mercoledì 26 febbraio 2020

Cantico de' cantici - 6

Cantico dei cantici - 6

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1Il mio Diletto è disceso nel suo orto all'arcola degli aromati per pascolare negli orti, e cogliere de' gigli. 2Io al mio Diletto, e a me il Diletto mio, il quale tra' gigli pascola. 3Bella se' tu, o amica mia, soave,e splendida come Gerusalemme, terribile come un esercito messo in ordine di battaglia. 4Volgi da me gli occhi tuoi, perch'ei mi fecero sorvolare: i tuoi capelli come un gregge di capre, che spuntano dal Galaad. 5I tuoi denti come un gregge di pecorelle, che tornano dal lavatoio, tutte con parti gemelli, e sterile tra queste non è. 6Come la scorza di melagrana, così le tue guance senza quello, che in te si nasconde. 7Sessanta sono le regine, e ottanta le spose di secondo ordine, e le fanciulle sono senza numero. 8Una è la mia colomba, la mia perfetta, ella è unica della sua madre, eletta alla sua genitrice: la videro le donzelle, e beatissima la chiamarono; le regine, e le spose di secondo ordine, e la lodarono. 9Chi è costei, che esce fuora come aurora sorgente, bella come la luna, eletta come il sole, terribile come un esercito messo in ordine di battaglia? 10Io discesi nell'orto delle noci per vedere i pomi delle valli, ed osservare se la vigna fosse fiorita, e se germogliassero i melagrani. 11Io fui nell'ignoranza: l'anima mia mi conturbò per ragione dei cocchi di Aminadab. 12Ritorna, ritorna, o Sulamitide ritorna, ritorna, affinchè non ti veggiamo.

Note:
6,1:  Il mio Diletto è disceso, ec. Alla interrogazione delle figlie di Gerusalemme risponde la Sposa indicando il luogo dove è lo Sposo, e dove potranno trovarlo. Il mio Diletto, dice ella, non è andato lontano: egli è andato nel suo orto: se volete cercarlo, venite voi con me, e lo troverete. Vedemmo già come orto di Cristo ella è la Chiesa cattolica, e in questa Chiesa egli sta sempre per la fede vera, e per la sua grazia, e in questo solo luogo si hanno gli aiuti, e i mezzi per trovar Cristo, la schietta, e pura dottrina, i sacramenti, il sacrifizio, il sincero culto di Dio. 
Fuori di questa Chiesa tutto è arida terra, e deserta, onde egli stesso avvertì i suoi Discepoli a non fidarsi di chi volesse insegnar loro altro luogo dove trovarlo:se vi diranno: Ecco che egli è nel deserto, non vogliate muovervi: eccolo in fondo della casa, non date retta, Matt. XXIV. 26. Perocchè (soggiunge s. Girolamo) Cristo non trovasi nel deserto de' gentili filosofi, non nella casa de' falsi sapienti, non ne' nascondigli degli Eretici, ma solamente nel suo orto. In questo orto la Sposa nomina in primo luogo l'Areola degli Aromati, vale a dire una parte dell'orto istesso piantata di arboscelli aromatici, e ciò sembra indicare tutte le anime, le quali in qualunque stato distinguonsi per esimia perfezione di virtù, onde sono il buono odore di Cristo a Dio, e queste anime visita con particolar cura, ed affetto lo Sposo. In secondo luogo ella nomina gli orti, cioè li scompartimenti dell'orto assai vasto in altri orti particolari, che sono le Chiese diverse, nelle quali tutte fa egli l'ufficio di buon Pastore verso le sue pecorelle, e dove egli stesso pascola, deliziandosi delle virtù, delle buone opere, de' santi affetti, che ivi ritrova: e questi sono i gigli, che egli raccoglie, e de' quali dilettasi sommamente per l'incredibile amore, che egli ha al bene delle anime. 
Queste virtù, e queste buone opere dicesi ancora, ch'ei le raccoglie come per riporle nel suo seno, e serbarle alla ricompensa, ed al premio, con cui vuol coronarle, d'onde apparisce ancora di qual pregio sieno le stesse opere dei giusti negli occhi dello Sposo, considerate da lui come frutti degni della vita eterna, perchè sono frutti principalmente della grazia del Salvatore.

