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Trilussa |
1. Poeta romanesco
Carlo Alberto Salustri nasce a Roma nel 1871 e nella stessa città muore nel 1950. Autore di tanti sonetti romaneschi, firmati con lo pseudonimo di Trilussa e pubblicati sui giornali dell'epoca, è persona che usa con maestria la satira, anche per immediate annotazioni critiche sui limiti della natura umana1.
2. La religiosità
Sulla religiosità del poeta qualcuno ha espresso riserve conoscendo la vita mondana da lui condotta in gioventù e negli anni della maturità. Osservando però con attenzione le sue opere2, ci si accorge di una vena spirituale che affiora in più occasioni. Si ricorda qui, ad esempio, un sonetto del dicembre 1916, dal titoloNatale de guerra. Vi si trova un colloquio tra il Bambino e la Madonna. Il testo è il seguente:
Ammalappena che s'è fatto giorno la prima luce è entrata ne la stalla e er Bambinello s'è guardato intorno. - Che freddo, mamma mia! Chi m'aripara? Che freddo, mamma mia! Chi m'ariscalla?
- Fijo, la legna è diventata rara e costa troppo cara pè compralla... - E l'asinello mio dov'è finito? - Trasporta la mitraja sur campo de battaja: è requisito. - Er bove? - Pure quello… fu mannato ar macello.- Ma li Re Maggi arriveno? - E' impossibbile perchè nun c'è la stella che li guida; la stella nun vò uscì: poco se fida pè paura de quarche diriggibbile...-
Er Bambinello ha chiesto:- Indove stanno tutti li campagnoli che l'antr'anno portaveno la robba ne la grotta? Nun c'è neppuro un sacco de polenta, nemmanco una frocella de ricotta...
- Fijo, li campagnoli stanno in guerra, tutti ar campo e combatteno. La mano che seminava er grano e che serviva pè vangà la terra adesso viè addoprata unicamente per ammazzà la gente... Guarda, laggiù, li lampi de li bombardamenti! Li senti, Dio ce scampi, li quattrocentoventi che spaccheno li campi?-
Ner dì così la Madre der Signore s'è stretta er Fijo ar core e s'è asciugata l'occhi cò le fasce. Una lagrima amara pè chi nasce, una lagrima dòrce pè chi more...3
3. L'incontro con il padre Mondrone
Questo sonetto, che si collega al Natale, non è però l'unica opera di Trilussa in ambito religioso. Sono infatti note due poesie sulla Fede. La prima - La Guida - spiega con chiarezza la preziosità di questa virtù teologale e venne declamata anche da Papa Giovanni Paolo I, in un'udienza generale, in Vaticano 4. La seconda esprime un Dialogo sulla fede estremamente sintetico ma efficace:
credo in Dio Padre onnipotente, ma..... c'hai quarche dubbio? tiettelo pe' te. La fede è bella senza li chissà, senza li forse, senza li come e senza li perché.
Si deve infine anche ricordare un sonetto del 1917 - Er ragno bianco - composto quando Papa Benedetto XV rivolse agli Stati belligeranti un appello di pace che si concluse così:
Io nun so dove vado e quanno arrivo, ma porto, per incarico speciale, er seme de quell’arbero d’Ulivo che ce darà la Pace Universale.In tale contesto è interessante ricordare un fatto. Un giorno, padre Domenico Mondrone, gesuita, del Collegio degli scrittori di "La Civiltà Cattolica", in un incontro avvenuto a Lungotevere in Augusta, chiese a Trilussa perchè, come tanti altri poeti, da Jacopone da Todi, a Dante, a Petrarca, non aveva mai pensato discrivere un sonetto sulla Madonna. Trilussa promise che l'avrebbe preparato in seguito.
4. Il sonetto sulla MadonnaSi accinse al lavoro quasi segretamente ma con impegno, tanto che la poesia - Pensanno a la Madonna - fu ritenuta a memoria dalla sua fedele governante Rosa Tomei, morta nel 1966, sedici anni dopo il poeta. Il testo, scritto nel 1941 circa, è quasi postumo testamento spirituale5 perchè è un commovente invito alla preghiera alla Vergine da parte di sua madre, alla quale lui, scapolo, era particolarmente legato (basti segnalare, in proposito, che durante i funerali della mamma, in chiesa, fu colpito da svenimenti). Dice così:
Quann'ero ragazzino, mamma mia me diceva: "Ricordate, fijolo, quanno te senti veramente solo tu prova a recità 'n'Ave Maria. L'anima tua da sola spicca er volo e se solleva come pe' maggìa". .......... Ormai so'vecchio, er tempo m'è volato, da un pezzo s'è addormita la vecchietta, ma quer consijo nun l'ho mai scordato. Come me sento veramente solo io prego la Madonna benedetta e l'anima da sola pija er volo6.5. Qualche considerazioneIl sonetto qui riportato è incompleto (i trattini si riferiscono, presumibilmente, agli anni giovanili). Malgrado ciò, quest'opera di Trilussa può essere interpretata come una testimonianza di fede proiettata sull'intero arco della sua vita. Dalla fanciullezza alla vecchiaia. Colui che era stato acuto osservatore di una quotidianeità partecipata, e che - malgrado le apparenze - aveva tutelato gelosamente alcuni aspetti del suo animo7, lascia ai posteri un delicato senso di filialità verso Maria, che esprime delicatezza di approccio e palpito segreto. Ciò aiuta a rivedere la persona di Carlo Alberto Salustri anche sotto una luce nuova. Quella che traspare da certe strofe le quali, pur collocate in un contesto descrittivo non "personale", tradiscono però quella vena spirituale, derivante certamente da un positivo influsso materno, già segnalato in precedenza.
