domenica 16 febbraio 2020

IL CANTICO DEI CANTICI. 1

IL CANTICO DEI CANTICI


Risultato immagini per gigli e rose nei giardini Risultato immagini per gigli e rose nei giardini

1Mi i baci egli col bacio della sua bocca; perocché migliori sono del vino le tue mammelle, che spiran fragranza di ottimi unguenti.
2Olio sparso è il tuo nome: per questo le fanciulle ti amarono.
3Traimi tu dietro a te, correremo noi all'odore de' tuoi profumi. M'introdusse il Re ne' suoi penetrali: esulteremo, e ci allegreremo in te, ripensando alle tue mammelle migliori del vino: Te amano i giusti. 
4Negra son io, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Cedar, ma bella come i padiglioni di Salomone.
5Non badate, che io sia bruna: perocché il sole mi fé cangiar di colore. I figli della madre mia mi fecero guerra. Mi dettero a custodir delle vigne: la vigna mia non fu custodita da me.
6Fammi sapere, o amore dell'anima mia, il luogo de' tuoi paschi, il luogo, dove in sul meriggio riposi, perch' io non cominci d'andar vagando dietro a' greggi de' tuoi compagni. 
7Se tu non conosci te stessa, o bellissima tralle donne, esci fuora, e vai dietro alle pedate de' greggi, e pasci i tuoi capretti presso ai padiglioni dei pastori. 
8A' miei destrieri nei cocchi di Faraone io ti rassomiglio, o mia Diletta. 
9Belle son le tue guance come di tortorella: il collo tuo come monili.
10Noi ti faremo delle piccole murene a oro punteggiate d'argento.
11Mentre il re stavasi alla sua mensa, il mio nardo spirò il suo odore.
12Mazzetto di mirra (è) a me il mio diletto: si starà sempre al mio seno. 
13Il mio Diletto (è) a me un grappolo di cipro delle vigne d'Engaddi.
14Bella veramente se' tu, o mia Diletta: bella veramente se' tu, gli occhi tuoi son di colomba.
15Bello veramente se' tu, o mio diletto le pieno di grazia: il talamo nostro è fiorito:
16Delle nostre case le travi (sono) di cedro, le soffitte di cipresso.

Note:
1,1:Mi baci egli col bacio ec. Questo esordio pieno di affetto, e questa maniera di parlare tutta nuova sveglia l'attenzione di chiunque legge, od ascolta; perocchè nè si dice chi sia quella che parla, nè a chi ella parli, e quello che ella chiede con istudiata repetizione vien detto: Mi baci, e di poi col bacio, e finalmente col bacio della sua bocca, donde apparisce e l'ardentissimo desiderio di lei che domanda, e la grandezza del bene ch'ella domanda. Quanto però alla persona che parla, si rende ella assai manifesta a chiunque consideri le sue espressioni. Ella è una Sposa, la quale ardentemente bramando la unione col celeste suo Sposo, a lui rivolta prorompe in queste parole: Mi baci egli ec. Ma in questa orazione della Sposa è da notarsi in primo luogo il fervore, e l'affetto veementissimo, con cui a Dio si rivolge. Questo è molto bene indicato dal vedere, come ella non nomina la persona, a cui parla, ma dice solamente: Mi baci egli ec. perocchè ella sa di essere intesa da lui, che vede i cuori, ed a cui ella parla più col cuore, che coll'espresse parole, e la veemenza del fuoco divino, che arde in lei, non le per mette di badare ad esprimere pienamente i suoi concetti. Mi baci quegli, cui solo io amo, ed il quale ancora mi ama. Spicca in secondo luogo in questa orazione una fede grande; perocchè senza esitazione, senza timore o di parer troppo ardita, o di esser tacciata d'importuna, chie de tutto, come vedremo, chiedendo il bacio dello Sposo. Si dimostra eziandio finalmente la umiltà della Sposa nella maniera di chiedere; mentre fu in lei effetto di riverenza somma verso lo Sposo il non dire: tu mi baci, ma egli mi baci. Conciossiachè la vera carità, siccome considerando la somma bontà, e liberalità di Dio si anima a gran fiducia, così riflettendo alla propria piccolezza, e miseria, nella sommissione si tiene, e nella umiltà. Ora ei sta scritto: l'orazione dell'umile penetrerà le nubi, e non si darà posa fino che si avvicini all'Altissimo, e non ne partirà fino a tanto che a lei volga lo sguardo, Eccli. XXXV. 21.
Il bacio è simbolo di benevoglienza, e di unione di carità, onde il bacio santo, maniera di cordiale saluto usata tra' fedeli della primitiva Chiesa nelle sacre loro adunanze per significare la unità de' fedeli in un mistico corpo, 1. Petr. v. 14. Rom. XVI. 16. Domandando adunque la Sposa, che il suo diletto le dia questo segno d'amore, viene a domandare, ch'egli seco si unisca, e sè unisca con lui. Quindi tutti i Padri, e gl'Interpreti antichi, e moderni riconoscono in queste parole le brame dell'antica Chiesa di vedere adempiuta una volta la gran promessa fatta da Dio subito dopo la prevaricazione de' nostri progenitori, ripetuta ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe, a Mosè, a Davidde, e celebrata da tutti i profeti. Questa promessa, come ognun sa, fu la promessa della Incarnazione della Sapienza in creata, dell'unico figliuolo del Padre, del verbo di Dio, il qual Verbo in maniera ammirabile si unisse alla umana natura, talmente che una stessa persona fosse e vero Dio, e vero Uomo, e un solo Cristo, il quale riunendo, e pacificando in tal guisa e il cielo, e la terra divenisse nostra pace. Entrano pure in questa petizione della Sposa gl'infiniti beni derivati a pro degli uomini dalla stessa Incarnazione del Verbo, quali furono la missione dello Spirito santo dato a'credenti, perchè sia in essi, e in essi diffonda i suoi doni, la legge di grazia insegnata di sua propria bocca dal Cristo, la riconciliazione dei peccatori mediante il Battesimo e la Penitenza, li speciali doni e aiuti, coi quali si avanzano i giusti nella perfezione evangelica; nelle quali cose tutte sono tanti argomenti, e mezzi di unione di Dio cogli uomini, e di questi con Dio. Tutto ciò sapendo la Chiesa, ed i giusti per tutto il tempo della legge di natura, e della legge scritta non cessarono di chiedere con istanza grande la venuta dell'unico Salvatore, il quale e da' mali, ond'erano oppressi, dovea liberarli, e arricchirli di tanti beni, e nobilitare altamente l'umana natura, unendosi ad essa, e formando di tutti quelli che in lui credessero un solo corpo, di cui egli fosse il capo, il pastore, il pontefice. Io ti prego, o Signore (diceva Mosè a Dio, Exod. III.), manda quello che tu sei per mandare. E più fortemente Isaia: O se tu squarciassi i cieli, e scendessi! Al tuo cospetto si liquefarebboro i monti, si consumerebbono come in una fornace di fuoco le acque prenderebbono l'ardore del fuoco, LXIV. I. 2., e altrove: mandate o cieli di sopra la vostra rugiada, e le nubi piovano il Giusto: si apra la terra, e germini il Salvatore, e nasca insieme la Giustizia, XLV. 8. La preghiera medesima sta espressa in queste parole: Mi baci egli ec., colle quali domandasi il pegno massimo dell'amore di Dio verso degli uomini. Il mio Sposo a istruirmi, e a consolarmi mandò Mosè, mandò i Profeti, i quali di lui mi hanno parlato, ed hanno acceso sempre più nell'anima mia il desiderio di sua venuta. Scenda egli adunque finalmente e venga, e si unisca con me come sposo alla sua sposa, come capo al suo corpo, come pastore al suo gregge, come pontefice al suo popolo. L'Apostolo s. Giovanni spiegò in poche parole i grandi miracoli di carità aspettati dall'antica Chiesa, e adempiuti a somma gloria, e vantaggio nostro mediante l'Incarnazione del Verbo. Iddio talmente amò il mondo, che diede il suo Figlio unigenito, affinchè chiunque in lui crede, non perisca, ma abbia la vita eterna, Jo. III. 16. L'Unigenito del Padre fu dato dal Padre stesso agli uomini, affinchè divenuto loro fratello coll'assumere l'umana natura, della stessa natura divina li facesse consorti, come spiega l'Apostolo Pietro, ed egli fosse il nostro Emmanuele, cioè Dio con noi; e affinchè gli uomini tutti che erano rei, e figliuoli dell'ira, e degni di morte per lui fossero liberati, e vivificati, e salvati, ed avessero la vita eterna. Ed ecco per qual ragione la Sposa con tanto ardore prega, e domanda, che il Cristo venga a darle il bacio di pace, di salute, e di vita.
