Della gran confidenza
che dobbiamo mettere nell'amore che ci ha dimostrato Gesù Cristo, ed in tutto quello che ha fatto per noi.
1. Davide riponeva tutta la speranza della sua salute nel suo
Redentore futuro, e diceva: In manus tuas, Domine, commendo spiritum
meum; redemisti me, Domine, Deus veritatis (Ps. XXX, 6). Or quanto più noi
dobbiamo riporre la nostra fiducia in Gesù Cristo, dopo ch'egli è già venuto ed
ha compita l'opera della redenzione? Onde con maggior fiducia dee dire e sempre
replicare ognuno di noi: In manus tuas, Domine, commendo spiritum
meum; redemisti me, Domine, Deus veritatis.
2. Se abbiamo noi gran motivi di temere la morte eterna per
causa delle offese fatte a Dio, abbiamo all'incontro motivi assai più grandi di
sperare la vita eterna ne' meriti di Gesù Cristo, i quali sono di valore
infinitamente maggiore a salvarci, di quel che vagliono i nostri peccati a farci
perdere. Noi abbiam peccato e ci siamo meritato l'inferno; ma il Redentore è
venuto a caricarsi di tutte le nostre colpe per soddisfarle co' suoi patimenti:
Vere languores nostros ipse tulit, et dolores nostros ipse portavit (Is.
LIII, 4).
3. Nello stesso punto infelice in cui peccammo, fu già contra
di noi da Dio scritta la condanna di morte eterna; ma il nostro pietoso
Redentore che ha fatto? Delens quod adversus nos erat chirographum decreti...
et ipsum tulit de medio, affigens illud cruci (Coloss. II, 14). Egli
cancellò col suo sangue il decreto della nostra condanna, e poi l'affisse alla
croce, acciocchè noi, guardando la sentenza di nostra dannazione per li peccati
commessi, guardassimo insieme la croce ove Gesù Cristo, morendo, l'ha cancellata
col suo sangue, e così ripigliassimo la speranza del perdono e della salute
eterna.
4. Oh quanto meglio parla per noi e ci ottiene la divina
misericordia il sangue di Gesù Cristo, che non parlava contra Caino il sangue di
Abele! Accessistis ad mediatorem Iesum, et sanguinis aspersionem melius
loquentem quam Abel (Hebr. XII, 24). Come dicesse l'Apostolo: Peccatori,
felici voi che dopo il peccato siete ricorsi a Gesù crocifisso il quale ha
sparso tutto il sangue per rendersi con ciò mediatore di pace fra i peccatori e
Dio, ed ottenere ad essi il perdono. Gridano contra di voi le vostre iniquità,
ma perora a vostro favore il sangue del Redentore; ed alla voce di questo sangue
non può non restar placata la divina giustizia.
5. È vero che di tutti i nostri peccati è rigoroso il conto che
ne abbiamo da rendere all'eterno Giudice. Ma chi ha da essere il nostro giudice?
Pater... omne iudicium dedit Filio (Io. V, 22). Consoliamoci, l'Eterno
Padre ha commesso il giudizio di noi al medesimo nostro Redentore. Dunque ci fa
coraggio San Paolo dicendo: Quis est qui condemnet? Christus Iesus qui
mortuus est... qui etiam interpellat pro nobis (Rom. VIII, 34). Chi è il
giudice che ha da condannarci? È quel medesimo Salvatore che, per non
condannarci alla morte eterna, ha voluto condannare se stesso, ed è morto; e, di
ciò non contento, ora in cielo seguita presso il suo padre a procurarci la
salute. Quindi scrive S. Tommaso da Villanova e dice: Che temi, peccatore, se
detesti il tuo peccato? come ti condannerà colui che muore per non condannarti?
Come ti discaccerà, se ritorni a' suoi piedi, quegli ch'è venuto dal cielo a
cercarti quando tu lo fuggivi? Quid times, peccator? Quomodo damnabit
poenitentem, qui moritur ne damneris? Quomodo abiiciet redeuntem, qui de caelo
venit quaerens te?
