissima Vergine

Nella stanza dell'Incarnazione - I Santi Sposi arrivarono a Nazareth, loro patria, e fu grande la consolazione che entrambi sentirono nell'entrare nella loro piccola casetta; la Santissima Vergine per la devozione che aveva per quella stanza, dove si era operato il grande Mistero dell'Incarnazione del Verbo Divino, ed il nostro Giuseppe, perché in quel luogo aveva sperimentato grazie particolari e favori sublimi dalla generosità del suo Dio; e benché egli non sapesse cosa alcuna di quanto qui si era operato, tuttavia ne aveva un grande affetto e una particolare devozione, per cui appena arrivati, pregò la sua santa Sposa di volerlo compiacere di condurlo con lei nella sua stanza, per lì lodare e ringraziare Dio della grazia fatta loro di arrivare felicemente nella loro patria. La santa Sposa lo compiacque e qui insieme genuflessi a terra adorarono e ringraziarono Dio.

Estasi di Giuseppe e Maria - Dio consolò il nostro Giuseppe con una sublime estasi nella quale gustò la soavità dello spirito del suo Dio e capì grandi cose circa la santità della sua Sposa, perché Dio in quell'estasi gli rivelò quanto gli fosse cara e gradita. La divina Madre fu anche favorita di molte grazie. Passato un po' di tempo in tali consolazioni, il fortunato Giuseppe tornò dall'estasi e vide la sua sposa Maria tutta circondata di luce, per cui si trattenne qualche tempo nel rimirarla e contemplare in lei le grazie del Signore.
La divina Madre era ancora sollevata in altissima contemplazione, e Giuseppe godeva nel vederla tanto favorita dal suo Dio, che ringraziava affettuosamente per averlo tanto aggraziato nel dargli una sposa così degna. Piangeva per la dolcezza, e diceva a se stesso: «O mia cara ed amata sposa, e dove mai ho meritato di stare con te e di godere la tua compagnia tanto desiderabile? Che grazia da me mai meritata, ma dispensatami solo dalla bontà immensa del nostro Dio, generosissimo verso di me, suo vile servo!». Mentre Giuseppe diceva così, la divina Madre tornò ai propri sensi e incominciò a trattare col suo Giuseppe della bontà e della generosità del loro Creatore, e ne compose un sublime cantico.

Amore e discorsi di Giuseppe - L'animo di Giuseppe inondava in un mare di gioia e si liquefaceva tutto in amore verso il suo buon Dio, e crescevano sempre di più in lui la venerazione e l'amore verso la sua santa Sposa. Dopo poi le narrò quel tanto che gli era successo in quella stanza quando lei non c'era, e che lui andava lì a pregare, e le molte grazie che in quel luogo Dio gli aveva partecipato, e la molta consolazione che vi aveva sperimentato nei suoi travagli. La divina Madre sapeva già tutto; tuttavia si mostrava indifferente e gradiva quanto il suo Giuseppe le narrava, ed essendo lei umilissima, gli diceva che riconoscesse tutto dalla sola generosità del suo Dio, e che Dio in alcuni luoghi comparte più abbondanti le sue grazie, e che potevano pensare che si fosse scelto quella stanza per fare qui mostra della sua generosità, perché anche a lei in quel luogo compartiva delle grazie. Il nostro Giuseppe rimaneva persuaso di tutto, e pregò la sua Sposa di volersi accontentare di farlo andare lì qualche volta a pregare, specialmente quando egli fosse stato in travaglio, affinché avesse potuto ricevere le solite grazie dalla divina generosità, e le disse:«Benché tu, mia sposa, sia sufficiente a consolarmi nelle mie afflizioni, tuttavia desidero anche questa consolazione, di venire in questa stanza a pregare, quando però non sia di fastidio a te, cioè quando tu sei occupata nell'acconciare la casa e nel preparare il cibo a noi necessario, che così non ti sarà di disturbo». L'umilissima Sposa chinò la testa, e si mostrò prontissima a quanto egli desiderava, perciò il nostro Giuseppe rimase consolato, ed osservava la sua Sposa quando era occupata in qualche cosa; e allora se ne andava per breve tempo nella suddetta stanza, dove Dio gli compartiva molti favori, facendosi gustare molto abbondantemente alla sua anima.