6,2: Io al mio Diletto, ec. Il senso di queste parole si è spiegato cap. II. 16: Aggiungo solamente, che di qui apparisce, come lo Sposo si è fatto nuovamente vedere alla Sposa, la quale in tali proteste di amore prorompe, e quasi lo addita, dicendo: Ecco là il mio Diletto, io lo veggo pascolare tra' gigli. E le stesse proteste di costantissimo, e ferventissimo affetto sono un nuovo invito alle figlie di Gerusalemme, perchè allo Sposo si dieno senza riserbo a imitazione di lei, che è tutta del suo diletto, il quale è sua porzione, sua eredità, e tutto il suo bene. 
Notò il Nisseno, che l'impegno della Sposa si è di conformarsi in tutto allo Sposo, talmente che chiunque la vegga, creda di vedere lo Sposo, come a chi vede un buono, e fedele ritratto pare di vedere la persona stessa, ch' ei rappresenta, e chi l'immagine di un altro nello specchio rimira dice subito, egli è quel desso: Così (segue a dire il Nisseno) quando l'anima sarà ben disposta, e di tutte le macchie, e imperfezioni di questa vita sarà purificata, imprimerà in se stessa di quella eterna bellezza l'immagine. Questo sentimento del Nisseno è molto simile a quello di Paolo là dove avendo descritto l'induramento, e la cecità, in cui cadde Israelle, riguardo a'veri Fedeli pronunzia: Noi tutti però a faccia svelata, mirando come in uno specchio la gloria del Signore, nella stessa immagine siam trasformati di gloria in gloria come dallo spirito del Signore, II. Cor. III. 18.


6,3: Bella se' tu, o amica mia, soave, ec. L'Ebreo in vece di soave, ha una voce, che significa soavità, speciosità, e può essere anche nome proprio di una città, cioè di Thirsa, ovver Thersa, la qual città fu dipoi residenza de' Re di Samaria; questa città, come vedesi da vari luoghi delle Scritture, dovea essere in sito di grande amenità, e da questo ebbe il nome. Così la Sposa sarebbe rassomigliata a due bellissime città reali, e direbbesi: Tu se' bella, o amica mia, come Thersa, splendida come Gerusalemme.
     Piacque talmente allo Sposo lo zelo, con cui la Sposa cercò di trarre all'amore di lui le figlie di Gerusalemme, che repentinamente si rivolge a lodarla più di quello, che avesse mai fatto finora: bella se'tu, e soave, ovvero la stessa soavità, tanto tu se' grata, ed amabile a chiunque ti mira. Splendida come Gerusalemme: questa fu detta da Geremia: città di perfetta bellezza, gaudio di tutta quanta la terra, Tren. II. 15., e tale ella fu specialmente a' tempi di Davidde, e di Salomone, da'quali fu nobilitata con molti grandi edifici, e particolarmente col famoso Tempio miracolo di grandezza, e magnificenza, cui il simile non vide il mondo; ed anche nei tempi posteriori dopo essere stata soggetta a durissime vicende fu la più illustre città di tutto l'Oriente, come dice Plinio lib. v. 14. 
A Gerusalemme adunque, il cui nome significa visione della pace, è paragonata la Chiesa, nella quale lo Sposo adunò, e ripose tutte le virtù, e le grazie, e i doni celesti, nella quale abita egli stesso, che è sua pace, e sua felicità. Quindi di lei fu scritto: Esulta, e canta inni di laude, casa di Sion, perocchè grande è in mezzo a te il santo d'Israele, Isai. XII. 6.; e altrove: Nostra città forte è Sionne: sua muraglia, e suo parapetto sarà il Salvatore, Isai. XXVI. 2. Vedi anche Isai. Liv. II., e Apocal. XXI. I 10.12.13. ec., dove è descritta la meravigliosa varietà, e preziosità delle vive pietre, onde si edifica la mistica nostra Gerusalemme. Queste vive pietre sono i fedeli ricchi di virtù, e di merito, de' quali ancora sta scritto, ch'ei saranno il manto, di cui ella sarà rivestita, e se ne abbiglierà come Sposa, Isai. XLIX. 18.
Terribile come un esercito ec. Quando lo Sposo parago na la sua Diletta ad un esercito messo in ordine per com battere, ovvero (come porta l'Ebreo) a un esercito unito sotto le sue insegne, egli suppone, che la stessa Diletta ha dei nemici, i quali continuamente le fanno guerra implacabile, onde ella ha da essere sempre in ordine per combattere nella buona milizia. I nemici di lei son nemici ancor dello Sposo, e contro di questi riunita sotto il suo condottiere celeste ella ha da combattere fino alla piena, e perfetta vittoria: e tale è pure la condizione di ogni anima giusta, la cui vita sopra la tera è milizia, come dice Giobbe, VII. I.
