Carissimo Amico/Amica,
Il 25 marzo 1858, verso le quattro
del mattino, Bernadette Soubirous lascia la «segreta», la catapecchia in cui
abita la sua famiglia, per recarsi alla grotta di Massabielle, dove, dall'11
febbraio, le appare una misteriosa Signora. L'adolescente di quattordici anni
attraversa Lourdes addormentata, accompagnata da alcune persone cui sua zia ha
rivelato il segreto. Ha appena recitato una posta del rosario davanti alla
grotta, quando la Signora le si manifesta. Sorridente, le fa segno di
avvicinarsi. Bernadette si trova allora vicinissima alla Visitatrice cui
trasmette, nel suo dialetto regionale, la richiesta pressante del suo Curato:
«Signora, vuol avere la bontà di dirmi chi è?» L'Apparizione sorride e non
risponde. Per due volte, la ragazza ripete la domanda. La terza volta, la
Signora, che tiene le mani aperte, le congiunge all'altezza del cuore e dice:
«Que soy era Immaculada Councepciou... (cioè: Sono l'Immacolata Concezione).
Desidero che qui sorga una cappella...» Poi, sempre sorridendo, si dilegua.
Sulla via del ritorno, Bernadette
non smette di ripetere, per paura di dimenticarle, quelle parole
incomprensibili per lei: «Que soy era Immaculada Councepciou». Corre dal Signor
Curato e gli dichiara, senza nemmeno salutarlo: «Que soy era Immaculada
Councepciou. – Cosa dici mai, piccola presuntuosa? – È la Signora che mi ha
detto queste parole... – La tua Signora non può avere questo nome! Ti sbagli!
Sai cosa vuol dire l'Immacolata Concezione? – Non lo so; per questo ho ripetuto
le parole continuamente, fin qui, per non dimenticarle».
Come potrebbe sapere cosa significa
«l'Immacolata Concezione», lei che non ha ancora imparato a leggere e che si è
appena iscritta al Catechismo? Ma il sacerdote lo sa benissimo: meno di quattro
anni prima, papa Pio IX ha proclamato la Santa Vergine immacolata nella
Concezione. Nella Bolla Ineffabilis, dell'8 dicembre 1854, ha
detto: «Noi determiniamo che la dottrina che considera che la Beata Vergine
Maria è stata, fin dal primo istante della sua concezione, per una grazia ed un
privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù
Cristo, Salvatore del genere umano, preservata intatta da ogni macchia del
peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio, e pertanto essa deve essere
fermamente e costantemente creduta da tutti i fedeli». Più di diciotto secoli
dopo Gesù Cristo, attraverso tale atto solenne, il Papa ha definito un nuovo
dogma. Certi si chiedono: come è possibile? La Chiesa ha un simile potere? La
Rivelazione non è finita con Gesù Cristo?
Effettivamente, nella Lettera agli
Ebrei, si legge: Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte
volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi
giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb. 1, 1-2). San Giovanni della Croce commenta questo
passo nei seguenti termini: «Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che
è la sua unica e definitiva Parola, Dio non ha da dirci altre parole. Ci ha
detto tutto in una sola volta con questa sola Parola... infatti quello che un
giorno diceva parzialmente ai profeti, l'ha detto tutto in suo Figlio, dandoci
questo tutto che è suo Figlio». Il Concilio Vaticano II ricorda anch'esso:
«L'economia cristiana, in quanto è Alleanza Nuova e definitiva, non passerà mai
e non c'è da aspettarsi alcuna nuova Rivelazione pubblica prima della
manifestazione gloriosa di nostro Signore Gesù Cristo» (Dei Verbum, n.
4).
Progredire nell'intelligenza
della fede
«Tuttavia, insegna il Catechismo
della Chiesa Cattolica, anche se la Rivelazione è compiuta, non è però
completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente
tutta la portata nel corso dei secoli» (CCC, n. 66). La Rivelazione è stata
affidata da Dio alla Chiesa, perchè essa la trasmetta e la interpreti.