6. E se temiamo, per cagion della nostra debolezza, di cadere
negli assalti de' nostri nemici contra i quali ci resta a combattere, ecco quel
che abbiam da fare, come ci ammonisce l'Apostolo: Curramus ad propositum
nobis certamen, aspicientes in auctorem fidei et consummatorem Iesum, qui,
proposito sibi gaudio, sustinuit crucem, confusione contempta (Hebr. XII, 1
et 2). Andiamo con animo grande a combattere, mirando Gesù crocifisso che dalla
sua croce ci offerisce il suo aiuto, la vittoria e la corona. Per lo passato
siam caduti perchè abbiamo lasciato di mirar le piaghe e le ignominie sofferte
dal nostro Redentore, e così non siamo ricorsi a lui per aiuto. Ma se per
l'avvenire ci metteremo davanti gli occhi quanto egli ha patito per nostro amore
e come sta pronto a soccorrerci se a lui ricorriamo, no che certamente non
resteremo vinti da' nostri nemici. Dicea S. Teresa col suo spirito sì generoso:
«Io non intendo certi tremori, demonio, demonio, dove possiamo dire, Dio, Dio, e
farlo tremare». All'incontro diceva la santa che se non riponiamo tutta la
nostra confidenza in Dio, poco o niente ci serviranno tutte le nostre diligenze:
«Tutte le diligenze — sono le sue parole — giovano poco, se tolta via affatto la
confidenza in noi, non la mettiamo in Dio».
7. Oh che due gran misteri di speranza e di amore sono per noi
la Passione di Gesù Cristo e il Sagramento dell'altare! Misteri che, se la fede
non ce ne accertasse, e chi mai potrebbe crederli? Un Dio onnipotente voler
farsi uomo, spargere tutto il suo sangue e morir di dolore sovra d'un legno; e
perchè? per pagare i nostri peccati e salvare noi vermi ribelli! E poi il
medesimo suo corpo, un giorno sagrificato per noi sulla croce, volercelo dare in
cibo per così unirsi tutto con noi! Oh Dio che questi due misteri dovrebbero
incenerire d'amore tutti i cuori degli uomini. E qual peccatore, dissoluto che
sia, potrà disperare del perdono, se si pente del male che ha fatto, vedendo un
Dio così innamorato degli uomini ed inclinato a far loro bene? Quindi tutto
fiducia dicea S. Bonaventura: Fiducialiter agam, immobiliter sperans nihil ad
salutem necessarium ab eo negandum, qui tanta pro mea salute fecit et
pertulit. Come, dicea, può negarmi le grazie necessarie alla salute colui
che tanto ha fatto e sofferto per salvarmi?
8. Adeamus ergo — ci esorta l'Apostolo — cum fiducia
ad thronum gratiae, ut misericordiam consequamur et gratiam inveniamus in
auxilio opportuno (Hebr. IV, 16). Il trono della grazia è la croce ove Gesù
siede come in suo trono per dispensar grazie e misericordie a chi vi ricorre. Ma
bisogna ricorrervi presto, or che possiam trovare l'aiuto opportuno a salvarci,
perchè poi verrà forse tempo che non potremo più trovarlo. Andiam dunque presto
ad abbracciarci alla croce di Gesù Cristo, ed andiamoci con gran confidenza. Non
ci sgomentino le nostre miserie: in Gesù crocifisso troveremo per noi ogni
ricchezza, ogni grazia: In omnibus divites facti estis in illo... ita ut
nihil vobis desit in ulla gratia (I Cor. I, 5 et 7). I meriti di Gesù Cristo
ci han fatti ricchi di tutti i divini tesori, e ci han renduti capaci di ogni
grazia che desideriamo.
