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martedì 3 ottobre 2023

IL SANTO PATRONO D'ITALIA


<<Su voi scenda qual provvida pioggia
abbondante la grazia divina.
Allontani da tutti il peccato,
alimenti nei cuori l'amore,
nelle menti riaccenda la luce
che rischiara e conduce alla meta>>.
 

Francesco nato in Assisi nell'Umbria nel 1182, seguendo l'esempio del padre Bernardone, giovanetto si diede al commercio [fino a 24 anni circa]

Affetto da grave malattia, appena guarito, si dedicò con più ardore agli uffici della carità, ed al padre che mal soffriva questa cosa, rinunziò tutto, dicendo che da allora innanzi avrebbe avuto un motivo di più per ripetere: Padre nostro, che sei nei cieli.

Avendo udito dal Vangelo gli insegnamenti della povertà apostolica, toltesi le scarpe e contentandosi d'una sola tonaca, unitosi con dodici compagni, istituì l'ordine dei Minori; il quale fu confermato dal sommo Pontefice Innocenzo III, che era stato ammonito dal Cielo, e si propagò mirabilmente. 

Presto si ritirò nella solitudine sul monte dell'Alvernia, e lì, il giorno della festa dell'Esaltazione della santa Croce, gli apparve un Serafino recante fra le ali l'immagine del Crocifisso; il quale gli impresse nelle mani, ai piedi e al costato le stimmate dei chiodi. 

Due anni dopo, sentendosi gravemente infermo, volle farsi portare nella chiesa di santa Maria degli Angeli, dove aveva ricevuto da Dio la vita della grazia, esortati i frati a osservare la povertà, la pazienza e la fede di santa Chiesa Romana, piissimamente spirò l'anima il 4 di ottobre [3 - 10 - 1226 di sabato ai vespri] .

℣. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.

℟. Deo gratias: Siano rese Grazie a Dio.

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martedì 18 aprile 2023

Patrono di Italia

 Maria Valtorta incontra san Francesco

1 maggio 1944


   Vedo, e subito lo riconosco, il mio S. Francesco d'Assisi.

 
 Lo vedo due volte. La prima al mattino. Sta in piedi nella povera tonaca non marrone ma di un grigio-marrone come piuma di tortora selvatica. È scalzo, a capo nudo, e già stigmatizzato. Vedo nettamente le piaghe nel palmo delle mani scarne. Sta con le braccia piegate al gomito e ben strette al corpo, con le mani all'altezza delle spalle, come un sacerdote quando dice: "Dominus vobiscum"1. Perciò vedo bene le piaghe nel palmo. Mi guarda con dolcezza compassionevole. Non parla.

   La seconda volta, a sera, torna e lo vedo meglio ancora. Ha il viso tanto scarno da parere quasi triangolare. I capelli, rasati in tondo, mettono una riga lievemente ondulata, brizzolata nel suo castano chiaro, sulla fronte alta e pallidissima. Ha gli occhi di un castano chiaro, mesti e buoni, fortemente incassati nelle orbite, naso lungo e sottile, guance pallidissime e magre, allungate da una barbetta rada tagliata a punta. Sorride, ma senza letizia. Un sorriso che vuole unicamente incoraggiare. Parla. Lentamente. Con voce ben intonata ma come stanca.

   Mi chiede, accennando con la mano piagata: "Ti piacciono i miei ulivi?".
   "No" rispondo.
   "Eppure… A me piacevano tanto perché mi ricordavano il nostro Signore Gesù nella sua Orazione2".
   "Tu, Padre, vi vedevi in mezzo Gesù. Io non vedo più nulla e mi dànno solo tristezza".

   "Sforzati, figlia, a trovarvi pace e gioia. Io l'ho detto, e soffrivo tanto, allora, perché ero disilluso io pure degli uomini e, direi, del consenso di Dio sulla mia opera: 'Beati quelli che fanno la volontà di Dio e per Lui sostengono ogni tribolazione'. Prova a raggiungere questa dolorosa beatitudine. È la stigmatizzazione dello spirito, e fa più dolore di questa, vedi?, che mi apre le carni. Lo so. Ma prova. Piangi e prova. Ho sofferto tanto anche io e di tante cose. Mi affezionavo anche io. Ero pieno di nostalgia anche io. Ho sentito anche io ricadere su me la preghiera che avevo fatta, in certe ore. Ho avuto ore in cui non ho saputo che gemere. So cosa sia il dolore tuo. Ma ti dico: sforzati a trovare, in tutto il dolore, pace e gioia. Dopo viene la gioia e la pace. Sii buona. Ti starò vicino. Ti benedico con la mia benedizione3'Il Signore abbia di te misericordia, volga verso di te la sua faccia e ti dia pace. Ti dia la sua benedizione'".

   Non è molto. Ma è già uno spiraglio di Cielo che viene a me. Non avevo mai visto né udito il Santo che venero tanto e, se lei ricorda, me ne ero stupita. È venuto in questa desolazione a consolarmi un pochino…

   Dominus vobiscum, come in nota al 23 marzo.
            
   2 Orazione sul monte degli Ulivi: Luca 22, 39-46.
 3 benedizione tratta da Numeri 6, 24-27.

AMDG et DVM

mercoledì 23 novembre 2022

AMMONIZIONI

Delle virtù, delle quali fu adorna la Santissima Vergine, e deve esserne l'anima santa. 


O Regina Sapienza. Dio vi salvi colla vostra.santa sorella la pura semplicità.  

O signora santa povertà , Dio vi salvi colla vostra santa sorella umiltà. 

O signora santa carità. Dio vi salvi colla vostra sorella la santa ubbidienza. 

O santissime  virtù tutte, vi salvi il Signore, dal quale venite e derivate. 

Non havvi al mondo uomo alcuno, il quale possa avere una sola tra voi, se prima non.muore. (a)

Chi ne possiede una, e non offende le altre, le possiede tutte; e chi ne viola una sola, non ne ha nessuna, e le viola tutte; (b) e ciascuna cuopre di confusione i vizii e i peccati. 

La santa sapienza confonde Satana e tutte le malizie di lui. 

La pura santa semplicità confonde tutta la sapienza di questo mondo e del corpo. 

La santa povertà confonde la cupidigia, l'avarizia e le cure di questo secolo. 

La santa umiltà confonde la superbia, tutti gli uomini che vivono nel mondo,e similmente tutte le cose che sono nel mondo. 

La santa carità confonde. tutte le tentazioni del demonio e della carne, e tutti i carnali timori. 

