TRE
MEDITAZIONI SUL PARADISO
MED. I. Del
paradiso.
Oh beati noi, se in
questa terra soffriremo con pazienza i travagli della vita presente! Finiranno
un giorno le angustie, i timori, le infermità, le persecuzioni e tutte le
croci: e queste, se ci salviamo, diventeranno tutte per noi oggetti di
allegrezza e di gloria in paradiso: "Tristitia vestra (ci fa animo il
Signore) vertetur in gaudium" (Io. 16. 20). Sono sì grandi le delizie del
paradiso, che da noi mortali non possono né spiegarsi, né capirsi: "Oculus
non vidit (dice l'Apostolo), nec auris audivit, nec in cor hominis ascendit,
quae praeparavit Deus iis, qui diligunt illum" (I Cor. 2. 9). Occhio non
vide mai bellezze simili alle bellezze del paradiso: orecchio non mai udì
armonie simili all'armonie del paradiso: né può il cuore umano giungere a
comprendere i contenti, che ha preparati Iddio a coloro che l'amano. È bello
vedere una campagna ornata di colline, di piani, di boschi e di marine. È bello
il vedere un giardino pieno di frutta, di fiori e di fontane. Oh quanto è più
bello il paradiso!
Per intendere
quanto sieno grandi i gaudii del paradiso, basta sapere che in quel regno beato
risiede un Dio onnipotente, applicato a rendere beate l'anime sue dilette. Dice
S. Bernardo1 che
il paradiso è un luogo, ove "nihil est quod nolis, totum est quod
velis"; ivi non troverai cosa che ti dispiaccia, e troverai tutto quel che
vuoi. "Nihil est, quod nolis". In paradiso non vi è notte, né
stagioni di verno e di state, ma un continuo giorno sempre sereno ed una
continua primavera sempre deliziosa. Non vi sono più persecuzioni o invidie,
perché ivi tutti si amano sinceramente, e ciascuno gode del bene dell'altro,
come fosse proprio. Non vi sono più infermità, né dolori, perché il corpo non è
più soggetto a patire: non vi è povertà, perché ognuno è ricco appieno, e non
ha più che desiderare: non vi sono più timori, perché l'anima confermata in
grazia non può più peccare e perdere il sommo bene.
"Totum est,
quod velis". In paradiso avrai quanto desideri.
Ivi è contentata la
vista in veder quella città così bella ed i suoi cittadini tutti vestiti alla
regale, perché tutti sono re di quel regno eterno. Vedremo ivi la bellezza di
Maria, che comparirà più bella, che non sono tutti gli Angeli e santi insieme.
Vedremo la bellezza di Gesù, che supererà poi immensamente la bellezza di
Maria. Sarà contento l'odorato con quei odori di paradiso. Sarà contento
l'udito colle armonie celesti e coi canti de' beati, che tutti con dolcezza
somma canteranno le divine lodi in eterno.
Ah mio Dio, io non
merito il paradiso, ma l'inferno; ma la vostra morte mi dà speranza di ottenerlo.
Io desidero e vi domando il paradiso, non tanto per godere, quanto per amarvi
eternamente, sicuro di non potervi più perdere.
Madre mia Maria, o
stella del mare, voi colle vostre preghiere avete da condurmi in paradiso.
1 [21.] S.
BERNARDUS, De diversis, serm. 16, n. 7; PL 183, 582:
«Ibi nihil deest: ecce abundantia qua impletur humana cupiditas. Quae est ita
copia, ubi nihil quod nolis sit, totum sit quod velis».
MED. II. Del paradiso.
Figuriamoci un'anima, che uscendo da questo mondo entra
nell'eternità in grazia di Dio. Ella si presenta tutta piena d'umiltà e di
confidenza innanzi a Gesù suo giudice e Salvatore. Gesù l'abbraccia, la
benedice e le fa sentire quelle dolci parole: Anima diletta allegramente, già
sei salva: "Veni sponsa mea, veni coronaberis".1 Se l'anima ha bisogno di purgarsi, la
manda al purgatorio,2 ed ella tutta rassegnata abbraccia il
castigo, poich'ella3 stessa non vuol entrare in cielo, in
quella patria di purità, se non è tutta purificata. Viene l'Angelo custode per
condurla al purgatorio, ella prima lo ringrazia dell'assistenza fattale in vita
e poi ubbidiente lo siegue.
Ah mio Dio, quando sarà questo giorno, che mi vedrò fuori di
questa terra di pericoli, sicuro di non potervi più perdere? Sì volentieri andrò
al purgatorio, che mi spetta: lieta abbraccerò ogni pena: mi basterà l'amarvi
in quel fuoco con tutto il mio cuore, giacché ivi non amerò altri che voi.
Compita la purga, l'Angelo tornerà e le dirà: Via su, anima
bella, è finita la pena, vieni a godere la faccia del tuo Dio, che t'aspetta in
paradiso. Ecco l'anima già passa le nubi, passa le sfere, le stelle ed entra
nel cielo. Oh Dio che dirà in entrare in quella patria bella, e in dar la prima
occhiata a quella città di delizie! Gli Angeli e' santi e specialmente i suoi
santi avvocati le verranno ad incontro,4 e con giubilo le daranno il benvenuto,
con dirle: Benvenuta compagna nostra, benvenuta.
