1794
Diceva Francesco: « So che i demoni mi odiano per i benefici concessimi da Dio, so ancora e
constato che, non potendo danneggiarmi direttamente, mi insidiano e si accaniscono a nuocermi per mezzo
dei miei compagni. Se poi non riescono a farmi del male né per mezzo mio, né per mezzo dei miei fratelli,
allora si ritirano scornati. Infatti, se a volte mi avvenisse di trovarmi tentato o accasciato vedendo la gioia
del mio compagno, subito riesco a riavermi dalla tentazione e dalla depressione, a causa della letizia che
ammiro in lui, e così anche in me rifiorisce la letizia intima ed esteriore ».
Rimproverava con vigore quanti mostravano di fuori la loro tristezza. Una volta che uno dei
compagni aveva un'espressione tetra, lo redarguì: « Perché mostri fuori il dolore e la tristezza delle tue
colpe? Tieni questa mestizia fra te e Dio, e pregalo che, nella sua misericordia, ti perdoni e renda alla tua
anima la gioia della sua grazia, che hai perduto per causa del peccato. Ma davanti a me e agli altri, mostrati
sempre lieto; poiché al servo di Dio non si addice di mostrare malinconia o un aspetto afflitto dinanzi al suo
fratello o ad altri ».
1795
Non si deve però supporre o immaginare che il nostro Padre, amante di ogni perfezione ed
equilibrio, intendesse che la letizia si palesi con risa o parole oziose, poiché in tal modo non si esterna la
letizia spirituale, ma piuttosto la vanità e la fatuità.
Nel servo di Dio egli detestava le risa e le ciarle: non
solo non voleva che ridesse, ma neppure che offrisse agli altri la minima occasione a frivolezze.
In una delle
sue Ammonizioni, Francesco definì chiaramente quale doveva essere la gioia del servo di Dio, con queste
parole: « Beato quel religioso che non trova felicità e piacere se non nelle parole sante e nelle opere del
Signore, e se ne serve per eccitare gli uomini all'amore di Dio, in gaudio e letizia. Ma guai a quel religioso
che si diletta in conversazioni oziose e vuote, e con queste muove la gente a sciocche risa ».
E attraverso la gioia del viso si manifestano il fervore, I'impegno, la disposizione della mente e del
corpo a fare volentieri ogni cosa buona; da simile fervore e disposizione, gli altri talvolta sono incitati al
bene più che dalla stessa azione buona. E se l'azione per quanto buona non appare fatta volentieri e con
slancio, provava piuttosto fastidio che incitamento al bene.
Non voleva quindi leggere sui volti quella tristezza che sovente riflette indifferenza, cattiva
disposizione dello spirito, pigrizia del corpo a ogni buona opera. Amava invece caldamente in se stesso e
negli altri la gravità e compostezza nell'aspetto e in tutte le membra del corpo e nei sensi, e induceva gli
altri a ciò con la parola e con l'esempio, per quanto poteva.
Conosceva per esperienza come tale equilibrio e maturità sono simili a un muro, a uno scudo
fortissimo, contro le frecce del diavolo; e che l'anima, non protetta da questo muro e da questo scudo, è
come un soldato disarmato in mezzo a nemici forti e ben armati, accanitamente vogliosi di ucciderlo.
<<SPIRITO SANTO, ISPIRAMI.
AMORE DI DIO, CONSUMAMI.
NEL VERO CAMMINO, CONDUCIMI.
MARIA MADRE MIA, GUARDAMI.
CON GESU’ BENEDICIMI.
DA OGNI MALE, DA OGNI ILLUSIONE,
DA OGNI PERICOLO, PRESERVAMI.>>
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