II - Le parole dell'abate Isacco sulla natura della preghiera
«Tutta la finalità del monaco e la perfezione del suo cuore tendono alla continua e ininterrotta perseveranza della preghiera e, in più, per quanto è concesso alla fragilità dell'uomo, all'immobile tranquillità della mente e ad una perseverante purezza, per effetto della quale noi andiamo in cerca instancabilmente ed esercitiamo continuamente non soltanto la fatica del corpo, ma anche la contrizione dello spirito. Esiste fra l'una e l'altra certo quale reciproco e inseparabile legame. E di fatto, come l'ordinamento di tutte le virtù tende alla perfezione della preghiera, così pure, se tutte queste esigenze non saranno fra loro congiunte e aggregate dal complemento della preghiera, non potranno certo perdurare ferme e stabili. Infatti, come senza tali requisiti non sarà possibile acquistare e assicurare una perenne e costante tranquillità di quella preghiera, di cui stiamo parlando, così pure quelle virtù che predispongono alla preghiera non potranno essere assicurate senza l'assiduità dell'orazione. E allora noi non potremo, con un discorso improvvisato, né trattare convenientemente dell'effetto della preghiera né introdurci nel suo fine principale, che si raggiunge con la costruzione di tutte le virtù, se prima, in vista del suo raggiungimento, non richiameremo ed esamineremo ordinatamente quegli elementi che occorre eliminare oppure disporre, e, in più, secondo il contesto del brano evangelico a, non saranno discussi e diligentemente aggregati i coefficienti che contribuiscono alla costruzione di quella spirituale e altissima torre. E tuttavia tali elementi né gioveranno, anche se preparati, né potranno essere sovrapposti l'uno all'altro per raggiungere opportunamente la sommità della perfezione, se prima, una volta effettuata la ripulitura dei vizi e rimossi i grossi e morti ruderi delle passioni, non verranno gettati sopra la terra viva e solida del nostro cuore, come si usa dire, anzi, sulla pietra evangelica, i fondamenti della semplicità e dell'umiltà; è con tali criteri di costruzione che si dovrà edificare la torre delle virtù spirituali al punto da venire immobilmente assicurati fino ad essere elevati con la fiducia d'una propria fermezza ai sommi fastigi dei cieli. Colui che si appoggerà su tali fondamenti, anche se cadranno scrosci di pioggia rovinosa, anche se irromperanno violenti rovesci di persecuzione alla maniera di colpi d'ariete, anche se si scatenerà la terribile tempesta degli spiriti nemici, non solo non lo colpirà alcuna rovina, ma quell'urto non riuscirà in alcun modo a smuoverlo dalla sua fermezza.
III - In che modo si raggiunge una preghiera pura e semplice
Ne segue allora che, affinché la preghiera possa riuscire coltivata con quel fervore e quella purezza, con la quale deve essere condotta, debbono essere osservate in tutti i modi le norme seguenti. Anzitutto dev'essere bandita nel modo più completo la sollecitudine provocata dalle tendenze carnali, in secondo luogo non si deve ammettere alcuna preoccupazione di qualche affare o di qualche altro stimolo, ma neppure, e del tutto, il loro ricordo. Nel modo stesso vanno eliminate le detrazioni, i vani colloqui o quelli prolungati, come pure le scurrilità. In modo completo dev'essere rimosso l'insorgere dell'ira e della tristezza, così come dev'essere estirpato il dannoso fomite della concupiscenza carnale e della brama del danaro. E allora, una volta distrutti ed eliminati tutti questi e simili vizi, i quali possono apparire perfino agli occhi degli uomini, e assicurata, come già abbiamo detto, una tale epurazione purificatrice, la quale si ottiene attraverso una purezza fatta di semplicità e di innocenza, occorrerà gettare anzitutto i fondamenti inconcussi d'una profonda umiltà, i quali, ovviamente, siano in grado di sostenere quella torre che si eleva fino al cielo; in secondo luogo occorre aggiungere la costruzione spirituale delle virtù e impedire all'animo ogni distrazione e divagazione lubrica, in modo che a poco a poco l'animo stesso cominci ad elevarsi alla contemplazione di Dio e alla visione delle realtà spirituali. Tutto quello infatti che l'animo nostro ha concepito prima dell'ora dell'orazione, necessariamente ritornerà a farsi presente attraverso la suggestione della memoria, allorché noi ci metteremo a pregare. Perché, quali noi ci ripromettiamo di essere trovati durante la nostra orazione, tali dobbiamo disporci ad essere prima del tempo destinato alla preghiera.Nell'applicarci all'orazione la mente si ritrova nello stato in cui s'era precedentemente atteggiata: quindi, nel disporsi a pregare, ecco affacciarsi ai nostri occhi l'immagine del nostro abituale comportamento e perfino il ricordo delle parole e le impressioni dei nostri sentimenti, ed eccoci allora inclini, secondo le nostre disposizioni, alla irascibilità o alla tristezza, a risentire in noi i motivi della passata concupiscenza o della grottesca risibilità nel parlare, di cui c'è perfino vergogna a parlare, come pure il facile ricorso a precedenti discorsi. E allora, prima di metterci a pregare, procuriamo di escludere con sollecitudine, dall'intimità del nostro cuore, quanto non vorremmo vi entrasse, appunto per poter adempiere quello che ci è stato suggerito dall'Apostolo: "Pregate senza interruzione", e ancora: "(Voglio che gli uomini preghino) ovunque si trovino, alzando al cielo mani pure, senza ira e senza contese". Noi non saremo in grado di aderire a questi suggerimenti, se la nostra anima, purificata da ogni contagio dei vizi e dedita unicamente alle virtù come a dei beni ad essa connaturali, non si nutrirà della continua contemplazione di Dio onnipotente.
IV- Mobilità dell’anima, che vien paragonata ad una piuma
La natura dell’anima si può paragonare opportunamente ad una lanugine o ad una piuma leggera. Se l’umidità che sopraggiunge dall’esterno non corrompe e non penetra la piuma, essa, per la leggerezza della sua natura, con l’aiuto di un minimo soffio di vento, si leva verso le altezze del cielo. Ma se è appesantita e penetrata da qualche liquido, non solo non sarà più rapita dalla sua naturale leggerezza ai voli per l’aria, ma sarà precipitata, dal peso del liquido assorbito, verso la bassezza della terra.
La stessa cosa avviene per l’anima nostra. Se i vizi e le preoccupazioni mondane non l’appesantiscono, se l’umore della libidine non la corrompe, essa, sollevata dal privilegio naturale della purezza, si innalzerà verso le altezze, al più leggero soffio della meditazione spirituale, e, lasciando le cose basse della terra, volerà a quelle invisibili del cielo. Perciò noi siamo assai opportunamente ammoniti dal Signore nel Vangelo con questo comando: « Badate a voi stessi, perché i vostri cuori non si aggravino per crapula, o per ubriachezza, o per le preoccupazioni della vita ». Se dunque vogliamo che le nostre preghiere penetrino i cieli e li travalichino dobbiamo liberare l’anima nostra da ogni vizio terreno, mondarla dalle sozzure delle passioni, ridurla alla sua naturale imponderabilità. Allora la sua preghiera, non più gravata dal peso dei vizi, salirà fino a Dio.
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