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Vi ho qui voluti per
farvi conoscere Maria. Molti di voi conoscete la “madre” Maria,
alcuni la “sposa”
Maria. Ma nessuno conosce la “vergine” Maria. Io ve la voglio fare conoscere in
questo
giardino in fiore, nel
quale il vostro cuore viene col desiderio nelle lontananze forzate e come ad un
riposo
nelle fatiche
dell’apostolato.
Vi ho ascoltato
parlare, voi apostoli, discepoli e parenti, ed ho sentito le vostre
impressioni, i vostri ricordi, le vostre asserzioni sulla Madre mia. Io vi
trasfigurerò tutto questo, molto ammirativo ma ancora molto umano, in un
soprannaturale conoscere. Perché mia Madre, prima di Me, va trasfigurata agli
occhi dei più meritevoli, per mostrarla quale Essa è.
Voi vedete una donna,
una donna che per la sua santità vi pare diversa dalle altre, ma che in realtà
vedete come un’anima fasciata dalla carne, come quella di tutte le sue sorelle
di sesso. Ma Io ora vi voglio scoprire l’anima di mia Madre. La sua vera ed
eterna bellezza.
Vieni qui, Madre mia.
Non arrossire. Non ritrarti intimidita, colomba soave di Dio. Tuo Figlio è la
Parola di
Dio e può parlare di
te e del tuo mistero, dei tuoi misteri, o sublime Mistero di Dio. Sediamoci
qui, in
quest’ombra leggera di
alberi in fiore, presso la casa, presso la tua stanza santa. Così! Alziamo
questa tenda
ondeggiante e ne
escano onde di santità e di Paradiso da questa stanza verginale, a saturare di
te tutti noi…
Si. Io pure. Che Io mi
profumi di te, Vergine perfetta, per potere sopportare i fetori del mondo, per
potere
vedere candore avendo
saturata la pupilla del tuo Candore… Qui Marziam, Giovanni, Stefano, e voi
discepole, bene di
fronte alla porta aperta sulla dimora casta della Casta fra tutte le donne. E
dietro voi, amici miei. E qui, al mio fianco, tu, diletta Madre mia.
Vi ho detto poc’anzi
“l’eterna bellezza dell’anima di mia Madre”. Sono la Parola e perciò so usare
della parola senza errore.
Ho detto “eterna”, non “immortale”. E non senza scopo l’ho detto. L’immortale è
chi, essendo nato, non
muore più. Così l’anima dei giusti è immortale in Cielo, l’anima dei peccatori
è immortale nell’inferno, perché
l’anima, creata che sia, non muore più che alla grazia. Ma l’anima ha vita,
esiste dal momento che Dio la
pensa. È il pensiero di Dio che la crea.
(Quando è il momento di infonderla. L’anima di
Maria Ss., dunque, è
ab eterno non creata ma concepita nel Pensiero divino, che la creò quando venne
il momento di infonderla
nel corpo concepito. La creazione e l’infusione di un’anima sono due atti che
si
compiono nello stesso
momento, come è spiegato in nota al Vol 4 Cap 290).
L’anima di mia Madre è da sempre pensata da Dio. Perciò è eterna nella sua bellezza, nella quale Dio ha riversato ogni perfezione per
L’anima di mia Madre è da sempre pensata da Dio. Perciò è eterna nella sua bellezza, nella quale Dio ha riversato ogni perfezione per
averne delizia e
conforto.
È detto nel libro del
nostro avo Salomone
(Proverbi 8, 22-31. Come già nelle prime pagine dell’opera, Vol 1 Cap 5, con nota, le parole della Sapienza creatrice dell’universo vengono applicate all’anima di Maria Ss., che era presente nel pensiero di Dio creatore. La Rivelazione, la Chiesa e i santi Padri la chiamano perciò “primogenita” . Si può dunque dire che Maria Ss., che all’inizio dell’opera, Vol 1 Cap 1, è stata chiamata “secondogenita” in rapporto a Gesù, Primogenito in assoluto del Padre, è “primogenita” in rapporto ad ogni altra umana creatura, perché la sua anima precede tutte le altre, sia nel pensiero e nella predilezione del Padre, sia nella perfezione propria.),
che ti antevide e perciò profeta tuo può essere detto: “Dio mi possedette all’inizio delle sue opere, fin dal principio, avanti la Creazione. Ab eterno io fui stabilita, al principio, prima che fosse fatta la Terra. Non erano ancora gli abissi ed io ero concepita. Non ancora le sorgenti delle acque sgorgavano, non ancora le montagne erano fermate sulla loro grave mole, ed io già ero. Prima delle colline io ero partorita. Egli non aveva ancora fato la Terra, i fiumi, né i cardini del mondo, ed io già ero. Quando preparava i cieli e il Cielo, io ero presente. Quando con legge inviolabile chiuse sotto la volta l’abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissò al mare i suoi confini e dette legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della Terra, io ero con Lui a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia io scherzavo dinanzi a Lui continuamente. Scherzavo nell’universo”.
