AVE MARIA GRATIA PLENA!
Spiegazione del quinto versetto
del Magnificat:
"Et misericordia eius a progenie
in progenies * timentibus eum"
Eccoci alla seconda parte di questo
Cantico divino, che è davvero il Cantico del Sacratissimo Cuore della Madre del
Bell’Amore ed una preziosissima reliquia di questo Cuore Sacratissimo.
Dopo aver magnificato Dio per i favori infiniti di cui l’ha ricolmata, ed
aver fatto questa profezia mirabile: «Beatam me dicent omnes generationes», che comprende un mondo di meraviglie che l’Onnipotente ha operato e che
opererà in tutti i secoli e per l’eternità, al fine di rendere questa Vergine
Madre gloriosa e venerata in tutto l’universo, eccone un’altra - intendo dire
un’altra profezia -, piena di consolazione per tutto il genere umano,
specialmente per coloro che temono Dio, attraverso la quale questa divina Maria
ci dichiara che « di generazione in generazione la misericordia [di
Dio] si stende su quelli che lo temono: Et
misericordia eius a progenie in progenies timentibus
eum».
Qual è questa misericordia? È il nostro buonissimo Salvatore, dice
sant’Agostino. Per questo l’Eterno Padre è chiamato il Padre delle misericordie,
perché è il Padre del Verbo Incarnato, che è la Misericordia stessa.
È quella misericordia di cui il Profeta regale chiese a Dio, a nome di tutto
il genere umano, la venuta in questo mondo attraverso il mistero
dell’Incarnazione, quando diceva: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e
donaci la tua salvezza: Ostende nobis Domine, misericordiam tuam,
et salutare tuum da nobis».
Come il Verbo Incarnato, infatti, è tutto Amore e tutta Carità, Egli è
anche tutto Misericordia. Dio è tutto misericordioso per natura e per essenza
- dice san Girolamo -, e sempre pronto a salvare con la sua clemenza coloro che
non può salvare con la sua giustizia. Ma noi siamo così infelici e nemici di
noi stessi, che, quando la misericordia di Dio ci si presenta per salvarci, noi
le voltiamo le spalle e la disprezziamo.
E' attraverso la sua Incarnazione che il Figlio di Dio ha esercitato la sua
misericordia verso di noi, la sua grande misericordia, secondo le parole del
Principe degli Apostoli: «Secundum misericordiam suam magnam regeneravit nos».Tutti
gli effetti di misericordia, infatti, che il nostro Salvatore ha operato sugli
uomini, dall’inizio del mondo fino ad ora, e che opererà per tutta l’eternità,
sono proceduti e procederanno dal mistero adorabile della sua Incarnazione,
quale loro Fonte e dal loro Principio primo. È per questo che, quando David
domandò perdono dei suoi peccati, pregò in questo modo: «Pietà di me, o Dio,
secondo la tua misericordia: Miserere mei
Deus, secundum magnam misericordiam tuam>>.
Tre cose sono richieste alla misericordia:
la prima è che essa abbia compassione della
miseria altrui, poiché misericordioso è Colui che porta nel suo cuore, per
compassione, le miserie dei miserabili,
la seconda che essa abbia una grande volontà di
soccorrerli nelle loro miserie,
la terza, che essa passi dalla volontà
all’effetto.
Ora, il nostro benignissimo Redentore si è incarnato per esercitare così la
sua grande misericordia verso di noi.
In primo luogo, infatti essendosi fatto
Uomo e avendo preso un corpo e un Cuore come il nostro, capace della sofferenza
e del dolore, è stato ricolmo di una tale compassione delle nostre miserie, e
le ha sopportate nel suo Cuore con tanto dolore, che non vi sono proprio parole
per poterla esprimere.
Avendo Egli, infatti, un amore infinito
per noi, come un buonissimo padre per i suoi figli e, avendo sempre davanti
agli occhi tutti i nostri mali del corpo e dello spirito, tutte le nostre
angosce, le tribolazioni, i martiri e i tormenti che dovevamo sopportare fino
alla fine del mondo, il suo Cuore benignissimo, sarebbe stato straziato da
mille e mille dolori sensibilissimi e penetrantissimi che gli avrebbero dato
mille volte la morte, se il suo amore più forte della morte, non gli avesse
conservato la vita, al fine di sacrificarla per noi sulla Croce.
In secondo luogo, siccome tutte le
nostre miserie sono state presentate a questo misericordiosissimo Salvatore,
dal primo istante della sua vita, sin da allora Egli è entrato in una volontà
sì forte, sì ardente e sì costante di soccorrerci e di liberarcene, ed ha
talmente conservato questo progetto nel suo Cuore, dal primo momento della sua
vita fino all'ultimo, che tutte le crudeltà e i supplizi atrocissimi che gli
uomini miserabili, verso i quali aveva tanta bontà, gli hanno fatto soffrire
mentre era sulla terra e tutte le previsioni che Egli aveva delle
ingratitudini, degli oltraggi e delle offese che noi gli avremmo reso per tutte
le sue misericordie, non sono state capaci di raffreddare neppure un pochino
l’ardore e la forza di questa volontà.
In terzo luogo, che cosa non ha fatto e
sofferto per liberarci davvero da tutte le miserie temporali ed eterne nelle
quali i nostri peccati ci avevano immerso? Tutte le azioni della sua vita,
durata trentaquattro anni, e di una vita divinamente umana e umanamente divina,
tutte le virtù che Egli ha praticato,
tutti i passi e tutti i viaggi che ha fatto sulla terra, tutte le fatiche
che ha sopportato;
tutte le umiliazioni,
privazioni, mortificazioni che ha sofferto;
tutti i suoi digiuni, le
veglie, le preghiere, le prediche, le sofferenze, le piaghe, i
dolori, la morte
crudelissima e ignominiosissima e il suo preziosissimo
Sangue sparso fino all’ultima
goccia,
tutte queste cose - dico - non sono forse state
usate per liberarci da ogni sorta di male, ma anche per metterci in possesso di
un impero eterno, ripieno di un’immensità di glorie, di grandezze, di gioie,
di felicità e di beni inconcepibili ed inesprimibili?
O
Bontà! O Amore! O eccesso! O Misericordia incomprensibile ed
inesprimibile!
O
mio Salvatore che vi siete ben chiamato il Dio delle misericordie!
O
cuore umano la tua durezza e la tua stupidità sono spaventose se non ami
questo Dio d’amore.
Oh!
Chi ami tu se non ami Colui che ha tanta bontà e tanto amore per te?
Non è tutto.
Consideriamo le qualità della misericordia del nostro
Salvatore.
Sant’Alberto Magno ne mette in evidenza cinque principali:
essa è grande, e continua, i suoi effetti sono in grandissimo numero, è
dolce e benigna; è discreta;
è grande, perché rimette dei grandi peccati;
è continua, perché non ha fine né limiti. I suoi effetti sono
in grandissimo numero, perché perdona un’infinità di peccati ad un numero incalcolabile di peccatori.
È dolce e benigna, trattando i peccatori dolcemente e con una
meravigliosa soavità.
È discreta, poiché se è obbligata a punire il peccato in questo
mondo, è al fine di non punirlo nell’altro.
Possiamo dire, inoltre, che la misericordia di Dio è grande,
e più grande in certo qual modo degli altri divini attributi. Gli effetti della
misericordia, infatti, sorpassano quelli della potenza, della sapienza, della
giustizia e di tutte le altre divine perfezioni che possiamo conoscere in
questo mondo.
San Bonaventura spiegando queste parole del Salmo
50 «Secundum magnam misericordiam tuam», dice
che Dio è misericordioso nel perdonare e misericordiosissimo nel
glorificare.
È una gran cosa la remissione del peccato:
Grande, in primo luogo, da parte di Dio, che perdona gratis il disonore infinito che è arrecato dal peccato alla sua Divina
Maestà.
Grande in secondo luogo, per il penitente, che, essendo immerso per il suo
peccato in un abisso infinitamente profondo di disgrazie, ne è tratto fuori dalla
dolcissima mano della misericordia del suo Dio.
Grande, in terzo luogo, per il dono inestimabile che viene fatto al
peccatore dalla Divina Bontà, la quale, non contenta di rimettergli i crimini,
lo pone nella schiera degli amici e dei figli di Dio.
Grande, in quarto luogo, in ragione della maniera in cui si è svolta la
nostra riconciliazione con Dio.
E' Lui che ci ama per primo, che ci invita, ci esorta e ci spinge a
cercarlo e a convertirci a Lui. Questo Dio d’amore e di misericordia ci corre
dietro - dice Dionigi l’Areopagita - quando noi lo abbandoniamo, ci insegue
con un amore indicibile e ci prega di non separarci da Colui che ci ricerca con
tanto ardore: «Aversos a se et resilientes amatorie
sequitur, contendit, et deprecatur ne se deserant, quos tanta vi amoris inquiri».
Grande, in quinto luogo, in ragione di molti altri effetti di questa grande
misericordia, poiché essa libera i peccatori dalla pena del danno, dalla pena
eterna del senso, dalla colpa del peccato e da tutti i mali che l’accompagnano,
e rincammina verso il Cielo per farla regnare eternamente con Dio.
Sentiamo parlare san Bernardo: «Vedo in me - dice questo gran
Santo - sette misericordie del Signore, che troverete
facilmente in Voi.
La prima è che mi ha preservato da molti
peccati, quando ero ancora nel secolo. [...] Chi, infatti, non vede che, come
vi ho commesso molti peccati, ne avrei fatti molti altri se l’onnipotente
misericordia non me ne avesse salvaguardato? Sì, lo confesso e confesserò
sempre che se il mio Dio non mi avesse sostenuto, la mia anima si sarebbe
inabissata in ogni sorta di peccati! Oh! Quale eccesso della Divina Bontà, è
l’aver così conservato in vita un ingrato, che non aveva che disprezzo per le
sue grazie!
La seconda misericordia del mio Signore su di me
è così grande, che non trovo parole per spiegarla. Vi offendevo, o mio
Creatore, e Voi dissimulavate le mie offese. Non avevo nessun ritegno nei miei
crimini, e Voi mi risparmiavate le punizioni che meritavo. Io prolungavo le mie
iniquità per lungo tempo, e Voi prolungavate, mio Signore, la vostra pazienza e
la vostra pietà. Ma a che cosa mi sarebbe servita questa pazienza, se non fosse
stata seguita dalla mia penitenza, se non per raggiungere il colmo della mia
dannazione?
La terza misericordia del mio Salvatore è
stata che si è degnato di visitare il mio cuore e l’ha cambiato talmente che
le cose che prima mi erano dolci mi sono ora amare; e che invece di mettere la
mia gioia nelle cose cattive, gli anni della mia vita che ho passati nel
disordine sono ora l’amarezza della mia
anima. E ora, Signore, avete agitato la terra del mio cuore, ed essa è turbata;
guarite le sue piaghe e i suoi dolori, poiché molti sono mossi a penitenza, la
cui penitenza è infruttuosa e riprovata.
Ecco perché la quarta misericordia, da Voi usata verso di
me, consiste nel fatto che Voi avete ricevuto benignamente la mia penitenza,
affinché fossi del numero di coloro dei quali il Salmista ha detto: «Beati
quorum remissae sunt iniquitates et quorum tecta sunt peccata: Beati coloro ai quali sono perdonate le iniquità e perdonati i
peccati».
La quinta misericordia è quella che mi avete fatto,
dandomi la grazia di separarmi ormai dal peccato, di condurre una vita
migliore, non ricadendo nei miei peccati e in uno stato più deplorevole di
prima, poiché è un effetto, o mio Salvatore, non della debolezza umana, ma
della vostra divina virtù, l'esser stato liberato dalla tirannia del peccato.
Colui che compie il peccato, infatti, cade nella schiavitù del peccato, da cui
non può essere liberato se non attraverso una mano forte come la vostra.
La sesta e la settima misericordia
consistono nel fatto che, dopo avermi liberato dal più grande di tutti i mali,
che è il peccato, mi avete accordato la grazia di ima conversazione cristiana e
la speranza di pervenire alla gioia dei beni che avete preparato a coloro che
vi amano».
Non si finirebbe mai, se si volesse riportare
tutte le altre misericordie del nostro amabilissimo Salvatore nei nostri
riguardi, evidenziate in queste parole della sua Divina Madre: «Et
misericordia eius».
