COMMENTO ALL'AVE MARIA
Ave Maria, piena di grazia
Nella preghiera dell'Ave si distinguono tre parti:
la prima venne pronunziata dall'angelo, cioè: «Ave, piena di grazia, il Signore è con te; tu sei benedetta tra le donne» (Lc 1, 28).
L'altra da Elisabetta, madre di Giovanni Battista, quando disse: «Benedetto il frutto del seno tuo» (Lc 1, 42). La terza fu aggiunta dalla Chiesa: il vocativo «Maria» (215). Difatti l'angelo non disse: «Ave, Maria», bensì: «Ave, piena di grazia»; ma vedremo come il nome «Maria», nei suoi vari significati, si addica al saluto dell'angelo.
In antico era considerato un grande onore il fatto che gli angeli si mostrassero agli occhi umani, e sommo titolo di lode l'essersi potuti prostrare dinanzi a quei messaggeri di Dio. Tant'è vero che a lode di Abramo vien detto che egli ospitò gli angeli nella propria tenda, rendendo loro la debita venerazione (216).
Ma del tutto insolito risulta che sia stato un angelo a inchinarsi davanti a creatura umana, fino al momento in cui Gabriele salutò la beata Vergine, devotamente: «Ave» (217).
La ragione per cui mai prima d'allora un angelo si era abbassato di fronte a persona umana è questa: che egli la sopravanza per tre motivi: quanto a dignità, a familiarità con Dio e al pieno splendore della grazia divina [che rifulge nelle sostanze angeliche].
L'angelo è infatti di natura spirituale, come attesta il salmo 103: «Tu hai creato i tuoi messaggeri come spirito» (Sal 103, 4), mentre l'uomo è corruttibile per natura. Disse in tal senso Abramo: «Io, che sono polvere e cenere, parlerò al mio Signore?» (Gn 18, 27). Non era quindi opportuno che una creatura spirituale e incorruttibile si umiliasse dinanzi ad altra creatura, caduca, qual'è l'uomo.
L'angelo è familiare con Dio; un suo assistente: «Mille migliaia [d'angeli] lo servivano, e miriadi di miriadi stavano in piedi di fronte a lui» (Dn 7, 10). Al contrario, l'uomo è come uno straniero, dopo essersi allontanato dal trono dell'Altissimo con la colpa d'origine. Ognuno di noi può ripetere: «Ecco, me ne son fuggito lontano» (Sal 54, 8). Perciò è assai più naturale che sia l'uomo a mostrarsi deferente nei confronti dell'angelo, intimo familiare del celeste sovrano.
E infine, gli angeli partecipano largamente del lume divino. [Bildad lo Shukhita] si domandava: «E’ possibile far un censimento delle sue milizie? e c'è qualcuno tra loro che non è investito dal divino fulgore?» (218). Per questa ragione, l'angelo si manifesta sempre come un essere luminoso; gli uomini, invece, anche quando siano in qualche modo toccati da quel lume di grazia, restano in una sorta di semioscurità. Non era conveniente che l'angelo prestasse un atto d'ossequio o riverenza all'uomo finché non si fosse trovato nelle umane generazioni qualcuno che lo superasse - per spiritualità, familiarità con Dio e nel pieno splendore della grazia. Così fu l'angelo che rese omaggio a Maria, salutandola: «Piena di grazia».
La beata Vergine, dunque, superò gli angeli per tre motivi, a cominciare dalla pienezza di grazia che, in lei, è superiore che non in qualunque spirito beato; e per sottolineare ciò, Gabriele le rese omaggio chiamandola: «Piena di grazia», quasi volesse dire: «Ti ossequio poiché mi vinci per sovrabbondanza di grazia».
I. La beata Vergine è detta «piena di grazia» innanzi tutto riguardo alla propria anima, satura di grazia divina. Tale dono viene concesso per due finalità: onde farci ben operare ed evitare il male. Maria ebbe il duplice ausilio in misura perfetta. Ella evitò il peccato meglio che qualunque altro santo, seconda soltanto rispetto al Cristo.
Esiste il peccato, che è di due specie. Da quello originale Maria venne mondata fin dal grembo materno; e fu esente da qualsiasi peccato personale, anche il più lieve. Si legge nel Cantico dei Cantici: «Tu sei tutta bella, amica mia, e in te non è possibile trovare alcuna macchia!» (Ct 4, 7). E sant'Agostino, nel trattato su La natura e la grazia, aggiunge: «Esclusa la santa Vergine Maria, se la totalità dei santi e delle sante fosse stata interrogata durante la loro vita terrena, se si stimassero immuni da colpa, avrebbero esclamato concordi: 'Quando dicessimo di non avere in noi l'esperienza del peccato, inganneremmo noi stessi: non ci sarebbe la verità nelle nostre parole!' (I Gv I, 8). Tutti. Eccetto questa santa Vergine che, come dico, non dev'esser neppure nominata in tale questione, per l'onore dovuto a Dio. Sappiamo infatti che le venne concessa tanta grazia da poter vincere la minima tentazione, quanto ne richiedeva il suo merito di concepire e dare alla luce colui che di certo non conobbe ombra di peccato».