L'arme più valida in questa pugna ella è l'orazione, e la istanza, o perseveranza nell'orazione. Perocchè questa (dice il Grisostomo) è un'arme celeste, per cui con uguale facilità si respinge un nemico solo, e mille nemici. Ha però singolare efficacia, e virtù la orazione comune, nella quale la cospirazione, e unione de' fedeli, e i clamori dei sacerdoti hanno incredibil forza per atterrire, e conqui dere i nemici della salute; e per essa principalmente apparisce la Chiesa come un esercito messo in ordine di battaglia.

6,4: Volgi da me gli occhi tuoi, ec. Avea detto, (Cap. IV. 9.) che ella lo avea ferito con uno degli occhi suoi; adesso poi esaltando sempre più la bellezza degli occhi di lei con forte, e graziosa iperbole le dice, che altrove li volga, perchè fuori di se lo rapiscono. Tutto ciò veracemente esprime un eccesso di amore, che parrebbe non solamente straordinario, ma quasi incredibile se non fosse giustificato dalle dimostrazioni di carità, che egli diede col fatto alla Sposa, e nelle quali parve che egli per amore, di lei abbandonasse il pensiero della sua gloria riducendosi a dare tutto se stesso per lei, e a soffrire ogni specie di umiliazioni, e di patimenti.         Ma tanto tempo prima, che adempisse lo Sposo gli eterni consigli di sua misericordia e bontà formati a favore di lei, volendo lo Spirito santo anticipatamente annunziarli, poteva egli servirsi di espressioni più moderate quando la carità di questo Sposo dovea passare ogni termine, ed ogni misura? Ciò sia detto per quelli, i quali a prima vista restando colpiti da tal maniera di parlare, ardissero di dubitare, se questa veramente a un tale Sposo convenga. 
Imperocchè debbono essi considerare, che molto meno secondo le idee della corta umana ragione convenir potrebbe, che il Verbo di Dio, l'unico figlio del Padre, vestita la carne dell'uomo peccatore, benchè senza peccato, in essa patisse e morisse, come patì e morì per amore dell'uomo, e non per alcuna attrattiva ch'ei vedesse allora nell'uomo, ma perchè di beltà, e di virtù, e di ogni bene voleva arricchirlo. 
Ma tornando alla sposizione di queste parole, non è già, che lo Sposo si annoi, o si disgusti, perchè la Sposa a lui tenga rivolti continuamente i suoi sguardi, e lui rimiri e la sua volontà, e a lui s'indirizzi colla viva fede, e col fermo desiderio di piacergli, ma ha voluto anzi con frase sì forte, e con termini sì espressivi dichiarare quanto un tale amore egli ami, e come per ottenerlo stimi bene impiegati tutti gli eccessi di carità, e tutto quello che ha fatto per lei.
I tuoi capelli come un gregge ec. Intorno a questa parte del versetto, e intorno a' due seguenti vedi quello, che si è detto capo I. 2. 3.
6,7: Sessanta sono le Regine, e ottanta le Spose di secondo ordine, ec. Ho voluto esprimere nella versione il vero senso, che ha qui, come in molti luoghi delle Scritture la voce Concubinae. Vedi quello, che si è detto Gen. XXV. 6. 
Queste spose di secondo ordine erano di condizione inferiore alle mogli primarie. I figli di queste entravano a parte della eredità del padre, laddove i figli delle mogli secondarie ricevevano dal padre solamente de' donativi, e, come oggi diremo, de' legati. Non istò qui a dire, che queste Regine, e mogli di secondo ordine, e fanciulle non hanno nulla che fare colle donne raunate da Salomone, perocchè per vederlo basta leggere la Storia sacra dove di Regine, e di mogli si nota un numero assai maggiore, di fanciulle poi che fosser da lui mantenute non si fa parola. Vedi 3. Reg. XI. 