Ma cosa vogliono dire le parole: «A
progenie in progenies timentibus
eum: Di generazione in generazione la sua
misericordia si stende su quelli che lo temono»?
Vuol dire, secondo la spiegazione dei santi Dottori, che, come il nostro
Salvatore si è incarnato ed è morto per tutti gli uomini, Egli spande anche i
tesori delle sue misericordie, su tutti coloro che non vi apportano affatto
ostacolo, ma che lo temono.
Di modo che, essendo una Fontana inesauribile di grazia e di misericordia,
Egli prova anche un sommo piacere nel comunicarla continuamente ai suoi figli,
in ogni luogo e in ogni tempo.
Sebbene, infatti, - secondo san Bernardo -, la Divina
Misericordia appartenga ugualmente alle tre Persone divine, come tutti gli
altri divini attributi, essa è attribuita tuttavia specialmente alla Persona
del Figlio, come pure la potenza al Padre e la bontà allo Spirito Santo. È il
Verbo Incarnato, infatti, in particolare che, per la sua grande misericordia, ci
ha liberato dalla tirannia del peccato, dalla potenza del demonio, dalla morte
eterna, dai tormenti dell'infemo e da un’infinità di mali e di miserie, e ci ha
acquistato, con il suo Sangue e la sua Morte, lo stesso possesso eterno che il
Padre suo gli ha donato.
Ma Egli non ha voluto compiere da solo questa grande opera, poiché, oltre a
fare tutto con il Padre suo e con il suo Divino Spirito, ha voluto anche
associare la sua Santissima Madre a sé nelle grandi opere della sua misericordia. «Non è bene che
l’uomo sia solo - dice Dio quando ha voluto dare la
prima donna al primo uomo - gli voglio fare un aiuto che gli sia
simile».
Così l’uomo nuovo, che è Gesù, vuole avere
un aiuto che è Maria, e il suo Eterno Padre gliela dona per essere sua
coadiutrice e sua cooperatrice [diciamo vera Corredentrice] nella
grande opera della salvezza del mondo, che è l’opera della sua grande misericordia.
"Et
misericordia eius a progenie in progenies
timentibus eum"
(continua)
Ascoltiamo,
a questo proposito, sant’Atanasio Sinaita: «Esorto - egli dice -,
tutti gli Ebrei, tutti i Greci e i pagani a ricorrere a questa Beata Vergine,
che Dio ha stabilito perché fosse l’aiuto e il soccorso di tutto il genere
umano, un aiuto ben differente da quello che è stato dato al primo uomo. È un
aiuto di salvezza, che conserva, protegge, illumina, che non ha mai saputo
cosa sia peccare, che non scaccia gli uomini dal Paradiso come la prima donna
ma li introduce nel Regno di Dio. È l’aiuto della Madre dei figli della vita e
degli eredi della vita eterna. Aiuto che da maghi ha fatto degli Apostoli, che
cambia i pubblicani in Evangelisti e le donne peccatrici in specchi di purezza
e di onestà» (In Hexameron., lib. 19). Sì, perché tutte le conversioni che si
compiono per la misericordia del Figlio della Vergine, sono attribuite alle
intercessioni della sua Divina Madre.
Tra i molti santi elogi che santa Caterina da Siena,
trovandosi a Roma, nell’anno 1379, nella festa dell’Annunciazione, pronunciò
per una mozione e un’ispirazione particolare dello Spirito Santo ad onore della
Madre di Dio, eccone quattro ben considerevoli: «O Maria, portatrix ignis! O Maria, mare
pacificum! O Maria, currus ignis! O Maria, administratrix misericordiae!».
È chiamata Portatrix ignis, perché Ella ha portato nelle sue viscere verginali Colui che è tutto
fuoco d’amore e di carità verso di noi, e che ha detto di essere venuto a
portare il fuoco sulla terra, e che il suo più grande desiderio è che infiammi
tutti i cuori (Luca
12, 49).
E' chiamata Mare
pacifico, perché è un abisso immenso di ogni sorta di grazie, di virtù e di
perfezioni. Ma è un Mare sempre tranquillo e pacifico, per il quale si arriva
al porto della salvezza eterna senza alcun problema e difficoltà.
E' un Carro
di fuoco tutto infiammato d’amore, di carità,
di bontà, di dolcezza verso i veri Israeliti, Currus Israel, ossia per i veri figli di Dio, ma che è anche tanto terribile verso tutti
i demoni, quanto è dolce e benigna verso gli uomini. Chiunque onora, ama,
serve e invoca Maria con umiltà e fiducia, sale in Paradiso in un carro di
fuoco.
E' l'Ammìnistratrice
della Misericordia, perché Dio l’ha colmata di una bontà, di una dolcezza, di una
munificenza e di una benignità straordinarie, e di una potenza senza eguale,
affinché Ella voglia e possa assistere, proteggere, sostenere e consolare
tatti gli afflitti, tutti i miserabili e tutti coloro che ricorrono a Lei nei
loro bisogni e nelle loro necessità.
È
ciò che Ella fa continuamente nei riguardi dei singoli, dei regni, delle province,
delle città, delle case e persino di tutto il mondo, secondo le parole di uno
dei più santi e più sapienti Padri della Chiesa, san Fulgenzio,
vissuto quasi dodici secoli fa. «Coelum et terra, dice, jamdudum ruissent, si Maria precibus non
sustentasset: Da
lungo tempo il Cielo e la terra sarebbero ridotti al nulla, dal quale sono
stati tratti, se le preghiere di Maria non li avessero sostenuti» (Myt.
lib 4) . E questo lo si deve intendere non del Cielo empireo, ma degli altri
cieli, quelli in cui sono il sole, le stelle e la luna.
Quanti
regni, province, città, case e persone singole a cui si possono rivolgere
queste parole: “O regno, da molto tempo non saresti più, a motivo delle
empietà, degli ateismi, delle bestemmie, delle eresie e di tutte le abominazioni
di cui sei ricolmo, se le preghiere di Maria non ti avessero conservato!
O provincia, di quali crimini non ti sei
infettata? Da molto tempo i fuochi del Cielo ti avrebbero ridotto in cenere, se
Maria non avesse interceduto incessantemente per te.
O città, o quartiere, quante frecce
avvelenate lanci tutti i giorni contro il Cielo e contro il Dio del Cielo, per
i tuoi innumerevoli crimini? Da molto tempo la terra si sarebbe aperta
per inghiottirti, se le grandi misericordie di Maria non ti avessero
protetto.
O casa, o famiglia, quante ingiustizie,
rapine, usure, furterelli, odi, vendette, maldicenze, spergiuri, impudicizie
ed altri crimini si commettono in te! Da molto tempo saresti stata interamente
sterminata, se le preghiere di Maria non vi si fossero opposte.
O uomini, o donne, quante volle sareste
finiti a bruciare nell’inferno, se le intercessioni di Maria non vi avessero
trattenuto sulla terra per farvi far penitenza della vostra vita cattiva e
detestabile”.
Riconosciamo, dunque, ed onoriamo la Madre
del Salvatore come Madre della Misericordia, alla quale il suo Figlio diletto
ha voluto comunicare la sua grande misericordia, per associarla con Lui alle
opere della sua clemenza e della sua benignità.
Grazie infinite ed eterne vi siano rese, o mio Salvatore!
O Madre nella misericordia, che tutti gli angeli, tutti i santi e tutte le
creature cantino per sempre le misericordie del vostro Figlio Gesù e della sua
Divina Madre! «Misericordias
Domini et Domincae in aeternum cantabo: Canterò
in eterno le misericordie del mio Re e della mia Regina». «Confiteantur Jesu et
Mariae misericordiae eorum, et mirabilia eorum Fìliis hominum: Tutte le misericordie del Figlio unico di Maria, e della Santissima Madre
di Gesù, e tutti i miracoli di bontà e di clemenza che hanno fatto per i figli
degli uomini, li benedicano e li glorifichino eternamente!».
san Giovanni Eudes
Spiegazione
del sesto versetto:
"Fecit potentiam in
brachio suo:
*dispersit superbos mente
cordis sui"
La Beata Vergine Maria, avendo lodato e
glorificato nel versetto precedente gli effetti della Divina Misericordia, che
hanno la loro origine dall’Incarnazione del Salvatore e che si estendono di
generazione in generazione su coloro che temono Dio, magnifica ed esalta in Costui
[ossia in Gesù medesimo] i prodigi della Divina Potenza, che scaturiscono da
questo stesso mistero in maniera ammirabile.
«Il gran Dio - Ella dice
-, ha spiegato la potenza del suo braccio». Qual è questo braccio?
Sant’Agostino, san Fulgenzio san Bonaventura, dicono che è il Verbo Incarnato,
conformemente alle parole del profeta Isaia 53,1: «Et brachium Domini cui revelatum est», che san Giovanni 12,38 applica al Figlio di
Dio.
Come, infatti, è per il suo braccio che
l’uomo compie le sue azioni così è attraverso suo Figlio che Dio compie ogni
cosa. Come il braccio dell’uomo - dice sant’Alberto Magno
-, trae la propria origine dal corpo, e la mano dal corpo e dal
braccio, così il Figlio di Dio prende la sua origine dal Padre suo, e lo
Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.
Ma cosa vogliono dire le parole: «Fecit potentiam?». Che Dio ha operato
potentemente, e che ha prodotto effetti mirabili della sua potenza in brachio suo, attraverso il suo unico Figlio, il
suo Verbo Incarnato, che è il suo braccio. È attraverso di Lui che ha creato
ogni cosa; è per Lui che ha riscattato tutto il mondo; è per Lui che ha vinto
il diavolo; è per Lui che ha trionfato dell’inferno; è attraverso di Lui che
ci ha aperto il Paradiso, è per Lui che ha fatto un’infinità di altri miracoli.
«Non faccio nulla da me stesso - dice
il Figlio di Dio - ma è il
Padre mio, che dimorando in me, compie tutto ciò che io faccio» Gv. 14,10.
Oh! Quali meraviglie opera
la Divina Potenza in questo mistero ineffabile dell’Incarnazione! Quale
miracolo vedere due nature infinitamente distanti l’una dall’altra,
la natura divina e la natura umana, unite insieme così strettamente da
costituire una sola Persona! Quale miracolo vedere il Verbo
Incarnato uscire dalle sacre viscere di una Vergine, senza violarne
l’integrità! Quale miracolo nell’istituzione del Santissimo
Sacramento dell’altare! Che miracolo, infine, della Divina Potenza
di aver elevato una piccola figlia di Adamo alla dignità infinita di Madre di
Dio, e averla stabilita Regina di tutti gli angeli e di tutto l'universo!
Tra le opere di Dio, qualcuna è
attribuita alle sue mani e alle sue dita, come i cieli: «Opera manuum tuarum
sunt coeli» Sal.101,26', « Videbo coelos tuos, opera digitorum quorum» Sal 8,4 -, qualcuna ad una
delle sue dita, «Dìgitus Dei est hic» Es.8,19, come i prodigi che ha
operato attraverso Mosè nell’Egitto. Ma l’opera incomparabile
dell’Incarnazione non è affatto attribuita alle mani di Dio né alle sue dita; è
al braccio della sua Divina Potenza che è attribuita, perché esso sorpassa
incomparabilmente tutte le altre opere della sua adorabile Maestà.
«O Cosa ammirabile! - dice san
Giovanni Damasceno - Colui che era Dio perfetto diviene uomo
perfetto; e questo Uomo-Dio è la cosa più nuova tra tutte le cose nuove;
vederlo è l’unica cosa nuova che è stata e che può esservi sotto il sole e
nella quale la potenza infinita di Dio si manifesta molto più che in tutto ciò
che è racchiuso nell’universo. Che cosa vi è, infatti, di più grande ed ammirabile
del vedere un Dio fatto uomo?».
«L’onnipotente maestà di Dio - dice
san Bernardo Serm. 3 in Vigilib. Nat. Dom. - ha fatto
tre cose sì eccellentemente mirabili e così mirabilmente eccellenti, come non
se ne sono mai fatte, né mai si faranno, di simili sulla terra. Infatti, Dio e
l’uomo, essere Madre e Vergine, la fede e il cuore umano sono imiti e uniti
insieme con la più intima unione che vi possa essere, un’unione ammirabile e
che sorpassa tutti gli altri miracoli. In che modo delle cose così differenti e
lontane le une dalle altre hanno potuto essere così strettamente unite?