Alla porta della stanza in preghiera - Molte volte poi, il Santo si sentiva attirare interiormente quando c'era la divina Madre in preghiera, ed egli si metteva al di fuori per non disturbare la sua Sposa, e qui genuflesso adorava il suo Dio e lo supplicava, che poiché non poteva entrare per non disturbare le preghiere della sua Sposa, si fosse degnato di compartirgli, in quel luogo, qualche lume e qualche buon sentimento, e gli domandava questo per l'amore che egli portava alla Santissima fanciulla Maria che gli aveva dato per compagna.
Dio non tardava a consolarlo comunicandosi abbondantemente alla sua anima. Il nostro Giuseppe si umiliava molto, e di tutto si riconosceva indegnissimo, e perciò domandava spesso le grazie al suo Dio per i meriti della sua Santa Sposa, perché già sapeva quanto fosse cara ed accetta a Dio e quanto da Dio fosse amata e favorita.

Attrazione e riflesso del Verbo - Nel Santo crescevano sempre di più la stima e la venerazione verso la sua Sposa Maria, in modo tale che, quando lei stava in preghiera o in qualche posizione che da lei non fosse visto, le faceva degli inchini, e faceva questo per un impulso interiore. Egli credeva che questo procedesse per la santità che scorgeva in lei, benché per altro era un motivo assai più sublime, che il santo Sposo non intendeva, ed era che il Verbo divino, che abitava in lei, attirava a sé lo spirito di Giuseppe a venerarlo e adorarlo nel seno verginale. Scorgeva poi nella sua Sposa sempre maggiore grazia e bellezza e la conosceva ornata di virtù più sublimi, in modo tale che restava preso dalla meraviglia, e non poteva penetrare da dove questo provenisse. Si andava persuadendo che, essendo lei tanto santa, Dio le comunicasse sempre nuovi favori e grazie, come infatti era; ma il Verbo divino che abitava in lei, era quello che faceva traspirare, anche nel suo aspetto esteriore, la sua divina sua luce, per il conforto del suo amato Giuseppe.

Assorti nel Verbo divino - I Santi Sposi vivevano poi nel modo che già si è narrato nel primo libro di questa storia, in parte pregando, in parte recitando le lodi divine, in parte lavorando per acquistarsi il vitto con le loro fatiche, e in parte spendevano il tempo in sacri colloqui. Parlavano spesso di quanto avevano detto i Profeti circa la venuta del Messia e di quello che era scritto nelle Sacre Scritture; e molte cose che il nostro Giuseppe non intendeva, se le faceva spiegare dalla sua Sposa Maria, perché già scorgeva come lei fosse molto istruita in tutto e sapientissima. La divina Madre lo compiaceva in tutto, mostrandosi obbedientissima e narrando fra di loro quanto era stato profetizzato del Messia. Piangevano per la dolcezza nel sentire le qualità mirabili che il Messia avrebbe avuto; la divina Madre però piangeva, perché aveva una chiara cognizione di quanto il suo Figlio divino avrebbe sofferto per riscattare il genere umano, e teneva nascosti nel suo cuore i dolori che le trafiggevano l'anima. Non li narrava al suo Giuseppe per non affliggerlo ulteriormente, e lei sola soffriva l'aspro cordoglio senza manifestarlo e cercare compatimento al suo dolore. Il nostro Giuseppe osservò che quando parlava con la sua Sposa circa la venuta del Messia, lei spesso piangeva, e lui credeva che questo provenisse dal desiderio che lei ne aveva e per vederne la dilazione, benché la divina Madre spasimava per il dolore al riflesso di quanto il suo Figliolo doveva patire. Osservò anche come la sua Sposa non l'esortava più a supplicare il divin Padre di volersi degnare di mandare presto il Messia promesso, ma il Santo non ardiva domandarle cosa alcuna, e si andava immaginando che lei fosse già stata assicurata da Dio della detta venuta, che fossero state esaudite le sue suppliche e che il Messia stesse per venire presto al mondo. Il nostro Giuseppe osservava poi, come parlando fra di loro delle virtù mirabili che il Messia avrebbe avuto, splendeva una mirabile chiarezza nel volto della divina Sposa, e il nostro Giuseppe non sapeva capire dadove questo provenisse. Spesso aveva il desiderio di saperne la causa, ma il Santo si umiliava, riconoscendosi indegno di saperlo, e di questo ancora se la passava in silenzio con la sua Sposa. Pensava però che Dio si compiacesse molto di quei discorsi e che in segno del compiacimento gli desse quei chiari segni con comunicarsi alla sua Sposa e partecipare anche nel suo aspetto esteriore quella chiarezza. Il Santo godeva di tutto e si reputava sempre più indegno di tanta grazia. Il nostro Giuseppe osservava, poi, come la sua Santa Sposa stava quasi sempre assorta e passava i giorni interi senza neppure cibarsi, perciò il Santo credeva che facesse questo per muovere Dio a mandare presto il Messia promesso, e anche lui procurava di astenersi dal cibo, prendendo molto scarsamente il necessario. Però era esortato dalla sua Sposa a cibarsi per non perdere le forze corporali, ma il Santo si metteva a rimirare la sua Sposa e nello stesso tempo si trovava sazio, e con umili maniere diceva alla sua Sposa che si accontentasse di lasciarlo stare digiuno, perché quello che saziava lei nella sua astinenza, saziava anche lui. Da qui poi la divina Madre prendeva nuovi motivi per lodare il suo Dio e i Santi Sposi si univano a cantare le lodi divine e narrare fra di loro la beneficenza divina.