Non me scoliamo adunque, e non confondiamo i fatti di un Re, cui la vergognosa passione delle donne precipitò in un abisso di mali, co' sacrati misteri del vero Salomone, il quale non ha se non una Sposa, e questa amata con perpetua purissima carità, come qui pure si dice. Una sola fu, e sarà sempre la vera religione, ed una per conseguenza fu, e sarà sempre la vera Chiesa depositaria di questa religione: ma perchè questa Chiesa è un corpo grande, ella perciò è composta di molte parti: I molti siamo un sol corpo, diceva Paolo, 1. Cor. X. 3. 17., e un solo è l'ovile, come un solo è il pastore, ma le pecorelle sono molte, e queste in molti branchi divise, Jo. x. 16. E veggiamo ancora con lo stesso Paolo, come tutto all'unità si riduca: Un solo corpo, un solo spirito, come siete ancora stati chiamati ad una sola speranza della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, e un solo Dio, Ephes. IV. 4. 5. 6. questo corpo, perchè è un corpo visibile dovette avere eziandio un capo visibile, che fosse come il centro della unità, e questo capo fu dato alla Chiesa da Cristo nella persona di Pietro, e de' suoi successori i romani Pontefici: Tu se' Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, Matt. XVI. 18. 
Nè debbo lasciar di osservare, che siccome di questa unità, secondo l'Apostolo, è una prova quell'unico battesimo, per cui in questo ovile si entra, ed in questa famiglia, così ne è ancora argomento, secondo lo stesso Apostolo, quel solo pane, di cui tutti i fedeli partecipano: Un solo pane, un solo corpo siamo noi molti, i quali tutti dello stesso pane siamo partecipi, 1. Cor. X. 17., e finalmente ne è argomento quell'unica oblazione monda, la quale in tutta la cattolica Chiesa si offerisce, Malach. 1. Ii. Ed ecco quella unità sì essenziale alla vera Chiesa, e al bene di essa, eccola, dico, preco nizzata tanto tempo avanti dallo Spirito santo, e dallo Sposo di lei, che dice: Una è la mia colomba; e di piu Unica della sua Madre, eletta alla sua Genitrice. 
Questa madre della nostra spirituale Gerusalemme ella è la Gerusalemme celeste, come c'insegna l'Apostolo: Quella, che è lassuso Gerusalemme, che è nostra madre, Gal. IV.26 Perocchè dal cielo venne il capo di lei, dal cielo la nuova legge, che ella professa ed insegna, legge impressa ne' cuori degli uomini dallo Spirito santo, e dal cielo vide scendere questa Sposa l'Apostolo s. Giovanni Apocal. XXI. 10., al cielo aspirano tutti i desideri di lei e tutte le sue speranze sono nel cielo. 
La Gerusalemme del cielo ha questa unica figlia sopra la terra, figlia eletta e cara sopra tutte le cose alla unica madre; e questa figlia ell'è l'unica colomba, l'unica Sposa dello Sposo celeste. Questa unica figlia, e Sposa riceve, e accoglie nella sua società un grandissimo numero di anime, e queste di condizion differenti, e di merito. Quelle le quali in questa famiglia grande hanno il primo posto di onore si chiamano regine, perchè sono le anime perfette sublimi in virtù fatte degne non solo di essere nel numero delle spose, ma di avere tra queste la suprema dignità. Quelle, che hanno il secondo luogo, sono le spose secondarie o questa classe ella è di que' giusti, i quali sono veramente uniti a Cristo mediante la grazia di lui, nella quale vivono, ma a molte imperfezioni essendo soggetti tuttora, formano perciò il secondo ordine delle spose meno privi legiate, e onorate delle prime. 
Le fanciulle poi, le quali nella casa grande non sono nè padrone, nè spose Inna ancelle, sono tutte le anime, le quali mediante la fede, e il battesimo furono incorporate alla Chiesa, ma si rendettero indegne dell'onore dispose per lo peccato con cui e la grazia santificante perdettero, e macchiarono la veste nuziale. Possono però ricuperare la grazia per mezzo della penitenza, e sono sopportate dallo Sposo e perchè si convertano, e perchè al bene, e alla santificazione ser vano delle anime elette. Di queste ultime il numero è maggiore di quello delle prime, e di quello delle seconde, e non è qui fissato, quasi sdegnando lo Sposo di nume rarle perchè troppo a lui sono spiacenti. Similmente più piccolo, che delle secondarie è il delle Spose numero perfette, le quali tutto si meritano l'amore, e la prediezione dello Sposo. 