La Divina Maestà si è rimpicciolita, al
fine di unire ciò che aveva di più nobile con il fango della nostra natura, di
modo che Dio e il fango della natura umana fossero unite insieme in una sola
persona, la maestà e l’infermità, la bassezza e la sublimità, il nulla e il
tutto. Non vi è, infatti, nulla di più sublime di Dio né niente di più vile
del fango; e tuttavia Dio è disceso con tanta bontà nel fango, e il fango è
stato elevato in Dio così altamente che tutto ciò che Dio ha fatto nel fango è
stato attribuito al fango, e tutto ciò che il fango ha fatto e prodotto è
attribuito a Dio, per un segreto ineffabile ed incomprensibile.
Oltre a ciò, considerate che, come nella
Divinità, vi è Trinità nelle tre persone e unità nella sostanza, così, in
questo mistero meraviglioso, vi è trinità nelle tre sostanze e unità in una
sola persona. È la sovrana e eterna Trinità che ci ha dato quest’altra
meravigliosa trinità; opera ammirabile, opera singolare tra tutte e al di
sopra di tutte le opere della Divina Potenza. Il Verbo, l’anima e la
carne, infatti, non fanno che una sola persona, e queste tre
persone sono uno, e questo uno sono tre, non per la confusione della sostanza,
ma per l’unità della persona».
Ascoltiamo ora Riccardo di san
Vittore in Adnot. in Psal. 71, che, spiegando le parole del
Profeta regale: «Dèscendent sicut pluvia in vellus», esclama: «O la
gloria della Beata Vergine! O grazia meravigliosa! O gloria singolare!
Ammirabile bontà del Figlio di Maria! Oh! Quale la bontà di questo adorabile
Bambino che, essendo Figlio di Dio, vuol essere Figlio dell’uomo; che essendo
il Re della gloria, vuole essere il Figlio di Maria! Oh! Quale dignità per la
Madre di Gesù è il possedere il frutto della fecondità unitamente al fiore
della verginità! Quale meraviglia nel vedere una Vergine che ha non un Figlio
qualsiasi, ma un Figlio che è Dio! Davvero è una gloria singolarissima la
gloria di Maria! “Descendet sicut pluvia in vellus: Scenderà come la
pioggia sul vello”.
Chi discenderà? Il Figlio unico di Dio. Da dove discenderà e dove discenderà?
Dal seno adorabile del Divin Padre nel seno verginale di sua Madre».
Volete sentire ora il santo Cardinale
Ugo spiegare le parole del Salmista 97,1: «Cantate Domino
canticum novum, quia mirabilia fecit: Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi»? Quali sono queste cose meravigliose? «Sono - dice
questo piissimo Cardinale - il fatto che Egli s’è fatto uomo da una Vergine
Madre e che il cuore fedele crede a queste due cose. Quale cosa mirabile che
Dio abbia donato il proprio Figlio per degli schiavi; il suo Diletto per i
suoi nemici; il Giudice supremo per i criminali e per i condannati; il
primo per gli ultimi - poiché l’uomo è l’ultima di tutte le creature -, e
l’innocente per gli empi».
Diciamo ancora, con molti santi Dottori,
che Dio ha spiegato la potenza del suo braccio nell’Incarnazione del suo Verbo,
in quanto tutte le creature che sono nell’universo, essendo contenute in
qualche maniera nella natura umana, hanno ricevuto una dignità, una nobiltà e
un’eccellenza meravigliosa, quando questa natura è stata unita personalmente
al Figlio di Dio; dato che esse sono entrate in un’unione meravigliosa con il
loro Creatore, cosa che ha conferito un incredibile ornamento ed una perfezione
indicibile a questo grande universo.
Ecco ancora due cose considerabilissime.
La prima è che non
vi è nulla in cui la Divina Potenza si mostri maggiormente se non nella
remissione e nella distruzione del peccato, secondo le parole della Santa
Chiesa: «Deus qui omnipotentiam tuam parcendo maxime et miserando manifestas: O Dio, che
manifestate maggiormente la vostra onnipotenza perdonandoci i peccati e
facendoci misericordia, che in tutte le altre cose». - La ragione risiede
nel fatto che l’ingiuria, fatta a Dio a causa del peccato, è così grande che
non vi è che la Potenza infinita di una Bontà immensa che la possa perdonare, essendo
il peccato un mostro così terribile da non esservi nulla, se non il braccio
dell’Onnipotente, che lo possa schiacciare.
La seconda cosa
nella quale quest’adorabile Potenza splende meravigliosamente è nella virtù e
nella fortezza che essa dona ai suoi martiri e a tutte le persone che soffrono
pene straordinarie, perché le sopportino generosamente e cristianamente, per
amore di Colui che ha sofferto per essi i tormenti e la morte di Croce.
Ecco qui soltanto un piccolo compendio dei
miracoli innumerevoli che il braccio onnipotente del Verbo Incarnato ha operato
ed opera tutti i giorni per la gloria del suo Divin Padre, per l’onore della
sua Santissima Madre, per la salvezza e la santificazione degli uomini e per
spingere costoro a servirlo e ad amarlo con tutto il loro cuore, come Egli li
ama con tutto il suo.
- Spiegazione delle
parole:
Dispersit
superbos mente cordis sui
Oltre agli effetti della Divina Potenza
sottolineati precedentemente, eccone ancora uno considerabilissimo, affermato
nelle parole della Beata Vergine Maria: «Dispersit superbos
mente cordis sui: Ha disperso i superbi nei
pensieri del loro cuore».
Che cosa vuol dire tutto questo e chi sono
i superbi?
I Santi Padri lo spiegano in diverse
maniere. Alcuni dicono che i superbi sono gli angeli ribelli che Dio ha
cacciato dal Cielo e precipitato nell'inferno per la loro superbia.
Altri intendono il Faraone, Sennacherib,
Nabucodonosor, Antiochio ed altri nemici del popolo d’Israele. San Cirillo e
sant’Agostino lo applicano ai demoni che Nostro Signore ha cacciato dai corpi e
dalle anime degli uomini, quando è venuto in questo mondo.
Lo stesso sant’Agostino scrive che per
questi superbi si possono intendere gli Ebrei che hanno disprezzato l’umile
venuta del nostro Salvatore, ragion per cui sono stati riprovati.
Ugo di san Vittore e Dionigi il Certosino
dicono che queste parole designano tutti gli uomini nei quali la superbia
regna particolarmente. Il Cardinal Ugo dichiara che questi superbi sono gli eretici,
i cui spiriti sono combattuti e divisi per la diversità dei loro pensieri e
dei loro errori.
Ve ne sono altri i quali assicurano che
questi superbi sono tutti i peccatori in genere, i quali si rendono ribelli
alla Divina Volontà.
Infine, qualche santo Dottore scrive che
bisogna applicare queste parole agli imperatori, ai re, ai principi, ai
filosofi e a tutti i tiranni che si sono opposti alla pubblicazione del Santo
Vangelo e che Dio ha sterminato e gettato nelle fiamme eterne.
Ciò lo si deve intendere anche di tutti
coloro che perseguiteranno la Chiesa fino ai tempi dell’Anticristo.
La maggior parte di queste parole,
infatti, sono come tante profezie espresse in tempi passati - dispersit superbos - come se le cose
fossero già compiute, per mostrare che esse si compiranno in modo così certo
come se esse fossero già accadute.
Vediamo ora ciò che vogliono dire le
parole: «Mente cordis sui». Sant’Agostino In
Magnif. le spiega così: «Egli ha distrutto i superbi per un segreto e
profondo consiglio della sua Divina Volontà - un consiglio segretissimo che il
demonio non ha potuto conoscere - che Dio si è fatto uomo, e che
l’Innocente ha sofferto per riscattare il colpevole».
Ma poiché la dizione greca riporta: «Mente cordis ipsorum», ciò fa sì che altri
Dottori diano questa spiegazione: «Ha distrutto e sterminato coloro che avevano il
cuore pieno di un’alta stima di se stessi, o meglio, ha dissipato i pensieri e
i consigli che i superbi meditavano nel loro cuore», conformemente alle parole
del profeta Isaia 8,10: «Inite consilium, et
dissipabitur».
Ecco un altro segreto importantissimo che
la Beata Vergine ci svela attraverso le parole: «Dispersit superbos mente cordis sui». Questo, infatti, vuol
dire, secondo molti importanti Autori, che, non solo Dio dissipa ed
annienta i pensieri maligni e i consigli perniciosi che i cattivi macchinano
contro di Lui e contro i suoi amici, ma fa anche in modo che tutte le loro
pretese volgano a loro confusione, a gloria della Divina Maestà e per
l’accrescimento della santità e della felicità eterna di coloro che lo
servono. Ma vi è di più, ossia il fatto che li sconfigge con le loro stesse
armi: «Mente cordis sui». Fa sì, infatti, che
le frecce che la loro malizia fa scoccare contro di Lui e contro i suoi figli,
ritornino contro di loro: «Sagittae superborum factae sunt plagae
eorum» Sal 63,10. Fa servire i loro
progetti al compimento dei suoi; fa sì che le invenzioni maligne della loro
empietà tornino a loro perdizione e a vantaggio dei suoi servitori. Cambia gli
ostacoli che costoro apportano alle opere della sua gloria, in mezzi potentissimi
di cui si serve per donarvi più fermezza, più perfezione e più splendore.
La malizia di satana contro il primo uomo
non si è forse volta a sua confusione e a vantaggio non solo di quest’uomo, ma
di tutta la sua posterità, poiché Dio ha tratto tanti e sì grandi beni dal male
nel quale la tentazione del demonio l’ha fatto cadere, che la Santa Chiesa
canta: «O
felix culpa: o
beata colpa»?
La perfida invidia e la cattiva volontà dei
fratelli di Giuseppe contro di lui non è forse servita alla Divina
Provvidenza quale mezzo per elevarlo fino alla partecipazione del trono
d’Egitto e dargli il glorioso titolo di Dio del Faraone?
A che cosa sono servite al successore di
quello stesso Faraone la durezza e la crudeltà che ha esercitato contro il Popolo
di Dio, se non per inabissare lui e tutta la sua armata nel fondo del mar
Rosso e far risplendere maggiormente la protezione di Dio sui suoi?
Che cosa pretendevano i perfidi Ebrei e gli
spiriti maligni trattando il Figlio di Dio così ignominiosamente e crudelmente come
l’hanno trattato, se non di rendere il suo nome infame ed odioso a tutti: «Nomen eius non memoretur amplìus» Ger. 11,19, e così
rovesciare tutti i suoi disegni ed annientare la grande opera che aveva
intrapreso per la Redenzione del mondo? Egli non si è servito forse della loro
empietà abominevole per portare a compimento i consigli della sua infinita
bontà nei riguardi del genere umano?
Qual era l’intenzione dei tiranni che hanno
massacrato tanti milioni di santi martiri, se non quella di rovinare e
sterminare interamente la religione cristiana? E, tuttavia, la Divina Potenza
non ha forse utilizzato questo mezzo per rendere tale istituzione più salda,
più santa, più estesa e più gloriosa?
Infine, si può dire davvero di tutti coloro
che perseguitano ed ostacolano i servitori di Dio, ciò che sant’Agostino Serm.10 de Sanctis ha detto dell’empio
Erode, quando ha fatto morire tanti Innocenti, per prendere Colui che era
venuto a salvare il mondo: «Ecce profanus osta numquam beatis parvulis
tantum prodesse potuisset obsequio,
quantum profuit odio:
Ecco
una cosa meravigliosa, che l’odio e la crudeltà di questo empio nemico di Dio e
degli uomini, è stata molto più vantaggiosa a questi beati pargoli, di tutta
l’amicizia che avrebbe potuto avere per loro e di tutti i favori che avrebbe
potuto fare loro».
È così che il braccio onnipotente del Verbo
Incarnato ha rovesciato le imprese dei superbi, per i pensieri del loro stesso
cuore: «Dispersit
superbos mente cordis sui».