Er ceco camminava accosto ar muro pè nun pijà de petto a le persone, cercanno cò la punta der bastone ch'er passo fusse libbero e sicuro.
Nun ce vedeva, poveraccio, eppuro, quanno sentiva de svortà er cantone ciancicava la solita orazzione coll'occhi smorti in quell'archetto scuro.
Perchè, s'aricordava, da cratura8 la madre je diceva: - Lì c'è un Cristo, preghelo sempre e nun avè paura...
E lui, ne li momenti de bisogno, lo rivedeva, senza avello visto, come una cosa che riluce in sogno...9 Scrive p. Domenico Mondrone: «.... Sulla fede appresa dalle labbra materne e praticata forse con fervore nel Collegio di San Giuseppe, a Piazza di Spagna, sarà caduta molta polvere, ma non la ventata della miscredenza Forse il rispetto umano, forse la consapevolezza del contrasto tra la purezza della fede e le fragilità della vita, gli avranno consigliato di non professarla a bandiera spiegata ma non di disfarsene interamente». Per lui la fede è la guida della vita.
Quella vecchietta ceca che incontrai la notte che me persi in mezzo ar bosco, me disse: "Se la stra nun la sai te ci accompagno io, che la conosco".
Se ciai la forza de venimme appresso de tanto in tanto te darò una voce finno là in fonno, dove c'è un cipresso, fino là in cime, dove c'è la Croce.."
Io risposi: Sarà...ma trovo strano che me possa guidà chi nun ce vede.." La ceca, allora, me pijò la mano e sospirò: "Cammina". Era la fede
«Fin da bambino - ha scritto - per un istinto profondo ed invincibile ho avuto una fede assoluta in una Provvidenza che regna sugli uomini, in una Bontà e Saggezza suprema che governano il mondo: in Dio. Mi piace soprattutto dirlo ai ragazzi, perchè in questo argomento la mia fede è rimasta assoluta, intatta e semplice, come quando ero ragazzo. E mi ha sempre aiutato e confortato nella vita». É una sua preziosa confessione, che ho pescata nel "Corriere dei Piccoli" del 7 luglio 1935. Vorrei attribuire alla nostalgia di questa fede, più sentita e più vissuta, una delle liriche più belle del nostro favolista:Davanti ar Crocefisso d'una Chiesa una candela accesa se strugge da l'amore e da la fede, je dà tutta la luce
tutto quanto er calore che possiede, senza abbadà se er foco la logra e la riduce a poco a poco. Chi non arde non vive.
Come è bella la fiamma d'un amore che consuma, purché la fede resti sempre quella!
Io guardo e penso: “Trema la fiammella la cera cola e lo stoppino fuma.”E forse gli riviene in mente, con insistenza materna:
Er ritornello d'una cantilena de quela voce che nun scordo mai: - Ritorna presto, sai? Sennò me pijo pena... -
E vedo una vecchietta che sospira e n'aspetta".
NOTE
1 Cf. Giuseppe D'Arrigo, Trilussa, Spada, Roma 1977; L. Di Felici (a cuda), Studi trilussaini. Atti del convegno di Roma (15-17.05.1973), Istituto Studi Romani, Roma 1977; Anne-Christine Faitrop, Trilussa: doppio volto di un uomo e di un'opera, Istituto Studi Romani, Roma 1979; Gaetano Mariani, Trilussa. Storia di un poeta, Bonacci, Roma 1974. 2 Cf. anche Ettore Paratore, Trilussa nel centenario della nascita, Istituto Studi Romani, Roma 1972. 3 Cf. anche: Trilussa, Poesie scelte, a cura di Pietro Gibellini, Arnoldo Mondadori, Milano 1975. 4 Giulio Nicolini, Trentatrè giorni. Un pontificato, Velar, Bergamo 1983. 5 La "Strenna dei Romanisti" lo pubblica il 21 aprile del 1984 insieme a un articolo di Giulio Cesare Nerilli. 6 Cf. anche Devotus, Poesie in dialetto romanesco dedicate alla Madonna, Edizione fuori commercio, Roma 1984. L'interessante libretto si può richiedere al parroco della Chiesa di San Pio V, Largo San Pio V, 00165 Roma. 7 Cf ad esempio questa strofa:Perchè ciavemo tutti in fonno ar core la cantilena d'un ricordo antico lasciato da una gioja o da un dolore. Io, quella mia, me la risento spesso: ve la potrei ridì...ma nun la dico. Nun faccio er cantastorie de me stesso"Tale strofa si trova nel volume di Trilussa dal titolo La gente, edito da Mondadori nel 1927. 8 Da bambino 9 É la terza parte dell'opera Er ceco, in Trilussa, Poesie scelte, a cura di P. Gibellini, Arnoldo Mondadori, MIlano 1975, p. 282.
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