Perocchè... le tue mammelle, ec. La Sapienza increata, la quale dovea venire sopra la terra, e conversare cogli uomini per istruirgli, sanargli e santificargli, questa Sapienza si diede il nome di madre, nome indicante il tenero amore di lei verso i figliuoli degli uomini: come una madre accarezza il bambino, così io vi consolerò, Isai. LXVI. 13. E altrove: udite me, casa di Giacobbe, e voi reliquie tutte della casa d'Israele, che io tengo nel mio seno, e porto nelle mie viscere, Isai. XLVI.3. Quindi non sia meraviglia, se con espressione straordinaria diensi le mammelle allo Sposo. Ma che son elleno queste,se non la dottrina di salute, e la grazia del Salvatore? Ed a ciò alludendo l'Apostolo Pietro, ai novelli Cristiani diceva: quai bambini di fresco nati bramate il latte spirituale, sincero, affinchè per esso cresciate a salute. I. Petr. 11.. 2 ; perocchè la stessa Sapienza incarnata, che è il solido cibo de' perfetti, ella è insieme il latte dolcissimo, che sostenta, nutrisce, e impingua i piccoli: e questo latte è migliore di qualunque vino, vale a dire sorpassa colla sua soavità qualunque terrena consolazione. Alcuni interpreti antichi presso Teodoreto per le mammelle dello Sposo in tesero la divina Eucarestia, nella quale lo stesso Sposo dell'anime col suo proprio sangue le allatta, e delle sue carni sante le ciba. Spirano queste mammelle una celestiale fragranza di preziosissimi unguenti, e questi unguenti sono quelli, onde fu unto il Cristo da Dio, come dice Davidde, Psal. XLIV.9., e sono i doni dello Spirito santo diffusi in lui senza misura a preferenza di tutti li suoi consorti, cioè a preferenza di tutti gli uomini giusti di venuti consorti di Cristo. Questi unguenti sparsero per ogni parte della terra il soavissimo loro odore, e in gran numero trassero allo sposo le anime, come vedremo in appresso.
1,2:Olio sparso è il tuo nome. Olio è detto in questo luogo, e sì ancora in molti altri delle Scritture, ogni unguento estratto da materie pingui, e mescolato con materie aromatiche. Il nome adunque dello Sposo è paragonato a un unguento di gratissimo odore, e di ottima sostanza, perchè tutto quello, che mai trassero di utile, o di dilettevole riguardo al corpo gli uomini da' diversi unguenti, lo traggono dal nome di questo Sposo riguardo allo spirito. L'uso di questi unguenti presso gli Orientali serviva a curare le ferite, a confortare le forze, e a dare ilarità, onde venivano adoperati ne' loro conviti, come dalle Scritture apparisce. Or il nome dello Sposo egli è Gesù, e questo nome è sanità de' peccatori, e conforto, e vita, e consolazione de' giusti; perocchè egli è quel solo nome dato sotto del cielo agli uomini, come principio, e cagione di ogni loro bene, Act. IV. 12. Qual meraviglia perciò, se le fanciulle, che ebber la sorte di udir questo nome, e di conoscere colui che lo porta, dall'amore di lui furon prese? Tre cose sono qui da notare; primo: secondo la maniera di parlare de' libri Santi, che uno sia detto, o sia chiamato con questo, o quel nome, vuol dire ch'egli è quello, che tal nome significa. Così il nome dello Sposo, che è Gesù, esprime quello che lo Sposo e per propria sua condizione, cioè Salvatore, in secondo luogo dove la nostra Volgata legge le fanciulle, l'Ebreo propriamente ha le vergini, e qualche antico Interprete osservò, che non senza mistero i veri fedeli, e i giusti sono indicati col nome del sesso più debole, perchè quanto più questi sono persuasi di lor debolezza, e fragilità, tanto più amano Cristo, e a lui cercano di tenersi uniti colla carità. Le anime adunque, che pure si serbano dalla corruzione del secolo, e dalle concupiscenze della carne, sono intese generalmente per queste vergini, ovvero fanciulle. Egli è però verissimo, che l'amore della verginità, della quale pochi si videro esempi nell'antica Chiesa, venne al mondo al venire di questo Sposo, il quale nato di madre vergine con singolari privilegi distinse, e consacrò questo stato; onde meraviglia non è, che delle vergini principalmente si parli, come quelle, che avendo libero il cuore seguon l'agnello dovunque ei vada, Apocal. XIV. 4. in terzo luogo osserverò con Origene, che l'amore di queste vergini verso lo Sposo nacque da questo, che egli per esse fu un unguento sparso, anzi profuso senza risparmio, lo che significa la esinanizione di lui, il quale con liberalità sopra grande per loro amore diede tutto se stesso: annichilò se stesso fatto obbediente fino alla morte, Philip. II. 7., e ancor dopo la morte si dà ad esse continuamente nel sacramento del corpo, e del sangue suo.
1,3:Traimi tu dietro a te. Un mistero di grande importanza è significato con questa parola Traimi, ed è quello che Cristo più specificatamente manifestò dicendo: nissuno può venire a me, se ei non è tratto dal Padre, che mi ha mandato, Jo. VI. Or una stessa cosa ella è l'esser tratto dal Padre, e l'esser tratto dal Figlio, dal Figlio, che disse: una stessa cosa siamo io, e il Padre, Joan. X. 30. La Sposa adunque, che sa come il principio della nostra giustificazione è da Dio, e ogni sufficienza nostra è da Dio, la Sposa, che conosce la propria infermità, conosce gl'impedimenti, che a seguire lo Sposo possono esserle frapposti da quella legge della carne, che si oppone alla legge dello Spirito, chiede di essere aiutata per andar dietro allo Sposo, anzi chiede di esser tratta con una specie di forza a seguirlo, forza, o violenza, che nulla offende la libertà dell'arbitrio: violenza che si fa al cuore, non alla carne. Tu mostri alla pecorella affamata la verde erba, e dal suo proprio desiderio ella è tratta ad abboccarla. Quanto più sarà tratta a Cristo un'anima, che ama la verità, ama la beatitudine, ama la giustizia, ama la vita eterna, mentre Cristo è tutto questo? August. Serm. I. de Verb. Ap., et Tract. 26. in Jo. Ma la Sposa tratta che sia da Cristo, e dall'amore di lui, ottenuto che abbia un bene sì grande non si contenterà di correre dietro lui ella sola, ma in gran numero trarrà le anime a correre le vie di lui, confortate, e animate dall'odore de' suoi unguenti, vale a dire dalla cognizione delle grazie, dei doni, de' beni ineffabili, che sono in lui, e de' quali egli è liberalissimo colle anime, che lo seguono. Si dimostra adunque in questa Sposa il carattere di un amore tutto puro, e celeste, il quale la porta a valersi delle grazie fattele dallo Sposo per condurre a lui quante anime ella può, affinchè con essa lo amino. Così di fatto gli Apostoli, e la prima Chiesa da essi fondata moltiplicarono a Cristo gli adoratori, e trassero a lui un infinito popolo di credenti.
M'introdusse il Re ec. il tempo passato si può prendere come posto in luogo del futuro, secondo la maniera dei profeti; onde qualche antico Interprete tradusse: m'introduce, ovvero m'introdurrà il re ec. È dato qui allo Sposo il nome di re, ed egli è veramente (come dice l'Apostolo s. Giovanni) Re de' Regi, e Signor de' Dominanti, Apocal. XIX. 16.
