sabato 20 giugno 2015

Totus tuus. Mirabile esempio del beato Giovanni Paolo II !

Giovanni Paolo II: Totus tuus: A Cristo attraverso Maria
di François-Marie Léthel Prelato segretario della Pontificia Accademia di Teologia su L'Osservatore Romano del 17 dicembre 2009



Il motto Totus tuus, che riassume tutta la spiritualità cristocentrica e mariana di san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716), è stato il filo conduttore di tutta la vita del Beato Giovanni Paolo II. Il santo francese e il suo grande discepolo polacco sono due esempi luminosi della stessa santità sacerdotale, d'una vita interamente vissuta nell'amore di Gesù e dei fratelli sotto la guida materna di Maria. Totus tuus! Due parole che sono una preghiera indirizzata a Gesù per mezzo di Maria e nel suo Cuore Immacolato. È un atto d'amore come dono totale di sé. Nello stesso senso anche santa Teresa di Lisieux definisce l'amore:  "Amare è dare tutto e dare se stesso".
 
 Luigi Maria di Montfort e Teresa di Lisieux sono infatti come due fari di santità che hanno illuminato in modo particolare il pontificato di Giovanni Paolo II, nella grande prospettiva del concilio Vaticano ii tracciata dalla Lumen gentium.
 
 
Le loro opere principali - il Trattato della vera devozione alla santa Vergine di Luigi Maria, e la Storia di un'anima di Teresa - sono dei testi dottrinali di massima importanza e perfettamente convergenti per illuminare la via della santità per tutti, come via dell'amore vissuta con Maria.

 La dottrina di Teresa viene espressa nel racconto della sua vita, mentre quella del Montfort è espressa in un trattato. Ma tutti e due, alla fine dei loro scritti, invitano il lettore a darsi totalmente e per sempre a Gesù nell'amore dello Spirito Santo, attraverso le mani e il cuore di Maria. Con Maria e in Maria, ogni battezzato può veramente "vivere d'amore" nel quotidiano e realizzare la sua vocazione alla santità nel dono totale di sé e per sempre. La totalità e radicalità di tale dono viene espressa attraverso due forti simboli biblici:  "Olocausto all'Amore" (Teresa), "Schiavitù d'Amore" (Luigi Maria), in riferimento al sacrificio di Gesù, "Olocausto" della nuova alleanza di colui che ha preso per noi "la condizione di schiavo" fino alla morte sulla croce.

 Nella vita di Karol Wojtyla, questo Totus tuus è diventato come il respiro della sua anima, il battito del suo cuore a partire dal 1940 quando ha scoperto, all'età di venti anni, il Trattato del Montfort. Molte volte, Giovanni Paolo II racconterà tutto questo. Lo ha fatto in modo speciale, nel 1996, al momento del suo 50° anniversario di sacerdozio nel libro Dono e mistero. Secondo la sua testimonianza, è un laico, Jan Tyranowski - adesso servo di Dio - che gli aveva fatto conoscere il Trattato del Montfort e le Opere di san Giovanni della Croce, aprendolo alla più profonda vita spirituale, negli anni durissimi dell'occupazione nazista in Polonia.

 Il giovane Karol doveva lavorare come operaio in una fabbrica, scoprendo progressivamente nello stesso periodo la sua vocazione al sacerdozio. Parlando di questo periodo, Giovanni Paolo II insisteva sul "filo mariano" che aveva guidato tutta la sua vita fin dall'infanzia, nella sua famiglia, nella sua parrocchia, nella devozione carmelitana allo scapolare e la devozione salesiana a Maria ausiliatrice. La scoperta del Trattato - ricorda lo stesso Papa polacco - l'aiutò a fare un passo decisivo nel suo cammino mariano, superando una certa crisi:  "Ci fu un momento in cui misi in qualche modo in discussione il mio culto per Maria ritenendo che esso, dilatandosi eccessivamente, finisse per compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo.
 
 Mi venne allora in aiuto il libro di san Luigi Maria Grignion de Montfort che porta il titolo di Trattato della vera devozione alla santa VergineIn esso trovai la risposta alle mie perplessità. Sì, Maria ci avvicina a Cristo, ci conduce a Lui, a condizione che si viva il suo mistero in Cristo (...). L'autore è un teologo di classe. Il suo pensiero mariologico è radicato nel mistero trinitario e nella verità dell'Incarnazione del Verbo di Dio (...). Ecco spiegata la provenienza del Totus tuus. L'espressione deriva da san Luigi Maria Grignion de Montfort. È l'abbreviazione della forma più completa dell'affidamento alla Madre di Dio che suona così:  Totus tuus ego sum et omnia mea tua sunt. Accipio te in mea omnia. Praebe mihi cor tuum, Maria" (Dono e mistero, pp. 38-39).