«L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa
è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui autorità è
esercitata nel nome di Gesù Cristo... Il Magistero della Chiesa si avvale in
pienezza dell'autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma,
cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un'irrevocabile
adesione di fede, propone verità contenute nella Rivelazione divina... Così,
grazie all'assistenza dello Spirito Santo, l'intelligenza tanto delle realtà
quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita della
Chiesa» (CCC, nn. 85-88-94); cosa che si è realizzata in particolare con la
definizione del dogma dell'Immacolata Concezione.
Questo dogma si basa, nella Sacra
Scrittura, sul saluto dell'Angelo Gabriele alla Vergine Maria: Ti
saluto, o piena di grazia (Luca 1, 27); tale pienezza di grazia è
veramente completa solo se si estende, nel tempo, al primo istante della vita
della Santa Vergine, quello della sua concezione. Tuttavia, questo passo del
Vangelo, pur fornendo una preziosa indicazione, non basta, da solo, a
dimostrare la verità dell'Immacolata Concezione della Santissima Vergine;
perchè la luce che contiene sia afferrata pienamente, bisogna ricorrere alla
testimonianza della Tradizione. Infatti, la Chiesa «non trae la certezza su
tutti i punti della Rivelazione dalla sola Sacra Scrittura. Per questo la
Scrittura e la Tradizione devono esser ricevute e venerate con pari sentimento
di pietà e di rispetto» (Concilio Vaticano II, Dei Verbum, n. 9).
La credenza nell'immacolata
concezione di Maria risale ai primi secoli della storia della Chiesa. I Padri
della Chiesa che ne hanno parlato sono unanimi nel riconoscere che la Madre di
Gesù Cristo è la sposa tutta bella e senza macchia di cui è
questione nel Cantico dei Cantici (4, 7). Sant'Efrem († 373) scrive che la
Madre di Dio è «piena di grazia..., tutta pura, tutta immacolata, tutta senza
peccato..., assolutamente estranea a qualsiasi lordura ed a qualsiasi macchia
del peccato» (Oratio ad Deiparam). La festa liturgica della Concezione
di Maria (8 dicembre) esiste almeno dal settimo secolo nella Chiesa greca.
Grandi teologi, nel Medioevo, hanno, è vero, formulato obiezioni contro la
credenza nell'Immacolata Concezione, che sembrava loro costituire una minaccia
per l'universalità della Redenzione di Cristo. Il beato Giovanni Duns Scoto (1266-1308), e, come lui, i teologi
della scuola francescana, hanno risposto che Maria è rimasta immune da ogni
macchia del peccato originale, in previsione dei meriti futuri di Gesù Cristo,
Salvatore del genere umano; la Santa Vergine è stata dunque effettivamente
riscattata dal Sangue di Gesù Cristo, ma in un modo affatto sublime, quello
della preservazione dal peccato.
San Massimiliano Maria Kolbe, morto quale martire della carità
ad Auschwitz nel 1941, figura fra i Francescani che hanno parlato meglio
dell'Immacolata Concezione. San
Francesco Antonio Fasani, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 13
aprile 1986, è meno noto: molto tempo prima della proclamazione del dogma,
questo frate ha avuto il merito di far
conoscere ed amare l'Immacolata.
Il «peccatore
dell'Immacolata»
Antonio Giovanni Fasani è nato il 6 agosto 1681 a Lucera
(Foggia), nelle Puglie (sud-est dell'Italia). I suoi genitori sono di umile
condizione; il padre si guadagna la vita quale bracciante agricolo. Nella
famiglia Fasani, povera di beni materiali, si è ricchi di fede. Tutte le sere,
si recita il rosario davanti ad un'immagine di Maria Immacolata. Antonio trova
presso la madre le radici della sua profonda devozione alla Santa Vergine. Fin
dal 1695, a quattordici anni, il ragazzo è accolto dai Frati Minori
Conventuali. L'anno seguente, pronuncia i voti con il nome di Fra Francesco
Antonio, nel convento di Monte Sant'Angelo. Il giovane monaco ha un
temperamento vivace e ardente, temperato da un'umile riserva. Si è fatto Monaco
per diventare perfetto.
Dal 1696 al 1709, Fra Francesco
Antonio continua gli studi di teologia, che conclude ad Assisi, conseguendo il
grado di Maestro, il che fa che venga chiamato «Padre Maestro». Il suo affetto
e la sua venerazione per l'Immacolata non cessano di crescere e, nella sua
umiltà, egli definisce spesso se stesso come «il peccatore dell'Immacolata»,
vale a dire un povero peccatore riscattato dall'intercessione di Maria
Immacolata.