I LXX tradussero: Mi introdusse il Re nella sua camera, e la voce celldria della nostra Volgata dee prendersi in senso di luogo recondito, nel quale le persone più favorite dallo Sposo possono essere introdotte, e perciò abbiamo messo ne' suoi penetrali. La Sposa, che avea domandato di essere tratta dallo Sposo, dimostra adesso, che fu esaudita la sua preghiera, mentre dice, che ne' suoi penetrali il Re la introdusse. Questi secondo la interpretazione di s. Girolamo, e di molti altri Padri sono le Scritture del vecchio, e del nuovo Testamento. Alla cognizione, e intelligenza di esse fu guidata la Sposa dal suo Re; colla qual parola viene ella a commendare l'autorità, e la maestà di colui, dal quale in quest'altissima scienza ella fu addottrinata. Egli è quel legislatore medesimo, e Re dello Spirituale Israelle, il quale dopo la sua risurrezione apri l'intelletto de' suoi Apostoli, affinchè capissero le Scritture, Luc. XXIV. 44. E non si può ammirare abbastanza, o piuttosto deridere la temerità di quegli eretici, i quali (e ne sanno essi lo 'mperchè) voller dare ad intendere, che le Scritture sono intelligibili a tutti; e che ciascun uomo mediante la lettura di esse può apparare tutto quello, che dee credere, o sapere per arrivare a salute. Stravagante, e stolta pretensione confutata abbastanza, senza che ne diciamo altra cosa, dalla discordia de' pareri, e dalla varietà, e mutabilità delle dottrine, che regna in quelle Sette, nelle quali sì strano principio fu adottato, secondo il quale ogni privato uomo si erige in dottore e maestro. Ma la Sposa umile, e riconoscente confessa, che alla intelligenza de' libri Santi fu introdotta dal Re; che altrimenti sarebbono stati per lei come un libro sigillato, il quale ove diasi a uno, che sa di lettera, e se gli dica: leggilo, risponderà, non posso, perchè è sigillato, Isai. XXX. II. Insegna adunque la Sposa, che ad entrare in questi penetrali, a discifrare i misteri nascosti nelle Scritture sotto la scorza della lettera, nissuno uomo può aver lume, e capacità sufficiente se dallo Spirito Santo non è illustrato, e diretto da Cristo nostro vero, ed unico maestro. In questi penetrali ebbe la Sposa non solo la cognizione de' misteri di Dio, e de' misteri di Cristo, ma ebbe ancora la potestà, e autorità di giudicare, e determinare quai fossero i libri che al sacro deposito delle Scritture appartengono, e d'insegnarne a' suoi figli il vero senso, onde quella celebre parola di Agostino, non crederei al Vangelo, se non m'insegnasse a venerarlo la Chiesa Cattolica. Esalta poi grandemente la Sposa il bene, che in quei penetrali trovò, mentre dice: esulteremo, e ci allegreremo in te, ripensando alte tue mammelle migliori del vino. Le due mammelle dello Sposo sono qui ambedue i Testamenti, nei quali una meravigliosa abbondanza di dolcissimo nudrimento appropriato al loro bisogno trova no tutti i fedeli, nudrimento migliore del vino, cioè piu utile, e salubre di tutto il sapere mondano. Ed io (dice la Sposa) e tutte le anime giuste esulteremo per tanto bene, e inni di lode canteremo a te, celebrando la tua beneficenza nel comunicare a noi i tuoi oracoli, e manifestarcene il vero senso.
Te amano i giusti.Come se dicesse, giustamente, rettamente opera chi ti ama, onde un antico interprete tradusse: sono retti quei che ti amano (Symm.). È giustizia l'amarti, dopo che sì altamente ci hai amati, e ci hai manifestati i tesori di tua sapienza.
1,4:Negra son io.... ma bella ec. In vece di negra può, e forse meglio, tradursi bruna, come porta l'antica versione Italica, e qui appresso vers. 5. Da Cedar figliuolo di Ismaele vennero i Cedareni, popolo pastore. Vedi Gen. XVI. 12. Parla la Sposa di sè colle fanciulle, che ella chiama figlie di Gerusalemme, perchè elle sono le anime che appartengono per viva fede alla spirituale Gerusalemme, cioè alla Sposa stessa, alla Chiesa. Ella adunque dice, che è bruna, ma pure è bella, lo che in vari modi tutti veri può intendersi. In primo luogo con s. Agostino de doctr. Crist. n. 32. può dirsi, che la Chiesa è bruna insieme, e bella, per essere riuniti nel tempo presente nella stessa rete i pesci buoni, e i cattivi (Matth. XXIII. 27.), i giusti, e i peccatori, ovvero collo stesso santo diremo, che la Chiesa è bruna per ragione della natura corrotta per lo peccato, ma bella per virtù della grazia, Serm. 201. de Temp. in secondo luogo le persecuzioni, le tribolazioni, l'eresie, gli scandoli, onde è infestata nel tempo presente la Chiesa, le danno all'esteriore un aspetto assai tristo, e quasi simile alle povere tende de' pastori di Cedar, le quali esposte agli ardori del sole, e a tutte le ingiurie dell'aria sono brutte a vedersi; ma nell'interno ella è bella, e splendida, e magnificamente ornata per l'esimie virtù, per l'umiltà, per la pazienza, per la fede, per la invitta carità, e pe' meriti, che ella aduna nel Cielo, e pel numeroso stuolo de' Santi, che ella accoglie; per tutti questi titoli ella è piena di bellezza, e magnificenza, come i padiglioni del più glorioso tra' Re. E in tal senso dice s. Ambrogio: la Chiesa è bruna per la polvere de' suoi travagli nel tempo del combattimento, ma ella è grandemente speciosa quando si miri coronata de' segni di sue vittorie, De Spir. S. II. Bellezza sovrana, e incorruttibile è quella della Chiesa, bellezza, che non verrà meno giammai, neppur in quell'atrocissima guerra, che farà a lei l'ultimo suo nemico, l'Anticristo; bellezza, che la rende degna dell'amore dello Sposo e dell'amore di tutte quelle anime, che sono degne di conoscere, e di apprezzare questa interiore bellezza; e queste sono quelle, che qui si chiamano figlie di Gerusalemme.
1,5:Non badate, che io sia bruna; perocchè ec. Non vi meravigliate, nè vi offenda, che io sia bruna, perocchè non è questo il mio proprio colore, nè io sempre sarò quale voi mi vedete adesso: l'ardor del sole cocente mi scolorì, ma verrà una volta il tempo del refrigerio, ed io ripiglierò il mio colore, e sarò bella anche all'esterno. Dove la nostra Volgata traduce mi scolori, ovvero come abbiamo messo mi fe'cambiar di colore, le versioni di Teodozione, e di Aquila portano il sole mi abbruciò, il sole mi arse. È adunque significato pell'ardore del sole il fuoco della tribolazione, e degli affanni, che turbano, e vessano la Chiesa. I figli della madre mia ec. Di tutte le tribolazioni, e persecuzioni, che ha avuto da soffrire questa Sposa di Cristo, la più fiera, e terribile fu quella, che a lei mossero nel suo nascimento gli Ebrei; quegli Ebrei i padrì de' quali (come notò l'Apostolo) furon anche i progenitori di Cristo, e de' suoi Apostoli, e de' fedeli onde fu composta la Chiesa in Gerusalemme. Di questa persecuzione suscitata contro di lei dalla Sinagoga, e dagli Ebrei sparsi pel mondo tutto, si lamenta in questo luogo la Sposa di Cristo; e può vedersi negli Atti degli Apostoli, e dalle lettere di Paolo quanto fosse atroce questa persecuzione. Vedi in particolare prima Thessal. II. 14. 15., e quello, che ivi si è notato. Questi Giudei nemici del Vangelo ebber la stessa madre co' Giudei, che credettero, ma non il medesimo padre, perchè non poteva Dio esser padre di quelli, che bestemmiavano il suo figliuolo; e Gesù Cristo medesimo a questi increduli disse, che il padre loro era il Demonio, Joan. VIII. 44. L'ostinazione, colla quale i Giudei rigettaron la grazia, fu cagione, che gli Apostoli, e i ministri della chiesa nascente si rivolgessero più presto alle genti. È pertanto profetizzato in questo luogo l'accecamento della maggior parte del Giudaismo, e l'abbandonamento di quella vigna, alla quale principalmente era stato mandato il Cristo, di quella vigna, che dovea essere la primaria eredità della chiesa; ed è ancora predetta la conversione delle genti, alle quali dopo il rifiuto degli Ebrei fu portata la Fede, onde in tutte le parti del mondo si videro sorgere, e formarsi nuove vigne, e nuove chiese. Dice adunque la Sposa: perchè i figli della stessa mia madre, i miei fratelli mi fecer guerra, furono date a me da custodire, e coltivare altre vigne; ma ben mi affligge la dolorosa rimembranza di non aver potuto per la ostinata incredulità degli Ebrei custodire, e coltivare l'antica mia vigna. Perocchè quelli, che in essa si arrogavano il titolo di coltivatori, e custodi, non solamente hanno maltrattati, e uccisi i servi del padre di famiglia, del padrone della vigna, ma non hanno avu to ribrezzo di mettere empiamente le mani sopra l'unico Figlio, e mio Sposo, e di condannarlo a morte ignominiosa, e crudele. Vedi Luc. XX. 9. Vedi Origene in questo luogo e gli Atti XXIII. 46. C'insegnò già l'Apostolo, che il delitto, e l'incredulità degli Ebrei fu salute alle genti, perchè la parola rigettata da essi fu predicata senza dilazione a' Gentili; gli Ebrei di più dopo l'eccidio particolarmente di Gerusalemme dispersi pel mondo, portando seco i libri Santi, i quali tutti rendono testimonianza a Gesù Cristo, vennero ad essere testimoni irrefragabili delle verità della Fede, e servirono senza volerlo ad appianare la via al Vangelo. La Chiesa frattanto non lascia di piangere la rovina della Sinagoga ribelle, la perdita di questa vigna, l'indurimento della nazione de' patriarchi, e de' profeti, divenuta nemica della verità, e del suo Cristo; e non basta a consolarla di tanta sciagura il vederla riparata coll'acquisto di tante altre vigne, quante furono le nazioni, che obbedirono alla Fede. Nella stessa guisa l'amico grande di Cristo, e della Sposa, l'Apostolo Paolo, con gran dolore rammenta, e deplora la caduta funesta d'Israele, ma insieme ci avverte, come egli è serbato da Dio alla futura sua conversione, Rom. XI.25.26.