Vedi August. in 1. epist. Jo. Tract. v. il numero poi di sessanta, e di ottanta sono numeri fissi e determinati, posti in vece di numeri indeterminati secondo il frequente uso delle Scritture; ma si pone il numero fisso per indicare la certezza della Previsione divina, perocchè Conosce il Signore quelli, che sono suoi di tutti questi tre ordini di fedeli si forma l'unica Sposa, l'unica colomba, la perfetta, l'unica della sua Madre, l'eletta della sua Genitrice. 
Veggano gli Eretici, veggano gli Scismatici, veggano tutte le società divise dalla Figlia se sperar possano di aver giammai società, e comunione colla Madre.
La videro le donzelle, ec. È gloria grande di questa sposa, che tutti coloro, che la veggono l'ammirino, e la celebrino con affetto sì grande; e di ogni anima fedele è debito certamente di onorare questa Madre, e di ripetere quest'inno di laude, e chiamarla, com'ella è, beatissima per l'amore eterno del suo Dio, e suo Sposo, il quale d'immensi doni l'arricchì, e beatissima ancora per parte degli Apostoli, che sono suoi fondamenti; per parte dell'immenso stuolo di Martiri, che la sostennero, e la illustrarono: per parte finalmente dell'infinito numero di santi, che ella diede al suo Sposo. 
Quello, che è però di massima importanza per noi si è di apprendere il rispetto dovuto da noi a questa Madre nostra, la quale, come dice l'Apostolo 1. Tim, 15., è colonna, e base di verità, e la docilità, e sommissione con cui dobbiamo ascoltarla, e ricevere i suoi oracoli venerando in essi i dettami dello Spirito Santo, il quale per bocca di lei parla. Per questo imparammo da Cristo, che chiunque non ascolta la Chiesa dee tenersi come un Gentile, ed un Pubblicano. Tutti quelli, che più conobbero lo Sposo, e più degli altri amarono lo Sposo furono sempre i primi nell'amore, e nella venerazione verso la Sposa.
6,9: Chi è costei, che esce fuora ec. Sono mirabilmente dipinti, anzi che annunziati in questo versetto i progressi della Sposa di Cristo. Ella fu come aurora sorgente per tutto quel tempo, nel quale gli Apostoli, e i Discepoli del Salvatore ascoltavano la sua dottrina, ed erano a poco a poco illuminati dal Sole di giustizia, il quale discacciava le tenebre della loro ignoranza, e le deboli e timide loro menti svegliava allo studio, e all'amore della verità, e della virtù. 
Quindi egli diceva loro: Molte cose ho ancora da dirvi, ma non potete adesso portarle; temperando egli la luce delle sue istruzioni per adattarle alla capacità di uomini rozzi ancora, ed imperfetti. Ma venuto il giorno grande, nel quale lo Spirito santo secondo la promessa di Cristo venne sopra i credenti, l'aurora diventò una pie nissima luna, anzi un vero sole. 
Divenne bella la Chiesa come la luna, perchè nel mezzo di un mondo pravo, e perverso, ed accecato dalla idolatria, nella tetra notte di una generale infedeltà cominciò a risplendere per la insigne purezza de' costumi, per la innocenza, e santità della vita, e per la copia di tutte le buone opere; divenne bella, ed eletta come il sole per la non più udita sapienza, e per l'ardentissima carità, con cui tutta si diede a illuminare ogni parte della terra, e ad accendere dapper tutto il fuoco celeste ond' era ripiena. 
Divenne ella finalmente terribile a' Demoni, a' falsi sapienti, e a' tiranni nemici della Fede per la invitta fortezza, e costanza di cui fu rivestita dall'alto. Ed ecco quel gran prodigio, il quale con manifesta allusione a questo luogo, fu descritto da s. Giovanni: Un gran prodigio apparve nel cielo. Una donna vestita di sole, e la luna sotto i suoi piedi, Apocal. XII. 1.: intorno alle quali parole non ripeterò adesso quello, che si è notato qui avanti cap. II. 6.