È per l’umiltà del vostro Cuore verginale,
o Regina del Cielo, che si compiono tutte queste grandi cose, poiché è questa
meravigliosa umiltà che ha tratto il Verbo Divino dal seno del Padre suo e che
l’ha incarnato nel vostro grembo verginale; e spetta a Voi stroncare la testa
del serpente, ossia di schiacciare l’orgoglio e la superbia. Per questo si può
ben dire di Voi: “Tu gloria Jerusalem, tu laetitia Israel, tu
honorificentia populi nostri, quia fecisti viriliter: Tu sei la gloria di
Gerusalemme, Tu la gioia d’Israele, Tu l’onore del popolo cristiano, perché hai
combattuto generosamente e hai vinto gloriosamente i nemici della sua salvezza” Gdt.
15,9-10.
Questa prima parola: «Tu sei la gloria di
Gerusalemme», è la voce degli angeli,
le cui rovine sono state riparate per mezzo di Voi. La seconda: «Tu sei la gioia
d’Israele», è
la voce degli uomini, la cui tristezza è stata mutata in gaudio per vostra
intercessione. La terza: «Tu sei l’onore del popolo cristiano», è la voce delle
donne, la cui infamia è stata cancellata dal frutto benedetto del vostro
grembo. La quarta: «Tu hai combattuto generosamente e hai vinto
gloriosamente», è
la voce delle anime sante, che erano prigioniere nel Limbo, e che sono state
liberate dalla loro schiavitù dal vostro diletto Figlio, Redentore del mondo.
O santissima e desiderabilissima umiltà di
Maria, Voi siete la fonte di ogni sorta di beni. O superbia detestabile, tu sei
la causa di tutti mali della terra e
dell’inferno. «Abominatio Domini
omnis arrogans», dice
lo Spirito Santo -Prv 16,5- : Non solo il superbo e
l’arrogante è abominevole davanti a Dio, ma è “l’abominazione stessa”.
Per suscitare nei nostri cuori un gran
timore e detestazione di questo vizio esecrando, ascoltiamo' e soppesiamo le
parole del grande san Prospero, la seconda anima di sant’Agostino .[San
Prospero d’Aquitania, contemporaneo di sant’Agostino e convertito come lui, si
nutrì dei libri del santo Dottore, al quale si unì per la difesa della grazia
contro i semi-pelagiani]
«Non parla affatto - egli dice - di coloro
nei quali la superbia regna in modo così evidente da non potersi e neppure
volersi nascondere. Parlo soltanto di coloro, i cui esempi sono pericolosi e
temibili, che sembrano essere abbastanza convertiti e compiere qualche
progresso nella vita della salvezza, ma che, al contrario sono ripieni e
posseduti da una superbia segreta, che, li acceca e li precipita in un abisso
di mali, in cui essa li sprofonda incessantemente sempre di più, al punto da
non poterne più uscire. Questa superbia diabolica prepara una casa
al diavolo nei loro cuori. Gli apre una grande porta quando si
presenta per entrarvi e lo riceve con le braccia aperte. Permette a coloro che
essa attira di vivere come piace loro, abbandonandosi a tutte le loro passioni.
Essa li disarma di tutte le loro virtù e fa morire in loro tutto ciò che può
opporsi sia ad essa che a tutti gli altri vizi.
Ne deriva che coloro che sono avvelenati da
questa peste, non solo non hanno alcun rispetto per i comandi dei loro anziani
e superiori, ma li giudicano e li condannano; e quando sono ammoniti delle
loro mancanze, non se ne ricevono che delle mormorazioni e delle ribellioni
insolenti. Vogliono avere il primo posto ovunque, preferendosi impudentemente a
coloro che sono al di sopra di loro e che valgono più di loro. Scherniscono la
semplicità dei loro fratelli spirituali e vogliono far passare sfrontatamente i
personali pareri e proprie opinioni al di sopra di tutti le altre.
Se vi offrite di render loro qualche servizio, lo disprezzano; se rifiutate
loro qualche cosa, si affrettano con noiosa insistenza per averlo. Danno più
importanza ai loro natali che ad una vita bene regolata; disprezzano con
arroganza quelli che sono più giovani di loro; non riescono a persuadersi che
alcuno debba essere paragonato a loro e credono che è far loro torto
nell’uguagliarli ai più anziani, al di sopra dei quali si eleva la gonfiezza
del loro cuore. Non vi è alcun ritegno né rispetto per alcuno nelle loro azioni
né modestia nei loro discorsi o disciplina nei loro costumi. Il loro spirito è
pieno di ostinazione, il loro cuore pieno di durezza e la loro bocca di
millanteria. La loro umiltà non è che ipocrisia; i loro schemi sono pungenti e
mordenti; il loro odio non finisce mai, la sottomissione e l’obbedienza è loro
insopportabile, mentre vogliono comandare dappertutto. Si rendono odiosi a
tutti i buoni; pigri e negligenti nelle buone azioni; pronti a parlare
perfino delle cose che ignorano; sempre pronti a scavalcare gli altri e a
ferire la comunione fraterna; temerari nell’intraprendere ciò che è al
di sopra delle loro forze, sono chiassosi nel parlare, presuntuosi
nell’insegnare, sdegnosi nei loro sguardi, dissoluti nelle esplosioni delle
loro risate smisurate, gravosi ai loro amici, irriconoscenti dei benefici che
hanno ricevuto, arroganti nei loro ordini.
Ecco i segni della maledetta superbia, che
è abominevole di fronte a Dio e che lo obbliga ad abbandonare i cuori che ne
sono infetti. E’ il pane e il cibo del diavolo; è ciò che lo attira nelle
anime per prenderne possesso; li eleva per schiacciarli; li adula per perderli
e per trionfare della loro perdizione. Non è giusto che Dio impieghi il suo
braccio onnipotente per perdere e sterminare questi orgogliosi e per
precipitarli nei fuochi eterni» (De vita contemplativa,cap.8) che
sono preparati per i principi della superbia, pronunciando contro di essi
questo decreto spaventoso: «Tutto ciò che [questo superbo] ha speso per la sua
gloria, restituiteglielo in tanto tormento e afflizione: Quantum glorificavit se
[. .], tantum date illi tormentami? Ap 18,7.
O Regina degli umili, schiacciate nei
nostri cuori tutto ciò che è contrario all’umiltà e fatevi regnare questa
santa virtù a gloria del vostro Figlio.
SAN GIOVANNI EUDES
Spiegazione del settimo versetto del Magnificat:
Deposuit
potentes de sede et exaltavit humiles
Essendo giunto il tempo, in cui piacque
al Padre delle misericordie di compiere il disegno che
aveva da tutta l’eternità di salvare il genere umano, la sua Divina Sapienza -
i cui consigli sono imperscrutabili -, volle impiegare, a questo fine, i mezzi che
apparentemente non avevano alcuna attitudine né conformità con l’altezza di
questa grande opera.
Quali sono questi mezzi? Manda il suo unico Figlio in questo mondo, in uno
stato passibile e mortale e in una tale abiezione e bassezza che Egli stesso
dice: «Ego
sum vermis, et non homo: Sono un verme, non
un uomo» Sal. 21,7 e porta quale titolo onorifico
nelle Scritture: «Novissimus
vìrorum: l’ultimo di tutti gli uomini» Is. 53,3.
Questo Padre adorabile vuole che il Figlio suo, nato da tutta l’eternità
dal suo seno, e che è Dio come Lui, nasca da una Madre, che è davvero Santissima,
ma sì abietta e piccola ai suoi propri occhi e agli occhi del mondo, da considerarsi
e ritenersi come l’ultima di tutte le creature.
Inoltre, questo Padre Divino, volendo offrire al Figlio suo dei coadiutori
e dei cooperatori che lavorassero con Lui alla grande opera della Redenzione dell’universo,
gli dà dodici poveri pescatori, senza scienza, senza eloquenza e senza alcuna
qualità che li ponga in rilievo davanti agli uomini.
Manda questi dodici pescatori per tutta la terra, per distruggere una
religione che è del tutto conforme alle inclinazioni umane e che è radicata da
molte migliaia di anni nei cuori di tutti gli uomini, per stabilirne un’altra
tutta nuova, opposta alla prima e contraria a tutti i sentimenti della natura.
Questi dodici poveri pescatori vanno in tutto il mondo, per predicare e
fondare questa nuova religione e distruggere la prima. Ma come sono ricevuti?
Tutto il mondo si erge contro di loro, i grandi, i piccoli, i ricchi, i poveri,
gli uomini, le donne, i sapienti, gli ignoranti, i filosofi, i sacerdoti dei
falsi dèi, i re, i principi: tutti gli uomini in genere,
mettono in atto tutte le loro industrie per opporsi alla predicazione del
Vangelo che questi dodici poveri pescatori si sforzano di diffondere.
Costoro vengono presi, gettati nelle prigioni, con i ferri ai piedi e alle
mani, vengono trattati come degli scellerati e dei maghi; vengono flagellati,
scorticati vivi completamente, bruciati, lapidati, crocifissi, in una parola
vengono inflitti loro i più atroci supplizi.
Ma che cosa accade loro? Dopo tutte queste torture riportano la vittoria,
trionfano gloriosamente sopra i grandi, i potenti, i sapienti e tutti i
monarchi della terra. Annientano la religione o piuttosto l’irreligione e
l’idolatria abominevole che l’inferno aveva diffuso per tutta la terra, e
fondano la Fede e la Religione Cristiana in tutto il mondo. Infine, diventano i
padroni dell’universo e Dio dona loro il principato della terra: «Constitues eos principes super omnem
terram» Sal. 44,17.
Rovescia
i troni dei re e le cattedre dei filosofi; dà la prima autorità del mondo ad
un povero pescatore, che eleva ad un sì alto grado di potenza e di gloria che i
re e i principi ritengono grande onore baciare la polvere del suo sepolcro e i
piedi dei suoi successori. Che cos’è tutto ciò, se non il compimento della
profezia della Beata Vergine: «Deposuit potentes de sede, et exaltavit
humiles: Ha rovesciato i
potenti dai loro troni, ha innalzato gli umili»?
Notate che, sebbene queste parole, come le altre che sono contenute in
questo divino Cantico, sono espresse in un tempo passato: «Deposuit», esse
comprendono, tuttavia, il passato, il presente e l’avvenire, poiché
sono pronunciate da uno spirito profetico. E infatti il compimento di questa
profezia è apparso in modo evidente nei secoli passati e apparirà sempre più
nei secoli che verranno e sino alla fine del mondo.
Nei secoli passati, la Divina Potenza non ha forse deposto il superbo Saul
per porre l’umile David al suo posto? Non ha confuso e distrutto l’arrogante
Aman e la superba Vasti per mettere l’umile Mardocheo e la
pia Ester al loro posto? Giosuè
non ha sterminato più di trenta re cananei, per porre i loro reami
in
possesso del popolo d’Israele?
Il
nostro Divin Salvatore non ha forse liberato il genere umano dalla schiavitù
dei demoni, che prima della sua Incarnazione avevano asservito tutto il mondo
alla loro crudele tirannia? Non ha bandito l’angelo ribelle dal Cielo e l’uomo
rivoltoso dal Paradiso? E costui, essendosi umiliato per la penitenza, non è
stato ristabilito nella grazia dal suo Creatore?
Non ha strappato l’empio Diocleziano dal suo trono imperiale, per mettervi
il pio Costantino? Non ha cacciato l’arrogante Eugenio, per dare il trono
dell’impero all’umile Teodosio? Non ha sterminato i grandi sacerdoti degli
Ebrei, gli Scribi e i Farisei, per dare la loro autorità a dei poveri pescatori
e farli sedere con Lui sul trono della sua Divina Giustizia, comunicando loro
il potere che il Padre suo gli ha dato di giudicare gli uomini e gli angeli?
E così che umilia e distrugge i grandi e i potenti della terra, che abusano
del loro potere, ed eleva i piccoli e gli umili che praticano le parole del suo
Apostolo: «Humiliamini
sub potenti manu Dei, ut vos exaltet: Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, perché [egli] vi esalti» 1
Pt 5,6. È ciò che ha sempre fatto, sin
dall’inizio del mondo ed è ciò che farà sino alla consumazione dei secoli e
fino al tempo dell’Anticristo, che per la sua abominevole superbia vorrà
elevarsi perfino al di sopra di Dio: "Supra omne quod dicitur Deus" 2Ts 2,4. Ma Colui che si è annichilito per confondere gli arroganti e
per esaltare gli umili, lo ucciderà con il soffio della sua bocca: «Interficìet eum spirìtu oris sui»2Ts 2,8 e lo
precipiterà nel più profondo degli abissi; dopo aver risuscitato i suoi due
profeti Elia ed Enoc, li farà salire pubblicamente
e gloriosamente nel Cielo, a vista e confusione dei loro nemici.