1,6:Fammi sapere, o amore dell'anima mia, ec. Ha ben ragione questa Sposa di dare al suo Sposo il titolo di amore dell'anima sua; perocchè egli il primo l'amò, che diede se stesso per lei, dice s. Gregorio Nisseno. Ella adunque amando ardentemente lo Sposo è ripiena di un santo timore, e di ansiosa sollecitudine di non perderlo giammai di vista, di star sempre dove egli sta, e di viver con quelli co'quali egli vive. Quest'amorosa ansietà ha luogo principalmente in que' tempi, ne'quali il furor de' nemici turba, e sconvolge ogni ordine, e per questo ella chiede allo Sposo, che sia sua luce, e suo maestro, e sua guida nel mezzo giorno; perocchè come sopra (v. 5) l'ardor del sole è posto a significare la persecuzione, così qui il mezzo giorno, cioè il sole nel suo meriggio indica il colmo, e il forte della persecuzione, e della tribolazione; e di quella persecuzione particolarmente parlasi in questo luogo, la quale è fatta alla verità da' maestri di errore, e di eresie, come osservò s. Agostino de Unit. Eccl. XIV. Dice adunque la Sposa allorchè certi uomini, che si spacceranno per tuoi compagni, ed amici, con temerario ardimento si sforzeranno di oscurare, e di abbattere la verità, sii tu sempre meco, e tu mi mostra a discernere quelle, che sono tue pecorelle da quelli, che il vestito ne prendono, ma sono al di dentro lupi rapaci. Chiede ella in una parola principalmente pe' suoi pastori, e ministri la grazia di saper sempre discernere i buoni, e salubri pascoli, dove sta Cristo, da' pestilenziali de' falsi dottori. Perocchè dovean venire de' tempi, ne'quali l'errore, e la falsa dottrina mascherata sotto le apparenze di pietà, come dice l'Apostolo (II. Tim. III.), abbellita con tutti gli sfoggi della mondana eloquenza, sostenuta dalle passioni degli uomini, che la troveranno favorevole a' loro appe titi, potrà sedurre non solo le semplici pecorelle, ma ancora molti degli stessi pastori. Osservò Teodoreto, che i maestri dell'eresie sono detti compagni del primo pasto re, cioè di Cristo, perchè il primo de' loro artifizi si è dimostrare uno zelo grande della gloria di lui, e un impegno sommo di serbar pura, ed intatta la verità del Vangelo. Con queste arti i finti compagni dello Sposo trovano de' seguaci, e si formano de' greggi, e de' discepoli, perchè, come dice lo Spirito santo, è sempre grande il numero degli stolti, e molti amano di seguire la via larga, e spaziosa, e pochi di entrare per la via stretta della umiltà, della obbedienza, della mortificazione delle passioni. Cristo amò grandemente la similitudine del buon pastore usata qui dalla Sposa, onde e ne' vangeli, e ne' profeti con essa è descritto. Basti per tutti Ezechielle: queste cose dice il Signore Dio: Ecco che io stesso anderò in cerca di mie pecorelle, e le visiterò: come il pastore va rivedendo il suo gregge,,. così io visiterò le mie pecorelle. Le menerò a' pascoli abbondantissimi, e su' monti eccelsi d'Israele saranno i pascoli loro: ivi riposeranno sull'erbette verdeggianti, e alle grasse pasture si satolleranno su'monti d'Israele. Io pascerò le mie pecorelle, e io le farò riposare: anderò in cerca di quelle, che erano smarrite, e solleverò quelle, che erano cadute, e fascerò le piaghe di quelle, che avran sofferta frattura, e ristorerò le deboli, ed avrò l'occhio a quelle, che sono grasse, e robuste, e ognuna di esse pascerò con sapienza, XXXIV. II. ec. Vedi Jo. X. II.
1,7:Se tu non conosci te stessa, ec. Risponde lo Sposo alla precedente preghiera della Sposa, e questa risposta, come osservò s. Agostino, è mista di una specie di riprensione e di dolcezza, perocchè riprendendo quasi la ignoranza di lei ne esalta insieme con verissimo elogio, e molto a proposito la eccedente bellezza. Se tu non conosci te stessa, o bellissima ec. Bellissima è la Chiesa Cattolica tralle donne, vale a dire tra tutte le società, o sinagoghe, o sette, o adunanze di uomini, che professano religione. Tutte queste sette sono brutte, e deformi per la cecità, per la ignoranza, per gli errori, e pe' vizi, onde secondo il linguaggio delle Scritture si paragonano alle donne corrotte, e adultere. Ma la vera Chiesa è vergine pura, in contaminata, sposata ad un solo uomo, cioè a Cristo. In lei la vera fede incorrotta, in lei la scienza purissima dei costumi, il deposito delle Scritture sante intiero, e inviolato, i Sacramenti Cristiani, l'unico Sacrifizio. Che se ella nel suo seno contiene anche de' peccatori, la loro deformità non offusca il candore di lei, perchè i loro peccati ella detesta, nè a lei possono ascriversi come alle altre sette ascriver si possono i peccati de' loro seguaci, perchè queste in molte maniere allentano la briglia alle passioni degli uomini, e corrompendo in essi la radice di ogni bene qual è la Fede, aprono largo, e libero campo all'iniquità. Temperando adunque l'agro della riprensione con questa parola, dice lo Sposo: tu adunque, o diletta, non sai dove sieno i miei paschi, dov'io riposi, ec. Ciò sarebbe un dire, che tu non conosci te stessa; perocchè se tu ti conosci, tu dei sapere, che sei il luogo de' miei paschi, il luogo del mio riposo, mentre non per altro motivo ti feci io così bella. Rientra adunque in te stessa, e considera tutto quello, che ho fatto per ornarti, e abbellirti. Che se ciò ancor non ti basta, esci fuori di te stessa, e va'dietro a' greggi di quelli, che si spacciano per miei compagni; considera le parole, i fatti, le divisioni, le confusioni, i costumi di costoro, e se vorrai, potrai pascere i tuoi capretti colà presso a' padiglioni di que' tanti pastori. E non è male, che tu vada a conoscere quello, che sieno que' greggi erranti, e que' pastori forsennati, e quelle sinagoghe di Satana, perocchè ivi tu vedrai tanti errori, tanta ignoranza, tanta dissensione, tanta iniquità, che imparerai a stimar sempre più la tua sorte, e ad apprezzare la tua beltà, e ad esser grata a chi te la diè: tu vedrai, se è possibile, ch'io mi stia tra que' figliuoli delle tenebre, e con quelli, che pastori non sono, ma ladroni, e assassini delle anime. Ecco sopra questo luogo (alquanto oscuro, e oscurato per di più dalla diversità delle sposizioni) come ragiona s. Agostino. Se tu non conosci te stessa, o bellissima ec. Per quanto le altre possano sembrar belle, sono belle al di fuori, s'imbiancano col nome di giustizia; ma tutta la gloria della figlia del Re è al di dentro. Se adunque tu non conosci te stessa, e come tu se' una, e se' casta, e non puoi esser corrotta dalla conversazione de' finti, e cattivi compagni... se tu non ti conosci per tale, esci fuora... esci fuora, esci dietro alle pedate de' greggi, non dell'unico gregge, ma de' greggi erranti, e pasci non come fu detto a Pietro le mie pecorelle, ma i capretti, e nei padiglioni non del pastore, ma de' pastori, non nella unità, ma nella dissensione, perchè allora non saresti dove uno è il gregge, e uno il pastore. Sopra queste parole di s. Agostino noterò solamente, che la voce capretti è presa sempre in cattivo senso nelle Scritture, come la voce pecorelle in buon senso. Vedi Matth. XXV. 32. 33.
Con questa bella figura è mirabilmente dipinto il misero stato di quelle chiese particolari, che si allontanano da Cristo primo Pastore, e dall'unico ovile, il cui capo visibile è il Romano Pontefice. La Chiesa cattolica non è possibile, che si separi da Cristo, nè che vada dietro a' falsi pastori, ma riguardo alle chiese particolari ciò non solo può avvenire, ma è avvenuto di molte, e riguardo a queste le parole dello Sposo sono una vera minaccia. La Chiesa cattolica non ignora se stessa, nè di quali beni ella goda, e la supposizione dello Sposo: se tu non conosci te stessa, ec., tende a far conoscere la somma loro felicità a tutte le anime, che hanno la sorte di stare nell'unità di lei, affinchè apprezzino questa felicità, e temano come il massimo di tutti i mali la separazione da lei, e da Cristo.
