«Osanna, osanna al Figlio di Davide! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. Osanna a Lui e al suo Regno! Dio è con noi! L'Emmanuele è venuto. È venuto il Regno del Cristo del Signore! Osanna! Osanna dalla Terra sino all'alto dei Cieli! Pace! Pace, mio Re! Pace e benedizione a Te, Re santo! Pace e gloria nei Cieli e in Terra! Gloria a Dio per il suo Cristo! Pace agli uomini che lo sanno accogliere. Pace in Terra agli uomini di buona volontà e gloria nei Cieli altissimi, perché l'ora del Signore è venuta»
Dice Gesù: «La scena narrata da Luca (19, 41-46) pare senza connessione, quasi illogica. Compiango le sventure di una
città colpevole e non so compatire le abitudini di detta città? No. Non le so, non le posso compatire, poiché
anzi sono proprio queste abitudini che generano le sventure; e il vederle acutizza il mio dolore.
La mia ira sui
profanatori del Tempio è logica conseguenza della mia meditazione sulle prossime sventure di
Gerusalemme.
Sono sempre le profanazioni al culto di Dio, alla Legge di Dio, quelle che provocano i castighi del Cielo.
Facendo della Casa di Dio una spelonca di ladri, quei sacerdoti indegni e quegli indegni credenti (di nome
soltanto) attiravano su tutto il popolo maledizione e morte.
Inutile dare questo o quel nome al male che fa
soffrire un popolo.
Cercate il giusto nome in questo: "Punizione per un vivere da bruti". Dio si ritira e il Male
si avanza.
Ecco il frutto di una vita nazionale indegna del nome di cristiana.
Come allora, anche ora, in questo scorcio di secolo, non ho mancato con prodigi di scuotere e richiamare.
Ma, come allora, non ho attirato su Me e i miei strumenti che scherno, indifferenza e odio. Singoli e nazioni
però ricordino che inutilmente piangono quando avanti non vollero conoscere la loro salvezza. Inutilmente
mi invocano quando nell'ora in cui ero con loro mi cacciarono con una guerra sacrilega che, partendo dalle
singole coscienze, devote al Male, si sparse per tutta la Nazione.
Le Patrie non si salvano tanto con le armi
quanto con una forma di vita che attiri le protezioni del Cielo.
Riposa, piccolo Giovanni [Maria Valtorta]. E fa' di esser sempre fedele alla tua elezione. Va' in pace».
Che fatica! Non ce la faccio proprio...
Quasi Gesù non fa a tempo ad entrare nella casa benedicendone gli abitanti, quando si sentono un allegro
suonar di bubboli e voci a festa. E subito dopo il volto scarno e pallido di Isacco appare nella fessura
dell'uscio, e il pastore fedele entra e si prostra davanti al suo Signore Gesù.
Nell'inquadratura della porta spalancata si pigiano volti e volti e, dietro, altri se ne vedono... Un urtarsi, un
pigiarsi, un voler farsi largo... Qualche grido di donna, qualche pianto di bambino preso in mezzo alla ressa,
e grida di saluto, esclamazioni a festa:
«Felice questo giorno che a noi ti riporta! La pace a Te, Signore! Ben
torni, o Maestro, a premiare la nostra fedeltà».
Gesù si alza in piedi e fa gesto di parlare. Tacciono tutti e netta si sente la voce di Gesù. «Pace a voi! Non vi
accalcate. Ora saliremo insieme al Tempio. Sono venuto per stare con voi. Pace! Pace! Non fatevi male. Fate
largo, miei diletti! Lasciatemi uscire e seguitemi, ché entreremo insieme nella Città santa».
La gente, bene o male, ubbidisce, e si fa un poco di largo, tanto che Gesù possa uscire e montare sull'asinello.
Perché Gesù indica il puledro, sino allora mai cavalcato, come sua cavalcatura, e allora dei ricchi pellegrini,
che si pigiano fra la folla, stendono sulla groppa di questo i loro sontuosi mantelli, e uno si pone con un
ginocchio a terra e l'altro a far da gradino al Signore, che siede sulla groppa del puledro d'asina, e il viaggio
si inizia, mentre Pietro cammina a un lato del Maestro e Isacco dall'altro, tenendo le briglie della bestia non doma, che però procede tranquilla come fosse usa a quell'ufficio, senza imbizzarrirsi o spaventarsi dei fiori
che, gettati come sono verso Gesù, colpiscono sovente la bestiola negli occhi e sul morbido muso, né dei
rami di ulivo e delle foglie di palma agitate davanti e intorno ad esso, gettate in terra a far tappeto coi fiori,
né dei gridi sempre più forti di: «Osanna, Figlio di Davide!», che salgono al cielo sereno, mentre la folla
sempre più infittisce e si accresce per nuovi venuti.