Cristo, d'altronde, superò la beata Vergine: egli fu concepito senza la colpa d'origine mentre la Vergine santa, pur nascendo senza peccato, ne fu sfiorata appena, all'atto del concepimento [nel grembo di sua madre, Anna] (219).
Ella esercitò inoltre tutte le virtù, invece i santi rifulsero solo in tal une di esse: chi fu particolarmente umile, chi casto, chi misericordioso; singolarmente considerati, essi ci son d'esempio per qualche virtù specifica (come san Nicola che vien citato a modello di misericordia, ecc.). La vergine Maria è esemplare in ogni singola virtù: difatti trovi in lei esempio d'umiltà, quando dice: «Eccomi, sono l'ancella del Signore... Egli ha guardato alla pochezza della sua serva» (Lc 1, 38; 48). Fu modello di castità («Non ho [né intendo avere] esperienze matrimoniali») (220); e così di seguito, per le rimanenti virtù. Sicché la beata Vergine fu piena di grazia sia in ordine al bene da compiere, sia quanto al male da evitare.
2. Di più, ricevette la pienezza della grazia anche allo scopo di far ridondare l'eccesso [della medesima], dall'anima, nel proprio corpo.
È già mirabile cosa che i santi abbiano quel tanto di grazia sufficiente a santificarli nell'anima; ma lo spirito della Vergine ne fu così ricolmo da traboccare nel suo fisico, da cui doveva prender inizio il concepimento del Figlio di Dio. Dice al riguardo Ugo da san Vittore: «Dato che l'amore dello Spirito Santo ardeva nell'animo suo in misura singolare, produsse meraviglie nella sua carne, facendo germinare da lei l'Uomo-Dio». È un appropriato commento a quanto aveva scritto san Luca: «Il bambino che da te nascerà sarà santo, e verrà chiamato 'figlio dell'Altissimo'» (Lc l, 35).
3. Maria fu piena di grazia anche in ordine alla compartecipazione del dono a tutti gli uomini. Se è un fatto ammirabile che un santo abbia posseduto la grazia in misura tale da procurar la salvezza di molti altri, il possederne in quantità sufficiente da provvedere alla salvezza spirituale del mondo intero, questo equivarrebbe ad aver la grazia in grado massimo: ed è quel che si verifica in Cristo e nella Vergine beata.
In qualunque frangente ti trovassi, tu potrai scamparne grazie alla gloriosa Vergine. Per simboleggiarne la potenza, può applicarsi a lei ciò che si può leggere nel Cantico. «Innumerevoli corazze - ossia ripari contro ogni pericolo - la circondano» (Ct 4, 4). E puoi averla al tuo fianco, ad aiutarti nel compimento di ogni opera virtuosa; in questo secondo senso è applicabile alla santa Vergine un'altra citazione biblica: «In me si trova ogni speranza [necessaria] alla vita e alla virtù» (Sir 24, 25).
Dunque, Maria è piena di grazia, da eccedere per abbondanza gli angeli stessi. Perciò è chiamata convenientemente «Maria», che significa: «Colei che ha in sé la luce». La sua anima, infatti, per riportare alcune parole del profeta, «risplende nelle tenebre» (Is 58, 11): luce che si irradia sopra l'intera umanità. Ecco perché Maria vien rassomigliata al sole e alla luna.
Ella supera gli angeli anche quanto a familiarità con Dio. Volle metterlo in risalto l'angelo: «Il Signore è con te»; quasi dica: «Ti rendo ossequio giacché tu sei più intima con Dio, di quanto non lo sia io stesso. Il Signore infatti è 'con te': Dio Padre e il suo Verbo!» Nessun angelo né alcun' altra creatura potrà ripetere altrettanto. «Colui che nascerà da te, sarà detto 'Figlio di Dio'» (Lc 1, 35). Nel tuo grembo, il Figlio unigenito del Padre. Perciò, Maria, «esulta e giubila... che abiterà in te, possente, il Santo d'Israele» (Is 12, 6).
Il Signore sta con la beata Vergine anche in altro senso, rispetto al suo stare assieme agli angeli. [Diverso il rapporto:] Dio, che si rende figlio di Maria, resta Signore delle schiere angeliche.
Lo Spirito Santo dimora in lei come in un tempio, sicché essa riceve giustamente l'appellativo di «tempio del Signore, sacrario dello Spirito Santo». Maria concepì [il Cristo] in virtù dello Spirito Santo, che scese su di lei con la potenza dell'Altissimo (cf. Lc 1, 35). Un'intimità col creatore più profonda di qualunque altra, cui possa aspirare una creatura: sono in lei Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo, l'indivisa Trinità; per questo si canta della Vergine: «O nobile triclinio della Trinità» (221); e l'espressione: «Il Signore è con te» è la più nobile che si possa proferire. Giustamente l'angelo s'inchina davanti a Maria: è la madre del suo Signore, e dunque Signora lei medesima. Le si addice [anche] perciò il nome «Maria» che, in siriaco, viene interpretato «signora».