1,8:A' miei destrieri ec. Sovente nelle Scritture Dio, che combatte contro i suoi nemici, è rappresentato come un forte campione a cavallo, ovver guidante il suo cocchio. Così in Abacuc rammentandosi com' egli sommerse nel mare i cocchi, e l'esercito di Faraone, si dice: facesti strada pel mare a' tuoi cavalli per mezzo al fango delle acque profonde, III. 15.; e altrove: tu che monti su' tuoi cavalli, e la tua quadriga è salvazione, ivi 8. Parimente Cristo, il quale per mezzo de' suoi Apostoli va a conquistare la terra, fu veduto da s. Giovanni sopra un cavallo bianco: mirai, ed ecco un caval bianco, e quegli che vi era sopra avea un arco, e fugli data una corona, e usci vincitore per vincere, Apocal. VI. 2.; e finalmente presso Ezechiele I.: il Signore, che va a punire Gerusalemme sta sopra un cocchio tirato da' Cherubini. In secondo luogo la vittoria di Dio sopra Faraone nemico del popolo suo fu figura delle vittorie di Cristo, e della Chiesa contro l'idolatria, e l'empietà, e contro tutte l'eresie, come si vede e nel luogo citato di Abacuc, e continuamente ne' Salmi, e ne' profeti. Lo Sposo adunque conforta, ed anima la sua Sposa con dimostrare di qual fortezza l'abbia rivestita, affinchè non sia sopraffatta da'comuni nemici. Io ti rassomiglio, o mia diletta, a quel mio esercito a cavallo, col quale io combattei gl'innumerabili cocchi di Faraone, e vinsi il superbo, e colla sua gente lo sommersi nel mare; perocchè nella stessa guisa io in te vincerò il demonio, e l'empietà, e attraverso del mare tempestoso del secolo condurrò gli uomini alla terra di promissione, cioè al cielo. Ecco in brevi parole la vera, e solida sposizione di queste parole presso Origene: a' miei destrieri ne'cocchi di Faraone io ti rassomiglio, o mia diletta; quanto i destrieri, che ho io (che sono il Signore, e sommergo nei flutti Faraone, e i suoi cavalli, e i suoi cavalieri), quanto i miei destrieri sono da più di quelli di Faraone, tanto tu di ogni altra figlia se' migliore, e più forte. E con gran ragione è qui animata la fiducia della Chiesa; perocchè ed ella, e i suoi membri in ogni tempo avran da combattere, non essendo la vita dell'uomo sopra la terra, se non una continuata milizia, come dice Giobbe, e siccome il popolo d'Israele liberato dalla tirannia di Faraone dovette tuttor combattere per l'acquisto della terra promessa; così la Chiesa, e ogni anima fedele redenta dalla schiavitù del demonio, e del peccato, ha ancor da combattere per giungere al possesso della terra de' vivi. Rammenta adunque Cristo alla Sposa con questa similitudine quello, ch'egli ha già fatto per essa, affinchè ella di coraggio si armi, e di santa fiducia, onde viene a dire a lei quello, che disse dipoi a'suoi Apostoli: abbiate fidanza, io ho vinto il mondo, Joan. XVI. 33. Io, che vi trassi dal potere del demonio, e vi liberai dal peccato, vi farò ancor vincitori di tutti gl'interiori, ed esteriori nemici; perocchè tutto voi potete in me, che sono vostro conforto.
1,9:Belle son le tue guance ec. Comincia lo Sposo a lo dare le parti del corpo mistico della Chiesa, e per queste parti vengono intesi o i diversi stati di essa, ovver le virtù, che a questo, e a quello stato appartengono, come vedremo. I LXX nella loro versione lessero: quanto belle sono le tue guance come di tortorella, volendo significare in tal guisa la rarità, ed eccellenza del dono, che è qui indicato. Questo dono per sentimento comune de' Padri è il dono della perfetta purità simboleggiato nella tortora, dono assai raro nell'antica Chiesa, comunicato in ispecial modo alla Chiesa cristiana, la quale ebbe sempre un gran numero di persone dell'uno, e dell'altro sesso degne di seguitare l'agnello di Dio dovunque egli vada, Apoc. XIV. 4.
Queste anime fuggendo le nozze terrene, il celeste sposalizio contraggono con un sol uomo, che è Cristo, a lui si congiungono per mezzo della carità, a lui serbano fede, a lui solo si studiano di piacere, e nissuna cosa più ar dentemente desiderano, che di rendersi simili a lui. E non senza mistero dopo aver lodata la fortezza della Sposa si viene a lodare la illibata di lei castità; perocchè di tutti i combattimenti, che ha da soffrire l'uomo cristiano, i più duri, e pericolosi sono quelli della castità, come notò s. Agostino, Serm. 150. de Temp. Per la qual cosa risplende mirabilmente nelle Vergini di Cristo la virtù della grazia, da cui venne a fragili creature la forza di emulare sopra la terra la purezza degli Angeli: saranno come gli Angeli di Dio nel Cielo, Luc. XX.35., mantenendosi sante di corpo, e di spirito, I. Cor. VII. 34.
Il collo tuo come i monili. Come le guance, che sono la sede della verecondia, furono poste per la perfetta purità; così il collo, il quale sta sotto al capo, e sta di mezzo tra il capo, e le altre membra del corpo, viene a indicare quelle virtù, per cui principalmente l'anima sta soggetta a Cristo suo capo, e porta con volontària soggezione il suo giogo. Sono biasimate altamente da Isaia le figlie di Sion, che se n'andavano a collo interato (Is. III. 26.), e presso Giobbe la contumace superbia del peccatore è descritta con dire, ch'egli contro Dio corse a collo interato (Job. XV. 26.). Per lo contrario il collo pieghevole, e sommesso è simbolo della umile obbedienza, donde quella esortazione dello Spirito santo: piegate al giogo il vostro collo, e l'anima vostra al giogo della disciplina, Eccl. 1.I. 23.; e altrove: metti i tuoi piedi ne' ceppi della sapienza, e porgi il tuo collo alle sue catene, Eccl. VI.25 Il collo adunque della Sposa è bello come i più belli, e piu ricchi monili, onde ei suole adornarsi, perchè sua gloria ella pone nel portare il giogo della legge, e nell'adempiere in ogni cosa la volontà del Signore, imitando il suo Capo divino, che disse, sè esser disceso dal Cielo non per fare la sua volontà, ma la volontà del Padre, che l'avea mandato: e questa volontà egli adempì fatto obbediente fino alla morte, e fino alla croce. Questa imitazione, e questa obbedienza, e soggezione di amore ai voleri dello Sposo celeste, è la gloria somma di questa Sposa.
S. Gregorio, e con esso molti Padri, e Interpreti pel collo della Sposa intesero significati i pastori del gregge di Cristo, non solamente perchè ad essi appartiene di portare con perfezione, e obbedienza maggiore il giogo della legge di Cristo, e di fare essi i primi quello che altrui debbono insegnare, ma molto più ancora perchè egli no si stan di mezzo tra Cristo, ed il popolo, e loro ufficio si è di tenere unito al suo Capo lo stesso popolo, e di trasmettere a questo il nudrimento della celeste dottrina. Quindi quelle parole di Paolo: ogni Pontefice preso di tra gli uomini è preposto a pro degli uomini a tutte quelle cose, che Dio riguardano, Heb. V. I. E certamente ornamento grande della Chiesa sono tali pastori ognivoltachè, come agli altri sovrastano nella dignità, e nella potestà, cosi eminenti sieno nella dottrina, nella sapienza, e nella santità della vita.
