lunedì 3 dicembre 2012

*** Beata Maria Baouardy: Chi non crede a Satana legga quì...



Questa prima legione di demoni diceva: Noi non siamo cattivi, noi; non siamo che dei piccoli sudicioni; quelli che verranno dopo di noi lo saranno molto di più. Per otto giorni, il Maestro (Dio) ci ha obbligato ad obbedire alle due vecchie (la Priora e la Maestra delle novizie). La settimana prossima, occorrerà un sacerdote per fare obbedire quelli che verranno, e la terza settimana, solo le maniche violet­te (il vescovo) potranno sottometterci.

Non si lasciò la novizia un solo istante, perché i demoni non cercavano che di ucciderla. La si trascinava, malgrado resistesse, alle istruzioni del rito, predi­cato dal Rev. abate Manaudas, Superiore del Gran Seminario di Bayonne. La pa­rola di Dio irritava il demonio al di là di ogni espressione; spesso, egli inter­rompeva il predicatore, soprattutto quando costui l'interpellava. No, no, esclamava, tutto ciò non è vero; questo vecchio mente; io lo schiaccerò; ed ac­compagnava queste minacce con i gesti più espressivi. Il sacerdote non era af­fatto spaventato da queste grida. Alla fine dell'istruzione, egli faceva avvicina­re, in nome dell'obbedienza, la posseduta alla grata; comandava al demonio di uscire da quel corpo e il demonio era obbligato ad obbedire dopo molte resi­stenze. La suora, liberata un istante, diceva tutta in lacrime: «Padre mio, dove sono? Padre mio, il buon Dio mi ha abbandonato. Io non amo più né Dio né la santa Vergine. Tutti mi hanno abbandonata, perfino le suore». L'abate Manaudas le rivolgeva parole consolanti e l'incoraggiava: «Padre mio, lei riprendeva, io voglio sempre soffrire, io non voglio offendere Dio. Se io potessi un poco amar­lo, sarei contenta». Tu l'ami, sorella mia, le diceva il sacerdote; fa' un atto d'a­more con me; ed ella ripeteva, come un bambino, ogni parola pronunciata dal­l'abate Manaudas. Ma aggiungeva subito: "Io mento, Padre mio, io mento", e il demonio entrava di nuovo nel suo corpo. Ella si alzava allora con fierezza, tene­va testa al sacerdote, batteva col piede la terra, e quando costui chiamava suor Maria di Gesù Crocifisso, il demonio gridava: Non c'è; non verrà. Se il demo­nio era forzato ad uscire ancora nel nome di Gesù, era per rientrare quasi im­mediatamente.

Durante questa prima settimana, la legione dei demoni annunciò anzitutto ciò che doveva accadere fino alla fine della lotta. Essi confessarono che non poteva­no pronunciare la parola giovedì, a causa dell'istituzione dell'Eucarestia, e che era loro proibito di riunirsi dal giovedì al venerdì sera a causa del mistero della Redenzione: Ogni sera, dicevano, noi rendiamo conto al nostro capo delle vitto­rie: colui che ne ha riportate un più grande numero comanda su tutti l'indoma­ni. Satana avrebbe voluto turbare il sonno della comunità. Una notte esso mandò grida spaventose; la sua intenzione era di fare mancare al silenzio ma non poté riuscirvi, e il sacerdote gli ordinò di tacere da allora in poi durante la notte.

Questo sentimento di odio investiva soprattutto la vita della posseduta. Ella sfuggì, un giorno, alla sorveglianza delle suore e si gettò, da molti metri di altez­za, in una riserva piena d'acqua. La caduta avrebbe dovuto, se non ucciderla, al­meno provocarle gravi ferite. E non si fece tuttavia alcun male, per una protezio­ne speciale della santa Vergine, cosa che Satana stesso fu forzato a confessare.

Durante la ricreazione, si conduceva questa povera vittima in giardino. Il de­monio temeva, al di sopra di tutto, il romitaggio del Monte Carmelo, ove Gesù le aveva accordato tante grazie. La posseduta non voleva avvicinarvisi, e ancor meno entravi: occorreva l'ordine intimato dai superiori per trionfare delle sue re­sistenze. Non appena toccava la soglia di questo romitaggio, il demonio la lasciava. La si vedeva, inondata di lacrime, lamentarsi con Maria di averla abban­donata. Ma Satana ritornava presto, e subito esclamava: Usciamo di qui, uscia­mo di qui!

