venerdì 24 novembre 2017

L’amore di Dio suonava come un grido di urgenza alle orecchie di Francesco ancora giovane.

 
Chiesa di san Francesco Piccolino

Sembra che Pietro di Bernardone non fu presente quando nacque Francesco. Forse stava in Francia per motivi di commercio. Sta di fatto che, appena tornato, non gli piaceva il nome Giovanni che fu dato al bambino, e lo chiamò Francesco, in memoria del paese che egli amava tanto. 
La L3C 2, dice: Francesco fu oriundo di Assisi, nella valle di Spoleto. Nacque durante un’assenza del padre, e la madre gli mise il nome Giovanni: ma, tornato il padre dal suo viaggio in Francia, cominciò a chiamare Francesco il suo figlio. Dal padre e dalla madre Francesco imparò il Francese, o meglio, il dialetto della Piccardia, patria della mamma. Sappiamo che, in vari momenti della sua vita, specialmente quando era pieno di gioia, si esprimeva in Francese. 
La L3C 10 dice: Infatti, parlava molto volentieri questa lingua, sebbene non la possedesse bene. 
Tommaso da Celano, nella Vita prima di San Francesco [1C], (1), parla molto male della famiglia di Francesco: 
Viveva ad Assisi, nella valle spoletana, un uomo di nome Francesco. Dai genitori ricevette fin dalla infanzia una cattiva educazione, ispirata alle vanità del mondo. Imitando i loro esempi, egli stesso divenne ancor più leggero e vanitoso. 

(1) 1C fu scritta nel 1228-1229, due anni dopo la morte di S. Francesco.

 Quando Tommaso scrive la 2C, negli anni 1246-1247, cambia il tono e al par. 3 dice: Il servo e amico dell’Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione. 

Riguardo alla mamma di Francesco, continua a dire: Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico. Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata: “Cosa pensate che diverrà questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio”. 
In realtà, era questa l’opinione anche di altri, che apprezzavano Francesco già grandicello per alcune sue inclinazioni, molto buone. Allontanava da sé tutto ciò che potesse suonare offesa a qualcuno e, crescendo con animo gentile, non sembrava figlio di quelli che erano detti suoi genitori. Come tutti i ragazzi della sua età che provenivano da famiglie ricche, Francesco fu mandato a scuola. 
La scuola era quella della cattedrale che si faceva accanto alla chiesa di San Giorgio, all’estremità orientale della città dove oggi sorge la basilica di Santa Chiara. 
Era la scuola dei canonici, dove Francesco imparò a leggere e a scrivere non molto bene il latino, che era la lingua usata dai notai, e che era importante saperla per fare il negozio e stendere contratti di compravendita. 
Il sogno di Pietro di Bernardone era naturalmente quello di fare di Francesco un abile commerciante, e perciò gli insegnava l’arte del commercio dei panni pregiati nel suo negozio. All’inizio Francesco ci stava, anche se non era del tutto portato a questo lavoro. 

Lasciamo il racconto di questi anni della giovinezza di Francesco alla penna dei Tre Compagni, nella L3C 2: 
Arrivato alla giovinezza, vivido com’era di intelligenza, prese a esercitare la professione paterna, il commercio di stoffe, ma con stile completamente diverso. Francesco era tanto più allegro e generoso, gli piaceva godersela e cantare, andando a zonzo per Assisi giorno e notte con una brigata di amici, spendendo in festini e  divertimenti tutto il denaro che guadagnava o di cui poteva impossessarsi. A più riprese, i genitori lo rimbeccavano per il suo esagerato scialare, quasi fosse rampollo di un gran principe anziché figlio di commercianti. Ma siccome in casa erano ricchi, e lo amavano teneramente, lasciavano correre, non volendolo contristare per quelle ragazzate ... 
Non era spendaccione soltanto in pranzi e divertimenti, ma passava ogni limite anche nel vestirsi. Si faceva confezionare abiti più sontuosi che alla sua condizione sociale non si convenisse e, nella ricerca dell’originalità, arrivava a cucire insieme nello stesso indumento stoffe preziose e panni grossolani. 
Ancora durante la sua giovinezza, Francesco dimostrava delle qualità spirituali rare. Le fonti ci dicono che era di indole cortese e gentile, forse perché ammirava le stesse qualità in Pica, sua madre. Aveva un cuore tenero, specialmente verso i poveri. 
La L3C 3 fa vedere queste qualità, che sono diventate la base di una ulteriore conversione nel cuore di Francesco: 
Per indole, era gentile nel comportamento e nel conversare. E seguendo un proposito nato da convinzione, a nessuno rivolgeva parole ingiuriose o sporche; anzi, pur essendo un ragazzo brillante e dissipato, era deciso a non rispondere a chi attaccava discorsi lascivi. Così la fama di lui si era diffusa in quasi tutta la zona, e molti che lo conoscevano, predicevano che avrebbe compiuto qualcosa di grande. 