Per la Quaresima del 1707, Padre
Fasani viene mandato improvvisamente a predicare a Palazzo, non lontano da
Assisi. La sua giovane età, la sicurezza del suo sapere teologico, il calore
della sua voce, l'ascetismo del viso da cui traspare una vita interiore
profonda, come pure la convinzione che lo anima, provocano nel popolo
entusiasmo ed edificazione. Un testimone riferisce: «Predicava con un fervore
sensibile, in modo che imprimeva nell'anima degli ascoltatori le verità che
annunciava... Parlava della Santa Madre di Dio con un tal trasporto di
devozione, una tale tenerezza ed un'espressione del volto talmente affettuosa,
che sembrava aver avuto un colloquio faccia a faccia con Lei».
Il male più grave
Tornato a Lucera, dove rimarrà per
tutta la vita, predica ivi e in tutta la regione delle Puglie. La sua
predicazione, basata sulla Parola di Dio, non lascia nessun posto alla
fioritura retorica, tanto in onore all'epoca. Padre Fasani manifesta un orrore
e un disappunto indicibile quando vede Dio offeso o quando gli si riferiscono
azioni peccaminose. Quest'orrore del peccato, condiviso da tutti i Santi, non è
per nulla esagerato. Sant'Ignazio di Loyola, negli Esercizi Spirituali, tante
volte raccomandati dalla Chiesa, invita colui che partecipa ad un ritiro
spirituale a chiedere alla Santa Vergine la grazia di conoscere intimamente i
propri peccati e di concepirne orrore (n. 63).
Il Catechismo della Chiesa
Cattolica insegna: «Agli occhi della
fede, nessun male è più grave del peccato, e niente ha conseguenze peggiori per
gli stessi peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero» (n. 1488).
Infatti, per il peccatore, la conseguenza del peccato mortale (cioè del peccato
commesso in materia grave, con piena coscienza e pieno consenso) significa la
perdita della grazia santificante; e, se muore in tale stato, la privazione
della vita eterna. San Paolo avverte di ciò i Corinti: “O non sapete
che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: nè immorali,
nè idolatri, nè adulteri, nè effeminati, nè sodomiti, nè ladri, nè avari, nè
ubriaconi, nè maldicenti, nè rapaci erediteranno il regno di Dio” (1
Cor. 6, 9-10).
Ed a colui che si avvale della
bontà di Dio per rimanere nel peccato e rassicurarsi sulla sua sorte eterna,
san Paolo risponde: “O ti prendi gioco della ricchezza della bontà di
Dio, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà
di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore
impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della
rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le
sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano
gloria, onore e incorruttibilità; sdegno ed ira contro coloro che per
ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia (Rom.
2, 4-8).
Dal pulpito, san Francesco Antonio
si infiamma contro i vizi e gli scandali pubblici. Allora, fioccano contro di
lui reazioni di sdegno e ingiurie: lo si taccia di isterico e di rozzo; ma, in
fin dei conti, si va comunque a confessarsi da lui. Ogni giorno, rimane per
parecchie ore nel confessionale, accogliendo persone di tutte le specie con la
massima pazienza e con il volto gioioso. Le sue parole tendono ad ispirare il
pentimento e la volontà di correggersi. Questo ministero finisce coll'assorbire
la maggior parte del suo tempo. Grande è la sua gioia quando riesce a portare
alla conversione gente dai costumi dissoluti o scandalosi, peccatori
inveterati.
Maria, rifugio dei peccatori
Nella sua lotta contro il peccato,
il santo ricorre a Maria Immacolata. Sottolinea che se la Madre di Dio è
immacolata, è per essere il rifugio dei peccatori. La sua purezza cancella le
nostre macchie e ci rende puri; il suo splendore allontana le nostre tenebre.
Dopo il peccato di Adamo e Eva, Dio dice al serpente (cioè al demonio): Io
porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa
ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno (Gen. 3, 15
[Vulgata]). I Padri della Chiesa hanno visto questa profezia compiersi nella
Vergine Immacolata, nuova Eva, che ha assecondato in modo unico il divino
Figlio, nuovo Adamo, nella sua lotta contro il male.