Passare da Betfage, fra le viette strette e contorte, non è facile cosa, e le madri devono prendere in braccio i
bambini, e gli uomini proteggere le donne da urti troppo violenti, e qualche padre si pone sulle spalle a
cavalluccio il figliolino e lo porta alto sulla folla così, mentre le vocine dei bimbi sembrano belati di agnelli o
stridi di rondini e le loro manine gettano fiori e foglie d'ulivo, che le madri porgono, e baci anche, al mite
Gesù...
Usciti dalla strettoia della piccola borgata, il corteo si ordina e distende, e molti volonterosi vanno avanti a
far da battistrada per preparare sgombra la via, e altri li seguono spargendo di rami il suolo, e uno per primo
getta il suo mantello a far da tappeto, e un altro, e quattro, e dieci, e cento, e mille lo imitano.
La via ha al
centro una striscia multicolore di vesti stese al suolo e, passato Gesù, le vesti sono raccolte e portate più
avanti, con altre, con altre, e sempre fiori, rami, foglie di palma vengono agitati e gettati, e gridi più forti
vengono innalzati intorno e in onore del Re d'Israele, al Figlio di Davide, al suo Regno!
I soldati di guardia alla porta escono a vedere che cosa succede. Ma non è sedizione, ed essi, appoggiati alle
loro lance, si fanno da lato, osservando stupiti o ironici lo strano corteo di quel Re che cavalca un puledro
d'asina, bello come un dio, umile come il più povero degli uomini, mite, benedicente... circondato da donne e
bambini e da uomini disarmati gridanti: «Pace! Pace!», di questo Re che, prima di entrare nella città, sosta un
momento all'altezza dei sepolcri dei lebbrosi di Innon e di Siloan (credo di dire bene questi luoghi, dove ho
visto miracoli di lebbrosi altre volte) e, puntandosi sull'unica staffa in cui poggia il suo piede, essendo seduto
sull'asino, non a cavallo dell'asino, si alza in piedi e apre le braccia gridando in direzione di quelle pendici
orrende (dove volti e corpi paurosi si affacciano guardando verso Gesù e alzano il grido lamentoso dei
lebbrosi: «Siamo infetti!», a respingere degli imprudenti che, pur di vedere bene Gesù, salirebbero anche sui
corrotti e infetti scaglioni): «Chi ha fede in Me invochi il mio Nome ed abbia salute per quello! », e benedice
riprendendo il cammino e ordinando a Giuda di Keriot: «Comprerai cibi per i lebbrosi e con Simone li
porterai ad essi avanti sera».
Quando il corteo entra sotto la volta della porta di Siloan e poi, come un torrente, si riversa entro la città
passando per il borgo di Ofel - nel quale ogni terrazza è divenuta una piccola aerea piazza colma di popolo
osannante, che getta fiori e rovescia profumi giù, nella via, cercando di gettarli sul Maestro, e l'aria è satura
dell'odore dei fiori morenti sotto i passi delle turbe e di essenze che si spargono nell'aria prima di cadere fra
la polvere della via - il grido della folla sembra aumentare e farsi forte, come ognuno lo urlasse in una
buccina, perché i numerosi archivolti dei quali è piena Gerusalemme lo amplificano con risonanze continue.
Sento gridare, e credo voglia dire ciò che dicono gli evangelisti: (Matteo 21, 9; Marco 11, 9-10; Luca 19, 37-
38; Giovanni 12, 12-13) «Scialem, Scialem melchil! », (o malchit: cerco di rendere il suono delle parole, ma
è difficile, perché hanno aspirazioni che noi non abbiamo). Un grido continuo, simile all'urlo di un mare in
tempesta, nel quale non è ancora caduto il fragor del maroso che schiaffeggia spiagge e scogliere che un altro
maroso lo raccoglie e rialza in novello fragore, senza tregua mai. Ne sono assordita!
Profumi, odori, gridi, agitarsi di rami e di vesti, colori, urli...
È una visione che sbalordisce.