(Proverbi 8, 22-31. Come già nelle prime pagine dell’opera, Vol 1 Cap 5, con nota, le parole della Sapienza creatrice dell’universo vengono applicate all’anima di Maria Ss., che era presente nel pensiero di Dio creatore. La Rivelazione, la Chiesa e i santi Padri la chiamano perciò “primogenita” . Si può dunque dire che Maria Ss., che all’inizio dell’opera, Vol 1 Cap 1, è stata chiamata “secondogenita” in rapporto a Gesù, Primogenito in assoluto del Padre, è “primogenita” in rapporto ad ogni altra umana creatura, perché la sua anima precede tutte le altre, sia nel pensiero e nella predilezione del Padre, sia nella perfezione propria.),
che ti antevide e perciò profeta tuo può essere detto: “Dio mi possedette all’inizio delle sue opere, fin dal principio, avanti la Creazione. Ab eterno io fui stabilita, al principio, prima che fosse fatta la Terra. Non erano ancora gli abissi ed io ero concepita. Non ancora le sorgenti delle acque sgorgavano, non ancora le montagne erano fermate sulla loro grave mole, ed io già ero. Prima delle colline io ero partorita. Egli non aveva ancora fato la Terra, i fiumi, né i cardini del mondo, ed io già ero. Quando preparava i cieli e il Cielo, io ero presente. Quando con legge inviolabile chiuse sotto la volta l’abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissò al mare i suoi confini e dette legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della Terra, io ero con Lui a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia io scherzavo dinanzi a Lui continuamente. Scherzavo nell’universo”.
Si, o Madre di cui
Dio, l’Immenso, il Sublime, il Vergine, l’Increato, era gravido, e ti portava
come il suo dolcissimo pondo,
giubilando di sentirti agitarti in Lui, dandogli i sorrisi dei quali fece il
Creato! Tu che a
dolore partorì per
darti al Mondo, anima soavissima, nata dal Vergine per essere la “Vergine”,
Perfezione del Creato, Luce del
Paradiso, Consiglio di Dio, che guardandoti poté perdonare la Colpa perché tu
sola, da te
sola, sai amare come
tutta l’Umanità messa insieme non sa amare. In te il Perdono di Dio! In te il Medicamento di Dio,
tu, carezza dell’Eterno sulla ferita dall’uomo fatta a Dio! In te la Salute del
mondo, Madre dell’Amore
incarnato e del concesso Redentore!
L’anima della Madre
mia! Fuso dell’Amore col Padre, Io ti guardavo dentro di Me, o anima della
Madre mia!… E il tuo
splendore, la tua preghiera, l’idea di essere da te portato, mi consolavano in
eterno del mio
destino di dolore e di
esperienze disumane di ciò che è il mondo corrotto per il Dio perfettissimo.
Grazie, o Madre! Io sono venuto
già saturo delle tue consolazioni, Io sono sceso sentendo te sola, il tuo
profumo, il tuo canto, il tuo amore… Gioia, gioia mia!
Ma udite, voi che ora
sapete che una sola è la Donna nella quale non è macchia, una sola la Creatura
che non costa ferita al Redentore, udite la seconda trasfigurazione di Maria,
l’Eletta di Dio.
Era un sereno
pomeriggio di adar ed erano in fiore gli alberi nell’orto silenzioso, e Maria,
sposa a Giuseppe, aveva colto un ramo di
albero in fiore per sostituirlo all’altro che era nella sua stanzetta. Da poco
era venuta a Nazaret, Maria, presa dal Tempio per ornare una casa di santi.
E con l’anima
tripartita fra il Tempio, la casa e il Cielo, Ella guardava il ramo in fiore,
pensando che con uno simile, sbocciato insolitamente, un ramo reciso in questo
brolo nel colmo dell’inverno e fioritosi come per primavera davanti all’Arca
del Signore – forse lo aveva scaldato il Sole-Iddio raggiante sulla sua Gloria
– Dio le aveva significato la sua volontà…
E pensava ancora che
nel giorno delle nozze Giuseppe le aveva portato altri fiori, ma mai simili al
primo che portava scritto sui
petali leggeri: “Ti voglio unita a Giuseppe”… Tante cose pensava… E pensando
salì a
Dio. Le mani erano
solerti fra la rocca e il fuso, e filavano un filo più sottile d’uno dei
capelli del suo capo
giovinetto…
L’anima tesseva un
tappeto d’amore, andando solerte, come spola sul telaio, dalla Terra al Cielo.
