sabato 25 novembre 2017

“Chi può esserti più utile: il padrone o il servo?” Rispose: “Il padrone”.


 (Cont. del capitolo Nascita e giovinezza di Francesco

L’8 gennaio 1198 fu eletto Papa il cardinale Lotario dei Conti di Segni, che prese il nome di Innocenzo III
Fu Papa dal 1198 fino al 16 luglio 1216, ed è considerato il Papa più grande dell’alto medioevo. Se l’imperatore Federico II era considerato come uno stupor mundi, uno stupore del mondo, Innocenzo III non sarebbe stato di meno. 
La sua elezione veniva in un momento di grande importanza sia per la Chiesa che per il mondo civile. Innocenzo III era il Papa adatto per dare una nuova direzione alla Chiesa, che aveva urgente bisogno di una riforma dall’alto in basso. 

I problemi legati alla ignoranza del clero, erano complicati con il pullulare di molti movimenti di laici che volevano una riforma della Chiesa sul modello della vita di Cristo e gli apostoli. Movimenti di cui abbiamo parlato, come gli Umiliati in Lombardia, che Innocenzo III saggiamente prese sotto la tutela della Chiesa approvando il loro propositum vitae, o forma di vita. Ma c’erano altri movimenti pericolosi per la Chiesa, che si contaminavano con l’eresia, negando l’umanità di Cristo, e i sacramenti amministrati in modo particolare dal clero contaminato con la simonia e il concubinaggio. 

Catari, o Albigesi, e anche Valdesi, o Poveri di Lyon, vivevano in assoluta povertà sul modello evangelico di Cristo e gli apostoli, e predicavano in volgare conducendo una vita itinerante. Contro questi ultimi Innocenzo III aveva soltanto una soluzione, indire una crociata per la loro conversione, ed eventualmente, per la loro distruzione se rifiutassero di ritornare in seno alla Chiesa. 

Innocenzo III era anche un Papa forte dal punto di vista politico. Egli voleva rivendicare alla Chiesa tutte le terre che appartenevano al patrimonio di San Pietro, cioè tutte le terre dell’Italia centrale che componevano quello che sarebbe stato chiamato lo Stato Pontificio. Questi territori erano sempre sotto la minaccia dell’egemonia dell’imperatore, che pure aveva grandi territori, particolarmente nel sud Italia e in Sicilia. Assisi, in questo momento storico, faceva parte del ducato di Spoleto, che era un territorio imperiale, mentre altre parti dell’Umbria, specialmente Perugia, facevano parte dei territori papali.

 L’imperatore Enrico VI, figlio di Federico I Hohenstaufen (Barbarossa), aveva sposato la principessa normanna Costanza d’Altavilla, del regno della Sicilia. Nel 1196 egli aveva lasciato suo figlio, Federico Ruggero, alla cura di un suo amico e confidente, il conte Conrad von Ürslingen di Lützelhardt, che risiedeva nella Rocca sopra Assisi. Quando Innocenzo III fu incoronato Papa, l’imperatore voleva fare un gesto di generosità per non indurre il Papa subito alla guerra, siccome il Papa rivendicava per sé il ducato di Spoleto. Allora l’imperatore mandò Conrad a Spoleto per consegnare ai legati papali il ducato che egli rivendicava. 
Era il 1198. I cittadini di Assisi, particolarmente i minores, vedevano in questo momento l’occasione opportuna per ribellarsi contro il predominio imperiale. Salivano alla Rocca e la distrussero. Poi cercavano di cacciare via i nobili feudatari che erano tutti alleati dell’imperatore. 

Tra queste famiglie c’era la famiglia di Chiara di Favarone di Offreduccio, che aveva il suo palazzo accanto alla chiesa cattedrale di San Rufino.
Chiara era nata nel 1193 da una madre di profondo senso spirituale, chiamata Ortolana, e da un padre che proveniva da una delle famiglie di cavalieri guerrieri e nobili di Assisi. Nel 1198 la famiglia di Chiara dovette fuggire da Assisi e, come tante altri nobili, trovare rifugio presso la città vicina di Perugia. 

La rivolta degli Assisani portò la città allo stato di guerra civile, anche perché i cittadini di Assisi non soltanto volevano liberarsi dal dominio imperiale, ma erano anche molto sospettosi del dominio papale, avendo in mente di istituire un Comune autonomo. 
Il loro sogno, tuttavia, doveva incontrare grosse difficoltà, perché i nobili cacciati in Perugia cercavano di ricuperare i loro antichi diritti di proprietà. Nel 1202 iniziarono i due anni in cui Francesco sperimentò la gloria, e la follia, della guerra. 