*
Volete conoscere un altro effetto meraviglioso di questa grande profezia
della Regina del Cielo?
Ascoltate quanto è riportato da sant’Antonino, e da molti importanti Autori,
di Giuliano l’Apostata.
Quest’empio, mentre partiva per andare in guerra contro i Persiani,
affermò che al suo ritorno avrebbe sterminato i cristiani, di cui era nemico
mortale. Ma san Basilio, avendo compassione del popolo che vedeva atterrito
dalle minacce di quest’apostata, fece radunare tutto il clero e tutti i fedeli,
compresi le donne e i bambini, in una chiesa dedicata alla Vergine Santissima,
ove rimasero per tre giorni digiunando e pregando incessantemente questa Madre
di bontà di proteggerli dal furore di questo tiranno.
Ora, mentre erano
nel fervore delle loro preghiere, san Basilio vide una grande moltitudine di
angeli, nel mezzo della quale vi era la Regina del Cielo, seduta su un trono
glorioso, comandare che facessero venire Mercurio, il quale, qualche anno
prima, aveva, da soldato, ricevuto la corona del martirio. In quello
stesso istante questo santo Martire si presentò con le armi in pugno a questa
grande Principessa, che gli disse: «Va’ e giustizia l’apostata Giuliano, il quale bestemmia contro Dio e
contro mio Figlio».
Subito san Mercurio giunse nel mezzo dell’armata di Giuliano, lo colpì con
un colpo di lancia e scomparve all’istante. Nel frattempo, questo miserabile
principe, lanciando orribili grida e vomitando la sua anima tra i fiotti di
sangue che uscivano dalla sua piaga, cadde morto sul colpo, proferendo orribili
bestemmie contro il nostro Salvatore.
San Basilio, che aveva visto in visione
tutti questi fatti, andò a trovare i cristiani, che si trovavano ancora
riuniti, e assicurò loro che l’Apostata era morto e che Mercurio l’aveva ucciso
per ordine della Regina del Cielo. Li esortò, dunque, a ringraziare Dio e la
Beata Vergine. Dopo questi eventi, san Basilio e molti altri andarono alla
tomba del santo Martire, presso il quale si custodivano le sue armi, e vi
trovarono la sua lancia, rossa del sangue dello sventurato Apostata. E, pochi
giorni dopo, un gentiluomo che veniva dall’esercito, raccontò come era avvenuto
il fatto e in che modo quel miserabile era stato trafitto da un colpo di
lancia, vibrato da un soldato sconosciuto.
È così che Dio strappò dal suo trono questo
superbo e detestabile imperatore, e fece trionfare l’umiltà e la
pietà, di san Basilio e di tutti i fedeli, dell’empietà e del furore di questo
terribile mostro dell’inferno. È così che la Divina Provvidenza atterra i
superbi ed innalza gli umili.
Il santo abate Blosio (Monil.
Spirit. 90) riferisce di santa Gertrude, benedettina, che l’umiltà aveva preso
un così pieno possesso del suo cuore, che ella si stimava indegna di tutti i
doni di Dio. Ella si considerava e si trattava come l’ultima di tutte le
creature. Credeva, inoltre, che tutti gli altri rendessero più servizi e onori
a Dio con un solo pensiero e con l’innocenza della loro conversazione di
quanto ella non facesse con tutte le sue occupazioni ed esercizi.
Un giorno, mentre camminava per il monastero, parlava a Dio così: «Ah, mio
Signore! Uno dei più grandi miracoli che Voi fate in questo mondo è di
permettere che la terra sorregga una miserabile peccatrice, quale sono io». Al
che questo benignissimo Salvatore diede questa risposta: «È a buon diritto che
la terra ti sostiene, poiché tutto il Cielo attende e desidera ardentemente l’ora
beata in cui ti accoglierà e ti reggerà». Ora, se questa Santa aveva un così
basso concetto di sé, giudicate voi quale sarà stata l’umiltà della Regina di
tutti i santi.
O Regina dei cuori degli umili, distruggete interamente in noi la maledetta superbia e fate
regnare nei nostri cuori l’umiltà del vostro Figlio e la vostra, affinché i
figli abbiano qualche somiglianza con il loro adorabile Padre e la loro
amabilissima Madre.
AVE MARIA!
Cor humillimum Mariae
ora
pro nobis
Spiegazione dell’ottavo
versetto del Magnificat:
"Esurientes implevit bonis et divites
dimisit inanes"
ossia:
"Ha ricolmato di beni gli affamati, * e ha rimandato i ricchi a mani
vuote"
Queste
parole della Beata Vergine, pronunciate per un moto profetico, come le
precedenti, comprendono ancora il tempo passato, presente e futuro, secondo le
diverse spiegazioni che vi danno i santi Dottori.
Qualcuno
le applica agli angeli buoni e cattivi, agli angeli umili e agli angeli
superbi, agli angeli obbedienti a Dio e agli angeli ribelli a Dio.
Gli
angeli buoni, riconoscendo che Dio li ha tratti dal nulla e che hanno ricevuto
dalla sua Divina Bontà tutte le loro perfezioni, gliele rinviano e gliene fanno
omaggio, riservandosi soltanto il nulla, ragion per cui Dio li ha fatti passare
dallo stato della grazia nel quale sono, allo stato della gloria, ricolmandoli di beni inestimabili, racchiusi nella beata eternità.
Gli
angeli cattivi, al contrario, contemplando le eccellenze di cui Dio li ha
adornati nella loro creazione, vi provano compiacenza, se ne appropriano e se
ne gloriano come se queste provenissero da loro, per una superbia ed
un’arroganza insopportabili, che obbliga la Divina Giustizia a spogliarli di
tutta la loro luce e perfezioni, riducendoli in un’estrema miseria e povertà, e
a precipitarli nel fondo dell’inferno.
Qualche
altro Autore applica queste parole ai pagani convertiti a Dio per la fede
cristiana e agli Ebrei che restano nel loro accecamento.
I
pagani, prima della venuta di Dio sulla terra, erano in un’estrema povertà -
come è sottolineato dalla parola Esurientes -, poiché non solo non conoscevano affatto
il loro Creatore, ma non adoravano altro dio all’infuori del diavolo. E, dato
che hanno abbracciato la religione cristiana, Dio li ha arricchiti dei tesori
inconcepibili che possiede.
Al
contrario, i perfidi [= senza la vera fede] Ebrei non avendo affatto voluto
ricevere il Salvatore del mondo, ma essendo rimasti nel loro indurimento, sono stati
spogliati di tutti i doni, grazie e favori di cui Dio li aveva adornati: «Divites dimisit inanes».
Altri
Santi Padri attribuiscono queste parole ai santi Patriarchi, ai santi Profeti e
a tutti i giusti dell’antica Legge, i quali avevano una fame insaziabile, una
sete ardentissima e un desiderio ardentissimo della venuta del Redentore, e
che, proprio per questo, sono stati ricolmati di grazie e di santità: «Esurientes implevit bonis».
Invece
i sacerdoti arroganti degli Ebrei e i superbi Farisei, credendosi ricchi in
virtù e santità e disprezzando le grazie che il Figlio di Dio aveva loro
presentato, hanno perduto miserabilmente la Legge, la fede e la salvezza
eterna che Dio aveva messo nelle loro mani.
Dal
momento che la Beata Vergine aveva una fede molto più perfetta e un amore
infinitamente più ardente nei riguardi del Salvatore che doveva venire
sulla terra, anche la sua fame, la sua sete ed i suoi desideri erano molto più
grandi e più accesi di tutti i desideri dei Patriarchi, dei Profeti e dei santi
che l’avevano preceduta o che vivevano nel suo tempo.
È
altrettanto vero che quest’adorabile Salvatore tanto atteso, tanto desiderato
e tanto richiesto a Dio, che era il Figlio unico e diletto delle sue viscere
verginali, l’ha ricolmata di un’infinità di beni incomprensibili ed
inspiegabili, nei nove mesi che l’ha portato nelle sue sacre viscere, per tutto
il tempo che ha conversato familiarmente con Lei in questo mondo e quando,
dopo la sua A- scensione, l’ha ricevuto tante volte nel suo sacro petto e nel
suo Cuore materno nella Santa Eucaristia, e soprattutto da quando Ella lo
possiede perfettamente in Cielo.
Sant’Agostino applica la parola Esurientes agli umili e Divites, ai
superbi. «Gli umili - egli dice -, riconoscono di non aver nulla da se stessi,
e di avere un estremo bisogno del soccorso e della grazia del Cielo, mentre i
superbi si persuadono di essere ricolmi di grazia e di virtù. Per questo Dio
prova piacere nel riversare i suoi doni in quelli e nel toglierli a questi
altri»[1] S. Agostino, in Magnif.
Queste stesse parole si attribuiscono ancora, secondo il pensiero di molti
santi Dottori, a tutti i poveri che hanno il cuore distaccato dalle cose della
terra e che amano ed abbracciano la povertà per amor di Colui che, possedendo
tutti i tesori della Divinità, ha voluto farsi povero per nostro amore, per
metterci in possesso delle ricchezze eterne.
Ma bisogna attribuirle specialmente a coloro che si sono spogliati
volontariamente di tutto attraverso il santo voto della povertà, per imitare
più perfettamente il nostro Divin Salvatore e la sua Santissima Madre nello
stato della loro povertà, la quale era così grande che il Figlio di Dio ha
pronunciato queste parole: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo hanno i nidi, ma il
Figlio dell ’uomo non ha dove posare il capo»[2]. Oh!
Questa povertà volontaria contiene grandi tesori, poiché il nostro Salvatore ha
detto: «Beati
voi poveri, perché vostro è il regno di Dio»[3]. Oh!
Il possesso delle ricchezze della terra è pericoloso, poiché Colui che è la
Verità Eterna ha detto: «Guai
a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione»[4]! E parlando attraverso il suo Apostolo, pronuncia queste
terribili parole: «Coloro
che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte
bramosie insensate e funeste, che fanno
affogare
gli uomini in rovina e perdizione>>[5]. Per questo, se avete delle ricchezze, non amate le false ricchezze della
terra, ma amate le vere ricchezze del Cielo, che sono il timore e l’amor di
Dio, la carità verso il prossimo, l’umiltà, l’obbedienza, la pazienza, la
purezza e le altre virtù cristiane che vi metteranno in possesso di un tesoro
eterno.
Ecco poi un’altra spiegazione delle parole: «Esurientes implevit bonis», che è di grande consolazione. E’ ancora una profezia della Divina
Madre di Dio, che comprende una conversione straordinaria, che deve compiersi
in tutto il mondo, degli infedeli, degli Ebrei, degli eretici e dei falsi
cristiani, predetta ed annunciata da lungo tempo dall’oracolo delle
sante Scritture, per bocca della Chiesa, e attraverso la voce dei Santi Padri e
di parecchie altre sante persone attraverso le quali ha parlato lo Spirito di
Dio.
Aprite i Sacri
Libri e sentirete questo Divino Spirito che, parlando di Nostro Signore, per
bocca del Profeta regale, assicura che Egli dominerà e regnerà in tutta la
terra[6]«Et dominabitur a mari usque ad mare, et a flumìne usque ad terminos orbis
ter- rarum»(Sai 71,8).Che tutti i re della terra l’adoreranno; che tutti i popoli lo serviranno[7]; che tutte le tribù saranno benedette in Lui; che trnte le nazioni lo
magnificheranno[8]; che tutto l’universo sarà ripieno della sua gloria[9]; che tutte le generazioni che ha fatto, qualunque esse siano, verranno,
l’adoreranno e glorificheranno il suo santo nome[10]; che tutto il globo terrestre si convertirà a Lui e tutte le famiglie del
mondo si prosterneranno davanti al suo Volto per adorarlo[11].
Non
udite l’Eterno Padre, che, parlando al Figlio suo nel salmo
secondo, gli promette di dargli in eredità tutte le nazioni del mondo e di
metterlo in possesso di tutta la terra[12]?
Non
sentite la Chiesa fare così sovente questa preghiera a Dio: «Omnis terra adoret te, et psallat tibi,
psalmum dicat nomini tuo, Domine: A
te [Signore] si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome»[13]?