 Queste parole in latino, continuamente pregate e ricopiate da Karol Wojtyla sulle prime pagine dei suoi manoscritti, si trovano alla fine del Trattato del Montfort, quando il santo invita il fedele a vivere la comunione eucaristica con Maria e in Maria. Bisogna sottolineare che questo Totus tuus diventa per sempre, dal 1940 al 2005, come la linea direttrice di tutta la vita di Karol Wojtyla, come seminarista e sacerdote, e poi come Vescovo e Papa. Quando, nel 1958, è nominato da Pio xii vescovo ausiliare di Cracovia, sceglie già il Totus tuus come motto episcopale, insieme allo stemma che simboleggia Cristo redentore e Maria accanto a lui, lo stesso che conserverà come Papa. E soprattutto lo vivrà fino alla fine, nelle grandi sofferenze degli ultimi mesi. 

Dopo la tracheotomia, non potendo più parlare, scriverà ultimamente le parole Totus tuus. Sappiamo anche dalle persone più vicine a lui che leggeva ogni giorno un passo del Trattato.
 

 Nei suoi scritti, Giovanni Paolo II ha fatto spesso riferimento a san Luigi Maria, come per esempio nella Redemptoris mater (n. 48). Ma, in modo particolare, verso la fine del suo pontificato, ci ha lasciato una bellissima sintesi della sua dottrina interpretata alla luce del concilio Vaticano ii, nella sua Lettera ai religiosi e alle religiose delle famiglie monfortane dell'8 dicembre 2003. È forse il testo più illuminante per capire il significato teologico profondo del Totus tuus e dello stemma episcopale.

 All'inizio della Lettera (n. 1), Giovanni Paolo II racconta di nuovo la sua scoperta personale, con riferimento al suo libro Dono e mistero. Citando poi il Trattato, egli insiste sulla principale caratteristica della sua dottrina:  "La vera devozione mariana è cristocentrica". Il fondamento di questa dottrina è evidentemente il Vangelo. Ed è proprio a partire dal testo di san Giovanni che viene spiegato lo stemma e il motto Totus tuus:  "La Chiesa, fin dalle sue origini, e specialmente nei momenti più difficili, ha contemplato con particolare intensità uno degli avvenimenti della Passione di Gesù Cristo riferito da san Giovanni:  "Stavano presso la croce di Gesù sua Madre, la sorella di sua Madre, Maria di Cleofa, e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la Madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla Madre:  Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo:  Ecco la tua Madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Giovanni, 19, 25-27).

 Lungo la sua storia, il Popolo di Dio ha sperimentato questo dono fatto da Gesù crocifisso:  il dono di sua Madre. Maria Santissima è veramente Madre nostra, che ci accompagna nel nostro pellegrinaggio di fede, speranza e carità verso l'unione sempre più intensa con Cristo, unico salvatore e mediatore della salvezza (cfr. Lumen gentium, 60 e 62). Com'è noto, nel mio stemma episcopale, che è l'illustrazione simbolica del testo evangelico appena citato, il motto Totus tuus è ispirato alla dottrina di san Luigi Maria Grignion de Montfort (cfr. Dono e mistero, pp. 38-39; Rosarium Virginis Mariae, 15). Queste due parole esprimono l'appartenenza totale a Gesù per mezzo di Maria:  "Totus tuus ego sum, et omnia mea tua sunt", scrive san Luigi Maria".

 È alla fine del Trattato che si trovano le parole in latino, citate sopra, continuamente ricopiate da Karol Wojtyla, sacerdote, vescovo e Papa. Luigi Maria insegna a vivere la santa comunione con Maria. Si tratta di rinnovare la consacrazione del battesimo nelle mani di Maria per ricevere con lei il Corpo di Gesù:  "Rinnoverai la tua consacrazione, dicendo:  Totus tuus ego sum, et omnia mea tua sunt. Io sono tutto tuo, mia cara Signora, con tutto ciò che mi appartiene. Pregherai questa buona Madre di prestarti il suo cuore, per accogliervi il Figlio suo con le sue stesse disposizioni (...)Le chiederai il suo cuore con queste tenere parole:  Accipio te in mea omnia, praebe mihi cor tuum, o Maria [Ti prendo per ogni mio bene, dammi il tuo cuore, o Maria!]" (Trattato della vera devozione alla santa Vergine, 266).