Vedo rimescolarsi continuamente la folla, apparire e sparire volti conosciuti: tutti i discepoli di tutti i luoghi
di Palestina, tutti i seguaci... Vedo per un attimo Giairo, vedo Jaia il giovinetto di Pella (mi pare) che era
cieco come sua madre e che Gesù guarì, vedo Gioacchino di Bozra e quel contadino del piano di Saron coi
fratelli, vedo il vecchio e solitario Mattia di quel luogo presso il Giordano (sponda orientale) presso il quale
Gesù si rifugiò mentre tutto era inondato, vedo Zaccheo con i suoi amici convertiti, vedo il vecchio Giovanni
di Nobe con quasi tutti i cittadini, vedo il marito di Sara di Jutta... Ma chi può tener dietro a volti e nomi, se è
un caleidoscopio di visi noti e ignoti, veduti più volte o una sola?... Ecco ora il viso del pastorello preso a
Ennon. E, vicino a lui, il discepolo di Corozim che lasciò di seppellire il padre per seguire Gesù; e vicino a
lui, per un momento, il padre e la madre di Beniamino di Cafarnao col loro figliolo, che per poco cade sotto
le zampe dell'asinello per gettarsi avanti e ricevere una carezza di Gesù.
E - purtroppo! - volti di farisei e di scribi, lividi di ira per questo trionfo, che fendono prepotenti il cerchio di
amore che si stringe intorno a Gesù e gli urlano: «Fa' tacere questi pazzi! Richiamali alla ragione! Solo Dio
va osannato. Di' che tacciano! ».
Al che Gesù risponde dolcemente: «Anche se Io lo dicessi di tacere e questi mi ubbidissero, le pietre
griderebbero i prodigi del Verbo di Dio».
Perché infatti la gente - oltre che gridare: «Osanna, osanna al Figlio di Davide! Benedetto Colui che viene
nel nome del Signore. Osanna a Lui e al suo Regno! Dio è con noi! L'Emmanuele è venuto. È venuto il Regno del Cristo del Signore! Osanna! Osanna dalla Terra sino all'alto dei Cieli! Pace! Pace, mio Re! Pace e
benedizione a Te, Re santo! Pace e gloria nei Cieli e in Terra! Gloria a Dio per il suo Cristo! Pace agli
uomini che lo sanno accogliere. Pace in Terra agli uomini di buona volontà e gloria nei Cieli altissimi,
perché l'ora del Signore è venuta» (e chi grida quest'ultimo grido è il gruppo compatto dei pastori che
ripetono il grido natalizio) - oltre questi gridi continui, la gente di Palestina narra ai pellegrini della Diaspora
i miracoli che hanno visto, e a chi non sa ciò che avviene, perché straniero di passaggio fortuitamente dalla
città e che chiede:
«Ma chi è Costui? Che avviene?», spiegano:
«È Gesù! Gesù, il Maestro di Nazaret di
Galilea! Il Profeta! Il Messia del Signore! Il Promesso! Il Santo!».
Da una casa, e da poco è sorpassata la porta perché l'andare è lentissimo in tanta confusione, esce un gruppo
di robusti giovani portando alti dei vasi di rame pieni di carboni accesi e di incenso, che arde spargendo nubi
di fumo odoroso. E il gesto è raccolto e ripetuto, e molti corrono avanti o tornano indietro, alle case, per farsi
dare fuoco e resine odorose da ardere in omaggio del Cristo.
La casa di Annalia appare. La terrazza, inghirlandata di vite dalle foglie novelle tremolanti ad un mite vento
di aprile, ha sul lato della via tutta una fila di giovinette biancovestite e biancovelate, al centro delle quali è
Annalia, con cesti di petali di rose sfogliate e di mughetti che già volteggiano nell'aria.
«Le vergini di Israele ti salutano, Signore! », dice Giovanni, che si è fatto largo ed è ora al fianco di Gesù,
attirando la sua attenzione sulla ghirlanda di purezza che si sporge sorridendo dal parapetto a spargere la via
di petali rossi come sangue e di mughetti bianchi come perle.
Gesù trattiene per un attimo le redini e arresta il puledro d'asina. Alza il volto e la mano a benedire quella
verginità di Lui innamorata sino a rinunciare ad ogni altro amore terreno.
E Annalia si protende e grida: «Il tuo trionfo io l'ho visto, o mio Signore! Prendi la mia vita per la tua
glorificazione universale!», e con un grido altissimo, mentre Gesù passa sotto la sua casa e procede, lo
saluta: «Gesù!».
E un altro, diverso grido, supera il clamore delle turbe. Ma la gente, pur sentendolo, non si arresta. È un
fiume di entusiasmo, un fiume di popolo in delirio che non può sostare. E mentre le ultime onde di questo
fiume sono ancor fuori della porta, le prime onde già assalgono le salite che conducono al Tempio.
«Tua Madre! », grida Pietro accennando ad una casa quasi all'angolo di una via che sale al Moria e per la
quale si incanala il corteo. E Gesù alza il volto a sorridere a sua Madre, che è lassù fra le donne fedeli.