1,10:Noi ti faremo delle piccole murene ec. Come nella creazione dell'uomo descritta nella Genesi (1. 26.) si dimostrò il concorso di tutte tre le divine persone con dire: Facciamo l'uomo a nostra immagine, e somiglianza; così nell'ornare, e abbellire la Sposa di Cristo si dice: noi ti faremo ec. per indicare come la potenza del Padre, la sapienza del Figlio, la carità dello Spirito santo concorsero a formare questa nuova creatura, e questa nuova opra degna di Dio. I LXX tennero un'altra lezione, e unendo questo versetto con una parte del seguente, tradussero: noi ti faremo figure dell'oro con lamine d'argento, perfino a tanto, che il Re sia al suo riposo. E così lessero Origene, il Nisseno, ed anche s. Agostino de Trinit. I. 8. L'oro, secondo questi Padri, egli è quel lume chiaro, col quale Dio si vede come egli è, e a faccia a faccia, e non per enimmi nel riposo, e nella sede della sua gloria. Figure di quest'oro sono le similitudini, e le parabole tolte dalle cose naturali, e tutte le parole dei libri santi, per le quali i misteri di Dio sono manifestati agli uomini; e queste cose non sono quell'oro, che è serbato pe' comprensori beati, ma sono però di molto pregio, e adattate allo stato presente, e per questo sono rassomigliate all'argento. Non dovea passarsi sotto silenzio questa versione de' LXX rammentata sovente da' Padri della Chiesa, e da' più antichi Interpreti. Ma venendo alla nostra Volgata, ella è simile all'Ebreo, se non che in vece di piccole murene d'oro ivi si ha catenelle d'oro. Ma s. Girolamo tradusse nel modo, che noi leggiamo, perchè queste murene erano un ornamento, che portavano le fanciulle nobili a' suoi tempi, e simile ornamento del collo intese significato colla voce Ebrea Thore. La murena è un pesce somigliantissimo all'anguilla, il quale ha le mascelle punteggiate, e sparse come di macchie d'un bel colore. Vedi Plin. IX. 23. E quindi ebbe nome quell'ornamento, che formavasi d'una verghetta di oro ridotta a figura circolare; e veggiamo di piu presso Anastasio nella vita di Gregorio IV., che in queste murene l'oro era talora intersecato dagemme pre ziose, come qui dall'argento. Qualche Interprete antico credette, che queste murene fossero orecchini d'oro; ma noi ci attenghiamo a s. Girolamo, e a' Padri Greci. L'oro, il più prezioso di tutti i metalli, che tutti li supera in bellezza come in valore, è posto a significare la carità, donde quelle parole di Cristo all'Angelo, o sia vescovo della chiesa di Laodicea: Ti consiglio a comperare da me l'oro passato, e purgato nel fuoco, Apocal. III. 18. Al collo adunque della Sposa (pel qual collo dicemmo significati i pastori) sarà dato il prezioso ornamento, le piccole murene d'oro significanti la carità, e queste intersecate, o punteggiate d'argento, il qual argento simboleggia il candore de' costumi, e la innocenza della vita. Quindi in Malachia si legge, che il Signore purificherà i figliuoli di Levi (i sacerdoti della nuova legge) e gli affinerà come l'oro, e come l'argento, ed eglino offeriranno al Signore sacrifizi di giustizia, Malachia, III. 3.
1,11:Mentre il Re stavasi ec. Questo Re egli è lo stesso, che introdusse la Sposa ne'suoi penetrali, che celebrò la bellezza di lei, e la ornò di be' doni. Mentre adunque questo Re stavasi alla sua mensa, la Sposa dice, che al lora il suo nardo diffuse la sua fragranza. Ognuno può vedere, come si allude qui a'conviti, e all'uso assai comune presso gli Orientali di ungere i convitati con unguenti preziosi, del qual uso si ha l'esempio nel s. Vangelo, e frequentemente si fa menzione presso gli autori profani. Col nome di nardo è inteso l'unguento fatto, per suo primo ingrediente, di nardo; e il nardo è un frutice assai noto nella Siria di colore rossigno odorosissimo, di sapore amaro, come attesta Plinio XII. 12., XIII. I. Era poi famoso sopra tutto l'unguento fatto della spiga di nardo, e questo adoprò la Maddalena per ungere il Salvatore, Marc. XIV. 8. Questo nardo adunque è simbolo della grazia, e delle virtù, che da essa derivano, e dalle quali spira il buon odore, cioè la buona fama. Ma di chi è questo nardo? Vari antichi Interpreti credono, che la Sposa per tenerezza d'affetto chiami suo nardo lo Sposo istesso, come dipoi ella lo chiama fascetto di mirra, e grappolo di Cipro; e questa sposizione molto bene si adatta alla nostra Volgata, e assolutamente conviene alla versione dei LXX, che lessero: il mio nardo diede l'odore di lui. La seconda sposizione, che riferisce il nardo alla Sposa, è assai più comune. Vediamo brevemente quello che all'una, e all'altra sposizione appartiene; perocchè elle si tengono quasi per mano. Parla la Sposa di un banchetto fatto dal suo Re, nel quale dovette egli mostrare la sua grandezza, e magnificenza, banchetto simile a quello, di cui nel libro de' Proverbi si dice: La sapienza si è fabbricata una casa... ha immolate le sue vittime, e imbandita la sua mensa: ha mandate le sue ancelle ad invitare la gente,,. Venite, mangiate il mio pane, e bevete il vino, che io ho annacquato per voi, Prov. 1x. I. 2. 3. 5. La stessa sapienza, il Verbo fatto carne, a simile banchetto invitò, facendo dire agli uomini: il mio convito è già in ordine..., tutto è pronto, venite alle nozze. Matth. XXII. 4. Questo convito nuziale fu allora quando l'Unige mito del Padre nel seno della Vergine si fabbricò una casa, cioè il corpo mortale, e la natura umana assunse e sposò, secondo la quale fu egli (come dice Davidde) unto da Dio di unguento di letizia, cioè fu ricolmo di tutti i doni dello Spirito santo diffusi senza misura sopra di lui, Psal. XLIV. 9. Grandioso convito fu questo, nel quale a consolare, e adempiere i desideri della Sposa l'amore di vino le pose davanti in Cristo fatto uomo tutti i beni della casa di Dio, ed ella vide la gloria di lui piena di grazia, e di verità (Joan. 1. 14.) e di tutte le virtù le quali un soavissimo odore diffusero per ogni parte. Quindi dice la Sposa: il mio nardo (il mio Sposo) spirò il suo odore. Queste virtù furono l'obbedienza di lui ai voleri del Padre, la carità, colla quale si fece nostro fratello, la umiltà, con cui si annichilò, prendendo la forma di servo, la pazienza, e la fortezza, con cui alle miserie dell'uomo si soggettò. Ma un altro convito ha la Sposa, che è insieme memoria del precedente, ed è pegno di quello che ella aspetta nella vita futura, quando venuto il tempo delle nozze dell'agnello la stessa Sposa diverrà sua consorte unita a lui per tutta l'eternità, Apocal. XIX. 7. Questo convito egli è la divina Eucaristia, nella quale egli le dà il suo corpo in cibo, e il suo sangue in bevanda, dandole insieme altissimi esempli di carità, di umiltà, di pazienza ec., e diffondendo l'odore di queste virtù. Di questo convito preparato dal Pastore delle anime, che dà se stesso alle sue pecorelle, di questo convito parlò profeti camente Davidde nel Salmo XXII., dove e della mensa imbandita, e degli unguenti, onde i convitati si ungono, e del calice esilarante si fa menzione. Imperocchè questo Re di pace, di cui parla la Sposa, egli è insieme pontefice e Sacerdote, Pontefice in eterno, come disse Davidde, e dopo Davidde l'Apostolo (Psal. CIX. Heb. v. 20.) e a somiglianza di Melchisedech offerse il pane, e il vino in sacrifizio al Padre, e lasciò nella Chiesa la potesta di offerirlo, e al convito, cioè alla partecipazione del Corpo, e del Sangue suo invitò la Sposa, e gli amici di lei dicendo: venite, mangiate il mio pane, e bevete il vino che io ho annacquato per voi, Sap. IX. 5. Di questo stesso convito, nel quale alle anime giuste si dà anticipato un saggio delle delizie celesti, parlava Isaia quando disse. Il Signore degli eserciti farà a tutti i popoli in questo monte un convito di grasse carni; un convito di vendemmia, di carni grasse midollose, di vino senza feccia Isai. XXV. 6. Nelle quali parole il monte è Sionne, cioè la Chiesa di Cristo, e le carni sostanziose sono le Carni stesse del Verbo fatto uomo, e il vino senza feccia è lo stesso Sangue di lui. Se adunque la Sposa, che nell'uno, e nell'altro convito gode gli effetti della beneficenza, e dell'amore dello Sposo non vuole essere ingrata, dee con ogni sforzo procurare d'imitare lo Sposo, e di rendersi, quanto è possibile, a lui somigliante; e allora le virtù di lei provocate da tali esempli di Cristo si esercitano in atti non solo interiori, ma anche esterni, ond'ella diviene il buono odore di lui, e può dire nel secondo senso di cui parlammo al principio: il mio nardo spirò il suo odore: amai lui, che è principio d'ogni mio bene, perchè egli mi amò, fui obbediente alla sua voce, come egli lo fu per me, fui umile per lui, che fu mansueto, e umile di cuore.
1,12Mazzetto di mirra ec. Quello, cui diede già due volte il nome di Re, lo chiama adesso suo Diletto per tenerezza di affetto. Della mirra si è anche altrove parlato, Eccli. XXIV. 20. Ma per quel che riguarda questo luogo, è da notare, che questo arboscello ha corteccia assai ru vida, ed è spinoso, e getta o naturalmente, o per incisione una lagrima odorosa molto stimata per li vari usi, che se ne fanno, ma di amaro sapore. La Sposa adunque piena di amorosa riconoscenza per tutto quello, che il Diletto sofferse per lei dal momento, in cui fu conceputo nel sen della Vergine sino a quello, in cui spirò sulla Croce, dice, che i patimenti di lui, e le umiliazioni, e i tormenti avrà sempre dinanzi agli occhi, anzi in mezzo al suo cuore; ed è come se dicesse: il mio Diletto è divenuto per me un fascetto di mirra, perchè sopra di lui veggo riuniti tutti i dolori, e tutti gli obbrobri; ed io non mi scorderò giammai delle sue pene, e l'immagine di lui crocifisso terrò sempre presente; riempierò il cuor mio delle sue amarezze, porterò il dolore de' suoi dolori, e non altro amerò di sapere, se non Gesù, e Gesù crocifisso. 
E molto bene, spiegando i sentimenti di questa Sposa soggiunge s. Bernardo: il meditar tali cose io dissi essere vera sapienza; in queste io stabilisco la perfezione della giustizia, la pienezza della scienza, le ricchezze della salute, i tesori de' meriti. Queste confortano nelle avversità, reprimono nella consolazione, e tra le felicità, e le avversità della vita presente sono guida a battere la strada reale, rigettando i mali, che dall'una, e dall'altra sovrastano. Queste mi fanno amico il Giudice de' vivi e de' morti, mentre lui, che alle potestà è tremendo, me lo figurano umile, e mansueto, nè solamente placabile, ma anche imitabile me 'l rappresentano, Serm. 42. in Cant. Alle quali parole di s. Bernardo aggiungerò solamente, che siccome la mirra serba incorrotti i cadaveri, così la passione di Cristo è principio d'incorruzione, e d'immortalità e per le anime, e per i corpi. 
La versione de' LXX dove la nostra Volgata ha il mio Diletto, lesse il figlio di mia sorella; perocchè (dice Origene) sono due sorelle, la Sinagoga, e la Chiesa, e il nostro Salvatore dalla Sinagoga nacque, e di essa fu figlio secondo la carne, egli che è Sposo della Chiesa, Marito e Signore della Chiesa. Or e la Sinagoga, e la Chiesa sono sorelle, perchè ebbero per padre lo stesso Dio.
1,13:Il mio Diletto (è) a me ec. La voce ebrea Copher tradotta nella nostra Volgata colla voce Cyprus fa in questo luogo non piccola difficoltà; perocchè dicendosi, che questo Cipro è nato nelle vigne d'Engaddi non vien egli quasi a additarsi il famoso balsamo, onde era così rinomato quel territorio d'Engaddi? E di più per attestato di Plinio sappiamo, che la pianta, o sia frutice da cui veniva il balsamo era simile alla vite; onde potrebbe essere, che o i ramoscelli, o la lagrima addensata di questo frutice si dicesse grappolo. Ma perchè non veggiamo mai usata quella voce a significare il balsamo, e dall'altro lato il Cipro è pianta conosciuta dagli antichi Scrittori, ed anche rammentata da Giuseppe Ebreo de Bello V. 4; quindi è, che sembra più sicura l'opinione di que gl'Interpreti, i quali suppongono, che del Cipro si parli in queste parole: il Cipro, secondo la descrizione, che ne da un' antico Interprete, è un arboscello di fiore candido, e odoroso, che pende a guisa di chioma arricciata: se ne fa l'unguento, che è buono a molte cose, e le foglie, e i fiori, e i frutti, e i ramoscelli sono di grande uso, Philo Carp. Dalla qual descrizione possiamo intendere, che forse grappolo si chiamasse il fiore del Cipro formante quasi una chioma per la somiglianza col grappolo della vite. Sarebbero adunque in questo luogo le vigne d'Engaddi (famose pel loro balsamo) celebrate ancora per le piante del Cipro, che vi venivano a perfezione. Ma venendo alle parole della Sposa: il mio Diletto (è) a me un grappolo di Cipro ec. Conviene intendere ripetuto si starà sempre al mio seno, come nel versetto precedente, perocchè lo stesso sentimento di tenerissimo affetto verso del suo Cristo paziente crediamo espresso con questa nuova similitudine dalla Sposa. Il mio Sposo divenuto per me l'uomo de' dolori è a me come un mazzetto di fior di Cipro di soavissimo odore, lo terrò sempre dinanzi a me, lo terrò fisso nel mio cuore, e ne trarrò frutti di salute, e di vita.
1,14:Bella veramente sei tu, ec. Celebra nuovamente lo Sposo la bellezza della sua diletta, e la celebra con istudiata ripetizione, additando la doppia spirituale bellezza interna, ed esterna. Imperocchè la Chiesa di Cristo lavata, mondata, e rinnovellata nel sangue di lui, non è ornata solamente di quella esterna giustizia, che si otteneva, come dice l'Apostolo, mediante i doni, e le ostie, le quali non potevan render perfetto il sacrificante, Heb. IX. 9.; ma è ricca, e splendente negli occhi di Dio per la vera interna giustizia, giustizia procedente non dalla legge, ma dalla fede di Cristo Gesù. E perchè questa vera interna giustizia è quella, per cui l'anima piace a Dio, per questo nella prima parte del versetto, dopo aver detto bella veramente sei tu, immediatamente soggiunge o mia diletta: perchè poi tutta la bellezza dell'opere esteriori proviene dalla purità, e santità interiore; perciò celebrando nella seconda parte del versetto la esterna bellezza della Sposa non aggiunse quelle altre parole. Viene adunque in questo luogo mostrato alla Sposa, ed alle anime, che cercano Dio, di amare principalmente quella beltà, che da Dio solo è veduta, perchè egli vede i cuori, e sa quello, che sia negli uomini, Joan. II. 25.; e di poi secondariamente quella, che è veduta dagli uomini, affinchè questi vedendo le loro buone opere, ne dieno gloria al Padre, che è ne' Cieli, Matth. V. 16. Questa stessa dottrina è insinuata da Paolo là, dove egli dice, che la Vergine del Signore ha pensiero delle cose del Signore per esser santa di corpo, e di spirito, I. Cor. VII. 34.; e altrove: mondiamoci da ogni bruttura di carne, e di spirito. La prima interna bellezza vien formata da quelle virtù, che son destinate principalmente a governare lo spirito, e i suoi affetti, la fede, la speranza, la carità, che sono lo splendore dell'anima; la seconda bellezza è effetto di quelle virtù, che s. Tommaso chiamò corporali, perchè i vizi della carne reprimono, ed hanno per termine le operazioni esteriori, come sono la temperanza, la sobrietà, la modestia, la custodia de' sensi ec., le quali ornano specialmente l'uomo esteriore.
Gli occhi tuoi son di colomba. Non è questo il solo luogo di questo libro, dove sieno lodati gli occhi della Sposa, come quelli, ne' quali una essenzialissima parte consiste di sua bellezza. Una bella preghiera del grande Apostolo ci darà lume ad intendere quello, che venga significato per questi occhi: il Dio del Signor nostro Gesù Cristo..., dia a voi lo spirito di sapienza, e di rivelazione pel conoscimento di lui, illuminati gli occhi del vostro cuore, affinchè sappiate quale sia la speranza della vocazione di lui, e quali le ricchezze della gloria dell'eredità di lui per i santi, Ephes. 1. 17. 18.
Gli occhi adunque del cuore sono gli occhi della fede, e uno di questi occhi della fede crede, medita, contempla le verità rivelate: l'altro occhio ordina, e dispone le operazioni dell'uomo a seconda delle regole della stessa fede. Quindi è, che da' Padri la fede, e la intenzione diretta dalla fede sono dette gli occhi dell'anima. Per la qual cosa e la sincerità del credere, e la purezza dell'intenzione nell'operare viene commendata nella Sposa, quando si dice di lei: gli occhi tuoi sono di colomba. Perocchè la colomba è simbolo della semplicità, e della purita, onde Cristo diceva: siate semplici come colombe, Matth. X. 16. Sincera è la fede, e puro, e semplice è l'occhio di lei, se al solo Dio indirizza lo sguardo, e a Cristo, che è l'unico vero Maestro, e ogni altra dottrina, e qualunque altro maestro rigetta, che da lui per poco si allontani. Pura, e schietta sarà l'intenzione quando col lume stesso della fede governisi; perocchè sta scritto: il giusto vive di fede, Heb. X. 38., perchè sua guida nell'operare è la fede; onde alla fede attribuì l'Apostolo tutto quello, che di grande, di virtuoso, e di santo operarono gli antichi Padri, Heb. XI. il Caldeo parafrasò in tal guisa: i tuoi occhi sono come due teneri colombini, che sono mondi, e da offerirsi sul mio altare, alludendo al sacrifizio di questi animali ordinato a purgare la immondezza, e la lebbra. Or della fede sta scritto, che ella purifica i cuori, Act. XV. 9., e fa giuste le anime, Rom. v. I., come essendo radice, e principio di vera giustizia; e la purità dell'intenzione purifica anche le opere, onde tutto l'uomo viene ad essere per fetto. Vedi quel che si è detto Matth. VI. 21. Qual meraviglia però, se nella Sposa osservando e l'uno, e l'altro pregio quasi in un trasporto di ammirazione, e di amore, esclami lo Sposo: veramente bella se' tu..., gli occhi tuoi sono di colomba?