Dai bisogni della casa, dello sposo, a quelli dell’anima di Dio. E cantava, e
pregava. E il tappeto si formava sul mistico telaio, si srotolava dalla Terra
al Cielo, saliva a sperdersi lassù… Formato di che? Dai fili sottili, perfetti,
forti, delle sue virtù, dal filo volante della spola che Ella credeva “sua”,
mentre era di Dio: la spola della volontà di Dio sulla quale era avvolta la
volontà della piccola, grande Vergine d’Israele, la Sconosciuta al mondo, la
Conosciuta da Dio, la sua volontà avvolta, fatta una con la volontà del
Signore. E il tappeto si
infiorava di fiori
d’amore, di purezza, di palme di pace, di palme di gloria, di mammole, di
gelsomini… Ogni virtù fioriva sul
tappeto dell’amore che la Vergine di Dio svolgeva, invitante, dalla Terra al
Cielo. E poiché il
tappeto non bastava,
Ella lanciava il cuore cantando: (Le espressioni del mistico dialogo sono
tratte da: Cantico dei cantici 5,
1; 6, 2-3; 4, 1.11.12; 8, 6-7) “Venga il mio Diletto nel suo giardino e mangi
il frutto dei suoi pomi… Il mio
Diletto discenda nel suo giardino, all’aiuola degli aromi, a pascersi tra i
giardini, a coglier gigli. Io son del mio
Diletto, e il mio Diletto è mio, Egli che pasce fra i gigli!”.
E da lontananze
infinite, fra torrenti di Luce, veniva una Voce quale orecchio umano non può
udire, né gola umana formare. E
diceva: “Quanto sei bella, amica mia! Quanto sei bella!… Miele stillano le tue labbra…
Un giardino chiuso tu
sei, una fonte sigillata, o sorella, mia sposa…”, e insieme le due voci si
univano per cantare l’eterna
verità: “L’amore è forte più della morte”. E la Vergine trasfigurava così…
così… così…
mentre scendeva
Gabriele e la richiamava, col suo ardere, alla Terra, le riuniva lo spirito
alla carne, perché Ella potesse intendere
e comprendere la richiesta di Colui che l’aveva chiamata “Sorella” ma che la
voleva
“Sposa”.
Ecco, là avvenne il
Mistero… E una pudica, la più pudica di tutte le donne, Colei che neppure
conosceva lo
stimolo istintivo
della carne, tramortì davanti all’Angelo di Dio, perché anche un angelo turba
l’umiltà e la verecondia della
Vergine, e solo si placò udendolo parlare, e credette, e disse la parola per
cui il “loro”
amore divenne Carne e
vincerà la Morte, né nessun’acqua potrà estinguerlo, né malvagità sommergerlo…».
Gesù si china
dolcemente su Maria che gli è scivolata ai piedi quasi estatica, nella
rievocazione dell’ora lontana, luminosa di
una luce speciale che pare le esali dall’anima, e le chiede sommessamente:
«Quale la
tua risposta, o
Purissima, a chi ti assicurava che divenendo la Madre di Dio non avresti
perduto la tua perfetta Verginità? ».
E Maria, quasi in
sogno, lentamente, sorridendo, con gli occhi dilatati per un pianto felice:
«Ecco l’Ancella del Signore! Si faccia
di me secondo la sua Parola », e reclina la testa sui ginocchi del Figlio, adorando.
Gesù la vela col suo
manto, nascondendola agli occhi di tutti, e dice: «E fu fatto. E si farà sino
alla fine. Sino all’altra e all’altra
ancora delle sue trasfigurazioni. Sarà sempre “l’Ancella di Dio”. Farà sempre
come dirà
“la Parola”. Mia Madre!
Questa è mia Madre. Ed è bene che voi cominciate a conoscerla in tutta la sua
santa Figura… Madre! Madre!
Rialza il tuo viso, Diletta… Richiama i tuoi devoti alla Terra dove per ora
siamo…», dice scoprendo
Maria dopo qualche tempo, durante il quale non era rumore oltre al ronzio delle
api e al chioccolio della
piccola fonte.
Maria alza il viso molle di pianto e sussurra: «Perché, Figlio, mi hai fatto questo? I segreti del Re sono sacri… ».
Maria alza il viso molle di pianto e sussurra: «Perché, Figlio, mi hai fatto questo? I segreti del Re sono sacri… ».
«Ma il Re li può
svelare quando vuole. (Come è detto in Tobia 12, 7) Madre, l’ho fatto perché
sia compreso il detto di un
Profeta: (Geremia 31, 22) “Una Donna chiuderà in sé l’Uomo”, e l’altro
dell’altro Profeta:
(Isaia 7, 14) “La
Vergine concepirà e partorirà un Figlio”. E anche perché essi, che
inorridiscono di troppe cose, per loro
avvilenti, del Verbo di Dio, abbiano a contrappeso tante altre cose che li
confermino nella
gioia di essere
“miei”. Così non si scandalizzeranno mai più e conquisteranno anche per ciò il
Cielo…
Ora chi deve andare alle
case ospitali vada. Io resto con le donne e Marziam. Domani all’alba siano qui
tutti gli uomini, ché voglio
condurvi qui vicino. Poi torneremo a salutare le discepole per poi tornare a
Cafarnao a radunare altri
discepoli e invitarli dietro a queste »…
Da Maria Valt.: L’Evangelo… (348. Con Gesù a Nazareth. Svelate le
trasfigurazioni della Vergine. Lc 9,7-9.)
LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR!
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