Ogni tanto torna di moda parlare di
chiesa povera, per i poveri
Si sa che, normalmente, quelli che amano parlare di chiesa povera sono i
ricchi, sono quelli che poveri non sono. Chi ha assaggiato la fatica della
povertà economica, non ama la povertà e non la augura a nessuno, nemmeno alla
chiesa.
Sono i borghesi che, per rifarsi un'anima a buon
prezzo, hanno bisogno di un fremito di commozione sulla povertà altrui, e per
un'invidia mista a un laicismo acido pretendono che la chiesa sia
economicamente povera.
Così dicendo non vogliamo affermare che la povertà, non
la miseria!, non sia un valore; la povertà è uno dei consigli evangelici, che
con la castità e l'obbedienza segna il cammino di perfezione della vita
religiosa. E per tutti, anche per chi non è in convento, è da coltivare con
estrema attenzione: la sobrietà, la modestia e la morigeratezza quanto sono
necessarie alla vita cristiana di tutti!
Ma a che serve la povertà? A non sperare in se stessi,
ma unicamente nella Grazia di Dio.
Questo è il punto. La povertà, con anche il suo aspetto
di sobrietà economica, non serve in se stessa, serve perché rimette l'uomo
nella posizione più vera, quella della sua totale dipendenza da Dio. Ed è
innegabile che chi è in difficoltà economica, il povero, può capire di più cosa
sia questa dipendenza, questo dover sperare in un Altro; e Dio diventa per lui
più concretamente Provvidenza.
Ma questo non è mai automatico; e lo è meno che mai nel
mondo odierno post-comunista, che ahimè comunista resta, che ha chiuso la
povertà nella prigione della lotta di classe e della lotta per i diritti
personali, e così facendo ha ucciso con l'ateismo la povertà; l’ha uccisa, non
l'ha risolta!
Anche la Chiesa non può vivere la questione della
povertà come il mondo post-comunista, che resta malato di comunismo.
Chiesa povera vuol dire chiesa semplice, che non ha
altra sicurezza che quella che le viene dalla grazia di Cristo e dalla Divina
Rivelazione.
I poveri non hanno tempo da perdere, non hanno voglia
di elucubrazioni pseudo-intellettuali. Per loro la vita urge, devono arrivare
al dunque e presto, per mangiare e vivere.
E non è così anche del cristiano, quando è seriamente
impegnato con la vita? Quando si è coscienti che la vita è una lotta
drammatica, non si perde tempo, non ci si intrattiene sull'inutile o sul
futile, si vuole giungere subito alla questione della salvezza, alla questione
della grazia che salva.
Chiesa povera è allora quella impegnata sul fronte
della grazia, sul fronte della salvezza delle anime, con gli strumenti dati da
Dio: predicazione e sacramenti.
Ma l'orizzonte si fa sempre più scuro: dov'è questa
Chiesa preoccupata della salvezza delle anime? Sembra che la maggiore parte del
clero e del laicato impegnato sia occupata nel servizio al mondo. La
predicazione ufficiale parla di pace del mondo, di fraternità universale, di
umanità consapevole... un linguaggio degno del mondo massonico e della
propaganda marxista di decenni fa.
No, questa chiesa impegnata in qualcosa d'altro non è
una chiesa povera, anche se fa volontariato per i poveri. Non è una chiesa
povera, anche se apre a dismisura centri di accoglienza, perché ha perso
la radice della vera povertà, che è sperare solo in Dio.
“Non possiedo né oro né argento, ma quello che ho te lo
do: nel nome di Gesù Cristo alzati e cammina” (At 3,6) Nel nome di Gesù
Cristo... così agisce San Pietro con lo storpio alla porta del tempio, così
agisce la Chiesa di sempre difronte ai mali del mondo: dona la grazia che
salva, invitando alla conversione, quella vera.
Quando invece la chiesa si imborghesisce parla dei
poveri, ma non vive la povertà che ha come cuore il miracolo della grazia.
Parla dei poveri la chiesa ammodernata, ma è borghese nel midollo, perché cerca
i mezzi umani per essere come gli altri club sociali. E anche quando parla di grazia
di Dio, ne parla come un cappello aggiunto al suo pelagiano impegno tutto
umano. Non è una chiesa povera, perché la grazia di Dio, quella che discende
dalla Croce di Cristo e dai sacramenti, non diventa mai il principio di
giudizio e di azione.
Eppure saremo salvi se accoglieremo la grazia di Dio, e
vivremo di conseguenza.
Domandiamo a Dio la grazia di vedere tornare la chiesa
a questa nobile povertà. Alla povertà coraggiosa che domanda ai peccatori di
tornare a Cristo, e a coloro che non lo conoscono ancora di convertirsi a lui,
unico Redentore.
E supplichiamo i pastori legittimi della Chiesa perché
ci lascino vivere così: non ci interessano i borghesi che amano avere un po' di
commozione per i poveri, no - non ci interessano davvero. Vogliamo vivere da
poveri, cioè integralmente cattolici, credendo pienamente nell'efficacia della
grazia di Dio; credendo nell'assoluta necessità dei sacramenti; posando la vita
sulla potenza della preghiera vissuta e insegnata.
Ci interessa vivere di questo, e non di altre
elucubrazioni pastorali.
La mia casa sarà casa di preghiera: ecco la chiesa
povera.
Radicati nella fede
AMDG et BVM