La santa ubbidienza confonde tutte le corporali, e carnali volontà, e tiene mortificato il suo corpo, affinchè ubbidisca allo spirito e ubbidisca al suo Fratello, e sia soggetto e sottomesso a tutti gli uomini del mondo; e non pure a' soli uomini, ma ancora a tutti gli animali e alle fiere , talchè possano fare di lui quel che vorranno, per quanto sarà loro supernamente concesso dal Signore. 

Sia ringraziato Dio, Così sia. 

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(a) (Muore spiritualmente;, cioè al mondo, alla carne, alle inclinazioni viziose,, agli affetti terreni, a! peccato, come dice l'Apostolo: Qui mortui sumus peccato; etc,(Rom. 6,2).

(b) È questa dottrina approvata dal Santi Padri, -fra ì quali S. Gregorio dice: < Uua virtù senza le altre o è affatto nulla, o è'imperfetta' (Moral. 1. 21, c. 1.) ». E S. Agostino: « Niuna, virtù può dirsi perfetta, se non ha seco le altre quali inseparabili compagne (Ep. 129 ad Hier.) ». Ma sono fra loro connesse solamente le virtù morali e nel loro stato' perfetto, quando cioè inclinano ad esercitare gli atti loro proprii con facilità, prontezza, costanza e accuratezza, e. a vincere ogni ostacolo e difficoltà. Giacché le virtù nello stato imperfetto non hanno reciproca connessione , e una può stare senzar altra ; mentre (dice S. Tommaso) vediamo certuni pronti alle opere di liberalità, e non pronti alle opere di castità. Per aver pòi tutte le virtù, non è d' uopo 'esercitarle tutte; ma basta aver l'animo disposto e preparato a praticarne gli atti al presentarsene l'occasione, e a non far cosa contraria ad alcuna di esse; e cosi si hanno tutte ra-dicalmente e per partecipazione." ' Dicesi che , offesa una virtù, si perdono tutte le altre, in quanto che perdono la loro integrità e perfezione. S. Bonaventura reca le seguenti ragioni, onde le virtù 'Sono connesse fra loro; 1/ per la larghezza di Dio che le dona, non dandone una senza l' altra; 2/ perchè, come un membro ha bisogno dell'altro, cosi una virtù abbisogna dell'altra; 3/ come nella cetra, mancandovi una corda, non vi è perfetta armonia, cosi nell'anima, se non vi sono tutte le virtù, non vi sarà spirituale melodia; 4/ perchè alcune virtù essendo contro i singoli vizii, fa d' uopo avere tutte le virtù per combattere tutti i vizi; e come non è compito soldato del mondo colui che non è fornito di tutte le sue armi , cosi non è perfetto soldato 'di Cristo quegli a cui manca qualche virtù; 5/ perchè l' anima è come un vaso d'oro ornato di pietre preziose, cioè delle virtù; è ' come un nobil orto, a cui non manca il decoro di qualche albero o fiore [Comp. Theol. verit.l. 5, c. VIII].

c)  Il perfetto ubbidiente , avendo rinunzìata la propria volontà per , amor di Dio, profitta d' ogni occasione per praticare questa rinunzia e annegazione, senza considerare le qualità de' soggetti, ai quali si sottomette; e prontamente obbedisce non solo ai prelati... ma.ancora agli uguali, agl'inferiori, anteponendo ai proprii gli altrui voleri, semprechè la giustizia il consente. Anzi egli è disposto a soggiacere alle stesse creature irragionevoli, in quanto sono strumenti e ministre della divina volontà, senza di cui nulla operano.

Opuscoli del serafico patriarca S. Francesco d'Assisi [microform]


mercoledì 16 novembre 2022

San Francesco ed il Sultano

 

Apotegma  53. 

- Che non si può facilmente disputare intorno alla Fede coi Gentili. 


Predicando lui -Francesco- in Egitto, il Soldano gli disse che disputasse sulla Fede co' suoi sacerdoti. Egli  gli rispose, che 

« intorno alla Fede non si poteva disputare colla ragion naturale, perchè ella è sopra la ragione; né per mezzo della Scrittura, perchè i sacerdoti non l'ammettevano. Ma -soggiunse-, si faccia un rogo, ed io in testimonianza della nostra Fede mi getterò nelle fiamme ardenti; affinchè - non rimanendone io offeso - apparisca la verità della Fede ».

AMDG et DVM

AMMONIZIONI

Della vera e perfetta letizia

dei Frati Minori

Quantunque i Frati Minori in ogni luogo diano buon esempio di gran santità ed edificazione, quivi però non è perfetta letizia. 

E benché il Frate Minore illumini i ciechi, distenda gli attratti, scacci i démonii, renda l'udire ai sordi, l'andare ai zoppi,il parlare ài muti, e, che è maggior cosa, risusciti un morto di quattro di; in ciò non è perfetta letizia. 

Sebbene il Frate Minore sapesse le lingue di tutte le nazioni, e tutte le scienze e le scritture, sicché sapesse profetare, e rivelare non solamentele cose future, ma ancora i segreti delle altrui coscienze; non è ivi perfetta letizia. 

Se il FrateMinore parli con lingua d'Angelo, e sappia i corsi delle stelle, e le virtù delle erbe, e siangli rivelati tutti i tesori della terra ; e se conoscesse le virtù e le proprietà degli uccelli, de' pesci, degli animali, degli uomini, delle radici, delle pietre, degli alberie delle acque; ivi non è perfetta letizia. 

E se il Frate Minore sapesse cosi solennemente predicare,che convertisse alla Fede tutti gl'infedeli; in ciò non è perfetta letizia.  

Ma quando arriveremo a S. Maria degli Angeli cosi bagnati per la pioggia,e agghiacciai;i dal freddo , imbrattati ancora di fango e atìitti dalla fame , e picchieremo alla porta del luogo; e il portinaio verrà adirato, dicendo: Ghi siete voi? E noi risponderemo: Siamo due de' vostri Frati. E quegli al contrario dicesse: Anzi siete due ribaldi, che andate girando pel móndo, rubando le limosine de' poveri; - e non ci aprisse, ma ci facesse stare alla neve e all'acqua, allegrezza nel patir volentieri obbrobri! e dolori par amor di Dio, col freddo e colla fame insino a notte: 

allora senói pazientemente tollereremo tante ripulse ed ingiurie senza turbarcene e mormorarne; e penseremo umilmente e con carità, che quél portinaio ci conosce davvero, è che Dio il muove a parlare contro di noi: scrivi, che qui è perfetta letizia.