Le relazioni tra Assisi e Perugia peggioravano nel 1202, a tal punto che si combatteva tra le due città. La battaglia si svolse in un luogo chiamato Collestrada, o Ponte San Giovanni, vicino alla città di Perugia. La guerra durò per un lungo tempo, dal 1202 fino al 1209, finché si stabiliva una situazione di relativa pace tra i maiores, che guadagnavano i loro antichi diritti in Assisi, e i minores, che guadagnavano una certà importanza nel governo della città. 

Francesco partecipò con slancio nella battaglia di Collestrada, e poteva ben essere considerato come uno dei milites, o cavalieri, perché era attrezzato con tutta l’armatura necessaria per il combattimento. Purtroppo, la battaglia finì in un disastro per gli Assisani, e Francesco, con molti altri che scampavano dalla morte, fu preso vivo come un prigioniero, e lasciato a languire in una squallida prigione per un anno, quando probabilmente fu riscattato da suo padre. 
Tra Perugia e Assisi si erano riaccese le ostilità, durante le quali Francesco fu catturato con molti suoi concittadini e condotto prigioniero a Perugia. 
Essendo signorile di maniere, lo chiusero in carcere insieme con i nobili. Una volta, mentre i compagni di detenzione si abbandonavano all’avvilimento, lui, ottimista e gioviale per natura, invece di lamentarsi, si mostrava allegro. Uno dei compagni allora gli disse che era matto a fare l’allegrone in carcere. Francesco ribatte con voce vibrata: “Secondo voi, che cosa diventerò io nella vita? Sappiate che sarò adorato in tutto il mondo”. 
Un cavaliere del suo gruppo fece ingiuria a uno dei compagni di prigionia; per questo, gli altri lo isolarono. Soltanto Francesco continuò a essergli amico, esortando tutti a fare altrettanto. Dopo un anno, tra Perugia e Assisi fu conclusa la pace, e Francesco rimpatriò insieme ai compagni di prigionia (L3C 4). 

La pace a cui riferisce la Leggenda dei Tre Compagni fu conclusa tra le due città, ma soltanto per breve tempo. Assisi, di fatto, era molto più piccola della rivale e potente Perugia, ed era una follia andare contro questa avversaria. Francesco uscì dall’incubo di un anno di prigione malato e senza forze fisiche. Per un periodo assai lungo di tempo, che va dal 1203 fino alla fine del 1204, non poteva uscire da casa, e fu curato soltanto grazie alle cure amorose di sua madre. 

Ma neanche lo squallore e il terrore della prigione Perugina avevano diminuito in Francesco il sogno di diventare grande. Egli sognava di diventare un cavaliere, di andare in crociata e ritornare pieno di gloria alla sua città natale. L’occasione si presentò agli inizi del 1205. In quell’anno Gualtiero da Brienne, un famoso guerriero e conte di Lecce, lottava nelle Puglie per salvaguardare i diritti di Innocenzo III in quelle terre.Francesco decise di unirsi a lui e andare alla guerra nelle Puglie. 

Passarano degli anni. Un nobile assisano, desideroso di soldi e di gloria, prese le armi per andare a combattere in Puglia. Venuto a sapere la cosa, Francesco è preso a sua volta dalla sete di avventura. Così, per essere creato cavaliere da un certo conte Gentile, prepara un corredo di panni preziosi; poiché, se era meno ricco di quel concittadino, era però più largo di lui nello spendere (L3C 5). Prima di partire per questa spedizione con il conte Gentile, il cui nome può semplicemente essere un attributo (“un conte molto gentile”), Francesco ebbe il primo di una serie di sogni, che le fonti interpretano come visioni o rivelazioni del Signore.

