Capitolo 13
La pratica della santa
orazione
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19. E come, nella carne, era già morta
alle esigenze della carne, così era del tutto estranea al mondo, con l’anima
continuamente impegnata in sante preghiere e lodi divine.
Aveva ormai fissato nella
Luce lo sguardo ardentissimo del desiderio interiore e, trascesa la sfera delle
vicissitudini umane, spalancava in tutta la sua ampiezza il campo del suo
spirito alla pioggia della grazia.
Per lunghi tratti dopo
Compieta prega con le sorelle, e i fiumi di lacrime che la inondano eccitano al
pianto anche le altre. Poi, quando tutte le altre erano andate a ristorare sui
duri giacigli le membra stanche, ella rimaneva, vigilante e invitta, in
orazione, per accogliere furtivamente le vene del divino sussurro[i], mentre le altre giacevano nel sonno(47).
Spessissimo prostrata in
orazione col volto a terra, bagna il suolo di lacrime(48)
e lo sfiora con baci: così che pare avere sempre tra le braccia il suo Gesù, i
cui piedi inondare di lacrime, su cui imprimere baci.
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Mentre una volta
piangeva, in piena notte, le apparve l’angelo delle tenebre in forma di nero
fanciullo, e così la ammonì: «Non piangere tanto, perché diventerai cieca!».
Ma, rispondendogli lei subito: «Non sarà cieco chi vedrà Dio», confuso si
allontanò.
La stessa notte, dopo
Mattutino, mentre Chiara pregava bagnata, come sempre, da un rivolo di pianto,
il consigliere fraudolento le si accostò: «Non piangere tanto – le ripeté – se
non vuoi che ti coli alla fine dalle narici il cervello liquefatto: perché poi
ne avrai il naso storto». Alla pronta risposta di lei: «Nessuna deformazione
subisce chi serve il Signore», tosto fuggendo svanì.
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20. Quanta forza e sostegno riceva nella
fornace della preghiera ardente, quanto le sia dolce la bontà divina in quella
fruizione, lo testimoniano comprovati indizi.
Allorché infatti
ritornava nella gioia dalla santa orazione, riportava dal fuoco dell’altare del
Signore parole ardenti, tali da infiammare il cuore delle sorelle.
Esse constatavano infatti
con ammirazione che si irradiava dal suo volto una certa dolcezza e che la sua
faccia pareva più luminosa del solito.
Certamente, nella sua
dolcezza, Dio aveva dato convito alla poverella e, dopo averle inondato l’animo nell’orazione con la sua Luce
vera[ii], lo manifestava al difuori sensibilmente(49).
Così nel mondo mutevole
unita immutabilmente al suo nobile Sposo, trova continua delizia nelle cose
superne; così, sostenuta da ferma virtù nel volgersi della mobile ruota del
mondo e racchiudendo in un vaso d’argilla un tesoro di gloria, con il
corpo dimora quaggiù sulla terra, ma con lo spirito nell’alto.
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Era solita, per
Mattutino, prevenire le giovinette e, svegliandole senza rumore con cenni, le
invitava alle lodi di Dio. Spesso, mentre tutte dormivano ancora, accendeva le
lampade; spesso suonava lei stessa, con le sue mani, la campana(50).
Non v’era posto nel suo
monastero per la tiepidezza, non v’era posto per l’accidia lì dove la pigrizia
era scossa da un pungente impulso a pregare e a servire il Signore.
(47) Proc. I,
7; X, 3.
(48) Proc.
III, 7; VI, 4.
(49) Proc. I,
9; IV, 4; VI, 3.
(50) Proc. II,
9; X, 3; Cfr. nota 36.
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