Caritas non est ambitiosa.
Chi ama Gesù Cristo non ambisce altro
che Gesù Cristo.
1. Chi ama Dio non va cercando di essere stimato ed amato dagli
uomini: l'unico suo desiderio è di esser ben voluto da Dio ch'è l'unico oggetto
del suo amore. — Scrive S. Ilario che ogni onore che si riceve dal mondo è
negozio del demonio: Omnis saeculi honor diaboli negotium est (S. Hilar.,
in Matth. 6). E così è, perchè il nemico negozia per l'inferno quando ingerisce
nell'anima desideri di essere stimata; poichè, perdendo ella l'umiltà, si mette
in pericolo di precipitare in ogni male. Scrive S. Giacomo che siccome Iddio
nelle grazie allarga la mano cogli umili, così la stringe e resiste a' superbi:
Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam (Iac. IV, 6). Dice
superbis resistit, viene a dire che neppure ascolta le loro preghiere. E
tra gli atti di superbia certamente uno è questo, l'ambire di essere stimato
dagli uomini e l'invanirsi degli onori da essi ricevuti.
2. Troppo spaventevole fu in ciò l'esempio di Fra Giustino
francescano, il quale era giunto ad un grado eminente di contemplazione, ma
perchè forse, e senza forse, nudriva già dentro di sè un desiderio di essere
stimato dal mondo, ecco quello che gli accadde. Un giorno mandò a chiamarlo il
Papa Eugenio IV, e, per lo concetto che ne avea di santità, molto l'onorò,
l'abbracciò e lo fe' sedere vicino a sè. Fra Giustino dopo tal favore s'invanì
di se stesso; onde S. Gio. Capestrano gli disse: «Oh, Fra Giustino, sei andato
angelo e sei tornato demonio!» Ed in fatti crescendo il misero da giorno in
giorno in superbia, pretendendo d'esser trattato qual egli si stimava, giunse ad
uccidere un frate con un coltello: indi apostatò e se ne fuggì in Napoli, ove
fece altre scelleraggini: ed ivi finalmente morì apostata in una prigione.
Quindi saggiamente diceva un gran Servo di Dio che quando noi udiamo o leggiamo
la caduta di certi cedri del Libano, d'un Salomone, d'un Tertulliano, d'un Osio,
che da tutti erano tenuti per santi, è segno che questi non si erano dati tutti
a Dio, ed internamente nutrivano in sè qualche spirito di superbia, e perciò
prevaricarono. Tremiamo dunque quando vediamo in noi insorgere qualche ambizione
di comparire e di essere stimati dal mondo; e quando il mondo ci fa qualche
onore, guardiamoci di averne compiacenza, la quale può esser causa della nostra
ruina.
3. Guardiamoci specialmente dall'ambizione di superare i
puntigli. Dicea S. Teresa: «Dove son puntigli di onore non vi sarà mai spirito».
Molte persone professano vita spirituale, ma sono idolatre della propria stima.
Dimostrano certe virtù apparenti, ma hanno l'ambizione di esser lodate in tutti
i lor portamenti; e quando manca chi le loda, si lodano da se stesse; cercano in
somma di comparir migliori degli altri, e se mai sentono toccarsi nella stima,
perdono la pace, lasciano la comunione, lasciano tutte le loro divozioni, e non
si quietano finchè non pare loro di aver acquistato il concetto perduto. Ma non
fanno così i veri amanti di Dio. Non solo sfuggono di dir parola di stima
propria, nè si compiacciono, ma più si attristano delle lodi che ricevono dagli
altri, e si rallegrano di vedersi tenuti in mal concetto appresso gli
uomini.
4. Troppo è vero quel che dicea S. Francesco d'Assisi: «Tanto
io sono, quanto sono innanzi a Dio». Che giova l'essere stimati per grandi dal
mondo, se davanti a Dio siamo vili e disprezzabili? All'incontro, che importa
che il mondo ci disprezzi, se siamo cari e graditi agli occhi di Dio? Scrisse S.
Agostino: Nec malam conscientiam sanat praeconium laudantis, nec bonam
vulnerat conviciantis opprobrium (Lib. 3. contr. Petil.): siccome chi ci
loda non ci libera dal castigo delle opere male, così chi ci vitupera non ci
toglie il merito delle buone opere. «Che importa a noi, diceva S. Teresa,
l'esser dalle creature incolpati e tenuti per vili, se avanti di voi siamo
grandi e senza colpa?» — I santi non bramavano che di vivere sconosciuti ed
abbietti nel cuore di tutti. Scrive San Francesco di Sales: «Ma che torto mai ci
vien fatto quando si ha cattiva opinione di noi, dovendola noi stessi averla
tale? Forse noi sappiamo che siam cattivi, e pretendiamo che gli altri ci
tengano per buoni?»