E se noi continueremo a picchiare, e quél "portinaio esca fuori contro di noi come importuni, ed asprissimamente ci schiaffeggi, dicendo : Partitevi di qua, poltroni vilissimi, e andate all'ospedale: che chi siete voi? qui. nulla affatto mangerete. -E se noi sopporteremo pazientemente queste cose, e ingiuriati perdoneremo con amore e di  tuttocuore; scrivi, che quivi è perfetta letizia.


E se noi angustiati da ogni parte, stimolando la fame, affliggendo il freddo, avvicinandosi dì più la notte, picchieremo, grideremo, e col pianto faremo istanza, che ci apra; e quegli andatone incollera dirà :' Costoro sono uomini sfacciatissimi e protervi; gli acquieterò io. Ed uscendo fuori con un nodoso bastone e prendendoci pel cappùccio ci getterà a terrà sopra il fango e la neve, e così fieramente ci batterà col predetto bastone, da ricoprirci tutti  di  piaghe; se tanti mali trattamenti, se tante ingiurie e percosse sopportiamo con allegrézza, pensando che dobbiamo tollerare e soffrire le pene di Cristo benedetto; scrivi, e nota con diligenza, che qui è perfetta letizia: ed ascolta la conclusione. 

Fra tutti i doni dello Spirito Santo,che Cristo ha concèsso e concederà a' suoi servi, il principale è di vincere se stesso, e di sostenere volentieri gli obbrobrii per Iddio e per amor di Dio. Perocché in tutte le cose ammirabili sopraddette noi non possiamo gloriarci; perchè non sono nostre, ma di Dio. Infatti  « che hai tu, che non lo abbi, ricevuto? E se lo hai ricevuto , perchè tene gìorii, come se non l'avessi ricevuto? » 1 Cor. 4, 7

Ma nella croce della tribolazione e dell' afflizione ci pssiamo .gloriare , perocchè questo è nostro. E perciò disse l'Apostolo : <Lungi, da me il gloriarmi di altro, che della croce del nostro Signore> Galat. VI, 11



AMDG et DVM

martedì 1 marzo 2022

SAN FRANCESCO difende la santa Povertà



 3. COME RISPOSE AL MINISTRO CHE VOLEVA TENERE DEI LIBRI CON IL SUO PERMESSO E COME I MINISTRI, A SUA INSAPUTA, FECERO TOGLIERE DALLA REGOLA IL CAPITOLO SULLE PROIBIZIONI DEL VANGELO 

1681 Nel tempo in cui Francesco era tornato dalle terre d'oltremare, un ministro venne a parlare con lui intorno alla povertà. Voleva costui conoscere la sua volontà e il suo pensiero, massime perché allora era compreso nella Regola un capitolo sulle proibizioni imposte dal santo Vangelo: Non porterete nulla sul vostro cammino, ecc 

 Il beato Francesco rispose: « Io sono del parere che i fratelli non debbano possedere nulla, se non una tonaca con il cordiglio e le brache, come stabilisce la Regola; e possano portare le calzature quando siano costretti da necessità ». 

 Replicò il ministro: « Che farò io, che ho tanti libri del valore di più che cinquanta libbre? ». Disse questo, perché voleva tenere quei libri con libera coscienza. E ora provava rimorso, sentendo che Francesco interpretava così strettamente il capitolo sulla povertà. Il Santo riprese: « Non voglio, né debbo né posso andare contro la mia coscienza e contro la perfezione del santo Vangelo che abbiamo professato ». Ascoltando ciò, il frate ministro fu preso da tristezza. 

 Vedendolo così sconvolto, Francesco con grande fervore di spirito ribatté, intendendo nella persona di lui rivolgersi a tutti i frati: « Voi volete essere ritenuti dalla gente frati minori ed essere chiamati osservatori del santo Vangelo; mentre in realtà volete avere la borsa piena di denari! ». 


1682 Nondimeno, sebbene i ministri provinciali sapessero che i frati secondo la Regola, erano obbligati a osservare il Vangelo, fecero radiare dalla Regola stessa quel capitolo: Non porterete nulla sul vostro cammino, ecc., illudendosi così di non essere tenuti alla perfetta osservanza del Vangelo. 

 Venuto a conoscenza della cosa per illuminazione dello Spirito Santo, Francesco osservò alla presenza di alcuni fratelli: « I frati ministri s'immaginano di ingannare il Signore e me, ma affinché sappiano che tutti i frati sono obbligati a osservare perfettamente il Vangelo, voglio che in principio e in fine della Regola sia scritto che i frati sono tenuti a osservare fermamente il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo. 

Inoltre, allo scopo che i fratelli siano inescusabili, dopo che ho loro annunziato e continuo ad annunziare quanto Dio ha posto sulle mie labbra per mia e loro salvezza, io voglio osservare sempre con i fatti tali prescrizioni, alla presenza di Dio e con il suo aiuto ». Davvero egli osservò alla lettera tutto il santo Vangelo, dai primordi, quando cominciò ad avere dei fratelli, fino al giorno della morte.

da:  Specchio di perfezione dello stato di Frate Minore.

AMDG et DVM

mercoledì 23 febbraio 2022

Colloquio XXXVII.

 


Colloquio XXXVII. 

Che è cosa grata a Dio il favorire la Religione dei Minori, e che èssa è predetta nel Vangelo.

Il B. Padre san Francesco esortando alle volte i Frati a chiedere la limosina, usava siffatte parole: 

« Andate, diceva; poiché in quest'ultimo tempo i Frati Minori sono stati concessi al mondo, acciocché ...

*gli eletti adempiano in loro le opere, per le quali sieno lodati dal Giudice, ascoltando quelle soavissime parole: « Ogni volta che avete fatto qualche cosa ad uno di questi miei frati minori, a Me l'avete fatta;» 

*gli empi poi e i crudeli sieno rimproverati e discacciati, ascoltando quella durissima sentenza : «Ogni volta che non avete ciò fatto  per uno di questi minori, nemmeno a Me lo avete fatto.» 

È dunque cosa dilettevole l'andar mendicando sotto il titolo di Frati Minori, che il Maestro dell'evangelica verità cosi distintamente espresse di propria bocca nella retribuzione dei giusti ».

Colloquio 37, pg 402

PAX et BONUM

venerdì 24 dicembre 2021

"Voi, frati minori, non conoscete la volontà di Dio e non permettete che io converta il mondo nel modo stabilito da Dio."


50.