Infine, la beata Vergine supera gli angeli nella purezza, dal momento che fu pura non soltanto in se stessa, ma dispensatrice di purezza per tanti altri. Fu purissima sia quanto alla minima colpa - giacché non contrasse il peccato d'origine, né commise alcun peccato, mortale o veniale -, sia quanto alla pena (222).
A causa del peccato [d'origine] erano stati comminati tre generi di castigo.
La donna avrebbe concepito d'allora in poi con pregiudizio della verginità, portato avanti nel disagio la gravidanza, e partorito tra le doglie.
Ma la beata Vergine fu esente da tutto ciò: concepì senza danno della propria integrità, tutta consolata portò in grembo il Figlio e tra gaudi inenarrabili diede alla luce colui che è il Salvatore. Le si possono adattare le parole d'Isaia: «Si coprirà di fiori..., fiorirà simile al narciso; esulterà piena di contentezza e cantando laudi» (Is 35, 2).
Altra pena, data all'uomo: avrebbe dovuto guadagnarsi il pane col sudore della fronte. Ne fu esclusa la Vergine beata, secondo la sentenza dell'Apostolo: «Le vergini si danno pensiero [unicamente] delle cose che riguardano il Signore» (1 Cor 7, 34).
La terza è comune agli uomini e alle donne, il cui corpo deve tornare [a risolversi] in polvere. La beata Vergine ne fu risparmiata, essendo stata assunta in cielo, anima e corpo, quasi aderendo all'invito: «Lèvati, Signore, verso la tua dimora: tu, e l'arca tua santa» (Sal 131, 8).
Insomma, ella fu libera da ogni genere di maledizioni; «benedetta tra le donne », lei che - tolta di mezzo la maledizione - ci donò la benedizione [nel Cristo] e aprì l'accesso al paradiso. Le si addice così il nome di «Maria» nel significato di «stella del mare». Come infatti, grazie alla stella [polare], i naviganti si orientano ritrovando la rotta verso il porto, similmente i cristiani son guidati da Maria alla patria celeste.
Benedetto il frutto del tuo seno (Lc I, 42)
Talvolta il peccatore cerca nei beni un godimento che non gli riesce d'ottenere, mentre il medesimo viene concesso al giusto. E detto nel libro dei Proverbi: «Le sostanze dell'empio sono serbate per l'uomo retto» (Prv 13, 22). Eva, ad esempio, mangiò del frutto [proibito] senza tuttavia trovarci quanto aveva sperato. La beata Vergine invece trovò nel frutto del proprio grembo ciò che Eva aveva cercato invano.
I. Il diavolo le aveva ingannevolmente promesso che [lei e Adamo] si sarebbero tramutati in dèi, capaci di 'conoscere il bene e il male': «Sarete - promise quel bugiardo - simili alla deità» (Gn 3, 5). Naturalmente mentiva, poiché è menzognero, ispiratore d'ogni falsità.
L'aver mangiato del frutto vietato non rese Eva simile a Dio, bensì dissimile, giacché peccando s'allontanò dall'unico che poteva salvarla. Venne cacciata dal paradiso.
Il contrario accadde alla beata Vergine ed a ciascun cristiano: in forza della nostra unione al Cristo (223) siamo congiunti e resi simili a Dio: « Quando in noi sarà attuale [lo splendore della vita divina], saremo simili a lui, e lo vedremo quale egli è» (I Gv 3, 2).
2. Ancora. La donna aveva sperato di appagare il proprio desiderio mangiando di quel frutto che le sembrava così appetibile. Ma non ne trasse piacere, perché all'istante si ritrovò spogliata [di tanti doni] e in preda all'angoscia. Nel frutto della Vergine [madre] troviamo invece soavità e salute. L'ha detto la Verità incarnata: «Chi mangia la mia carne, partecipa della vita eterna» (Gv 6, 55).
3. Il frutto bramato da Eva, infine, era bello all'apparenza, ma assai più bello è il frutto della Vergine Maria, tanto che gli angeli bramano di poterlo contemplare. Di lui canta il salmista: «Tu splendi per bellezza tra i figli dell'uomo; soffuse di grazia sono le tue labbra» (224), ed è un effetto della gloria del Padre.
Eva, al pari d'ogni altro peccatore, non poté conseguire ciò che sperava dal peccato. E allora, quel che desideriamo cerchiamolo nel Figlio della Vergine. È un frutto benedetto da Dio, che lo arricchì d'ogni grazia, tanto da farla traboccare sino a noi appena gli porgiamo il nostro ossequio. «Egli ci ha benedetti in Cristo, dall'alto dei cieli, con ogni genere di benedizioni spirituali» (Ef I, 3). E benedetto dagli angeli: «Lode, gloria; sapienza, rendimento di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio, nei secoli dei secoli!» (Ap 7, 12). Benedetto dagli uomini, che ripetono: «Ogni lingua riconosca che Cristo Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2, 11), e: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Gv 12,13; cf. Sal 117, 26).
Benedetta di sicuro la Vergine santa, ma ancor più benedetto il frutto del suo grembo.