L'intoppo di una numerosa carovana arresta il corteo pochi metri dopo che la casa è superata.
E mentre Gesù
sosta con gli altri, carezzando i bambini che le madri gli porgono, accorre un uomo e si fa largo urlando:
«Lasciatemi passare! Una donna è morta. Una fanciulla. All'improvviso. La madre invoca il Maestro.
Lasciatemi passare! Egli già l'ha salvata una volta!».
La gente fa largo e l'uomo corre presso Gesù:
«Maestro, la figlia di Elisa è morta. Ti ha salutato con quel
grido, poi si è piegata indietro dicendo: "Io son felice" ed è spirata. Il suo cuore si è franto nel gran tripudio
di vederti trionfante. Sua madre mi ha visto sulla terrazza accanto alla sua casa e mi ha mandato a chiamarti.
Vieni, Maestro!».
«Morta! Morta Annalia! Ma se era sana, florida, felice solo ieri?». Gli apostoli si affollano agitati, i pastori
pure. Tutti l'hanno vista ieri in perfetta salute. Poco fa l'hanno vista rosea, ridente... Non si capacitano della
sciagura... Chiedono, domandano i particolari...
«Non so. Tutti avete sentito le sue parole. Parlava forte, sicura. Poi la vidi piegarsi indietro più bianca delle
sue vesti e udii gridare la madre... Altro non so».
«Non vi agitate. Non è morta. È caduto un fiore e gli angeli di Dio lo hanno raccolto per portarlo in seno ad
Abramo. Presto il giglio della Terra si aprirà felice in Paradiso, ignorando per sempre l'orrore del mondo.
Uomo, di' ad Elisa che non pianga la sorte della sua creatura. Dille che essa ebbe una grande grazia da Dio e
che fra sei giorni comprenderà qual grazia Dio fece alla figlia sua. Non piangete. Non pianga nessuno. Il suo
trionfo è ancor più grande del mio, perché alla vergine fanno corteo gli angeli per condurla alla pace dei
giusti. Ed è trionfo eterno che salirà di grado senza mai conoscere discesa. In verità vi dico che per voi tutti,
ma non per Annalia, avete ragione di piangere. Andiamo». E ripete agli apostoli e a chi lo circonda: «È
caduto un fiore. Si è adagiato in pace e gli angeli lo hanno raccolto. Beata la pura di carne e cuore perché
presto vedrà Iddio».
«Ma come, di che è morta, Signore?», chiede Pietro che non si capacita.
«D'amore. D'estasi. Di gaudio infinito. Felice morte! ».
Chi è molto avanti non sa, chi è molto indietro non sa. E perciò gli osanna continuano anche se qui, presso a
Gesù, si è fatto un cerchio di pensoso silenzio.
È Giovanni che lo rompe: «Oh! vorrei la stessa sorte prima delle ore future!».
«Io pure», dice Isacco. «Vorrei vedere il volto della fanciulla morta d'amore per Te...».
«Vi prego di sacrificarmi il vostro desiderio. Ho bisogno della vostra vicinanza...».
«Non ti lasceremo, Signore. Ma a quella madre non un conforto?», chiede Natanaele.
«Provvederò ad esso...».
Sono alle porte della cinta del Tempio.
Gesù scende dall'asinello, che uno di Betfage prende in custodia.
Occorre tenere presente che Gesù non si è fermato alla prima porta del Tempio, ma ha costeggiato la cinta,
fermandosi soltanto quando è sul lato nord della cinta, vicino all'Antonia. È là che scende ed entra nel Tempio,
come per far vedere che non si nasconde al potere dominante, sentendosi innocente in ogni sua azione.
Il primo cortile del Tempio mostra la solita gazzarra di cambiavalute e venditori di colombe, passeri e
agnelli, soltanto che ora i venditori sono lasciati in asso perché tutti sono accorsi a vedere Gesù.
E Gesù
entra, solenne nella sua veste porpurea, e gira lo sguardo su quel mercato e su un gruppo di farisei e scribi
che lo osservano da sotto un portico.
Il suo volto sfolgora di sdegno.
Balza al centro del cortile. Uno scatto improvviso che pare un volo. Il volo di
una fiamma, ché di fiamma è la sua veste nel sole che inonda il cortile. E tuona con una voce potente:
«Via
dalla casa del Padre mio!