Non
conoscete le preghiere solenni che la Chiesa eleva tutti gli anni, il Venerdì
Santo, per la santificazione di tutti i suoi figli e per la conversione di
tutti gli eretici, di tutti gli Ebrei e di tutti i pagani; e che tutti i
giorni essa obbliga tutti i sacerdoti che celebrano il Santo Sacrificio della
Messa, ad offrirlo a Dio per tutti gli uomini, domandando la salvezza di tutto
il mondo, dicendo queste parole: «Offerimus tibi calicem salutaris, tuam deprecantes clementiam ut in
conspectu divinae Majestatis tuae, prò nostra, et totius mundi salute, cum
odore suavitatis ascendat»? Ora, ditemi, lo Spirito Santo
che anima e guida la Chiesa in tutto, le fa forse recitare preghiere inutili e
senza effetto?
Questa
grande conversione è stata rivelata dallo Spirito di Dio, non solo ai
Profeti dell’antica Legge, ma anche ai più grandi santi e sante della nuova
Legge. Il grande apostolo san Paolo non ci assicura forse che tutti gli Ebrei
si convertiranno, e che la loro conversione sarà seguita da quella di tutto il
mondo?[14] Per cui
vi prego di considerare che non vi è uomo al mondo più opposto a Dio,
più contrario aJ nostro Salvatore, più nemico della sua religione, più indegno
della sua grazia e, di conseguenza, piu loiitano dalla conversione ai questi
perfidi. Per questo, se nonostante tutto ciò, Dio deve far loro questa
misericordia, vi è gran ragione di credere che non la rifiuterà a tutti gli
altri uomini.
Conoscete le preghiere solenni che la
Chiesa eleva tutti gli anni, il Venerdì Santo, per la santificazione di tutti
i suoi figli e per la conversione di tutti gli eretici, di tutti gli Ebrei e
di tutti i pagani; e che tutti i giorni essa obbliga tutti i sacerdoti che
celebrano il Santo Sacrificio della Messa, ad offrirlo a Dio per tutti gli
uomini, domandando la salvezza di tutto il mondo, dicendo queste parole: «Offerimus tibi calicem salutaris, tuam
deprecantes clementiam ut in conspectu divinae Majestatis tuae, pro nostra, et
totius mundi salute, cum odore suavitatis ascendat»? Ora, ditemi, lo Spirito Santo che anima e
guida la Chiesa in tutto, le fa forse recitare preghiere inutili e senza
effetto?
Questa
grande conversione è stata rivelata dallo Spirito ai Dio, non solo ai Profeti
dell’antica Legge, ma anche ai più grandi santi e sante della nuova Legge. Il
grande apostolo san Paolo non ci assicura forse che tutti gli Ebrei si convertiranno,
e che la loro conversione sarà seguita da quella di tutto il mondo?[15] Per cui
vi prego di considerare che non vi è uomo al mondo più opposto a Dio,
più contrario al nostro Salvatore, più nemico della sua religione, più indegno
della sua grazia e, di conseguenza, più lontano dalla conversione ai questi
perfidi. Per questo, se nonostante tutto ciò, Dio deve far loro questa
misericordia, vi è gran ragione di credere che non la rifiuterà a tutti gli
altri uomini.
Santa
Ildegarda l’ha detto chiaramente, come è messo
in evidenza nel secondo Lbro delia sua vita, al capitolo secondo; e l’ha
appreso dallo Spirito Santo, poiché i libri delle sue Rivelazioni sono
stati approvati da un Concilio, dopo essere stati letti pubblicamente, per
comando del papa Eugenio III che vi presiedeva, davanti a tutti i Padri del
Concilio, tra i quali vi era san Bernardo.
«Verrà
il tempo - disse un giorno Nostro Signore a santa Brigida -, in cui non vi sarà
che un solo gregge, un sole pastore e una sola fede, e che Dio sarà conosciuto
chiaramente da tutti»[16].
«Sappiate
- le dice ancora un’altra volta - che i pagani avranno tanta devozione, che i
cristiani non saranno che i loro servi nella vita spirituale; e allora si
compiranno le Scritture le quali dicono, che il popolo che non mi conosceva affatto
mi glorificherà, e che i deserti saranno edificati. In quel tempo tutti
canteranno: “Sia gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e onore a
tutti i santi!”»[17][18].
Tutti
i Santi Padri sono concordi nell’ affermare"0 7 che dopo
la morte dell’Anticristo tutto il mondo si convertirà e che, sebbene qualcuno
di loro dica che il mondo non durerà, dopo questa morte, se non qualche
giorno, ed altri qualche mese, molti tuttavia, ritengono che sussisterà ancora
molti anni.
Santa
Caterina da Siena, san Vincenzo Ferreri, san Francesco di Paola e molti altri
santi hanno predetto questa conversione generale.
Accadrà
allora che si compirà questa grande profezia della Regina dei Profeti: «Esurientes implevit bonis»; forse non secondo tutta la perfezione che
sarebbe auspicabile e in modo che non resti alcuna persona sulla terra che non
conosca ed ami Dio. Ma, sebbene questa conversione non sia generale, sarà un
delizioso e magnifico festino per tutti coloro che hanno una gran fame e una
sete ardente della gloria di Dio e della salvezza delle anime, poiché saranno
colmati di una contentezza e di una gioia inconcepibile, nel vedere il loro
Creatore e il loro Salvatore conosciuto, servito ed onorato da tutto il mondo,
come pure la sua degnissima Madre.
Accadrà,
quindi, che i demoni, che possiedono tanti tesori sulla terra, cioè tante anime
d’infedeli, di Ebrei, di eretici e di cattivi cattolici, ne vengano
espropriati, secondo le Divine Parole: «Et divites dimisit inanes».
Se
questa profezia non si compirà completamente sulla terra, essa avrà il suo
intero e perfetto compimento in Cielo, poiché sarà là che la fame insaziabile
e la sete ardente della gloria di Dio e della salvezza delle anime che hanno
tutti i santi sulla terra, mentre vi dimorano, sarà perfettamente saziata ed
estinta, e queste parole saranno compiute in ciascuno di loro: «Satiabor, cum apparuerit gloria tua»m. Non vi è spirito che non possa comprendere né linguaggio che non sia
in grado di esprimere la minima particella di beni inestimabili ed inenarrabili di cui Dio li ricolmerà,
per lo zelo con il quale avranno procurato il suo onore sulla terra e la
salvezza delle anime che avranno liberato dalla possessione dei demoni.
<<O
Madre di Misericordia che, per le vostre preghiere e meriti, avete anticipato
il tempo dell’Incarnazione del Salvatore del mondo, anticipate anche, se
così vi piace, il tempo desiderabile di questa grande conversione, tanto
necessaria per la salvezza di tante anime che periscono ogni giorno.
Ahimè!
Abbiatene pietà, o Madre della Grazia e pregate il Figlio vostro che abbia
pietà dell’opera delle sue mani, che abbia compassione di tanti dolori che la
sua umanità santa ha sofferto e del prezioso Sangue che ha sparso per salvare
le anime che scendono continuamente negli inferi.>>
[1] S. Agostino, in Magnif.
[2] «Vulpes foveas habent et volucres coeli nidos: Filius autem hominis non habet ubi
caput rechnet» (Mt 8,20).
[3] «Beati
pauperes, quia vestrum est regnum Dei» {Le 6,20).
[4] «Fix
vobis divitibus, quia habetis consolationem vestram» {ivi, 6,24).
[5] «Nam qui volunt divites fieri, incìdunt in tentationem, et in laqueum
diaboli, et desiderio multa inutilia et nociva, quee mergunt homines in
interìtum et perditio- nem»(lTm 6,9).
[6] «Et
dominabitur a mari usque ad mare, et a flumìne usque ad terminos orbis ter-
rarum»(Sai 71,8).
[7] «Et
adorabunt eum omnes reges terree, omnes gentes servient ei» (ivi, 1 ] ).
[8] «Et
benedicentur in ipso omnes tribus terree; omnes gentes magnificabunt eum» (ivi, 17).
[9] «Et
replebitur majestate eius omnis terra» (ivi, 19).
[10] «Omnes gentes quascumque fecisti, venient et adorabunt coram te, Domine; et
glorifìcabunt nomen tuum» (ivi, 85,9).
01«Reminiscentur et convertentur ad Dominum universi fines terree. Et
adorabunt in conspectu eius universaj familice gentium» (Sai 21,28).
[12]«Postula a me, et dabo tibi Gentes hcereditatem tuam, et possessionem tuam
terminos terree» (ivi, 2,8).
[14] «Et sic omnis Israel salvus fieret, sicut scriptum est: Veniet ex
Sion, qui eripiat et avertat impietatem a Jacob» (Rm11,26).
[15] «Et sic omnis Israel salvus fieret, sicut scriptum est: Veniet ex
Sion, qui eripiat et avertat impietatem a Jacob» (Rm11,26).
[16] Revel.,lib. 6, cap.77.
[18] LYRAN., in cap. 3 Epist.1 ad Thess.;DIONISIO CARTAGENA, ibidem-,CORNELIO
A LAPIDE, in Epist.
adRom.,cap. 11,15.
Spiegazione del nono versetto:
"Suscepit
Israel puerum suum, recordatus misericordiae suae"
ossia: "Ha
soccorso Israele, suo servo, * ricordandosi della sua misericordia."
Il gran Dio ha fatto due creature all’inizio del mondo, l’angelo e l’uomo:
l’angelo nel Cielo e l’uomo sulla terra. Tutte e due sono stati così ingrati da
rivoltarsi contro il loro Creatore: l’angelo per la sua superbia, e l’uomo per
la disobbedienza ai Comandamenti del suo Dio.
Il
peccato dell’angelo, essendo un peccato di superbia, è sfato trovato così
enorme al cospetto di Dio, che la sua Divina Giustizia l’ha obbligato a
cacciarlo dal Paradiso e a gettarlo nell’infemo.
Ma
la sua Misericordia, vedendo che l’uomo era caduto nel peccato per la
tentazione e la seduzione di satana, ne ha avuto compassione e ha preso la
risoluzione di trarlo fuori dallo stato miserabile in cui era ridotto e si è
persino impegnata attraverso la promessa che ha fatto. E tutti i peccati
innumerevoli ed enormi che sono stati commessi dopo questa promessa, dagli
Ebrei, dai pagani e da tutti gli uomini, non sono stati affatto capaci di
impedirne l’esecuzione, ma l’hanno ritardata per molti secoli, durante i quali
tutta la razza di Adamo, condannata e riprovata da Dio, era immersa in un
abisso di tenebre e nel baratro di mali infiniti e inspiegabili, da cui gli è
stato impossibile uscire con le sue sole forze. Più andava avanti, più essa
sprofondava in questo baratro e sguazzava nel fango dei suoi crimini: «Jacebat
in malis - dice sant’Agostino -, vel
etiam volutabatur, et de malis in mala precipitabatur totius
humani generis massa damnata» (Lib.
Enchiridii, capp. 26 e 27).
Dio
non era conosciuto che in Giudea: Notus in Judaea Deus (Sl
75, 2) e ancora molto imperfettamente e da
pochissime persone. Tutto il resto era sepolto nelle tenebre dell’inferno,
tutta la terra era ricolma di idoli e di idolatri, e la tirannia di satana opprimeva
tutto l’universo; la Legge di Mosè mostrava il peccato, ma non lo
guariva, cosicché sembrava che Dio, per un giustissimo giudizio, avesse
completamente dimenticato il genere umano in questo stato deplorevole, in
punizione dei suoi crimini.
La
sua misericordia non appariva affatto; non si vedevano che segni terribili
della sua ira: che aveva precipitato la terza parte degli angeli nell’inferno;
che aveva inabissato tutto il mondo in un diluvio universale; che aveva
inghiottito il Faraone e tutta la sua armata nelle acque del mar Rosso; che
aveva fatto scendere dal Cielo torrenti di fuoco e di fiamme per ridurre in
cenere parecchie città; che aveva abbandonato parecchie volte il suo popolo al
furore dei suoi nemici; e che aveva inflitto agli uomini molte altre terribili
punizioni.