COME RISPOSE Al FRATI CHE VOLEVANO PERSUADERLO A CHIEDERE IL PRIVILEGIO PER POTER PREDICARE LIBERAMENTE 

1738 Alcuni frati dissero al beato Francesco: « Padre, non vedi che i vescovi a volte non ci permettono di predicare e ci fanno stare per più giorni senza far nulla in una città, prima di autorizzarci ad annunziare la parola del Signore? Meglio sarebbe che tu impetrassi dal signor Papa un privilegio su questo punto: si tratta della salvezza delle anime ».

 Egli rispose loro rimproverandoli duramente: « Voi, frati minori, non conoscete la volontà di Dio e non permettete che io converta il mondo nel modo stabilito da Dio. Io voglio convertire per primi i prelati a mezzo della santa umiltà e riverenza; essi, vedendo la nostra santa vita e il nostro umile rispetto verso di loro, vi pregheranno di predicare e convertire il popolo, e lo inviteranno alla vostra predicazione molto meglio che con questi privilegi, che vi trascinano alla superbia.  E se starete lontani da ogni cupidigia e avrete convinto il popolo a soddisfare ai suoi doveri verso le chiese, i vescovi vi pregheranno di ascoltare le confessioni della loro gente, sebbene di ciò non dobbiate curarvi, poiché se sono veramente convertiti troveranno con facilità dei confessori. Io voglio da Dio questo privilegio per me: di non avere dall'uomo privilegio alcuno, fuorché di portare a tutti rispetto e, in ossequio alla santa Regola, convertire gli uomini più con l'esempio che con le parole ». 


AVE MARIA PURISSIMA!

domenica 24 ottobre 2021

La vera pietà è utile a tutto

 IL SENTIMENTO DELLA PIETA''.

COME LE CREATURE PRIVE Dl RAGIONE

SEMBRAVANO AFFEZIONARSI A LUI



1134 1. La vera pietà, che, come dice l'Apostolo, è utile a tutto aveva riempito il cuore di

Francesco, compenetrandolo così intimamente da sembrare che dominasse totalmente la

personalità di quell'uomo di Dio.

La pietà lo elevava a Dio per mezzo della devozione, lo trasformava in Cristo per

mezzo della compassione, lo faceva ripiegare verso il prossimo per mezzo della

condiscendenza e, riconciliandolo con tutte le creature, lo riportava allo stato di innocenza

primitiva.

Per essa sentiva grandissima attrazione verso le creature, ma in modo particolare

verso le anime, redente dal sangue prezioso di Cristo Gesù; e, quando le vedeva inquinate

dalle brutture del peccato, le compiangeva con una commiserazione così tenera che ogni

giorno, le partoriva, come una madre, in Cristo.


1135 E la ragione principale per cui venerava i ministri della parola di Dio era questa: che essi

fanno rivivere la discendenza del loro fratello morto, cioè fanno rivivere il figlio di Cristo, che è

stato crocifisso per i peccatori, quando li convertono, facendosi loro guida con pia

sollecitudine e con sollecita pietà.

Affermava che questo ufficio della pietà è più gradito di ogni sacrificio al Padre delle

misericordie, soprattutto se viene adempiuto con zelo dettato da carità perfetta, per cui ci si

affatica in esso più con l'esempio che con la parola, più con le lacrime della preghiera che con

la loquacità dei discorsi.


1136 2. E pertanto--diceva--è da compiangere, perché privo di pietà vera, sia il predicatore

che, nella sua predicazione, ricerca non la salvezza delle anime, ma la propria gloria; sia il

predicatore che con la malvagità della vita distrugge quanto ha edificato con la verità della

dottrina .

Diceva che a costoro è preferibile uno semplice e privo di lingua, ma capace di

spingere gli altri al bene col suo buon esempio.


1137 Aveva un suo modo di spiegare l'espressione biblica: Anche la sterile ha partorito molti

figli. “ La sterile, diceva, è il frate poverello, che non ha nella Chiesa l'ufficio di generare figli.

Costui, nel giorno del giudizio, partorirà molti figli, nel senso che in quel giorno il Giudice

ascriverà a sua gloria quelli che egli ora converte con le sue preghiere nascoste. Colei che ha

molti figli diventerà infeconda, nel senso che il predicatore vanitoso e loquace, il quale ora si

rallegra di avere molti figli, come se li avesse generato per propria virtù, allora conoscerà che,

in costoro, lui non ha niente di suo ”.


1138 3. Cercava la salvezza delle anime con pietà appassionata, con zelo e fervida gelosia e,

perciò, diceva che si sentiva riempire di profumi dolcissimi e, per così dire, cospargere di

unguento prezioso, quando veniva a sapere che i suoi frati sparsi per il mondo, col profumo

soave della loro santità, inducevano molti a tornare sulla retta via.

All'udire simili notizie, esultava nello spirito e ricolmava di invidiabilissime

benedizioni quei frati che, con la parola e con le opere, trascinavano i peccatori all'amore di

Cristo.


1139 Per la stessa ragione, quelli che violavano la santa Religione con opere malvagie,

incorrevano nella sua condanna e nella sua tremenda maledizione: “ Da te, o Signore

santissimo, e da tutta la celeste curia e da me pure, tuo piccolino, siano maledetti coloro che,

con il loro cattivo esempio, sconvolgono e distruggono quanto, per mezzo dei santi frati di

quest'Ordine, hai edificato e non cessi di edificare ”.

Spesso, pensando allo scandalo che veniva dato ai piccoli, provava una tristezza

immensa, al punto da ritenere che ne sarebbe morto di dolore, se la bontà divina non l'avesse

sorretto con il suo conforto.


1140 Una volta, turbato per i cattivi esempi, con grande ansietà di spirito, pregava per i suoi

figli il Padre misericordioso; ma si ebbe dal Signore questa risposta: “ Perché ti turbi, tu,

povero omuncolo? Forse che io ti ho costituito pastore della mia Religione, senza farti sapere

che il responsabile principale sono io? Ho scelto te, uomo semplice, proprio per questo:

perché le opere che io compirò siano attribuite non a capacità umane, ma alla grazia celeste.

Io ho chiamato, io conserverò e io pascerò e, al posto di quelli che si perdono, altri ne farò

crescere. E se non ne nasceranno, li farò nascere io; e per quanto gravi possono essere le

procelle da cui questa Religione poverella sarà sbattuta, essa, col mio sostegno sarà sempre

salva ”.


1141 4. Il vizio della detrazione, nemico radicale della pietà e della grazia, lo aveva in orrore

come il morso del serpente e come la più dannosa pestilenza. Affermava che Dio

pietosissimo l'ha in abominio, perché il detrattore si pasce col sangue delle anime, dopo

averle uccise con la spada della lingua.

