23 dicembre 1943
Vigilanza, costanza e orazione. Ecco le tre armi più potenti delle frecce, delle lance e delle spade. Ed ecco anche la necessità che fra il popolo di Dio vi siano coloro che sono specialmente votati ad orare per coloro che lavorano e che non sanno usare contemporaneamente le mani alle occupazioni e il cuore alla preghiera.
I giovani, dice[731] il libro dell’Esdra, che lavoravano, anche quelli che erano occupati al lavoro e non alle difese, lavoravano con la spada cinta al fianco e pronta alla lotta. Né vi erano ribellioni al comando che li designava ora per il lavoro e ora per le difese. I superiori sono sempre ispirati da Dio e quando assegnano un compito vanno ubbiditi con prontezza e senza mormorare.
Tutti hanno questo dovere. E specialmente lo avete verso Dio, Superiore eccelso, il quale nella sua provvidenza predispone le missioni e le mutazioni nelle missioni. Guai a quei cuori attaccati alle cose che periscono, che si ribellano all’ubbidienza dicendo: “Io mi sento meglio in questo stato e non voglio questo altro stato”.
Non voglio! Come potete dire che non volete? Dove è l’ubbidienza, la sommissione, l’amore alla Volontà di Dio che vi traspare da dietro ai comandi dell’uomo? Solo in una cosa vi è lecito non volere. Quando l’uomo vi impone di compiere il male. Allora dovete resistere e dire: “No” anche se ciò fa di voi dei martiri.
E voi che avete potestà di comando, nel piccolo o nel grande che sia, udite ciò che vi dice il Signore, che ha parlato prima ai soggetti attraverso il Libro ed or parla a voi.
Ricordate che dirigere è doppio onere che non l’esser diretti. Sta a voi non rendervi responsabili delle altrui rovine. I soggetti rispondono a Dio per se stessi. Voi, per voi e per loro. Alla dignità della carica corrisponde severità di condotta verso voi stessi. Dovete essere di esempio poiché l’esempio trascina, tanto nel bene che nel male. E da superiori malvagi o semplicemente accidiosi non si possono avere che soggetti malvagi e accidiosi.
Così in una comunità e così in uno stato. I piccoli guardano i grandi e sono lo specchio dei grandi. Ricordatevelo.
Altra dote dopo l’intemeratezza è la bontà. La bontà frena gli istinti più delle carceri e delle prescrizioni. Fatevi amare e sarete ubbiditi. Trascinerete alla bontà essendo buoni. Ma guai se sarete avidi, ingiusti, malvagi. Sarete odiati, scherniti, disubbiditi anche e soprattutto nei comandi buoni che darete, e ubbiditi, anche più di quanto non vorreste, nel copiare la vostra avidità, la vostra ingiustizia, la vostra malvagità.
Non inebriatevi talmente del vostro onore da essere incapaci di intendere i soggetti nei loro giusti bisogni e nei loro lamenti. Esser capi vuol dire esser “padri”. Per questo Dio vi ha dato un’autorità. Non perché ne facciate sferza sui minori. Non siete onnipresenti come Dio. Ciò è vero. Ma quando si vuole si può, per quanto si vuole. E chi vuole sapere la verità, la sa.
Vigilanza, dunque, su tutto e tutti. Non stolta e cieca fiducia e accidiosa noncuranza riguardo ai vostri aiutanti. Non tutti sono dei giusti e molti Giuda sono sparsi fra le file degli aiutanti dei capi. Non fatevi schiavi di essi mendicando il loro consenso pur di imperare. Siate giusti e basta. E quando vedete che in vostro nome si esercita un dispotismo colpevole, fate di esser sempre in condizione di libertà di obblighi verso i vostri rappresentanti, in modo da poterli riprendere senza tema che da accusati si facciano accusatori.
Siate onesti e giusti. Onesti nel non approfittare della sorte a danno dei minori. Giusti nel saper punire coloro che per essere qualcosa si sono creduto lecito ogni sistema.
Se così farete sempre potrete dire a Dio: “Ricordati di me in bene, perché ho fatto del bene a coloro che Tu mi hai dato»
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