giovedì 6 dicembre 2012

IL PRESEPIO Dl GRECCIO



CAPITOLO XXX


IL PRESEPIO Dl GRECCIO

466 84. La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma

era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta
la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli
esempi del Signore nostro Gesù Cristo.


467 Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue

opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse
così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.


468 A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che

il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del
Signore.
C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche
migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato
nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due
settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo
chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e
prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche
modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose
necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il
bue e l'asinello». Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad
approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.


469 85. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui

convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della
regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella
notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi.
Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è
raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e
l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la
povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente
accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva
risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al
Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di
gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui
stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

470 86. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con

voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in
desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e
la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di
amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo
pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un
suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù»,
passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle
parole.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell'Onnipotente, e uno dei presenti, uomo
virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella
mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la
visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù
veniva risuscitato nei cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva
impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno
tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

471 87. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo

di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è
avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie,
mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un
parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente
partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.
Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un
altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli
animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento
dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato e incontaminato,
Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il
Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.

Finisce la parte prima

della Vita e delle opere del beato Francesco.


LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!


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