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la differenza tra cattolici ed acattolici, per quanto si vogliano fratelli, sta
sul piano della fede. Bisogna avere il coraggio di dirlo e di dirlo sempre.
Usare tattiche scivolose quanto cortesi, sfumare tutti i contorni in un incerto
crepuscolo che abolisca gli aspetti imbarazzanti, non è fare dell'ecumenismo.
Esso è tale quando, coll'esercizio di ogni virtù, con tutti i sacrifici
personali, con tutta la consistente pazienza, con la più affettuosa delle
carità, mette dei termini chiari. Forse che sarebbe un ritorno alla unità piena
tra i credenti, quello in cui il cammino venisse percorso lastricato di
equivoci e di mezze verità? Ora è chiaro che si deve passare questo ponte -
primato romano - e che, se non lo si passa coscientemente, non si raggiunge lo scopo
unico e vero dell'ecumenismo. E si delinea il vero pericolo in tale
entusiasmante materia. Ecco da chi è rappresentato il pericolo di fare
dell'ecumenismo una accozzaglia di dottrine troncate. Ci sono scrittori che,
abusando del nome di teologi o della dignità della ricerca, sgranano ad una ad
una le verità della fede cattolica, sfaldano, ignorandolo, il Magistero. Essi
fanno dubitare di sapere che la verità di Dio è una e perfetta, che negata in
un punto - tale è la sua interna logica ed armonia - è giocoforza negare tutto.
Non comprendono che Dio ha affidato tutto ad un Magistero, il quale è tanto
sicuro e divinamente garantito che si può affermare «quod Ecclesia semel
docuit, semper docuit». Forse hanno anche dimenticato che la visibilità della
Chiesa e la sua realtà umana non la compromettono affatto, dimostrando la mano
di Dio in quello che, affidato a mani umane, non reggerebbe oggi e sarebbe
morto da tempo immemorabile. I nostri fratelli ci attendono, ma ci attendono
nella luce del giorno, non tra le incerte ombre della notte!
(Cardinale Giuseppe Siri, da «Renovatio», XII (1977),
fasc. 1, pp. 3-6)
AVE MARIA!
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