Sentendo, una volta, un frate che denigrava un altro nella buona fama, si rivolse al suo

vicario e gli disse: “ Su, su, indaga ben bene e, se trovi che il frate accusato è innocente,

infliggi al frate accusatore un castigo durissimo, che lo faccia segnare a dito da tutti ”.

Qualche volta giudicava che si doveva spogliare dell'abito chi aveva spogliato il

proprio fratello della sua buona fama e non voleva che costui elevasse gli occhi a Dio, se

prima non aveva procurato con ogni mezzo di restituire quanto aveva sottratto.

“ La cattiveria dei detrattori--diceva--è tanto maggiore di quella dei ladri, quanto

maggiore è la forza con cui la legge di Cristo, che trova il suo compimento nell''' amore ci

obbliga a bramare la salvezza delle anime più di quella dei corpi ”.


1142 5. Si chinava, con meravigliosa tenerezza e compassione, verso chiunque fosse afflitto da

qualche sofferenza fisica e quando notava in qualcuno indigenza o necessità nella dolce pietà

del cuore, la considerava come una sofferenza di Cristo stesso.

Aveva innato il sentimento della clemenza, che, la pietà di Cristo, infusa dall'alto,

moltiplicava.

Sentiva sciogliersi il cuore alla presenza dei poveri e dei malati, e quando non poteva

offrire l'aiuto, offriva il suo affetto.

Un giorno, un frate rispose piuttosto duramente ad un povero, che chiedeva

l'elemosina in maniera importuna Udendo ciò, il pietoso amatore dei poveri comandò al frate

di prostrarsi nudo ai piedi del povero, di dichiararsi colpevole, di chiedergli in carità che

pregasse per lui e lo perdonasse.

Il frate così fece, e il Padre commentò con dolcezza: “ Fratello, quando vedi un povero,

ti vien messo davanti lo specchio del Signore e della sua Madre povera. Così pure negli

infermi, sappi vedere le infermità di cui Gesù si è rivestito ”.

In tutti i poveri, egli, a sua volta povero e cristianissimo, vedeva l'immagine di Cristo.

Perciò, quando li incontrava, dava loro generosamente tutto quanto avevano donato a lui,

fosse pure il necessario per vivere; anzi era convinto che doveva restituirlo a loro, come se

fosse loro proprietà .


1143 Una volta, mentre ritornava da Siena, incontrò un povero. Si dava il caso che Francesco,

a causa della malattia, avesse indosso sopra l'abito un mantello. Mirando con occhi

misericordiosi la miseria di quell'uomo, disse al compagno: “ Bisogna che restituiamo il

mantello a questo povero: perché è suo. Difatti noi lo abbiamo ricevuto in prestito, fino a

quando ci sarebbe capitato di trovare qualcuno più povero di noi ”.

Il compagno, però, considerando lo stato in cui il padre pietoso si trovava, oppose un

netto rifiuto: egli non aveva il diritto di dimenticare se stesso, per provvedere all'altro. Ma il

Santo: “ Ritengo che il Grande Elemosiniere mi accuserà di furto, se non darò quel che porto

indosso a chi è più bisognoso ”.


1144 Qualunque cosa gli dessero per alleviare le necessità del corpo, chiedeva sempre ai

donatori il permesso di poterla dar via lecitamente, se incontrava uno più bisognoso di lui.

Insomma non la perdonava proprio a nulla: mantelli, tonache, libri e perfino i

paramenti dell'altare, tutto elargiva agli indigenti, appena lo poteva, per adempiere ai

compiti della pietà.

Spesso, quando per la strada incontrava qualche povero con un carico sulle spalle,

glielo toglieva e lo portava sulle sue spalle vacillanti.


1145 6. Considerando che tutte le cose hanno un'origine comune, si sentiva ricolmo di pietà

ancora maggiore e chiamava le creature per quanto piccole col nome di fratello o sorella:

sapeva bene che tutte provenivano, come lui, da un unico Principio.

Tuttavia abbracciava con maggior effusione e dolcezza quelle che portano in sé una

somiglianza naturale con la pietosa mansuetudine di Cristo o che la raffigurano secondo il

significato loro attribuito dalla Scrittura.

Spesso riscattò gli agnelli che venivano condotti al macello, in memoria di

quell'Agnello mitissimo, che volle essere condotto alla morte per redimere i peccatori.


1146 Una notte, mentre il servo di Dio era ospite presso il monastero di San Verecondo, nella

diocesi di Gubbio, una pecorella partorì un agnellino. C'era là una scrofa ferocissima, che, con

un morso rabbioso, uccise la creaturina innocente.

Udito il fatto, il padre pietoso fu preso da profondissima compassione e, pensando

all'Agnello senza macchia, si lamentava davanti a tutti per la morte dell'agnellino.

“ Ohimè, fratello agnellino, -- diceva -- animale innocente, che rappresenti Cristo agli

uomini, maledetta sia quell'empia che ti ha ucciso. E nessuno, uomo o bestia, possa mangiare

la sua carne! ”.

Cosa meravigliosa: la porca malefica immediatamente si ammalò e, dopo avere

scontato con tre giorni di sofferenza la sua colpa, subì finalmente l'esecuzione vendicatrice .

Fu gettata nel fossato del monastero e là rimase per molto tempo, divenendo secca

come un'asse. Nessun animale, per quanto affamato, si cibò della sua carne. Riflettano, a

questo punto, le persone crudeli: con quali pene esse saranno colpite alla fine, se è stata

colpita con una morte così orrenda la ferocia di una bestia? I fedeli devoti, a loro volta,

sappiano valutare quanto potente e ammirevole, quanto dolce e generosa fosse la pietà del

servo di Dio, se anche i bruti, a loro modo, le rendevano omaggio.


1147 7. Un giorno, trovandosi in cammino nei pressi di Siena, incontrò un grande gregge di

pecore al pascolo. Secondo il suo solito, le salutò benevolmente, e quelle, smettendo di

brucare, corsero tutte insieme da lui, sollevando il muso e fissandolo con gli occhi alzati. Gli

fecero tanta festa che i frati e i pastori ne rimasero stupefatti, vedendo gli agnelli e perfino gli

arieti saltellargli intorno in modo così meraviglioso.


1148 In un'altra circostanza, a Santa Maria della Porziuncola, portarono in dono all'uomo di

Dio, una pecora, che egli accettò con gratitudine, perché amava l'innocenza e la semplicità

che, per sua natura, la pecora dimostra. L'uomo di Dio ammoniva la pecorella a lodare Dio e

a non infastidire assolutamente i {rati. La pecora, a sua volta, quasi sentisse la pietà dell'uomo

di Dio, metteva in pratica i suoi ammaestramenti con grande cura. Quando sentiva i frati

cantare in coro, entrava anche lei in chiesa e, senza bisogno di maestro, piegava le ginocchia,

emettendo teneri belati davanti all'altare della Vergine, Madre dell'Agnello, come se fosse

impaziente di salutarla.