Aggiungerò solamente, che la luna è figura della umanità di Cristo, il sole figura della divinità. Si avanza adunque la Chiesa bella come la luna per la imitazione, e somiglianza con Cristo, eletta come il sole per la similitudine, e unione con Dio, la qual'unione è il termine della vera virtù. Ella è ancora terribile come un esercito messo in ordine di battaglia, perchè l'ordine, la subor dinazione, la concordia, che è nella Chiesa la rendono formidabile anche all'inferno. Quindi il gran martire s. Ignazio diceva a' cristiani: Quando voi continuamente vi adunate insieme, sono distrutte le forze di Satana, e le infuocate saette di lui, che stimolano al male, cadono a vuoto: perocchè la vostra concordia, e la consonante fede è ruina di lui, e a'satelliti, e amici di lui è tormento, Niente v'ha di meglio della pace di Cristo, per cui si tolgono tutte le guerre degli spiriti dell'aria, e de terrestri, Ep. ad Eph.
6,10: Io discesi nell'orto delle noci per vedere ec. Queste parole per sentimento quasi comune degl'Interpreti sono dello Sposo. Vedi s. Girolamo sopra il capo XII. di Zaccaria. Alcuni per l'orto delle noci intendono un luogo piantato non tanto di noci, ma ancora di tutti quegli arbori, il frutto dei quali sotto dura corteccia è rinchiuso. Quando lo Sposo dice: Io discesi,viene a rammemorare la sua incarnazione, nella quale discese dal cielo, Jo. VI. 38., come disse egli stesso, e si annichilò presa la forma di servo, Philip. II. 7. Quando poi egli aggiunge, che discese nell'orto delle noci, volle dire, che discese nel suo orto, in un orto, che era figura di lui medesimo. Imperocchè al frutto del noce è egli paragonato, perchè in lui la divinità era coperta dalla carne, che egli assunse; e di piu questa carne, benchè senza peccato volle ancor soggettare a tutte le amarezze di una vita povera, e travagliata, e a tutte le asprezze della passione; onde quasi da doppia scorza, e da doppio velame l'essere divino di lui rimaneva coperto, e nascosto.
La Chiesa ancora, e l'antica e la nuova, sono paragonate all'orto delle noci, ma in diversa maniera. L'antica sotto la scorza de' riti, e de' sacrifizi carnali, sotto il velo eziandio degli avvenimenti di quel popolo nascondeva il Messia. Così per esempio, (come notò l'Apostolo) Cristo era la pietra, la quale percossa da Mosè colla verga diede acqua nel deserto al popolo sitibondo; la pietra, dico, era Cristo, perchè figura di Cristo, il quale percosso nella passione dovea diventare fonte perenne di grazia, e di vita per le anime.              Venne adunque il Cristo alla Sinagoga, e ruppe la scorza della noce, e tolse il velame della lettera, e si manifestò come vero Messia adempiendo tutte le figure, tutte le profezie, che parlavano di lui. Ma i Giudei, e principalmente i loro Maestri, li Scribi, i Farisei, e i Sacerdoti stessi seguendo i pregiudizi del cor rotto loro cuore, piuttosto che gli oracoli delle Scritture, e volendo un Messia a modo loro, restarono nell'accecamento, e anzi della propria loro opinione, e delle vane loro tradizioni si fecero (per così dire) un nuovo denso velo, per cui nulla più intesero de' misteri nascosti sotto la lettera della legge, i quali sotto de' loro occhi si adempivano, senza che ei vi riflettessero, e senza che si prendesser pensiero d'intenderli. 
Così nella superba loro ignoranza non vollero, che potesse essere il Cristo un uomo, che nascondeva la sua grandezza sotto la scorza di una gran poverta, e di una umiltà profondissima. Mentre però la massima, e più riputata parte della nazione Ebrea rinunziava al Messia, egli andava a poco a poco piantando il suo nuovo orto delle noci, la nuova Chiesa, nella quale sotto l'amara ed aspra scorza della penitenza, e nella propria annegazione si nascondevano i preziosi frutti della grazia; la qual grazia predetta, e figurata nell'antica legge, effettivamente non si ha se non nella nuova.
      Scese adunque il Cristo nell'orto delle noci, venne a visitare la Sinagoga, e a visitare specialmente le piante fruttifere poste nelle valli, per le quali piante sono significate le anime umili, delle quali non era totalmente priva la Sinagoga, e queste con grande ansietà aspettavano la venuta di lui. Discese ancora per osservare se la vigna tutta del Signore degli eserciti fosse fiorita, e questa secondo la interpretazione d'Isaia (cap. v. 7.) ella è la casa d'Israele. 
