Il Papa ha ragione:
«Tutto deve ricominciare da Cristo»
Per una coincidenza che ritengo
straordinaria, un mio amico sacerdote mi invia ieri sera l'estratto di un libro
e mi parla della figura di Michel-Marie Zanotti-Sorkine, un Parroco marsigliese
che, ora, ritrovo in un articolo di Marina Corradi su Avvenire del 29 novembre
scorso, che pubblico di seguito, segnalato e commentato oggi da Magister: è da lì che ho
ripreso anche l'immagine del suo volto, che non conoscevo. Ringraziamo il
Signore e verifichiamo come ancora una volta il Sacerdote non deve far altro che
il sacerdote (docente-guida-santificatore: il «triplice munus») per
conquistare anime al Signore e al Suo Regno.
Domani pubblicherò l'estratto in italiano del
suo libro Au diable la tiédeur (Al diavolo la tiepidezza), che si divide
in due parti. La prima è rivolta ai sacerdoti: 50 pagine di pensieri, consigli,
sentenze semplici e forti per ridefinire il loro sacerdozio. La seconda è
destinata ai fedeli per ricordare le basi della religione cattolica e far luce
sui comportamenti e virtù che aiutano a vivere. Sta avendo grande successo.
Uscito nell'ottobre scorso, ha già venduto più di 15.000 copie.
Quella tonaca nera svolazzante sulla rue
Canabière, tra una folla più maghrebina che francese, ti fa voltare. Toh, un
prete, e vestito come una volta, per le strade di Marsiglia. Un uomo bruno,
sorridente, eppure con un che di riservato, di monacale. E che storia, alle
spalle: cantava nei locali notturni di Parigi, solo otto anni fa è stato
ordinato e da allora è parroco qui, a Saint-Vincent-de-Paul.
Ma la storia in realtà è anche più complicata:
Michel-Marie Zanotti-Sorkine, 53 anni, discende da un nonno ebreo russo,
immigrato in Francia, che prima della guerra fece battezzare le figlie. Una di
queste figlie, scampate all’Olocausto, ha messo al mondo padre Michel-Marie, che
per parte paterna è invece mezzo corso e mezzo italiano. (Che bizzarro incrocio,
pensi: e guardi con stupore la sua faccia, cercando di capire com’è un uomo, con
dietro un tale nodo di radici). Ma se una domenica entri nella sua chiesa
gremita, e ascolti come parla di Cristo con semplici quotidiane parole; e se
osservi la religiosa lentezza dell’elevazione dell'ostia, in un silenzio
assoluto, ti domandi chi sia questo prete, e cosa in lui affascini, e faccia
ritornare chi è lontano.
Infine ce l’hai davanti, nella sua canonica
bianca, claustrale. Sembra più giovane dei suoi anni; non ha quelle rughe di
amarezza che marchiano col tempo la faccia di un uomo. Una pace addosso, una
letizia che stupisce. Ma lei chi è?, vorresti chiedergli immediatamente.
Davanti a un pasto frugale, cenni di una vita
intera. Due splendidi genitori. La madre, battezzata ma solo formalmente
cattolica, lascia che il figlio frequenti la Chiesa. La fede gli è contagiata
«da un vecchio prete, un salesiano in talare nera, uomo di fede generosa e
smisurata». Il desiderio, a otto anni, di essere sacerdote. A tredici perde la
madre: «Il dolore mi ha devastato. E però non ho mai dubitato di Dio".
L’adolescenza, la musica, e quella bella voce. I piano bar di Parigi potranno
sembrare poco adatti a discernere una vocazione religiosa. Eppure, intanto che
la scelta lentamente matura, i padri spirituali di Michel-Marie gli dicono di
restare nelle notti parigine: perché anche lì c’è bisogno di un segno. La
vocazione infine preme. Nel 1999, a 40 anni, si avvera il desiderio infantile:
sacerdote, e in talare, come quel vecchio salesiano.
Perché la talare? «Per me – sorride – è una
divisa da lavoro. Vuole essere un segno per chi mi incontra, e soprattutto per
chi non crede. Così sono riconoscibile come sacerdote, sempre. Così per strada
sfrutto ogni occasione per fare amicizia. Padre, mi chiede uno, dov’è la posta?
Venga, l’accompagno, rispondo io, e intanto si parla, e scopro che i figli di
quell’uomo non sono battezzati. Me li porti, dico alla fine; e spesso quei
bambini, poi, li battezzo. Cerco in ogni modo di mostrare con la mia faccia
un’umanità buona. L’altro giorno addirittura – ride – in un bar un vecchio mi ha
chiesto su quali cavalli puntare. Io gli ho dato i cavalli. Ho chiesto scusa
alla Madonna, fra me: ma sai, le ho detto, è per fare amicizia con quest’uomo.