Durante la celebrazione della Messa, al momento delI'elevazione, si curvava con le

ginocchia piegate, quasi volesse, quell'animale devoto, rimproverare agli uomini poco devoti

la loro irriverenza e volesse incitare i devoti alla reverenza verso il Sacramento.


1149 Durante il suo soggiorno a Roma, il Santo aveva tenuto con sé un agnellino, mosso dalla

sua devozione a Cristo, amatissimo agnello. Nel partire, lo affidò a una nobile matrona,

madonna Jacopa dei Sette Soli, perché lo custodisse in casa sua. E l'agnello, quasi

ammaestrato dal Santo nelle cose dello spirito, non si staccava mai dalla compagnia della

signora, quando andava in chiesa, quando vi restava o ne ritornava.

Al mattino, se la signora tardava ad alzarsi, I'agnello saltava su e la colpiva con i suoi

cornetti, la svegliava con i suoi belati, esortandola con gesti e cenni ad affrettarsi alla chiesa.

Per questo la signora teneva con ammirazione e amore quell'agnello, discepolo di Francesco e

ormai diventato maestro di devozione.


1150 8. Un'altra volta, a Greccio, offrirono all'uomo di Dio un leprotto vivo. Fu lasciato libero,

in terra, perché scappasse dove voleva. Ma quello, sentendosi chiamare dal padre buono, gli

corse vicino e gli saltò in grembo. Il Santo, colmandolo di carezze, lo compassionava, come

una madre mostrandogli il suo affetto e la sua pietà.

Finalmente lo ammonì con dolcezza a non lasciarsi prendere un'altra volta e gli diede

il permesso di andarsene liberamente. Ma, benché lo avesse messo più volte in terra, perché

partisse, il leprotto ritornava sempre in grembo al Padre, come se con un senso nascosto

percepisse la pietà del suo cuore.

Alla fine, il Padre lo fece portare in un luogo solitario e sicuro.


1151 Un fatto simile avvenne nell'isola del lago di Perugia. Era stato catturato e donato

all'uomo di Dio un coniglio. Mentre era fuggito da tutti gli altri, il coniglio si affidò con

familiarità e sicurezza nelle mani del Santo e andò a posarsi sul suo grembo.

1152 Mentre faceva la traversata del lago di Rieti, per raggiungere l'eremo di Greccio, un

pescatore, per devozione, gli offrì un uccello acquatico. Egli lo prese volentieri e tenendolo

sulle mani spalancate, lo invitò a partire. Ma, siccome l'uccello non voleva andarsene, il

Santo, levando gli occhi al cielo, si immerse in una lunga preghiera.

Dopo molto tempo, ritornando in se stesso, come da un altro mondo, ripetutamente

con dolcezza comandò all'uccelletto che se ne andasse, a lode di Dio. E quello, allora, ricevuto

il permesso e la benedizione, esprimendo con i movimenti del corpo la sua gioia, volò via.


1153 Sempre mentre attraversava quel lago, gli fu offerto un grosso pesce, ancora vivo:

chiamandolo, secondo la sua abitudine, col nome di fratello, lo rimise in acqua, accanto alla

barca. Ma il pesce si mise a giocare nell'acqua, davanti all'uomo di Dio, e, quasi adescato dal

suo amore, per nessuna ragione si allontanò dalla barca, prima di averne ricevuto il permesso

e la benedizione.


1154 9. In un'altra circostanza, mentre attraversava con un altro frate le paludi di Venezia,

trovò una grandissima moltitudine di uccelli, che se ne stavano sui rami a cantare.

Come li vide, disse al compagno: “ I fratelli uccelli stanno lodando il loro Creatore;

perciò andiamo in mezzo a loro a recitare insieme le lodi del Signore e le ore canoniche”.

Andarono in mezzo a loro e gli uccelli non si mossero. Poi, siccome per il gran garrire,

non potevano sentirsi l'un l'altro nel recitare le ore, il Santo si rivolse agli uccelli e disse: “

Fratelli uccelli, smettete di cantare, fino a quando avremo finito di recitare le lodi prescritte ”.

Quelli tacquero immediatamente e se ne stettero zitti, fin al momento in cui, recitate a

bell'agio le ore e terminate debitamente le lodi, il Santo diede la licenza di cantare.

Appena l'uomo di Dio ebbe accordato il permesso, ripresero a cantare, secondo il loro

costume.


1155 A Santa Maria della Porziuncola, c'era una cicala, sopra un fico, vicino alla cella

dell'uomo di Dio, e continuava a cantare, e lo stimolava col suo canto a lodare il Signore,

giacché egli aveva imparato ad ammirare la magnificenza del Creatore anche nelle piccole

cose. Un giorno il servo del Signore chiamò la cicala che, quasi istruita dal cielo, volò sopra la

sua mano, e le disse: “ Canta, sorella mia cicala, e loda col tuo giubilo Iddio creatore ”.

Essa, obbedendo senza indugio, incominciò a cantare e non smise, finché, per ordine

del Padre, volò di nuovo al suo posto.

Rimase là per otto giorni, e ogni giorno, obbedendo ai suoi ordini, andava da lui,

cantava e ripartiva.

Alla fine l'uomo di Dio disse ai compagni: “ Licenziamo ormai la nostra sorella cicala,

perché, in questi otto giorni, ci ha stimolato abbastanza a lodare Dio e ci ha rallegrato

abbastanza con il suo canto ”.

E subito, avuto da lui il permesso, la cicala si ritirò e non comparve più in quel luogo,

come se non osasse assolutamente trasgredire l'ordine ricevuto.

1156 10. Quando era a Siena, ammalato, un nobiluomo gli fece portare un fagiano vivo, che

aveva preso allora.

Appena ebbe visto e udito l'uomo santo, il fagiano si sentì legato a lui con amicizia

così profonda, che non riusciva in nessuna maniera a vivere da lui separato. Lo portarono

ripetutamente nella vigna, fuori del luoghicciolo dei frati, perché se ne andasse a suo

piacimento; ma sempre, con rapido volo tornava dal Padre, come se da sempre fosse stato

allevato da lui personalmente.