La lotta durava da otto giorni. Secondo la sua predizione, la suora fu liberata la domenica e poté confessarsi e comunicarsi: «Ero in un mare nero, diceva; ora posso un po' sollevare la testa; vedo tuttavia sempre lo stesso mare davanti a me, e avanza, e avanza. E non ho alcun buon sentimento, sebbene mi sia comunica­ta». L'abate Manaudas domandò di parlarle; ella discese nel parlatorio per rice­vere i suoi incoraggiamenti e i suoi consigli ma la parola di Dio non penetrava nella sua anima; la stessa tristezza continuava a regnarvi. Si recò nel coro per re­citare le Ore minori. Alle otto, mentre finiva l'antifona della santissima Vergine, mandò un forte grido: la legione era appena rientrata nel suo corpo. L'attacco fu terribile e soltanto alle undici e tre quarti questa prima legione la lasciò.

Questa vittima di Gesù non ebbe che un quarto d'ora di respiro: a mezzogior­no entrò la seconda legione. Ci si accorse subito che questi nuovi venuti erano più potenti e più cattivi dei primi. L'abate Manaudas poté tuttavia liberarla per alcu­ni istanti, nel nome di Gesù, e farle fare numerosi atti di rassegnazione e d'amo­re. La giornata fu cattiva; solo lo scapolare di Madre Elia aveva il potere di cal­marla. Dopo tre ore, ritornò tranquilla e ne approfittò per fare degli atti d'amore verso Dio e di carità verso le consorelle: «Mio Dio, diceva, io voglio sempre sof­frire, visto che Tu sei contento», e con una amabilità incantevole, aggiungeva, ri­volgendosi alle sue compagne: «Sono tanto miserabile, non merito che si faccia qualche cosa per me! Siete troppo buone! Sento che pregate, che tutti pregano per me».

Se Gesù aveva abbandonato il corpo di suor Maria a Satana, gli aveva nello stesso tempo proibito di dire o fare qualcosa contro la purezza. Durante l'attacco più forte, le sue gambe si scoprirono un poco e il demonio gridò subito: Coprite la piccola Araba; il Maestro ci ha proibito di fare alcunché contro la modestia, perché lei non ha mai peccato su questo punto. Noi non abbiamo che il potere di cercare di ucciderla. Questa cattiva Araba, io la annienterei, diceva Satana; avrei voluto soffocarla nel seno di sua madre. Più avanza in età, più la mia rabbia au­menta, soprattutto a causa dei suoi segni (le stimmate). Datemi uno dei suoi oc­chi, uno delle sue dita, ed io riempirò d'oro una delle vostre celle.

Satana avrebbe voluto impedirle di mangiare, per farla morire, ma Madre Elia trionfava su questo punto sullo spirito infernale. Esso usava tuttavia largamente del permesso di tormentare il suo corpo: si sarebbe detto che delle unghie di fer­ro fossero passate sulle membra della vittima. Il suo corpo era agitato come un'acqua che il vento solleva. Le sue grida erano spaventose, le sue sofferenze or­ribili. Le sue forze si decuplicavano, impossibile tenerla. La parola del sacerdote aveva in quel momento una grande potenza sulla posseduta. Ella baciò con amo­re una stola che era stata posata su di lei a diverse riprese durante la crisi: «Que­sto, ella disse, è un indumento della mia santa madre Chiesa». Per ordine del sacerdote, come abbiamo precedentemente detto, il demonio conservava il silenzio durante la notte; però si ripromise di vendicarsi della vio­lenza che gli era imposta. Si rallegrava della prossima partenza dell'abate Ma­naudas. Avendolo le suore avvertito, costui proibì al demonio, in nome di Gesù, di fare alcunché durante la sua assenza. Esso fu costretto ad obbedire.
Da Il Piccolo Nulla.
ADEAMUS CUM FIDUCIA 
AD THRONUM GRATIAE

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