5. Oh quanto è sicura la vita nascosta per coloro che vogliono
amar di cuore Gesù Cristo! Gesù medesimo ce ne diè l'esempio col vivere nascosto
e disprezzato per trent'anni in una bottega. E perciò i santi, affin di evitare
la stima degli uomini, sono andati a vivere ne' deserti e nelle grotte. — Dicea
S. Vincenzo de' Paoli che il gusto di comparire e che si parli di noi con onore,
si lodi la nostra condotta, e si dica che riusciamo bene e facciamo maraviglie,
è un male che facendoci scordare di Dio, infetta le nostre azioni più sante, ed
è per noi il vizio più dannoso al progresso nella vita spirituale.
6. Chi dunque vuole avanzarsi nell'amor di Gesù Cristo, bisogna
che affatto faccia morire in sè l'amore della propria stima. — Ma come si darà
morte alla propria stima? Eccolo come ce lo insegna S. Maria Maddalena de'
Pazzi: «La vita dell'appetito della propria stima è lo stare in buon concetto
appresso tutti; dunque la morte della propria stima è l'occultarsi per non esser
conosciuti da niuno. E finchè uno non giunge a morire in questo modo, non sarà
mai vero servo di Dio».
7. Sicchè per renderci graditi agli occhi di Dio, bisogna che
ci guardiamo dall'ambizione di comparire e d'esser graditi agli occhi degli
uomini. E tanto maggiormente dobbiam guardarci dall'ambizione di dominar agli
altri. S. Teresa desiderava che prima fosse andato a fuoco il suo monastero con
tutte le monache, che vi fosse entrata questa maledetta ambizione. E pertanto
volea che se mai si ritrovasse alcuna delle sue religiose che trattasse di esser
fatta superiora, si fosse discacciata dal monastero o almeno tenuta per sempre
carcerata. S. Maria Maddalena de' Pazzi diceva: «L'onore d'una persona
spirituale sta nell'esser sottoposta a tutti, e nell'avere in orrore l'esser
preferita ad altri». L'ambizione dunque di un'anima che ama Dio dee essere di
superare tutti gli altri nell'umiltà, come parla S. Paolo, in humilitate
superiores (Phil. II, 3). In somma chi ama Dio non dee ambire altro che
Dio.
Affetti e preghiere.
Gesù mio, datemi voi l'ambizione di darvi gusto, e fatemi
scordare di tutte le creature ed anche di me stesso. Che mi serve l'esser amato
da tutto il mondo, se non sono amato da voi, unico amore dell'anima mia? Gesù
mio, voi siete venuto in questa terra per guadagnarvi i nostri cuori; se io non
so darvi il mio cuore, prendetevelo voi, e riempitelo del vostro amore, e non
permettete ch'io mi separi mai più da voi. Per lo passato vi ho voltate le
spalle, ma ora, vedendo il male che ho fatto, me ne dispiace con tutto il cuore,
e non ho pena che più mi affligge che la memoria di tante offese che vi ho
fatte. Mi consola il sapere che siete una bontà infinita, che non isdegnate di
amare un peccatore che v'ama.
Amato mio Redentore, o dolce amore dell'anima mia, per lo
passato vi ho disprezzato, ma ora v'amo più di me stesso. Vi offerisco me e
tutte le cose mie: altro non desidero che amarvi e darvi gusto. Questa è la mia
ambizione: ricevetela ed accrescetela voi, e distruggete in me ogni desiderio di
beni mondani. Troppo voi siete degno d'essere amato, e troppo mi avete obbligato
ad amarvi.
Eccomi, io voglio esser tutto vostro, e voglio soffrire quanto
volete voi che per amor mio siete morto di dolore su d'una croce. Voi mi volete
santo, voi mi potete far santo, in voi confido.
E confido ancora nella vostra protezione, o gran madre di Dio
Maria.
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"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
mercoledì 1 agosto 2012
CAPITOLO X Caritas non est ambitiosa. Chi ama Gesù Cristo non ambisce altro che Gesù Cristo.
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