Questa vigna quanto alla porzione più grande non era fiorita; ed anzi, dopo che il Signore con molta mansuetudine, e pazienza, e carità l'ebbe coltivata assai lungo tempo, in vece di uve non diede se non lambrusche. Ma nei poveri, negli umili di quel popolo fiorì la vigna, e massimamente negli Apostoli, e ne' Discepoli, che diedero speranze di ottimo frutto. 
Questi sono ancora figurati nelle piante di melagrani, i quali lo Sposo visita per vedere se abbiano germogliato, ovvero (come leggono i LXX) se abbiano gettati i fiori. In questi veramente lo Sposo trovò i fiori, trovò ottimi desideri, li trovò pronti a bere il calice, che dovea bere egli stesso, ed uno di essi ancor più fervente gli disse: Sono pronto a ire con te alla carcere, e alla morte. Vero è, che la tentazione dissipò questi primi fiori; ma poco dopo e fiori, e frutti copiosi di carità, di pazienza, di fortezza trovò egli in queste sue elette piante, negli Apostoli e ne' Discepoli, i quali alla cognizione, e all'amore di lui condussero infinito numero di credenti.

6,11: Io fui nell'ignoranza: l'anima mia ec. A quel che disse lo Sposo nel precedente versetto rispondesi in questo versetto, nel quale per comunissimo parere de' Padri e degl'Interpreti quella che parla ella è la Sinagoga
Ed è da notare per la intelligenza di queste parole, che dove la nostra Volgata legge in una sola parola Aminadab, nell'Ebreo sono due voci Ammi-Nadab, ovvero Nadib, che vuol dire popolo spontaneo, e le difficoltà di grammatica, che potrebbono opporsi a ravvisar qui piuttosto un nome appellativo, che un nome proprio sono tolte dagli stessi Rabbini, coi quali si accordano ancora varie antiche versioni greche.   -   Posto ciò la Sinagoga convertita (come lo sarà un giorno secondo gli oracoli de' Profeti, e di Paolo) confessa qui la miserabile sua funestissima ignoranza, e questa stessa confessione è già indizio di molta sapienza. Questa ignoranza ella è quel velo, che al dire di Paolo anche al dì d'oggi quando si legge Mosè, è posto sul cuore degli Ebrei, e sarà tolto allorchè siasi Israele rivolto al Signore, II. Cor. III. 15. 16. 
Allora la Sinagoga compunta dirà: Lo Sposo venne nell'orto delle noci, visitò la sua vigna, ma io fui nell'ignoranza, non conobbi lo Sposo, non conobbi il Messia, non conobbi il tempo diella visita, che ei mi faceva, e si adempie per mia sciagura quel terribile oracolo: Acceca il cuore di questo popolo, e istupidisci le sue orecchie, e chiudi i suoi occhi, Isai. VI. 10. 
Così la Sinagoga un giorno confesserà contro se stessa la sua ingiustizia al Signore, ed egli le per donerà l'empietà del suo peccato, vale a dire del gran rifiuto, Ps. XXXI. 5. Questa ignoranza, e questa deplorabile cecita fu addotta da Cristo al Padre nella sua orazione pei medesimi Ebrei, affin di muoverlo a misericordia: Padre perdona loro, perocchè non sanno quel, ch'ei fanno, Luc. XXIII. 34. 
Perocchè se conosciuto l'avessero, avrebbon eglino mai crocifisso il Signore della gloria? Erano adunque ciechi gli Ebrei, e guidati da ciechi, che tali erano gli Scribi, i sacerdoti, i capi del popolo. 
E anche quando gli eletti uomini di questa infelice nazione ebber portata per una gran parte di mondo la parola dell'Evangelio rigettata da Israelle, e colla efficacia della predicazione, e cogl'infiniti miracoli ebber condotto ad obbedire alla Fede le turbe dei Gentili, la Sinagoga non solo non credette, non solo non riconobbe il Messia, ma anzi nella incredulità si ostinò sempre più, ma anzi fu maggiormente turbata, e disgustata, com'ella dice, dal vedere i cocchi del popolo gentile, del popolo spontaneo, il quale con gran voga correva ad abbracciare la Fede, e unirsi alla nuova Chiesa. 
Questo popolo spontaneo è quello, di cui lo Sposo disse per Isaia: Sono stato trovato da quelli che uon mi cercavano ec., Rom. VIII. 19.20., Isai. LXV. I. Questo popolo correrà con allegrezza, e festa, e solennità alla Chiesa a confessare, e adorare Gesù Cristo. Ed ecco la nuova cagione di turbamento, e di scandalo per la Sinagoga. 