Sarebbe una cosa molto interessante fare uno studio sui sogni di Francesco, specialmente quelli della sua giovinezza, perché ci possono dire tanto sul suo stato d’animo in questi anni. 
Francesco sognò di stare in uno splendido solenne palazzo, in cui spiccavano, appese alle pareti, armature da cavaliere, splendenti scudi e simili oggetti di guerra. Francesco, incantato, pieno di felicità e di stupore, domandò a chi appartenessero quelle armi fulgenti e quel palazzo meraviglioso. Gli fu risposto che tutto quell’apparato insieme al palazzo era proprietà sua e dei suoi cavalieri (L3C 5). 
Questo sogno era molto comprensibile, considerando lo stato d’animo di Francesco, pieno di gioia e di un senso di avventura per andare a conquistare la fama di un cavaliere, anzi, di un grande principe. Il sogno confermò il suo intento di partire al più presto possibile per la Puglia. Ma prima di partire fece un altro gesto di grande generosità e cortesia. Quel giorno infatti aveva donato a un cavaliere decaduto tutti gli indumenti, sgargianti e di gran prezzo, che si era appena fatto fare (L3C 6). 
Il Celano -2C 5- fa vedere come questo gesto di generosità cristiana da parte di Francesco era simile a quello che fece San Martino di Tours, donando metà del suo mantello al povero. 
Celano, di fatto, scrive la vita di San Francesco sulla falsariga delle vite dei santi più illustri, tra le quali la vita di San Martino scritta da Sulpicio Severo era popolare nel mondo cavalleresco di ancora: Un giorno incontrò un cavaliere povero e quasi nudo: mosso a compassione, gli cedette generosamente, per amore di Cristo, le proprie vesti ben curate, che indossava. È stato, forse, da meno il suo gesto di quello del santissimo Martino? Eguali sono stati il fatto e la generosità, solo il modo è diverso: Francesco dona le vesti prima del resto, quello invece le dà alla fine, dopo aver rinunciato a tutto. 

Il gruppo di avventurieri partì da Assisi con pompa. Dopo un giorno di cavalcatura, arrivarono a Spoleto, dove passarono la notte. Francesco, tuttavia, non poteva dormire. Forse non si sentiva bene, o forse già sentiva la mancanza dei suoi cari. Tuttavia, preoccupato del suo viaggio, mentre riposava, nel dormiveglia intese una voce interrogarlo dove fosse diretto. Francesco gli espose il suo ambizioso progetto. E quello: “Chi può esserti più utile: il padrone o il servo?” Rispose: “Il padrone”. Quello riprese: “Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?” Allora Francesco interrogò: “Signore, che vuoi che io faccia?” Concluse la voce: “Ritorna nella tua città e là ti sarà detto cosa devi fare; poiché la visione che ti è apparsa devi interpretarla in tutt’altro senso” (L3C 6). Quella notte fu un nuovo inizio per Francesco. 

Non sappiamo esattamente cosa ha sentito, o quali siano state le ragioni che lo hanno convinto a credere al suo sogno. Sta di fatto che, spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante. E aspettava che Dio, del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà, mostrandogli la via della salvezza. Ormai il suo cuore era cambiato. Non gl’importava più della spedizione in Puglia: solo bramava di conformarsi al volere divino (L3C 6). 

I Tre Compagni danno una motivazione teologica allo stato di animo di Francesco. Non sappiamo se, a questo momento della sua vita, Francesco era ancora conscio della voce interiore di Cristo che lo chiamava a conformarsi al volere divino. 
Ma c’è un’espressione che colpisce: ormai il suo cuore era cambiato. Francesco comincia un lungo e penoso processo di conversione profonda. I suoi sogni di gloria si cambiano prima in delusione al suo fallimento, poi in un senso di incertezza, e infine in una ricerca angosciata per scoprire la luce della volontà divina. 

Se avesse partecipato alla spedizione in Puglia sarebbe rimasto deluso. Gualtiero da Brienne morì nel giugno 1205, pochi mesi dopo che gli Assisani erano partiti per unirsi ai suoi soldati. 
Il periodo 1205-1208 segna quello che viene chiamato il periodo della conversione di Francesco. Qualcuno ha parlato di conversioni di Francesco, e forse a ragione, considerando che questi tre anni erano pieni di esperienze diverse che hanno aiutato Francesco a crescere e a maturare la sua vocazione evangelica. 

Erano gli anni che dovevano vedere Francesco svincolarsi dalla compagnia dei suoi amici, sperimentare la vita dei mendicanti, incontrare un lebbroso, sentire la voce di Cristo nel crocifisso di San Damiano, vivere da oblato in questa chiesetta, essere perseguitato dal padre fino ad apparire nudo davanti al vescovo Guido di Assisi, per diventare un uomo nuovo, per fare il salto nel buio da Francesco, figlio di Pietro di Bernardone, a frate Francesco, figlio del Padre che sta nei cieli.

Il futuro araldo di Cristo Re

AMDG et BVM

Nessun commento:

Posta un commento