9. Dice S. Leone che Gesù colla sua morte ci apportò maggior
bene che non ci recò di danno il demonio col peccato: Ampliora adepti sumus
per Christi gratiam, quam per diaboli amiseramus invidiam (Serm. 1 de
Ascens.). E con ciò dichiarasi quel che disse prima S. Paolo, che il dono della
Redenzione è stato maggiore che non fu il peccato: la grazia ha superato il
delitto: Non sicut delictum, ita et donum; ubi abundavit delictum,
superabundavit gratia (Rom. V, 15 et 20). Quindi il Salvatore ci animò a
sperare ogni favore ne' suoi meriti, ed ogni grazia. Ed ecco come c'insegnò il
modo per ottener quanto vogliamo dall'eterno suo Padre: Amen, amen dico
vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo dabit vobis (Io. XVI, 25).
Quanto, dice, voi desiderate, chiedetelo al mio Padre in mio nome, ed io vi
prometto che sarete esauditi. Ma come il Padre potrà negarci alcuna grazia, se
egli ci ha dato l'unigenito suo Figlio ch'egli ama quanto se stesso? Pro
nobis omnibus tradidit illum, quomodo non etiam cum illo omnia nobis
donavit? (Rom. VIII, 32). Dice l'Apostolo omnia; dunque niuna grazia
sta eccettuata, non il perdono, non la perseveranza, non il santo amore, non la
perfezione, non il paradiso, omnia, omnia nobis donavit. Ma bisogna
pregarlo: Iddio è tutto liberale con chi lo prega: Dives in omnes qui
invocant illum (Rom. X, 12).
10. Voglio qui ancora soggiungere molti altri belli sentimenti
che scrisse nelle sue lettere il Ven. Giovanni d'Avila, della gran confidenza
che noi dobbiamo avere ne' meriti di Gesù Cristo.
11. «Non vi dimenticate, che tra il Padre Eterno e noi ci è
mezzano Gesù Cristo, per cui siamo amati e stretti con tali forti legami d'amore
che niuna cosa li può sciogliere se l'uomo non gli spezza con qualche colpa
mortale. Il sangue di Gesù grida chiedendo per noi pietà, e grida in modo che il
romore de' nostri peccati non è udito. La morte di Gesù Cristo ha fatto morire
le nostre colpe: O mors, ero mors tua. Quei che si perdono, non si
perdono per mancanza di soddisfazione, ma per non volersi approfittare, per
mezzo de' sagramenti, della soddisfazione data da Gesù Cristo.
12. «Il negozio del nostro rimedio Gesù l'ha preso a suo carico
come se fosse suo proprio; onde i peccati nostri, benchè non gli abbia egli
commessi, gli ha chiamati suoi e per quelli ha cercato perdono; e con amore
sviscerato ha pregato, come pregasse per sè, che tutti quei che vogliono
accostarsi a lui fossero amati. E come l'ha cercato così l'ha ottenuto: poichè
Iddio ha disposto che Gesù e noi siamo talmente uniti in uno, che o abbiamo ad
essere amati egli e noi, o egli e noi odiati; e giacchè non è odiato Gesù nè può
essere odiato, nello stesso modo, se noi siamo uniti con Gesù coll'amore, ancor
noi siamo amati. Per essere egli amato da Dio siamo amati ancora noi, attesochè
vale più Gesù Cristo a far che noi siamo amati, che non vagliamo noi a far che
siamo odiati; mentre l'Eterno Padre più ama il Figlio, che non odia i
peccatori.
13. «Gesù disse al Padre: Voglio, Padre, che dove sono io siano
ancora quelli che mi avete dati: Pater, quos dedisti mihi, volo ut ubi sum
ego et illi sint mecum (Io. XVII, 24). Vinse il maggior amore l'odio minore,
e così noi siamo stati perdonati ed amati, sicuri di non essere mai abbandonati,
dov'è un nodo sì forte d'amore. Dice il Signore per Isaia (IL, 15): Può
scordarsi una madre del suo figlio? E se mai quella se ne scorderà, io non mi
scorderò di te, perchè ti tengo scritto nelle mie mani. Egli ci ha scritti
nelle sue mani col suo proprio sangue. Per tanto non dobbiamo turbarci per cosa
alcuna, mentre tutto vien disposto da quelle mani che sono state inchiodate alla
croce, in testimonianza dell'amore che ha per noi.