In seguito, lo regalarono ad un uomo che aveva l'abitudine di visitare per devozione il

servo di Dio. Ma il fagiano, addolorato per la lontananza dal padre pietoso, si rifiutava

assolutamente di mangiare. Dovettero, perciò, riportarlo dal servo di Dio: appena lo scorse, il

fagiano, esibendosi in manifestazioni di allegria, si mise subito a mangiare avidamente.


1157 Quando il padre pietoso arrivò all'eremo della Verna, per celebrarvi la quaresima in

onore dell'arcangelo Michele, uccelli di varia specie incominciarono a tesser voli intorno alla

sua celluzza, con sonori concenti e gesti di letizia, quasi volessero mostrare la loro gioia per il

suo arrivo e invitarlo e lusingarlo a rimanere.

A questo spettacolo, il Santo disse al compagno: “ Vedo, fratello, che è volere di Dio

che noi ci tratteniamo un po' di tempo qui: tanto i nostri fratelli uccelletti sono contenti per la

nostra presenza ”.


1158 Durante il suo soggiorno lassù, un falco, che proprio lì aveva il suo nido, gli si legò con

patto di intensa amicizia Durante la notte, anticipava sempre col suono del suo canto, l'ora in

cui il Santo aveva l'abitudine di alzarsi per l'ufficio divino.

Ciò riusciva assai gradito al servo di Dio, perché quel gran darsi da fare del falco là

intorno, scacciava da lui ogni torpore ed ogni pigrizia.

Quando, però, il servo di Cristo sentiva più del solito il peso della malattia, il falcone

lo risparmiava e non suonava la sveglia così a puntino: quasi ammaestrato da Dio, faceva

squillare la campanella della sua voce solo sul far dell'alba.

Sembra proprio che l'esultanza esibita dagli uccelli di così varia specie e il canto del

falcone fossero un presagio divino. Difatti proprio in quel luogo e in quel tempo il cantore e

adoratore di Dio, librandosi sulle ali della contemplazione, avrebbe raggiunto le altezze

supreme della contemplazione per l'apparizione del Serafino.


1159 11. Gli abitanti di Greccio, quando egli dimorava in quell'eremo, venivano vessati da

molteplici malanni: branchi di lupi rapaci divoravano non soltanto gli animali, ma anche

delle persone; la grandine regolarmente ogni anno devastava campi e vigne.

A quella gente così sfortunata l'araldo del santo Vangelo disse, perciò, durante una

predica: “ A onore lode di Dio onnipotente, mi faccio garante davanti a voi che tutti questi

flagelli scompariranno, se mi presterete fede e se avrete compassione di voi stessi, cioè se,

dopo una confessione sincera, vi metterete a fare degni frutti di penitenza ”. “ Però vi predíco

anche questo: se sarete ingrati verso i benefici di Dio e ritornerete al vomito, il flagello si

rinnoverà, si raddoppierà la pena e infierirà su di voi un'ira più terribile ”.

Alla sua esortazione, gli abitanti fecero penitenza--e da allora cessarono le stragi, si

dispersero i pericoli, lupi e grandine non fecero più danni. Anzi, fatto ancor più notevole, se

capitava che la grandine cadesse sui campi confinanti, come si avvicinava al loro territorio là

si arrestava oppure deviava in altra direzione. Osservò la grandine, osservarono i lupi la

convenzione fatta col servo di Dio né più osarono violare le leggi della pietà, infierendo

contro uomini che alla pietà si erano convertiti, ma solo fino a quando costoro restarono

fedeli ai patti promessi e non trasgredirono, da empi, le piissime leggi di Dio.


1160 Dobbiamo, dunque, considerare con pio affetto la pietà di quest'uomo beato, che fu così

meravigliosamente soave e potente da domare gli animali feroci, addomesticare quelli

selvatici, ammaestrare quelli mansueti, indurre all'obbedienza i bruti, divenuti ribelli

all'uomo dal tempo della prima caduta.

Questa è veramente la pietà che, stringendo in un solo patto d'amore tutte le creature,

è utile a tutto, avendo la promessa della vita presente e della futura.


AMDG et DVM

sabato 3 luglio 2021

DIECI PERFEZIONI DEL VERO RELIGIOSO e DEL PERFETTO CRISTIANO


 



DEL VERO RELIGIOSO e del perfetto cristiano

La prima perfezione del  buon Religioso  si è che con tutta la premura e con tutte le forze procuri di dolersi dei peccati e li confessi volentieri e senza indugio ; e poi si guardi quanto può e di non ricadere nei medésimi od in altri.

La seconda, che ponga ogni umana creatura sòpra di se, e sé  al disotto. La ragióne si è, perchè óffèndérebbe quel gran Signore,  il quale ha creato ogni cosa, e ci ha cotànto onorati, che per amor nòstro assunse l' umana carne, per la qtiale assunzióne partecipò d'ogni creatura. Per questo motivó àdunqiie il buon Religióso o il perfetto Cristiano devo di 'buon cuòre e con ànimo volénteróso ubbidiré a tutti, non solamente al compagno maggiore o uguale o minore, ma anche ad ogni creatura , secondo che gli sarà permesso. 

La terza, che distacchi il cuor suo da ogni mondana ed umana creatura,  né cérchi o trovi fondamento o radice se non in quello, che gli ha formato il cuòre;  ma si avvézzi a gettare il cuor suo in esso Diò, e a sollevarlo spésso dalle fecce terrene, dimanierachè senza pena ritorni a Cristo ogniqualvolta vorrà, pensando e affezionandosi al creatóre del cuòre; e in ogni luogo e tempo sia intento àll'altisisimo benefattore. Nell'orazioiie o sì renda in colpa de' peccati cómmessi, o desideri e chieda ì beni che gli mancano o ringrazi dei benefizi cnferitigli,  o de' mali e delle tribolazioni che gli avvengono, e creda che il benigno Iddio permette, che gli accadano per castigo de' peccati o mortificazione del corpo.

La quarta, che abbia tanta pazienza , che a colui il quale gli abbia detto o fatto qualche ma- le  si sforzi di voler più beiié, e di amarlo di tutto cuore, e di servirlo più di buon grado con sincera volontà, senza veruna interna amarezza.  Perchè siccome Dio pervera liberalità gli concedeva tutti i beni, così tenga per fermo che egli occultamente permette tutti i mali,  affine di mostrare al peccatóre le sue colpe, e farle ad esso conoscere e avvertire, e  così punire leggermente in questa vita , per non aver a flagellare più duramente nell'eternità. Ami dunque molto colui, che gli ha fatto o ha detto di sé qualche male;  perché per mezzo di lui, come d'un messo, Dio gli concederà, un gran bene; ed esso è come un membro, e ritegno mediante il quale Dio benignamente lo trattiene , onde egli non venga sbalzato nel profondo stesso dell'abisso , o urtato dal mondo , o ingannato dal diavolo ; e come un forbitoio, per mezzo di cui Dio lo pulisce; e come un istrumento o una pialla, con cui Dio lo liscia e perfeziona. 