 Queste parole sono indirizzate al fedele per la sua piena partecipazione all'eucaristia. Ma hanno evidentemente un valore particolare per il sacerdote che celebra la messa. Luigi Maria lo dice, sempre alla fine del Trattato, invitando a rinnovare questa consacrazione mariana "prima di celebrare o di partecipare alla santa messa, alla comunione".
 
 Le parole:  Accipio te in mea omnia ("Ti prendo come ogni mio bene") sono l'appropriazione personale del testo del Vangelo:  Accepit eam discipulus in sua ("Il discepolo la prese con sé", Giovanni, 19, 27). Maria è un dono che il discepolo riceve continuamente da Gesù stesso, e che accoglie nel dono di sé espresso dalle parole Totus tuus ego sum ("Io sono tutto tuo").

 Ma questo dono di Maria viene sempre da Gesù e porta sempre a Gesù. È il senso della domanda Praebe mihi cor tuum, Maria ("dammi il tuo Cuore, o Maria"). Non si tratta principalmente di amare Maria, ma piuttosto di amare Gesù con il cuore di Maria. La vera devozione a Maria è cristocentrica. Il discepolo che riceve da Gesù stesso il dono di Maria mediante il dono totale di se stesso, entra per mezzo di lei nel mistero dell'Alleanza, nella profondità dell'ammirabile scambio tra Dio e l'uomo in Cristo Gesù. "Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventasse Dio", dicevano i Padri della Chiesa. Il Figlio di Dio è disceso dal Cielo e s'è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno verginale di Maria, per farci salire con lui nel seno del Padre. Maria occupa lo stesso posto nel movimento "discendente" dell'incarnazione e nel movimento "ascendente" della nostra divinizzazione. Come la Somma teologica di san Tommaso d'Aquino anche ilTrattato del Montfort è interamente articolato secondo questa dinamica di exitus et reditus, cioè di andata e ritorno tra Dio e l'uomo in Cristo Gesù.

 La "perfetta devozione a Maria" insegnata da san Luigi Maria consiste essenzialmente nel dono totale di sé espresso nel Totus tuus, integrando tutte le buone pratiche di devozione, specialmente il rosario. Ma nel più profondo è "pratica interiore", vita interiore, un cammino di vita spirituale profonda che deve portare alla santità. Non c'è dubbio che Giovanni Paolo II abbia vissuto questa spiritualità mariana al livello più alto dell'unione trasformante con Cristo. La domanda Praebe mihi cor tuum, o Maria è stata esaudita. Lo stesso Luigi Maria, che ha la meravigliosa esperienza di questa "identificazione mistica con Maria" spera che la sua dottrina porterà molti frutti nei secoli successivi della Chiesa.

 Presentando gli "effetti meravigliosi" (Trattato della vera devozione alla santa Vergine, 213-225) di questa "perfetta devozione", Luigi Maria ci mostra come la persona che vive pienamente il Totus tuus cammina con Maria sulla via dell'umiltà evangelica, che è via di amore di fede e di speranza. Alla fine della sua Lettera ai religiosi e religiose delle famiglie monfortane, Giovanni Paolo II sintetizza questo insegnamento del Trattatosempre alla luce della Lumen gentium. La santità alla quale tutti sono chiamati non è altro che la perfezione della carità. In questa vita sulla terra, l'umiltà è la più grande caratteristica della carità. "È proprio dell'amore abbassarsi", scriveva Teresa di Lisieux all'inizio della sua Storia di un'anima. È lo stesso amore di Dio che in Gesù si fa piccolo e povero dal presepio alla croce. Ed è il significato profondo della "schiavitù d'amore".

 Il punto finale della Lumen gentium era la contemplazione di "Maria, segno di certa speranza e di consolazione per il pellegrinante Popolo di Dio" (n. 68-69). In questa luce finisce anche la Lettera alla famiglia monfortana di Giovanni Paolo II, citando le ultime righe della Lumen Gentium e riassumendo la dottrina del Montfort sulla speranza vissuta con Maria, difendendolo in particolare contro l'accusa ingiusta di "millenarismo". E si ricorda come, nell'antifona Salve Regina, la Chiesa chiama la Madre di Dio "Speranza nostra".

 In tutte le difficoltà della vita sacerdotale, Maria è e sarà sempre l'ancora della speranza, una speranza sicura per il futuro della Chiesa e per la salvezza del mondo. Così anche Papa Benedetto XVI, che ha fortemente voluto questo Anno sacerdotale, ha presentato Maria alla fine della sua enciclica Spe salvi come la "Stella della Speranza" (n. 49-50). 

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