Non è questo luogo di usura e di mercato. Sta scritto: (Isaia 56, 7; Geremia 7, 11) "La mia casa sarà chiamata
casa di orazione". Perché dunque l'avete mutata in spelonca di ladroni, questa casa nella quale è invocato il
Nome del Signore? Via! Mondate la mia Casa. Che non vi avvenga che, in luogo di usar le funi, Io vi
colpisca con i fulmini dell'ira celeste. Via! Fuori di qui i ladri, i barattieri, gli impudichi, gli omicidi, i
sacrileghi, gli idolatri della peggiore idolatria, quella del proprio io superbo, i corruttori e i menzogneri.
Fuori! Fuori! O che Dio altissimo, Io ve lo dico, spazzerà per sempre questo luogo e farà le sue vendette su
tutto un popolo».
Non ripete la fustigazione dell'altra volta (Vedi Vol 1 Cap 53), ma, visto che mercanti e cambiavalute
stentano ad ubbidire, va al banco più vicino e lo ribalta spargendo bilance e monete al suolo.
I venditori e i cambiavalute si affrettano a porre in atto l'ordine di Gesù, dopo che hanno avuto questo primo
esempio.
E Gesù grida dietro a loro: «E quante volte dovrò dire che questo luogo non deve essere luogo
d'immondezza ma di preghiera?». E guarda quelli del Tempio che, ubbidienti agli ordini ponteficali, non
fanno un gesto di rappresaglia.
Mondato il cortile, Gesù va verso i portici dove sono raccolti ciechi, paralitici, muti, storpi e altri malati, che
lo invocano a gran voce.
«Che volete voi che Io vi faccia?».
«La vista, Signore! Le membra! Che mio figlio parli! Che mia moglie risani. Noi crediamo in Te, Figlio di
Dio!».
«Dio vi ascolti. Sorgete e osannate al Signore!».
Non cura uno per uno i molti malati. Ma fa un gesto largo con la mano, e grazia e salute scende da essa sugli
infelici, che sorgono sani con gridi di giubilo che si mescolano a quelli dei molti bambini, che si stringono a
Lui ripetendo: «Gloria, gloria al Figlio di Davide! Osanna a Gesù Nazareno, Re dei re e Signore dei
signori!».
Dei farisei, con finta deferenza, gli gridano: «Maestro, li senti? Questi fanciulli dicono ciò che non va detto.
Riprendili! Che tacciano!».
«E perché? Il re profeta, il re della mia stirpe, non ha forse detto: (Salmo 8, 3) "Dalla bocca dei fanciulli e dei
lattanti hai fatto sgorgare la lode perfetta, a confusione dei tuoi nemici"? Non avete letto queste parole del
salmista? Lasciate che i pargoli dicano le mie lodi. Sono loro suggerite dai loro angeli, che vedono
costantemente il Padre mio e ne sanno i segreti e li suggeriscono a questi innocenti. Ora lasciatemi tutti
andare ad orare al Signore», e passando davanti alla gente passa nell'atrio degli Israeliti per pregare...
E poi, uscendo per un'altra porta, rasentando la piscina Probatica, esce dalla città tornando sui colli del monte
Uliveto.
Gli apostoli sono entusiasti... Il trionfo li ha fatti sicuri e dimentichi, completamente dimentichi di tutti i
terrori che le parole del Maestro avevano suscitato... Parlano di tutto... Ardono di sapere di Annalia. A stento
Gesù li trattiene dall'andare, assicurando che provvederà in modo che sa Lui... Sordi, sordi, sordi ad ogni
voce d'avviso divino... Uomini, uomini, uomini, che un grido di osanna smemora da ogni cosa...
Gesù parla ai servi di Maria di Magdala, che lo hanno raggiunto al Tempio, e poi li licenzia...
«E ora dove andiamo?», chiede Filippo.
«A casa di Marco di Giona?», dice Giovanni.
«No. Al campo dei Galilei. Forse saranno venuti i miei fratelli e vorrei salutarli», dice Gesù.
«Lo potrai fare domani», gli osserva il Taddeo.
«Buona cosa è fare mentre si può fare. Andiamo dai Galilei. Saranno contenti di vederci. Voi avrete notizie
delle famiglie. Io vedrò i bambini...».
«E questa sera? Dove dormiremo? In città? In che luogo? Dove è tua Madre? O da Giovanna?», chiede Giuda Iscariota.
«Non so. Certo non in città. Forse ancora sotto qualche tenda galilea...».
«Ma perché?».
«Perché sono il Galileo e amo la patria mia. Andiamo».
Si rimettono in cammino salendo verso il campo dei Galilei, che è sull'Uliveto verso Betania e che è tutto un
biancheggiare di tende al lieto sole d'aprile.
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