Gli Ebrei o non credevano, che dovesse essere giammai aperta a' Gentili la porta della salute, o non credevano che a salute potesser quelli pervenire senza passare pel Giudaismo, e sottoporsi alle cerimonie legali. L'ebreo superbo disprezzava i Gentili, i quali per la corruzione somma de' loro costumi sono più volte ne' Profeti rassomigliati alle bestie, ed alle fiere selvagge. 
Ma Cristo, come dice l'Apostolo, fu ministro dei circoncisi per adempiere le promesse fatte a' Padri; le genti poi onorino Dio per la sua misericordia; perocchè egli al domestico ulivo innestò la marza dell'ulivo salvatico, come dice lo stesso Paolo Rom. XI. 24. Innestati in tal guisa a Cristo i Gentili, non solo divennero una sola cosa in Cristo Gesù; non solo divenner membri di Cristo, ma divennero ancora per conseguenza seme di Abramo, quel seme, a cui furono fatte da Dio le promesse, come ragiona l'Apostolo: Se voi siete di Cristo, dunque siete il seme di Abramo, eredi secondo la promessa, Gal. III. 29. 
La Sinagoga però da questo ancora prese motivo di disprezzare la Chiesa istessa, e di alienarsi da lei sempre più, come osservò l'Apostolo dicendo a' Gentili, che per cagion loro gli Ebrei erano nemici della Chiesa di Cristo: nemici per causa vostra. Ed ecco quello, che la Sinagoga pentita, e genente esprime con queste parole: L'anima mia mi conturbò per ragione de' cocchi di Aminadab, Rom. XI. 28.


6,12: Ritorna, ritorna, ec. Ma la nazione de' Patriarchi, e Profeti, gli Ebrei, da' padri de' quali venne anche il Cristo, hann'eglino inciampato sol per cadere? No, dice l'Apostolo; ma il loro delitto è salute alle genti, ond'essi prendano ad emularle, e uscendo dalla loro incredulita al naturale ulivo sieno nuovamente innestati. Perocchè l'induramento è avvenuto in una parte a Israele, perfino a tanto che sia entrata la pienezza delle genti, e così si salvi tutto Israele, Rom. XI. II. 23. 
Questa conversione d'Israele è aspettata dalla Sposa di Cristo, la quale ardentemente bramando di veder riunita seco, e collo Sposo la ripudiata, la chiama, la esorta, e con affetto grande la pressa a tornare. Quindi è che col nome di Sulamitide l'appella, che vuol dire una, che appartiene al pacifico. Perocchè secondo la più plausibile interpretazione dalla voce Salomon è derivato questo nome di Sulamitide Ed è come se volesse dire la Sposa: O tu, che al Re di pace appartieni, e a lui se' promessa come suo retaggio insieme colle altre genti: O tu, che più di qualunque altra gente dovevi essere porzione nobilissima del suo regno, e da lui ti separasti per ignoranza, ritorna, ritorna alla tua pace, ritorna al tuo Sposo, ritorna, ritorna affinchè noi ti veggiamo, affinchè noi godiamo di sì bello, e giocondo spettacolo, qual sarà quello della tua riunione con noi. 
Questo grande spettacolo, il ricevimento degli Ebrei nella Chiesa, sarà per la Chiesa stessa una risurrezione da morte, come dice l'Apostolo XI. 15. Ed egli vuol dire, che la conversione piena del Giudaismo, non solo consolera incredibilmente la Chiesa, ma servirà grandemente a ravvivare la carità, e lo spirito di religione in tiepidito, o raffreddato ne' cuori delle nazioni. Quand'ei saran ricevuti, il fervore della loro carità, e il nuovo spirito, onde saranno animati, e gli esempi della viva loro fede faranno rossore a' vecchi cristiani, e gl'indurranno a migliorare i loro costumi. 
Con ragione adunque la cattolica Chiesa, e tutti i veri figli di lei sospirano questo ritorno, e a Dio lo domandano,e nella espettazione del tempo stabilito negli eterni decreti peravvenimento si grande, con ogni dimostrazione di carità procurano in tutte le occasioni di far conoscere agli stessi Ebrei la compassione sincera del misero stato loro, e il desiderio della loro riunione.
SANCTA MARIA, 
DULCIS VIRGO ET SPECIOSA
ora pro nobis.

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