1,15:Bello veramente se' tu, ec. Gli occhi del cuore illuminati dalla fede, de' quali fu ornata per dono dello Sposo, non permettono alla Diletta nè d'invanirsi per le lodi datele, nè di ritenerle per se, ma le rifonde immediatamente in lui, cui dee tutta se stessa. Non nega di avere quella beltà, che fu ammirata da lui; perocchè dallo spirito di Dio ella apprese a conoscere quello, che Dio le donò, I. Cor. XII., ma riconosce, che suo non è, ma di Dio tutto quello, che in lei può lodarsi. Quindi ella dice: tu anzi se' bello, e pieno di grazia, o mio Diletto, anzi la stessa grazia e bellezza: io non son bella se non per te, ed è un nulla la mia beltà in comparazione della tua eterna celestiale bellezza. Le parole della Sposa sono dette di Cristo, e in quanto è egli figliuolo di Dio, splendore della gloria, e figura della sostanza del Padre, candore di luce eterna, specchio senza macchia, e figura della bontà di Dio, e in quanto è egli figliuolo dell'uomo; perocchè di lui fatto carne fu scritto: specioso in bellezza sopra i figliuoli degli uomini, Psal. XLIV.3. Or quanto all'umanità di lui si dice, che è bello il Cristo sì per la unione della umana natura colla divina, ond'egli è bello in se, e principio d'ogni spirituale bellezza per le anime, e nissuna, se non pe' meriti di lui, può esser bella negli occhi di Dio; e bello ancora si dice, perchè in lui furono diffusi senza misura tutti i doni, onde si abbellano le anime, e perciò disse il Profeta: te unse, o Dio, il tuo Dio con olio di letizia sopra i tuoi consorti, Psal. XLIV. 7. Quindi è, che quelli, i quali furono fatti degni di vederlo conversante tragli uomini dissero: vedemmo la gloria di lui, gloria come di un unigenito del padre pieno di grazia, e di verità, Joan. I. 16. E le turbe stesse non si saziavano di vederlo, e lo seguivano ancor pei deserti senza pensare al proprio sostentamento, prese dalla soavità, e dalle mirabili attrattive di lui. Veramente fu un tempo, quando di lui potè dirsi: egli non ha vaghezza, nè splendore, e noi lo abbiamo veduto, e non era bello a vedersi,.. dispregiato, e l'infimo degli uomini,.. ed era quasi ascoso il suo volto, ed egli era vilipeso, Isai. LIII.2.3. Ma in questo medesimo stato quali, e quante bellezze si scuoprono dalla Sposa, e da chi ha com'ella illuminati gli occhi del cuore per rimirarle? Quanto bella è la sua obbedienza nel soggettarsi volontariamente a tali umiliazioni, ed a si atroci tormenti? Quanto ammirabile la costanza nel sopportarli senza aprir bocca, come agnello condotto ad essere ucciso, che non apre la bocca? Quanto stupenda la carità, per la quale tutto questo volentieri patisce per noi? quanto amabili finalmente tutte le virtù, delle quali ci diede sì grandi documenti, ed esempi sulla cattedra della Croce? La Sposa perciò, che tali cose ha presenti, bello ritrova in ogni luogo, e in ogni tempo il suo Cristo, bello nel cielo, bello sulla terra, bello ne' miracoli, bello ne flagelli, bello quando depone l'anima sua, bello allorchè la ripiglia, bello sul legno, bello ancor nel sepolcro, August Psal. XLIV, Praef. Finalmente l'amore di questo Dio è la vera beltà dell'anima amata da lui quando ella era deforme per lo peccato, e amata non per lasciarla deforme, ma per cangiarla, e per comunicarle la sua propria bellezza, dice lo stesso santo, Tract. IX. in. 1. Joan.
Il talamo nostro è fiorito. Questo talamo, questo letto, in cui riposa la Sposa, significa la umanità santa di Cristo, nella quale (come dice Paolo) abitò corporalmente la pienezza della divinità, Coloss. II.9, Così l'intesero il Nisseno, ed altri antichi Interpreti presso Teodoreto, e finalmente molti moderni. In questo letto si posò il Verbo di Dio, adempiendo l'opra grande, e a lui tanto cara, allorchè nel sen della Vergine si fece uomo. E non è meraviglia se la Sposa dice, che fiorito è questo talamo, vale a dire ornato di tutte le grazie, e di tutti i doni del cielo. E molto a proposito la Sposa non dice il tuo talamo, ma sì il nostro talamo; perocchè la nostra stessa natura egli assunse per risanarla, e santificarla, onde in esso noi pure della requie, e della felicità stessa di lui dive nissimo eredi. E celebrando la bellezza del talamo, nel quale il Verbo di Dio venne a posarsi, non vienella nel tempo stesso la Sposa ad ammonire, ed esortare tutte le anime, che bramano di ricever Cristo, e di unirsi con lui a preparare, e ornare colle sante virtù la loro coscienza, afflin di renderla albergo non indegno di tanta grandezza, e maestà?
1,16:Delle nostre case le travi (sono) di cedro, ec. Ecco la parafrasi Caldea di queste parole: disse Salomone profeta: Quanto è bella la casa del Santuario edificata da me con legname di cedro ma quanto è più bella la casa del Santuario, che sarà edificata ne' giorni del Messia. Di questa casa adunque la bellezza, e la gloria è celebrata in questo luogo, quantunque non una, ma più case si accennano, mentre si dice, le travi delle nostre case; ma sebbene una sola è la Sposa, ed una sola è la vera Chiesa, contuttociò ella è ancora molte case, e molte chiese (come una casa grande molte stanze, ed appartamenti contiene) riunendosi in essa, e al centro comune della unità (il Romano Pontefice) le molte particolari Chiese aventi i propri Pastori; e queste sono quelle case, delle quali diceva Davidde parlando della nuova Sionne: nelle case di lei Dio sarà conosciuto, Psal. XLVII. 4.: ma v'è ancora di più; perocchè ogni giusto rigenerato in Cristo Gesù, e fedele alla sua vocazione santa, è casa, e tempio di Dio: quindi dice l'Apostolo: Cristo come figliuolo nella casa sua propria, la qual casa siamo noi, se ferma sino al fine ritenghiamo la fiducia, e la gloria della speranza, Heb. III. 6.; e altrove: non sapete voi, che siete templi di Dio o I. Cor. III. 16. E similmente s. Pietro: voi pure come pietre vive siete edificati sopra di lui (Cristo) casa spirituale, 1. Petr. II. 5. il cedro è legno assai stimato principalmente per essere incorruttibile, il cipresso e per la incorruzione, e pel suo buono odore, come notò Teodoreto. Vuolsi adunque significare come questa casa spirituale ha fermezza grande, e stabilità, ed ornato ammirabile. E sebbene non pochi Interpreti per queste travi e soffitte intendano significate certe classi di persone, che sono nella Chiesa; con tuttociò molti altri assai meglio, per quanto mi sembra, credono indicate le virtù, che debbono generalmente risplendere nella Chiesa, la fede ferma e costante anima ta dalla speranza, e la santità de' costumi, per cui ogni fedele diventa il buon odore di Cristo a Dio, come diceva l'Apostolo, 1 Cor. 1. 15. Un'altra casa ancora ha la Chiesa, ma casa infinita mente più bella, di cui parlava l'Apostolo II. Cor. v. 1. E noto a noi, che ove la terrestre casa di questo nostro tabernacolo venga a disciogliersi, un edificio abbiamo da Dio, una casa non mano fatta ne' cieli. Casa di terra, e tabernacolo (o sia padiglione) che non è fisso albergo, ma solo a tempo, è chiamato da Paolo il corpo mortale, col discioglimento del quale speriamo, e desideriamo di arrivare a quell'altra casa gloriosa ed eterna, che è ne' cieli, della quale ancora fu detto da Cristo: nella casa del Padre mio sono molte mansioni, Joan. XIV. 2, onde ella pure ed è una casa, ed è quasi molte case, perchè diversi sono ivi i gradi di gloria secondo i diversi meriti dei giusti, i quali come stelle differiscono l'una dall'altra nello splendore, 1 Cor XV. 41.
AMDG et DVM

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