Ai peccatori che vogliono
convertirsi, Padre Fasani ripete instancabilmente che Maria, nemica del
peccato, è in pari tempo la Madre della misericordia e la «porta del Cielo»
perchè ci invita a pregare, a frequentare i sacramenti della penitenza e
dell'Eucaristia, ad ascoltare il suo divino Figlio ed a seguirLo. San
Massimiliano Maria Kolbe, due secoli più tardi, giungerà fino a dire che l'Immacolata è la personificazione della
misericordia divina: non aggiunge nulla alla misericordia di Dio, che passa
attraverso il Sacro Cuore di Gesù; ma, conformemente alla volontà di suo Padre,
Gesù vuole che la misericordia sia dispensata dalle mani di Maria.
Nell'Immacolata Concezione, san
Francesco Antonio vede in primo luogo la realtà positiva, la sublimità della
grazia che innalza fin dal primo istante la persona di Maria, perfettamente
santificata in vista della sua missione di Madre di Dio. Mette in luce, come in
contrasto con la grandezza del dono divino, l'umiltà della Vergine in quanto
creatura; la sublimità le viene esclusivamente da Dio: non è una conquista
della natura umana. Padre Fasani sottolinea anche che dopo quell'inizio
straordinario, la vita di Nostra Signora è stata segnata da una crescita
spirituale costante, in una libera corrispondenza con le grazie di Dio.
In occasione delle prediche, il
santo distribuisce ampiamente, soprattutto ai bambini, immaginette della
Vergine Immacolata, sul retro delle quali è iscritta una pia raccomandazione,
una breve preghiera o un pensiero elevato. I frutti spirituali di tale pratica
semplicissima sono numerosi. La Santa Vergine si degna di compiere guarigioni
miracolose, che si producono quando i malati toccano dette immagini.
Modello dell'anima
d'orazione
Le predicazioni mariali di Padre
Francesco Antonio si concludono sempre con una lezione pratica: i cristiani
possono e devono imitare Maria, perfettissimo modello di fedeltà al Vangelo,
per giungere in sua compagnia all'intimità d'amore con Gesù e appartenerGli
interamente.
Gli piace contemplare nella Madre
di Dio il modello dell'anima d'orazione. La vita della Vergine Immacolata è
stata un colloquio permanente con Dio. Chi più di Essa, dopo il suo divino
Figlio, può insegnarci a pregare? Il santo fa notare ai suoi monaci: «Si studia
Dio, si predica Dio, si discute di Dio, ma lo spirito rimane arido, senza
devozione: molto sapere, e nessuna orazione».
Ma che cos'è l'orazione? A questa
domanda, il Catechismo della Chiesa Cattolica risponde citando santa Teresa
d'Avila: «L'orazione mentale, a mio parere, non è che un intimo rapporto di amicizia,
nel quale ci si intrattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa
amati». L'orazione cerca l'Amore dell'anima mia (Cantico dei
Cantici 1, 7), Gesù, e, in Lui, il Padre. È anche ascolto della Parola di Dio.
Lungi dall'esser passivo, questo ascolto s'identifica con l'obbedienza della
fede, incondizionata accoglienza del servo e adesione piena d'amore del figlio
(ved. CCC, nn. 2709-2716).
La scelta del tempo e della durata
dell'orazione dipende da una volontà determinata, rivelatrice dei segreti del
cuore. Non si fa orazione quando si ha tempo: si prende il tempo di essere per
il Signore, con la ferma decisione di non riprenderglielo lungo il cammino,
qualsiasi siano le prove e l'aridità dell'incontro. L'orazione può farsi
«contemplazione», cioè sguardo di fede fissato su Gesù. «Io lo guardo ed Egli mi guarda», diceva al suo santo curato il
contadino d'Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. La luce dello sguardo
di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore che purifica; ci insegna a vedere tutto
nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini.
La contemplazione porta il suo sguardo anche sui misteri della vita di Cristo.
In questo modo conduce alla conoscenza intima del Signore, per amarLo e
seguirLo di più (cfr. sant'Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali,
n. 104).