Queste virtù spontanee furono come gradini che lo elevarono fino a dire a se stesso: “Tu sei generoso e cortese verso persone da cui non ricevi niente, se non una effimera vuota simpatia; ebbene, è giusto che sia altrettanto generoso e gentile con i poveri, per amore di Dio, che contraccambia tanto largamente”. Da quel giorno incontrava volentieri i poveri e distribuiva loro elemosine in abbondanza; infatti, benché fosse commerciante, aveva il debole di sperperare le ricchezze. 

Un giorno che stava nel suo negozio, tutto intento a vendere delle stoffe, si fece avanti un povero a chiedergli l’elemosina per amore di Dio. Preso dalla cupidigia del guadagno e dalla preoccupazione di concludere l’affare, egli ricusò l’elemosina al mendicante, che se ne uscì. Subito però, come folgorato dalla grazia divina, rinfacciò a se stesso quel gesto villano, pensando: “Se quel povero ti avesse domandato un aiuto a nome di un grande conte o barone, lo avresti di sicuro accontentato. A maggior ragione avresti dovuto farlo per riguardo al re dei re e al Signore di tutti”. Dopo questa esperienza, prese risoluzione in cuor suo di non negare mai più nulla di quanto gli venisse domandato in nome di un Signore così grande. 
Francesco, da giovane, cominciò a notare un fatto non del tutto palese agli altri cittadini di Assisi, e cioè, che c’erano molte persone che non contavano a niente perché non entravano nelle categorie sociali dei maiores o minores, che avevano in mano le sorti della vita civile della città, insieme con l’alto clero e i monaci che reggevano le anime, ma che si immischiavano in questioni di natura politica e nell’acquistare terreni e ricchezze. 
Erano i poveri che non contavano niente che attiravano l’attenzione del giovane Francesco, che elargiva loro l’elemosina con un cuore tenero, cortese e generoso. Erano i mendicanti e gli accattoni che vivevano per strada, e che si incontravano nei portali di tutte le chiese di Assisi chiedendo l’elemosina per amore di Dio. 
L’amore di Dio suonava come un grido di urgenza alle orecchie di Francesco ancora giovane. Dal negozio di suo padre, pieno di stoffe preziose che si vendevano a caro prezzo alle ricche signore nobili di Assisi, egli non poteva immaginare la durezza della vita che dovevano soffrire i poveri. 

Era troppo ricco per vedere la miseria. A casa sua, sopra il fondaco del padre, non mancava niente. Più tardi, quando cominciava a sentire un forte cambiamento interiore, cominciava a donarsi con maggiore slancio di affetto e generosità al servizio dei poveri. Nel frattempo, tuttavia, doveva trascorrere due anni di gloria e di umiliazione, due anni che lasciavano il suo animo pieno di amarezza al vedere gli odi e le guerre degli uomini, e che aprivano il suo cuore a diventare un angelo della vera pace (S. Bonaventura, Leggenda Maggiore di S. Francesco [LM], Prologo, 1).

VITA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI Noel Muscat ofm Kunvendi Françeskan «Zoja Rruzarë» Arra e Madhe Shkodër – Albania 2003

SALVE SANCTE PATER

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