Ma,
alla fine, il Figlio di Dio ricordandosi della sua misericordia, che sembrava
aver dimenticato per più di quattromila anni [per non palare di milioni di
anni]: «Recordatus misericordiae suae», e della promessa che aveva fatto ad Adamo, Abramo, Davide
e a tanti altri Profeti, di ritirare il genere umano da quest’abisso di
mali, discende Egli stesso dal Cielo nel grembo verginale della divina
Maria, in cui Egli ha unito alla sua Persona divina questa natura così miserabile
che aveva così abbandonato; si fa Uomo per salvare tutti gli uomini che vorranno
essere del numero dei veri Israeliti, ossia che vorranno credere in
Lui ed amarLo.
È
ciò che la Beata Vergine ci annuncia attraverso le parole: «Suscepit
Israel puerum suum, recordatus misericordiae suae», che molti santi Dottori applicano, infatti, al mistero
dell’Incarnazione.
Qui
si conclude il suo divin Cantico: è
una ricapitolazione dei misteri ineffabili che vi sono contenuti; è la fine
della Legge e dei Profeti; è il compimento delle ombre; è la consumazione
delle figure.
È
come se Ella dicesse:
“Ecco
l’effetto delle predizioni dei Profeti; ecco ciò che le ombre hanno messo in
evidenza; ecco ciò che i Patriarchi hanno sperato; ecco la verità delle
promesse che Dio compie; ecco ciò che mi fa cantare dal più profondo del mio
Cuore: «Magnificat anima mea Dominum».
Ecco
il gran motivo delle mie gioie e dei miei rapimenti: «Et
exultavit spiritus meus in Deo salutari meo». Ecco ciò che mi farà proclamare Beata da tutte le nazioni. Ecco le
cose grandi che l’Onnipotente ha compiuto in me.
Ecco
l’origine e la fonte inesauribile delle grazie indicibili e delle misericordie
inconcepibili che Dio riverserà di generazione in generazione su tutti coloro
che lo temono.
Ecco
i più grandi miracoli della sua potenza infinita e della sua bontà immensa.
Ecco ciò che esalterà i più umili e ciò che confonderà i superbi: «Suscepit
Israel puerum suum».
Ma qual è questo Israele?
Molti
santi dicono che queste parole si devono applicare in primo luogo al popolo
d’Israele, avendo voluto il Figlio di Dio incarnarsi e nascere tra gli
Israeliti, nonostante le loro ingratitudini e tutti gli oltraggi che ne doveva
ricevere. Ho detto, in primo luogo, poiché il Verbo Divino si è unito anche a tutta
la natura umana, e non solo al popolo d’Israele.
Ma
perché la Beata Vergine dice: «Suscepit Israel puerum suum»? E’ lo Spirito Santo che parla per
bocca sua e mette in evidenza due cose attraverso la
parola Puerum.
In
primo luogo, infatti, ci fa intendere che il Figlio di Dio non solo si è fatto
Uomo, per renderci Dio, ma si è fatto Bambino per renderci figli di Dio: «Puer
natus est nobis».
In
secondo luogo, mette davanti ai nostri occhi il Verbo Incarnato, non solo come
uomo e come bambino, ma come servo: puerum.
E’
ciò che afferma lo Spirito Santo, sempre per bocca di san Paolo, in questi
termini: «Semetipsum exinanivit, formam servi
accipiens: Umiliò se stesso, assumendo la
condizione di servo» Fil 2,7..
E
non sentiamo il nostro Salvatore dire di non essere venuto per essere servito,
ma per servire: «Filius homìnis non venit ministrari, sed
ministrare» Mt 20, 28 ?
Oh!
Eccesso d’amore incomparabile! Il Sommo Monarca dell’Universo prende la forma
di servo, per liberarci dalla schiavitù di satana, e per renderci figli di Dio!
O mio Salvatore, noi non siamo degni di essere vostri schiavi e, non
accontentandoVi di chiamarci vostri amici e vostri fratelli, ci avete resi
figli dello stesso Padre adorabile, di cui Voi siete il Figlio diletto e, di
conseguenza, suoi eredi e vostri coeredi.
Voi
andate ancora oltre, poiché per un altro eccesso di bontà che non ha mai avuto
eguali, volete essere e siete lo Sposo delle nostre anime e volete che le
nostre anime siano le vostre vere spose e, quindi, che esse non siano che una
cosa sola con Voi, e che Voi siate in comunione di beni con esse. Ma questo non
basta ancora ad accontentare gli ardori del vostro amore nei nostri riguardi.
Voi
volete essere nostro Capo e che noi siamo vostre membra e, di conseguenza, che
noi siamo una cosa sola con Voi, come le membra formano una cosa sola con il
loro capo; che noi siamo animati da uno stesso spirito; che viviamo di una
stessa vita; che non abbiamo che uno stesso cuore e una stessa anima; e che,
infine, noi siamo consumati in unità con Voi e con il Padre vostro, come
questo Divin Padre e Voi siete una cosa sola.
Non
è forse, mio carissimo Gesù, ciò che gli avete chiesto per noi alla vigilia
della vostra morte, quando gli avete rivolto la preghiera: «Sicut
tu Pater in me, et ego in te, ut ipsi in nobis unum sint: Come tu, Padre, siete in me e io sono in te, siano anch’essi in noi
siano una cosa sola». «Ego in eis, et tu in me, ut sint
consummati in unum: Io in loro e tu in me, perché siano
perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati
come hai amato me» Gv 17, 21.23 ? Oh! Miracolo d’amore! Oh! Prodigio di carità!
Oh! Abisso di bontà!
O
mio Salvatore, non mi stupisco affatto se ci assicurate che ci metterete in
possesso dello stesso Regno che il Padre vostro vi ha dato; che ci farete
mangiare alla stessa mensa con Voi e che ci farete sedere sul vostro
trono, «in throno meo», come Voi siete seduto sul trono del Padre vostro.
Se,
infatti, siamo una cosa sola con Voi, dobbiamo possedere uno stesso Regno,
mangiare ad una stessa mensa, esser seduti sullo stesso trono, essere animati
da uno stesso spirito, vivere di una stessa vita ed avere un cuore solo ed
un’anima sola con Voi.
Si
può forse immaginare una bontà più ammirabile? Vi è mai stato ed è possibile
concepire una bontà simile? O cuore umano, come sei duro, come sei insensibile,
come sei snaturato, se una tale bontà non è stata capace di intenerirti! O
mostro d’ingratitudine, chi amerai, se non Colui che nutre tanto amore per te,
anzi che è tutto cuore e tutto amore verso dite?
Ecco le meraviglie che sono comprese in
queste parole della Madre di Gesù: «Suscepit Israel
puerum suum», poiché Ella ci mette in evidenza il
mistero dell’Incarnazione, che è la Fonte di tutti i misteri di carità e di
un’infinità di altri.
Ma qual è la causa prima di questo mistero
ineffabile e, di conseguenza, di tutti i beni infiniti che ne derivano? Non
udite la Santissima Vergine che ce la pone dinanzi agli occhi
nelle parole: «Recordatus misericordiae suae»?
Sì,
Madre della Grazia, è questa Divina Misericordia il principio dell’Incarnazione
del Figlio vostro e di tutti i tesori immensi che possediamo attraverso questo
mistero. Ma non è forse altrettanto vero che, dopo
quest’incomparabile Misericordia, noi dobbiamo riconoscenza al vostro Cuore
materno? Infatti, per quale mezzo avete tratto il Verbo Eterno dal
seno adorabile del Padre suo, nel vostro grembo verginale e nelle vostre sacre
viscere?
Non
udiamo lo Spirito Santo che, facendovi parlare, vi fa dire che, mentre l’Eterno
Re riposava nel seno e nel Cuore del Padre suo, la profondissima umiltà del
vostro amabile Cuore ha emanato un odore così gradevole e potente che, essendosi
elevato sino a Lui, l’ha talmente incantato da attirarlo in Voi, in cui si è
incarnato per la Redenzione dell’universo? Non è forse questo che significano
le Divine Parole: «Dum esset Rex in accubitu suo,
nardus mea dedit
odorem suum» Ct 1,11? E’ la spiegazione che danno i santi, dicendo che il nardo è
un’erba piccolissima, ma odorosissima, che rappresenta la vostra umiltà.
Ma,
oltre al merito e alla forza di questa santa virtù, quanti sospiri ardentissimi
avete innalzato al Cielo?
Quante
lacrime avete sparso?
Quanti
digiuni e mortificazioni avete praticato?
Quante
preghiere ardentissime e infìammatissime avete levato per ottenere dal Padre
delle misericordie il compimento delle sue promesse riguardo l’Incamazione del
Figlio suo, e per far risuonare agli orecchi di questo stesso Figlio queste preghiere
e queste grida di tutti i santi Patriarchi, Profeti e giusti che hanno
preceduto la sua venuta sulla terra: «Veni Domine, veni et
noli tardare, veni et libera nos: Venite, Signore, venite e non tardate più, venite e liberateci da tanti
mali di cui la terra è piena».
E’
dunque all’umiltà, all’amore, alla carità e allo zelo del vostro Cuore
ammirabile, o Vergine Santa, che siamo obbligati, dopo la Divina Misericordia,
per la sua adorabile Incarnazione, sottolineata in queste sante parole del
vostro divin Cantico: «Suscepit
Israel puerum suum». Oh! Vi cantino tutti gli angeli e
tutti i santi per sempre un cantico di riconoscenza, di lode, di benedizione e
di ringraziamento immortali a nome di tutto il genere umano per la
riconoscenza ineffabile di cui vi saremo eternamente grati.
Spiegazione del decimo versetto:
“Sicut locutus est ad patres nostros,
ossia: "Come aveva promesso ai nostri padri,*
Abraham et semini eius in saecula”
ad Abramo e alla sua discendenza, per
sempre".
Quest’ultimo versetto del sacro Cantico della. Beata Vergine ci pone dinanzi
agli occhi la veracità di Dio in queste parole e la fedeltà alle sue promesse.
E a
buon diritto che viene detto nelle Scritture, Fidelis
et Verax175, il Fedele e il Vero, poiché non solo
è vero nelle sue parole, ma è la Verità stessa e la Verità essenziale, eterna
ed immutabile.
Non
solo è fedele nelle sue promesse, ma è la Fedeltà stessa, infinitamente potente, infinitamente sapiente ed infinitamente buono:
infinitamente potente,
per vincere tutti gli ostacoli che possono opporsi al compimento delle sue
promesse; infinitamente sapiente, per compierle nel
tempo, nei luoghi e nel modo più conveniente; infinitamente buono,
per compierle nella maniera più utile e più vantaggiosa per tutti
quelli per cui le ha fatte.
Gli uomini parlano molto e sono molto
facili a promettere molte cose; ma le loro parole e le loro promesse sono molto
spesso soltanto bugie e inganni. Dio parla poco: «Semel
locutus est Deus»Sal 61,12 ; Egli non ha che una parola nella bocca: «Verbum
erat apud Deum» Gv 1,1., ma con questa sola parola ha dato l’essere a tutte le cose: «Dixit
et facta sunt»Sal 148,5. Con quest’unica parola porta e conserva tutte le cose: «Portans
omnia verbo virtutis suae»Eb1,3; con questa sola parola governa ogni cosa; con questa sola parola fa e
compie davvero e fedelmente tutte le sue promesse e concede sempre più di
quanto ha promesso.
Ha promesso innanzitutto ad Abramo di
dargli un figlio che si sarebbe chiamato Isacco e
gliene dà un numero incalcolabile. Gli promette in seguito di moltiplicare i
suoi figli come le stelle del Cielo: e gli dona un Figlio che è
il Creatore e il sovrano Signore della Terra e del Cielo, che è
Uomo e Dio
contemporaneamente.
Ha promesso ad Adamo e
agli altri Patriarchi e Profeti di liberare gli uomini dalla perdizione nella
quale il peccato li aveva immersi. Tuttavia, non si accontenta di tirarli fuori
da questo infelice stato, liberandoli dalla schiavitù di satana, ma si fa Uomo
per renderli Dei e si fa Figlio dell’uomo per renderli figli di Dio; discende
dal Cielo sulla terra per farli salire dalla terra al Cielo.
Sono
le promesse che ha fatto ad Adamo, ad Abramo e agli altri Padri e Patriarchi,
di cui la Beata Vergine fa menzione in queste ultime parole del suo divin
Cantico: «Sicut locutus est ad patres nostros,
Abraham et semini eius in saecula: Come
aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per
sempre».