14. «Niuna cosa può tanto atterrirci, quanto Gesù Cristo può
assicurarci. Mi circondino pure i peccati fatti, i timori del futuro mi
accusino, i demoni mi tendano lacci, che con chieder misericordia a Gesù Cristo
tutto benigno, mio amatore sino alla morte, io non posso diffidare; mentre mi
veggo talmente prezzato che un Dio si è dato per me. — O Gesù mio, porto sicuro
di coloro che stando in tempesta a te ricorrono, o pastor vigilante, s'inganna
chi di te non si fida, purchè voglia emendarsi. Perciò dicesti: Io sono, non
vogliate temere: io son quello che tribolo e consolo. Metto talvolta alcuni
in desolazioni che sembrano un inferno, ma poi ne li cavo e gli sollevo. Io son
vostro avvocato, che ho presa la vostra causa per mia. Io vostro mallevadore,
che son venuto a pagare i vostri debiti. Io vostro Signore, che col mio sangue
vi ho ricomprati non per abbandonarvi, ma per arricchirvi, avendovi riscattati a
gran prezzo. Come fuggirò da chi mi va cercando, essendo andato incontro a
coloro che mi cercavano per oltraggiarmi? Non ho voltata la faccia a chi mi
percoteva, e la volterò a chi vuole adorarmi? Come possono i miei figli dubitare
se io l'amo, vedendomi posto in mano de' miei nemici per loro amore? Chi mai ho
disprezzato, che mi abbia amato? Chi mai ho abbandonato, che mi ha cercato
aiuto? Io vado cercando ancora chi non mi cerca.
15. «Se credi che il Padre Eterno ti ha donato il suo Figlio,
credi ancora che ti donerà il resto, che tutto è assai meno del Figlio. Non
pensare che Gesù Cristo siasi scordato di te, mentre ti ha lasciato in memoria
del suo amore il maggior pegno che avesse, quanto fu se medesimo nel Sagramento
dell'altare».
Affetti e preghiere.
Ah Gesù mio, amor mio, e che belle speranze mi dà la vostra
Passione! Come posso temere di non ricevere il perdono de' miei peccati, il
paradiso e tutte le grazie che mi bisognano, da un Dio onnipotente che mi ha
dato tutto il suo sangue?
Ah Gesù mio, speranza mia ed amore mio, voi per non perdere me
avete voluto perder la vita.
Io v'amo sovra ogni bene, mio Redentore e Dio. Voi vi siete
dato tutto a me, io vi dono tutta la mia volontà, e con questa ripeto ch'io
v'amo, io v'amo, e voglio sempre replicarlo, io v'amo, io v'amo. Così voglio
sempre dire in questa vita, e così voglio morire, spirando l'ultimo fiato con
questa cara parola in bocca, mio Dio io v'amo, per cominciar da quel punto un
amore verso di voi continuo, che durerà in eterno, senza cessar mai più
d'amarvi.
Io v'amo dunque, e, perchè v'amo, mi pento sovra ogni male di
avervi così offeso. Misero, per non perdere una breve soddisfazione, ho voluto
tante volte perdere voi, bene infinito! Questo pensiero mi tormenta più d'ogni
pena; ma mi consola il pensare che ho che fare con una bontà infinita che non sa
disprezzare un cuore che l'ama. Oh potessi morire per voi che siete morto per
me!
Caro mio Redentore, io spero certamente da voi la salute eterna
nell'altra vita, ed in questa spero la santa perseveranza nell'amor vostro;
perciò propongo di cercarvela sempre. E voi per li meriti della vostra morte
datemi la perseveranza a pregarvi.
Questa ancora domando e spero da voi, regina mia
Maria.
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"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
mercoledì 1 agosto 2012
CAPITOLO III Della gran confidenza che dobbiamo mettere nell'amore che ci ha dimostrato Gesù Cristo, ed in tutto quello che ha fatto per noi.
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