La quinta, che ami. tutti i buoni, e compatisca tutti i cattivi , e onori tutti e reputi sé più vile di tutti, posponendosi, ancora ai  pessimi stessi. E ciò perché non sa , se il bene che esso fa ^ piaccia a Dio , o se persevererà in quello ; e  similmente ignora il fine a  cui quell'altro possa pervenire. Per questo non giudichi nessuno iin cuor , né dalla sua bocca esca alcun discorso cattivo d'altrui. E quando udirà da taluno dirsi male di qualcuno, scusi costui, o non si rallegri della mormorazione, ma si mostri attristato, e destramente rivolga le parole di chi parla ad altro soggetto.

La sesta, che ami molto la riprensione e il riprensore ; e se colui che riprende , dirà qualche male di esso, conceda tutto; se poi vien lodato il bene che sarà in lui, si scusi, e dica che non fa niente di bene; ritenendo in mente , che Dio opera tutto il bene, e dà altresì la volontà di farlo.

La settima, che di buon grado presti servigio a tutti, e difflcilmente acconsenta d'esser ser- vito da alcuno , reputandosi indegno d'ogni servizio, e si ricordi che, Cristo non venne per esser servito, ma per servire, Pertanto se alcuno lo servirà in qualche bisogno, in cuor suo renda grazie a Dio, che àbbia dato a colui la volontà e il potere di servirlo. 

L'ottava, che procuri di riandar colla memoria tutti i benefizi fatti a sé o a qualsivoglia altra creatura, e di tutti ne ringrazi Dio , e di poi si umilii dicendo: Chi son io, che ringrazio per gli altri, non bastando a ringraziare per la minima parte del bene , che Dio mi ha fatto , e massimamente essendo io una si malvagia crieatura ? E in tal modo si annichili.

La nona, che abbia una sollecita guardia della lingua, che è il compimento di tutti i beni e senza di cui ogni bene si perde: e custodisca la sua lingua non solo dalle parole cattive o nocevoli, false e disoneste, ma anche dalle superflue e vane, che vuotano il cuore di divozione.

La decima ed ultima , che soprattutto guardi che in tutte le sue parole risplenda la verità, la bontà e 1'umiltà ; perchè la parola dell' uomo deve incominciare dalla verità , progredire colla bontà, terminare coll'umiltà, ed esser misurata dalla brevità; perchè « la parola abbreviata fece il Signore sopra la terra (Romani 9, 28). Grazie a Dio.




VIENI PRESTO, SIGNORE GESU'!

mercoledì 21 aprile 2021

SENTENZE FAMILIARI del P. San Francesco

 


SENTENTIAE FAMILIARES  SANCTI P. FRANCISCI

1. Haec sunt arma, quibus dirumpitur anima casta: visus, alloquium, contactus, oscula.

2. Qui vadit in desertum, tribus praeliia caret, visu, auditu, et detractione. S. August.

3. Carissimi, in hac valle miseriae nihil tam pulchrum, tam delectabile possideatis quo animus vester omnino occupetur. Idem.

4 Fuge creaturas, si vis habere Greatorem.

5. Fuge mundum, si vis esse mundus. Si tu es mundus, jam non delectat te mundus.

6. Fuge, tace, et quiesce.

7. Si te excusas, Deus te accusat; et si te accusas Deus te excusat.

8. Non perfecte bonus est, qui cum malis bonus esse non potest.

9. Tentatio, cui non consentitur, est materia exercendae virtutis.

10. Amor omnia gravia facit levia, et omnia amara facit dulcia.

11. Amor Dei numquam est otiosus. S. Greg.

12. Vestis pulchra, locus, potus, cibus, otia, somnus

enervant mentem, luxuriamque fovent.

13. Cum dico « Ave Maria », coeli rident , Angeli gaudent , mundus exultat, infernus contremiscit, daemones fugiunt.

14. Sicut cera fluit a facie ignis, et pulvis ante

faciem venti dispergitur; sic ad ionvocationem nominis Mariae totus malignorum spirìtuum exercitus separatur.

15. In periculo , in angustiis in rebus dubiis Mariam invoca, Mariam cogita: non recedat a corde, non recedat ab ore; et ut impetres ejus suffragium, non deseras conversationis exemplum. S. Bern.

16. Omnis creatura vilescat, ut Creator in corde dulcescat.

Il Crocifisso di san Damiano - Assisi

SENTENZE FAMILIARI del P. San Francesco

1. Queste sono le armi  che abbattono l' anima casta: il vedere, il parlare, il toccare, il baciare.

2. Chi si reca al deserto, va esente da tre battaglie: dalla vista, dall'udito, e dalla detrazione.

3. Carissimi, in questa valle di miserie non possedete veruna cosa tanto bella, tanto dilettevole che occupi tutto l'animo vostro.

4. Fuggi le creature, se vuoi avere il Creatore.

5. Fuggi il mondo se vuoi essere mondo: se tu sei mondo, più non ti diletta il mondo.

6. Fuggi, taci, e sta quieto.

7. Se tu ti scusi, Dio t'accusa; se tu ti accusi, Dio ti scusa.

8. Non è perfettamente buono, chi coi cattivi non può esser buono.

9. La tentazione cui non si acconsente, è materia d'esercitar la virtù.

10. L'amore rende leggere tutte le cose gravi, e fa dolci tutte le cose amare.

11. L'amor di Dio non è mai ozioso.

12. La bella veste, la comodità, il bere, il mangiare, l'ozio, il sonno snervano la mente, e fomentano la lussuria.

Ì3. Quando dico: Ave Maria! i cieli ridono, gli Angeli godono, il mondo esulta, trema l'inferno, e fuggono i demoni.

14. Come la cera si strugge al fuoco, e la polvere si disperde al soffiar del vento; così all’invocazione del nome di Maria tutto l’esercito degli spiriti maligni si sbaraglia.

15. Nel pericolo, nelle angustie, nei dubbi invoca Maria, pensa a Maria; Ella non ti esca dal cuore, non parta dal tuo labbro; e per ottenere il soccorso di Lei attieniti all’esempio della sua maniera di vivere.

16. Tengasi  a vile ogni creatura, affinché riesca dolce al cuore il Creatore.

La Vergine  con Angeli e S. Francesco - di Cimabue


AMDG et DVM