Sono
le promesse che si sono compiute quando si è incarnato nelle sue viscere
benedette. È ciò che ha dichiarato agli Ebrei quando ha detto loro: «Abraham
pater vester exultavit, ut videret diem meum: vidit et gavisus est: Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio
giorno; lo vide e se ne rallegrò»Gv 8,56, ossia il
giorno della mia Incarnazione, della mia nascita, e della mia dimora
sulla terra, da cui sperava la sua salvezza e la salvezza di tutto il mondo.
L’ha visto, ossia l’ha conosciuto per fede o meglio l’ha conosciuto attraverso
la rivelazione che il Padre mio gli ha fatto, e ne ha ricevuto una grande
gioia.
Conformemente a ciò, sentiamo un angelo parlare nei libri di santa
Brigida (In Serm. angel.,cap. 8), affermando che:
«Una
delle più grandi consolazioni che Dio donò ai suoi amici dell’antica Legge:
cioè ai santi Patriarchi e ai santi Profeti, fu di rivelar loro che suo Figlio
doveva nascere sulla terra per la salvezza del mondo e che sarebbe nato da
Madre ammirabile.
È la
consolazione che la Divina Maestà diede particolarmente al santo patriarca
Abramo, quando gli fece conoscere che l’Uno e l’Altra dovevano nascere dalla
sua stirpe, da cui ricevette una gioia molto più grande che dalla nascita del
figlio suo Isacco e da tutti coloro che dovevano nascere da lui, sebbene
dovessero essere in maggior numero, secondo la promessa di Dio, delle stelle
del Cielo: perché egli aveva molto più amore per un tale Figlio e per una tale
Figlia che per tutti gli altri figli insieme. ...».
Da
qui vediamo quanto Dio sia veritiero nelle sue parole e nelle sue promesse,
cosa che ci deve essere di grande consolazione. Questo fedelissimo compimento
delle promesse di Dio, infatti, ci dona la certezza infallibile che tutte le
altre promesse che ci ha fatto si compiranno nel modo più perfetto. Quali sono
queste promesse? Ve ne sono di due tipi: le une appartengono alla vita
presente, le altre riguardano la vita del tempo che verrà, «Vitam
venturi saeculi».
Che
cosa ci promette Dio in questa vita?
Ci
promette che, se viviamo nel suo timore, ci preserverà da ogni sorta di
mali: «Timenti Dominum non occurrent mala»
Sir 33,1. Sì, poiché tutto coopera al bene di coloro che amano Dio: «Diligentibus
Deum omnia cooperantur in bonum» Rm 8,28.
Ci
promette che verserà su di noi ogni sorta di benedizioni corporali e
spirituali, temporali ed eterne, che sono specificate in dettaglio nelle sue
Divine Scritture, sia nell’Antico che nel nuovo Testamento.
Ci
promette che sarà il nemico dei nostri nemici e che affliggerà coloro che ci
affliggono. Es 23,22; che conterà tutti i capelli della nostra
testa, e che neppure uno perirà; che terrà conto di tutti i passi che faremo a
suo servizio: «Gressus meos dinumerasti» Gb
14,16; che proverà i mali che ci verranno
fatti, come se lo si ferisse nella pupilla dell’occhio: «Qui
tetigerit vos, tangit pupillam oculi mei» Zc
2,8; che custodirà le buone opere che faremo, come la pupilla dei suoi
occhi: “Gratiam hominis quasi pupillam conserva bit” Sir
17,18; che Colui che crede in Lui, cioè con una fede viva e animata d’amore,
non morrà mai: «Qui credit in me, non morietur in
aeternum» Gv 11,26 che se qualcuno
conserva la sua parola, non vedrà mai la morte.
Ecco
le promesse che il nostro Salvatore ci ha fatto, che riguardano la vita
presente; ma eccone molte altre che appartengono alla vita del Cielo.
Il
nostro benigno Salvatore ci promette che nel giorno della risurrezione finale
non solo risusciterà i nostri corpi, ma li rivestirà dello splendore,
dell’impassibilità, dell’immortalità e della gloria del suo Santissimo
Corpo: «Reformabit corpus humilitatis nostrae, configuratum corpori claritatis
suae» Fil 3,21; li farà restare
con Lui, non solo in Cielo, ma nel seno e nel Cuore del Padre suo: «Pater,
quos dedisti mihi, volo ut ubi sum ego, et illi sint mecum» Gv 17, 24; ci farà re dello stesso Regno che il Padre suo
gli ha dato: «Ego dispono vobis sicut dìsposuit mihi
Pater meus regnum» Lc 22, 29; ci farà eredi
del Padre suo e suoi coeredi: «Haeredes Dei, cohaeredes Christi» Rm
8, 17; ci metterà in possesso di tutti i
beni: «Super omnia bona sua constituet eum» Mt 24,47 ; ci donerà la gloria che il Padre suo gli ha dato: “Claritatem
quam dedisti mihi dedi eis”Gv 17,22; ci assocerà con gli angeli: ci farà sedere nei troni dei suoi angeli, ci
farà vivere della vita dei suoi angeli e ci farà gioire della loro
felicità: «aequales angelis sunt “ Lc 20,
36; ci farà mangiare alla sua
tavola: «Ut edatis et bibatis super mensam meam» Lc 22, 30; ci farà sedere nel suo trono: «Qui vicerit, dabo ei
sedere mecum in throno meo» Ap 3, 21. Per
grazia e partecipazione saremo ciò che Egli è per natura e per essenza: «Divinae
consortes naturae» 2 Pt 1,4 ; infine
saremo una cosa sola con il Padre suo e con Lui, così come essi sono una cosa
sola, come abbiamo già detto: «Ut sint unum, sicut et nos unum sumus>> Gv 17, 22.
Ecco
le promesse meravigliose del nostro buonissimo Redentore. Ma è possibile che si
compiano cose così grandi? Sì, ed è così certo come è vero che Dio è Dio; è ciò
che dice la Beata Vergine: «Sicut
locutus est...».
O
cristiano, com’è ammirabile la tua religione! Com’è
alta ed eminente la tua professione! Com’è felice e vantaggiosa la tua
condizione! Come può accadere che tu non muoia di gioia alla vista di queste incantevoli
verità? Ma com’è possibile che il tuo cuore resti freddo e ghiacciato in mezzo
a queste fiamme ardenti dell’amore del tuo Dio nei tuoi riguardi?
Oh!
I bracieri dell’inferno saranno terribili per te se, invece di amare un Dio
che ti ama tanto, tu lo disprezzi e lo oltraggi, e calpesti i suoi divini
Comandamenti! O mio Dio, è con tutto il mio cuore che voglio amarvi, non per
timore dell’inferno, ma per amor vostro. O mio Salvatore, prendete, se così vi
piace, un pieno, intero ed eterno possesso del mio cuore.
Il
nostro adorabile Salvatore non è il solo ad essere chiamato Fedele e Vero,
poiché la Santa Chiesa conferisce questi titoli anche alla sua Divina
Madre: Virgo fidelis, Vergine fedele. Questa Vergine Madre ha
dichiarato a qualcuno dei suoi favoriti, così come è riportato nel quarto
Trattato della Triplice Corona delRev.P.Poiré,SJ,
cap 9,9, che tra i titoli d’onore che le erano
dati nelle Litanie che si cantano tutti i giorni a sua lode,
quelli che le erano più graditi erano: Mater amabilis, Mater
admirabilis e Virgo
Fidelis. E certo, è ben a ragione che possiede
questo titolo, poiché Ella è fedelissima alla sua parola e alle sue promesse.
Ascoltiamola. «Transite ad me omnes - è lo Spirito Santo che la fa parlare così -: Venite tutti a
me» Sir 24, 26. Ella dice: Omnes, non solo qualcuno, ma tutti: uomini e donne,
grandi e piccoli, ricchi e poveri, giovani e vecchi, bambini e adolescenti,
sani e malati, giusti e peccatori, fedeli ed infedeli, sapienti ed ignoranti.
«Desidero,
infatti, - continua l’augusta Madre di Dio - sollevarvi tutti nelle vostre
necessità e procurare la salvezza di tutti. Venite a me che sono la Madre del
vostro Creatore e del vostro Redentore, la vostra Regina e la vostra Sovrana, a
me che sono vostra Madre e una Madre tutta amore: “Mater
pulchrae delectionis”Sir 24,24.
Venite
a me con grande fiducia, poiché Dio mi ha dato tanto potere in Cielo e in
Terra, ed ho più amore e tenerezza per voi, di quanto ve ne siano mai stati
nel cuore di tutte le madri che vi furono, che sono e che saranno.
Venite
a me poiché, come ho dato la vita al vostro adorabile Capo, che è il mio Figlio
Gesù, posso darla anche alle sue membra.
Venite
a me poiché, come vi ho dato un Salvatore, posso e voglio anche cooperare con
Lui alla vostra salvezza eterna: "Qui me invenerit, [...] hauriet
salutem a Domino" Prv 8,35.
Venite
a me e vi aiuterò in tutti i vostri bisogni; sarò sempre con voi per guidarvi
ovunque e in ogni cosa; vi consolerò nelle vostre afflizioni; vi proteggerò da
tutti i pericoli di questa vita; vi difenderò da tutti i vostri nemici visibili
e invisibili; vi illuminerò nelle tenebre; vi fortificherò nelle vostre
debolezze; vi sosterrò nelle vostre tentazioni; vi assisterò nell’ora della
vostra morte; riceverò le vostre anime all’uscita dai loro corpi e le
presenterò a mio Figlio.
Infine,
vi alloggerò nel mio seno e nel mio Cuore materno; vi avrò sempre presenti
davanti ai miei occhi e vi farò vedere che ho un vero Cuore di Madre per voi.
“Ascoltatemi,
figli miei: Nunc ergo, filii, audite me” Prv 8, 32, poiché “beato è colui che mi ascolta e che obbedisce alle
mie parole: Beatus homo, qui audit me” Prv 8, 32..
Che
cosa ho da dirvi? Gettate uno sguardo sulla vita che ho condotto sulla terra e
su tutte le virtù che Dio mi ha fatto la grazia di praticare:
sono come tante voci che vi parlano e vi dicono: "Beati
qui custodiunt vias meas. Beati
coloro che camminano per la via per la quale ho camminato” ossia coloro che camminano sulla via
della fede, della speranza, della carità,
dell’umiltà, dell’obbedienza, della purezza,
della pazienza e delle altre virtù che ho praticato sulla
terra. Abbracciate dunque tutte queste virtù con tutto il vostro cuore e
soprattutto abbiate un grande amore per mio Figlio Gesù; se lo
amate, custodirete fedelmente tutti i suoi Comandamenti: “Quodcumque
dixerit vobis facite” Gv 2, 5.
Infine,
sappiate che il Figlio mio ed io, amiamo coloro che ci amano: “Diligentes
nos dilìgimus” Prv 8,17. Amateci, dunque, come vostro Padre e vostra Madre, e noi vi ameremo teneramente
e ardentemente come nostri carissimi figli. Ma se voi ci amate
davvero sforzatevi di mettere il nostro amore nei cuori degli altri e si
compiranno nei vostri riguardi le parole: ‘"Qui
elucidant [nos], vitam aeternam habebunt : Coloro che ci fanno conoscere e amare avranno la vita eterna”Sir 24,31 »
Ecco
le parole e le promesse della nostra buonissima Madre che si compiranno
infallibilmente nei riguardi dei suoi veri figli; e spesso, Ella fa persino più
di quanto non abbia promesso.
O Gesù, Figlio unico di Dio, che avete
voluto essere il Figlio unico di Maria e associarci nella schiera dei figli
suoi e vostri fratelli, rendeteci partecipi, se così vi piace,
dell’Amore che Le portate, come anche dell’Amore che Ella vi porta, affinché
noi amiamo Gesù con il Cuore di Maria ed amiamo Maria con il Cuore di Gesù, ed
abbiamo un cuor solo ed un amore solo con Gesù e Maria.
“Mater
Amabilis, Mater Admirabilis,
Virgo
Fidelis:
ORA
PRO NOBIS”
AVE MARIA PURISSIMA
NB
Dall'opera
"Il Cuore Ammirabile della Santissima Madre di Dio"
Libro
X: Spiegazione
del
Cantico del Sacratissimo Cuore della Beata Vergine Maria.
di San Giovanni
Maria Eudes
AMDG
et DVM