Come diceva un prete, che è stato mio maestro, a chi gli chiedeva come
convertire i marxisti: 'Occorre diventare loro amici', rispondeva».
Poi, in chiesa, la messa è severa e bella. Il
prete affabile della Canabière è un prete rigoroso. Perché cura tanto la
liturgia? «Voglio che tutto sia splendente attorno all’eucarestia. Voglio che
all’elevazione la gente capisca che Lui è qui, davvero. Non è teatro, non è
pompa superflua: è abitare il Mistero. Anche il cuore ha bisogno di
sentire».
Lui insiste molto sulla responsabilità del
sacerdote, anzi in un suo libro – ha scritto numerosi libri, e scrive ancora, a
volte, canzoni – afferma che un sacerdote che abbia la chiesa vuota si deve
interrogare e dire: «È a noi che manca il fuoco». Spiega: «Il sacerdote è
'alter Christus', è chiamato a riflettere in sé Cristo. Questo non
significa chiedere a noi stessi la perfezione; ma essere consci dei nostri
peccati, della nostra miseria, per poter comprendere e perdonare chiunque si
presenti in confessionale».
In confessionale, padre Michel-Marie va tutte
le sere, con assoluta puntualità, alle cinque, sempre. (La gente, dice, deve
sapere che il prete c’è, comunque). Poi resta in sacristia fino alle undici, per
chiunque desideri andarci: «Voglio dare il segno di una disponibilità
illimitata». A giudicare dal continuo pellegrinaggio di fedeli, a sera, si
direbbe che funzioni. Come una domanda profonda che emerga da questa città,
apparentemente lontana. Cosa vogliono? «La prima cosa è sentirsi dire: tu sei
amato. La seconda: Dio ha un progetto su di te. Non bisogna farli sentire
giudicati, ma accolti. Occorre far capire che l’unico che può cambiare la loro
vita è Cristo. E Maria. Due sono le cose che secondo me permettono un ritorno
alla fede: l’abbraccio mariano, e l’apologetica appassionata, che tocca il
cuore».
«Chi mi cerca – continua – prima di tutto
domanda un aiuto umano, e io cerco di dare tutto l’aiuto possibile. Non
dimenticando che il mendicante ha bisogno di mangiare, ma ha anche un’anima.
Alla donna offesa dico: mandami tuo marito, gli parlo io. Ma poi, quanti vengono
a dire che sono tristi, che vivono male... Allora chiedo: da quanto lei non si
confessa? Perché so che il peccato pesa, e la tristezza del peccato tormenta. Mi
sono convinto che ciò che fa soffrire tanta gente è la mancanza dei sacramenti.
Il sacramento è il divino alla portata dell’uomo: e senza questo nutrimento non
possiamo vivere. Io vedo la grazia operare, e che le persone cambiano».
Giornate totalmente donate, per strada, o in
confessionale, fino a notte. Dove prende le forze? Lui – quasi pudicamente, come
si parla di un amore – dice di un profondo rapporto con Maria, di una confidenza
assoluta con lei: «Maria è l’atto di fede totale, nell’abbandono sotto alla
Croce. Maria è assoluta compassione. È pura bellezza offerta all’uomo». E ama il
rosario, l’umiltà del rosario, il prete della Canabière: «Quando confesso,
spesso dico il rosario, il che non mi impedisce di ascoltare; quando do la
comunione, prego». Lo ascolti intimidita. Ma allora, tutti i preti dovrebbero
avere una dedizione assoluta, quasi da santi? "Io non sono un santo, e non credo
che tutti i preti debbano essere santi. Però possono essere uomini buoni. La
gente sarà attratta dal loro volto buono».
Problemi, in strade a così forte presenza di
musulmani immigrati? No, dice semplicemente: «Rispettano me e questa veste». In
chiesa accoglie chiunque con gioia: «Anche le prostitute. Do loro la comunione.
Che dovrei dire? Diventate oneste, prima di entrare qui? Cristo è venuto per i
peccatori e io ho l’ansia, nel negare un sacramento, che lui un giorno me ne
possa rendere conto. Ma noi sappiamo ancora la forza dei sacramenti? Ho il
dubbio che abbiamo troppo burocratizzato l’ammissione al battesimo. Penso al
battesimo di mia madre ebrea, che, quanto alla richiesta di mio nonno, fu un
atto solo formale: eppure, anche da quel battesimo è venuto un sacerdote».
E la nuova evangelizzazione? «Vede – dice al
congedo, nella sua canonica – più invecchio e più capisco ciò che ci dice
Benedetto XVI: tutto davvero ricomincia da Cristo. Possiamo solo tornare alla
sorgente».
Più tardi poi lo intravedi da lontano, per
strada, con quella veste nera mossa dal passo veloce. «La porto – ti ha detto –
perché mi riconosca uno che magari altrimenti non incontrerei mai. Quello
sconosciuto, che mi è estremamente caro».
Marina Corradi
Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis
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