Difensore dei poveri
Padre Francesco Antonio pratica la
virtù della povertà dormendo su un pagliericcio nella sua angusta cella,
accontentandosi di poco e portando vestiti usati. La vista degli indigenti lo
affligge, e nelle sue prediche insiste sulla carità nei riguardi dei poveri.
Per essi, mendica denaro e vestiti. Un giorno, un mendicante seminudo gli
chiede qualche vestito per coprirsi. Padre Francesco si spoglia dei suoi
vestiti principali e torna in convento coperto del solo saio.
Gestisce saggiamente la «banca di
credito» che ha sede nel convento ed il cui scopo è quello di proteggere i
poveri contro le speculazioni degli usurai. Grazie a detto ente, può
organizzare una mensa aperta quotidianamente ai bisognosi. Tutti i giorni si vede
accostarcisi un'umile donna del popolo, Isabella Occhiaperti, la madre stessa
di Padre Fasani. Nel paese rovinato dalle guerre, in cui i latifondisti gravano
i contadini di tasse enormi, il Francescano ricorda ai ricchi il dovere di
condividere i beni di questo mondo e di dare un giusto salario ai loro operai.
Oggi come ieri, la pratica della
giustizia sociale è un grave obbligo per i cristiani, specialmente i più
abbienti. «San Giovanni Crisostomo lo ricordava con forza ai suoi
contemporanei: «Non condividere con i poveri i propri beni, è defraudarli e
toglier loro la vita. Non sono nostri i beni che possediamo, sono dei poveri».
Bisogna adempiere innanzitutto gli
obblighi di giustizia, perchè non venga offerto come dono di carità ciò che è
già dovuto a titolo di giustizia. «Quando doniamo ai poveri le cose
indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro
ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di
giustizia» (San Gregorio Magno)» (CCC, n. 2446). Tale dovere di giustizia è
particolarmente grave all'epoca presente, segnata dallo «scandalo delle società
opulente attuali, in cui i ricchi diventano sempre più ricchi, perchè la
ricchezza produce la ricchezza, ed i poveri diventano sempre più poveri, perché
la povertà tende a creare altre povertà. Questo scandalo non esiste solamente
all'interno delle varie nazioni; ha dimensioni che superano ampiamente le
frontiere... In realtà, è lo spirito di solidarietà che deve crescere nel
mondo, per vincere l'egoismo delle persone e delle nazioni» (Giovanni Paolo II,
4 novembre 2000).
L'umiltà che fa i miracoli
Indotto a difendere la virtù di una
ragazza quindicenne, senza mezzi, su cui un gentiluomo ha messo gli occhi, san
Francesco Antonio la porta in un orfanatrofio, dove essa sarà educata
gratuitamente. Cosa che gli procura le minacce e l'odio del gentiluomo che lo
denuncia a Roma, dove deve recarsi per discolparsi. Introdotto alla presenza
del Papa, non dice nulla per difendersi; ma, mentre bacia umilmente i piedi del
Pontefice, questi, che soffre di gotta, si ritrova, a tale contatto,
istantaneamente liberato dal suo male; è così convinto dell'innocenza del
Francescano. La sua obbedienza
produce anch'essa prodigi meravigliosi. Un giorno in cui predica dal pulpito,
il suo vescovo, entrando nella chiesa, gli chiede, davanti a tutti, di tacere;
tace immediatamente. Qualche giorno dopo, il segretario del vescovo viene a
prenderlo: il Prelato, colpito da un violento malessere, reclama Padre
Francesco Antonio al suo capezzale. «Inutile, risponde il santo; ha già
ricevuto la guarigione da Maria Immacolata».
Il 29 novembre 1742, all'inizio di
una novena preparatoria alla festa dell'Immacolata Concezione, Padre Francesco
Antonio Fasani muore di spossatezza. Il 16 aprile 1986, canonizzandolo,
Giovanni Paolo II sottolineava: «Predicatore instancabile, san Fasani non
attenuò mai le esigenze del Messaggio evangelico nel desiderio di compiacere
agli uomini». Possa egli, dall'alto del Cielo, aiutarci a ricorrere
instancabilmente a Colei che, per sempre immune da ogni macchia, può liberarci
da tutto il male che è in noi.
«O Maria, concepita senza peccato,
prega per noi che ricorriamo a Te».
Dom Antoine Marie osb
AMDG et BVM
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