Ah Gesù mio, fatemene degno.
Qual consolazione avrà ella in incontrarsi ivi co' suoi parenti
ed amici entrati già prima in cielo! Maggiore poi sarà il suo gaudio in vedere
la sua regina Maria ed in baciarle i piedi, ringraziandola di quante grazie le
ha fatte. La regina l'abbraccerà ed ella stessa la presenterà a Gesù, che
l'accoglierà come sposa. E Gesù poi la presenterà al suo Padre divino, che
abbracciandola, la benedirà dicendo: "Intra in gaudium Domini tui".5 E così la farà beata della stessa
beatitudine, ch'egli gode.
E voi, Maria, madre mia, proteggetemi.
MED. III. Del paradiso.
Le bellezze de' santi, le armonie celesti e tutte l'altre
delizie del paradiso sono i minori pregi del paradiso. Il bene che fa l'anima
appieno beata è il vedere ed amare Dio da faccia a faccia. Dice S. Agostino1 che se Dio facesse vedere la sua bella
faccia a' dannati, l'inferno con tutte le sue pene diventerebbe per essi un
paradiso. Anche in questa terra, quando Dio nell'orazione fa gustare la sua
dolce presenza ad un'anima, e con un raggio di luce le scovre2 la sua bontà e l'amore che le porta, è
tanto il contento che l'anima si sente liquefare e struggere d'amore; e pure in
questa vita noi non possiamo vedere Dio qual'è, lo vediamo all'oscuro, come
dietro di un denso velo: che sarà, quando Dio si toglierà davanti il velo e si
farà vedere da faccia a faccia alla scoverta?3
Signore, io per avervi voltate le spalle non sarei più degno di
vedervi, ma fidato nella vostra bontà spero di vedervi ed amarvi per sempre in
paradiso. Parlo così, perché parlo con un Dio, ch'è morto per darmi il
paradiso.
In questa terra l'anime amanti di Dio sono bensì le più
contente, ma non possono godere quaggiù un contento pieno e perfetto: quel
timore, che non sanno se sono degne dell'amore o dell'odio del loro amato
Signore, le mantiene quasi sempre in pena. Ma in paradiso l'anima è sicura che
ama Dio ed è amata da Dio, e vede che quel dolce laccio d'amore, che la tiene
unita con Dio, non si scioglierà mai più in eterno. Accrescerà le fiamme il
conoscer4 meglio allora, qual amore è stato quello
di Dio in essersi fatt'uomo5 ed aver voluto per lei morire: di più in
essersi dato a lei nel sagramento dell'Eucaristia. Accrescerà l'amore il vedere
allora distintamente le grazie, che le ha fatte per condurla in cielo: vedrà
che quelle croci inviatele in vita sono state tutti tiri del suo affetto per
renderla beata. Vedrà poi le misericordie, che le ha usate, i lumi e le
chiamate a penitenza. Vedrà su da quel mondo beato tante anime dannate già
nell'inferno per meno peccati de' suoi, ed ella si vedrà già salva, che
possiede Dio, sicura di non poterlo più perdere per tutta l'eternità.
Gesù mio, Gesù mio, quando verrà questo giorno per me troppo
felice?
Compirà la felicità del beato il sapere con sicurezza che quel
Dio che allora gode, l'avrà da godere in eterno. Se ne' beati entrasse timore,
che avessero a perdere quel Dio che godono, il paradiso non sarebbe più
paradiso. Ma no, il beato è certo, come è certo di Dio, che quel sommo bene che
gode, l'ha da godere per sempre. Quel gaudio poi niente mancherà col tempo,
egli sarà sempre nuovo. Sarà il beato sempre contento e sempre sitibondo di
quel contento: sempre all'incontro sitibondo e sempre saziato.
Quando dunque ci vediamo afflitti da' travagli di questa terra
alziamo gli occhi al cielo e consoliamoci dicendo: Paradiso, paradiso.
Finiranno le pene un giorno, anzi queste medesime diventeranno oggetti di
allegrezza. Ci aspettano i santi, ci aspettano gli Angeli, ci aspetta Maria; e
Gesù sta colla corona in mano per coronarci, se gli saremo fedeli.
Ah mio Dio, quando sarà quel giorno, che giungerò a possedervi e
potrò dirvi: Amor mio, non vi posso perdere più?
O Maria, speranza mia, non lasciate di pregare per me, finché
non mi vediate già salvo a' piedi vostri in paradiso.
1 [30.] Ps.
AUGUST., De triplici tabernaculo, c. 4; PL 40, 995: «Cuius faciem si
omnes carcere inferni inclusi viderent, nullam poenam, nullum dolorem,
nullamque tristitiam sentirent: cuius praesentia si in inferno cum sanctis
habitatoribus appareret, continuo infernus converteretur in amoenum paradisum»
(cfr. Glorieux, 28).
5 [20.] fatt'uomo) fatto uomo B B1 B2.
5 [20.] fatt'uomo) fatto uomo B B1 B2.
(Sant’Alfonso Maria de’ Liguori)
AVE GIGLIO BIANCO DELLA SS.MA TRINITA’