Beatitudine di Giuseppe - Il nostro Giuseppe si trovava poi con un rinnovamento di spirito molto grande ed eccellente, con una piena contentezza di cuore non più sperimentata nel passato. Gli sembrava di avere in casa sua un grande tesoro, e non sapeva più invidiare la felicità dei cieli, che sono l'abitazione degli Spiriti Beati e dello stesso Dio. Non si curava più di mettersi a guardare il cielo e gli bastava solo di dare un'occhiata alla sua Sposa, perché il suo cuore restava pienamente consolato, e non aveva più che desiderare. Il Santo non sapeva da dove provenisse, e questo lo pose in qualche timore, dicendo a se stesso: «Forse, mio Dio, non ti amo con quell'ardore con cui prima ti amavo, per cui non mi curo più di guardare il cielo dove Tu abiti, per saziare qui le brame del mio cuore?». Ed esaminandosi attentamente, capiva come il suo Dio fosse l'unico oggetto del suo amore, e, rivolto a Lui, esclamava:«Mio Dio! Tu sei l'unico mio amore, il mio bene, il mio tesoro, il mio tutto. Il mio cuore non brama altro che Te, ed intanto io amo la mia Sposa, in quanto la riconosco colma della tua grazia e del tuo amore, ed intendo amare Te in lei mentre ben conosco che tu in lei fai la tua gioconda abitazione; e poi Tu stesso l'hai data a me per fedele compagna e mi comandi che io l'ami, e ben merita di essere amata, essendo tanto santa e tanto colma di virtù e di grazia». E così il santo Sposo si quietava e si godeva le grazie che il suo Dio gli dispensava.

Pene e travagli - Stando il nostro Giuseppe fra tante consolazioni del suo spirito, non gli mancavano dei travagli da parte delle creature, e mentre egli si tratteneva nella sua piccola bottega a lavorare, andavano lì alcuni oziosi per discorrere e passare il tempo, ma siccome il Santo stava per lo più estatico, contemplando le grandezze del suo Dio, non dava ad essi risposta alcuna, per cui veniva da loro deriso e motteggiato. Lo chiamavano stolto, insensato, uomo da niente. Il nostro Giuseppe si umiliava, e soffriva il tutto con pazienza e generosità. Alle volte gli chiedevano che ne era della sua Sposa e come lei sopportasse di trattare con lui, tanto stolto, e incominciavano a dire delle parole impertinenti, perché questi erano molto istigati dal demonio, che cercava tutti i mezzi per far cadere il Santo in atti di impazienza e di sdegno. Ma il Santo si serviva di tutto per arricchirsi maggiormente di meriti e praticare le virtù, e perciò con belle maniere li licenziava e li riprendeva, secondo quello che lui conosceva che era offesa di Dio.

Sua mansuetudine - Quando quelle persone se ne erano andate, il Santo si ritirava ad orare e pregare per loro, affinché il Signore si fosse degnato di illuminarli ed insieme perdonare i loro errori, ed in queste occorrenze praticava gli atti di umiltà, di carità e di pazienza. Il nemico infernale fremeva sempre di più e ruggiva contro il nostro Giuseppe e molto più contro la sua Santa Sposa, e non sapeva come fare per inquietarli e mettere discordia fra di loro. Però era tenuto molto abbattuto e lontano da loro dalla divina potenza e anche dalla forza delle loro sublimi virtù, e specialmente dalla loro profondissima umiltà, purezza ed astinenza, e dall'ardente amore di Dio che regnava nei loro cuori. Il nostro Giuseppe manifestava poi il tutto alla sua santa Sposa ed era animato da lei a soffrire con pazienza, perché così dava molto gusto al suo Dio, e si univano insieme a pregare per coloro che li perseguitavano.

Una prova - I Santi Sposi passarono qualche tempo in questo modo di vivere, nuotando l'anima del nostro Giuseppe in un mare di gioia e di consolazioni divine. Perciò Dio volle provare di nuovo il suo servo con un travaglio assai grande, mai sofferto nel tempo della sua vita passata, come si dirà nel seguente capitolo, avendolo Dio, però, prima fortificato con la sua grazia e con i molti favori che gli compartì.



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Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro II - Capitolo I
S. Giuseppe arriva a Nazareth con la Santissima Vergine
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XXII
Dopo tre mesi S. Giuseppe va a riprendere
la sua Santissima Sposa Maria
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XXI
S. Giuseppe e la Santissima Vergine visitano Santa Elisabetta
Argomento: Ite ad Joseph
Scritti di santi: Esempi di Gesù Bambino

Esempi di Gesù Bambino
di S. Alfonso Maria de Liguori



Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XX
S. Giuseppe desidera la venuta del Messia
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XIX
Maria e Giuseppe prima dell'Incarnazione del Verbo Divino
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XVIII
Viaggio di S. Giuseppe con la sua Santissima Sposa Maria da Gerusalemme a Nazareth
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XVII
Purissimo sposalizio di S. Giuseppe con la Santissima Fanciulla Maria
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XVI
S. Giuseppe prima del suo sposalizio con la Santissima Vergine
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XV
S. Giuseppe cresce nell'amore verso Dio e il prossimo
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XIV
S. Giuseppe riceve altre grazie da Dio
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XIII
S. Giuseppe è molto travagliato dal demonio
e afflitto dall'aridità di spirito
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XII
S. Giuseppe esercita l'arte del falegname
e riceve grazie particolari da Dio
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XI
Partenza di S. Giuseppe da Nazareth
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo X
Comportamento di S. Giuseppe alla morte dei suoi genitori
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo IX
Altre virtù di S. Giuseppe e suoi progressi nella sapienza e nell'amore verso il suo Dio
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo VIII
Affetto e particolare compassione di S. Giuseppe
verso i moribondi
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo VII
Travagli di S. Giuseppe per opera del demonio e sua pazienza nelle tribolazioni
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo VI
Progresso di S. Giuseppe nelle virtù e favori che riceve da Dio
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo V
L'infanzia di S. Giuseppe
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo IV
L'infanzia di S. Giuseppe: il suo rapporto con Dio
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo III
Purificazione della madre e presentazione di S. Giuseppe al Tempio
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo II
La nascita di S. Giuseppe e la sua circoncisione
Argomento: Ite ad Joseph
Serva di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo I
La patria di S. Giuseppe e dei suoi genitori
Argomento: Ite ad Joseph
San Francesco Saverio
Lettera 116

Argomento: Miscellanea
San Francesco Saverio
Lettera 89

Argomento: Miscellanea
EPISTOLARIO
di S. Luigi Maria Grignion de Montfort
edizione bilingue

Argomento: L'eterna Sapienza

EPISTOLARIO
di S. Luigi Maria Grignion de Montfort
edizione bilingue

Argomento: L'eterna Sapienza

San Francesco Saverio
Lettera 85

Argomento: Miscellanea
EPISTOLARIO
di S. Luigi Maria Grignion de Montfort
edizione bilingue

Argomento: L'eterna Sapienza

Catecismo para niños
AVE MARIA PURISSIMA!