...«Noi non possiamo dar morte ad alcuno. Dotti non siamo. Il Diritto ebraico è un pargolo deficiente rispetto al perfetto Diritto di Roma. Come ignoranti e come soggetti di Roma, maestra, abbiamo bisogno...».
«Da quando siete miele e burro?... Ma avete detto una verità, o maestri del mendacio! Di Roma avete bisogno! Sì. Per sbarazzarvi di costui che vi dà noia. Ho compreso». E Pilato ride, guardando il cielo sereno
che si inquadra come una rettangolare lastra di cupa turchese fra le marmoree e candide pareti dell'atrio.
«Dite: in che ha commesso delitto contro le vostre leggi?».
«Noi abbiamo trovato che costui metteva il disordine nella nostra nazione e che impediva di pagare il tributo a Cesare, dicendosi il Cristo, re dei giudei».
Pilato ritorna presso Gesù, che è al centro dell'atrio, lasciato là dai soldati, legato ma senza scorta tanto appare netta la sua mansuetudine. E gli chiede: «Sei Tu il re dei giudei?».
«Per te lo chiedi o per insinuazione d'altri?».
«E che vuoi che me ne importi del tuo regno? Son forse io giudeo? La tua nazione e i capi di essa miti hanno consegnato perché io giudichi. Che hai fatto? Ti so leale. Parla. È vero che aspiri al regno?».
«Il mio Regno non viene da questo mondo. Se fosse un regno del mondo, i miei ministri e i miei soldati avrebbero combattuto perché i giudei non mi pigliassero. Ma il mio Regno non è della Terra. E tu lo sai che
al potere Io non tendo».
«Ciò è vero. Lo so. Mi fu detto. Ma però Tu non neghi d'essere re?».
«Tu lo dici. Io sono Re. Per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla Verità. Chi è amico della Verità ascolta la mia voce».
«E che cosa è la Verità? Sei filosofo? Non serve di fronte alla morte. Socrate morì lo stesso».
«Ma gli servì di fronte alla vita, a ben vivere. E anche a ben morire. E ad andare nella vita seconda senza nome di traditore delle civiche virtù».
«Per Giove!». Pilato lo guarda ammirato qualche momento. Poi lo riprende il sarcasmo scettico. Fa un atto di noia, gli volge le spalle, torna verso i giudei.
«Io non trovo in Lui alcuna colpa».
La folla tumultua, presa dal panico di perdere la preda e lo spettacolo del supplizio. E urla: «È un ribelle!», «Un bestemmiatore», «Incoraggia il libertinaggio», «Eccita alla ribellione», «Nega rispetto a Cesare», «Si finge profeta senza esserlo», «Compie magie», «È un satana», «Solleva il popolo con le sue dottrine insegnando in tutta la Giudea, alla quale è venuto dalla Galilea insegnando», «A morte!», «A morte!».
«Galileo è? Galileo sei?». Pilato torna da Gesù: «Lo senti come ti accusano? Discolpati».
Ma Gesù tace. Pilato pensa... E decide. «Una centuria, e da Erode costui. Lo giudichi. È suo suddito. Riconosco il diritto del Tetrarca e al suo verdetto sottoscrivo in anticipo. Gli sia detto. Andate».
E Gesù, inquadrato come un manigoldo da cento soldati, riattraversa la città e torna ad incontrare Giuda Iscariota, che già aveva incontrato una volta presso un mercato. Prima mi ero dimenticata di dirlo, presa dal
disgusto della zuffa popolana. Lo stesso sguardo di pietà sul traditore...
Ora è più difficile colpirlo con calci e bastoni, ma le pietre e le immondezze non mancano e, se i sassi cadono sonando senza ferire sugli elmi e le corazze romane, ben lasciano un segno colpendo Gesù, che
procede col solo vestito, avendo lasciato il mantello nel Getsemani. (Maria Valt. : L'Evang. come mi è stato riv., n. 604)
LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR!